Welcome back [PQ sblocco arte segreta]

Shōta Akimichi

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    Scheda narrativa
    Narrato
    Parlato Shōta
    Parlato altrui (vari colori)

    PNG DEL PRESENTE

    Benjiro KM SNG  
    Y NK SZ DNB 
    KD TR DK HS 
    mrm cp-lt-mr   


    PNG DEL PASSATO

    MM PP   
    JN LZ KZ YZ 




    [eventi precedenti: Quando girano le pale...]



    [Parte 1]



    Seduto immobile sul pavimento con le gambe incrociate e le mani appoggiate sulle ginocchia, Shōta si beava del quasi totale immobilismo che era riuscito a raggiungere. Il mal di testa era ancora presente ma andava via via scemando, quasi come se venisse scaricato a terra con tutto il peso del corpo. A dire il vero, anche una certa sensazione di freschezza sulla fronte e attorno alle tempie contribuiva a farlo stare meglio. Era come un venticello fresco… che diventava sempre più fresco… freddo… un po’ troppo freddo.
    Si voltò per vedere da dove provenisse ma, con sua grande sorpresa, scoprì di essere circondato da una specie di fumo (o era nebbia?) che gli oscurava la visuale.
    Provò quindi ad alzarsi ma non ci riuscì.
    Si sentiva molto pesante… troppo pesante… immensamente pesante… praticamente radicato nella terra.
    Era forse rimasto seduto troppo a lungo? Eppure le gambe non gli formicolavano neanche un po’.
    Improvvisamente, la presunta nebbia cominciò a diradarsi e davanti ai suoi occhi si aprì un vasto e variegato paesaggio nel quale, come tante formiche, si muovevano in lontananza decine di persone… e lui le vedeva dall’alto. Quella non era nebbia, erano nuvole. Si trovava dunque su una montagna? No…
    Era lui la montagna.
    ….
    ……..
    …………
    Si svegliò di soprassalto. Rimase rintontito per qualche secondo. Non gli capitava spesso di fare dei sogni e, quando succedeva, non erano comunque così strani.
    Si voltò verso la finestra e vide che era tardo pomeriggio. Dopo la tempesta di quella mattina, aveva smesso di piovere. Probabilmente non da molto ma non poteva esserne sicuro perché aveva dormito per chissà quante ore.
    Si alzò e andò a sciacquarsi la faccia, poi si recò nel soggiorno. Lì non c’era nessuno ma dall’esterno provenivano delle voci. Aprì quindi la porta d’ingresso e uscì nella corte antistante.
    La temperatura era scesa di un bel po’ e gli venne spontaneo massaggiarsi entrambe le braccia contemporaneamente.
    Al termine del cortile notò Shingo e Benjiro girati di spalle ad osservare l’orizzonte

    Benji! Bro! Che state facendo? urlò loro per farsi notare.

    I due si voltarono e gli fecero segno di raggiungerli. Lui attraversò rapidamente la corte.

    rbw

    Non appena fu vicino a loro e poté condividerne la prospettiva, capì cosa aveva catturato la loro attenzione. Passata la pioggia, uno spettacolare arcobaleno - reso ancora più suggestivo dalle sfumature del tramonto - si era fatto strada tra le nuvole e sembrava puntare dritto alla zona boschiva a ovest. Gli altri ragazzi erano tutti appoggiati a una delle staccionate superstiti per godersi la vista

    Che spettacolo… commentò l’Akimichi, non nascondendo a se stesso che aveva una gran voglia di raggiungere quella dannata staccionata per appoggiarsi lì accanto a Kaede e rimirare il panorama in sua compagnia

    Già… rincarò la dose Benjiro …e sembra un segno del destino…

    Che vuoi dire? fece lui

    Lo capirai tra poco. Stavo giusto per chiamare Sanzo e Taro e chieder loro di accompagnarmi in un certo posto. Vuoi venire anche tu?
    Shōta annuì
    Bene, allora aspettami qui soggiunse Benji mentre si incamminava verso i ragazzi.

    Appena non fu più a portata di voce, Shingo - il quale pareva si stesse tenendo dentro qualcosa da un pezzo - rivolse una domanda a bruciapelo al fratello

    Shōta, vuoi apprendere le arti del clan?

    Il paffuto consanguineo rimase attonito. In una frazione di secondo passò dal pensare “ma come gli viene in mente così all’improvviso?” al pensare che forse il fratello lo conosceva meglio di quanto desse a vedere, poiché probabilmente aveva intuito il suo desiderio di diventare più forte per essere in grado di difendere chi gli era caro. E tutto questo senza sapere cosa gli avesse detto Asahi da Ichiraku (cosa che l’Akimichi aveva tenuto per sé, trattandosi della confessione intima di un amico).

    Quindi rispose solo E me lo chiedi?
    Ma, nel giro di pochi secondi, come se fossero dei piranha rimasti in agguato fino a quel momento, tutti i dubbi possibili e immaginabili gli si affacciarono alla mente: era realmente pronto? E il “livello più avanzato di allenamento” cui aveva accennato il padre all’epoca? Dopo la scomparsa del genitore, non aveva mai più avuto la possibilità di saperne qualcosa.
    Anche qui sembrò che Shingo gli avesse letto nel pensiero

    Secondo me sei pronto già da un po’ ma non posso dirlo con certezza. Per questo ci sarebbe bisogno di una persona più esperta e più adatta di me a farti da guida…
    Anticipando una possibile smentita da parte del fratello, si affrettò ad aggiungere
    …sono consapevole dei miei limiti, cosa credi? La mia scarsa propensione per la teoria e la mia poca pazienza mi renderebbero un pessimo insegnante… tuttavia credo di avere la soluzione… poi si voltò verso Benjiro, Sanzo e Taro che avevano formato un capannello poco distante
    …tempo al tempo. Adesso vai a vedere cosa hanno da dirti quei tre e vedi se l’idea ti convince. A me l’hanno già spiegata e non sembra malaccio... a patto che Sanzo ci abbia visto giusto, si capisce… concluse ritirandosi in casa.

    Non appena Shōta ebbe raggiunto il trio, Benjiro venne al dunque

    Bene, ci siamo. Sanzo, puoi farci strada?

    Certo, Benji! replicò il longilineo Si tratta di un posto familiare per tutti voi e in particolare per Shōta, che tempo fa ci ha vissuto una piccola disavventura

    L’Akimichi non comprese immediatamente di quale posto si trattasse ma non chiese delucidazioni in merito perché si erano già messi in marcia.
    Nella frescura della sera, fringuelli e usignoli sembravano accompagnare il calar del sole, mentre l’arcobaleno si faceva via via meno intenso. I tre procedevano tranquilli mentre ogni passo dava come un piccolo schiaffo sull’erba bagnata che, talvolta, si infilava nei sandali inumidendo i piedi.
    A metà del tragitto, Shōta capì che erano diretti al fragoleto. O, meglio, quello che era stato un fragoleto prima che la carta bomba piazzata dagli sgherri di Muramoto lo facesse saltare in aria rendendolo inservibile.
    Arrivati sul luogo dell’esplosione, Benjiro disse All’inizio non ce n’eravamo accorti ma pare che in questo punto ci fosse sempre stata una piccola fessura nel terreno. La detonazione deve averla squarciata rivelando una profondità maggiore di quella che ci si potrebbe aspettare in un posto simile

    Quindi indicò verso il basso. Shōta si mise a quattro zampe e spostò il terriccio bagnato che aveva otturato parzialmente la fessura. Non era più larga di 10 centimetri e all’interno vi era il buio assoluto

    Non vedo niente. Perché ci interessa?

    Perché è possibile che qui sotto, a chissà quale profondità, ci sia dell'acqua. Forse un torrente

    Questa si che era una notizia non da poco

    Ma non c’è nessun indizio, come fai a dirlo? domandò dubbioso l’Akimichi

    L’ho sentita disse Sanzo, intervenendo nella discussione.

    Non era una dichiarazione da prendere sotto gamba quella. Il longilineo, infatti, aveva un udito a dir poco fenomenale. Tutti sapevano che solo il naso di Nyoko poteva competere con l’orecchio di Sanzo. Se diceva di aver sentito l’acqua, c’era da crederci.
    Tuttavia, dopo un gesto di Benjiro, il ragazzo si mise anch’egli a quattro zampe e poggiò il padiglione auricolare sulla fessura. Allora tutti rimasero in religioso silenzio.
    Quasi come se stessero assistendo ad una ripresa dinamica in soggettiva, gli altri tre ebbero l’impressione di poter vedere la concentrazione di Sanzo che, come una serie di cerchi concentrici, partiva dall’orecchio, tuffandosi nella fessura e scendendo sempre più in profondità, inoltrandosi in chissà quale abisso misterioso.
    A un certo punto, il ragazzo spalancò gli occhi

    Si, è così! Ne sono più che sicuro, ormai!

