Naruto GDR - La via del ninja

Posts written by Shitsubo

  1. .

    Shōta Akimichi


    SSSRRR

    Scheda narrativa
    Narrato
    Parlato Shōta
    Parlato altrui (vari colori)






    Quando il gatto non c'è... - 3



    Le domande poste da Shun a Irene su mandato della squadra non ricevettero riscontri molto esaustivi ma l'assenza di risposte fu in sé già molto più esplicativa di quanto avrebbero potuto esserlo le risposte stesse: la Chunin era (o, almeno, sosteneva di essere) all'oscuro dei dettagli della missione e, in più, bollò come "divagazioni" i loro tentativi di apprendere in che situazione si trovasse Suna. Probabilmente c'era davvero ragione di augurarsi che si stessero allontanando dall'epicentro di possibili guai... guai grossi.

    Purtuttavia, Irene non sembrava particolarmente preoccupata e questa avrebbe potuto essere interpretata tanto come una cosa rassicurante quanto come un segno di imprudenza da parte sua. Shōta era più incline a dare credito alla prima versione.

    Così la marcia nel deserto continuò per ore e ore fin quando il sole non fu tramontato e anche oltre.

    Il mattino successivo, appena prima dell'alba, l'Akimichi notò che i suoi passi non sprofondavano più nel terreno e che non percepiva più alcuna sensazione di morbidezza sotto le suole delle scarpe. Quando i raggi del sole cominciarono a mostrarsi, poté vedere con chiarezza che la sabbia era sparita: non si trovavano più nel deserto.
    Oltre ciò, si rese conto di come la temperatura non accennasse minimamente ad aumentare nemmeno quando il sole fu abbastanza alto. Anzi, nel giro di poco la colonnina di mercurio colò a picco e il tepore dell'astro diurno divenne null'altro che un gradito ricordo.
    Proprio mentre osservava il proprio respiro condensarsi in bianche nuvolette di vapore, sentì che i suoi passi riprendevano a sprofondare... ma adesso sprofondavano nella neve. Il ragazzo non era del tutto estraneo a quella soffice e fredda coltre bianca, ma una tale quantità non gli era mai capitato di vederla. Tutto ciò superava anche le più azzardate previsioni di Taro.
    In cuor suo, Shōta sperava che Irene si sbrigasse a tirar su la maglia per proteggersi dal freddo, oppure - (s)vestita com'era - avrebbe rischiato di buscarsi un brutto raffreddore.

    Aggirata una modesta altura, videro srotolarsi davanti ai loro occhi un candido paesaggio popolato da flora e fauna tipiche dei climi più freddi.
    Piccole stalattiti di ghiaccio pendevano da un ramo spoglio sul quale, stoicamente, un pettirosso gonfio come una pallina di piume resisteva ai gelidi aliti di vento che lo sferzavano. Diverse centinaia di metri più a nord, alte conifere iniziavano ad essere la specie arborea predominante.

    A poca distanza, cominciarono a palesarsi alcune abitazioni rurali, dapprima sparpagliate e poi concentrate in un insediamento che si poteva presumere fosse il villaggio di Jasti.
    In lontananza, benché solo parzialmente visibili a causa delle perturbazioni, si delineavano i contorni di montagne innevate le cui sommità sparivano tra le nuvole.
    Shōta si fermò e, per qualche istante, si guardò intorno con un misto di sorpresa e curiosità. Di primo acchito, avrebbe stupito chiunque pensare che quel posto facesse ancora giuridicamente parte del Paese del Vento. Eppure l'Akimichi avrebbe dovuto essere l'ultima persona a meravigliarsi di una cosa del genere, dal momento che abitava nella parte nord-occidentale del Paese del Fuoco, una zona in cui la cospicua presenza di corsi d'acqua rivelava con chiarezza il fatto che Hekisui fosse lì ad un passo. Certo, qui la differenza era piuttosto considerevole.

    Mentre il gruppo si incamminava verso il villaggio, il Genin notò che sul lato della strada il terreno declinava prima dolcemente e poi in maniera più netta, terminando infine in una depressione la cui reale estensione non risultava pienamente visibile da quel punto. Dietro le alture e le cime degli alberi comparivano voluminose colonne di fumo arricciate che, uscendo dai comignoli, si spandevano nell'aria.
    Approssimandosi alle prime abitazioni si vide che, qui e lì, c'erano lanterne, casse di legno impilate e picconi appoggiati alle pareti. Attraverso le finestre, si potevano scorgere delle gabbie al cui interno saltellavano allegramente dei canarini.
    Quando finalmente si addentrarono nel villaggio, non vennero accolti da un comitato d'accoglienza ma piuttosto incapparono in singoli abitanti, ognuno con una reazione diversa alla loro presenza. Un uomo, che fino a poco prima era intento a sistemare un'insegna davanti all'ingresso di un negozio, non appena li vide si irrigidì improvvisamente. Posò gli attrezzi con gesto brusco e, evitando di incrociare i loro sguardi, rientrò in fretta nella propria abitazione, sbattendosi la porta alle spalle. Dietro le finestre delle case vicine, le tende si mossero appena, svelando qualche fugace presenza prima di richiudersi con un veloce scatto.
    Il sospetto e il timore aleggiavano nell'aria. Certo, nessuno si aspettava un comitato di accoglienza ma la diffidenza era talmente palpabile da pesare come un macigno. Shōta si sentì come se facesse parte di una banda di appestati.

    Fortunatamente, poco dopo si fecero incontro ai ragazzi anche alcune persone sorridenti che non solo non li evitarono ma li accompagnarono lungo la via principale. Costoro diedero ad intendere chiaramente quanto il loro aiuto fosse gradito in quella situazione.
    Staccandosi da un gruppetto di persone che si trovava poco più avanti, un giovane si fece incontro ai Genin per salutarli, scusandosi per l'atteggiamento eccessivamente guardingo dei suoi concittadini più spaventati. Mentre il ragazzo si inchinava in segno di riguardo, l'Akimichi non poté fare a meno di provare altrettanto rispetto per la sua capacità di resistere a quel clima rigido, considerato che era svestito almeno quanto Irene.
    Quel giovane - che disse di chiamarsi Tatsumi - rivelò di essere figlio del precedente capo villaggio, morto di recente proprio a causa delle vicissitudini nelle quali era stato coinvolto il borgo.
    Questa cosa fece corrugare la fronte all'Akimichi per due motivi. Il primo era che, fino a quel momento, non si era mai parlato di morti ma solo di furti. Si trovavano in una comunità che aveva perso da poco la propria guida. Per quanto il ragazzo potesse aver preso il posto del padre (cosa che comunque non disse esplicitamente), gli abitanti dovevano sentirsi parecchio spaesati.
    Il secondo motivo era che il Genin sapeva cosa significasse perdere un genitore perché li aveva persi entrambi. Per di più, probabilmente a causa dei recenti allenamenti, negli ultimi tempi si era ritrovato sempre più spesso a pensare proprio al padre, l'uomo che per primo lo aveva messo sulla via della "montagna umana"...
    Con un piccolo sobbalzo, Shōta aprì leggermente le palpebre. Poi appoggiò la mano sulla fronte e fece scorrere le dita da sinistra a destra, quasi a voler cancellare qualcosa. In certe situazioni è facile empatizzare ma, come accaduto durante la missione ad Oto, avrebbe fatto il possibile per non distrarsi e rimanere focalizzato sull'obiettivo.

    Andando avanti, Tatsumi rivelò che quello era un borgo di minatori. La connessione tra le attrezzature notate lungo la via, le lanterne e i canarini iniziava a prendere senso: in base alle spiegazioni che gli aveva dato Taro settimane prima - quando doveva addentrarsi nella caverna dove ipotizzava potesse esserci un giacimento di carbone - i minatori sono soliti portarsi dietro un canarino poiché questo uccello è in grado di rilevare possibili fughe di gas, prevenendo disastrosi incidenti. La presenza di numerose botteghe dedite alla lavorazione del ferro chiarì che in questo caso l'obiettivo principale non era il carbone, bensì il citato metallo.
    A questo punto, i ragazzi si rimisero in cammino con Tatsumi, accettando l'invito a recarsi a casa sua.
    Giunti al centro del villaggio, raggiunsero finalmente l'abitazione, un edificio composto per due terzi da un alto tetto spiovente. Non appena il ragazzo li fece accomodare, vennero accolti da un bel calduccio mentre l'odore del Dashi appena preparato solleticava piacevolmente il naso.
    Toltisi le scarpe nel Genkan, fecero ingresso nel soggiorno. Sul pavimento era steso un grande tappeto e dalle pareti pendevano pelli di animali selvatici.
    Quando i Genin furono seduti intorno al crepitante fuoco del caminetto, un ragazzino diede loro delle ciotole e cominciò a fare il giro versando con un mestolo il brodo di pesce caldo.

    Grazie mille disse Shōta, facendo un piccolo inchino con la testa.

    Poi, mentre scaldava le dita intirizzite tenendole serrate attorno alla tazza bollente, si accinse ad ascoltare il seguito del racconto di Tatsumi.
    Fortuna volle che il brodo fosse ancora troppo caldo per essere bevuto, altrimenti il pingue Genin ci si sarebbe strozzato! Dalle parole del ragazzo, infatti, si evinse che il furto dei beni era coinciso con l'uccisione di diverse persone. Il padre, forse prossimo alla scoperta del colpevole, era solo l'ultima delle vittime.
    Quindi c'era stato più di un morto. Ciò faceva virare l'atmosfera verso tonalità molto più cupe.
    Alla fine - forse perché lontano dallo sguardo di chi non avrebbe voluto vederlo vacillare - Tatsumi perse la sua compostezza. Iniziò ad avere gli occhi lucidi e le dita tremanti e arrivò quasi ad implorare il loro aiuto. Il ragazzo voleva apparire più forte di quanto non fosse in realtà ma nessuno lo avrebbe biasimato per una reazione che poteva essere considerata normale se rapportata al peso che gravava sulle sue spalle.
    Per questo l'Akimichi gli rivolse un sorriso eloquente, accompagnato da un cenno del capo che voleva significare "conta su di noi".

    Ma, subito dopo, abbassò lo sguardo fino ad incontrare il proprio riflesso ondeggiante rispecchiato sulla superficie tremolante del brodo.
    La verità era che la situazione si stava rivelando più pericolosa di quanto potesse immaginare: non si trattava semplicemente di furti bensì di omicidi. Eppure la richiesta non ne faceva menzione. Forse perché questo avrebbe automaticamente elevato il grado della missione, rendendola troppo onerosa per le finanze di Jasti? Non che per Shōta fosse un problema rischiare di morire (era una cosa che uno Shinobi avrebbe dovuto sempre mettere in conto e, peraltro, ultimamente stava rischiando la pelle anche nella tranquillità della fattoria) però, in questa situazione, un gruppo di Genin non poteva avere certezza di successo... forse ci sarebbero voluti altri Chunin. Che fare, dunque?
    Buttò un occhio sui volti dei suoi compagni di viaggio, chiedendosi se nella loro testa stessero passando pensieri simili.
    In ogni caso, poco cambiava: che la missione fosse più o meno pericolosa, avrebbe dovuto adempiere al proprio compito come meglio poteva perché ormai era in ballo e doveva ballare.

    Ritrovata la calma, su sollecitazione dei ragazzi Tatsumi spiegò che gli attacchi erano avvenuti lungo il tragitto che conduceva al villaggio e anche all'interno di esso. Anzi, la maggior parte dei furti sembrava essere avvenuta proprio nei magazzini e nei negozi, con la merce che si volatilizzava senza lasciare traccia.
    Il gruppo concordò sul fatto che la visione dei luoghi colpiti fosse la prima mossa da compiere. Tuttavia, date le gravi conseguenze degli attacchi precedenti, era chiaro che avrebbero dovuto procedere con la massima circospezione.
    Restava inoltre da scoprire chi fosse la persona da "contattare una volta giunti a destinazione per avere le prime delucidazioni", di cui aveva fatto menzione la Chunin.



    Riassunto Azioni


    Azioni

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    parametri

    Resistenza: 350/350
    Stamina: 400/400

    Maestrie e Abilità

    Concentrazione del Chakra
    Concentrazione Superiore del Chakra
    Specializzazione Sensoriale: Gusto Prelibato
    Trasformazione calorica I° Stadio

    equipaggiamento

    Coprifronte di Konoha [+30 testa]
    Bō [riposto in cintura leggera di cuoio]

    Consumabili
    Snack Akimichi x1

    Conoscenze
    Naturalistiche I° Livello
    Tecniche e del chakra I° Livello

    note
    --

  2. .

    [Parte 3 - finale]



    L'urlo proveniva da est.
    Shōta e il droghiere si voltarono di scatto verso destra e presero a correre. Percorsa la via nella sua interezza, giunsero poco al di fuori dei confini di quell'agglomerato rurale a bassissima densità abitativa. Lì trovarono Isao accovacciato per terra vicino al cespuglio presso il quale stavano ronzando le lucciole poco prima. Mosso dalla curiosità, il bambino si era incautamente avvicinato e, a causa della poca visibilità di quell'area, non si era accorto di una trappola per orsi che si era fatalmente chiusa intorno alla sua caviglia sinistra, imprigionandolo.
    Shōta pensò tra sé che non lo si poteva lasciare libero un secondo, quel demonietto.
    I due poterono constatare che la gamba sembrava davvero messa male e che la trappola era di un tipo complesso, tale da non consentire un'agevole apertura da parte dei non esperti.
    Mentre cercavano di ingegnarsi per trarre il bambino fuori da quella disperata situazione, Shōta ebbe l'impressione di vedere con la coda dell'occhio qualcosa che si muoveva sul tetto del negozio. Riuscì a voltarsi appena in tempo per notare un'ombra dai contorni umanoidi che si apprestava a tirare un calcio a una botte di olio. A causa del colpo, i supporti di legno che la reggevano si spezzarono e il pesante contenitore rotolò verso il bordo, cadendo in terra con un tonfo sordo dal quale si poté intuire che - senza tema di troppo esagerare - pesava almeno un quintale.
    Avrebbe potuto essere una scena allarmante ma per fortuna, a quanto sembrava, il tonfo non era stato così forte da attirare l'attenzione dei (pochi) abitanti della zona, perché nessuno si affacciò alla finestra.
    Presasi il centro della scena, a causa della leggera inclinazione del terreno la botte iniziò inesorabilmente a rotolare verso il gruppetto, guadagnando sempre più velocità e riempiendo l'aria con un rombo basso e cupo.

    Il negoziante spalancò gli occhi terrorizzato e provò a tirare via con veemenza la trappola ma non c'era verso di aprirla. Era stata evidentemente pensata per non poter essere forzata ma solo aperta da chi ne conoscesse il funzionamento

    Devo andare a chiamare il tipo che l'ha piazzata! Lui è l'unico che può aprirla! urlò l'uomo

    Per un attimo, nella testa di Shōta balenò l'idea di poterle dare un colpo abbastanza forte da spaccarla ma subito fu costretto a fare dietrofront perché avrebbe sicuramente finito per colpire la gamba del bambino, considerato in che posizione si trovava.
    Per quanto folle, l'unica cosa che si potesse pensare di fare era arrestare la corsa della botte per dare al negoziante il tempo di chiamare il costruttore della trappola.
    Sfortuna voleva che Shōta fosse veramente a corto di energie in quel momento. Si era allenato intensamente per tutto il pomeriggio e un riposo di tre quarti d'ora gli aveva permesso di ripristinare solo una piccola frazione del suo Chakra, di certo non quanto ne avrebbe recuperato dormendo o mangiando.
    Non avendo nulla da perdere, non gli rimaneva che raschiare il fondo del barile.
    Prima di tutto avrebbe dovuto colmare parte della distanza che lo separava dalla botte per cercare di intercettarla quando era ancora sufficientemente lontana da Isao. Fece quindi uno scatto in avanti ma, non potendo permettersi di sprecare Chakra per supportare lo spostamento, non riuscì ad arrivare più lontano di quanto le sue attuali capacità fisiche gli permettessero di fare.
    Fu comunque sufficiente a dargli il tempo di recuperare una posizione che gli garantisse il massimo equilibrio possibile.
    Più rapidamente che poteva, iniziò quindi a sollecitare la sua massa adiposa affinché cedesse preziosi lipidi che sarebbero stati trasformati in Chakra necessario per irrobustire la massa magra e incrementare la forza fisica. Quindi si preparò all'arrivo del barile che era ormai a mezzo metro da lui.
    sgms
    Da fedele seguace della via della "montagna umana", con uno sforzo sovrumano Shōta irrigidì il deltoide e il tricipite quasi come se dovessero formare un muro invalicabile. L'impatto fu pesantissimo ma l'Akimichi riuscì ad arrestare la corsa della botte. Fu comunque costretto ad allargare le braccia e mantenerla perché la strada era in pendenza e, se l'avesse lasciata andare, sarebbe finita addosso al bambino.
    Il negoziante tirò un sospiro di sollievo ma il Genin gli fece presente che ogni attimo era prezioso

    ...vai a chiamare l'armaiolo, presto! Non so per quanto riuscirò a tenerla! disse

    Subito l'uomo si affrettò a correre verso il villaggio.

    L'Akimichi pensò che quella serata non voleva davvero finirla di regalare emozioni sgradevoli.

    Purtroppo questo pensiero ricevette una triste conferma pochi istanti dopo, quando ricomparve l'ombra avvistata prima sul tetto dell'emporio. Chi era e perché ce l'aveva con loro?
    Costui, rivelatosi essere un individuo vestito interamente di nero e con un bavaglio che gli copriva la metà inferiore del volto, si stava fiondando sui due brandendo un affilatissimo Tanto.
    Stavolta Shōta non avrebbe potuto davvero fare niente perché aveva le mani occupate e doveva impiegare tutte le energie rimaste per tenere fermo il barile.
    Ma, proprio quando la lama era a pochi centimetri di distanza dal suo volto, un sibilo preannunciò che qualcuno stava per piombare lì come un falco.
    L'aggressore se ne accorse in tempo e inchiodò all'ultimo secondo, facendo un salto all'indietro per schivare il colpo. Il nuovo arrivato atterrò schiantando al suolo due Tonfa. Era Denbe.
    Arrivano i nostri... ma sempre all'ultimo secondo. Tutto scontato

    Alla buon'ora! esclamò per la seconda volta l'Akimichi

    Il ragazzo avrebbe voluto chiedergli cosa stesse succedendo ma non ne ebbe il tempo. L'ignoto malfattore schizzò via lanciando due Shuriken. Denbe li respinse con i Tonfa ma si accorse all'ultimo istante che, nell'ombra del primo, ce n'era un terzo. Evitò l'arma con un salto. Approfittando della situazione, il suo avversario cercò di pugnalarlo al volo ma rimase con un palmo di naso quando il ragazzo con la bandana riuscì ad evitare l'attacco con una schivata aerea. Si era allenato così intensamente che, negli ultimi tempi, era riuscito a sviluppare questa singolare capacità di effettuare piccolissimi spostamenti a mezz'aria senza appigli.
    Andando a vuoto, l'assalitore passò oltre e atterrò due metri più in là, girandosi con l'intenzione di tornare all'attacco. Forse pensava che in quel momento Denbe rappresentasse l'ostacolo principale e che fosse necessario sbarazzarsi prima di lui.
    La cosa giocava a loro favore perché questo significava che, se il ragazzo con la bandana si fosse allontanato, lui lo avrebbe seguito. Spostarsi anche solo di poco avrebbe scongiurato il pericolo che qualcuno nel villaggio potesse allarmarsi e questo Denbe sembrava averlo capito.
    Con un paio di salti verso est, finse si battere in ritirata e il tipo si lanciò all'inseguimento, come previsto. I due cominciarono a scattare a zig zag sui tronchi degli alberi scambiandosi colpi in sequenza e, nel giro di poco, finirono entrambi dietro due grosse querce che resero impossibile vedere cosa stesse succedendo.
    Da quella zona cominciarono a provenire sibili di fendenti che squarciavano l'aria, tonfi sordi, rumori di Shuriken che volavano e andavano a conficcarsi nel legno. Poi due ombre emersero come razzi piovendo nel centro della piccola radura che comprendeva anche il cespuglio e la trappola. Atterrando, cozzarono con un suono metallico e si allontanarono scivolando l'una dall'altra.
    Con una mezza rotazione in senso orario, Denbe fece arretrare il piede destro per arrestare lo scivolamento, mentre il suo avversario compiva una mossa speculare a venti metri di distanza da lui.

