I 200 shiko

Shōta Akimichi - PQ ambientata nel passato

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    [Un piccolo villaggio nella parte meridionale di Iwa, diversi anni fa, Tsumin]




    Trasportato da una delicata brezza, un pulviscolo bianco scendeva dalle nuvole facendosi strada nell'aria invernale di Iwa.
    Ancora troppo leggeri per sfidare in maniera decisa la forza di gravità, i minuti fiocchi di neve svolazzavano a casaccio in tutte le direzioni, in balia dei capricci del vento. Dopo aver superato un abete disegnando una mezza parabola obliqua, si affacciarono di botto dall’orlo di un precipizio, spingendosi oltre uno dei costoni della catena montuosa imbiancata che cingeva in un solido abbraccio l’immensa vallata disseminata di colline e rocce d’ogni forma, andando infine a perdersi per la vastità dell’aere.
    Lì nel mezzo della valle, sotto il cielo plumbeo del mattino, si stava destando un piccolo villaggio di poche centinaia di anime, perlopiù composto da modeste abitazioni di pietra.
    Se qualcuno fosse passato da quelle parti in quel momento, avrebbe udito provenire da una di quelle case rumori di schiaffi seguiti da tonfi sordi che rompevano con regolarità il silenzio ovattato di quella fin troppo calma mattinata. E, se si fosse spinto fino al cortiletto posteriore dell’abitazione, le sue narici avrebbero accolto un silvestre odore di resina di betulla bruciata. Guidato da un intenso bagliore, il nostro ipotetico visitatore avrebbe potuto spingersi fin dietro l’angolo della casa, apprendendo così che quei rumori erano frutto dell’allenamento di un giovane Akimichi con i capelli arancioni raccolti in una coda di cavallo che, a un paio di metri da un crepitante falò, se ne stava con le gambe divaricate e le ginocchia piegate, indossando solo un grande asciugamano avvolto intorno al busto.

    Con il fiato corto e la cute imperlata di sudore, il ragazzo sollevò lateralmente la gamba destra fino a formare un angolo di quasi 150 gradi con la sinistra, poi colpì la coscia con la mano e contemporaneamente la abbassò facendo ricadere il piede sul terreno

    …centocinquantacinque…

    Il movimento venne ripetuto con l’altra gamba

    …centocinquanta…sei…

    Si accinse quindi a dedicare nuovamente le proprie attenzioni al lato destro ma qui le forze gli vennero a mancare.
    In preda a una fitta lancinante, non riuscì a sollevare del tutto la gamba e si lasciò cadere in ginocchio sbattendo un pugno a terra per la frustrazione

    …centocinquantaset…! Argh! … dannazione!

    Ansimando e digrignando i denti, Shingo si tirò su.
    Fu solo allora che alzò la testa e notò, seduta sul muretto, una figura della cui presenza fino a quel momento non si era accorto



    …Shōta! Da quanto tempo sei lì??

    Il bambino si diede una piccola spinta con le mani e saltò giù

    Fin dall'inizio. Dovevi essere proprio concentratissimo per non accorgertene!

    Dall'inizio? Allora ti ho svegliato… non pensavo di aver fatto tanto rumore alzandomi

    Beh, silenzioso non sei mai stato però stavolta sei innocente. Veramente non riuscivo a dormire… comunque che importa? Riesci ad arrivare quasi a 160 shiko di fila! Sei fortissimo, fratellone!

    Ma che fortissimo! Sono ancora troppo pochi!

    Ma se io non riesco a farne neanche uno! L’altra volta ci ho provato, ho perso l’equilibrio e stavo anche per strapparmi i muscoli

    Shingo scoppiò a ridere mentre si asciugava il sudore con uno straccio

    Sei solo un bambino e non hai ancora la corporatura adatta, nessuno si aspetta che tu sia in grado di farlo. Io invece devo arrivare almeno a 200, oppure papà non mi insegnerà le tecniche del clan, così ha detto…

    Nella testa del piccolo Shōta, questo bastava a spiegare perché il fratello si stesse allenando con tanto accanimento a quell'ora e con quel freddo. Ciò suscitò in lui un inspiegabile sentimento misto di ammirazione e invidia.
    Fremeva dalla voglia di riempirlo di domande ma non ebbe l’opportunità di farlo perché proprio in quel momento uscì dalla porta della cucina una donna alta e snella con gli occhi verdi e dei lunghi capelli castani raccolti in una coda che le scendeva sul petto passando dalla spalla sinistra. Indossava un vestito a righe con sopra un grembiule verde

    Allora c’è davvero un fuoco acceso in cortile, ecco qua!

    “Ecco qua” era l’intercalare che la accompagnava fedelmente da una vita.

    Mamma! Lo sai che Shingo è riuscito quasi ad arrivare a 160 shiko?!

    Davvero? Deve essere stato faticoso… chissà quante calorie hai perso! disse la donna mentre sogghignava, ben sapendo quanto il figlio tenesse ad accumulare calorie in quel periodo.
    Giustappunto, Shingo se ne ebbe a male

    Sul serio?! Eddai ma’! Le devo prendere, non le devo perdere!

    La madre rise di gusto

    Ma si, scherzavo. E poi, anche se fosse… le recupereresti tutte con la colazione che ho preparato stamattina, ecco qua!

    Alla frase seguì un repentino gesto del pollice in direzione della porta della cucina.
    Un’espressione di pura bramosia si dipinse sul volto del ragazzo che, mezzo secondo dopo, si stava già precipitando verso casa.
    Non lo seguì però Shōta, che rimase lì ad urlargli e lasciami qualcosa!
    Questo confermò un presentimento già covato dalla donna, che in teoria avrebbe dovuto rimanere leggermente interdetta dal fatto che il piccolo non fosse corso dietro il fratello come suo solito

    …hmm… c'è qualcosa di cui vuoi parlarmi?