    Bene, poteva essere una buona notizia sotto diversi aspetti ma non era ancora chiaro se Benjro avesse in mente qualcosa di specifico oppure no

    A cosa ci serve saperlo? chiese l’Akimichi senza troppi giri di parole

    Dobbiamo sostituire il mulino a vento con un mulino ad acqua rispose altrettanto seccamente Benjiro

    A quel punto intervenne Taro

    Ricostruire il mulino a vento con i materiali che possiamo permetterci ora costerebbe troppo e renderebbe poco. Se qui sotto ci fosse una corrente d’acqua sufficientemente forte, invece, potremmo appoggiarci alla struttura rocciosa dell’ambiente e forse potremmo sfruttare la forza idraulica per muovere anche ingranaggi di altri tipo, ottenendo due piccioni con una fava. Purtroppo, però, mi è impossibile stabilire come stiano realmente le cose là sotto basandomi solo su ciò che ha sentito Sanzo. Bisognerebbe andare…

    E non possiamo dilatare la fessura introducendo delle scale o un'impalcatura per scendere? domandò Shōta

    Senza conoscere la conformazione del sottosuolo, no. Per quanto ne sappiamo, un intervento sbagliato da parte nostra potrebbe far crollare tutto. Senza contare che l’eco non permette nemmeno a Sanzo di stabilire con esattezza a che profondità si trovi l’acqua. Potrebbe trattarsi anche di 400 o 500 metri

    L’ipotesi di tirare una picconata a caso e precipitare in un abisso per centinaia di metri non sembrava molto allettante. Comunque il sole era ormai calato e si era fatta l’ora di tornare indietro, quindi Benjiro sospese temporaneamente la questione

    Più o meno nel punto in cui cadeva l'arcobaleno potrebbe esserci un ingresso ma è tutto da dimostrare. Dovremo organizzare una spedizione ed è più facile a dirsi che a farsi. Adesso torniamo a casa. Ci ragioneremo meglio

    [...]

    Mentre la preparazione della cena procedeva speditamente, il lungo tavolo di legno di quercia che di lì a poco sarebbe stato apparecchiato era diventato temporaneamente la base d'appoggio di mappe, carte, libri, appunti e roba varia. I ragazzi vi si erano riuniti intorno e cercavano di ragionare su come si potesse fare per raggiungere quel luogo.
    A un bel momento, si sentirono pesanti colpi sulla porta d'ingresso. Qualcuno stava bussando.

    Aspettiamo qualcuno? chiese Shōta

    Vai ad aprire replicò Shingo

    L'Akimichi lasciò le carte e si avvicinò all'ingresso. Tolse la catenina e fece scorrere lateralmente una lamina di metallo.
    Aprì la porta e si trovò davanti l'ultima persona che avrebbe mai pensato di poter incontrare quella sera

    Tu??

    PQ in 6 parti per lo sblocco dell’arte segreta


    Edited by Shitsubo - 1/4/2024, 18:37
     
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    [Parte 2]



    Shōta non poté credere ai propri occhi quando si trovò davanti l’imponente figura che riempiva e oltrepassava sia in larghezza che in altezza il pur ampio spazio d’ingresso.
    Era proprio lui… era davvero “Lo Zio”! (*)

    LZ2b

    Non era cambiato per niente rispetto all’ultima volta che l’Akimichi l’aveva visto. Solo il suo abbigliamento - un pesante impermeabile completo di cappuccio - e un grosso zaino da viaggio appoggiato sulla spalla sinistra risultavano inusuali. Non lo erano per uno che si era probabilmente dovuto fare un bel viaggio con quelle cattive condizioni meteorologiche.
    Guarda chi si vede! Il piccolo Shōta!
    Esclamò l’uomo con il suo solito fare pacioso e gioviale
    O, forse, adesso dovrei dire “il grande Shōta”
    specificò con una grassa risata

    Che ci fai… iniziò a dire il ragazzo, interrompendosi subito perché le buone maniere dovevano prendere il sopravvento …prego, entra! Non rimanere lì fuori disse quindi, mentre apriva anche la seconda anta della porta per allargare al massimo il passaggio

    eheh, grazie grazie replicò lui mentre, abbassando leggermente la testa, attraversava l’uscio a fatica e riemergeva dall’altra parte sotto lo sguardo stupefatto dei presenti - meno Shingo.

    Buonasera a tutti! Perdonate l’intrusione a quest’ora

    Improvvisamente era calato il silenzio. Come nell’Un, due, tre, stella, ognuno era rimasto paralizzato nella posizione che stava assumendo poco prima. Denbe continuò a versare l’acqua in un bicchiere, finché questo fu colmo e il liquido cominciò a traboccare bagnando tutta la tavola.
    A rompere il silenzio fu Yua, che se ne uscì con una delle sue solite osservazioni strambe

    EEK! Shōta, ma chi è questo?? Ti somiglia!!

    L’omone si girò verso l’Akimichi. L’Akimichi si girò verso l’omone. Si squadrarono per un paio di secondi, poi si voltarono entrambi verso la ragazza e risposero in coro

    Che stai dicendo? Non ci somigliamo per niente

    A quel punto Benjiro scoppiò a ridere e l’atmosfera si distese immediatamente

    ahahah ti prego di perdonarli, sono una banda di teste di legno. Comunque io sono Benjiro, puoi chiamarmi Benji! Lei è Kimiko e loro…
    Cominciò a fare l’elenco dei membri della famiglia. Lo Zio lì salutò uno ad uno, poi disse

    Piacere mio! Io sono… beh, potete chiamarmi semplicemente “Lo Zio”, ormai ci sono abituato!

    L’uomo infatti, oltre ad essere (per quanto ne sapeva l'Akimichi) un vecchio amico dei suoi genitori, era lo zio di Jona, amico d’infanzia di Shōta. Poiché come tale veniva identificato da tutti, alla fine cominciò ad essere soprannominato “Lo Zio” e così era conosciuto dalla maggior parte delle persone.

    Stavamo per metterci a tavola. Mi auguro che sarai nostro ospite! esclamò Benji

    E come potrei rifiutare l’invito? replicò l’uomo. Poi vide che si stava avvicinando Shingo

    Oh, Shingo! Visto? Appena hai scritto la lettera, tempo un paio di giorni e Lo Zio è arrivato!

    Se non fossi arrivato con le tue gambe, sarei venuto a prenderti io… fece quello

    Sempre di ottimo umore, vedo! concluse l’omone ridendo

    […]

    La cena fu molto allegra, come si poteva immaginare. Lo Zio mangiò solo come tre persone messe insieme… si stava trattenendo per non svuotare completamente la dispensa.
    Dopo mangiato, si sedette sul divano del soggiorno (sufficiente solo per lui) e iniziò a raccontare storie, mentre tutti stavano seduti a terra intorno in un semicerchio, ascoltando con curiosità. Era stato anche acceso il camino per contrastare il drammatico abbassamento della temperatura che c’era stato durante il giorno.
    Ad un certo punto, molti crollarono per il sonno e furono costretti a desistere.
    Quando Benji e Kimi andarono a preparargli una camera per la notte e lo lasciarono solo con Shōta e Shingo, Lo Zio si rivolse all’Akimichi più giovane

    Allora, non mi chiedi come vanno le cose a Jona? gli domandò

    Lo so già. L’ultimo scambio epistolare lo abbiamo avuto tre mesi fa e mi disse che il locale stava andando benone, non è così? ribattè l’Akimichi

    Eccome, eccome! disse Lo Zio Anzi, il mese scorso abbiamo ampliato la cucina costruendo un forno di tipo più avanzato. Vedessi che fiamme! fece, spalancando gli occhi

    Fuoco e fiamme, eh? commentò l’Akimichi sospirando. Ricordava bene cosa c’era scritto sul biglietto che aveva trovato quella volta Jona nel biscotto della fortuna: “nel tuo futuro ci saranno fuoco e fiamme”.
    Lì per lì l’avevano interpretato male entrambi ma il destino sembrava aver voglia di accontentare Jona, facendo in modo che coronasse il sogno di impiegare le sue fenomenali doti culinarie in un vero locale.
    In seguito alla disgrazia che aveva provocato la partenza dei fratelli Akimichi, Shōta aveva temuto il peggio, dando per certo che anche Jona fosse rimasto coinvolto. Bisognava vedere la faccia che fece quando, un anno dopo, ricevette da lui una lettera con la quale lo informava di stare bene!

    Abbiamo anche dei tavoli all’esterno, vista fiume, una delizia! rincarò la dose Lo Zio, unendo i polpastrelli della mano destra, poggiandoli sulla bocca e separandoli di colpo mentre faceva schioccare le labbra come se simulasse un bacio. Devi venire a trovarci qualche volta

    Non mi dispiacerebbe. Magari, se un giorno dovessi diventare Chunin, potrei passare… oppure potrei farmi accompagnare

    Bene… bene… disse l’uomo, guardando pensieroso la fiamma che crepitava dimenandosi nel caminetto
    …ma adesso veniamo al motivo del mio arrivo… Immagino che Shingo ti abbia anticipato qualcosa…

    …ti riferisci all’apprendimento delle tecniche segrete del clan Akimichi? fece lui …e quindi sei tu “la persona più adatta a farmi da guida”?

    Ah, è così che mi ha definito? chiese lui, divertito

    Beh, non sono così stupido da non riconoscere che mi mancano le qualità per fare da insegnante a qualcuno replicò Shingo

    Per la pazienza nel seguire gli allenamenti e nello spiegare la teoria, così ha detto. Ma c’è della teoria da conoscere? Io sapevo solo che, almeno per il metodo di papà, avrebbe dovuto esserci prima o poi un livello più avanzato dell’allenamento che facemmo nella palestra ad Hekisui… non è così?

    Si a entrambe le domande, ma andiamo con ordine rispose Lo Zio, inserendo un altro pezzo di legno nel camino, quasi a voler dire che non era ancora arrivato il momento di andare a dormire e che, anzi, il discorso andava rivitalizzato

    Partiamo dalla teoria perché questa parte la potremmo esaurire stasera stessa… si guardò intorno con circospezione …anzi, ci conviene approfittare della calma che c’è ora. C’è sempre un bel po’ di caos qui da voi, eh? sottolineò con ironia

    Partiamo dalle basi. Come hai imparato in Accademia, il Chakra è il prodotto derivante dall’unione di energia fisica ed energia spirituale, o mentale se preferisci. Il fatto che siano queste le sue due componenti principali basta a spiegare in molti casi il fallimento di un Ninjutsu: infatti, se l’utilizzatore è stanco o il suo status è alterato da qualche sostanza, verranno meno le energie fisiche; se invece l’utilizzatore non è concentrato, non ha abbastanza esperienza o è emotivamente turbato, saranno le energie mentali a venire meno. Ma la quantità non è l’unica cosa che conta, poiché per utilizzare un Jutsu è necessario che il prodotto ottenuto venga dosato e controllato con precisione. Se questo secondo passaggio non viene eseguito nel modo giusto, una buona parte del Chakra impastato resta inutilizzata.
    Ora, da questo possiamo trarre due conseguenze. Innanzitutto, che le riserve di Chakra possono essere incrementate irrobustendo il proprio corpo, ampliando le proprie conoscenze e avendo cura del proprio spirito. Che l’irrobustimento del corpo sia un modo basilare per incrementare le riserve di Chakra è dimostrato dal fatto che mangiare è la via più semplice per ripristinare le proprie energie, così come dormire. Se così non fosse, nessuno sarebbe mai in grado di combattere una seconda volta, non ti pare?