    I due contendenti si ritrovarono così uno di fronte all'altro. Alle spalle del bendato c'erano Shōta e Isao.

    L'Akimichi si sforzò di girare la testa per vedere cosa stesse succedendo, nonostante tutte le sue energie fossero devote al compito a cui doveva adempiere in quel momento. Vistose vene a fior di pelle indicavano che i muscoli erano talmente gonfi da stare per scoppiare



    ...com'è...? chiese

    Se la cava, il bastardo... rispose Denbe mentre la lama del Tanto avversario scintillava debolmente riflettendo gli ultimi raggi del sole morente. Il misterioso individuo cominciò a infondere nell'arma quello che si sarebbe detto essere Chakra Fuuton, a giudicare dall'alone biancastro semitrasparente dai bordi ondulati che la avvolse

    ...ma io non ho ancora tirato fuori tutte le mie carte soggiunse

    Dopo aver pronunciato queste parole, allungò un braccio e cominciò a far scorrere il Chakra nel Tonfa. Nel giro di poco, l'arma acquisì una colorazione che andava dal giallo all'arancione vivo, per poi divenire incandescente come un tizzone, mentre un velo di fuoco sottile e tremolante lo avvolgeva interamente. Stessa sorte toccò al secondo Tonfa e, in breve, fu come se il ragazzo impugnasse due torce ardenti, la cui luminescenza risaltava in modo caratteristico a causa del serio calo di visibilità che c'era stato negli ultimi dieci minuti.
    Alla vista dell'inaspettata abilità, il misterioso aggressore sembrò leggermente contrariato

    Tsk!

    eh eh...

    La luce rossastra che promanava dall'arma sollevata illuminava la metà destra del volto di Denbe. Il tenue velo di fuoco tremolante che la avvolgeva produceva un leggero crepitio che, sovrapponendosi al sibilo del vento, avrebbe potuto far pensare che qualcuno avesse acceso un fuoco di bivacco.
    Il tepore delle armi infuse di Katon sembrava quasi poter raggiungere il gruppetto lì dietro.
    Da lontano, si videro passare il negoziante e il costruttore di trappole che correvano verso di loro. Shōta chiese al suo fisico di dare qualcosa in più perché sarebbe stata solo questione di tempo prima che Isao venisse liberato.
    Un leggero cedimento del terreno indicò che la botte stava lentamente ricominciando a muoversi. L'Akimichi si rese conto che non ce l'avrebbe fatta... nonostante tutta la buona volontà, non era nelle condizioni giuste in quel preciso momento... e quello era il suo limite...
    Per qualche strana ragione, la parola "limite" gli risuonò in testa come se venisse pronunciata dalla voce del padre.
    Comprese il perché pochi istanti dopo, quando gli sovvenne quella frase del genitore

    CITAZIONE
    il vero avversario è il tuo stesso limite. È una lotta contro se stessi.

    Spalancò gli occhi e, producendosi in uno sforzo sovrumano, arrestò anche il rinnovato moto del barile.
    Poi si girò verso Denbe

    mghh... ehi... rimani concentrato... disse a fatica ...e cerca di sbarazzarti alla svelta di lui... aghhh

    Uh?? Ah si, certo! rispose Denbe, prima di mettersi nuovamente in posizione di attacco.

    Ma qualsiasi cosa potesse avere in mente di fare si rivelò totalmente superflua. Il suo avversario, arretrando lentamente per lanciare un Jutsu o prendere la rincorsa, urtò con la schiena contro qualcosa di morbido e peloso.
    Si girò di scatto e si ritrovò di fronte un enorme orso piuttosto arrabbiato a causa della sveglia inaspettata. Con un ruglio sinistro, la bestia si preparò a colpirlo con una zampata. Quello evitò il colpo e si mise di lato ma gli fu presto chiaro che l'animale non aveva alcuna intenzione di lasciarlo andare tanto facilmente. Dopo essere stato inseguito per un centinaio di metri, lanciò a terra un fumogeno e si dileguò nel nulla.

    Denbe si voltò verso i ragazzi.
    Proprio in quel momento l'armaiolo aveva aperto la tagliola e liberato il bambino. Il negoziante lo prese in braccio e lo spostò subito da lì mentre Shōta, che davvero non ne aveva più, allentò la presa facendo un salto di lato.
    Il barile rotolò per tre metri e andò a schiantarsi contro il tronco di un albero, spargendo olio dappertutto.

    Ehi! Tutto a posto?? urlò il ragazzo con la bandana

    *ANF*...si ... r un pel... *GASP* rispose l'Akimichi distrutto

    Il negoziante aveva portato anche un kit di pronto soccorso per medicare Isao. In un batter d'occhio il bambino stava già meglio, sebbene zoppicasse un po'

    Ti hanno fatto delle domande? chiese il Genin all'uomo, preoccupandosi che qualcuno potesse essersi accorto dello scontro

    Solo una signora... aveva sentito l'urlo e si chiedeva cosa fosse successo... gliel'ho spiegato ma ho evitato di menzionare il tipo che aveva calciato il barile

    La risposta era confortante. Un po' meno il fatto di essere stati presi di mira in quel modo da qualcuno che, per giunta, l'aveva anche fatta franca... come sempre, il pensiero correva a Muramoto.

    Dopo aver recuperato la spesa che avevano lasciato sul bancone, i ragazzi salutarono il proprietario del negozio e si apprestarono ad accompagnare a casa Isao.

    Lungo la via del ritorno, Denbe narrò al bambino tutti i dettagli dello scontro al quale non aveva potuto assistere perché in preda al dolore.

    Quando Isao gli disse Sei fighissimo! Voglio diventare un ninja come te!, lui si inorgoglì a tal punto che iniziò a gonfiare il racconto con delle palle astronomiche, del tipo che si era messo a volare, a teletrasportarsi e roba così.
    In realtà stava solo sdrammatizzando per scaricare la tensione. Non era meno preoccupato di Shōta.

    Tra tutte le cose a cui sarebbe stato naturale pensare, però, l'attenzione dell'Akimichi andò a cadere sul ricordo del padre. Mai come in quel periodo della sua vita, si era reso conto di quanto dovesse all'uomo che lo aveva instradato sulla via della "montagna umana". Lui non c'era più ma molti dei suoi insegnamenti erano stati piantati come semi e forse adesso stavano iniziando a germogliare.
    Aver superato la scomparsa dei suoi genitori metabolizzandola tanto in fretta - e in maniera apparentemente indolore - non poteva essere una cosa naturale. Ma lui aveva sempre ritenuto che, a differenza di Shingo, fosse riuscito a scenderci a patti e che quindi non avesse più bisogno di affrontare la cosa. Era realmente così?

    Mentre un venticello freddo lo accarezzava sulla nuca, Shōta alzò lo sguardo verso il cielo.
    Alla fine era uscita una bella notte stellata.
  3. .

    [Parte 2]



    La campanella della porta tintinnò con delicatezza mentre i tre facevano ingresso nel modesto emporio. Un intenso aroma di spezie e formaggi stagionati deliziò le loro narici.
    Il negozio, di medie dimensioni, si sviluppava più in larghezza che in profondità poiché nella parete meridionale, alle spalle del bancone, si apriva una porta che conduceva in un disimpegno collegato ai servizi igienici, al magazzino e al piccolo cortile chiuso sul retro.
    Le uniche finestre erano posizionate a nord, sul lato dove c’era anche la porta d’ingresso, mentre a sinistra e a destra vi erano solo scaffali colmi di merci che riempivano fino all’ultimo centimetro disponibile. C’erano pane, pasta, latte, farina, zucchero, sale, olio, prosciutti e chi più ne ha più ne metta.
    A quell’ora il locale era piuttosto silenzioso. Solo un paio di clienti stavano osservando la mercanzia, mentre dietro il bancone attendeva con tranquillità il proprietario, un individuo di mezz’età con i capelli brizzolati che indossava un completo verde oliva con sopra un gilet beige

    Buonasera ragazzi! A cosa devo il piacere di questa visita fuori orario? chiese sorridendo l’uomo

    Un po’ di spesa dell’ultimo minuto! disse Denbe, con un tono che suggeriva un entusiasmo assolutamente fuori luogo

    Non ci vediamo da un po'. Come vanno le cose qui? domandò Shōta

    Tutto come al solito rispose l'uomo avevo bisogno di un po' di spazio in più e per questo mi sono finalmente deciso a spostare i barili di olio sul tetto del negozio

    Hai fatto bene! commentò Denbe.
    Poi si ricordò di Isao
    Ah, si! Lui deve comprare del latte soggiunse, mentre raccoglieva da terra un paio di cestini messi a disposizione della clientela perché si servisse da sola, prima di passare alla cassa.

    Isao, ma certo! esclamò l’uomo, notando la sua minuta presenza Vieni pure, so già quale marca preferiscono i tuoi genitori

    Il bambino sorrise e si fece avanti mentre l’uomo si girava e, con l’aiuto di una scaletta, raggiungeva le mensole più alte posizionate alle proprie spalle.

    Dì un po'... è davvero tutto scontato? chiese Denbe mentre si accingeva a recuperare le cose che erano in lista

    Scontato? Eccome se è scontato, scontatissimo! garantì l'uomo

    I due Genin si erano divisi i compiti e, mentre il ragazzo con la bandana spulciava fischiettando tra gli scaffali, Shōta era in cerca delle famigerate patatine. Dieci sacchetti aveva segnato Shingo nella lista! Piuttosto singolare la cosa.
    Dopo aver gironzolato un po’, finalmente rintracciò lo scaffale giusto. Erano proprio loro, le patatine alla paprica in confezione “mini”. L’Akimichi prese gli ultimi sacchetti rimasti e il mise nel cestino, poi si ricongiunse con Denbe e Isao davanti alla cassa

    Molto bene… fece il proprietario, contando con l’indice le merci poggiate sul bancone …allora, vediamo… tutto insieme viene… iniziò a farsi mentalmente i calcoli con l'aria di uno che stava per sparare un prezzo esagerato, alla faccia del "tutto scontato".

    Nel mentre, Denbe aveva iniziato a saltellare sul posto tenendosi le mani sulle parti intime, segno inequivocabile del fatto che la sua vescica reclamava le giuste attenzioni

    …psst… ehi Shōta sussurrò all’indirizzo dell’Akimichi

    Che c’è? fece lui

    Devo andare in bagno

    Proprio adesso? Non puoi aspettare di essere tornato a casa?

    Non lo so, ci provo

    Mentre erano presi da questa amena conversazione, udirono il tintinnio della campanella della porta, seguito dal rumore di uno scarpone che si posava sulle assi del pavimento facendole scricchiolare. Qualcuno aveva appena messo piede nell’emporio.
    Immediatamente i due Genin furono come attraversati da gelido lampo di consapevolezza. Nel brevissimo intervallo richiesto per fare un passo in avanti e lasciare che la porta si richiudesse, il tempo sembrò rallentare. Mentre una cappa oscura e ovattata pareva calare sul negozio, i due percepirono alle loro spalle una forte pressione, una bieca aura di malevolenza che sembrava non lasciare scampo alcuno.
    Il proprietario aveva smesso di contare i soldi e teneva lo sguardo fisso davanti a sé, inquadrando la porta attraverso il varco tra i due ragazzi.
    Già preconizzando a sé medesimo quale immagine gli si sarebbe parata dinanzi, Shōta cominciò a girarsi molto lentamente.
    Come in una sequenza, dal basso verso l’alto si delineò un paio di scarponi neri, un completo dello stesso colore, un mantello indaco con una piantina di riso dorata ricamata sulla spalla sinistra, una barba incolta, dei capelli neri lisci e due occhi a fessura.
    I ragazzi conoscevano bene quello sguardo. Era lo sguardo di chi non ha niente da temere... lo sguardo del capo delle guardie di Muramoto.
    Da una robusta cintura trasversale, faceva minacciosamente capolino l'impugnatura della Nodachi. Messa in verticale, con i suoi 180 centimetri di lunghezza, quella bestia di lama sarebbe arrivata forse all'altezza del naso di Shōta

    L’uomo avanzò con calma verso di loro

    Uh? I nostri amici del “castello", anche voi qui... ma tu pensa le coincidenze… disse l’uomo, avvicinandosi al bancone e iniziando a guardare distrattamente la mercanzia …come si va?

    "Coincidenze"? Non c'era proprio da crederci.

    Tutto bene... replicò l'Akimichi, che non era intenzionato a dargli soddisfazione per il sabotaggio al mulino e per tutti i disastri che ne erano seguiti.

    Intanto gli altri due clienti erano già sgattaiolati via senza comprare nulla e Isao tremava come una foglia, nascondendosi dietro Shōta. Quando il tipo si accorse di lui, gli rivolse un sorriso appena accennato

    Ciao Isao. Porta a tuo papà i saluti di un vecchio amico, mi raccomando gli disse

    Il bimbo lo guardava fisso senza spiccicare parola.
    Denbe era combattuto tra la voglia di saltargli addosso e la consapevolezza del fatto che questo avrebbe significato morire.
    L'Akimichi, dal canto suo, stava aspettando che il ceffo rendesse note le proprie intenzioni perché a tutto poteva credere fuorché al fatto che fosse venuto fin lì solo per fare la spesa. E proprio quella sera.
    Il proprietario dell'emporio non era meno preoccupato di loro ma dovette ritenere che fosse suo dovere cercare di accelerare le cose per mettere l'ospite indesiderato in condizione di andare via al più presto

    Cosa desidera? gli chiese perciò

    Quello rimase qualche istante in silenzio, poi allungò il braccio destro e indicò uno scaffale posizionato in basso dietro il bancone

    Un bel sacco di farina... quella più prelibata, ottenuta dal grano macinato a pietra nei migliori mulini... disse allora.
    E, nel pronunciare l'ultima parola, inclinò impercettibilmente la testa di lato per guardare di sbieco i ragazzi.
    Dunque era venuto fin lì soltanto per mettere la firma sull'accaduto... non che ce ne fosse bisogno, comunque. Era abbastanza scontato.

    Si crearono attimi di tensione, mentre lo sgherro squadrava intensamente Shōta. Il ragazzo sostenne il suo sguardo e così, per una manciata di secondi, due paia di occhi a fessura si confrontarono nel silenzio più totale.
    Poi sulle labbra del losco figuro si disegnò nuovamente un appena percettibile sorriso. Sembrava che lo divertisse il modo in cui l’Akimichi aveva retto alla sua provocazione.

    Intanto il proprietario dell'emporio si era procurato quanto da lui richiesto.
    Ricevuto il sacco di farina, l'uomo se lo caricò su una spalla e si avviò verso l'uscita. Al centro della strada, i suoi subalterni lo attendevano vicino alla solita sontuosa carrozza.
    Quando aprì la porta, un alito di vento si insinuò nel negozio, scuotendogli le vesti e trasportando con sé qualche granello di farina che fuoriusciva dal sacco non perfettamente chiuso. L'immagine di quel mantello ondeggiante accompagnata dall'odore della farina si sarebbe fusa con la tensione, dando vita ad una sgradevole amalgama che sarebbe rimasta stampata nella mente dei presenti

    I miei omaggi alle vostre famiglie disse l'uomo, chiudendosi la porta alle spalle.

    Il campanello tintinnò di nuovo. Poi più niente.
    All'interno del locale, ridivenuto completamente silenzioso, nessuno proferì parola sin quando il rumore delle ruote e dei cavalli al galoppo non ebbe certificato che i loschi figuri se n'erano andati.

    ok... disse Denbe espirando pesantemente ...adesso ho decisamente bisogno di andare in bagno

    Seconda a destra replicò il proprietario, indicando con il pollice la porta alle sue spalle. Prontamente il ragazzo la raggiunse e sparì al suo interno.

    A quel punto, il negoziante aggirò il bancone e cominciò a camminare verso la porta

    sgms
    Ho bisogno di fumare una sigaretta... disse a Shōta, mentre le mani gli tremavano leggermente ...mi fai compagnia?

    ...non fumo ma... si, ti faccio compagnia rispose l'Akimichi, che lo seguì lasciando la spesa vicino alla cassa e portando per mano Isao che era ancora visibilmente scosso. Giunto in strada, si rese conto di che ora fosse perché il cielo si trovava in quella particolarissima fase di transizione in cui era contemporaneamente arancione e punteggiato dalle luci delle stelle che per prime iniziano a fare capolino al crepuscolo

    Guardate, le lucciole! esclamò il bambino mentre indicava estasiato dei puntini luminosi che gironzolavano a mezz'aria nei pressi di un cespuglio collocato a est, al termine del centro abitato, lì dove la via cominciava a declinare leggermente verso il basso.

    L'uomo tirò fuori un pacchetto di sigarette, ne estrasse una e fece ardere un fiammifero. La leggera brezza che si era sollevata, però, non gli permise di accendere la sigaretta al primo colpo

    Sei tosto tu, eh? Sostenere lo sguardo di quel tipo non è cosa da poco... disse mentre metteva le mani a coppa affinché il vento non gli spegnesse il cerino prima che avesse compiuto il proprio dovere

    Anche tu non scherzi. In quella situazione, difficilmente il negoziante medio riesce a rimanere professionale e a spiccicare parola replicò l'Akimichi mentre lasciava la mano di Isao per pararsi dinanzi all'uomo e fargli da schermo per il vento

    Grazie... fece quello, riuscendo finalmente a farsi un tiro ma sai... quando fai un lavoro come il mio, in un luogo di passaggio come questo, ne vedi tante...

    Con un tono da vecchio lupo di mare che rimembra i tempi andati, lasciò appesa la frase e permise al proprio sguardo di perdersi nella volta celeste. Shōta fece altrettanto, perché era indubbiamente uno spettacolo che meritava.

    Quell'attimo di quiete non era destinato a durare.

    Mentre i due erano ancora assorti nella contemplazione del cielo, un grido acuto li riportò brutalmente sulla terra.
  4. .

    Scheda narrativa
    Narrato
    Parlato Shōta
    Parlato altrui (vari colori)

    PNG DEL PRESENTE

    Benjiro KM SNG  
    Y NK SZ DNB 
    KD TR DK HS 
    mrm cp-lt-mr   


    PNG DEL PASSATO

    MM PP   
    JN LZ KZ YZ 









    [eventi precedenti: welcome back]

    [pq ambientata prima della missione quando il gatto non c'è...]



    [Parte 1]



    Anche quel giorno il fruscio delle fronde si mescolava armoniosamente con il gorgoglio del ruscello e il cinguettio degli uccelli, formando una sinfonia ben nota ai visitatori abituali di quei luoghi. I colori cominciavano a sfumare delicatamente gli uni negli altri, amalgamandosi progressivamente, mentre la tenue luce del tardo pomeriggio rischiarava tratti di erba completamente appiattita, tronchi spezzati e pareti di roccia incrinate in più punti.
    Al centro di questo paesaggio, indubbiamente "vissuto", c'erano Shingo e Shōta e il respiro affannoso del secondo era destinato a diventare parte integrante della melodia silvestre poc'anzi descritta.
    Il Genin, palesemente distrutto, si sforzava di mantenere il sigillo del gallo mentre, dalle profondità di un serbatoio ormai quasi esaurito, il Chakra non rispondeva più alla sua chiamata

    Ok dai, basta così per oggi disse Shingo, porgendogli un asciugamani

    ...solo un'ultima volta replicò il ragazzo, insistendo nel lanciare quella chiamata che cadeva nel vuoto

    Il fratello lo guardò per qualche secondo senza dire nulla, poi gli appoggiò l'asciugamani sulla spalla sinistra

    No, sono ore che ti alleni e non hai più Chakra insisté Shingo Comunque in sole due settimane sei migliorato molto sia nell'espansione che nell'accelerazione e hai una buona tenuta di strada. Se proprio vuoi saperlo, all'epoca mi ci è voluto un mese per arrivare allo stesso livello...

    Non era una frase da prendere alla leggera, considerando quanto era avaro di complimenti Shingo.
    Il Genin sciolse il sigillo e fece ricadere le braccia lungo il corpo. Poi portò la mano destra sopra la spalla, prese il panno e tamponò il sudore sulla fronte.

    Adesso datti una rinfrescata e muoviti, Denbe ti starà aspettando per andare all'emporio. E vi conviene sbrigarvi, prima che cali il sole disse in conclusione il fratello.

    [...]

