Tra sogni ed incubi

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    Ambientata dopo questa missione e prima di questo scontro

    "parlato" "Parlato altri(vari colori)"

    "Finalmente… Casa! "
    Erano già da un paio di giorni che lui e i ragazzi con cui era partito per konoha erano entrati nella parte più desertica del continente, eppure quello non voleva che il loro viaggio fossero giunte al termine… anzi! Condizioni climatiche estreme, variazioni di temperatura vertiginose e presenza di diversi animali letali per l’uomo sono tutte “fatiche” che si è sicuri di incontrare prima o poi tra le sabbie.
    Eppure la visione delle mura di Sunagakure riusciva sempre a ridare la speranza e a lenire la fatica dei viaggiatori, e così fu anche per la nostra carovana. Arrivammo dopo un tempo che mi parve infinito alle mura della città, dove un veloce controllo di riconoscimento ci permise di arrivare, materialmente, a casa.
    La missione da cui ero tornato mi aveva sfiancato mentalmente e fisicamente, per un paio di giorni avevo avuto problemi a dormire nella maniera più totale; ora riuscivo a dormire molto meglio, ma avevo continuato ad avere un sonno molto più inquieto e disturbato del normale. Era probabilmente causato sia dallo stress, che dalle scomodità dei numerosi viaggi che di recente avevo sostenuto.
    "Non vedo l’ora di andare a dormire nel mio letto! "
    Dissi con aria sognante. E magari anche dimenticarmi la missione che avevo appena svolto.
    Appena fui libero dalle grinfie delle guardie di confine, salutai i miei compagni di viaggio e mi incamminai da solo verso casa mia. Finalmente avrei potuto incontrare di nuovo i miei genitori, rilassarmi, allenarmi nel controllo della sabbia.
    Raggiunsi la porta di casa mia, Avvicinai la mano verso la maniglia per far scattare il meccanismo, ma fui bloccato da un brivido che mi percorse la schiena.
    E se la donna ragno fosse arrivata prima di me? E se li avesse sorpresi, sopraffatti, catturati, e poi avesse iniettato loro il suo veleno? E se fossero già morti?
    Quelle poche semplici domande bastarono per far sprofondare il mio cuore nel panico più totale. Le mie ginocchia si fecero molli, e immagini della taverna insanguinata fecero di nuovo capolino davanti ai miei occhi. Con il cuore in gola, feci scattare il meccanismo, e aprii la porta. Le luci erano accese, ma non sembrava esserci nessuno in casa. Feci qualche passo verso il salotto, quando all’improvviso sentii dal piano superiore dell’acqua che scorreva. Sembrava la doccia, ma chi è che si faceva una doccia a quest’ora? non i miei genitori di sicuro! Abbassai leggermente il mio centro di gravità, mentre il mio cuore sembrava volesse uscire dal petto. Lentamente, percorsi tutto il corridoio fino ad arrivare al salotto, il centro della casa. davanti a me c’era un piccolo bagno, alla mia destra le scale che portavano al piano superiore, alla mia sinistra la cucina. Proprio da lì mi sembrò di sentire un rumore metallico, qualcosa di simile ad una lama che veniva sguainata. Presi il coraggio a due mani e dissi ad alta voce
    "Sono tornato a casa..."
    Tempo cinque secondi, e dalla cucina uscì mia madre, con tanto di grembiule, e mi corse incontro per darmi un abbraccio caloroso!
    "Kyoshi! Che bello rivederti, come è andata la missione! Avessi saputo che saresti tornato ora ti avremmo lasciato libero la doccia, ma ci è appena entrato papà..."
    "Tranquilla mamma, non fa niente. Piuttosto, voi come state, tutto bene? Non vi è successo niente?"
    "No, non è successo niente…. perché me lo chiedi?"
    "Così tanto per…sai, sono un po’ stanco, quasi quasi mi stendo sul letto, poi scendo per cena e vi racconto tutto, ok?"
    "Certo, a dopo..."
    Disse, stranita. Quello non era il mio comportamento solito, e lo sapevamo entrambi.
    Salii le scale che portavano alla mia stanza, raggiunsi il mio letto e mi lanciai (letteralmente) sopra di esso. Solo allora mi permisi di lanciare un sospiro di sollievo, e di abbassare la guardia. Alzai le mani verso il soffitto. Non riuscivano a smettere di tremare.