    …hmm annuì il ragazzo, al quale il discorso sembrava fin troppo lineare

    La seconda conseguenza è che più una tecnica è complessa, più richiede tanto una grande riserva di Chakra quanto un elevato controllo dello stesso. E anche una stessa tecnica può comportare un minor dispendio di energie se il controllo del Chakra dell’utilizzatore migliora.
    Ora prova ad immaginare una tecnica che, da un lato, richieda un grande controllo del Chakra e, dall’altro, sia profondamente legata alla parte più fisica e materiale del tuo essere…


    …AH! esclamò Shōta

    …vedo che stai cominciando a intuire qualcosa… e infatti qui veniamo al clan Akimichi…

    Fece una pausa per gettare un altro ciocco nel camino. In verità la fiamma era ben lungi dal morire. Forse voleva dare al ragazzo il tempo di elaborare le informazioni? O aveva solo intenzione di creare un po’ di suspence?

    I membri del clan posseggono dei corpi che hanno una particolare predisposizione, naturalmente da sviluppare mediante l’allenamento: la capacità di trasformare le calorie in Chakra. Questo vale per le calorie considerate sotto qualunque forma, tanto come glucosio in circolazione nel sangue quanto come lipidi accumulati nel tessuto adiposo. Questo vuol dire che un Akimichi può avere un surplus di Chakra sia mangiando che attingendo alle proprie riserve di grasso ma non ti ingannare:
    CK
    il Chakra in più che andrà a sviluppare sarà fortemente sbilanciato verso l'energia fisica a scapito di quella mentale e quindi non potrà essere utilizzato per tutto, come accade normalmente. Questo perché, come ti accennavo, di base è fortemente radicato nella parte più fisica e materiale dell’essere ed è per questo che potranno beneficiarne solo la forza fisica e particolari tecniche che condividono con esso questa caratteristica: le tecniche segrete del Clan, appositamente sviluppate.


    Il discorso sembrava filare e Shōta ebbe l’impressione di essere riuscito a comprendere tutto

    Dal tuo sguardo mi sembra di capire che non ci sarà bisogno di ripetere tutto daccapo, bene. Di fatto, potremmo sintetizzare il tutto come un doppio passaggio: dalle calorie al Chakra e dal Chakra alle tecniche. A questo punto, mi corre solo l’obbligo di sottolineare che le tecniche del clan richiedono un grande controllo del Chakra proprio per il semplice motivo che, a monte, richiedono un grande controllo delle calorie…

    Molto stranamente Shingo, che fino a quel momento era rimasto in silenzio, intervenne

    …agli inizi, se il tuo controllo delle calorie non dovesse essere ancora abbastanza raffinato, ci sarebbe una soluzione, una “scorciatoia”…

    Lo Zio lo fermò subito
    …aspetta, Shingo. Meglio non correre, affollandogli la testa con troppe informazioni… di questo se ne potrà parlare anche in un secondo momento... per ora la spiegazione si conclude qui. Adesso bisognerà passare dalle parole ai fatti e qui… fece una pausa guardando il fuoco …beh, non sono tuo padre… posso solo prometterti che farò del mio meglio

    Seguirono alcuni secondi di silenzio, poi l’uomo riprese

    Ho saputo che ultimamente non ve la passate benissimo, eh? Ve ne stanno succedendo di tutti i colori

    …hmpf… e allora? chiese Shingo, mostrandosi contemporaneamente spazientito e sorpreso per l’apparente cambio di discorso

    Tranquillo, non voglio farmi i fatti vostri. Semplicemente, prima a tavola Benjiro mi ha spiegato cosa è successo stamattina e come pensa di rimediare organizzando una piccola compagnia che vada in avanscoperta sottoterra…

    …torno a ripeterti: e allora?

    E allora, per la buona riuscita della prima metà dell’allenamento, io credo che non vada formata nessuna compagnia.
    Lì sotto dovrà andarci Shōta. Da solo.


    Ho aggiornato la lista dei PNG con gli antagonisti e i personaggi del passato. L’ho inserita anche nella scheda narrativa
    (*) personaggio comparso in “FAT CLUB” - parte 5


    Edited by Shitsubo - 2/4/2024, 14:16
     
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    [Parte 3]



    …sicuramente non ho capito bene… disse Shingo con aria minacciosa

    Spedire il fratello da solo in un luogo sconosciuto? Sottoterra? O Lo Zio aveva un pessimo senso dell’umorismo o aveva intenzione di mettere a dura prova la sua pazienza, pensò

    Oh si, hai capito bene. Parola mia fece l’uomo senza scomporsi

    E tu non dici niente?? domandò provocatoriamente il ragazzo rivolgendosi al diretto interessato, che dall’inizio della spiegazione era stato piuttosto taciturno

    …beh, io… immagino che si possa fare… rispose Shōta

    …ah, bene. Credevo che fossi diventato stupido ma mi sbagliavo… TI SEI COMPLETAMENTE RINCRETINITO!! berciò il fratello Tutta colpa di quell'Asashi! Ma che gente frequenti??

    Si chiama Asahi, non Asashi

    Asahi, Asashi... sai quanto me ne frega! Se mi capita tra le mani, lo annodo come una gomena!

    Su, su disse Lo Zio …è stata una giornata faticosa e siete entrambi molto stanchi. Sarà meglio riparlarne domani a mente lucida

    Dopo aver pronunciato queste parole, estinse il fuoco e i tre si ritirarono nelle rispettive camere.

    […]

    Il mattino seguente, Shōta, Shingo, Benji e Lo Zio si incamminarono di buon ora verso la macchia di bosco a occidente.
    L'Akimichi aveva optato per un abbigliamento che potesse rendergli più agevole la permanenza in un luogo che si presumeva potesse essere freddo e umido: pantaloni imbottiti impermeabili, scarponi da montagna con protezione al malleolo, abiti stratificati "a cipolla" e giubbotto impermeabile imbottito con cappuccio.
    Benjiro aveva faticato parecchio per far desistere gli altri dal proposito di seguirli. In particolare, Nyoko ci rimase malissimo perché sperava di poter incappare in chissà quali mirabolanti avventure. Più sobrio fu Taro che, contenendo temporaneamente la sua curiosità, si premurò semplicemente di fornire all’Akimichi un taccuino con una matita, strappandogli la promessa che avrebbe tracciato una mappa semplificata e che avrebbe segnato tutto quanto potesse ritenere interessante. Completarono la dotazione una lampada ad acetilene, un sacchetto di frutta secca e il Bō, benché l'utilità di quest'ultimo fosse dubbia poiché quasi certamente non ci sarebbero stati combattimenti da affrontare.
    Lungo il tragitto, Benji espresse ancora qualche riserva sulla decisione de Lo Zio

    Non la ritengo comunque una scelta saggia. Shōta è sotto la mia responsabilità e non posso permettere che gli accada qualcosa

    Credevo che su questo punto ci fossimo già chiariti rispose l’uomo finché non avrò portato a termine l'allenamento, Shōta sarà sotto la mia tutela. Quindi puoi ritenerti temporaneamente sollevato dalla responsabilità. E poi lui ha accettato di seguire le mie istruzioni volontariamente…

    …esatto rincarò la dose il ragazzo Stai tranquillo, Benji. Lo Zio è praticamente una persona di famiglia e non mi farebbe correre rischi inutili. Se ritiene che questo sia parte integrante dell’allenamento, devo farlo

    In effetti, dal momento in cui era passato sotto la “giurisdizione” de Lo Zio, di fatto Shōta aveva ricevuto una nuova regola da seguire. Quindi il suo atteggiamento non avrebbe stupito realmente chi lo conoscesse bene, Benjiro compreso. Le remore del capofamiglia erano dovute a sincera apprensione

    Sarà, ma la cosa non mi convince fino in fondo. Non sappiamo cosa possa esserci lì sotto…

    Shingo sbuffò ma evitò di fare commenti perché conosceva il fratello meglio di chiunque altro e sapeva che sarebbe stato tutto fiato sprecato.