    Come sempre c'aveva preso in pieno. Il bambino si girò a fissarla con gli occhi spalancati, stupito dal suo intuito. Poi tornò a sedersi sul muretto, più pensieroso di prima. La madre si accomodò accanto a lui

    …ha a che fare con l'allenamento di Shingo?

    Il piccolo Shōta pensò che era davvero impossibile nascondere qualcosa a quella donna.
    Abbassò lo sguardo sospirando, poi si decise a vuotare il sacco

    Tu e papà non fate altro che lavorare, non combattete quasi mai, però lui sta comunque dando dei suggerimenti a Shingo per aiutarlo ad allenarsi e presto gli insegnerà addirittura le tecniche del clan…

    Non è strano come pensi. Il mondo è sempre in guerra… con i tempi che corrono, devi saperti difendere perché non sai cosa potrebbe accaderti

    Però non lui ha mai pensato di allenare me

    Tesoro, Shingo è più grande. Ci sarà il tempo…

    …è davvero per questo? Forse crede che io non sia adatto perché non ho il fisico…

    La madre sorrise ma la sua comprensione andava più a fondo di quanto lasciasse intendere, permettendole di intravedere il vero motivo alla radice del mood del figlio molto più chiaramente di quanto non fosse in grado di fare lui stesso.
    Laddove per lei il mestiere di fabbro rimaneva una passione oltre che un mezzo per sbarcare il lunario, il padre lo viveva in maniera troppo ossessiva, collocandolo di fatto in posizione preminente rispetto a tutto il resto, un "resto" composto da luoghi, tempi, amicizie (soprattutto dei figli) che finivano così per dipenderne. Non per niente quella era la terza casa in cui erano andati ad abitare, peregrinando per il Paese della Terra in base alle opportunità che si presentavano e con tutte le difficoltà che si possono ben immaginare considerato che questi spostamenti avvenivano in tempi mai pacifici.

    Tenendo a mente che sotto la superficiale invidia per i consigli dati al fratello si nascondeva un bisogno di attenzione per le proprie esigenze da parte del padre, la donna gli passò una mano tra i capelli e dirottò apparentemente il discorso altrove

    …il fisico? Ti dirò un segreto: allenare il corpo senza disciplinare la mente significa aver fatto solo metà del lavoro

    Disciplinare la mente?

    Preferì serbare per sé i propri dubbi perché riteneva che Shōta avrebbe dovuto maturare da solo quel pensiero e quell'atteggiamento che gli avrebbero permesso di far fronte a situazioni che andavano al di là della sua volontà.
    Quindi lanciò la bomba

    Esatto… è fondamentale anche se vuoi usare un Bō, ecco qua

    Gli occhi del bambino si spalancarono e iniziarono a brillare, quasi come se avesse ricevuto un regalo inaspettato. Gli si formò un nodo nello stomaco e iniziò a sentirsi la testa leggera.
    Benché non l’avesse mai vista combattere seriamente, più di una volta gli era capitato di scorgere la madre intenta ad allenarsi con il Bō e quelle movenze acrobatiche lo avevano lasciato estasiato. Ma, visto che neanche Shingo aveva mai messo le mani su un’arma di quel tipo, non gli era mai passato seriamente per l’anticamera del cervello che potesse avere l’occasione di farlo lui

    …stai dicendo che mi insegnerai il Bōjutsu? Sul serio??

    …forse, ma solo se acquisirai il giusto grado di equilibrio e di disciplina. E bada che non sarà facile… se si fosse trattato di quel testone di tuo fratello, non ci avrei nemmeno pens…!

    Shōta le si gettò addosso e la abbracciò con forza

    Grazie mamma!! Ti prometto che sarò disciplinatissimo! Posso cominciare anche subito!

    La madre fu contenta di essere riuscita a risollevargli l’umore, benché la cosa più importante fosse metterlo in grado di fare i conti con una realtà che non sempre rispecchia i nostri desideri: bisogna andare incontro ai problemi, evitarli non fa altro che ingigantirli.

    Ah si? Allora sta a sentire… si schiarì la voce …il primo passo verso la disciplina è la pazienza… quindi non avere fretta e vai a fare colazione, ecco qua!

    Quella era senz'altro un'esortazione a cui il bambino sarebbe stato ben contento di obbedire e per questo sgusciò via come una lepre.
    In men che non si dica, dall’altra parte della porta iniziarono a provenire schiamazzi molto familiari

    Non è rimasto niente! Lo sapevo, ti sei spazzolato tutto!

    Sei lento! Che hai fatto tutto questo tempo?? Sono rimasti i fiocchi d’avena


    La donna pose fine alla caduca vita del fuoco spegnendolo con un piede e poi si diresse verso la cucina.
     
