Prologo
Shōta è il secondogenito di una famiglia di Akimichi originaria di Iwagakure. I suoi genitori erano due Chunin con la passione per la forgiatura che, in seguito allo scoppio dell’ennesimo conflitto mondiale e per reazione agli orrori che ne erano seguiti, decisero di dismettere la via del ninja e dedicarsi a tempo pieno al loro mestiere. Quando Taki e Kusa si fusero, ai due parve che si fosse presentata l’occasione propizia per approfondire i loro interessi. Infatti, non solo ciò segnava la fine delle ostilità tra i due paesi ma la neonata Hekisui sembrava aver serbato in eredità la sapienza dei fabbri di Taki.
Sacco in spalla, gli Akimichi presero la decisione di trasferirsi in un ambiente che, pur essendo molto diverso dalla loro terra natia, sembrava garantire più opportunità.
Una volta giunti ad Hekisui, con i fondi a disposizione, dovettero adattarsi a vivere in una capanna distante un’ora di cammino dalla capitale. In quel momento, nessuno di loro avrebbe potuto immaginare che la fonte di una piccola seccatura come quella avrebbe potuto trasformarsi nella salvezza dei ragazzi.
Appena due anni dopo il trasferimento, in seguito a una raffica di attacchi di massa, Hekisuigakure venne completamente rasa al suolo. Fu una strage, poiché nella capitale si concentrava la maggior parte della popolazione del paese, compresi i genitori di Shōta. Lui e suo fratello Shingo si salvarono solo perché quel giorno erano rimasti a casa per colpa di una brutta influenza.
Ciò che accadde lì lasciò privi di qualsiasi punto di riferimento: non avevano più i genitori, le poche persone che avevano conosciuto a Hekisui erano scomparse ed erano circondati dalla desolazione. Tutto ciò che rimaneva era un cratere nel centro del paese.
Trascorsero molti giorni a fare i conti con i loro demoni interiori e, in questa fase, le loro differenze caratteriali si acuirono: Shingo non scese a patti con quei demoni e divenne sempre più burbero e irascibile; Shōta, al contrario, attraversò la soglia del dolore in maniera tanto brusca da raggiungere una stato di quieta accettazione e di calma perenne. In questo modo i due finirono per compensarsi a vicenda.
Ad un certo punto, non avendo più nulla che li tenesse legati a quel luogo, decisero di incamminarsi verso est. Dopo qualche giorno, mentre si attardavano a cercare frutta nel bosco, si imbatterono in un ragazzo più grande di loro che si dimostrò immediatamente amichevole. Benjiro (questo il suo nome) spiegò ai due che si trovavano nel Paese del Fuoco, appena oltre il confine. Ascoltata la loro storia e compreso che non avevano una meta precisa, decise di condurli con sé al di fuori della boscaglia. A meno di due chilometri di distanza, c’era un terreno agricolo che si componeva di coltivazioni di vario tipo, mulini, stalle, fucine e una casa di legno di due piani, all’apparenza modesta ma abbastanza ampia da ospitare almeno una dozzina di persone. Appena vi giunsero, furono accolti da un gruppo di ragazzi che avevano pressappoco la loro età e gli vennero subito date due camere. Come compresero dopo, tutti i presenti erano orfani di guerra con varia provenienza che avevano unito le forze e creato una comunità che si stava allargando con il passare del tempo.
I due Akimichi accettarono di buon grado di farne parte e si rimboccarono le maniche per ricambiare l’accoglienza dando una mano con i lavori. Con il passare del tempo, non ebbero neanche più la sensazione di star ricambiando un favore, tanto era diventata naturale quella vita. Prova ne sia il fatto che Shōta completò gli studi all’accademia ninja di Konoha e divenne uno Shinobi a tutti gli effetti.
Genin
Poco dopo la sua promozione a Genin, Shōta venne convocato per una missione di liv. D a Oto. Il committente era Tanaka, un proprietario terriero del luogo, le cui scorte di riso stavano subendo misteriosi sabotaggi. La squadra in cui venne inserito comprendeva un altro Genin di Konoha di nome Asahi e una Genin di Oto di nome Akame, Tra i tre si stabilì fin da subito un buon feeling e il team, capitanato da un Chunin Yamanaka, riuscì a portare a termine con successo la missione, scoprendo che i sabotaggi erano opera di tre ragazzini Aburame intenzionati a vendicarsi dei torti subiti da Tanaka.
Al ritorno dalla missione, l’Akimichi si diede appuntamento con Asahi per pranzare da Ichiraku ma la mattinata prese una piega inaspettata: a causa di un equivoco (che alla fine si rivelò non essere tale), tra i due prese avvio un combattimento amichevole che terminò con un doppio k.o. Asahi rivelò di avere intenzione di partire per far ritorno al suo paese natale ma di voler ritardare la partenza per allenarsi e diventare più forte. La duplice rivelazione ebbe un forte impatto su Shōta, che cominciò a riconsiderare anche il proprio atteggiamento.