    Dopo un buon quarto d’ora di cammino, i quattro iniziarono a inoltrarsi nella boscaglia, accompagnati dall’odore della resina e dallo stormire delle frasche agitate dal vento.
    Sotto la volta verdeggiante delle chiome degli alberi, ogni suono riecheggiava in modo caratteristico, dai passi attenuati sul manto erboso al cinguettio degli uccelli che creava un vero e proprio coro.
    Shōta alzò lo sguardo e lasciò che i suoi occhi si colmassero del luccichio dei raggi del sole, reso discontinuo dall’ondeggiare delle fronde

    Allora, qual è il punto preciso e perché ci interessa? chiese Shingo

    Più avanti c’è quella che sembrerebbe una grotta. Posizionandoti di fronte all’ingresso, ti ritrovi voltato a nord-est cioè pressappoco la direzione nella quale si trova il fragoleto replicò Benji …vi riporto testualmente la spiegazione di Taro: “non abbiamo opzioni migliori per raggiungere quel punto ma, sebbene in linea d’aria la zona disti appena un chilometro, il percorso reale potrebbe essere più tortuoso. Comunque, in base all’inclinazione del terreno, prima o poi la strada dovrebbe diventare parallela al corso d’acqua perché, se questo esistesse davvero, potrebbe solo essere una diramazione sotterranea di uno dei tanti fiumi che hanno la sorgente in Hekisui” fece una pausa c’è solo un piccolo problema…

    cv


    Nemmeno aveva finito di pronunciare queste parole che il gruppetto si ritrovò di fronte ad un’angusta cavità naturale aperta sul fianco di un piccolo poggio che si ergeva semplicemente come prominenza del terreno in un’area di nemmeno 100 metri quadrati.
    In realtà “aperta” non era il termine esatto da usare, poiché un masso di medie dimensioni ne ostruiva completamente l’entrata, lasciando intravedere solo in minima parte il buio retrostante dai margini irregolari non tappati con precisione

    …e questo è quanto concluse Benji

    Lo Zio non sembrò particolarmente impressionato

    Mi sembra un ostacolo sormontabile… osservò l’uomo prima di rivolgersi a Shingo …tu che dici?
    hmpf… fece il ragazzone …spostatevi

    Detto ciò, si avvicinò al masso, si abbassò piegando le ginocchia e posizionò le mani in modo tale da poterlo spingere verso l’alto. Quindi, con un moderato sforzo, cominciò a sollevarlo prima lentamente e poi tutto d’un colpo

    GRUOAAAHHH!!!
    sgms

    Nonostante fosse ben consapevole delle sue capacità, il fratello non poteva non rimanere esterrefatto ogni volta che una scena simile si produceva dinanzi ai suoi occhi.
    Shingo si girò allora di scatto e fece volare via il masso, che ricadde pesantemente rotolando per una decina di metri e arrestandosi contro il tronco di un albero.



    Mentre il ragazzo si allontanava sbattendo le mani per ripulirle dalla polvere, una folata di vento gelido proveniente dalle profondità insondabili dell'antro or ora scoperchiato investì in pieno il quartetto, quasi come se un soffio sinistro stesse alitando dalle fauci di una creatura mitologica

    Sei sempre convinto? chiese Benji a Shōta mentre i loro vestiti venivano violentemente percossi, così come le loro capigliature

    L'Akimichi lasciò che il proprio sguardo si perdesse nel buio della cavità. Poi rispose semplicemente Si

    Guardando anch'egli verso l'ingresso, così si rivolse a lui Lo Zio
    A giudicare da quanto mi ha raccontato Shingo, il livello di Controllo del Chakra che hai raggiunto sembra suggerire che il tuo lato magico sia rifinito quel tanto che basta per avvicinarti all'obiettivo. Tuttavia ritengo fondamentale che tu renda prima più salde le radici materiali incrementando il vigore del tuo fisico... ora vai e cerca di levigare questa roccia concluse.

    Senza aggiungere nulla, l'Akimichi iniziò ad incamminarsi nella grotta.

    [...]

    L’odore di muschio che lo aveva accolto agli inizi dell’esplorazione andò rapidamente scemando. Ad ogni passo, il fruscio del vento tra le foglie veniva gradualmente sostituito da un silenzio via via più ovattato, rotto solo dal rumore del composto grossolano di sabbia e frammenti di roccia che veniva calpestato. La luce naturale del sole dovette immediatamente essere rimpiazzata dalla luce artificiale della lampada che gli aveva dato Taro e che era stato costretto ad accendere poco dopo aver oltrepassato l’angusto ingresso.
    A mano a mano che si inoltrava nei meandri della spelonca, Shōta veniva come accolto in una sorta di abbraccio materno mentre senz’ombra di dubbio scendeva di diversi metri al di sotto del livello del suolo. Il percorso, inizialmente abbastanza regolare, cominciò a farsi sempre più arzigogolato e in più di un’occasione l’Akimichi dovette saltare da qualche gradino naturale, cosa che incrementò drammaticamente la profondità alla quale si trovava. In ogni caso, non dimenticava mai di aggiornare il proprio “diario di bordo” e la mappa che stava disegnando sul taccuino.
    Ad un certo punto fu costretto a stendersi a pancia in giù e a strisciare sul terreno per oltrepassare una zona nella quale il soffitto si abbassava almeno della metà per un tratto di cinque metri. Il terreno divenne molto viscido e, quando riemerse dall’altro lato, notò che aveva sulle labbra un sapore strano, argilloso. Accostando a sé la tremolante fiamma della lanterna, scoprì di essere completamente sporco di fango. Rivolse lo sguardo a terra e vide che il suolo era effettivamente fangoso da quel punto in poi. Poteva essere un buon segno?
    Un suono basso e costante, simile all’ululato lontano del vento, iniziò ad accompagnarlo. Ogni tanto veniva impreziosito dal rumore di una goccia che cadeva ed impattava sulla dura pietra, poi da un altro e poi da un altro ancora, i quali - ognuno con la propria sfumatura - finivano per formare una specie di sinfonia naturale.
    Alzando la lampada al di sopra del capo, vide che era circondato da stalattiti e stalagmiti di varie forme e dimensioni che, ad ogni movimento della fonte di luce, intrecciavano le proprie ombre imbastendo un teatro variegato sull’umida e lucida parete rischiarata dal bianco intenso della fiamma.
    Prima di procedere oltre, Shōta sentì la voglia irresistibile di indugiare in quel luogo per un po’. D’altra parte non poteva dire con certezza quando gli sarebbe ricapitata l’occasione di stare completamente solo, con la certezza di non poter essere disturbato da nessuno. Quindi si sedette per terra e posò la lanterna lì vicino.
    Osservando le formazioni calcaree che lo attorniavano, rifletté sulle considerazioni che avrebbe potuto fare Taro. Di sicuro gli occhi del biondino sarebbero luccicati se avesse potuto assistere a quella visione. Tenendo a mente ciò, segnò altri appunti sul taccuino e li adornò con qualche schizzo. Pensò che, nonostante le sue pessime doti pittoriche, la maestosità e la solidità della roccia emergevano ugualmente dai disegni. Questo pensiero si ricollegò immediatamente ad altri e, tastando i sassi irregolari sparpagliati qui e lì, l’Akimichi si ritrovò a cullarsi nell’ammirazione per ciò a cui la madre terra è capace di dar forma nel corso dei secoli. Data la posizione in cui era seduto, gli sovvenne il giorno in cui aveva scoperto la propria affinità con il Chakra Doton e, quasi per diletto, iniziò a sollecitarlo dentro di sé e poi a farlo scorrere dal basso ventre alle spalle, dalla testa alle mani e dal petto alle gambe. Tanto si fece assorbire da questo che, dopo un po’, iniziò a sentirsi di nuovo come nel sogno che aveva fatto il pomeriggio prima: solido, roccioso, tutt’uno con la nuda terra sotto di lui e la roccia compatta sopra di lui, come una montagna umana.
    Quando fu soddisfatto, si alzò e riprese il suo viaggio.
    Superato il primo gruppo di stalagmiti, incappò in un bivio. Abbastanza sicuro di star procedendo verso nord, decise di imboccare la via a destra perché, in mancanza di indizi particolari, era quella che aveva maggiori probabilità di condurlo verso nord-est.
    Qui la strada cominciò a restringersi e il terreno a divenire più asciutto e sabbioso. Non era un buon segno ma ormai si era avviato e, quindi, tanto valeva che proseguisse per vedere cosa c’era dopo… non l’avesse mai fatto!
    Di punto in bianco, udì uno scricchiolio che era assolutamente fuori luogo in una zona simile. Nemmeno il tempo di interrogarsi su cosa stesse succedendo che gli si aprì una voragine sotto i piedi e venne risucchiato dalla terra, mentre la lanterna gli cadeva di lato. Quando realizzò che doveva esserci un tronco di legno marcio o qualcosa del genere coperto dal terriccio, era troppo tardi. Già stava sdrucciolando con il sedere giù per una specie di angusto, fangoso e tortuoso scivolo naturale. I secondi preziosi persi a causa della sorpresa non gli permisero di frenare la discesa in alcun modo. Gli venne solo istintivo concentrare il Chakra nei piedi e questa si dimostrò una scelta avveduta perché, dopo una caduta di tre metri, impattò con il suolo.
    Non poteva vedere dove fosse perché la lanterna era rimasta sopra. Non udiva nulla perché nel luogo in cui si trovava non sembrava giungere alcun suono, né di aria né di acqua e il terreno era completamente asciutto.
    Insomma Shōta era solo, completamente al buio, intrappolato a decine e decine di metri di profondità nel sottosuolo.
     