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    Dopo essersi lentamente aperto un varco nella grigia coltre di nubi, il pallido sole invernale della tarda mattinata si rifletteva ora in uno specchio d'acqua irregolare di neanche 10 metri quadrati, rozzamente ricavato scavando il terreno con una pala e innaffiando il tutto con un tubo da irrigazione.
    L'acquitrino era attraversato da un capo all'altro da una strettissima trave di legno, al centro della quale stava in bilico Shōta con un bastone lungo il doppio di lui tra le mani.
    Sforzandosi di tenere l'asta in posizione parallela al terreno, il bambino procedeva con grande attenzione piazzando un piede davanti all'altro, non prima che il precedente avesse aderito con fermezza alla trave. Sentiva il tallone sollevarsi lentamente e, di seguito, tutta la pianta perdere contatto con la superficie. Percependo il peso che si scaricava sull’altro piede, sollevava poi l’arto portandolo in avanti e permettendo così a tutto il corpo di procedere.
    La routine quotidiana, ormai consolidatasi dopo più di due settimane, prevedeva che, dopo essere rimasto 30 minuti fermo su un piede solo senza muovere un muscolo e 10 minuti a testa in giù reggendosi sulle braccia, dovesse attraversare la trave 20 volte in quel modo per poi compiere movimenti basilari con il bastone mentre rimaneva in equilibrio. Ma ogni giorno la larghezza di quel dannato pezzo di legno diminuiva inesorabilmente perché sua madre ne tagliava via un listello.
    Adesso la donna era lì ad osservarlo dal bordo, non potendo non essere contenta di come, nonostante le innumerevoli cadute, lui si ostinasse a perseverare.
    Poco distante, Shingo proseguiva i propri esercizi colpendo ripetutamente a suon di manate un grosso tronco. Di tanto in tanto anche lui buttava un occhio al fratello, curioso di capire a cosa potesse mai servire un allenamento di quel tipo.
    La pratica però stava dando i suoi frutti perché indubbiamente l’equilibrio fisico e mentale del ragazzino ne stava beneficiando e la riprova l’avrebbero avuta di lì a poco.
    Un uccello, sceso in picchiata per afferrare un insetto a pelo d’acqua, gli passò improvvisamente vicino facendolo trasalire e rompendo l’attenzione lentamente accumulata. A causa dello spavento, il piccolo perse la stabilità proprio mentre era intento a fare un passo con il piede destro, ritrovandosi così con la gamba a mezz'aria.
    Per un attimo roteò le braccia e si diede quasi per vinto sentendosi mancare il terreno sotto i piedi ma, un istante dopo, riallacciò il filo della concentrazione poc’anzi perso e si rese conto che quella percezione era vera solo a metà: l'appoggio, per quanto precario, non mancava alla sua gamba sinistra. Sapere che c’era ancora una possibilità di recupero fu come lanciare del combustibile sulla fiamma quasi spenta della sua determinazione. Quindi, più rapidamente che gli fu possibile e facendo appello a tutta la presenza di spirito che aveva, fece forza con la gamba sinistra serrando le dita sul legno, estese la destra di lato e contemporaneamente menò una specie di fendente orizzontale con il bastone in senso orario per controbilanciare lo spostamento del baricentro in direzione opposta. In questo modo riuscì a compiere un quarto di giro, il che lo portò a ritrovarsi in posizione perfettamente parallela alla trave.
    Fu allora che si fermò, abbassando rapidamente la gamba destra fino a far aderire la pianta del piede all'asse, per rimanere infine con le gambe larghe e le ginocchia piegate, la mano sinistra sulla coscia e la destra a reggere il bastone.
    Totalmente incredulo per quanto appena successo, teneva lo sguardo fisso di fronte a sé. Non meno di lui strabuzzò gli occhi Shingo, al quale quella posizione appariva ormai fin troppo familiare.
    Tuttavia la stabilità recuperata durò solo un paio di secondi, dopo i quali il bambino iniziò lentamente a inclinarsi in avanti e a cadere

    uh-uh-uuoooohh!

    Chiuse gli occhi e trattenne il respiro, pronto a ritrovarsi completamente zuppo. Ma un istante dopo era ancora perfettamente asciutto, disteso a terra con sua madre accovacciata vicino a lui

    Direi che per oggi può bastare

    Vedendo che il figlio stava per aprire bocca con tutta l'aria di chi vuole ricominciare subito ad allenarsi, si premurò di anticiparlo

    …ricorda: pazienza. Lascia alle cose il tempo di maturare e vedrai che cambieranno. E poi è ora di pranzo, ecco qua! Shingo, puoi andare a preparare la tavola?

    Eh? Ah si, certo! rispose il ragazzo prima di avviarsi.

    Quindi la donna si rivolse nuovamente a Shōta, che era intento a fissare le loro immagini riflesse sulla superficie dell'acqua

    Visto? Sei migliorato moltissimo in così poco tempo, adesso sei molto più bravo a recuperare la concentrazione quando la perdi

    Il figlio le sorrise e annuì contento. Poi tornò a percorrere con gli occhi i contorni delle figure riflesse. Mentre le increspature provocate dalla discesa del volatile si appianavano quasi del tutto e quei contorni si assestavano, la sua mente andò in una direzione del tutto inaspettata.
    Rimase in silenzio alcuni secondi, poi rivolse alla madre un quesito a bruciapelo

    …senti mamma, ma come mai tu sei magra?

    La donna fu presa totalmente in contropiede dalla domanda inattesa

    E adesso come ti viene in mente una cosa del genere? Non me l’avevi mai chiesto

    …non lo so… stavo pensando a quanto sono ancora troppo magro… ma io sono un bambino, tu no e allora… se non sei grassa non puoi usare le tecniche del clan, vero?

    La madre, sudando, si affrettò a rispondere

    Certo! Cioè, volevo dire… certo che no! Ma non ne ho bisogno, proprio perché ho il mio Bō, ecco qua!

    Il figlio non era ancora abbastanza acuto da poter avere l’impressione che lei gli stesse nascondendo qualcosa, eppure gli rimase nella testa la stessa sensazione che gli rimaneva ogni volta che non riusciva a completare un puzzle perché qualche pezzo era andato disperso nel disordine della sua camera. Gli era sempre stato detto che la madre faceva parte del clan e che in passato era grassa esattamente come tutti gli altri membri, benché lui non ne serbasse alcun ricordo. Però nessuno gli aveva mai spiegato perché adesso il suo peso rientrasse nella norma e, anzi, fosse anche un po’ al di sotto.
    Comunque, vuoi per l’età, vuoi per l’abitudine a vederla sempre così, non si era mai posto più di tanto il problema. Ma adesso, complice l’allenamento del fratello e le considerazioni sul proprio aspetto, la curiosità gli era aumentata.