    Venti minuti più tardi, Shōta stava seduto al bivio tra la stradina che conduceva alla fattoria e la strada di campagna principale che proseguiva a est verso il villaggio e lungo la quale i viaggiatori si imbattevano senza possibilità di errore in un microscopico centro abitato al cui interno c'era anche l'unico emporio della zona, pratica soluzione per evitare di dover arrivare in città solo per comprare un po' di sale.
    Denbe non era famoso per la sua puntualità e le ombre proiettate dagli elementi presenti lungo il margine della strada stavano già cominciando ad allungarsi sensibilmente. La colorazione del cielo stava gradualmente iniziando a sfumare dall'azzurro tenue all'arancione e l'inclinazione dei raggi del sole faceva risaltare in particolar modo le curve e i rigonfiamenti degli stratocumuli che in esso stazionavano placidamente. Il frinire dei grilli si faceva prepotentemente strada in mezzo al cinguettio degli uccelli e l'aria si stava facendo decisamente più fresca, mentre una leggera brezza trasportava il penetrante aroma della salvia che cresceva rigogliosa nell'appezzamento di terra contiguo alla via.
    Finalmente all'orizzonte comparve la bandana di Denbe, seguita poi da tutto il resto del corpo, ivi compresi i Tonfa che portava infilati nei cinturini di tessuto attaccati alle braccia

    Yo! esclamò il ragazzo sorridendo e salutando vistosamente con la mano

    Alla buon'ora fece l'Akimichi ...e quelli? Perché li hai portati?

    Dovrei andare in giro disarmato? Dopo quello che ci è successo l'ultima volta, anche no!

    Non aveva tutti i torti ma dovevano solo andare a comprare due o tre cose all'emporio. Forse tutta questa faccenda di Muramoto li stava facendo diventare un po' troppo paranoici

    Beh, comunque non ho in previsione combattimenti di sorta. Anche perché sono stanco e a secco di Chakra tagliò corto Shōta

    I due si misero allora in cammino verso oriente.
    Mentre lo scalpiccio prodotto dai loro passi su terra e ciottoli si ritagliava uno spazio nel panorama uditivo, Denbe controllò ancora una volta la lista della spesa preparata da Shingo

    ...zucchero, té, patatine... patatine?? Non sapevo che Shingo avesse questi gusti disse guardando verso l'Akimichi che, in tutta onestà, ne sapeva quanto lui.

    Comunque, sai perché ho fatto tardi? Mi stavo allenando per scoprire la natura del mio Chakra e sai cosa? Ci sono riuscito!

    Ah si? rispose Shōta sorpreso. Il fatto che uno come Denbe, dedito soprattutto al Taijutsu, si stesse spendendo per ampliare il proprio ventaglio di possibilità combattive, lo portò a chiedersi fino a che punto la preoccupazione per le sorti proprie e altrui stesse incidendo sulle loro vite. D'altra parte, non era forse vero che egli stesso aveva ricominciato a dedicarsi con costanza agli allenamenti dopo anni durante i quali si era limitato al minimo indispensabile?

    E quale elemento hai? chiese

    Prova a indovinare! Ti dico solo che mi piace da matti e, al contempo, mi dà sui nervi

    Katon

    Ma come, al primo colpo?? Mi hai spiato mentre mi allenavo, dì la verità...

    Non c'era bisogno. Il fuoco è un elemento dinamico, ed è per questo che ti piace, ma è anche lo stesso elemento di Nyoko, cioè una persona che ti dà sui nervi

    Poteva anche essere il Raiton, allora!

    Perché è l'elemento di Daiki? In quel caso, non avresti detto "mi dà sui nervi", avresti detto "mi fa incazzare come una bestia"

    Stringendosi la mandibola tra l'indice, il pollice e il medio della mano destra, il ragazzo socchiuse le palpebre e squadrò l'Akimichi sottecchi. Probabilmente si stava ponendo dei dubbi sul proprio modo di ragionare. Era davvero così scontato?

    Quando i viandanti giunsero in vista della loro meta, il sole stava ormai tramontando.
    Agli occhi di un visitatore proveniente dal nostro mondo, quel centro abitato sarebbe parso molto simile alla versione rurale di un villaggio del Far West: la via principale con la sua larghezza rimaneva la protagonista ma, ai suoi lati, si ergevano due file di bassi edifici in legno sormontati da cartelli, cisterne, scatoli e botti di vario genere.
    Sulla destra, sul lato meridionale della strada, faceva bella mostra di sé l'emporio che aveva fondato la propria fortuna sull’essere un piccolo avamposto di generi alimentari. Chiunque transitasse per una delle vie occidentali, prima o poi doveva passarci.
    Proprio dal negozio stava uscendo in quel momento una donna. Preoccupati che potesse essere tardi, i ragazzi le chiesero se l'emporio stesse chiudendo ma lei li rassicurò al riguardo, dicendo che mancava ancora mezz'ora. Meno rassicurante fu quando li mise al corrente della possibilità di subire aggressioni da animali selvatici, segnatamente gli orsi che pareva ultimamente facessero sporadici raid notturni, motivo per il quale erano state piazzate grosse trappole qui e lì nei dintorni del villaggio.
    Mentre i due ringraziavano e salutavano la donna, la voce squillante di un bambino li spinse a voltarsi

    Shōta! Denbe!

    Era Isao, il figlio del Signor Demegawa.

    Isao, che ci fai a quest’ora lontano da casa? chiese l’Akimichi

    Mamma si è accorta che avevamo finito il latte e, allora, ho deciso di fare una corsa per comprarlo prima che facesse buio

    E i tuoi non hanno detto niente? soggiunse Denbe, conscio del fatto che anche quella famiglia non se la passasse bene a causa di Muramoto e, perciò, piuttosto incredulo al pensiero che potessero lasciar andare in giro il bambino a quell’ora come se niente fosse

    Beh, a dire il vero… replicò il bimbo abbassando lo sguardo e facendo toccare tra loro più volte le punte degli indici …loro hanno detto di no ma io sono scappato via di corsa dalla finestra, ecco

    Denbe e Shōta si guardarono. Il secondo alzò le sopracciglia e si grattò la fronte pensando al rischio inutile che stava correndo Demegawa Jr. e dimenticando colpevolmente che, alla sua età, spesso era uso comportarsi nella stessa identica maniera.

    Ad ogni modo, ormai Isao era lì e c'era solo da ringraziare il cielo che fosse arrivato a destinazione tutto intero. Per il ritorno, avrebbero potuto fargli da scorta loro due facendo una piccola deviazione.
    Quindi il ragazzo con la bandana appoggiò una mano sulla spalla del piccolo e lo invitò ad entrare nel negozio insieme a loro

    Ok, campione! Sai che ti dico? Adesso facciamo la spesa insieme e poi ti accompagniamo a casa, ci stai?

    Il bimbo sorrise e annuì con il capo, mentre tutti e tre insieme si appropinquavano alla tettoia di legno che sporgeva dinanzi all'entrata dell'emporio.
    Sulla porta c'era un cartello sul quale campeggiava la scritta "tutto scontato"
  5. .

    Shōta Akimichi


    SSSRRR

    Scheda narrativa
    Narrato
    Parlato Shōta
    Parlato altrui (vari colori)






    Quando il gatto non c'è... - 2



    La ragazza dagli occhi rossi non sembrava cambiata esteticamente ma il suo modo di porsi parve leggermente più sicuro. Oltre alle capacità combattive, un po’ alla volta, di certo stava allenando anche le abilità comunicative e Shōta era sicuro che presto sarebbe stata ancora più a suo agio nei rapporti con gli altri.

    Cercare un volto familiare che funga da punto di riferimento è un gesto spontaneo per una persona che si sia ritrovata catapultata nel giro di poche ore in un ambiente completamente estraneo ma, affianco ad Akame, c’erano altri tre individui realisticamente radunatisi lì per lo stesso motivo e con i quali sarebbe stato doveroso qualificarsi

    Shōta Akimichi disse semplicemente, rivolgendosi al gruppo

    Nel mentre, cominciò ad osservarli con maggiore attenzione. Era persone particolari ma non poi così tanto, considerate le stramberie che si vedono in giro.
    Vestivano tutti abiti eleganti. Due di loro, che sembravano decisamente più grandi di lui, avevano un aspetto piuttosto maturo e signorile. Il primo - che disse di chiamarsi Yūichirō - indossava addirittura camicia e cravatta, indumenti che cozzavano sia con il contesto che con la vistosa fasciatura sul suo braccio destro. Ciononostante, sembrava perfettamente a suo agio in quell’ambiente e di fatto lo era poiché, come indicato chiaramente dal coprifronte legato al braccio sinistro, ci abitava. Aveva certo uno sguardo che poteva sembrare un po’ inquietante ma l’Akimichi non era abituato a giudicare le persone dall'aspetto fisico.
    Il secondo - Sanji il suo nome - sembrava decisamente più espansivo dell’altro. Si portava dietro un sentore di fumo che non lasciava adito a dubbi su quale potesse essere uno dei suoi vizi (l’altro sarebbe inaspettatamente saltato fuori di lì a poco) ma la cosa interessante era che, sotto l’odore del fumo, sembrava celare odore di cibo e questo era un aspetto che sarebbe stato necessario approfondire. Il tipo si rivelò essere anche un compaesano. Questo lo riferì egli stesso mentre salutava una sua vecchia conoscenza, vale a dire il terzo individuo.
    Costui era un ragazzo un po’ più grande di Shōta e dalla corporatura decisamente differente, che indossava indumenti da discendente di nobile stirpe e girava con un esemplare di aquila appollaiato sulla testa. Questo dettaglio passò però immediatamente in secondo piano quando rivelò di chiamarsi Shun Senju. Era impossibile che a Konoha qualcuno, per quanto bassi fossero i suoi voti in storia, potesse rimanere indifferente di fronte a quel cognome e a Shōta venne istintivo accennare un piccolo inchino con il capo

    Bene bene... Vediamo un pò chi abbiamo qui... Sembrate un bel gruppetto...

    Una voce femminile proveniente dall’alto interruppe i convenevoli. Su un ponte sospeso c’era una donna oggettivamente di bell’aspetto e altrettanto oggettivamente consapevole di questa sua caratteristica, a giudicare dal modo in cui si vestiva. Stando al coprifronte (usato come collare), si trattava della terza compaesana, non contando l’Akimichi. Sembrava che mezza Konoha si fosse data appuntamento a Suna e il bello era che Shōta non conosceva nessuno di loro… il peso di abitare in una fattoria a chilometri di distanza dal villaggio cominciava a farsi sentire.

    In un lampo, la nuova arrivata fu in mezzo a loro e cominciò a scrutarli, rivelando di essere la Chunin che avrebbe dovuto guidarli

    Il mio nome è Irene, per il momento non serve sapere altro di me se non che sono la responsabile della missione, nonchè delle vostre vite... Fate quello che dirò, quando lo dirò e nessuno si farà male... O almeno, nessuno dei qui presenti...

    A Shōta fece un’ottima impressione. Lei sembrava nata per dare le regole, lui per seguirle. Semplice e lineare.

    Pochi minuti dopo, la squadra era già in cammino.
    Alla peculiare sensazione data dal leggero cedimento della sabbia sotto i piedi, dopo un po’ ci si abituava anche. Ma così non era per quanto riguardava il sole, che già picchiava con forza e nel giro di poco avrebbe iniziato a menare come un fabbro. Considerato tutto - pensò l'Akimichi - c'era da chiedersi a chi fosse venuta l'idea di raggiungere il confine tra Suna e Tetsu facendo tappa a Sunagakure anziché ad Amegakure. In questo modo, il tragitto veniva allungato e reso più ostico per colpa delle condizioni climatiche perché sarebbe stato più agevole camminare almeno metà del tempo sotto la pioggia piuttosto che sotto il sole, anche a costo di dover attraversare qualche lago come aveva dovuto fare lui per arrivare lì. Oltretutto, se era vero che c'erano stati grossi problemi a Suna, non stavano correndo un rischio inutile? Forse si stava facendo troppi problemi. Forse il caldo gli dava troppo alla testa.

    Irene, intanto, camminava prestando attenzione unicamente al percorso

    Che vi conosciate già o meno, voglio che vi presentiate e che diate ai vostri compagni qualche delucidazione su chi siete e cosa sapete fare... Ricordate che le vostre vite non dipendono solo da me ma anche da chi avete al vostro fianco... Ognuno di voi dovrà poter stare tranquillo sapendo che gli altri lo proteggono, conscio del fatto che gli altri, a loro volta, contano sulla sua protezione...

    Bene... Ora pensateci voi e fate in modo di darmi la vostra formazione prima di essere giunti a destinazione, ah e voglio che a dirmela sarà solo uno di voi, chiamiamolo il mio secondo in comando... Potrete decidere come vi pare chi sarà...


    Ancora una volta - pensò l’Akimichi - la ragazza aveva enunciato una verità quasi lapalissiana e cioè che una squadra non è la semplice somma dei suoi componenti.
    Interessante la sollecitazione a ideare una formazione prima di essere giunti a destinazione anche se questo sarebbe stato complicato senza sapere di preciso quale specifico compito si accingessero a svolgere, se di scorta, sorveglianza o altro.
    L’idea di dover scegliere un secondo in comando, invece, lo convinceva meno: il gruppo non era così grande da richiedere una delega di comando, a meno che lei non prevedesse di allontanarsi o di dividerli in due sottogruppi. Se fossero rimasti uniti e sotto la guida di Irene, la presenza di un’altra figura con mansioni direttive avrebbe finito per generare solo confusione. Oltretutto, fosse stato per lui, avrebbe preferito in ogni caso prendere ordini direttamente da lei, sia perché era il Chunin e sia perché, a pelle, gli andava particolarmente a genio.
    Decisivo in tutto ciò fu il fatto che dover scegliere un secondo fosse a sua volta un ordine di Irene e, pertanto, lui lo avrebbe eseguito. Lo condividesse o meno.

    Cercò di ottemperare rendendo edotti i suoi compagni di viaggio relativamente alle proprie esperienze e abilità

    Sono un membro del clan Akimichi e ho partecipato ad una missione di grado D in cui ho conosciuto Akame e un altro Genin di Konoha. Sono in grado di individuare e disinnescare esplosivi nascosti tramite il Chakra in un raggio di 5 metri e posso stabilire la conformazione del terreno ed eventuali alterazioni innaturali, saggiandolo. In combattimento propendo più per il corpo a corpo e ho una discreta resistenza. Ritengo che la mia esperienza in fatto di missioni non sia sufficiente a permettermi di candidarmi per ricoprire il ruolo di secondo in comando

    Pensava che pochi punti essenziali sarebbero bastati per dare un’idea di massima e che non fosse necessario entrare nei dettagli delle arti segrete del clan, che poco avrebbero aggiunto.
    Ascoltò quindi le presentazioni degli altri.
    Nel caso di Akame, ovviamente, non ne aveva davvero bisogno.
    Per quanto riguardava Sanji, questi si presentò più con i fatti che con le parole, facendo il cascamorto con la ragazza e bruciando in pochi secondi l’aura di serietà che gli si poteva attribuire in prima battuta. Il fatto che fosse un cuoco, però, fece vacillare per qualche istante l'impassibilità di Shōta: era pur sempre un Akimichi e non si sarebbe lasciato sfuggire l'opportunità di recuperare le calorie che la camminata gli avrebbe fatto inevitabilmente perdere.
    Shun si preoccupò innanzitutto di presentare il volatile che portava sul capo, appellandolo con il nome di Altair. Poi rivelò due cose di non secondaria importanza: oltre Sanji, conosceva già anche Irene e aveva preso parte da poco a una battaglia di una certa rilevanza. Mostrò, inoltre, di avere l’inconsueta abilità di creare e manipolare il legno, cosa di cui diede una dimostrazione subito dopo, creando dei semi che avrebbero dovuto fungere da trasmittenti del Chakra per la localizzazione.
    Il mondo è pieno di gente capace di fare cose fuori dall’ordinario - pensò Shōta mentre rigirava il semino tra le dita e se lo infilava in tasca.
    Il Senju propose poi a tutti di indossare un’armatura di legno per la quale Altair funse da modello ma qui dovette prendere atto del diniego dell’Akimichi, il quale rispose scuotendo brevemente il capo

    Per quanto mi ritenga immensamente onorato della proposta, mi vedo costretto a rigettarla. Gli insegnamenti che ho ricevuto prescrivono che il mio corpo debba essere la mia sola armatura e che io abbia il compito di forgiarla con pazienza e con metodo. È mio dovere affrontare di petto le offensive e rimanere in piedi finché le forze me lo consentono. Fin quando non avrò affinato questa capacità, potrò cadere mille volte e mille volte dovrò rialzarmi precisò, accennando un altro inchino con la testa.

    Vi fu infine la presentazione di Yūichirō, il quale immediatamente si propose come leader e mostrò le proprie peculiari abilità manipolando la sabbia intorno a sé, quasi per magia. Come quello di Shun, anche questo era decisamente un potere molto affascinante e peraltro indubbiamente preziosissimo nel deserto. Così come preziose sarebbero state le altre capacità da lui elencate, nonché la conoscenza stessa dell’ambiente che, però, a detta sua era imperfetta, non essendo un nativo suniano. Se in tutto ciò ci fu qualcosa che fece storcere il naso all’Akimichi, fu l’atteggiamento supponente dell’uomo: era Daiki 2.0

    A questo punto, terminate le spiegazioni, si propose di scegliere il secondo in capo tramite una votazione, nella quale vi sarebbe stato il divieto di dare il proprio voto a se stessi.
    Shōta ripensò a come avrebbero risolto il problema a casa: alla fattoria (dove però erano in dodici) il secondo di Benji era sempre stata Kimiko e il sostituto era sempre stato Shingo. Se accadeva che dovessero assentarsi tutti e tre - cosa assai improbabile - si procedeva mediante sorteggio ma i risultati erano a volte disastrosi. Ora, qui non era certo il caso di tirare a sorte ma non sarebbe stato nemmeno opportuno tirarla troppo per le lunghe perché la cosa avrebbe deposto male con Irene. Oltretutto, parlare troppo mentre si cammina sotto un sole cocente non è consigliabile. Non per qualcuno che non sa nemmeno per quanto tempo ancora dovrà camminare. Per quanto ne sapevano, era persino possibile che nel frattempo scendesse la notte.
    Akame, Sanji e l’Akimichi non si proposero. La scelta si restrinse così a Yūichirō e Shun.
    Shōta fece prima una considerazione di massima valevole per entrambi: avevano parlato quasi solo delle proprie abilità in combattimento, cercando di strabiliare l’uditorio con delle performance. Questo era un punto che poteva benissimo essere astratto dal ruolo di leader perché un’abilità apporta in ogni caso il suo contributo alla squadra, a prescindere dal fatto che chi la utilizza sia o meno la stessa persona che comanda. Quindi non poteva essere un fattore dirimente.
    Passando ad analizzare in maniera puntuale i “discorsi elettorali” dei due, Shōta fece tra sé le considerazioni che seguono:
    1) il modo in cui si pose Yūichirō gli fece perdere molti punti agli occhi dell’Akimichi, che non provava simpatia per le persone arroganti;
    2) Yūichirō conosceva il deserto meglio di Shun ma questa conoscenza avrebbe potuto rivestire un ruolo limitato successivamente, qualora il villaggio di Jasti, essendo situato sul confine, fosse stato ubicato in una zona non desertica;
    3) le abilità di Yūichirō potevano essere migliori nel deserto ma valeva anche per loro quanto detto al punto 2 e, comunque, entrambi avrebbero potuto (e dovuto) utilizzarle anche se non fossero stati eletti;
    4) Shun aveva esperienza bellica, conosceva Irene (a detta sua ma sarebbe stato sciocco spararla così grossa in presenza della donna), era un Senju e, in ultimo, sebbene ne fosse solo parzialmente consapevole, l’Akimichi percepiva in lui qualcosa che gli ricordava Benji.

    Fu così che decise

    Voto Shun

    Benché ponderata, questa fu pur sempre la scelta di un ragazzo inesperto. Una persona matura avrebbe accantonato ogni sensazione “a pelle”, ogni simpatia e ogni antipatia e avrebbe tenuto conto di come un comandante in battaglia sia cosa ben diversa da un “coordinatore” in una situazione di vita quotidiana. La figura ricercata avrebbe dovuto innanzitutto avere la capacità di tenere salde le redini nei momenti critici e dare rapidamente ordini secchi, anche a costo di risultare sgradevole. In virtù della sua età e del suo carattere, probabilmente Yūichirō sarebbe stato una scelta migliore, pur avendo il difetto di essere troppo competitivo (aveva lanciato frecciatine sull’aquila solo per screditare Shun e assicurarsi il ruolo). In più, Shōta aveva dato troppo peso a fattori come aver partecipato a una guerra (ma con quale ruolo? E poi loro adesso non stavano andando in guerra) o la conoscenza con Irene (irrilevante, soprattutto se il fato li avesse divisi), o la discendenza da una nobile stirpe (qui c’era quel singolo discendente, non l’intera stirpe).
    Tuttavia - vuoi per la forma mentis, vuoi per l'età - Shōta non fu in grado di fare un ragionamento di questo tipo e le cose andarono in quel modo.