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    [Parte 4]



    Buio. Silenzio. Niente. Il nulla assoluto.
    Non fosse stato per la sensazione di pressione sui talloni e sulle piante dei piedi, Shōta avrebbe potuto credere di star ancora cadendo.
    La secchezza e l’immobilità dell’aria indicavano che il nuovo ambiente aveva poco da spartire con il precedente.
    Il naturale scombussolamento dovuto al tonfo imprevisto tendeva a far lavorare negativamente la fantasia e, per un breve lasso di tempo, l’Akimichi temette di essere finito in una trappola o nella tana di qualche oscuro predatore. Onde evitare sorprese, sfoderò il Bō e lo fece ruotare intorno a sé a 360°.
    Non colpì nulla ma il modo in cui il suono si propagò nell'aria gli suggerì che le pareti non dovessero essere molto distanti. Pensò che sarebbe stato saggio avanzare a tentoni per comprendere la conformazione del posto ma, prima di ciò, avrebbe avuto bisogno di crearsi almeno un punto di riferimento in quel vuoto cosmico. Ragion per cui, richiamato nuovamente il Chakra Doton, iniziò a farlo scorrere per tutta la lunghezza del Bō, poi conficcò la punta del bastone nel terreno e vi incise una freccia rivolta in avanti, per conservare memoria della posizione in cui si trovava nel momento in cui era caduto.
    Subito dopo iniziò ad avanzare tenendo l’arma dritta davanti a sé ma, come preventivato, immediatamente urtò contro qualcosa di solido. Cambiò leggermente direzione e riprovò ancora altre volte.
    Dopo sette tentativi, dovette giungere all’amara conclusione di trovarsi in un luogo non più grande di una camera da letto di medie dimensioni, sebbene di forma ovale o quasi.
    Tuttavia - pensò - la stanza doveva avere necessariamente una via d’uscita, vale a dire quella da cui era entrato. Concentrò allora il Chakra nei piedi e cominciò a scalare le pareti ma, gira che ti rigira, non gli riuscì di trovare nessuna cavità. Sembrava che il buco fosse sparito nel nulla!
    Superato l’iniziale sconforto, ritenne che sarebbe stato meglio sedersi, fare un bel respiro e riflettere. Non era possibile che non ci fosse un modo per uscire, era assurdo. Forse avrebbe potuto provare ad usare qualche tecnica per cercare di sfondare le pareti? Non era fattibile perché quasi sicuramente sarebbero state troppo spesse. In caso contrario, c’era pur sempre il rischio di far crollare tutto - come paventato da Taro - e rimanerci secco.
    A un certo punto, per liberarsi di una fastidiosa tensione che si era creata tra le spalle, allargò le braccia e, con sua immensa sorpresa, sentì il dorso della mancina urtare contro qualcosa di duro. La parete non era così vicina, quindi di cosa poteva trattarsi?
    Si girò a sinistra e iniziò cautamente a tastare. Sentì sotto le dita qualcosa di voluminoso, duro e curvilineo. Facendo scorrere i polpastrelli, si rese conto che la superficie era simile ad una cupola ed era ricoperta di scanalature che ricordavano segmenti irregolari, forse forme geometriche, forse dei poligoni dai lati leggermente arrotondati.
    Continuando verso il basso si aspettava di incontrare il terreno e, invece, si ritrovò a contatto con qualcosa di freddo e rugoso.
    Istintivamente ritrasse la mano mentre dall'area provenivano leggeri rumori che fugarono ogni dubbio circa il fatto che si trattasse di un essere vivente.
    Iniziando a nutrire qualche sospetto sulla natura dell'inaspettato ospite, Shōta infilò la mano nel borsello, pescò dal fagotto alcuni pezzetti di mela essiccata e li gettò a terra. Dopo un po', il silenzio del luogo venne rotto da un lento e regolare sgranocchio. Nell'animo dell''Akimichi iniziò a farsi strada una speranza: l'animale doveva pur sopravvivere in qualche modo e ciò presupponeva che avesse un modo per raggiungere cibo e acqua. Se lo avesse seguito, sarebbe dovuto arrivare per forza da qualche parte. Poggiò quindi una mano sulla cupola, aspettando che iniziasse a muoversi.
    Attese per una quantità di tempo incalcolabile (durante la quale si disse che, dopotutto, era rimasto “quello di sempre”) e alla fine la sua pazienza fu ripagata perché percepì che la superficie della cupola cominciava lentamente a scivolare verso destra. Rimanendo in contatto con le punte delle dita, si accinse a seguirla camminando accovacciato. Nonostante la lentezza della marcia, la parete non tardò ad essere raggiunta e Shōta si domandò in quale maniera potessero mai procedere, una volta giunti dinanzi ad un ostacolo impenetrabile.
    Con sua grande sorpresa, avvertì chiaramente che la cupola proseguiva il suo cammino senza soluzione di continuità. Allungando una mano e facendola scorrere verso il basso, ne apprese il motivo: c'era un'apertura alta forse poco più di mezzo metro che gli era completamente sfuggita nel corso della piccola "passeggiata esplorativa" nella quale si era cimentato poco prima. Aggrappandosi a questa minuscola speranza, si distese e strisciò a pancia in giù cercando di mantenere un contatto quanto più possibile costante con l'animale e con il soffitto.
    Dopo qualche minuto, sentì che lo spazio sopra di lui aumentava e provò cautamente ad alzarsi evitando di tirare una craniata contro la roccia. Poiché la cosa gli riuscì, riprese a seguire la cupola come prima ma, nel giro di poco, fu assalito da una indefinita sensazione di "spazio".
    Provò a battere le mani una volta e l'eco gli fece intendere che l'ambiente non era angusto come il precedente ma, anzi, piuttosto ampio. Dopo averle sbattute un altro paio di volte, si convinse di trovarsi in un posto a dir poco smisurato. Ciò non rappresentava un rischio minore rispetto al precedente perché, a causa del buio, si correva il pericolo di smarrirsi. E fu per questo che tornò a cercare con le mani la cupola... non trovandola!
    La sua guida era sparita.
    Per la prima volta dopo tanto tempo, in lui si stava facendo strada una sensazione di inquietudine. Cominciò a tastare ovunque, poi di colpo si fermò e si ricordò di avere la soluzione a portata di mano, anzi, letteralmente in tasca: tirò fuori delle mandorle e le lanciò per terra. Passarono diversi secondi ma, alla fine, udì lo sgranocchio salvifico e ogni preoccupazione svanì. L'Akimichi pensò tra sé che, qualora fosse uscito indenne da quella situazione, la frutta secca sarebbe diventata uno dei suoi snack preferiti.
    Il viaggio riprese e dopo qualche minuto i due iniziarono a percorrere una strada curva e in salita, al termine della quale Shōta vide comparire in lontananza un fioco chiarore che ricordava una stella morente. Trattenne la voglia di correre verso la luce per evitare di cadere in qualche altro fosso nascosto e continuò pazientemente ad affidarsi al suo accompagnatore.
    Man mano che si avvicinava, ebbe la certezza che si trattava proprio della lanterna di Taro, così come, giunto in prossimità della stessa, questa gli rivelò infine che la sua guida non era altro che una grossa testuggine, esattamente come sospettava

    Ti devo la vita, vecchio mio disse, ben sapendo che l'animale non era in grado di intenderlo e non avrebbe mai potuto immaginare quanto gli fosse grato.
    Di fatto, erano sbucati dal lato opposto del passaggio che stava percorrendo prima di cadere. Mentre ispezionava il buco (scoprendo che una lastra di pietra era scivolata giù insieme a lui, ponendosi di traverso e tappando lo scivolo) rifletté su quante cose aveva in comune con le testuggini. In futuro non gli sarebbe dispiaciuto approfondire la conoscenza di questo tipo di animale.
    A quel punto, non gli rimaneva che saltare il fosso per tornare indietro, cosa che la tartaruga non poteva fare. Per non lasciarla lì a morire di fame e di sete, la afferrò e la sollevò. Quella subito si rintanò nel carapace, per cui l'Akimichi si ritrovò tra le mani solamente un guscio che, con un piccolo sforzo, riuscì a lanciare dall'altro lato del buco
    Ecco fatto. Spero di essermi sdebitato almeno in parte concluse mentre raccoglieva la lanterna e tornava sui suoi passi.
    Imboccando la via alternativa, dopo diversi minuti notò che l'aria e il terreno si facevano sempre più umidi, mentre il suono di un rigagnolo che fluiva tra le rocce gli suggeriva che la sua meta era ormai a portata di mano.
    Accelerò il passo e, mentre lo scroscio si faceva sempre più forte, superò l'ultimo varco.
    Arrivò in una gola larga all'incirca trenta metri, alta forse cinque volte tanto, che andava a perdersi nelle oscure profondità della caverna, perpendicolarmente alla direzione di marcia di Shōta. Dall'alto proveniva una debole luce e la gola era attraversata per tutta la sua lunghezza da un torrente largo una quindicina di metri, che scorreva impetuoso da sinistra verso destra. La forza dell'acqua sembrava davvero incontenibile.
    urv

    Lungo la riva c'erano dei piccoli sassi strani o qualcosa di simile. L'Akimichi ne prese in mano uno e sentì che aveva un odore rancido e tendeva a spappolarsi. Ne mise un pezzo in bocca, lo masticò e poi lo sputò via. Era chiaramente una fragola marcia, segno che la luce proveniente dall'alto doveva essere proprio il sole che filtrava attraverso la frattura nel fragoleto. Missione compiuta. Segnò tutto sul taccuino e si preparò per il ritorno.
    Ma, mentre stava per andarsene, si fermò a contemplare la potenza del torrente, una delle manifestazioni delle forze della natura che si scatenavano in libertà senza lasciarsi imbrigliare da niente e da nessuno…
    E se avesse provato a misurarsi con loro? Poteva essere un'occasione irripetibile.
    Posò la lanterna, avanzò verso la riva e cominciò ad addentrarsi in quel furente spumeggiare con temerarietà e in pari tempo con raziocinio, senza spingersi oltre il punto in cui poteva toccare. Tra i flutti e i mulinelli, gli fu immediatamente chiaro che rimanere in piedi sarebbe stata una vera impresa... e questa era un'ottima notizia, non avrebbe potuto desiderare di meglio.
    Prese posizione di fianco ad uno scoglio, che sarebbe stato fonte di ispirazione e modello da imitare, quindi allargò le gambe e le flesse leggermente, appoggiando i palmi delle mani sulle ginocchia. Sfidando la pressione dell'acqua, si impose di rimanere saldamente piantato in quel punto, come se ne andasse della sua vita.
    Nel giro di poco, cominciò a galvanizzarsi molto più di quanto non si aspettasse e dovette ricondursi da solo a reazioni più sobrie, onde evitare di deconcentrarsi e perdere l'equilibrio.
    Quando si sentì abbastanza sicuro, decise di alzare il livello della sfida tentando di eseguire uno Shiko. Dovette metterci così tanta attenzione che ne risultò l'alzata di gamba più lenta che avesse mai fatto in vita sua ma la soddisfazione che ricavò dal percepire con chiarezza la gamba d'appoggio monoliticamente inchiodata sul fondale a sfidare la potenza del torrente lo ripagò al mille per mille. Così ne eseguì un altro e poi un altro ancora, finché la freschezza dell'acqua non sembrò quasi essere stata creata apposta per estinguere il bruciore dei suoi arti inferiori. Erano anni che non si applicava così intensamente a quel tipo di allenamento ed eseguirlo in quelle condizioni gli fece assaporare con ancora maggior intensità ogni singolo sforzo, riconnettendolo totalmente con la fisicità del suo corpo.
    A quel punto tornò all'asciutto, recuperò la lanterna e riprese seriamente la via del ritorno.
    I cinque sensi, la propriocezione, la fatica, la forza, la resistenza… durante il tragitto ripercorse tutto ciò che aveva esperito in quella piccola avventura e iniziò, forse, a comprenderne davvero il senso: proprio come accadeva negli allenamenti del suo vecchio, si doveva imparare con il corpo prima che con la mente.