    La donna ruppe bruscamente il flusso dei suoi pensieri

    Hai sentito anche tu? Papà deve essere tornato da quell’incontro di lavoro, dopo tanti giorni! Vatti a lavare le mani e poi siediti a tavola, su e, così dicendo, gli aggiustò i vestiti e gli sistemò i capelli

    […]

    Un allegro chiacchiericcio faceva da sfondo al rumore dei piatti e delle posate, al tintinnio dei bicchieri e al gorgoglio delle bevande che venivano versate dalle bottiglie. Deliziosi aromi di ogni sorta stuzzicavano piacevolmente l’olfatto dei commensali.
    Seguendo l’esempio del fratello, Shōta era intento a ripulire meticolosamente una coscia di pollo, liberando l’osso dal fardello di tutta quella fastidiosa carne che lo circondava.
    Una voce dal timbro caldo ma un po’ roco lo distolse per un attimo dalla delicata operazione

    e poi… Shōta, mi passi il sale?

    Il bambino afferrò la saliera e si sporse in avanti. Dall’altro capo del tavolo, una manona afferrò il contenitore e si richiuse facendolo sparire al proprio interno, per quanto era grande

    …grazie, figliolo. E quindi, che stavo dicendo…?

    La mano apparteneva a un omone alto quasi due metri e largo 120 cm, dalla carnagione vagamente rossastra e una barba che gli incorniciava il volto proseguendo in un acconciatura che terminava in un codino a forma di ventaglio.
    Rivolgendosi alla moglie, proseguì

    …ah si, i Suzuki! Ti stavo dicendo che, oltre ai 50 Shuriken e ai 20 Kunai che ci avevano commissionato inizialmente, hanno bisogno di altri 80 Kunai. In più, dovremo preparare 2 Katane. Ho confermato che applicheremo uno sconto per la quantità ma ho anche chiarito che, a causa delle tempistiche ristrette, dovremo praticare un sovrapprezzo…

    Mentre mandava giù l’ultimo boccone di pollo, Shōta si domandò se lo sconto e il sovrapprezzo non avrebbero finito per annullarsi a vicenda, costringendo i poveracci a pagare il prezzo pieno.

    La moglie sembrava poco fiduciosa circa la possibilità di portare a termine l’incarico

    100 Kunai? Ma non è un po’ troppo? Ci vuole tempo per realizzarli

    Tranquilla, a quelli ci penso io. Basta che ti occupi delle Katane come solo tu sai fare

    Non so se sia una buona idea accettare tutte le richieste che ci arrivano, siamo solo in due…

    Macché, macché. Se ci aiuta anche Shingo riusciremo a fare tutto in tempo, vedrai. Tra l’altro il prezzo dei Kunai è aumentato del 20% perché sono sempre di più i comuni cittadini che si sentono poco sicuri ad andare in giro di notte e ne vogliono uno da tenere sotto il mantello. In questa situazione, con 100 Kunai rientreremo delle perdite avute l’anno scorso e avremo anche qualcosa in più

    L’uomo si produsse in una grassa risata. Stappò un altro fiasco di vino, procedette a mescere la bevanda alla moglie e poi colmò il proprio bicchiere. In un batter d’occhio lo mandò giù e fece schioccare la lingua per mostrare il proprio apprezzamento. In realtà non stava gustando il vino… stava pregustando i guadagni.

    Shōta sbadigliò. La divinità del sonno profondo si stava lentamente impossessando di lui mentre questi noiosi discorsi di soldi lo ammorbavano ingolfandogli i padiglioni auricolari.

    La madre tentò di cambiare argomento

    …a proposito! Lo sai che i ragazzi sono migliorati un sacco? Si stanno allenando duramente. A Shingo non manca molto per raggiungere i 200 shiko mentre Shōta sta imparando a maneggiare il Bō

    Il padre sorrise e fece l’occhiolino ai figli

    Davvero? Bravi ragazzi

    Poi tornò a rivolgersi alla moglie

    Gli stai insegnando tu a usare il Bō? Bene, bene… però non stare troppo tempo lontana dalla fucina o rischiamo un ritardo sulla tabella di marcia

    Non ti preoccupare, mi ero anticipata un po’ di lavoro settimane fa

    Visto? È per questo che ti adoro! esclamò lui, dandole un bacio sulla fronte

    Comunque non ti ho detto la parte migliore: le Katane non sono per i Suzuki, sono per la famiglia Tanaka, hai presente? Quelli che non chiedono mai niente e che… non sono messi affatto male! Saranno sicuramente disposti a pagare di più per le spade. Se tutto va come deve, riusciremo a mettere da parte anche abbastanza soldi per il viagg…!!!

    Si interruppe bruscamente. Strinse gli occhi, mordendosi il labbro inferiore e serrando il pugno, segno che si era lasciato scappare una parola che non avrebbe dovuto essere pronunciata. Quantomeno non in quel momento e in quel modo.

    In una frazione di secondo, Shōta si sentì crollare il mondo addosso. Orribili sensazioni fisiche - tra le quali un cerchio alla testa, una palla di piombo nello stomaco e due colpi di accetta sugli avambracci - lo assalirono inesorabilmente

    …”viaggio” stavi dicendo? fu la domanda che uscì lentamente e con tono spento dalla bocca del bambino, mentre un’ombra gli era calata sugli occhi.