    In ogni caso, fu una scelta fatta solo per ottemperare alle disposizioni di Irene. L’Akimichi continuava a pensare che l’elezione di un “vice” non avrebbe apportato reali benefici a un gruppo così piccolo ma si sarebbe guardato bene dall’esternare questo suo pensiero poiché fedele all’idea che le regole vadano seguite e non giudicate. Anzi, qualora Irene avesse ordinato di seguire le regole di Shun come se fossero le proprie, così avrebbe fatto lui.
    Subito dopo la votazione, il gruppo decise quale formazione sarebbe stato meglio assumere, riservandosi di adattarla agli imprevisti. Shun andò a riferire il tutto a Irene.


    Dopo ciò, Shōta si tacque e proseguì il resto del viaggio in silenzio. In parte perché il potenziale del gruppo lo rassicurava e in parte perché, come detto, non era proprio il caso di sprecare il fiato finché marciavano nel deserto.
    L'Akimichi si girò di lato, si perse con lo sguardo nell'immensità dorata ed espirò leggermente, mentre la sua fronte grondava sudore. Quanti chilometri mancavano ancora e quante calorie aveva già sprecato inutilmente?

    Riassunto Azioni


    Azioni

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    parametri

    Resistenza: 350/350
    Stamina: 400/400

    Maestrie e Abilità

    Concentrazione del Chakra
    Concentrazione Superiore del Chakra
    Specializzazione Sensoriale: Gusto Prelibato
    Trasformazione calorica I° Stadio

    equipaggiamento

    Coprifronte di Konoha [+30 testa]
    Bō [riposto in cintura leggera di cuoio]

    Consumabili
    Snack Akimichi x1

    Conoscenze
    Naturalistiche I° Livello
    Tecniche e del chakra I° Livello

    note
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  6. .
    SSSRRR




    Shōta Akimichi

    Scheda narrativa
    Narrato
    Parlato Shōta
    Parlato altrui (vari colori)




    Quando il gatto non c'è... - 1



    Il chiasso proveniente dalla strada si era trasformato già da diversi minuti in una monotona colonna sonora, mentre Shōta e Yua erano intenti a cercare di vendere delle mele alla scorbutica proprietaria di un negozietto di ortofrutta all'angolo tra la via dei fiorai e quella delle tavole calde.
    L'anziana intavolò con la ragazzina una serrata trattativa che, a causa del pessimo carattere di entrambe, rischiò più di una volta di degenerare malamente. Se ciò non accadde e il negozio non si trasformò in un ring di pugilato, fu solo perché Shōta trattenne ripetutamente Yua per la collottola.
    Alla fine riuscirono a spuntarla per il rotto della cuffia

    Vecchia tirchia... commentò la ragazza pochi minuti dopo, sbuffando e camminando con le braccia incrociate dietro la testa
    ...comunque, come stiamo andando? chiese rivolgendosi all’Akimichi

    Il ragazzo, che fino a quel momento era rimasto in assoluto silenzio attendendo che lei facesse sbollire la rabbia, tirò fuori dalla tasca un foglietto ripiegato in quattro parti, lo aprì e iniziò a scorrere con l’indice tra i numeri scribacchiati a penna

    ...siamo nella media disse con tono inespressivo

    E perché lo dici come se fossimo sotto? fece la ragazza

    Perché la media non basta. I lavori di ricostruzione sono una spesa imprevista e per il mulino necessitiamo di ben altre cifre. Bisognerebbe trovare una fonte di guadagno migliore...

    Rimise in tasca il foglio e ricominciò a camminare.
    Si guardò attorno. Era una banale giornata di sole, la strada già conosciuta, le facce sempre le stesse. Konoha non sembrava riservare sorprese quel giorno. I due avrebbero dovuto contattare altri tre commercianti per avere un’idea esatta delle prenotazioni ma sapevano già che le scorte sarebbero state sufficienti. Nonostante i danni provocati dal maltempo, non avrebbero avuto problemi a soddisfare le esigenze dei loro clienti abituali per il prossimo mese.
    Dopo il sabotaggio al mulino, per un po’ di tempo le acque sembravano essersi calmate, nonostante la spettrale presenza di Muramoto e dei suoi.
    Nei giorni successivi l’Akimichi aveva anche trovato il tempo di allenarsi con il fratello per migliorare il proprio rudimentale controllo delle calorie e apprendere una delle tecniche basilari del clan. In generale, dopo essersi allenato con Lo Zio, si sentiva decisamente rinvigorito. Era come se il suo corpo si fosse destato da un lungo torpore.
    Ma l’addestramento aveva avuto anche l’effetto collaterale di metterlo in contatto con la calma profonda che albergava nelle profondità del suo spirito. Una calma così intensa da risultare piuttosto simile ad un vuoto totale dai pericolosi effetti anestetici, qualora avesse preso il sopravvento su qualcuno non sufficientemente maturo da poterla gestire. Ebbene, in qualche maniera Lo Zio era riuscito a rendere permeabile la parete che lo separava da quella calma, facendola fluire nella sua coscienza ordinaria così come lui era riuscito infine a far fluire il Chakra dal tessuto adiposo nei canali del sistema circolatorio. Ne risultò una situazione di equilibrio precario in cui la nera vacuità, da un lato, era stata parzialmente rischiarata dal lume della ragione e, dall'altro, aveva inquinato in maniera permanente il carattere del ragazzo, annerendolo a sua volta: prima era placido, sorridente e, talvolta, anche goliardico. Adesso era pur sempre calmo ma non sorrideva quasi mai e di scherzare non gli andava così tanto.
    Insomma, era serio. E basta.

    Mentre i due giravano l'angolo per raggiungere la meta successiva, dal caos della folla uscì un uomo tutto trafelato che correva come se fosse inseguito da un branco di cani randagi. Il tipo passò come un fulmine e urtò Yua facendola quasi cadere per terra, poi andò a sbattere contro Shōta ma, stavolta, fu lui a farsi male.
    Senza nemmeno scusarsi, proseguì la sua corsa e la ragazza ridivenne immediatamente idrofoba

    Ma che modi sono?? Ci stavi… iniziò a urlargli dietro ma subito si fermò di colpo, si voltò un secondo verso l’Akimichi e poi tornò a guardare il fuggitivo …vabbè, MI stavi facendo volare via! Maleducato!

    Nel trambusto, all’uomo sembrava essere caduto qualcosa di tasca

    E quello? notò Shōta, abbassandosi e raccogliendo una specie di volantino ripiegato. Una volta aperto, questo rivelò di essere una richiesta di aiuto proveniente dagli abitanti di un villaggio al confine tra il Paese del Vento e il Paese del Ferro.
    I due si guardarono: poteva essere l’occasione che stavano aspettando?


    […]


    Perché non posso andare io?? urlò Daiki in preda a una fiera indignazione Tu stesso riconosci che sono forte abbastanza, Benji!

    La forza non è tutto, mi sembra di essere stato chiaro… rispose Benjiro, con la pazienza che contraddistingue un adulto consapevole del proprio ruolo

    Tsk! Sai bene che è quasi impossibile che riescano a reclutare un Genin del mio calibro! Se potessi andare, tutti vedrebbero quanto valgo! berciò il ragazzo dai capelli blu

    Benji chiuse gli occhi, portò una mano all’altezza della fronte e si massaggiò prima le tempie, poi il setto nasale, espirando lentamente

    Ascolta… fece poi …prendere parte a una missione vuol dire lavorare in gruppo e seguire gli ordini senza fiatare. Tu non eccelli in queste cose, soprattutto nella seconda. In queste situazioni c’è poco da scherzare: non seguire le direttive di chi è più esperto di te finirebbe per mettere a rischio le vite di tutti

    Il ragazzo strinse il pugno e digrignò i denti. Poi si allontanò senza null'altro aggiungere.
    Il resto della compagnia evitò di fare commenti o di proporsi per la missione.
    Poi Benjiro, rivolgendosi a Shōta, disse
    Al momento, mi sentirei di mandare te

    Va bene replicò il ragazzo con la rapidità di uno che si aspettava quella decisione poiché sapeva dove andavano a parare certi discorsi.

    Nel mentre, Shingo si produsse in un grugnito che sapeva di disapprovazione. Probabilmente era solo l'apprensione per il fratello a farlo reagire in quel modo. Cionondimeno, riconosceva l'importanza che una missione di un certo livello può rivestire nella vita di un Genin e per questo motivo non avrebbe osteggiato la sua partenza.

    Poco dopo, Shōta si stava già preparando per il viaggio. Molti gli suggerirono di vestirsi leggero ma Taro fece notare che, stando all'avviso, il villaggio di Jasti si trovava sul confine tra il paese del Vento e quello del Ferro: poiché queste terre avevano climi diametralmente opposti, era assai più probabile che il tutto si svolgesse in una zona temperata e quindi l'Akimichi avrebbe potuto vestirsi come di consueto, senza troppi patemi. Certo, prima di raggiungerlo avrebbe dovuto attraversare il deserto e questo complicava le cose. Il biondino si arrovellò diversi minuti per capire quale abbigliamento sarebbe stato più adatto.
    Poiché non ne veniva a capo, alla fine Shōta optò per un Samue bianco di cotone molto comodo al di sotto del quale, non visto, indossò un Mawashi dello stesso colore. Completò il tutto con borselli, cintura e Bō.

    Aspetta, vieni qui un secondo...

    La voce del fratello lo richiamò dalla cucina. Quando entrò nella stanza, trovò Shingo intento ad aprire un mobile ed estrarne un pacchetto

    Tieni. Mangiale, se dovessi sentire che le energie iniziano a mancarti

    ...le patatine alla paprica?

    Per chiunque sarebbero semplicemente "patatine"... per te possono essere un'ancora di salvezza

    Consapevole oramai del significato di quelle parole, il ragazzo prese il pacchetto e lo mise nel borsello, poi si avviò verso la porta.
    Tornò quindi al villaggio, dove un Chunin assegnatogli appositamente lo avrebbe scortato fino alle porte di Sunagakure per poi passare le consegne a un altro Chunin locale.

    […]

    Oltrepassato il Paese della Pioggia, Shōta e il suo accompagnatore si erano addentrati nella vastità del deserto di Suna. Il ragazzo non era particolarmente affascinato da quella che si presentava come - e di fatto era - una distesa di sabbia e null’altro. Non fosse stato per il suo essere pragmatico e concentrato sulla missione, avrebbe potuto senz’altro perdere una decina di secondi ad osservare quanto gli sembrasse piatto e monotono il paesaggio (*).
    Ma è di Shōta che si sta parlando e, come detto, esprimere giudizi su quello o qualunque altro luogo era un qualcosa di molto distante dal suo modo di porsi e di essere.
    In quel momento aveva in testa il solo obiettivo di prendere parte alla missione e cercare di portarla a termine, al di là di ogni critica, osservazione o patema d’animo: avrebbe semplicemente eseguito gli ordini e svolto il compito che gli sarebbe stato assegnato, consistesse finanche nel portare le borse al caposquadra.
    Non passò molto prima che le mura del villaggio facessero capolino all’orizzonte. Fu una visione decisamente più rispondente ai canoni estetici dell’Akimichi perché quella città dava l’impressione di essere scavata nella pietra. In verità, probabilmente, si trattava di arenaria perché il ragazzo non provò alcuna affinità particolare verso di essa quando fu abbastanza vicino da toccarla.
    Prima di lasciarlo, il Chunin che lo accompagnava lo avvertì rapidamente di non soffermarsi in zona più del necessario perché a poca distanza da lì c’erano stati diversi problemi e, nel complesso, si poteva riassumere il tutto dicendo che la situazione non era affatto buona. Quindi si congedò da lui.
    Messo in allerta da quelle parole, Shōta si chinò a terra, avvicinò una mano al suolo, raccolse un po’ di sabbia e la portò alla bocca. Pochi granelli piovvero sulla punta della sua lingua. Il ragazzo li rimestò mescolandoli con la saliva e poi li sputò via. Sapevano di morte.
    Probabilmente si era fatto solo suggestionare.
    Avanzò quindi in quella specie di Canyon in miniatura che costituiva l’ingresso di Sunagakure. Un gruppetto di persone si era già radunato lì da un po’ di tempo e, tra loro, l’Akimichi ebbe l’impressione di intravedere una figura familiare

    …Akame?

    Questo proprio non se l'aspettava.


    Riassunto Azioni


    Azioni

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    parametri

    Resistenza: 350/350
    Stamina: 400/400

    Maestrie e Abilità

    Concentrazione del Chakra
    Concentrazione Superiore del Chakra
    Specializzazione Sensoriale: Gusto Prelibato
    Trasformazione calorica I° Stadio

    equipaggiamento

    Coprifronte di Konoha [+30 testa]
    Bō [riposto in cintura leggera di cuoio]

    Consumabili
    Snack Akimichi x1

    Conoscenze
    Naturalistiche I° Livello
    Tecniche e del chakra I° Livello

    note
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    [* ci tengo a sottolineare che non condivido i gusti di Shōta. A me il deserto piace molto]
  7. .

    [Parte 6 - finale]



    Un’altra botta fortissima riecheggiò nella radura mentre il sole si apprestava a tramontare.
    Il corpo ricoperto di lividi, contusioni e tumefazioni venne sollevato da una potente ginocchiata e nuovamente sbattuto a terra da un possente colpo di palmo. Lo Zio aveva la mano pesante.
    Senza fiatare o reagire in alcun modo, Shōta tentò fino all’ultimo di non cadere ma gli riuscì di salvare solo una gamba, mentre l’altra inesorabilmente toccava il suolo con il ginocchio. Ormai era allo stremo ma la sua espressione non era minimamente cambiata da quando era iniziato il pestaggio.
    Era passato parecchio tempo e anche l’omone cominciava ad accusare i segni della stanchezza

    …oh, stai cedendo infine… osservò con la fronte imperlata di sudore

    …molto bene… disse allora, facendo un salto all’indietro e allontanandosi dall’Akimichi di una decina di metri

    …voglio vedere come ti comporterai adesso che non hai più energie… ti farai uccidere?

    Mentre stava ancora saltando, molto rapidamente sollecitò il Chakra e iniziò a comporre i sigilli Drago, Tigre, Coniglio

    Suiton: Mizurappa!

    In un lampo cominciò a sputare un getto d’acqua ad alta pressione in direzione di Shōta

    Il ragazzo, ancora mezzo inginocchiato, sembrò andare in tilt per un istante.

    CITAZIONE
    …Ninjutsu…Suiton…

    Poi cominciò ad attingere alle sue riserve di Chakra, mezze esaurite anche quelle per la stanchezza e il digiuno ma comunque ancora presenti.
    In un baleno, quasi d’istinto, colpì il suolo con entrambe le mani

    Doton: Doro Gaeshi

    Accompagnato da una vibrazione, dalla zolla di terreno davanti a lui si sollevò un muro di roccia quadrato.
    La violenta onda acquatica impattò con la superficie innalzandosi, spumeggiando in tutte le direzioni e curvandosi all’indietro mentre la difesa tentata in extremis dall’Akimichi si sgretolava subito dopo aver adempiuto al proprio dovere. La supremazia dell’elemento Terra nei confronti dell’elemento Acqua, unita al fatto che probabilmente il suo avversario si era trattenuto, fu sufficiente per produrre quel risultato.
    Appena gli sentì aprire bocca, l’omone spalancò gli occhi

    …Shōta? domandò con fare incerto

    …Zio? chiese di rimando l’Akimichi

    L’omone si produsse in un sorriso di puro sollievo

    Bentornato tra noi, ragazzo! esclamò ridendo. Poi tornò serio …come ti senti?

    Lui si guardò le braccia e il resto del corpo, poi fece …non so. Credo di essere messo male ma non sento dolore. Sono un po’ stanco, questo si

    Ti senti diverso da prima? chiese l’uomo

    …no, perché dovrei?

    La riposta in parte sorprese Lo Zio e in parte gli diede una piccola speranza. Che lui sapesse, quando veniva a crearsi una situazione di quel tipo era come se ci fosse un piccolo salto nella mente di Shōta, poiché il ragazzo sembrava svegliarsi da un sonno. Tuttavia, in altre situazioni c’era sempre stato qualcuno che lo riportasse alla realtà, a differenza di quanto accaduto in questo caso. Adesso era rimasto in quello stato di vacuità per un lasso di tempo molto lungo ed era stato anche costretto ad usare il Chakra in quelle condizioni. Mancavano gli elementi per capire se la differenza nell’esito fosse dovuta al primo fattore, al secondo o a entrambi ma il fatto che non percepisse soluzione di continuità tra il suo io precedente e quello attuale e, contemporaneamente, conservasse ancora parte dell’insensibilità al dolore fisico ed emotivo, faceva sospettare che quello status simile ad uno stand-by fosse ancora in corso seppure in piena coscienza. L’alternativa sarebbe stata immaginare che la parte “nera” fosse stata sospinta in qualche angolo dell’inconscio e, quindi, potesse sempre riemergere a piacimento. Questa era un’eventualità alla quale Lo Zio non volle minimamente pensare in quel momento.
    Quindi, un po’ per cambiare discorso e un po’ perché era il motivo principale della sua venuta, riportò l’allenamento al centro del discorso

    Vuoi fare un altro tentativo nel Dohyo?