    Al termine del percorso, era abbastanza provato e gli ci volle un bel po' per riabituarsi alla luce del sole.
    Trovò ad attenderlo lo stesso trio che lo aveva accompagnato ore prima. Shingo parve piuttosto sollevato, segno che aveva passato tutto il tempo a macerarsi nella preoccupazione. Benji lo scrutò dapprima con serietà, poi gli rivolse un ampio sorriso.
    La consueta aria paciosa conservava invece Lo Zio che, però, lo seccò all’istante senza troppi giri di parole

    Bentornato… esordì …non voglio fare il guastafeste ma mi corre l’obbligo di dirti che sei solo a metà dell’opera
     
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    [Parte 5]



    Dalla posizione del sole si intuiva che mezzogiorno era passato da un bel pezzo quando Shōta riemerse dalle viscere della terra

    Bene, torniamo al castello esortò Benjiro è ora di pranzo e gli altri si staranno anche preoccupando

    Hai ragione ribatté Lo Zio, prendendo Shōta per la spalla, tirandolo verso sé e creando una certa distanza tra loro e gli altri due …vi conviene sbrigarvi a tornare

    Nessuno avrebbe potuto davvero dirsi stupito dal gesto - d'altra parte, l'uomo aveva dato a intendere chiaramente che l'allenamento non fosse concluso - ma questo non impedì a Shingo di cominciare a ringhiare. A parte ciò, comunque, il ragazzone evitò di fare commenti, a differenza di Benji

    Potreste riprendere anche dopo pranzo. Shōta dovrà pur riposarsi un po'

    No. Il ferro va battuto finché è caldo troncò netto l'omone.

    I tre si scambiarono occhiate cariche di tensione, decisamente contrastanti con l'armonia del boschetto in cui si trovavano.
    Vi furono diversi secondi di silenzio finché Shōta, i cui occhi erano adombrati da un alone che li rendeva imperscrutabili, non intervenne

    Discussione inutile. disse con tono inespressivo Regola fissata. Compito già stabilito. Il resto... futile perdita di tempo

    …eh? Il tono incerto della voce di Shingo - che solitamente suonava ben più dura e stentorea - destabilizzò anche Benjiro. Aveva forse avvertito nel fratello qualcosa che non gli piaceva e, contemporaneamente, gli risultava familiare?

    Ok, disse Lo Zio mentre, mostrando un’aria insolitamente seria, afferrava il braccio di Shōta e lo stringeva esercitando pressione in un certo modo adesso devo chiedervi di lasciarci da soli

    Strano a dirsi, per il ragazzo sentirsi stringere sul braccio in quella maniera fu quasi come ricevere una secchiata di acqua gelida sulla testa. Spalancò gli occhi e scosse il capo come per uscire dal torpore

    …che c’è? chiese confuso mentre Shingo e Lo Zio si scambiarono un rapido cenno d’intesa …perché siete così seri? L’esplorazione è andata bene…

    ok… lo interruppe il fratello tirando con sé Benjiro …avrai tempo per raccontarci tutto ma adesso devi andare con Lo Zio

    Aspettate… fece lui, tirando fuori il blocchetto degli appunti e porgendolo loro …almeno prendete questo, così potrete cominciare a farvi un’idea della situazione

    Ok… replicò Benji prendendo il taccuino e infilandoselo in tasca …ci vediamo più tardi concluse, facendo capire che aveva intuito quanto potesse essere fuori luogo introdursi in quel discorso. Quindi si allontanò insieme a Shingo avviandosi verso est.
    Aggirato un albero, dopo un po’ i due scomparvero.

    Forza, andiamo disse Lo Zio cominciando ad incamminarsi verso sud-ovest.

    L’Akimichi lo seguì senza fiatare, senza commentare e senza chiedergli dove stessero andando, benché fosse chiaramente desideroso di saperlo.
    Percorso all’incirca mezzo chilometro, i due si addentrarono in una zona in cui la boscaglia si faceva nettamente più fitta, i tronchi degli alberi si moltiplicavano e le loro chiome si intrecciavano stratificandosi così tante volte da bloccare quasi completamente la luce del sole. Gli aliti di vento faticavano a farsi strada in quel labirinto verde e, così, i versi dei rigogoli e delle cicindele risaltavano in particolar modo nella pace del luogo.

    Siamo arrivati fece l’uomo avvicinandosi a un grande cespuglio che riempiva completamente lo spazio tra due alberi. Poi, come se stesse aprendo una tenda, tirò gli arbusti di lato creando un varco e, con un gesto eloquente, invitò Shōta a oltrepassarlo.
    rdr

    Il ragazzo si fece avanti e, camminando con attenzione per non graffiarsi, attraversò il breve passaggio.
    Con sua grande sorpresa, dall’altro lato trovò una piccola radura, all’incirca di 50 metri di diametro, cui i massicci tronchi facevano da mura e le folte chiome da volta, interrotta solo al centro in un modesto varco dal quale la luce del sole, discendendo come un cono etereo, andava ad inondare un cerchio di balle di paglia artificialmente creato nel mezzo del prato.
    Vedendo ciò, Shōta non poté più rimanere in silenzio

    …un Dohyo? Qui?

    Era indubbiamente un Dohyo, benché molto grezzo. Dietro di esso, inserito in una piccola struttura lignea costruita sul fianco di un grosso tronco a sud, si intravedeva un Kamidana con al centro un Ofuda recante la scritta 巨石 (Kyoseki)

    Si, l’ho creato io… precisò Lo Zio …a dire il vero, ho sistemato un po’ tutta la zona, benché fosse già adatta per quello che avevo in mente. Tant’è che, arrivando da questa direzione l’altro giorno, ci sono passato in mezzo e mi sono detto “di meglio non posso trovare”

    Il ragazzo in parte lo ascoltava e in parte no, perché sia la radura, sia il Dohyo, sia la scritta avevano un profondo significato per lui presi separatamente… figurarsi insieme!
    Intervenendo in un turbinio scomposto di sentimenti, come se stesse gettando una manciata di polvere da sparo sulla viva fiamma, l’omone porse a Shōta un Mawashi di colore bianco

    Mettitelo e prendi posizione ordinò in maniera pacata ma ferma.

    Come se non facesse altro ogni mattina, Shōta si spogliò e indossò il Mawashi con l’aiuto dell’uomo. Quindi cominciò a camminare lentamente verso il Dohyo.
    Giunto al limitare della circonferenza, si fermò. Benché il luogo non fosse silenzioso come le profondità della caverna in cui era caduto, gli parve di percepire un silenzio “materiale” che gli penetrava sin dentro il midollo.
    Appena scavalcò la balla di paglia e mise piede all’interno, un turbinio di immagini confuse emerse dai ricordi del passato e gli si affastellò nella testa, mulinando un paio di volte e poi dissolvendosi nel nulla.
    Si posizionò in piedi al centro del ring, poi fece qualche passo a destra, si collocò su uno dei due Shikiri-sen e si girò verso sud.
    Avvolto da una aura di sacralità quasi palpabile, il Kamidana pareva ergersi sommo e irraggiungibile sul fusto dell’albero, mentre i suoi Shide ondeggiavano sollecitati dolcemente dallo zefiro.
    Si voltò allora verso Lo Zio, aspettando indicazioni ma l’uomo si limitò a dire

    Fa’ ciò che ti viene spontaneo fare in questo momento

    Catturato dal rispetto che gli infondeva la scritta sul Kamidana, Shōta fece un inchino, poi si accovacciò in Sonkyo, poggiò le mani sulle ginocchia e chiuse gli occhi.
    Adesso che stava prendendosi seriamente un momento per sé, si rendeva conto di quanto fosse scombussolato il suo sistema circolatorio: il Chakra turbinava caoticamente, al pari dei ricordi che lo avevano assalito pochi istanti prima. Diversamente dal solito, sembrava parecchio indisciplinato e l’Akimichi trovò molte difficoltà a governarlo. Pensò allora di ricorrere nuovamente al Doton poiché questo tipo di Chakra era più pesante del normale e, proprio in occasione della sua scoperta, il ragazzo aveva migliorato il proprio controllo sull’energia interiore. Si accinse quindi a direzionare il flusso per "separare la crusca", per così dire, ma un istante dopo venne interrotto da Lo Zio

    No disse semplicemente, senza aggiungere altro.

    Perché “no”? Che cosa significava? Forse non lo stava facendo nel modo giusto. Quindi ricominciò da capo, ma venne nuovamente bloccato

    No

    Voleva dirgli di non ricorrere al Doton? Se questo era il caso - rifletté Shōta - forse la ragione risiedeva nel fatto che poteva trattarsi di una scorciatoia e ciò non veniva ammesso?
    Ricominciò a cercare di governare il flusso caotico lasciando che il Doton riposasse sul fondo, come di consueto.