    Evidentemente, i problemi a dormire non erano dovuti solo al viaggio. Come mai stavo ancora in ansia per quello che era, effettivamente, passato? Perché la mia mente mi aveva portato ad un qualcuno (qualcosa) che avevo, in un certo senso, già sconfitto? Dovevo pensarci, e anche in fretta, almeno per la mia salute mentale.
    Scesi solo quando mia madre mi chiamò per cena. L'atmosfera era calda e rassicurante, i miei genitori erano sani e salvi, e c'era in tavola il mio piatto preferito, ma mi sentivo sconnesso dalla realtà, con la testa altrove.
    Appena finito il dolce, mi ritirai in camera perché "ero stanco". In realtà, appena chiusa la porta mi sedetti nella mia scrivania e incominciai a stendere il rapporto che avrei poi dovuto presentare all'ufficio della Kazekage.
    Non tralasciai niente di quello che mi ricordavo, dalla presenza sospetta a dir poco del postino, all'attacco dei contadini, al climax della missione, il combattimento con la donna ragno. Conclusi con la fuga di quest'ultima, e con la sua promessa di vendetta.
    La mattina successiva mi alzai sudato fradicio e ansimante. Avevo sognato l’illusione che avevo vissuto durante la missione, ma stavolta c’era qualcosa di diverso, qualcosa, che mi dava speranza… un suono acuto, cha avevo già sentito da qualche parte. Non mi ricordavo dove, ma mi ricordavo che non c’era nell’illusione originale.
    Bastò un semplice sguardo all’orologio per constatare che fosse mezzogiorno… avevo dormito per quasi dodici ore. Va bene, scalerò i miei impegni dopo pranzo… Ma quali impegni? non avevo impegni… o sì? Sì, dovevo andare a scusami!
    Cominciai così la mia routine “mattutina”, composta da doccia, scelta outfit, controllo sommario del mio scarno equipaggiamento, e colazione. Solo che al posto della colazione, mi ritrovai di fronte ad un tavolo imbastito per il pranzo. Non che mi dispiacesse, in ogni caso. Finii rapidamente quello che avevo nel piatto, poi uscii di casa. Avevo una cosa molto importante da fare. O meglio, avevo una persona con cui scusarmi.
    Proseguii tra le strade dorate di Suna, tra la gente che si muoveva velocemente verso una meta a me sconosciuta, apparizioni tanto effimere nella mia vite quanto io lo ero nelle loro.
    Mi diressi rapidamente verso la parte residenziale, e nonostante non fosse stato facile ricordarsi la strada esatta, finalmente arrivai alla mia meta, una casa simile alle altre vicine ad essa, con un piccolo spazio che i più fantasiosi chiamavano “giardino” e un cancello che delimitava il tutta la sua estensione. Attivai il campanello, e aspettai una risposta. Ad aprire la porta c’era proprio lei, Atsuko. Era vestita con una semplice maglietta leggera, e con dei pantaloni lunghi. In ogni caso vestita meglio di me, in pantalonicini e maglietta, ma non era per una sfilata di moda che ero lì. Era cambiata, dall’ultima volta che l’avevo vista. Portava meno trucco, i suoi capelli biondi erano più corti, era più muscolosa e più abbronzata di un mese prima. Ma soprattutto, non copriva più la sua piccola cicatrice. Tutti i cambiamenti mi sopraffarono, e per un secondo non riuscii a dire parola.
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    "Kyoshi?!?"
    "Eh già, sono proprio..."
    Non riuscii a concludere la frase perché lei corse contro di me, abbracciandomi. Notai che si era alzata, ma rimaneva comunque poco più bassa di me.
    "Non ti fai vedere da un sacco, come stai? "
    "Io sto bene, non mi lamento. Un po’ di scontri, un po’ di missioni, il solito. Te, invece? Come?"
    "Anche io mi sono dedicata completamente alla vita del ninja… come mai sei qua? "
    "Ah, giusto, ti vorrei parlare..."
    "C’è qualcosa che non va?"
    "No, no, vorrei solo parlarti in privato"
    Lei mi guardò in maniera strana
    "Va bene..."