    Ben cosciente del messaggio che gli veicolava il suo corpo con tutti i dolori che di cui era costellato (e che pure non percepiva come tali), Shōta era addivenuto ad una conclusione. Quindi, senza pensarci sopra nemmeno due secondi, annuì.
    L’uomo si scostò di lato e gli fece spazio onde consentirgli di prendere posto nel Dohyo, cosa che lui prontamente fece.
    Dopo aver rivolto nuovamente un inchino al Kamidana, tornò ad accovacciarsi in Sonkyo, sia perché gli veniva spontaneo e sia perché il suo istruttore non aveva commentato questo gesto, dando ad intendere che fosse il modo giusto di porsi.
    snky

    Quindi, come prima, poggiò le mani sulle ginocchia, chiuse gli occhi e cominciò a prestare attenzione ai convulsi moti dell’energia interiore. Benché questa fosse in quantità minore rispetto a prima, non si presentava certo in modo meno roboante e caotico. Al di sotto dei flutti, giacevano sul fondo i sedimenti di Chakra Doton.
    Memore del modo in cui si era allenato nel torrente sotterraneo e del modo in cui aveva incassato i pesanti colpi di prima, Shōta ignorò sia il Chakra normale che quello elementale e provò semplicemente a lasciarsi attraversare dalla corrente impetuosa, nello stesso modo in cui un cavo dell’alta tensione viene attraversato dall’elettricità.
    Lo Zio non lo interruppe e questo gli diede la conferma che aveva trovato la risposta giusta.
    Il Chakra leggero e veloce circolava fluidamente nel sistema circolatorio. Il Chakra Doton pesante e inerte ristagnava placidamente sul fondo dei canali più bassi. La sua massa muscolare, per sostenerlo nella posizione in cui si trovava, stava lavorando al regime minimo, come se dipendesse da un serbatoio quasi completamente svuotato e, in realtà, non riteneva che sarebbe riuscito a reggersi in piedi ancora a lungo in quelle condizioni.
    Lasciare che ogni elemento rimanesse esattamente com'era, senza intervenire o forzare le cose in alcun modo, gli permise di chiarificare la sua visione e acuire la percezione delle sfumature energetiche.
    Dopo un po', cominciò ad avvertire qualcosa di singolare: il graduale processo di perdita di forza nei muscoli delle gambe subì un'inversione e lui si sentì leggermente rinvigorito.
    Scandagliando l'intero sistema dalla testa ai piedi, notò solo una variazione rispetto a prima: quel serbatoio mezzo vuoto si stava leggermente riempiendo, come se da qualche parte stesse naturalmente sgocciolando dell'energia aggiuntiva per supplire alla carenza di forze. Spostando il focus verso l'alto, percepì una zona composta da una materia che aveva caratteristiche ibride: solida e consistente come il Doton ma leggera come il Chakra ordinario e, oltre ciò, stranamente calda. Zoomando come con un microscopio, ebbe l’impressione che fosse composta da migliaia di piccole sferette lucenti, come delle perle di energia concentrata. Ampliando la visuale, si rese conto che questa materia non si limitava alla zona considerata ma era diffusa un po' ovunque, costituendo di fatto un involucro che ricopriva la sua intera figura: era il suo tessuto adiposo e quelle sferette lucenti erano adipociti.
    C'era sempre stato, naturalmente, ma lui non lo aveva mai sentito così come lo stava sentendo in quel momento. Era chiaramente cambiata la sua percezione



    A questo punto Lo Zio lo interruppe ma non con il classico "no"

    Cosa senti di preciso, ora? gli chiese, cercando di non distoglierlo

    …è come se ci fosse un rubinetto che perde rispose il ragazzo senza aprire gli occhi

    Perfetto, ci sei. Adesso rimani concentrato e cerca di aprire quel rubinetto, ma delicatamente e con molta attenzione

    In verità non era affatto necessario esortarlo ad essere delicato perché il "rubinetto" risultò essere molto più duro e resistente del previsto, al punto tale da richiedere un supplemento di forza.
    Solo dopo numerosi tentativi e un ultimo, immane, sforzo riuscì infine ad aprirlo leggermente. Allora sentì di poter esercitare un seppur minimo controllo sugli adipociti. Ognuno di quei piccoli, lucenti e preziosissimi concentrati di potere calorico era come una gemma in grado di sprigionare potere sotto la sua sollecitazione. Lo sgocciolamento si trasformò in un flusso continuo che, partendo dal tessuto adiposo, andava a riempire il serbatoio delle energie fisiche, inondandolo, riversandosi nella massa magra e irrorando le fibre muscolari al punto tale da irrobustirle sensibilmente.
    Grazie al rinnovato vigore, l'Akimichi non solo non ebbe problemi a continuare a reggersi ma riuscì anche ad effettuare uno Shiko, allargare le gambe e assumere una delle posture rituali fondamentali che aveva visto eseguire in passato al padre.
    A quel punto, aprì le palpebre e vide che gli occhi de Lo Zio luccicavano per la soddisfazione

    Oh si, direi proprio che ci siamo!

    shrfrm



    La cosa singolare fu che non parve esprimere gioia. Forse non era nemmeno in grado di provarne nello stato mentale in cui si trovava. Era solo il ritratto della serenità.
    Poi, di colpo, il potere si disattivò e le gambe cedettero alla fatica di una giornata massacrante. Lo Zio gli arrivò vicino con uno scatto, appena in tempo per sorreggerlo

    Devi essere stanchissimo, mi rendo conto… so di essere stato un po’ duro ma avevo bisogno di capire una cosa e poi… fece una pausa mentre lo aiutava a sedersi su un tronco tagliato …ti garantisco che, in confronto al Megalite, sono morbido come lo zucchero filato

    Si produsse in una grassa risata mentre Shōta, in un bagno di sudore, lo guardava con la bocca semiaperta e il fiatone

    …hmm? Beh si, io preferisco dire “Megalite” piuttosto che “Megalito”. Ognuno di noi ha sempre fatto un po’ come gli pareva... si perse di nuovo malinconicamente nei pensieri …comunque ho fatto tutto quello che potevo. Il resto sta a te

    Il ragazzo era troppo stanco per intrattenersi in discorsi e oramai erano al crepuscolo.
    L’uomo provvide a medicare le sue ferite con un kit da pronto soccorso e gli somministrò un tonico coagulante. Nel giro di pochissimo Shōta fu in grado di camminare senza problemi e i due presero la via del ritorno.

    […]

    Appena misero piedi in casa, ci fu un vero e proprio assalto frontale. L’Akimichi venne accerchiato dai ragazzi che lo tempestavano di domande, a seconda del loro carattere e dei loro interessi, come se fossero un gruppo di giornalisti intorno a un Daimyō: "bentornato!" “com’è andata?” “com’era il sottosuolo?” “c’erano gemme preziose?” “c’erano draghi sputafuoco?” “la forza dell’acqua è sufficiente a muovere una ruota idraulica?” “ti sei allenato?” “hai imparato delle tecniche supersegrete e sei diventato superforte?”.
    Lo Zio fece da bodyguard, allontanandoli dal ragazzo

    Ohi! Calma un po’, su. Fatelo respirare, è stata una giornata faticosa per lui. Potrete chiedergli tutto quello che volete nei prossimi giorni

    Benjiro richiamò all’ordine tutta la squadra minacciando sanzioni terribili, come essere costretti a spalare il letame per un mese.
    Passata la confusione, si avvicinò Shingo

    …allora? chiese con impazienza

    Tutto a posto rispose l’uomo missione compiuta, non è così?

    L’Akimichi annuì vistosamente e Shingo sorrise in un modo in cui non lo si vedeva sorridere da tempo immemorabile

    ...e per "quella cosa"?

    ...poi ti dico... poi ti dico...

    Poi, mentre Lo Zio andava a darsi una rinfrescata prima di cena, Shōta fu tirato in disparte dal fratello

    ehi…

    …che c’è?

    …voglio dirti una cosa subito, per togliermi il pensiero. È importante disse

    …ti ascolto fece lui prestandogli massima attenzione

    È una regola E già solo questo termine era sufficiente per far drizzare le orecchie a Shōta

    Le abilità derivate dalle arti del clan… tienile sempre come ultima risorsa e, soprattutto, non usarle mai in combattimenti amichevoli. Intesi?

    Regola intesa, registrata e marchiata a fuoco. Come sempre.

    A quel punto furono chiamati da Kimiko perché la cena era pronta.

    […]

    L’indomani Lo Zio si preparò per la partenza. Quasi a tutti dispiacque perché avevano trovato la sua presenza un piacevole diversivo.

    …ecco fatto disse Shōta mentre chiudeva lo zaino che avevano provveduto a riempire con prodotti della fattoria, non ultimo il miele di Kaede

    Quante prelibatezze! esclamò l’omone Sono sicuro che anche Jona sarà contento di poterle usare in cucina

    Salutamelo, mi raccomando disse Shōta

    Certo, e non dimenticare che l’invito è sempre valido! Appena puoi, devi passare al locale, ci siamo capiti?

    Certo che si. A proposito… rispose il ragazzo …chissà se un giorno riusciremo ad organizzare una settimana di allenamento come quella volta

    Lo Zio guardò di lato massaggiandosi la mandibola, poi disse

    …beh, non so se ci sia ancora qualcuno della vecchia guardia. Da quando è successo quello che è successo, abbiamo un po’ perso i contatti… letteralmente non sappiamo chi sia ancora vivo e, per di più, con i continui conflitti che attanagliano il mondo…

    Si incupirono un po’ entrambi, poi l’uomo ruppe l’atmosfera

    Ma, insomma, mai dire mai, ecco! esclamò Lasciamoci con questi due buoni propositi, ok?

    Quindi si salutarono con calore e poi Lo Zio, caricatosi il pesante zaino sulle spalle, ripartì.

    Il ragazzo lo seguì con lo sguardo finché gli fu possibile, poi rientrò in casa.
  8. .

    [Parte 5]



    Dalla posizione del sole si intuiva che mezzogiorno era passato da un bel pezzo quando Shōta riemerse dalle viscere della terra

    Bene, torniamo al castello esortò Benjiro è ora di pranzo e gli altri si staranno anche preoccupando

    Hai ragione ribatté Lo Zio, prendendo Shōta per la spalla, tirandolo verso sé e creando una certa distanza tra loro e gli altri due …vi conviene sbrigarvi a tornare

    Nessuno avrebbe potuto davvero dirsi stupito dal gesto - d'altra parte, l'uomo aveva dato a intendere chiaramente che l'allenamento non fosse concluso - ma questo non impedì a Shingo di cominciare a ringhiare. A parte ciò, comunque, il ragazzone evitò di fare commenti, a differenza di Benji

    Potreste riprendere anche dopo pranzo. Shōta dovrà pur riposarsi un po'

    No. Il ferro va battuto finché è caldo troncò netto l'omone.

    I tre si scambiarono occhiate cariche di tensione, decisamente contrastanti con l'armonia del boschetto in cui si trovavano.
    Vi furono diversi secondi di silenzio finché Shōta, i cui occhi erano adombrati da un alone che li rendeva imperscrutabili, non intervenne

    Discussione inutile. disse con tono inespressivo Regola fissata. Compito già stabilito. Il resto... futile perdita di tempo

    …eh? Il tono incerto della voce di Shingo - che solitamente suonava ben più dura e stentorea - destabilizzò anche Benjiro. Aveva forse avvertito nel fratello qualcosa che non gli piaceva e, contemporaneamente, gli risultava familiare?

    Ok, disse Lo Zio mentre, mostrando un’aria insolitamente seria, afferrava il braccio di Shōta e lo stringeva esercitando pressione in un certo modo adesso devo chiedervi di lasciarci da soli

    Strano a dirsi, per il ragazzo sentirsi stringere sul braccio in quella maniera fu quasi come ricevere una secchiata di acqua gelida sulla testa. Spalancò gli occhi e scosse il capo come per uscire dal torpore

    …che c’è? chiese confuso mentre Shingo e Lo Zio si scambiarono un rapido cenno d’intesa …perché siete così seri? L’esplorazione è andata bene…

    ok… lo interruppe il fratello tirando con sé Benjiro …avrai tempo per raccontarci tutto ma adesso devi andare con Lo Zio

    Aspettate… fece lui, tirando fuori il blocchetto degli appunti e porgendolo loro …almeno prendete questo, così potrete cominciare a farvi un’idea della situazione

    Ok… replicò Benji prendendo il taccuino e infilandoselo in tasca …ci vediamo più tardi concluse, facendo capire che aveva intuito quanto potesse essere fuori luogo introdursi in quel discorso. Quindi si allontanò insieme a Shingo avviandosi verso est.
    Aggirato un albero, dopo un po’ i due scomparvero.

    Forza, andiamo disse Lo Zio cominciando ad incamminarsi verso sud-ovest.

    L’Akimichi lo seguì senza fiatare, senza commentare e senza chiedergli dove stessero andando, benché fosse chiaramente desideroso di saperlo.
    Percorso all’incirca mezzo chilometro, i due si addentrarono in una zona in cui la boscaglia si faceva nettamente più fitta, i tronchi degli alberi si moltiplicavano e le loro chiome si intrecciavano stratificandosi così tante volte da bloccare quasi completamente la luce del sole. Gli aliti di vento faticavano a farsi strada in quel labirinto verde e, così, i versi dei rigogoli e delle cicindele risaltavano in particolar modo nella pace del luogo.

    Siamo arrivati fece l’uomo avvicinandosi a un grande cespuglio che riempiva completamente lo spazio tra due alberi. Poi, come se stesse aprendo una tenda, tirò gli arbusti di lato creando un varco e, con un gesto eloquente, invitò Shōta a oltrepassarlo.
    rdr

    Il ragazzo si fece avanti e, camminando con attenzione per non graffiarsi, attraversò il breve passaggio.
    Con sua grande sorpresa, dall’altro lato trovò una piccola radura, all’incirca di 50 metri di diametro, cui i massicci tronchi facevano da mura e le folte chiome da volta, interrotta solo al centro in un modesto varco dal quale la luce del sole, discendendo come un cono etereo, andava ad inondare un cerchio di balle di paglia artificialmente creato nel mezzo del prato.
    Vedendo ciò, Shōta non poté più rimanere in silenzio

    …un Dohyo? Qui?

    Era indubbiamente un Dohyo, benché molto grezzo. Dietro di esso, inserito in una piccola struttura lignea costruita sul fianco di un grosso tronco a sud, si intravedeva un Kamidana con al centro un Ofuda recante la scritta 巨石 (Kyoseki)

    Si, l’ho creato io… precisò Lo Zio …a dire il vero, ho sistemato un po’ tutta la zona, benché fosse già adatta per quello che avevo in mente. Tant’è che, arrivando da questa direzione l’altro giorno, ci sono passato in mezzo e mi sono detto “di meglio non posso trovare”

    Il ragazzo in parte lo ascoltava e in parte no, perché sia la radura, sia il Dohyo, sia la scritta avevano un profondo significato per lui presi separatamente… figurarsi insieme!
    Intervenendo in un turbinio scomposto di sentimenti, come se stesse gettando una manciata di polvere da sparo sulla viva fiamma, l’omone porse a Shōta un Mawashi di colore bianco

    Mettitelo e prendi posizione ordinò in maniera pacata ma ferma.

    Come se non facesse altro ogni mattina, Shōta si spogliò e indossò il Mawashi con l’aiuto dell’uomo. Quindi cominciò a camminare lentamente verso il Dohyo.
    Giunto al limitare della circonferenza, si fermò. Benché il luogo non fosse silenzioso come le profondità della caverna in cui era caduto, gli parve di percepire un silenzio “materiale” che gli penetrava sin dentro il midollo.
    Appena scavalcò la balla di paglia e mise piede all’interno, un turbinio di immagini confuse emerse dai ricordi del passato e gli si affastellò nella testa, mulinando un paio di volte e poi dissolvendosi nel nulla.
    Si posizionò in piedi al centro del ring, poi fece qualche passo a destra, si collocò su uno dei due Shikiri-sen e si girò verso sud.
    Avvolto da una aura di sacralità quasi palpabile, il Kamidana pareva ergersi sommo e irraggiungibile sul fusto dell’albero, mentre i suoi Shide ondeggiavano sollecitati dolcemente dallo zefiro.
    Si voltò allora verso Lo Zio, aspettando indicazioni ma l’uomo si limitò a dire

    Fa’ ciò che ti viene spontaneo fare in questo momento

    Catturato dal rispetto che gli infondeva la scritta sul Kamidana, Shōta fece un inchino, poi si accovacciò in Sonkyo, poggiò le mani sulle ginocchia e chiuse gli occhi.
    Adesso che stava prendendosi seriamente un momento per sé, si rendeva conto di quanto fosse scombussolato il suo sistema circolatorio: il Chakra turbinava caoticamente, al pari dei ricordi che lo avevano assalito pochi istanti prima. Diversamente dal solito, sembrava parecchio indisciplinato e l’Akimichi trovò molte difficoltà a governarlo. Pensò allora di ricorrere nuovamente al Doton poiché questo tipo di Chakra era più pesante del normale e, proprio in occasione della sua scoperta, il ragazzo aveva migliorato il proprio controllo sull’energia interiore. Si accinse quindi a direzionare il flusso per "separare la crusca", per così dire, ma un istante dopo venne interrotto da Lo Zio

    No disse semplicemente, senza aggiungere altro.

    Perché “no”? Che cosa significava? Forse non lo stava facendo nel modo giusto. Quindi ricominciò da capo, ma venne nuovamente bloccato

    No

    Voleva dirgli di non ricorrere al Doton? Se questo era il caso - rifletté Shōta - forse la ragione risiedeva nel fatto che poteva trattarsi di una scorciatoia e ciò non veniva ammesso?
    Ricominciò a cercare di governare il flusso caotico lasciando che il Doton riposasse sul fondo, come di consueto.

    No

    Ancora non andava bene? L’Akimichi cominciò ad essere seriamente confuso, non sapeva che pesci prendere. Aprì gli occhi e guardò l’altarino: sembrava che lo stesse giudicando. Non gli era mai capitato di sentirsi così stordito negli ultimi anni ma, da qualche giorno a questa parte, non si stupiva più di nulla.
    Mentre cercava di riordinarsi le idee, una frase de Lo Zio lo trafisse come una gelida lama

    Shingo si sbagliava. Non sei pronto disse con aria tutt’altro che scherzosa Raccogli le tue cose e torniamo indietro

    Detto ciò, si voltò e cominciò a camminare verso l’uscita della radura.
    Il Genin si sentì stringere lo stomaco in una morsa d’acciaio e iniziò a sudare freddo

    Aspetta! Fammi provare ancora una volta!

    L’omone si arrestò senza voltarsi

    …e a che pro? Sarebbe solo una perdita di tempo. Non riesci a trovare la via

    Ma tu non mi hai dato indicazioni. Mi hai detto di fare ciò che mi veniva spontaneo

    …ed è così. Fino a un certo punto ti è venuto spontaneo imboccare la via giusta - infatti non ti ho interrotto - ma poi ti sei smarrito. Questo mi fa capire che non sei pronto. Forse non puoi farti carico di proteggere coloro che ami o forse, semplicemente, non sei abbastanza determinato…

    Ricominciò a camminare lentamente verso l’uscita.

    Shōta si sentì come uno che aveva appena perso un treno che passa una volta sola. Guardò prima Lo Zio, poi il Kamidana, poi di nuovo Lo Zio… in breve tutta la radura iniziò a vorticargli intorno.
    Finché, ad un certo punto, il mondo smise di girare. Il freddo sudore che gli imperlava la fronte non era distinguibile da un insieme di normali gocce d’acqua, la costrizione allo stomaco risultava un banale corpo estraneo piazzato in quel punto, il treno non era “perso” ma solo “andato”

    CITAZIONE
    ………

    L’omone si fermò di colpo e si voltò lentamente verso di lui. Poi lo scrutò intensamente

    Dunque era proprio come sospettavi… disse continuando a guardare il ragazzo negli occhi.

    Poi posò lo sguardo sul braccio e fece per avvicinarsi ma, senza nemmeno aver sollevato un piede, si fermò

    …no. Se continuiamo così, non ne usciremo mai… anche questo problema va affrontato disse mentre cominciava a scorciarsi le maniche

    …non è così, Shōta?

    Non vi fu alcuna risposta

    CITAZIONE
    ………

    L’omone spalancò gli occhi. Per un breve istante, si sentì pervadere da una inquietante sensazione di “vuoto” o di “neutralità”. Poi cominciò ad appropinquarsi al ragazzo.
    Quando gli fu arrivato abbastanza vicino, gli diede uno spintone sul petto. Quello barcollò qualche secondo ma rimase sul posto, senza reagire.
    Allora lo spinse una seconda volta, poi una terza e così via, in diversi modi e da diverse posizioni, quasi come se volesse costringerlo a reagire. Ma ogni volta lui riguadagnava l’equilibrio senza colpo ferire e si riposizionava esattamente nello stesso punto, senza rispondere o cambiare espressione

    Nulla, eh? Molto bene… disse l’omone ergendosi imponente dinanzi a lui

    …allora vediamo se il nulla sa incassare!

    In un baleno sollevò il braccio e gli occhi di Shōta non videro altro che un pugno in procinto di colpirlo in pieno.

    CITAZIONE
    …pugno allo stomaco…

    Non provò sensazioni di sorpresa o di paura. Non si fece domande sul gesto. Irrigidì semplicemente i muscoli addominali per prepararsi alla botta.
    L’impatto fu talmente forte che un ipotetico spettatore esterno avrebbe potuto avere l’impressione che ne fosse scaturita una modesta onda d’urto. La pancia dell’Akimichi si ripiegò leggermente verso l’interno mentre la potenza sprigionata dal colpo lo proiettava all’indietro sollevandolo di qualche centimetro da terra.
    Fece un volo di quindici metri e andò a sbattere violentemente con la schiena contro il tronco di un albero. Il fiotto di sangue vermiglio che gli fuoriuscì dalla bocca parve luccicare sotto i raggi del sole

    CITAZIONE
    …sapore metallico… mancanza di respiro… oppressione... formicolio… perdita di equilibrio…

    Stavolta sarebbe davvero caduto in avanti, faccia a terra. Ma, essendo la paura assente e presentandosi il dolore alla stregua di una mera sensazione fisica di pressione formicolante, non venne distratto da nulla. Fece avanzare una gamba e la inchiodò con forza al suolo per rimanere in piedi

    RSQL

    Sei tenace, te lo riconosco… ma non ho ancora finito con te disse Lo Zio

    Poi fece una pausa. Girò lo sguardo verso la scritta che campeggiava sull’Ofuda e, per un istante, sembrò perdersi malinconicamente nei suoi pensieri

    …ho fatto una promessa a una persona…

    Concluse mentre si voltava nuovamente di scatto verso Shōta, caricando un altro pugno
  9. .