    No

    Ancora non andava bene? L’Akimichi cominciò ad essere seriamente confuso, non sapeva che pesci prendere. Aprì gli occhi e guardò l’altarino: sembrava che lo stesse giudicando. Non gli era mai capitato di sentirsi così stordito negli ultimi anni ma, da qualche giorno a questa parte, non si stupiva più di nulla.
    Mentre cercava di riordinarsi le idee, una frase de Lo Zio lo trafisse come una gelida lama

    Shingo si sbagliava. Non sei pronto disse con aria tutt’altro che scherzosa Raccogli le tue cose e torniamo indietro

    Detto ciò, si voltò e cominciò a camminare verso l’uscita della radura.
    Il Genin si sentì stringere lo stomaco in una morsa d’acciaio e iniziò a sudare freddo

    Aspetta! Fammi provare ancora una volta!

    L’omone si arrestò senza voltarsi

    …e a che pro? Sarebbe solo una perdita di tempo. Non riesci a trovare la via

    Ma tu non mi hai dato indicazioni. Mi hai detto di fare ciò che mi veniva spontaneo

    …ed è così. Fino a un certo punto ti è venuto spontaneo imboccare la via giusta - infatti non ti ho interrotto - ma poi ti sei smarrito. Questo mi fa capire che non sei pronto. Forse non puoi farti carico di proteggere coloro che ami o forse, semplicemente, non sei abbastanza determinato…

    Ricominciò a camminare lentamente verso l’uscita.

    Shōta si sentì come uno che aveva appena perso un treno che passa una volta sola. Guardò prima Lo Zio, poi il Kamidana, poi di nuovo Lo Zio… in breve tutta la radura iniziò a vorticargli intorno.
    Finché, ad un certo punto, il mondo smise di girare. Il freddo sudore che gli imperlava la fronte non era distinguibile da un insieme di normali gocce d’acqua, la costrizione allo stomaco risultava un banale corpo estraneo piazzato in quel punto, il treno non era “perso” ma solo “andato”

    CITAZIONE
    ………

    L’omone si fermò di colpo e si voltò lentamente verso di lui. Poi lo scrutò intensamente

    Dunque era proprio come sospettavi… disse continuando a guardare il ragazzo negli occhi.

    Poi posò lo sguardo sul braccio e fece per avvicinarsi ma, senza nemmeno aver sollevato un piede, si fermò

    …no. Se continuiamo così, non ne usciremo mai… anche questo problema va affrontato disse mentre cominciava a scorciarsi le maniche

    …non è così, Shōta?

    Non vi fu alcuna risposta

    CITAZIONE
    ………

    L’omone spalancò gli occhi. Per un breve istante, si sentì pervadere da una inquietante sensazione di “vuoto” o di “neutralità”. Poi cominciò ad appropinquarsi al ragazzo.
    Quando gli fu arrivato abbastanza vicino, gli diede uno spintone sul petto. Quello barcollò qualche secondo ma rimase sul posto, senza reagire.
    Allora lo spinse una seconda volta, poi una terza e così via, in diversi modi e da diverse posizioni, quasi come se volesse costringerlo a reagire. Ma ogni volta lui riguadagnava l’equilibrio senza colpo ferire e si riposizionava esattamente nello stesso punto, senza rispondere o cambiare espressione

    Nulla, eh? Molto bene… disse l’omone ergendosi imponente dinanzi a lui

    …allora vediamo se il nulla sa incassare!

    In un baleno sollevò il braccio e gli occhi di Shōta non videro altro che un pugno in procinto di colpirlo in pieno.

    CITAZIONE
    …pugno allo stomaco…

    Non provò sensazioni di sorpresa o di paura. Non si fece domande sul gesto. Irrigidì semplicemente i muscoli addominali per prepararsi alla botta.
    L’impatto fu talmente forte che un ipotetico spettatore esterno avrebbe potuto avere l’impressione che ne fosse scaturita una modesta onda d’urto. La pancia dell’Akimichi si ripiegò leggermente verso l’interno mentre la potenza sprigionata dal colpo lo proiettava all’indietro sollevandolo di qualche centimetro da terra.
    Fece un volo di quindici metri e andò a sbattere violentemente con la schiena contro il tronco di un albero. Il fiotto di sangue vermiglio che gli fuoriuscì dalla bocca parve luccicare sotto i raggi del sole

    CITAZIONE
    …sapore metallico… mancanza di respiro… oppressione... formicolio… perdita di equilibrio…

    Stavolta sarebbe davvero caduto in avanti, faccia a terra. Ma, essendo la paura assente e presentandosi il dolore alla stregua di una mera sensazione fisica di pressione formicolante, non venne distratto da nulla. Fece avanzare una gamba e la inchiodò con forza al suolo per rimanere in piedi

    RSQL

    Sei tenace, te lo riconosco… ma non ho ancora finito con te disse Lo Zio

    Poi fece una pausa. Girò lo sguardo verso la scritta che campeggiava sull’Ofuda e, per un istante, sembrò perdersi malinconicamente nei suoi pensieri

    …ho fatto una promessa a una persona…

    Concluse mentre si voltava nuovamente di scatto verso Shōta, caricando un altro pugno
     
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    [Parte 6 - finale]



    Un’altra botta fortissima riecheggiò nella radura mentre il sole si apprestava a tramontare.
    Il corpo ricoperto di lividi, contusioni e tumefazioni venne sollevato da una potente ginocchiata e nuovamente sbattuto a terra da un possente colpo di palmo. Lo Zio aveva la mano pesante.
    Senza fiatare o reagire in alcun modo, Shōta tentò fino all’ultimo di non cadere ma gli riuscì di salvare solo una gamba, mentre l’altra inesorabilmente toccava il suolo con il ginocchio. Ormai era allo stremo ma la sua espressione non era minimamente cambiata da quando era iniziato il pestaggio.
    Era passato parecchio tempo e anche l’omone cominciava ad accusare i segni della stanchezza

    …oh, stai cedendo infine… osservò con la fronte imperlata di sudore

    …molto bene… disse allora, facendo un salto all’indietro e allontanandosi dall’Akimichi di una decina di metri

    …voglio vedere come ti comporterai adesso che non hai più energie… ti farai uccidere?

    Mentre stava ancora saltando, molto rapidamente sollecitò il Chakra e iniziò a comporre i sigilli Drago, Tigre, Coniglio

    Suiton: Mizurappa!

    In un lampo cominciò a sputare un getto d’acqua ad alta pressione in direzione di Shōta

    Il ragazzo, ancora mezzo inginocchiato, sembrò andare in tilt per un istante.

    CITAZIONE
    …Ninjutsu…Suiton…

    Poi cominciò ad attingere alle sue riserve di Chakra, mezze esaurite anche quelle per la stanchezza e il digiuno ma comunque ancora presenti.
    In un baleno, quasi d’istinto, colpì il suolo con entrambe le mani

    Doton: Doro Gaeshi

    Accompagnato da una vibrazione, dalla zolla di terreno davanti a lui si sollevò un muro di roccia quadrato.
    La violenta onda acquatica impattò con la superficie innalzandosi, spumeggiando in tutte le direzioni e curvandosi all’indietro mentre la difesa tentata in extremis dall’Akimichi si sgretolava subito dopo aver adempiuto al proprio dovere. La supremazia dell’elemento Terra nei confronti dell’elemento Acqua, unita al fatto che probabilmente il suo avversario si era trattenuto, fu sufficiente per produrre quel risultato.
    Appena gli sentì aprire bocca, l’omone spalancò gli occhi

    …Shōta? domandò con fare incerto

    …Zio? chiese di rimando l’Akimichi

    L’omone si produsse in un sorriso di puro sollievo

    Bentornato tra noi, ragazzo! esclamò ridendo. Poi tornò serio …come ti senti?

    Lui si guardò le braccia e il resto del corpo, poi fece …non so. Credo di essere messo male ma non sento dolore. Sono un po’ stanco, questo si

    Ti senti diverso da prima? chiese l’uomo

    …no, perché dovrei?

    La riposta in parte sorprese Lo Zio e in parte gli diede una piccola speranza. Che lui sapesse, quando veniva a crearsi una situazione di quel tipo era come se ci fosse un piccolo salto nella mente di Shōta, poiché il ragazzo sembrava svegliarsi da un sonno. Tuttavia, in altre situazioni c’era sempre stato qualcuno che lo riportasse alla realtà, a differenza di quanto accaduto in questo caso. Adesso era rimasto in quello stato di vacuità per un lasso di tempo molto lungo ed era stato anche costretto ad usare il Chakra in quelle condizioni. Mancavano gli elementi per capire se la differenza nell’esito fosse dovuta al primo fattore, al secondo o a entrambi ma il fatto che non percepisse soluzione di continuità tra il suo io precedente e quello attuale e, contemporaneamente, conservasse ancora parte dell’insensibilità al dolore fisico ed emotivo, faceva sospettare che quello status simile ad uno stand-by fosse ancora in corso seppure in piena coscienza. L’alternativa sarebbe stata immaginare che la parte “nera” fosse stata sospinta in qualche angolo dell’inconscio e, quindi, potesse sempre riemergere a piacimento. Questa era un’eventualità alla quale Lo Zio non volle minimamente pensare in quel momento.
    Quindi, un po’ per cambiare discorso e un po’ perché era il motivo principale della sua venuta, riportò l’allenamento al centro del discorso

    Vuoi fare un altro tentativo nel Dohyo?