    Si girò e mi fece strada nella sua casa. Dopo poco entrammo in camera sua, e lei si sedette sul suo letto.
    "Quindi, che mi volevi dire?"
    "Beh, mi volevo solo scusare per quello che ho fatto l’ultima volta…ho agito senza pensare, e ho fatto una stupidata. Spero tu possa perdonarmi.
    Lei per rimase sorpresa dalle mie parole. Si alzò dal letto, fece qualche passo verso di me, poi mi diede la schiena e andò nella direzione opposta, poi si girò nuovamente verso di me. Mi squadrò attentamente, poi si sedette di nuovo, questa volta sulla scrivania.
    "Beh, questa non era una cosa che mi sarei aspettata di sentire! Tu... che ti scusi? la promozione a genin ti ha colpito come un leviatano del deserto! In ogni caso..."
    E con un colpo di reni si alzò in piedi
    "Non ero arrabbiata con te…non troppo. Alla fine, hai solo fatto finta di baciarmi… lo avessi fatto per davvero senza il mio consenso, mi sarei arrabbiata molto di più! "
    Sorrise imbarazzata. Non volevo neanche immaginare quanto dovesse essere faticoso stare vicino a Kyoshi se non si è Kyoshi.
    "Immagino che forse sarebbe meglio ricominciare da capo…
    mi avvicinai a lei, le tesi la mano e con voce solenne dissi
    "Piacere, sono Kyoshi, tu come ti chiami? La temperatura è perfetta per un tè freddo, ti andrebbe di fare una piccola gita in un bar a me caro?<b>
    "Sei così… imprevedibile a volte! "
    Rispose cercando di trattenere una risata
    "Ciao Kyoshi, il mio nome è Atsuko, e sì, sono davvero in vena di prendere un tè freddo!"
    Scoppiando infine in una fragorosa risata. Era cristallina.
    Sgattaiolando fuori dalla finestra della sua mansione, creammo due nuvole di sabbia, e ci sfrecciammo nell’aria rovente verso il mio bar preferito.
    Dopo neanche cinque minuti, arrivammo di fronte alla porta del bar. Entrammo, e come al solito il profumo delle erbe, dei dolci, e del leggero incenso usato come profumo mi riempì le narici. Ci avvicinammo al bancone, e attirammo l’attenzione di Anzai, che dopo aver finito di servire il cliente prima di noi, ci prestò tutta la sua attenzione.
    "Bentornato Kyoshi, vedo che ultimamente mi porti un sacco di amici… Bravo, continua così!"
    Scoppiò a ridere, poi incominciò a squadrare la mia compagna. Si stampò in bocca un sorrisetto che poteva solo dire che si era fatto un’idea sbagliata della situazione, e rivolse la parola ad Atsuko.
    "Molto piacere, mi chiamo Anzai, e sono il proprietario di questo bar… cosa posso portarvi? <i>"
    "<i>Per me un tè nero freddo, grazie!
    "
    "<b>Per me il solito, grazie… andiamo a sederci dai!

    Feci cenno ad Atsuko di seguirmi, ma Anzai ci fermò
    "Potrei interessarvi con una proposta? "
    Ci girammo nuovamente verso di lui, interessati
    "Kyoshi, te ti ricordi che ho da poco ristrutturato il soffitto di questo locale per essere una terrazza panoramica con i tavoli più separati, dare la possibilità a chi lo vuole di avere un po’ più di privacy? Forse te non ci sei ancora stato..."
    "In effetti no, non ci sono ancora mai stato
    "Un cliente ha appena disdetto il suo tavolo all’ultimo momento, e io piuttosto che lasciarlo così apparecchiato a prendere la polvere, lo darei a voi… che ne dite? "
    Qualcosa non mi convinceva, di solito chi prendeva un tavolo così esclusivo non lo abbandonava all’ultimo, ma c’era anche da dire che non era neanche impossibile.
    "Per me va bene, a te piace l’idea?
    "Mi piace molto! Andiamo! "
    Rispose lei tutta felice.