    [Parte 4]



    Buio. Silenzio. Niente. Il nulla assoluto.
    Non fosse stato per la sensazione di pressione sui talloni e sulle piante dei piedi, Shōta avrebbe potuto credere di star ancora cadendo.
    La secchezza e l’immobilità dell’aria indicavano che il nuovo ambiente aveva poco da spartire con il precedente.
    Il naturale scombussolamento dovuto al tonfo imprevisto tendeva a far lavorare negativamente la fantasia e, per un breve lasso di tempo, l’Akimichi temette di essere finito in una trappola o nella tana di qualche oscuro predatore. Onde evitare sorprese, sfoderò il Bō e lo fece ruotare intorno a sé a 360°.
    Non colpì nulla ma il modo in cui il suono si propagò nell'aria gli suggerì che le pareti non dovessero essere molto distanti. Pensò che sarebbe stato saggio avanzare a tentoni per comprendere la conformazione del posto ma, prima di ciò, avrebbe avuto bisogno di crearsi almeno un punto di riferimento in quel vuoto cosmico. Ragion per cui, richiamato nuovamente il Chakra Doton, iniziò a farlo scorrere per tutta la lunghezza del Bō, poi conficcò la punta del bastone nel terreno e vi incise una freccia rivolta in avanti, per conservare memoria della posizione in cui si trovava nel momento in cui era caduto.
    Subito dopo iniziò ad avanzare tenendo l’arma dritta davanti a sé ma, come preventivato, immediatamente urtò contro qualcosa di solido. Cambiò leggermente direzione e riprovò ancora altre volte.
    Dopo sette tentativi, dovette giungere all’amara conclusione di trovarsi in un luogo non più grande di una camera da letto di medie dimensioni, sebbene di forma ovale o quasi.
    Tuttavia - pensò - la stanza doveva avere necessariamente una via d’uscita, vale a dire quella da cui era entrato. Concentrò allora il Chakra nei piedi e cominciò a scalare le pareti ma, gira che ti rigira, non gli riuscì di trovare nessuna cavità. Sembrava che il buco fosse sparito nel nulla!
    Superato l’iniziale sconforto, ritenne che sarebbe stato meglio sedersi, fare un bel respiro e riflettere. Non era possibile che non ci fosse un modo per uscire, era assurdo. Forse avrebbe potuto provare ad usare qualche tecnica per cercare di sfondare le pareti? Non era fattibile perché quasi sicuramente sarebbero state troppo spesse. In caso contrario, c’era pur sempre il rischio di far crollare tutto - come paventato da Taro - e rimanerci secco.
    A un certo punto, per liberarsi di una fastidiosa tensione che si era creata tra le spalle, allargò le braccia e, con sua immensa sorpresa, sentì il dorso della mancina urtare contro qualcosa di duro. La parete non era così vicina, quindi di cosa poteva trattarsi?
    Si girò a sinistra e iniziò cautamente a tastare. Sentì sotto le dita qualcosa di voluminoso, duro e curvilineo. Facendo scorrere i polpastrelli, si rese conto che la superficie era simile ad una cupola ed era ricoperta di scanalature che ricordavano segmenti irregolari, forse forme geometriche, forse dei poligoni dai lati leggermente arrotondati.
    Continuando verso il basso si aspettava di incontrare il terreno e, invece, si ritrovò a contatto con qualcosa di freddo e rugoso.
    Istintivamente ritrasse la mano mentre dall'area provenivano leggeri rumori che fugarono ogni dubbio circa il fatto che si trattasse di un essere vivente.
    Iniziando a nutrire qualche sospetto sulla natura dell'inaspettato ospite, Shōta infilò la mano nel borsello, pescò dal fagotto alcuni pezzetti di mela essiccata e li gettò a terra. Dopo un po', il silenzio del luogo venne rotto da un lento e regolare sgranocchio. Nell'animo dell''Akimichi iniziò a farsi strada una speranza: l'animale doveva pur sopravvivere in qualche modo e ciò presupponeva che avesse un modo per raggiungere cibo e acqua. Se lo avesse seguito, sarebbe dovuto arrivare per forza da qualche parte. Poggiò quindi una mano sulla cupola, aspettando che iniziasse a muoversi.
    Attese per una quantità di tempo incalcolabile (durante la quale si disse che, dopotutto, era rimasto “quello di sempre”) e alla fine la sua pazienza fu ripagata perché percepì che la superficie della cupola cominciava lentamente a scivolare verso destra. Rimanendo in contatto con le punte delle dita, si accinse a seguirla camminando accovacciato. Nonostante la lentezza della marcia, la parete non tardò ad essere raggiunta e Shōta si domandò in quale maniera potessero mai procedere, una volta giunti dinanzi ad un ostacolo impenetrabile.
    Con sua grande sorpresa, avvertì chiaramente che la cupola proseguiva il suo cammino senza soluzione di continuità. Allungando una mano e facendola scorrere verso il basso, ne apprese il motivo: c'era un'apertura alta forse poco più di mezzo metro che gli era completamente sfuggita nel corso della piccola "passeggiata esplorativa" nella quale si era cimentato poco prima. Aggrappandosi a questa minuscola speranza, si distese e strisciò a pancia in giù cercando di mantenere un contatto quanto più possibile costante con l'animale e con il soffitto.
    Dopo qualche minuto, sentì che lo spazio sopra di lui aumentava e provò cautamente ad alzarsi evitando di tirare una craniata contro la roccia. Poiché la cosa gli riuscì, riprese a seguire la cupola come prima ma, nel giro di poco, fu assalito da una indefinita sensazione di "spazio".
    Provò a battere le mani una volta e l'eco gli fece intendere che l'ambiente non era angusto come il precedente ma, anzi, piuttosto ampio. Dopo averle sbattute un altro paio di volte, si convinse di trovarsi in un posto a dir poco smisurato. Ciò non rappresentava un rischio minore rispetto al precedente perché, a causa del buio, si correva il pericolo di smarrirsi. E fu per questo che tornò a cercare con le mani la cupola... non trovandola!
    La sua guida era sparita.
    Per la prima volta dopo tanto tempo, in lui si stava facendo strada una sensazione di inquietudine. Cominciò a tastare ovunque, poi di colpo si fermò e si ricordò di avere la soluzione a portata di mano, anzi, letteralmente in tasca: tirò fuori delle mandorle e le lanciò per terra. Passarono diversi secondi ma, alla fine, udì lo sgranocchio salvifico e ogni preoccupazione svanì. L'Akimichi pensò tra sé che, qualora fosse uscito indenne da quella situazione, la frutta secca sarebbe diventata uno dei suoi snack preferiti.
    Il viaggio riprese e dopo qualche minuto i due iniziarono a percorrere una strada curva e in salita, al termine della quale Shōta vide comparire in lontananza un fioco chiarore che ricordava una stella morente. Trattenne la voglia di correre verso la luce per evitare di cadere in qualche altro fosso nascosto e continuò pazientemente ad affidarsi al suo accompagnatore.
    Man mano che si avvicinava, ebbe la certezza che si trattava proprio della lanterna di Taro, così come, giunto in prossimità della stessa, questa gli rivelò infine che la sua guida non era altro che una grossa testuggine, esattamente come sospettava

    Ti devo la vita, vecchio mio disse, ben sapendo che l'animale non era in grado di intenderlo e non avrebbe mai potuto immaginare quanto gli fosse grato.
    Di fatto, erano sbucati dal lato opposto del passaggio che stava percorrendo prima di cadere. Mentre ispezionava il buco (scoprendo che una lastra di pietra era scivolata giù insieme a lui, ponendosi di traverso e tappando lo scivolo) rifletté su quante cose aveva in comune con le testuggini. In futuro non gli sarebbe dispiaciuto approfondire la conoscenza di questo tipo di animale.
    A quel punto, non gli rimaneva che saltare il fosso per tornare indietro, cosa che la tartaruga non poteva fare. Per non lasciarla lì a morire di fame e di sete, la afferrò e la sollevò. Quella subito si rintanò nel carapace, per cui l'Akimichi si ritrovò tra le mani solamente un guscio che, con un piccolo sforzo, riuscì a lanciare dall'altro lato del buco
    Ecco fatto. Spero di essermi sdebitato almeno in parte concluse mentre raccoglieva la lanterna e tornava sui suoi passi.
    Imboccando la via alternativa, dopo diversi minuti notò che l'aria e il terreno si facevano sempre più umidi, mentre il suono di un rigagnolo che fluiva tra le rocce gli suggeriva che la sua meta era ormai a portata di mano.
    Accelerò il passo e, mentre lo scroscio si faceva sempre più forte, superò l'ultimo varco.
    Arrivò in una gola larga all'incirca trenta metri, alta forse cinque volte tanto, che andava a perdersi nelle oscure profondità della caverna, perpendicolarmente alla direzione di marcia di Shōta. Dall'alto proveniva una debole luce e la gola era attraversata per tutta la sua lunghezza da un torrente largo una quindicina di metri, che scorreva impetuoso da sinistra verso destra. La forza dell'acqua sembrava davvero incontenibile.
    urv

    Lungo la riva c'erano dei piccoli sassi strani o qualcosa di simile. L'Akimichi ne prese in mano uno e sentì che aveva un odore rancido e tendeva a spappolarsi. Ne mise un pezzo in bocca, lo masticò e poi lo sputò via. Era chiaramente una fragola marcia, segno che la luce proveniente dall'alto doveva essere proprio il sole che filtrava attraverso la frattura nel fragoleto. Missione compiuta. Segnò tutto sul taccuino e si preparò per il ritorno.
    Ma, mentre stava per andarsene, si fermò a contemplare la potenza del torrente, una delle manifestazioni delle forze della natura che si scatenavano in libertà senza lasciarsi imbrigliare da niente e da nessuno…
    E se avesse provato a misurarsi con loro? Poteva essere un'occasione irripetibile.
    Posò la lanterna, avanzò verso la riva e cominciò ad addentrarsi in quel furente spumeggiare con temerarietà e in pari tempo con raziocinio, senza spingersi oltre il punto in cui poteva toccare. Tra i flutti e i mulinelli, gli fu immediatamente chiaro che rimanere in piedi sarebbe stata una vera impresa... e questa era un'ottima notizia, non avrebbe potuto desiderare di meglio.
    Prese posizione di fianco ad uno scoglio, che sarebbe stato fonte di ispirazione e modello da imitare, quindi allargò le gambe e le flesse leggermente, appoggiando i palmi delle mani sulle ginocchia. Sfidando la pressione dell'acqua, si impose di rimanere saldamente piantato in quel punto, come se ne andasse della sua vita.
    Nel giro di poco, cominciò a galvanizzarsi molto più di quanto non si aspettasse e dovette ricondursi da solo a reazioni più sobrie, onde evitare di deconcentrarsi e perdere l'equilibrio.
    Quando si sentì abbastanza sicuro, decise di alzare il livello della sfida tentando di eseguire uno Shiko. Dovette metterci così tanta attenzione che ne risultò l'alzata di gamba più lenta che avesse mai fatto in vita sua ma la soddisfazione che ricavò dal percepire con chiarezza la gamba d'appoggio monoliticamente inchiodata sul fondale a sfidare la potenza del torrente lo ripagò al mille per mille. Così ne eseguì un altro e poi un altro ancora, finché la freschezza dell'acqua non sembrò quasi essere stata creata apposta per estinguere il bruciore dei suoi arti inferiori. Erano anni che non si applicava così intensamente a quel tipo di allenamento ed eseguirlo in quelle condizioni gli fece assaporare con ancora maggior intensità ogni singolo sforzo, riconnettendolo totalmente con la fisicità del suo corpo.
    A quel punto tornò all'asciutto, recuperò la lanterna e riprese seriamente la via del ritorno.
    I cinque sensi, la propriocezione, la fatica, la forza, la resistenza… durante il tragitto ripercorse tutto ciò che aveva esperito in quella piccola avventura e iniziò, forse, a comprenderne davvero il senso: proprio come accadeva negli allenamenti del suo vecchio, si doveva imparare con il corpo prima che con la mente.

    Al termine del percorso, era abbastanza provato e gli ci volle un bel po' per riabituarsi alla luce del sole.
    Trovò ad attenderlo lo stesso trio che lo aveva accompagnato ore prima. Shingo parve piuttosto sollevato, segno che aveva passato tutto il tempo a macerarsi nella preoccupazione. Benji lo scrutò dapprima con serietà, poi gli rivolse un ampio sorriso.
    La consueta aria paciosa conservava invece Lo Zio che, però, lo seccò all’istante senza troppi giri di parole

    Bentornato… esordì …non voglio fare il guastafeste ma mi corre l’obbligo di dirti che sei solo a metà dell’opera
  10. .
    ciao :)
  11. .

    [Parte 3]



    …sicuramente non ho capito bene… disse Shingo con aria minacciosa

    Spedire il fratello da solo in un luogo sconosciuto? Sottoterra? O Lo Zio aveva un pessimo senso dell’umorismo o aveva intenzione di mettere a dura prova la sua pazienza, pensò

    Oh si, hai capito bene. Parola mia fece l’uomo senza scomporsi

    E tu non dici niente?? domandò provocatoriamente il ragazzo rivolgendosi al diretto interessato, che dall’inizio della spiegazione era stato piuttosto taciturno

    …beh, io… immagino che si possa fare… rispose Shōta

    …ah, bene. Credevo che fossi diventato stupido ma mi sbagliavo… TI SEI COMPLETAMENTE RINCRETINITO!! berciò il fratello Tutta colpa di quell'Asashi! Ma che gente frequenti??

    Si chiama Asahi, non Asashi

    Asahi, Asashi... sai quanto me ne frega! Se mi capita tra le mani, lo annodo come una gomena!

    Su, su disse Lo Zio …è stata una giornata faticosa e siete entrambi molto stanchi. Sarà meglio riparlarne domani a mente lucida

    Dopo aver pronunciato queste parole, estinse il fuoco e i tre si ritirarono nelle rispettive camere.

    […]

    Il mattino seguente, Shōta, Shingo, Benji e Lo Zio si incamminarono di buon ora verso la macchia di bosco a occidente.
    L'Akimichi aveva optato per un abbigliamento che potesse rendergli più agevole la permanenza in un luogo che si presumeva potesse essere freddo e umido: pantaloni imbottiti impermeabili, scarponi da montagna con protezione al malleolo, abiti stratificati "a cipolla" e giubbotto impermeabile imbottito con cappuccio.
    Benjiro aveva faticato parecchio per far desistere gli altri dal proposito di seguirli. In particolare, Nyoko ci rimase malissimo perché sperava di poter incappare in chissà quali mirabolanti avventure. Più sobrio fu Taro che, contenendo temporaneamente la sua curiosità, si premurò semplicemente di fornire all’Akimichi un taccuino con una matita, strappandogli la promessa che avrebbe tracciato una mappa semplificata e che avrebbe segnato tutto quanto potesse ritenere interessante. Completarono la dotazione una lampada ad acetilene, un sacchetto di frutta secca e il Bō, benché l'utilità di quest'ultimo fosse dubbia poiché quasi certamente non ci sarebbero stati combattimenti da affrontare.
    Lungo il tragitto, Benji espresse ancora qualche riserva sulla decisione de Lo Zio

    Non la ritengo comunque una scelta saggia. Shōta è sotto la mia responsabilità e non posso permettere che gli accada qualcosa

    Credevo che su questo punto ci fossimo già chiariti rispose l’uomo finché non avrò portato a termine l'allenamento, Shōta sarà sotto la mia tutela. Quindi puoi ritenerti temporaneamente sollevato dalla responsabilità. E poi lui ha accettato di seguire le mie istruzioni volontariamente…

    …esatto rincarò la dose il ragazzo Stai tranquillo, Benji. Lo Zio è praticamente una persona di famiglia e non mi farebbe correre rischi inutili. Se ritiene che questo sia parte integrante dell’allenamento, devo farlo

    In effetti, dal momento in cui era passato sotto la “giurisdizione” de Lo Zio, di fatto Shōta aveva ricevuto una nuova regola da seguire. Quindi il suo atteggiamento non avrebbe stupito realmente chi lo conoscesse bene, Benjiro compreso. Le remore del capofamiglia erano dovute a sincera apprensione

    Sarà, ma la cosa non mi convince fino in fondo. Non sappiamo cosa possa esserci lì sotto…

    Shingo sbuffò ma evitò di fare commenti perché conosceva il fratello meglio di chiunque altro e sapeva che sarebbe stato tutto fiato sprecato.

    Dopo un buon quarto d’ora di cammino, i quattro iniziarono a inoltrarsi nella boscaglia, accompagnati dall’odore della resina e dallo stormire delle frasche agitate dal vento.
    Sotto la volta verdeggiante delle chiome degli alberi, ogni suono riecheggiava in modo caratteristico, dai passi attenuati sul manto erboso al cinguettio degli uccelli che creava un vero e proprio coro.
    Shōta alzò lo sguardo e lasciò che i suoi occhi si colmassero del luccichio dei raggi del sole, reso discontinuo dall’ondeggiare delle fronde

    Allora, qual è il punto preciso e perché ci interessa? chiese Shingo

    Più avanti c’è quella che sembrerebbe una grotta. Posizionandoti di fronte all’ingresso, ti ritrovi voltato a nord-est cioè pressappoco la direzione nella quale si trova il fragoleto replicò Benji …vi riporto testualmente la spiegazione di Taro: “non abbiamo opzioni migliori per raggiungere quel punto ma, sebbene in linea d’aria la zona disti appena un chilometro, il percorso reale potrebbe essere più tortuoso. Comunque, in base all’inclinazione del terreno, prima o poi la strada dovrebbe diventare parallela al corso d’acqua perché, se questo esistesse davvero, potrebbe solo essere una diramazione sotterranea di uno dei tanti fiumi che hanno la sorgente in Hekisui” fece una pausa c’è solo un piccolo problema…

    cv


    Nemmeno aveva finito di pronunciare queste parole che il gruppetto si ritrovò di fronte ad un’angusta cavità naturale aperta sul fianco di un piccolo poggio che si ergeva semplicemente come prominenza del terreno in un’area di nemmeno 100 metri quadrati.
    In realtà “aperta” non era il termine esatto da usare, poiché un masso di medie dimensioni ne ostruiva completamente l’entrata, lasciando intravedere solo in minima parte il buio retrostante dai margini irregolari non tappati con precisione

    …e questo è quanto concluse Benji

    Lo Zio non sembrò particolarmente impressionato

    Mi sembra un ostacolo sormontabile… osservò l’uomo prima di rivolgersi a Shingo …tu che dici?
    hmpf… fece il ragazzone …spostatevi

    Detto ciò, si avvicinò al masso, si abbassò piegando le ginocchia e posizionò le mani in modo tale da poterlo spingere verso l’alto. Quindi, con un moderato sforzo, cominciò a sollevarlo prima lentamente e poi tutto d’un colpo

    GRUOAAAHHH!!!
    sgms

    Nonostante fosse ben consapevole delle sue capacità, il fratello non poteva non rimanere esterrefatto ogni volta che una scena simile si produceva dinanzi ai suoi occhi.
    Shingo si girò allora di scatto e fece volare via il masso, che ricadde pesantemente rotolando per una decina di metri e arrestandosi contro il tronco di un albero.



    Mentre il ragazzo si allontanava sbattendo le mani per ripulirle dalla polvere, una folata di vento gelido proveniente dalle profondità insondabili dell'antro or ora scoperchiato investì in pieno il quartetto, quasi come se un soffio sinistro stesse alitando dalle fauci di una creatura mitologica

    Sei sempre convinto? chiese Benji a Shōta mentre i loro vestiti venivano violentemente percossi, così come le loro capigliature

    L'Akimichi lasciò che il proprio sguardo si perdesse nel buio della cavità. Poi rispose semplicemente Si

    Guardando anch'egli verso l'ingresso, così si rivolse a lui Lo Zio
    A giudicare da quanto mi ha raccontato Shingo, il livello di Controllo del Chakra che hai raggiunto sembra suggerire che il tuo lato magico sia rifinito quel tanto che basta per avvicinarti all'obiettivo. Tuttavia ritengo fondamentale che tu renda prima più salde le radici materiali incrementando il vigore del tuo fisico... ora vai e cerca di levigare questa roccia concluse.

    Senza aggiungere nulla, l'Akimichi iniziò ad incamminarsi nella grotta.

    [...]