    Ormai la frittata era fatta. Intervenne nuovamente la madre

    si… te ne avremmo parlato con calma più in là. Ma sei venuto a saperlo in questo modo… lanciò un'occhiataccia al marito che è proprio quello che avrei voluto evitare…

    Il padre si ricompose alla meno peggio e cercò di argomentare la decisione, comunque già presa e non condivisa

    ehm… si. Purtroppo il riverbero della guerra sulle zone di confine non sta facendo tanto bene agli affari. Diciamo che i Suzuki ormai sono gli unici clienti sicuri che ci sono rimasti da queste parti e non possiamo andare avanti solo con le loro commesse. Ma pare che l'assetto geopolitico sia cambiato e che a est si stia muovendo qualcosa di interessante e quindi…

    …e quindi dobbiamo lasciare tutto e tutti per partire… di nuovo…

    Shōta cominciò a fremere di un malcelato nervosismo

    …lo so che non è semplice ma vedrete che poi vi farete dei nuovi amici e sicuramente quel posto sarà ricco di opportunità

    Stavolta intervenne Shingo

    …come questo? Ti sei guardato intorno? Qui non c'è… niente

    Seguirono alcuni secondi di silenzio, poi il padre si grattò la testa sorridendo imbarazzato

    …ahah… beh, non la farei così drammatica, su

    Shōta non ne poté più. Si alzò in piedi e sbottò

    Ovvio! Tanto per te cambia poco, no?!

    …beh, dai, sarà l’ultimo trasloco, promesso. Questa è la volta buona, me lo sento

    Dici sempre così! Non ti rendi nemmeno conto che fai sempre il solito identico discorso! E mamma dice che le cose possono cambiare, ma non è vero! Non cambia mai niente!

    A questo punto, anche il padre si alzò in piedi e iniziò ad avvicinarsi assumendo un’espressione seria

    Mi dispiace di non avertene parlato prima ma, in ogni caso, non avrei certo potuto chiederti il consenso. Sono sicuro che alla fine te ne farai una ragione. Comunque basta polemiche. tagliò corto

    Certo, tanto hai già deciso tutto da solo! Sai che ti dico? Che mi hai davvero rot…!!

    Il suono secco di uno schiaffo risuonò nella casa troncando qualsiasi discorso e lasciando per diversi secondi quale unico rumore il crepitio della fiamma nel focolare.
    Con gli occhi lucidi e colmo di rabbia, Shōta diede un colpo al fiasco di vino, che precipitò dal tavolo andando ad infrangersi sul pavimento e inondando le fughe delle mattonelle con il suo contenuto.
    In un lampo, il bambino corse verso la porta, la aprì e scappò via chissà dove.
    La madre era rammaricata. Sicuramente il figlio aveva esagerato a rispondere in quel modo ma il discorso non sarebbe dovuto saltare fuori per il momento e il fatto che fosse successo non le aveva dato il tempo di fargli acquisire sufficiente pazienza e capacità di confrontarsi serenamente con l'argomento. Dall'altra parte, era anche molto amareggiata per il modo inedito in cui aveva reagito il marito, che mai aveva sfiorato nessuno. Ormai era evidente che per lui la forgiatura non fosse più una passione genuina e spensierata come un tempo e che questa storia del guadagno stava davvero iniziando a renderlo sordo alle esigenze dei figli.
    Comunque sia, l’uomo stesso non avrebbe potuto essere più sorpreso dal proprio gesto. Adesso se ne stava lì a fissare la mano con gli occhi spalancati, come se stesse guardando la prova della venuta sulla Terra di una specie aliena.

    Si girò verso Shingo provando a dire qualcosa per giustificarsi ma il ragazzo gli voltò le spalle e si diresse verso l’uscita

    …vado a cercarlo

    Il padre fece per seguirlo ma la mano della moglie poggiata sulla spalla lo obbligò a fermarsi

    …dovremmo parlare un po’, non pensi?

    Lui chinò il capo mentre la porta di legno si richiudeva dietro Shingo
     
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    Al diavolo!

    Dopo aver impattato con la punta del sandalo, un sasso schizzò dritto contro il tronco di un albero, colpendolo e rimbalzando in un ruscello che, scorrendo lentamente, si perdeva serpeggiando tra le conifere.

