[PQ] What are you so afraid of?

20 d.Z.

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    Piccole premesse alla PQ per chiunque dovesse valutarla/leggerla:

    1) E' da collocarsi tra questa pq e la missione. Lo scopo è narrare proprio come ho accettato la missione.

    2) Volevo usare una narrazione un po atipica per cui dei tre post che comporranno la PQ, due saranno narrati dalla prospettiva del mio PG (seijo) ed uno invece dalla prospettiva di un PNG, ossia Kishita-sensei.

    Spero sia una cosa fattibile ^^"


    CITAZIONE
    Narrato
    Parlato Seijo
    Pensato Seijo
    Parlato altrui

    Seijo Hoozuki




    Passeggiavo, pensieroso, per le vie di Kiri.
    Era ormai tardo pomeriggio ed il pallido sole che aveva accompagnato questa tiepida giornata stava ormai affossandosi nel mare, irrorando il villaggio con i suoi raggi arancioni che filtravano nella nebbia.
    Era avvenuto solamente un giorno fa: avevo stretto la mia mano attorno al collo di Kirara, durante il nostro ultimo allenamento. Kirara, la mia nuova amica. Beh, la mia nuova ex-amica.
    Pensavo a quanto sarebbe stato difficile farsi perdonare: non tanto per lo scusarsi in sè, quanto piuttosto per il fatto che ancora non riuscivo a non pensare con un certo godimento a quanto era avvenuto. Mi era piaciuto. Mi era piaciuto da matti vedere i suoi occhi farsi vitrei ed il suo volto impallidire sotto la mia stretta. Era stato bello esercitare in quel modo la mia supremazia fisica. Mi aveva fatto sentire il migliore e mi aveva garantito, nella mia testa, il posto di “miglior neo-genin del Villaggio della Nebbia”. Certo, questo godimento era stato ben presto sporcato dal senso di colpa: ricordavo con estrema precisione, come se avessi di fronte a me una fotografia di quel momento, i suoi occhi a fessura che mi fissavano increduli e ansimanti.

    SEI UN GRANDISSIMO IDIOTA!

    Mi aveva detto. E quelle parole non avevano smesso per un istante di riecheggiare al mio interno. E così, nella mia testa, ero ormai non solo il più promettente neo genin di tutta Kiri, ma anche il migliore idiota di tutto il Paese dell’Acqua. E meritavo appieno quel titolo: perché sporcare quell’allenamento in amicizia con quel gesto così crudele e brutale? Per vincere? Era questo il mio unico pensiero fisso? Era questo il prezzo da pagare per percorrere la via che desideravo mi portasse ad essere il migliore dei ninja di Kiri? Una vita in solitaria, incapace di tenere a cuore qualunque persona.

    Nonostante il rimorso, poi, non potevo che essere un poco amareggiato poiché Kirara in realtà ancora mi superava in qualcosa: lei aveva svolto la sua prima missione. Una missione livello D, certo. Ma almeno aveva svolto una missione e aveva reso i suoi servigi al Villaggio della Nebbia. Io non dovevo essere da meno e per questo, durante la passeggiata, mi venne in mente di recarmi all’accademia del villaggio. Lì, in un ufficio dedicato, era possibile consultare una bacheca contenente le missioni smistate e catalogate direttamente dagli uffici centrali amministrativi di Kirigakure. Avrei optato per una livello C. Certo, per iniziare sarebbe stato ben più consona una missione di livello D, tuttavia il racconto di Kirara il giorno prima mi aveva un poco abbattuto: durante la sua missione non era accaduto nulla. Si era trattato di un mero viaggio da un villaggio all’altro: niente pericoli, niente scontri, niente situazioni straordinarie. E per me, che agognavo confrontarmi con questo genere di cose, sarebbe stata una tortura eseguire una semplice missione di scorta. D’altro canto però le parole che Kishita-sensei mi aveva riservato alla fine del mio esame genin suonavano come un monito alle mie orecchie:

    Sei un ragazzo che arde dalla voglia di diventare uno shinobi eccezionale. Tuttavia, devi stare attento a non restare scottato dalla stessa fiamma dalla quali trai energia. Da oggi in poi camminerai su una corda molto sottile. Scivolare e perdere l'equilibrio sarà l'ordinario per te. La paura che si spezzi la tua compagna inseparabile di letto, come la luna con la notte.