    L’odore di muschio che lo aveva accolto agli inizi dell’esplorazione andò rapidamente scemando. Ad ogni passo, il fruscio del vento tra le foglie veniva gradualmente sostituito da un silenzio via via più ovattato, rotto solo dal rumore del composto grossolano di sabbia e frammenti di roccia che veniva calpestato. La luce naturale del sole dovette immediatamente essere rimpiazzata dalla luce artificiale della lampada che gli aveva dato Taro e che era stato costretto ad accendere poco dopo aver oltrepassato l’angusto ingresso.
    A mano a mano che si inoltrava nei meandri della spelonca, Shōta veniva come accolto in una sorta di abbraccio materno mentre senz’ombra di dubbio scendeva di diversi metri al di sotto del livello del suolo. Il percorso, inizialmente abbastanza regolare, cominciò a farsi sempre più arzigogolato e in più di un’occasione l’Akimichi dovette saltare da qualche gradino naturale, cosa che incrementò drammaticamente la profondità alla quale si trovava. In ogni caso, non dimenticava mai di aggiornare il proprio “diario di bordo” e la mappa che stava disegnando sul taccuino.
    Ad un certo punto fu costretto a stendersi a pancia in giù e a strisciare sul terreno per oltrepassare una zona nella quale il soffitto si abbassava almeno della metà per un tratto di cinque metri. Il terreno divenne molto viscido e, quando riemerse dall’altro lato, notò che aveva sulle labbra un sapore strano, argilloso. Accostando a sé la tremolante fiamma della lanterna, scoprì di essere completamente sporco di fango. Rivolse lo sguardo a terra e vide che il suolo era effettivamente fangoso da quel punto in poi. Poteva essere un buon segno?
    Un suono basso e costante, simile all’ululato lontano del vento, iniziò ad accompagnarlo. Ogni tanto veniva impreziosito dal rumore di una goccia che cadeva ed impattava sulla dura pietra, poi da un altro e poi da un altro ancora, i quali - ognuno con la propria sfumatura - finivano per formare una specie di sinfonia naturale.
    Alzando la lampada al di sopra del capo, vide che era circondato da stalattiti e stalagmiti di varie forme e dimensioni che, ad ogni movimento della fonte di luce, intrecciavano le proprie ombre imbastendo un teatro variegato sull’umida e lucida parete rischiarata dal bianco intenso della fiamma.
    Prima di procedere oltre, Shōta sentì la voglia irresistibile di indugiare in quel luogo per un po’. D’altra parte non poteva dire con certezza quando gli sarebbe ricapitata l’occasione di stare completamente solo, con la certezza di non poter essere disturbato da nessuno. Quindi si sedette per terra e posò la lanterna lì vicino.
    Osservando le formazioni calcaree che lo attorniavano, rifletté sulle considerazioni che avrebbe potuto fare Taro. Di sicuro gli occhi del biondino sarebbero luccicati se avesse potuto assistere a quella visione. Tenendo a mente ciò, segnò altri appunti sul taccuino e li adornò con qualche schizzo. Pensò che, nonostante le sue pessime doti pittoriche, la maestosità e la solidità della roccia emergevano ugualmente dai disegni. Questo pensiero si ricollegò immediatamente ad altri e, tastando i sassi irregolari sparpagliati qui e lì, l’Akimichi si ritrovò a cullarsi nell’ammirazione per ciò a cui la madre terra è capace di dar forma nel corso dei secoli. Data la posizione in cui era seduto, gli sovvenne il giorno in cui aveva scoperto la propria affinità con il Chakra Doton e, quasi per diletto, iniziò a sollecitarlo dentro di sé e poi a farlo scorrere dal basso ventre alle spalle, dalla testa alle mani e dal petto alle gambe. Tanto si fece assorbire da questo che, dopo un po’, iniziò a sentirsi di nuovo come nel sogno che aveva fatto il pomeriggio prima: solido, roccioso, tutt’uno con la nuda terra sotto di lui e la roccia compatta sopra di lui, come una montagna umana.
    Quando fu soddisfatto, si alzò e riprese il suo viaggio.
    Superato il primo gruppo di stalagmiti, incappò in un bivio. Abbastanza sicuro di star procedendo verso nord, decise di imboccare la via a destra perché, in mancanza di indizi particolari, era quella che aveva maggiori probabilità di condurlo verso nord-est.
    Qui la strada cominciò a restringersi e il terreno a divenire più asciutto e sabbioso. Non era un buon segno ma ormai si era avviato e, quindi, tanto valeva che proseguisse per vedere cosa c’era dopo… non l’avesse mai fatto!
    Di punto in bianco, udì uno scricchiolio che era assolutamente fuori luogo in una zona simile. Nemmeno il tempo di interrogarsi su cosa stesse succedendo che gli si aprì una voragine sotto i piedi e venne risucchiato dalla terra, mentre la lanterna gli cadeva di lato. Quando realizzò che doveva esserci un tronco di legno marcio o qualcosa del genere coperto dal terriccio, era troppo tardi. Già stava sdrucciolando con il sedere giù per una specie di angusto, fangoso e tortuoso scivolo naturale. I secondi preziosi persi a causa della sorpresa non gli permisero di frenare la discesa in alcun modo. Gli venne solo istintivo concentrare il Chakra nei piedi e questa si dimostrò una scelta avveduta perché, dopo una caduta di tre metri, impattò con il suolo.
    Non poteva vedere dove fosse perché la lanterna era rimasta sopra. Non udiva nulla perché nel luogo in cui si trovava non sembrava giungere alcun suono, né di aria né di acqua e il terreno era completamente asciutto.
    Insomma Shōta era solo, completamente al buio, intrappolato a decine e decine di metri di profondità nel sottosuolo.
  12. .
    ciao :)
  13. .

    [Parte 2]



    Shōta non poté credere ai propri occhi quando si trovò davanti l’imponente figura che riempiva e oltrepassava sia in larghezza che in altezza il pur ampio spazio d’ingresso.
    Era proprio lui… era davvero “Lo Zio”! (*)

    LZ2b

    Non era cambiato per niente rispetto all’ultima volta che l’Akimichi l’aveva visto. Solo il suo abbigliamento - un pesante impermeabile completo di cappuccio - e un grosso zaino da viaggio appoggiato sulla spalla sinistra risultavano inusuali. Non lo erano per uno che si era probabilmente dovuto fare un bel viaggio con quelle cattive condizioni meteorologiche.
    Guarda chi si vede! Il piccolo Shōta!
    Esclamò l’uomo con il suo solito fare pacioso e gioviale
    O, forse, adesso dovrei dire “il grande Shōta”
    specificò con una grassa risata

    Che ci fai… iniziò a dire il ragazzo, interrompendosi subito perché le buone maniere dovevano prendere il sopravvento …prego, entra! Non rimanere lì fuori disse quindi, mentre apriva anche la seconda anta della porta per allargare al massimo il passaggio

    eheh, grazie grazie replicò lui mentre, abbassando leggermente la testa, attraversava l’uscio a fatica e riemergeva dall’altra parte sotto lo sguardo stupefatto dei presenti - meno Shingo.

    Buonasera a tutti! Perdonate l’intrusione a quest’ora

    Improvvisamente era calato il silenzio. Come nell’Un, due, tre, stella, ognuno era rimasto paralizzato nella posizione che stava assumendo poco prima. Denbe continuò a versare l’acqua in un bicchiere, finché questo fu colmo e il liquido cominciò a traboccare bagnando tutta la tavola.
    A rompere il silenzio fu Yua, che se ne uscì con una delle sue solite osservazioni strambe

    EEK! Shōta, ma chi è questo?? Ti somiglia!!

    L’omone si girò verso l’Akimichi. L’Akimichi si girò verso l’omone. Si squadrarono per un paio di secondi, poi si voltarono entrambi verso la ragazza e risposero in coro

    Che stai dicendo? Non ci somigliamo per niente

    A quel punto Benjiro scoppiò a ridere e l’atmosfera si distese immediatamente

    ahahah ti prego di perdonarli, sono una banda di teste di legno. Comunque io sono Benjiro, puoi chiamarmi Benji! Lei è Kimiko e loro…
    Cominciò a fare l’elenco dei membri della famiglia. Lo Zio lì salutò uno ad uno, poi disse

    Piacere mio! Io sono… beh, potete chiamarmi semplicemente “Lo Zio”, ormai ci sono abituato!

    L’uomo infatti, oltre ad essere (per quanto ne sapeva l'Akimichi) un vecchio amico dei suoi genitori, era lo zio di Jona, amico d’infanzia di Shōta. Poiché come tale veniva identificato da tutti, alla fine cominciò ad essere soprannominato “Lo Zio” e così era conosciuto dalla maggior parte delle persone.

    Stavamo per metterci a tavola. Mi auguro che sarai nostro ospite! esclamò Benji

    E come potrei rifiutare l’invito? replicò l’uomo. Poi vide che si stava avvicinando Shingo

    Oh, Shingo! Visto? Appena hai scritto la lettera, tempo un paio di giorni e Lo Zio è arrivato!

    Se non fossi arrivato con le tue gambe, sarei venuto a prenderti io… fece quello

    Sempre di ottimo umore, vedo! concluse l’omone ridendo

    […]

    La cena fu molto allegra, come si poteva immaginare. Lo Zio mangiò solo come tre persone messe insieme… si stava trattenendo per non svuotare completamente la dispensa.
    Dopo mangiato, si sedette sul divano del soggiorno (sufficiente solo per lui) e iniziò a raccontare storie, mentre tutti stavano seduti a terra intorno in un semicerchio, ascoltando con curiosità. Era stato anche acceso il camino per contrastare il drammatico abbassamento della temperatura che c’era stato durante il giorno.
    Ad un certo punto, molti crollarono per il sonno e furono costretti a desistere.
    Quando Benji e Kimi andarono a preparargli una camera per la notte e lo lasciarono solo con Shōta e Shingo, Lo Zio si rivolse all’Akimichi più giovane

    Allora, non mi chiedi come vanno le cose a Jona? gli domandò

    Lo so già. L’ultimo scambio epistolare lo abbiamo avuto tre mesi fa e mi disse che il locale stava andando benone, non è così? ribattè l’Akimichi

    Eccome, eccome! disse Lo Zio Anzi, il mese scorso abbiamo ampliato la cucina costruendo un forno di tipo più avanzato. Vedessi che fiamme! fece, spalancando gli occhi

    Fuoco e fiamme, eh? commentò l’Akimichi sospirando. Ricordava bene cosa c’era scritto sul biglietto che aveva trovato quella volta Jona nel biscotto della fortuna: “nel tuo futuro ci saranno fuoco e fiamme”.
    Lì per lì l’avevano interpretato male entrambi ma il destino sembrava aver voglia di accontentare Jona, facendo in modo che coronasse il sogno di impiegare le sue fenomenali doti culinarie in un vero locale.
    In seguito alla disgrazia che aveva provocato la partenza dei fratelli Akimichi, Shōta aveva temuto il peggio, dando per certo che anche Jona fosse rimasto coinvolto. Bisognava vedere la faccia che fece quando, un anno dopo, ricevette da lui una lettera con la quale lo informava di stare bene!

    Abbiamo anche dei tavoli all’esterno, vista fiume, una delizia! rincarò la dose Lo Zio, unendo i polpastrelli della mano destra, poggiandoli sulla bocca e separandoli di colpo mentre faceva schioccare le labbra come se simulasse un bacio. Devi venire a trovarci qualche volta

    Non mi dispiacerebbe. Magari, se un giorno dovessi diventare Chunin, potrei passare… oppure potrei farmi accompagnare

    Bene… bene… disse l’uomo, guardando pensieroso la fiamma che crepitava dimenandosi nel caminetto
    …ma adesso veniamo al motivo del mio arrivo… Immagino che Shingo ti abbia anticipato qualcosa…

    …ti riferisci all’apprendimento delle tecniche segrete del clan Akimichi? fece lui …e quindi sei tu “la persona più adatta a farmi da guida”?

    Ah, è così che mi ha definito? chiese lui, divertito

    Beh, non sono così stupido da non riconoscere che mi mancano le qualità per fare da insegnante a qualcuno replicò Shingo

    Per la pazienza nel seguire gli allenamenti e nello spiegare la teoria, così ha detto. Ma c’è della teoria da conoscere? Io sapevo solo che, almeno per il metodo di papà, avrebbe dovuto esserci prima o poi un livello più avanzato dell’allenamento che facemmo nella palestra ad Hekisui… non è così?

    Si a entrambe le domande, ma andiamo con ordine rispose Lo Zio, inserendo un altro pezzo di legno nel camino, quasi a voler dire che non era ancora arrivato il momento di andare a dormire e che, anzi, il discorso andava rivitalizzato

    Partiamo dalla teoria perché questa parte la potremmo esaurire stasera stessa… si guardò intorno con circospezione …anzi, ci conviene approfittare della calma che c’è ora. C’è sempre un bel po’ di caos qui da voi, eh? sottolineò con ironia

    Partiamo dalle basi. Come hai imparato in Accademia, il Chakra è il prodotto derivante dall’unione di energia fisica ed energia spirituale, o mentale se preferisci. Il fatto che siano queste le sue due componenti principali basta a spiegare in molti casi il fallimento di un Ninjutsu: infatti, se l’utilizzatore è stanco o il suo status è alterato da qualche sostanza, verranno meno le energie fisiche; se invece l’utilizzatore non è concentrato, non ha abbastanza esperienza o è emotivamente turbato, saranno le energie mentali a venire meno. Ma la quantità non è l’unica cosa che conta, poiché per utilizzare un Jutsu è necessario che il prodotto ottenuto venga dosato e controllato con precisione. Se questo secondo passaggio non viene eseguito nel modo giusto, una buona parte del Chakra impastato resta inutilizzata.
    Ora, da questo possiamo trarre due conseguenze. Innanzitutto, che le riserve di Chakra possono essere incrementate irrobustendo il proprio corpo, ampliando le proprie conoscenze e avendo cura del proprio spirito. Che l’irrobustimento del corpo sia un modo basilare per incrementare le riserve di Chakra è dimostrato dal fatto che mangiare è la via più semplice per ripristinare le proprie energie, così come dormire. Se così non fosse, nessuno sarebbe mai in grado di combattere una seconda volta, non ti pare?


    …hmm annuì il ragazzo, al quale il discorso sembrava fin troppo lineare

    La seconda conseguenza è che più una tecnica è complessa, più richiede tanto una grande riserva di Chakra quanto un elevato controllo dello stesso. E anche una stessa tecnica può comportare un minor dispendio di energie se il controllo del Chakra dell’utilizzatore migliora.
    Ora prova ad immaginare una tecnica che, da un lato, richieda un grande controllo del Chakra e, dall’altro, sia profondamente legata alla parte più fisica e materiale del tuo essere…


    …AH! esclamò Shōta

    …vedo che stai cominciando a intuire qualcosa… e infatti qui veniamo al clan Akimichi…

    Fece una pausa per gettare un altro ciocco nel camino. In verità la fiamma era ben lungi dal morire. Forse voleva dare al ragazzo il tempo di elaborare le informazioni? O aveva solo intenzione di creare un po’ di suspence?

    I membri del clan posseggono dei corpi che hanno una particolare predisposizione, naturalmente da sviluppare mediante l’allenamento: la capacità di trasformare le calorie in Chakra. Questo vale per le calorie considerate sotto qualunque forma, tanto come glucosio in circolazione nel sangue quanto come lipidi accumulati nel tessuto adiposo. Questo vuol dire che un Akimichi può avere un surplus di Chakra sia mangiando che attingendo alle proprie riserve di grasso ma non ti ingannare:
    CK
    il Chakra in più che andrà a sviluppare sarà fortemente sbilanciato verso l'energia fisica a scapito di quella mentale e quindi non potrà essere utilizzato per tutto, come accade normalmente. Questo perché, come ti accennavo, di base è fortemente radicato nella parte più fisica e materiale dell’essere ed è per questo che potranno beneficiarne solo la forza fisica e particolari tecniche che condividono con esso questa caratteristica: le tecniche segrete del Clan, appositamente sviluppate.


    Il discorso sembrava filare e Shōta ebbe l’impressione di essere riuscito a comprendere tutto

    Dal tuo sguardo mi sembra di capire che non ci sarà bisogno di ripetere tutto daccapo, bene. Di fatto, potremmo sintetizzare il tutto come un doppio passaggio: dalle calorie al Chakra e dal Chakra alle tecniche. A questo punto, mi corre solo l’obbligo di sottolineare che le tecniche del clan richiedono un grande controllo del Chakra proprio per il semplice motivo che, a monte, richiedono un grande controllo delle calorie…

    Molto stranamente Shingo, che fino a quel momento era rimasto in silenzio, intervenne

    …agli inizi, se il tuo controllo delle calorie non dovesse essere ancora abbastanza raffinato, ci sarebbe una soluzione, una “scorciatoia”…

    Lo Zio lo fermò subito
    …aspetta, Shingo. Meglio non correre, affollandogli la testa con troppe informazioni… di questo se ne potrà parlare anche in un secondo momento... per ora la spiegazione si conclude qui. Adesso bisognerà passare dalle parole ai fatti e qui… fece una pausa guardando il fuoco …beh, non sono tuo padre… posso solo prometterti che farò del mio meglio

    Seguirono alcuni secondi di silenzio, poi l’uomo riprese

    Ho saputo che ultimamente non ve la passate benissimo, eh? Ve ne stanno succedendo di tutti i colori

    …hmpf… e allora? chiese Shingo, mostrandosi contemporaneamente spazientito e sorpreso per l’apparente cambio di discorso

    Tranquillo, non voglio farmi i fatti vostri. Semplicemente, prima a tavola Benjiro mi ha spiegato cosa è successo stamattina e come pensa di rimediare organizzando una piccola compagnia che vada in avanscoperta sottoterra…

    …torno a ripeterti: e allora?

    E allora, per la buona riuscita della prima metà dell’allenamento, io credo che non vada formata nessuna compagnia.
    Lì sotto dovrà andarci Shōta. Da solo.


    Ho aggiornato la lista dei PNG con gli antagonisti e i personaggi del passato. L’ho inserita anche nella scheda narrativa
    (*) personaggio comparso in “FAT CLUB” - parte 5


    Edited by Shitsubo - 2/4/2024, 14:16
  14. .

    Scheda narrativa
    Narrato
    Parlato Shōta
    Parlato altrui (vari colori)

    PNG DEL PRESENTE

    Benjiro KM SNG  
    Y NK SZ DNB 
    KD TR DK HS 
    mrm cp-lt-mr   


    PNG DEL PASSATO

    MM PP   
    JN LZ KZ YZ 




    [eventi precedenti: Quando girano le pale...]



    [Parte 1]



    Seduto immobile sul pavimento con le gambe incrociate e le mani appoggiate sulle ginocchia, Shōta si beava del quasi totale immobilismo che era riuscito a raggiungere. Il mal di testa era ancora presente ma andava via via scemando, quasi come se venisse scaricato a terra con tutto il peso del corpo. A dire il vero, anche una certa sensazione di freschezza sulla fronte e attorno alle tempie contribuiva a farlo stare meglio. Era come un venticello fresco… che diventava sempre più fresco… freddo… un po’ troppo freddo.
    Si voltò per vedere da dove provenisse ma, con sua grande sorpresa, scoprì di essere circondato da una specie di fumo (o era nebbia?) che gli oscurava la visuale.
    Provò quindi ad alzarsi ma non ci riuscì.
    Si sentiva molto pesante… troppo pesante… immensamente pesante… praticamente radicato nella terra.
    Era forse rimasto seduto troppo a lungo? Eppure le gambe non gli formicolavano neanche un po’.
    Improvvisamente, la presunta nebbia cominciò a diradarsi e davanti ai suoi occhi si aprì un vasto e variegato paesaggio nel quale, come tante formiche, si muovevano in lontananza decine di persone… e lui le vedeva dall’alto. Quella non era nebbia, erano nuvole. Si trovava dunque su una montagna? No…
    Era lui la montagna.
    ….
    ……..
    …………
    Si svegliò di soprassalto. Rimase rintontito per qualche secondo. Non gli capitava spesso di fare dei sogni e, quando succedeva, non erano comunque così strani.
    Si voltò verso la finestra e vide che era tardo pomeriggio. Dopo la tempesta di quella mattina, aveva smesso di piovere. Probabilmente non da molto ma non poteva esserne sicuro perché aveva dormito per chissà quante ore.
    Si alzò e andò a sciacquarsi la faccia, poi si recò nel soggiorno. Lì non c’era nessuno ma dall’esterno provenivano delle voci. Aprì quindi la porta d’ingresso e uscì nella corte antistante.
    La temperatura era scesa di un bel po’ e gli venne spontaneo massaggiarsi entrambe le braccia contemporaneamente.
    Al termine del cortile notò Shingo e Benjiro girati di spalle ad osservare l’orizzonte

    Benji! Bro! Che state facendo? urlò loro per farsi notare.