    …schifo di mondo… guerra di me**a…

    Sbuffando e camminando con i pugni serrati, Shōta si diresse verso il punto d'atterraggio del sasso. Aveva smesso di correre da diversi minuti ma era comunque un bel pezzo che continuava a vagare senza meta e adesso il suo corpo reclamava un po' d'acqua.
    Giunto che fu sulla riva, si inginocchiò sull'erba umida e si curvò in avanti. Trovandosi a tu per tu con il riflesso del proprio volto adornato sulla guancia dal contorno di cinque dita, si fermò un attimo. Sollevò il braccio con l'intenzione di assestare un colpo a quella sgradevole immagine e farla sparire dalla propria vista ma non riuscì a completare l'azione. Con sua grande sorpresa, si rese conto di non essere poi così arrabbiato e, ripensando agli improperi pronunciati fino a poco prima, ebbe l'impressione di aver quasi recitato una parte di fronte a se stesso. Era una strana sensazione, come se si fosse imposto di essere adirato ma senza riuscirsi.
    Quasi a voler lavare via la patina che gli ottundeva la mente, si sciacquò vigorosamente la faccia. Una goccia gli scivolò dalla punta del naso e gli umettò le labbra. Nuovamente in preda alla sete, il bambino giunse le mani per formare un contenitore, raccolse un po' d'acqua e bevve. Il freddo liquido incolore accarezzò la lingua asciutta, colmò di sé in maniera gratificante la gola riarsa e poi scivolò giù, sino a trovare pace nello stomaco. Raccolse l'acqua una seconda volta, poi una terza e così via, finché non ebbe bevuto a sazietà. Quando fu appagato, si rialzò.
    Ripensando a quanto era accaduto, adesso gli sembrava di essere più lucido e di vedere tutto sotto una luce diversa, benché la rapidità con cui si era dissolta l'ira fosse per lui incomprensibile. Forse non credeva abbastanza a ciò che aveva detto? Possibile che anche lui, come il padre, avesse finito per ripetere le solite argomentazioni stantie? Quello era stato davvero un dialogo o la somma di due monologhi?
    Con queste domande in testa, decise di incamminarsi verso casa. Guardandosi intorno, si rese conto di aver fatto molta più strada di quanto non credesse. Era evidente che aveva camminato con la testa da tutt’altra parte, perché il sentiero percorso gli sembrava totalmente estraneo. L’unica cosa che poteva ragionevolmente supporre era che il ruscello scendesse a valle per confluire nel torrente sfruttato dagli abitanti del villaggio. Se ciò fosse stato vero, seguendolo sarebbe riuscito a tornare a casa. Cominciò così a incamminarsi lungo la riva.
    Dopo un po’ notò che il corso d’acqua si restringeva andando ad infilarsi tra due enormi pareti rocciose. Sul bordo c’era appena il margine per transitare in punta di piedi. Così fece, prestando molta attenzione e iniziando a maledirsi per essersi cacciato in quella situazione.
    A fatica, spuntò infine dall’altro lato del crepaccio e si ritrovò in una specie di radura circolare racchiusa nella roccia e tagliata nel mezzo dal ruscello. A est del corso d’acqua svettava per circa 30 metri una farnia spoglia che, sola con la sua altezza, riusciva a raggiungere l’apertura circolare alla sommità, là dove le era possibile assorbire la maggiore quantità di luce solare. Il bambino non aveva mai visto un posto del genere. Probabilmente il ruscello faceva dei giri strani e ciò lo aveva portato fuori strada, allungando il tragitto. Comunque a questo punto non aveva alternative, se non continuare a seguirlo.
    Prima di muovere un passo, sospirò e si guardò attorno. Non fosse stato per lo scroscio dell’acqua e il sibilare del vento, il silenzio sarebbe stato quasi totale. Il freddo era attenuato e l’aria era pervasa da un forte sentore di muschio. I raggi del sole raggiungevano solo parzialmente quegli angusti spazi, riducendo la luminosità. Aguzzando gli occhi, Shōta iniziò a dirigersi verso il lato opposto rispetto a quello dal quale era entrato.
    Individuò chiaramente un’altra fenditura nella roccia ma l’oscurità che la caratterizzava era già un segnale di quanto potesse essere lunga e stretta.
    Certo, quel nero era fin troppo intenso… quasi solido… quasi vivo… si muoveva addirittura…?!
    Il bambino si fermò di colpo mentre una massa oscura cominciava a emergere lentamente dalla roccia. Il cuore iniziò a battergli come un tamburo mentre il sudore gli imperlava la fronte. Dapprima pensò ad un’allucinazione, poi, a mano a mano che la massa si spostava nella zona più luminosa, gli riuscì di discernerne i contorni. Ma ciò che vide non lo tranquillizzò affatto.
    Si trattava di un grande esemplare maschio di yak selvatico, dall’aspetto tutt’altro che mansueto.
    L’animale, a occhio alto più di un metro e mezzo e pesante svariati quintali, camminava nervosamente scuotendo il capo di tanto in tanto.
    Nonostante l’altitudine insufficiente del luogo lo rendesse altamente improbabile, Shōta non poté fare a meno di pensare che quello fosse il suo territorio e che lui rappresentasse uno sgradito intruso. Così come non poté fare a meno di maledirsi una volta di più mentre le gambe iniziavano a tremargli e un forte senso di pericolo lo attraversava dalla cima della testa alla punta dei piedi.
    Si guardò rapidamente intorno per cercare una via di fuga: a sinistra aveva il corso d’acqua, in quel punto troppo largo e profondo per essere guadato; dietro, neanche a parlarne, c’era la strettissima spaccatura da cui era entrato; a destra c’erano diversi metri di spazio tra lui e la parete rocciosa, con al centro la quercia. Non aveva altra scelta se non tentare di scappare in quella direzione, sperando che lo yak si allontanasse dalla fenditura abbastanza da permettergli di raggiungerla.
    La bestia cacciò dal naso una nuvola di respiro caldo, emise un verso sinistro e improvvisamente iniziò a caricarlo.
    Con l’adrenalina che gli pompava in corpo, il bambino prese a correre verso destra. L’animale si rivelò più agile del previsto e curvò la traiettoria per cercare di intercettarlo. Con il cuore che gli batteva all’impazzata, Shōta fece uno sforzo immane per cercare di raggiungere l’albero, nella speranza di poterlo sfruttare come riparo almeno momentaneo. Correva come un dannato mentre nella sua testa ripeteva meccanicamente “non lo faccio più, non lo faccio più”.
    Improvvisamente sentì il piede tradirlo. Inciampò in un sasso e volò lungo disteso per terra. Il rumore della belva inferocita era sempre più vicino, non sarebbe riuscito a rialzarsi in tempo. Forse era tutto un incubo. Avrebbe voluto risvegliarsi e scoprire di essere ancora nel suo letto. Si coprì il volto con le mani. Gli sembrò di udire una voce

    Doton: Doro Gaeshi!

    Percepì una forte vibrazione, poi un tonfo sordo, poi i versi rabbiosi dell’animale in collera. Aprì gli occhi e vide di fronte a sé un muro roccioso di forma quadrata che aveva tutta l’aria di essersi sollevato per ribaltamento dalla zolla di terra che gli si dispiegava davanti. Girò la testa e si rese conto che a fianco a lui c’era Shingo, con le mani poggiate a terra

    Che posto di me**a è questo?? Si può sapere come diavolo hai fatto a finire qui?? Ci ho messo una vita per trovarti!

    Il bambino sentì che la paura gli si scioglieva nello stomaco come una capsula solubile. Avrebbe voluto abbracciare il fratello ma non era proprio il momento: dall’altro lato del muro cominciarono a provenire rumori di testate rabbiose e nel mezzo della parete apparvero delle crepe

    Ca**o! Non resisterà ancora a lungo! Scappa verso l’uscita, io lo terrò occupato!