    Seguimmo un garzone fino a delle scale il cui accesso era delimitato da una spessa corda di tessuto molto fine, che fu tolta dall’entrata solo per noi. Dopo aver fatto un piano di scale, arrivammo in una terrazza con una vista panoramica stupenda. C’erano i soliti tavoli bassi, presenti anche nel piano inferiore, ma i cuscini qui erano molto più eleganti, sfoggiando un colore viola accompagnato da rifinitura rosso porpora. A completare il tutto, c’era una specie di ombrello gigante che seguiva lo stesso schema cromatico che copriva tutta la superficie della terrazza.
    Non era molto pieno, anzi se non fosse stato per un gruppo di tre persone sedute ad un unico tavolo, prima di noi quel posto sarebbe stato deserto.
    Il cameriere ci fece strada fino ad un tavolo vicino al bordo, poi si allontanò, tornando dopo neanche cinque minuti con i nostri ordini.
    Appena seduti, Atsuko mi guardò con un misto di sorpresa, ammirazione e domanda.
    "Io non ho ancora capito come hai fatto ad entrare nella zona vip
    "Neanche io lo so, credimi
    Ci guardammo negli occhi un secondo, poi scoppiammo a ridere. La situazione era passata da una veloce ed amichevole uscita, ad un qualcosa che sembrava più un appuntamento in un luogo elegante.
    "Prima hai accennato alle missioni che hai fatto fino ad ora. Come sono andate? In cosa consistevano?
    Chiesi senza pensare.
    Lei incominciò a parlare delle varie missioni che aveva fatto, che spaziavano dalla ricerca di un ladruncolo all’aiutare una vecchietta a cercare un fiore che cresceva solo in una piccola oasi del deserto.
    Io ascoltai interessato, sorseggiando contemporaneamente il mio tè e intervenendo a volte per chiarimenti o commenti (ovvero battute ironiche). Finii il suo discorso, e poi arrivò la fatidica domanda:
    "Te, invece? Che missioni hai fatto?
    In effetti quella era una domanda che avrei dovuto sapere sarebbe arrivata, eppure non lo feci, e ora pagavo pegno.
    "Oh, beh, io ne ho fatta solo una...
    Il mio sorriso sparì quasi istantaneamente dalla faccia, e lei se ne accorse, se ne accorse eccome.
    "Kyoshi, tutto bene?
    Non la volevo far preoccupare, quindi cercai di sminuire il problema. Forzai un sorriso sul mio volto, e le rispose in maniera energetica.
    "Sì, tutto bene… stavo dicendo, la missione che ho svolto era molto noiosa, sai niente di che, ho solo scortato un vecchietto da un piccolo villaggio a konoha.
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    Dissi, concludendo con un sorriso forzato. Atsuko, per un secondo non disse niente, prese un sorso del suo tè , e poi tirò un sospiro.
    "Sai qual’è il vantaggio di essere introversi come me? Che passando una marea di tempo a guardare la gente, incomincio a capire cosa provano. Attraverso ore e ore passate insieme, creo una specie di “comportamento medio” e poi continuo a mettere a confronto quello che stanno facendo con il loro modo di fare usuale. E sai quali sono le persone su cui questo funziona meglio? Sono quelle estroverse, quelle carismatiche, quelle sempre sotto i riflettori… quelle come te, Kyoshi.
    Si interruppe per avere un altro sorso di tè.
    "Da quando sei salito in camera mia, mi hai dato la sensazione che qualcosa non fosse a posto, però te sei sempre stato un po’ fuori dagli schemi, quindi non ci ho fatto troppo caso… però, come hai reagito ora, non lascia dubbi. Vuoi dirmi cosa è successo, oppure vuoi dire che va tutto bene, e continuare a mentire a me e a te?
    A quelle parole abbassai la testa. Aveva ragione, su ogni cosa. Ma era giusto renderla parte di quello che avevo visto? Decisi di mandare a quel paese tutto, e di aprirmi.
    le raccontai tutto, davvero tutto. Anche delle visioni. Anche del fatto che il ragno fosse scappato.
    Una volta concluso il mio discorso, finii tutto d’un fiato quello che rimaneva del mio tè.
    "E questa è la storia… tutta la storia
    Lei rimase in silenzio per qualche secondo. Poi tirò un sospiro
    "Capisco perché tu abbia avuto quei comportamenti, ma secondo me non è stato solo a causa delle illusioni che quell ibrido vi ha lanciato contro, ma anche e soprattutto perché ti ha messo in discussione. Ti conosco bene, so come ti consideri. Quindi credo che vedere che la tua paura sia proprio quella cosa che te hai giurato di non essere mai, ovvero in catene, e che sia così potente da metterti in stato di panico ti dia l’impressione che tu non sia completamente “libero”, giusto?