    Ben cosciente del messaggio che gli veicolava il suo corpo con tutti i dolori che di cui era costellato (e che pure non percepiva come tali), Shōta era addivenuto ad una conclusione. Quindi, senza pensarci sopra nemmeno due secondi, annuì.
    L’uomo si scostò di lato e gli fece spazio onde consentirgli di prendere posto nel Dohyo, cosa che lui prontamente fece.
    Dopo aver rivolto nuovamente un inchino al Kamidana, tornò ad accovacciarsi in Sonkyo, sia perché gli veniva spontaneo e sia perché il suo istruttore non aveva commentato questo gesto, dando ad intendere che fosse il modo giusto di porsi.
    snky

    Quindi, come prima, poggiò le mani sulle ginocchia, chiuse gli occhi e cominciò a prestare attenzione ai convulsi moti dell’energia interiore. Benché questa fosse in quantità minore rispetto a prima, non si presentava certo in modo meno roboante e caotico. Al di sotto dei flutti, giacevano sul fondo i sedimenti di Chakra Doton.
    Memore del modo in cui si era allenato nel torrente sotterraneo e del modo in cui aveva incassato i pesanti colpi di prima, Shōta ignorò sia il Chakra normale che quello elementale e provò semplicemente a lasciarsi attraversare dalla corrente impetuosa, nello stesso modo in cui un cavo dell’alta tensione viene attraversato dall’elettricità.
    Lo Zio non lo interruppe e questo gli diede la conferma che aveva trovato la risposta giusta.
    Il Chakra leggero e veloce circolava fluidamente nel sistema circolatorio. Il Chakra Doton pesante e inerte ristagnava placidamente sul fondo dei canali più bassi. La sua massa muscolare, per sostenerlo nella posizione in cui si trovava, stava lavorando al regime minimo, come se dipendesse da un serbatoio quasi completamente svuotato e, in realtà, non riteneva che sarebbe riuscito a reggersi in piedi ancora a lungo in quelle condizioni.
    Lasciare che ogni elemento rimanesse esattamente com'era, senza intervenire o forzare le cose in alcun modo, gli permise di chiarificare la sua visione e acuire la percezione delle sfumature energetiche.
    Dopo un po', cominciò ad avvertire qualcosa di singolare: il graduale processo di perdita di forza nei muscoli delle gambe subì un'inversione e lui si sentì leggermente rinvigorito.
    Scandagliando l'intero sistema dalla testa ai piedi, notò solo una variazione rispetto a prima: quel serbatoio mezzo vuoto si stava leggermente riempiendo, come se da qualche parte stesse naturalmente sgocciolando dell'energia aggiuntiva per supplire alla carenza di forze. Spostando il focus verso l'alto, percepì una zona composta da una materia che aveva caratteristiche ibride: solida e consistente come il Doton ma leggera come il Chakra ordinario e, oltre ciò, stranamente calda. Zoomando come con un microscopio, ebbe l’impressione che fosse composta da migliaia di piccole sferette lucenti, come delle perle di energia concentrata. Ampliando la visuale, si rese conto che questa materia non si limitava alla zona considerata ma era diffusa un po' ovunque, costituendo di fatto un involucro che ricopriva la sua intera figura: era il suo tessuto adiposo e quelle sferette lucenti erano adipociti.
    C'era sempre stato, naturalmente, ma lui non lo aveva mai sentito così come lo stava sentendo in quel momento. Era chiaramente cambiata la sua percezione



    A questo punto Lo Zio lo interruppe ma non con il classico "no"

    Cosa senti di preciso, ora? gli chiese, cercando di non distoglierlo

    …è come se ci fosse un rubinetto che perde rispose il ragazzo senza aprire gli occhi

    Perfetto, ci sei. Adesso rimani concentrato e cerca di aprire quel rubinetto, ma delicatamente e con molta attenzione

    In verità non era affatto necessario esortarlo ad essere delicato perché il "rubinetto" risultò essere molto più duro e resistente del previsto, al punto tale da richiedere un supplemento di forza.
    Solo dopo numerosi tentativi e un ultimo, immane, sforzo riuscì infine ad aprirlo leggermente. Allora sentì di poter esercitare un seppur minimo controllo sugli adipociti. Ognuno di quei piccoli, lucenti e preziosissimi concentrati di potere calorico era come una gemma in grado di sprigionare potere sotto la sua sollecitazione. Lo sgocciolamento si trasformò in un flusso continuo che, partendo dal tessuto adiposo, andava a riempire il serbatoio delle energie fisiche, inondandolo, riversandosi nella massa magra e irrorando le fibre muscolari al punto tale da irrobustirle sensibilmente.
    Grazie al rinnovato vigore, l'Akimichi non solo non ebbe problemi a continuare a reggersi ma riuscì anche ad effettuare uno Shiko, allargare le gambe e assumere una delle posture rituali fondamentali che aveva visto eseguire in passato al padre.
    A quel punto, aprì le palpebre e vide che gli occhi de Lo Zio luccicavano per la soddisfazione

    Oh si, direi proprio che ci siamo!

    shrfrm



    La cosa singolare fu che non parve esprimere gioia. Forse non era nemmeno in grado di provarne nello stato mentale in cui si trovava. Era solo il ritratto della serenità.
    Poi, di colpo, il potere si disattivò e le gambe cedettero alla fatica di una giornata massacrante. Lo Zio gli arrivò vicino con uno scatto, appena in tempo per sorreggerlo

    Devi essere stanchissimo, mi rendo conto… so di essere stato un po’ duro ma avevo bisogno di capire una cosa e poi… fece una pausa mentre lo aiutava a sedersi su un tronco tagliato …ti garantisco che, in confronto al Megalite, sono morbido come lo zucchero filato

    Si produsse in una grassa risata mentre Shōta, in un bagno di sudore, lo guardava con la bocca semiaperta e il fiatone

    …hmm? Beh si, io preferisco dire “Megalite” piuttosto che “Megalito”. Ognuno di noi ha sempre fatto un po’ come gli pareva... si perse di nuovo malinconicamente nei pensieri …comunque ho fatto tutto quello che potevo. Il resto sta a te

    Il ragazzo era troppo stanco per intrattenersi in discorsi e oramai erano al crepuscolo.
    L’uomo provvide a medicare le sue ferite con un kit da pronto soccorso e gli somministrò un tonico coagulante. Nel giro di pochissimo Shōta fu in grado di camminare senza problemi e i due presero la via del ritorno.

    […]

    Appena misero piedi in casa, ci fu un vero e proprio assalto frontale. L’Akimichi venne accerchiato dai ragazzi che lo tempestavano di domande, a seconda del loro carattere e dei loro interessi, come se fossero un gruppo di giornalisti intorno a un Daimyō: "bentornato!" “com’è andata?” “com’era il sottosuolo?” “c’erano gemme preziose?” “c’erano draghi sputafuoco?” “la forza dell’acqua è sufficiente a muovere una ruota idraulica?” “ti sei allenato?” “hai imparato delle tecniche supersegrete e sei diventato superforte?”.
    Lo Zio fece da bodyguard, allontanandoli dal ragazzo

    Ohi! Calma un po’, su. Fatelo respirare, è stata una giornata faticosa per lui. Potrete chiedergli tutto quello che volete nei prossimi giorni

    Benjiro richiamò all’ordine tutta la squadra minacciando sanzioni terribili, come essere costretti a spalare il letame per un mese.
    Passata la confusione, si avvicinò Shingo

    …allora? chiese con impazienza

    Tutto a posto rispose l’uomo missione compiuta, non è così?

    L’Akimichi annuì vistosamente e Shingo sorrise in un modo in cui non lo si vedeva sorridere da tempo immemorabile

    ...e per "quella cosa"?

    ...poi ti dico... poi ti dico...

    Poi, mentre Lo Zio andava a darsi una rinfrescata prima di cena, Shōta fu tirato in disparte dal fratello

    ehi…

    …che c’è?

    …voglio dirti una cosa subito, per togliermi il pensiero. È importante disse

    …ti ascolto fece lui prestandogli massima attenzione

    È una regola E già solo questo termine era sufficiente per far drizzare le orecchie a Shōta

    Le abilità derivate dalle arti del clan… tienile sempre come ultima risorsa e, soprattutto, non usarle mai in combattimenti amichevoli. Intesi?

    Regola intesa, registrata e marchiata a fuoco. Come sempre.

    A quel punto furono chiamati da Kimiko perché la cena era pronta.

    […]

    L’indomani Lo Zio si preparò per la partenza. Quasi a tutti dispiacque perché avevano trovato la sua presenza un piacevole diversivo.

    …ecco fatto disse Shōta mentre chiudeva lo zaino che avevano provveduto a riempire con prodotti della fattoria, non ultimo il miele di Kaede

    Quante prelibatezze! esclamò l’omone Sono sicuro che anche Jona sarà contento di poterle usare in cucina

    Salutamelo, mi raccomando disse Shōta

    Certo, e non dimenticare che l’invito è sempre valido! Appena puoi, devi passare al locale, ci siamo capiti?

    Certo che si. A proposito… rispose il ragazzo …chissà se un giorno riusciremo ad organizzare una settimana di allenamento come quella volta

    Lo Zio guardò di lato massaggiandosi la mandibola, poi disse

    …beh, non so se ci sia ancora qualcuno della vecchia guardia. Da quando è successo quello che è successo, abbiamo un po’ perso i contatti… letteralmente non sappiamo chi sia ancora vivo e, per di più, con i continui conflitti che attanagliano il mondo…

    Si incupirono un po’ entrambi, poi l’uomo ruppe l’atmosfera

    Ma, insomma, mai dire mai, ecco! esclamò Lasciamoci con questi due buoni propositi, ok?

    Quindi si salutarono con calore e poi Lo Zio, caricatosi il pesante zaino sulle spalle, ripartì.

    Il ragazzo lo seguì con lo sguardo finché gli fu possibile, poi rientrò in casa.
     
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