    Ma… non posso lasciarti solo

    Mi hai sentito o no?? Ti ho detto che sta per sfondarlo! Corri!

    Quasi incapace di intendere e di volere, il bambino si fiondò verso l’uscita ma, a metà del percorso, un rumore fortissimo lo costrinse a girarsi.
    Il muro era crollato senza possibilità di appello e al suo posto si levava un nuvolone di polvere che rendeva impossibile vedere chiaramente cosa stesse succedendo. Stringendo gli occhi, Shōta individuò la sagoma dello yak e, dietro l’animale, la sagoma di Shingo che si apprestava a colpirlo con un pugno. Gli zoccoli delle zampe posteriori della bestia affondarono con forza nello stomaco del ragazzo sollevandolo ad un metro da terra

    Shingo!!

    A mezz’aria, il fratello assunse una strana espressione e iniziò a… spappolarsi?! Shingo non c’era più, al suo posto c’era solo un mucchietto di terra informe.
    La bestia, distratta dal clone di terra, aveva la testa girata a sinistra e non si accorse del vero Shingo che, arrivando da destra, riuscì ad afferrarla per le corna. Il ragazzo iniziò quindi una prova di forza che non aveva praticamente nessuna speranza di successo. La bestia si agitava e cercava di farlo volare via ruotando repentinamente il collo, mentre lui si sforzava di tenere i piedi saldi per terra e non farsi ribaltare.

    Vedendo il fratello in quelle condizioni, Shōta si sentì un vero schifo, completamente inutile e anche colpevole di aver causato il problema. E più si sentiva inutile e più lo diventava effettivamente, rimanendo completamente imbambolato a guardare la scena senza muovere un dito.
    Shingo si accorse che era ancora lì

    Dannazione! Allora non mi hai ascoltato?! Scappa!

    Improvvisamente, tutto quello che era accaduto quel giorno cominciò a passare davanti agli occhi del bambino come una serie di diapositive. Questa proiezione lo estraniò dai fatti, troncando la catena dell’emotività. La sensazione che provò fu affine a quella provata prima al ruscello, quando si era reso conto di non essere davvero arrabbiato come credeva. Forse anche la paura che stava provando in quel momento faceva parte della recita? Se avesse smesso di farsi condizionare in questo modo, forse avrebbe potuto considerare le cose da un altro punto di vista.
    Dietro di lui c’erano molti rami caduti dalla quercia, alcuni più spessi e diritti di altri. Gli venne in mente il Bō, poi tutti gli sforzi che aveva fatto per diventare capace di recuperare l’equilibrio. Dopotutto, anche il panico dal quale si era lasciato assalire in quei minuti poteva essere visto come una temporanea perdita di equilibrio ma Shōta era troppo piccolo per poterci ragionare sopra in maniera così approfondita. Tutto ciò, in lui, si concretizzava in una serie di sensazioni e di impulsi ad agire

    …equilibrio…

    Alzò gli occhi verso i due contendenti. La sua attenzione fu catturata da un dettaglio insignificante: ogni qualvolta Shingo gli toccava il collo, l’animale si innervosiva ancora di più e muoveva la testa a scatti per allontanargli il braccio

    Ma perché è così incazzato?!

    …perché è così… ripeté Shōta con uno sguardo inespressivo. Gli sovvennero le parole della madre sulla pazienza e per un attimo nello yak rivide se stesso, spaventato e incapace di accettare qualcosa di fastidioso che, però, c’è.
    Shingo ormai era allo stremo, la bestia lo stava provando come non mai e presto avrebbe ceduto ma tutto quello sforzo aveva un unico, semplicissimo, scopo: far scappare il piccolo

    Si può sapere che ci fai ancora lì?? Vai via, ADESSO! Hai capito??

    Il bambino si voltò verso l’uscita e iniziò a camminare

    …si, adesso ho capito…

    Il fratello tirò un sospiro di sollievo ma gli andò di traverso mezzo secondo dopo.
    Shōta si chinò e afferrò il ramo più lungo e robusto che gli riuscì di pescare nel mucchio, poi si voltò verso lo yak.

    Shingo, al quale quella scena sarebbe stata ampiamente sufficiente per sbottare, per una frazione di secondo rimase completamente basito perché gli parve di aver visto una strana luce negli occhi del fratello

    ma che ca…?!

    OST


    L’attimo di distrazione gli fu fatale. La bestia riuscì a rovesciarlo di lato facendolo rotolare via per diversi metri, poi si girò verso il bambino e, con gli occhi spiritati, iniziò a caricarlo come una furia

    Shōta sollevò il ramo con entrambe le mani e cominciò a correre verso lo yak mentre il fratello, dolorante e impolverato, assisteva incredulo alla scena

    TI SEI BEVUTO IL CERVELLO??

    All’improvviso, fu come se il tempo avesse iniziato a rallentare. Sembrava che né la bestia né il bambino fossero creature dotate di ragione. Ad ogni metro percorso dall’una corrispondeva un metro percorso dall’altro, cosicché la distanza tra i due diminuiva ad una velocità incredibile.
    Arrivato a due braccia dal bersaglio, lo yak chinò il capo per colpire. Fu in quel momento che Shōta abbassò con decisione il bastone davanti a sé conficcandolo nel terreno e, contemporaneamente, si diede una spinta fortissima con gli arti inferiori, sfruttando l’inerzia della corsa per lanciarsi in diagonale. Mirando con i piedi allo spazio tra le corna del bovino, abbandonò la verga alla sua sorte e si proiettò in alto, passando a pancia in giù sulla testa dell’animale. Il ramo incontrò rapidamente la propria fine infrangendosi contro la marmorea fronte e riempiendo l’aria con le proprie schegge. Con il vento che gli fischiava nelle orecchie, gli scompigliava i capelli e gli stropicciava i vestiti, Shōta si ritrovò in posizione di sorvolo a pochi centimetri dal collo dello yak, nei cui occhi gli parve per un istante di vedere il proprio riflesso distorto.
    Abbassò il braccio come se volesse accarezzare l’animale e poi, rapidamente, affondò la mano nel folto pelo. Allora sul suo volto si dipinse un sorriso calmo e sicuro. Strinse il pugno e tirò con forza.
    Qualcosa venne via dalla carne con un sottile fiotto di sangue caldo. La bestia lanciò un verso agghiacciante e proseguì la sua corsa andando a sbattere contro il tronco della quercia. Il bambino terminò il suo volo venendo catapultato addosso al fratello

    uoooffff!!!
    uuaaahh!!