    "Sì, credo di sì...
    Aveva colpito nel segno con ogni sua parola, incredibile.
    "E perché te ne crucci? Non lo dici sempre te che la perfezione non esiste? Non eri te che ti vantavi di essere imperfetto, di avere dei difetti? Dov’è il ragazzo che mi ha convinto a smettere di coprire questa cicatrice? Senti, lo capisco che a volte capire di essere in crisi quando si incontra un ostacolo più grande di sé, specialmente con uno come te, che ha la tendenza a mettersi un po’ su un piedistallo. Ma non devi essere perfetto!
    Disse, in un crescendo di tono che sfociò in un urlo durante l’ultima frase.
    "...E comunque potevi evitarti la frase finale alla Kyoshi!
    Dissi, scoppiando a ridere insieme a lei. Le sue parole, forse anche grazie ad una sensibilità a cui non avevo mai fatto troppo caso, e che forse avevo sottovalutato, fecero risuonare il suo messaggio nel mio cuore, purificandolo da paure e preoccupazioni, facendolo tornare come era prima della missione.
    "Grazie Atsuko, mi ci voleva proprio. Dai, usciamo, ovviamente pago io!
    Ci alzammo dal tavolo e raggiunsi Anzai, mentre Atsuko si dirigeva fuori dal locale.
    "Anzai, quanto vuoi per tutto?
    "Per i tè niente, tranquillo… se invece vuoi avere un tavolo in terrazza sempre pronto per te, e pagare anche quello che hai occupato...
    Allungò una busta. conteneva una missione
    "Forse per te sarà anche semplice, ma nessuno si fa avanti per incarichi del genere, quindi.
    "Si può fare
    Risposi mettendo la busta in tasca.
    Successivamente uscii, e accompagnai Atsuko a casa. Fu una passeggiata piacevole, la mia mente era più libera ed io ero più sereno.
    Arrivati davanti al cancello di casa sua, ci fermammo.
    "Beh, grazie di tutto, e scusami ancora per quell’episodio.
    "Grazie a te della compagnia! E a proposito di quello...
    Disse, e prendendo il mio mento tra le mani ricreò la scena con cui ci eravamo lasciati l’ultima volta. o meglio, ci provò, perché a metà dell’opera arrossì vistosamente, lasciò andare il mio mento, e fece un passo indietro
    "Numi della Sabbia, che imbarazzo! Come fai a tenere una faccia seria mentre fai ste cose?
    Io rimasi un attimo imbambolato, ma mi ripresi subito
    "Oh beh, quello è molto semplice… si fa così!
    Dissi, e le presi dolcemente le spalle, per poi spostarla fino a che non si trovò spalle al muro. Infine, feci quello che feci anche l’ultima volta, ovvero avvicinarmi a lei per fare finta di darle un bacio, salvo poi tirarmi indietro tanto per il gusto di farlo. O meglio, così avrei fatto, se lei con uno scatto fulmineo non avesse chiuso la distanza tra le nostre labbra, facendole toccare. Ne rimasi sorpreso, ma poi chiudendo gli occhi mi feci trasportare da esso. Senza neanche pensarci, aprii leggermente la bocca e inclinai leggermente la testa. Era una sensazione… nuova. Molto piacevole… un po’ umida, ma non lo avrei cambiato per niente al mondo.
    Restammo in quella posizione ad esplorare questa cosa nuova ad entrambi per un tempo che sembrò infinito. Dopo, Atsuko mi spinse via leggermente, e rossa come un peperone, rientrò in casa salutandomi timidamente. Che strana quella ragazza…
    Fu in quel momento che intravidi con la coda dell’occhio Luna, il gatto della famiglia Atsuko, che mi osservava da poco lontano. Miagolò e se ne andò via, a farsi i fatti suoi.
    Quel miagolio però lo avevo già sentito… da qualche parte… no, era impossibile, dovevo sbagliarmi… Eppure...
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    "Chi sia io non è importante - è il mio messaggio ad esserlo."

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