    I due si voltarono e gli fecero segno di raggiungerli. Lui attraversò rapidamente la corte.

    rbw

    Non appena fu vicino a loro e poté condividerne la prospettiva, capì cosa aveva catturato la loro attenzione. Passata la pioggia, uno spettacolare arcobaleno - reso ancora più suggestivo dalle sfumature del tramonto - si era fatto strada tra le nuvole e sembrava puntare dritto alla zona boschiva a ovest. Gli altri ragazzi erano tutti appoggiati a una delle staccionate superstiti per godersi la vista

    Che spettacolo… commentò l’Akimichi, non nascondendo a se stesso che aveva una gran voglia di raggiungere quella dannata staccionata per appoggiarsi lì accanto a Kaede e rimirare il panorama in sua compagnia

    Già… rincarò la dose Benjiro …e sembra un segno del destino…

    Che vuoi dire? fece lui

    Lo capirai tra poco. Stavo giusto per chiamare Sanzo e Taro e chieder loro di accompagnarmi in un certo posto. Vuoi venire anche tu?
    Shōta annuì
    Bene, allora aspettami qui soggiunse Benji mentre si incamminava verso i ragazzi.

    Appena non fu più a portata di voce, Shingo - il quale pareva si stesse tenendo dentro qualcosa da un pezzo - rivolse una domanda a bruciapelo al fratello

    Shōta, vuoi apprendere le arti del clan?

    Il paffuto consanguineo rimase attonito. In una frazione di secondo passò dal pensare “ma come gli viene in mente così all’improvviso?” al pensare che forse il fratello lo conosceva meglio di quanto desse a vedere, poiché probabilmente aveva intuito il suo desiderio di diventare più forte per essere in grado di difendere chi gli era caro. E tutto questo senza sapere cosa gli avesse detto Asahi da Ichiraku (cosa che l’Akimichi aveva tenuto per sé, trattandosi della confessione intima di un amico).

    Quindi rispose solo E me lo chiedi?
    Ma, nel giro di pochi secondi, come se fossero dei piranha rimasti in agguato fino a quel momento, tutti i dubbi possibili e immaginabili gli si affacciarono alla mente: era realmente pronto? E il “livello più avanzato di allenamento” cui aveva accennato il padre all’epoca? Dopo la scomparsa del genitore, non aveva mai più avuto la possibilità di saperne qualcosa.
    Anche qui sembrò che Shingo gli avesse letto nel pensiero

    Secondo me sei pronto già da un po’ ma non posso dirlo con certezza. Per questo ci sarebbe bisogno di una persona più esperta e più adatta di me a farti da guida…
    Anticipando una possibile smentita da parte del fratello, si affrettò ad aggiungere
    …sono consapevole dei miei limiti, cosa credi? La mia scarsa propensione per la teoria e la mia poca pazienza mi renderebbero un pessimo insegnante… tuttavia credo di avere la soluzione… poi si voltò verso Benjiro, Sanzo e Taro che avevano formato un capannello poco distante
    …tempo al tempo. Adesso vai a vedere cosa hanno da dirti quei tre e vedi se l’idea ti convince. A me l’hanno già spiegata e non sembra malaccio... a patto che Sanzo ci abbia visto giusto, si capisce… concluse ritirandosi in casa.

    Non appena Shōta ebbe raggiunto il trio, Benjiro venne al dunque

    Bene, ci siamo. Sanzo, puoi farci strada?

    Certo, Benji! replicò il longilineo Si tratta di un posto familiare per tutti voi e in particolare per Shōta, che tempo fa ci ha vissuto una piccola disavventura

    L’Akimichi non comprese immediatamente di quale posto si trattasse ma non chiese delucidazioni in merito perché si erano già messi in marcia.
    Nella frescura della sera, fringuelli e usignoli sembravano accompagnare il calar del sole, mentre l’arcobaleno si faceva via via meno intenso. I tre procedevano tranquilli mentre ogni passo dava come un piccolo schiaffo sull’erba bagnata che, talvolta, si infilava nei sandali inumidendo i piedi.
    A metà del tragitto, Shōta capì che erano diretti al fragoleto. O, meglio, quello che era stato un fragoleto prima che la carta bomba piazzata dagli sgherri di Muramoto lo facesse saltare in aria rendendolo inservibile.
    Arrivati sul luogo dell’esplosione, Benjiro disse All’inizio non ce n’eravamo accorti ma pare che in questo punto ci fosse sempre stata una piccola fessura nel terreno. La detonazione deve averla squarciata rivelando una profondità maggiore di quella che ci si potrebbe aspettare in un posto simile

    Quindi indicò verso il basso. Shōta si mise a quattro zampe e spostò il terriccio bagnato che aveva otturato parzialmente la fessura. Non era più larga di 10 centimetri e all’interno vi era il buio assoluto

    Non vedo niente. Perché ci interessa?

    Perché è possibile che qui sotto, a chissà quale profondità, ci sia dell'acqua. Forse un torrente

    Questa si che era una notizia non da poco

    Ma non c’è nessun indizio, come fai a dirlo? domandò dubbioso l’Akimichi

    L’ho sentita disse Sanzo, intervenendo nella discussione.

    Non era una dichiarazione da prendere sotto gamba quella. Il longilineo, infatti, aveva un udito a dir poco fenomenale. Tutti sapevano che solo il naso di Nyoko poteva competere con l’orecchio di Sanzo. Se diceva di aver sentito l’acqua, c’era da crederci.
    Tuttavia, dopo un gesto di Benjiro, il ragazzo si mise anch’egli a quattro zampe e poggiò il padiglione auricolare sulla fessura. Allora tutti rimasero in religioso silenzio.
    Quasi come se stessero assistendo ad una ripresa dinamica in soggettiva, gli altri tre ebbero l’impressione di poter vedere la concentrazione di Sanzo che, come una serie di cerchi concentrici, partiva dall’orecchio, tuffandosi nella fessura e scendendo sempre più in profondità, inoltrandosi in chissà quale abisso misterioso.
    A un certo punto, il ragazzo spalancò gli occhi

    Si, è così! Ne sono più che sicuro, ormai!

    Bene, poteva essere una buona notizia sotto diversi aspetti ma non era ancora chiaro se Benjro avesse in mente qualcosa di specifico oppure no

    A cosa ci serve saperlo? chiese l’Akimichi senza troppi giri di parole

    Dobbiamo sostituire il mulino a vento con un mulino ad acqua rispose altrettanto seccamente Benjiro

    A quel punto intervenne Taro

    Ricostruire il mulino a vento con i materiali che possiamo permetterci ora costerebbe troppo e renderebbe poco. Se qui sotto ci fosse una corrente d’acqua sufficientemente forte, invece, potremmo appoggiarci alla struttura rocciosa dell’ambiente e forse potremmo sfruttare la forza idraulica per muovere anche ingranaggi di altri tipo, ottenendo due piccioni con una fava. Purtroppo, però, mi è impossibile stabilire come stiano realmente le cose là sotto basandomi solo su ciò che ha sentito Sanzo. Bisognerebbe andare…

    E non possiamo dilatare la fessura introducendo delle scale o un'impalcatura per scendere? domandò Shōta

    Senza conoscere la conformazione del sottosuolo, no. Per quanto ne sappiamo, un intervento sbagliato da parte nostra potrebbe far crollare tutto. Senza contare che l’eco non permette nemmeno a Sanzo di stabilire con esattezza a che profondità si trovi l’acqua. Potrebbe trattarsi anche di 400 o 500 metri

    L’ipotesi di tirare una picconata a caso e precipitare in un abisso per centinaia di metri non sembrava molto allettante. Comunque il sole era ormai calato e si era fatta l’ora di tornare indietro, quindi Benjiro sospese temporaneamente la questione

    Più o meno nel punto in cui cadeva l'arcobaleno potrebbe esserci un ingresso ma è tutto da dimostrare. Dovremo organizzare una spedizione ed è più facile a dirsi che a farsi. Adesso torniamo a casa. Ci ragioneremo meglio

    [...]

    Mentre la preparazione della cena procedeva speditamente, il lungo tavolo di legno di quercia che di lì a poco sarebbe stato apparecchiato era diventato temporaneamente la base d'appoggio di mappe, carte, libri, appunti e roba varia. I ragazzi vi si erano riuniti intorno e cercavano di ragionare su come si potesse fare per raggiungere quel luogo.
    A un bel momento, si sentirono pesanti colpi sulla porta d'ingresso. Qualcuno stava bussando.

    Aspettiamo qualcuno? chiese Shōta

    Vai ad aprire replicò Shingo

    L'Akimichi lasciò le carte e si avvicinò all'ingresso. Tolse la catenina e fece scorrere lateralmente una lamina di metallo.
    Aprì la porta e si trovò davanti l'ultima persona che avrebbe mai pensato di poter incontrare quella sera

    Tu??

    PQ in 6 parti per lo sblocco dell’arte segreta


    Edited by Shitsubo - 1/4/2024, 18:37
  15. .

    Scheda Shōta



    Narrato

    Parlato Shōta
    Parlato altrui 1
    Parlato altrui 2
    Parlato altrui 3
    Parlato altrui 4
    Parlato altrui 5
    Parlato altrui 6


    [Parte 3 - finale]




    Tra i vari effetti collaterali della distrazione giornaliera ci fu l’essersi dimenticato gli occhiali da sole sul naso per tutto il tempo che aveva trascorso nel mulino, ambiente che non li rendeva certo necessari, né utili.
    Appena ebbe messo piede fuori dalla porta, Shōta se li tolse e li infilò in tasca. Non gli sarebbero serviti.

    wndtr
    Il cielo era completamente annuvolato, la temperatura era scesa sensibilmente e iniziò a cadere persino qualche goccia di pioggia. Il vento era diventato abbastanza forte da far appiattire l’erba, piegare gli alberi e far volare via una gran quantità di foglie.
    Nel giro di pochi minuti si era scatenata la fine del mondo e senza alcun preavviso.
    Le maniche e i lembi della larga maglia venivano percossi con violenza mentre osservava il cielo. Taro e Daiki lo raggiunsero e si fermarono lì, non meno stupiti di lui

    Com’è possibile? Avevo intuito che non sarebbe stato sereno per tutto il giorno ma il cambiamento è stato troppo repentino

    La pala del mulino ormai girava a velocità sostenuta

    Non importa… disse l’Akimichi …non abbiamo tempo per giocare a fare i meteorologi. Dobbiamo tornare subito indietro

    Dopo aver pronunciato queste parole, iniziò a correre verso la cascina mentre i due facevano altrettanto.
    Come un trio di Shinobi in missione, con le braccia distese all’indietro, correvano e correvano come dei forsennati.
    Le raffiche li sferzavano impetuose mentre le sparute gocce di pioggia sbattevano sui loro volti infrangendosi in decine di minuscoli schizzi. Le suole delle loro scarpe lasciavano profonde impronte nel terreno, dal quale si sprigionava con intensità il petricore

    Shōta, ma perché stiamo correndo a casa adesso, me lo spieghi? chiese Taro

    È troppo lungo da spiegare rispose lui

    In quel momento, un lampo alla periferia del campo visivo attirò la sua attenzione. Continuando a correre, si voltò a destra, verso settentrione.
    Per un breve istante, ebbe una percezione profondamente negativa. Da nord est ululava il grecale, recando seco un’aura minacciosa e carica di ira funesta. Aggrottò le sopracciglia. Probabilmente se lo stava solo immaginando

    Sbrighiamoci disse mentre, senza formare il sigillo della tigre per lo Shunshin, infondeva una massiccia dose di Chakra nelle piante dei piedi e, sprigionandolo ad ogni passo in maniera controllata, respingeva il terreno accelerando di colpo l’andatura.
    Daiki lo osservò per un istante, poi tornò a guardare avanti con un sorriso misto di compiacimento e rassegnazione

    hmpf e così hai imparato a farlo anche tu… non mi potevo aspettare altro da te

    Quindi procedette a fare la stessa identica cosa per stare al passo con lui e, inevitabilmente, Taro rimase indietro

    No! Aspettate, non correte così!

    […]

    Ben presto i due furono in dirittura d’arrivo. Per guadagnare tempo, ignorarono tutti i disastri che il maltempo stava provocando e passarono dal lato posteriore della cascina, dove c’era la porta-finestra della sala da pranzo che dava a nord. La spalancarono e attraversarono di corsa la stanza. A quel punto Daiki rallentò il passo perché si rese conto di non essersi realmente posto il problema di dove stessero andando e per fare cosa.
    L’Akimichi si precipitò su per le scale e si diresse nella sua camera. Aprì di botto la porta e vide esattamente quello che temeva di vedere: Hisa non c’era più e la cassa di legno su cui stava pregando giaceva a terra aperta, vuota

    Adesso mi spieghi che succede?

    Intanto li aveva raggiunti anche Taro, distrutto per la corsa a perdifiato

    *ANF* è quello che *PANT* vorrei sapere anche io *GASP*

    Anche se sembra assurdo, credo che l’albero di trasmissione l’abbia preso Hisa, o meglio… “Essa”

    I due trasalirono

    “Essa”?? Vuoi dire…

    …vuoi dire che è “partita”, vero?

    Shōta rimase in silenzio e fece segno ai ragazzi di fare altrettanto. In questo modo, tra gli ululati del vento, poterono percepire con chiarezza che dal tetto della cascina proveniva una cantilena infantile

    …si… è “partita”… annunciò gravemente mentre uscivano dalla stanza e prendevano a correre giù per le scale.
    Hisa aveva una doppia personalità che si manifestava raramente e in maniera apparentemente casuale. Non era chiaro se l’ospite (indesiderato) avesse un nome oppure no ma la ragazza la chiamava semplicemente “Essa” e pare che in tal modo parlasse di sé in terza persona, quando prendeva il sopravvento. In ogni caso, la sua comparsa era sempre associata ad eventi nefasti.
    I ragazzi arrivarono al centro della corte, si voltarono e alzarono la testa.
    Sul tetto quasi piano spiccava il palo conficcato chissà in che modo tra le tegole. Attorno ad esso, manco fosse una sorta di totem, Hisa era intenta a compiere una specie di macabra danza rituale. Con gli occhi vacui fissi dinanzi a sé, girava in tondo e faceva ondeggiare le braccia e le mani, mentre la larga veste bianca svolazzava a destra e a manca in balìa delle raffiche di vento.
    Era uno scenario apocalittico



    Daiki esplose

    Che ti dicevo?? Quella è fuori come un balcone!!! Avremmo dovuto cacciarla a calci in c**o già da parecchio tempo!!

    Shōta non ebbe il tempo di replicare alcunché perché un potente fragore seguito da uno schianto annunciò che da qualche parte si era spaccato qualcosa di grosso.
    Mentre un lampo illuminava la zona, il trio assistette impotente alla sequenza di eventi che si produsse nel giro di pochi secondi.
    Spinta dal vento, con un rombo terrificante la ruota del mulino si stava dirigendo a tutta velocità verso la cascina. Fracassò due staccionate e un recinto, sembrò passare al rallentatore accanto al tetto piegando ancora di più le vesti di Hisa con lo spostamento d’aria e terminò infine la sua corsa sventrando una cisterna piena d’acqua.
    C’erano danni per decine di migliaia di Ryo.
    Taro iniziò a tremare come una foglia

    S-shōta! Ti prego f-falla scendere prima che t-torni Shingo oppure la spedirà in infermeria p-per due settimane!!

    Era troppo tardi. Shingo era già lì, in piedi alle loro spalle.
    Con uno sguardo omicida attraversato da bagliori luciferini, si rivolse al fratello senza nemmeno guardarlo in faccia

    Tre minuti… ti do tre minuti per farla scendere con le buone, poi procederò a modo mio…

    Roger…

    Che giornata di me**a - pensò l’Akimichi mentre concentrava il Chakra nei piedi per garantirsi l’adesione necessaria a permettergli di scalare la parete.
    Iniziò a salire parandosi il volto dal vento con l’avambraccio destro.
    A metà del tragitto, una trave di legno marcia scagliata come un proiettile gli arrivò addosso. Fedele persino in quella situazione al principio paterno della “montagna umana”, irrigidì il deltoide a tal punto che, impattando esattamente nel punto centrale dove era più fragile, la trave si spezzò in due rilasciando nell’aria decine di schegge.
    Arrivato al bordo del tetto, fece capolino con la testa. Hisa stava ancora danzando. Appena fu girata di spalle, con un ultimo sforzo si tirò su e le saltò addosso bloccandole le braccia per impedirle di reagire.
    Fecero un volo e caddero entrambi distesi sulle dure tegole.
    La ragazza sembrò svegliarsi da un lungo sonno

    …hmm… Shōta! Mi dispiace, Essa ha detto “se segui le mie istruzioni, Shōta guarirà”… io volevo solo che Shōta stesse bene…

    shhh… è tutto a posto… fece lui mentre le accarezzava la testa per tranquillizzarla

    […]

    Mezz’ora dopo, tutta la compagnia era riunita nel soggiorno a sud. I lavori erano stati sospesi e si faceva la conta dei danni mentre ognuno si asciugava come poteva. Hisa stava dormendo profondamente sul divano, con la testa appoggiata sulle ginocchia di Kimiko.
    Benjiro fu l’ultimo a fare ingresso in casa. Chiuse la porta e si tolse il cappuccio. Poi appoggiò l’impermeabile sull’appendiabiti all’entrata e si rivolse ai ragazzi

    Adesso che abbiamo messo in sicurezza tutto ciò che potevamo, ho qualcosa da dirvi
    Girò la testa
    A tutti disse guardando Daiki, che immediatamente si irrigidì

    Aspetta Benji, posso spiegarti!

    Il ragazzo dai capelli castani gli fece segno di star tranquillo

    La prima cosa che vi volevo dire è che con Hisa ci vogliono pazienza e molta attenzione, lo sapete… non è cattiva ma va “aiutata”…

    Shingo sbuffò ma Benji continuò come se nulla fosse

    …quindi è stata una grave imprudenza da parte di voi tre allontanarvi e lasciarla sola. Dovrei dire che mi meraviglio di Shōta ma non è così perché ho capito che in questi giorni ha qualche pensiero di troppo per la testa…

    L’Akimichi rimase in silenzio

    …ed è per questo che al mulino non ci ho mandato lui, bensì Daiki. E così veniamo al secondo punto… se qualcuno di voi si stava chiedendo come fosse possibile per una ragazzina esile come Hisa staccare a forza quel palo, la risposta appunto è che non è possibile. A staccarlo deve essere stato per forza qualcun altro. Poi “Essa”, forse per caso forse no, deve averlo trovato a terra. Se non avete ritenuto sospetto il fatto che stamattina stesse girando con una cassa di legno in braccio, non fatevene una colpa: siamo abituati al fatto che sia sempre in cerca di qualcosa da usare come “altare” per le sue preghiere.
    Ma torniamo indietro… nei giorni scorsi ho notato cose strane là intorno e ho iniziato a pensare che ci fosse lo zampino di Muramoto. Probabilmente, per un lavoretto di sabotaggio non avrebbe scomodato la sua guardia d’élite ma avrebbe usato bassa manovalanza. Per questo ho immaginato che non avrebbero agito fin quando io, Kimiko o Shingo fossimo stati nei paraggi. Così ho cambiato la turnazione e ci ho piazzato quello che, in questo momento, era l’elemento migliore tra i Genin
    si girò a guardarlo nuovamente …ma, come al solito, il tuo modo di fare altezzoso ti ha impedito di seguire una semplice direttiva, non è così?

    Anche il ragazzo dai capelli blu abbassò lo sguardo con aria colpevole e rimase in silenzio

    …e veniamo al terzo punto, che è quello più importante se tralasciamo le lezioni che dovreste trarre da quanto accaduto. Dovremo rimboccarci le maniche per mettere a posto ciò che è andato distrutto ma vi annunciò già che non ci sono abbastanza soldi per ricostruire il mulino a vento, quindi dovremo trovare una soluzione alternativa…
    Fece una pausa, si avvicinò alla finestra rigata dalla pioggia e continuò
    …forse è arrivato il momento di approfondire la scoperta di Sanzo. Tentar non nuoce.

    Ma di questo se ne sarebbe riparlato nei giorni successivi.

    Seguendo il ticchettio della pioggia, Shōta si abbandonò su una poltrona riflettendo su una serie di cose, non ultima la necessità di diventare più forte per aiutare la sua famiglia a fronteggiare le avversità. Pensò che non era un ragionamento tanto diverso da quello di Asahi, forse...

    Per il momento, aveva solo un gran mal di testa.
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