    I due rotolarono sul prato mentre una sonora craniata nel legno riduceva il bovino a più miti consigli.
    Shingo si girò verso il fratello con gli occhi di chi non ci stava capendo più niente

    Si può sapere che ca**o è successo??

    Shōta si voltò con un sorriso a trentadue denti. Nella mano stringeva un dardo insanguinato

    Aveva questo conficcato nel collo, perciò era così nervoso!

    Il fratello prese l’arma e la osservò

    Cacciatori di frodo, eh? Probabilmente sono stati loro a spingerlo qui giù. Ma tu come l’avevi capito?

    Non l’avevo capito. Avevo solo l’impressione che sul collo ci fosse qualcosa che lo mandava in bestia

    E sulla base di un’impressione hai fatto una cosa così stupida?? Potevi morire!

    Beh, a te non permetteva di afferrarlo e non mi è venuto in mente un altro modo

    Oltre che ai propri occhi, adesso Shingo non poteva credere neanche alle proprie orecchie. Era davvero il fratello quello? Quanto poco lo conosceva in realtà? Forse qualcosa in lui stava cambiando più velocemente di quanto potesse immaginare.
    I due si rialzarono e videro lo yak accovacciato a terra, apparentemente senza forze. Memore di quanto appreso in altre occasioni, Shōta gli lavò la ferita con l’acqua e poi, strappando dei lembi di vestito, preparò una rudimentale fasciatura per fermare l’emorragia

    Non sembra grave

    Si, non penso che fosse avvelenato

    Lo yak stette buono per tutta la durata dell'operazione, guardandolo di lato. Poi si girò verso di lui e gli leccò la faccia

    ahahah credo che tu stia bene, si

    L’animale si alzò e iniziò a camminare.
    Shingo, che adesso era decisamente più calmo, lo osservò mentre si allontanava in direzione dell'unica uscita possibile per lui

    Bene, ti sei fatto un altro amico… senti, a proposito di quello che è successo… ti va di parlarne?

    Shōta sorrise pensando che al fratello non veniva tanto bene la parte di quello con cui confidarsi

    no, davvero, tranquillo. Ci ho riflettuto sopra e ho capito i miei errori

    I tuoi? E quelli di papà? Comunque penso che ne sia consapevole. A quest’ora i sensi di colpa lo staranno divorando, lo sai com’è fatto

    Shōta abbassò gli occhi. Il suo sorriso si fece più serio e riflessivo

    lo so… è per questo che voglio tornare a casa il prima possibile per parlargli

    Shingo sorrise di rimando

    Sono contento di sentirtelo dire. Bene, allora mettiamoci in marcia prima che ci diano per dispersi entrambi!

    Così i ragazzi presero la via del ritorno

    […]

    Siamo tornati!

    Non avevano nemmeno varcato la soglia che il padre si lanciò ad abbracciare Shōta. Alla fine non ci fu bisogno di parlare perché ognuno dei due aveva riflettuto sul proprio atteggiamento, scoprendo quanto poco ci fosse di veramente serio in tutta quella testardaggine.

    Vi prometto che, d’ora in poi, vi coinvolgerò in tutte le decisioni che vi riguardano. E, se volete, beh… resteremo qui

    Si girò a guardare la moglie, che sorrise soddisfatta.
    I due fratelli si guardarono, poi Shōta decise di fare un passo indietro a sua volta

    …no, non è necessario. Possiamo partire, a patto che sia davvero l’ultima volta

    Si illuminò il volto del padre
    certo, certo! È l’ultima volta, giuro!

    Quindi il bambino si voltò e iniziò a salire le scale in tutta fretta

    E adesso perché te ne vai così all’improvviso?

    Vado a preparare la valigia, no?

    I genitori si guardarono in faccia e poi scoppiarono a ridere. Lui non ci capì granché e fu la madre a fugare ogni dubbio

    Che c’è?

    C’è che è un po’ presto per quello, visto che non partiremo prima di tre mesi, ecco qua

    Il bambino non poté evitare di sentirsi leggero come una nuvola

    dici davvero??

    Il padre gli si avvicinò

    Beh, non conviene mica partire in pieno inverno e poi… ho deciso che mi ritaglierò un po’ di tempo per integrare i tuoi allenamenti. Sei o non sei un Akimichi?

    Allora la gioia di Shōta divenne davvero incontenibile. Shingo lo prese sotto il braccio e lo strizzò

    Ehi, non ti scordare di me! Riuscirò ad arrivare a 200 shiko prima della fine dell’inverno, vedrai!

    Prima o poi voglio arrivarci anche io!

    Con un sorriso sereno, la madre osservò il ritorno della quotidianità.
    Da un certo punto di vista, si poteva dire che anche la famiglia aveva ritrovato l’equilibrio perso. Tutti sarebbero stati più tranquilli nei giorni, nelle settimane e nei mesi a venire.
    Se ciò fosse destinato a durare, nessuno avrebbe potuto dirlo con certezza in quel momento

     
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