    Così aveva detto. E seppure all’epoca non avessi compreso appieno le sue parole, sospettavo significassero che non dovevo lasciarmi impossessare dalla fiamma ardente che bruciava al mio interno, dalla mia smania di eccellere e di dimostrare il mio valore. Dovevo bilanciare al meglio questo mio ardore con la saggezza di chi vuole sopravvivere a lungo, eppure tutto questo sembrava decisamente fuori dalla mia personalità.
    Immerso in questo genere di pensieri giunsi in accademia, luogo che non avevo smesso di frequentare abbastanza assiduamente neppure dopo la mia promozione ufficiale al grado Genin. Mi sentivo comunque in qualche modo legato a quel luogo, come fosse un porto sicuro, e così lo frequentavo spesso anche solo per un allenamento.
    Entrai e percorsi i corridoi senza curarmi troppo della vita accademica che scorreva frenetica intorno a me. Raggiunsi l’ufficio della bacheca missioni e vi entrai per la prima volta nella mia vita. Al suo interno, proprio come mi aspettavo, trovai cinque grosse scrivanie differenti sulle quali erano poggiati altrettanti supporti contenenti alcuni rotoli disposti ordinatamente. Di fianco ai supporti, stanziavano dei registri entro cui era possibile iscrivere il proprio nome per prenotarsi.
    Un chunin che non avevo mai visto, dall’aspetto curato e giovane, mi accolse con un saluto militare e mi chiese di identificarmi tramite nome e numero di matricola. Assecondai la sua richiesta e mi presentai formalmente, prima di esplicitare il motivo per cui mi trovavo lì. Il chunin, di risposta, mi indicò la scrivania dedicata alle missioni di livello C ed io mi diressi proprio lì.

    Passai alcuni minuti a srotolare e arrotolare diversi rotoli, ma tutti quanti recavano al loro interno un grosso timbro rosso: ASSEGNATA.
    Niente, non era rimasta attualmente disponibile neppure una missione di livello C. Scossi la testa sconsolato e guardai il chunin fare spallucce mentre assisteva al mio sconforto.
    Decisi di non perdermi d’animo.

    Il fatto che a Kirara non sia successo nulla durante la sua missione livello D non significa certo che lo stesso debba accadere a me!

    Pensai per rincuorarmi, mentre posavo l’ultimo rotolo consultato e mi spostavo alla scrivania delle missioni livello D.
    La scena si ripetè identica: srotolai e arrotolai tutti i rotoli che il supporto conteneva, ma la gigantesca scritta rossa troneggiava in ognuno di essi. ASSEGNATA.
    Di nuovo sollevai lo sguardo e cercai il volto del Chunin, che stava seguendo le mie mosse con gli occhi. Fece una smorfia con la bocca, come a voler palesare il suo dispiacere ed unirsi metaforicamente al mio sconforto. Io, dal canto mio, non volevo certo essere biasimato ed inoltre mi ero ripromesso che non sarei uscito di lì senza una missione. Sotto lo sguardo attonito del chunin, posai l’ultimo rotolo della scrivania delle missioni livello C e mi spostai verso quello delle missioni livello B. Mi ero qualificato come neo-genin del Villaggio della Nebbia e questo doveva spiegare almeno in parte lo sbigottimento del chunin che mi seguiva curioso con lo sguardo: le missioni livello B erano decisamente fuori dalla mia portata!

    Di nuovo, presi a srotolare alcuni rotoli per leggerne il contenuto ma neppure questa volta la fortuna sembrava essere dalla mia parte: alcune missioni già recavano il tanto odiato timbro mentre altre ancora richiedevano servigi da parte di ninja ben più esperti di semplici genin.
    Stavo per abbandonare ogni mio tentativo quando per le mani mi capitò un rotolo blu con una texture a gocce. Lo aprii: la banda del ponte. Era questo il titolo della missione. Lessi brevemente il contenuto e notai con gioia come mancasse il timbro dell’assegnazione: significava che erano ancora disponibili dei posti. Finii la lettura ed ebbi così la seconda conferma di cui necessitavo: erano richiesti anche alcuni genin che, insieme ad un ninja più esperto, avrebbero composto il team operativo. Doveva trattarsi di un segno del destino: la mia prima missione sarebbe stata una livello B. Ma più ci pensavo e più si impossessava di me una qualche specie di timore impossibile da identificare. Presi a tremare, mentre tra le mani ancora stringevo il rotolo della missione, e mi vennero in mente le parole di Kishita-sensei:

    Da oggi in poi camminerai su una corda molto sottile. Scivolare e perdere l'equilibrio sarà l'ordinario per te. La paura che si spezzi la tua compagna inseparabile di letto, come la luna con la notte.

    Suo fratello era morto e lui aveva perso un braccio. Non era uno scherzo e neppure un gioco: si rischiava la vita. La fretta di dimostrare il mio valore unita alla mia impreparazione potevano risultarmi fatali ed il monito di Kishita-sensei mi appariva più attuale e carico di significato che mai. Mi aveva augurato buona fortuna per il futuro, eppure con questa mia scellerata azione potevo rischiare di dire addio al mio futuro.
    Non ebbi il coraggio di firmare il registro: presi in mano penna e calamaio più volte e a più riprese ma non riuscii mai a scrivere il mio nome per prenotare la missione. Ero come paralizzato da quel timore e da quell’indecisione.

    Ci penserò su.

    Conclusi infine cercando di riprendere compostezza. Inconsapevolmente avevo parlato ad alta voce ed il chunin sembrava aver capito quale genere di timori stessero vorticando al mio interno in quel momento. Annuì anche lui, quasi in segno di approvazione per la mia scelta ed io lo salutai solennemente prima di posare il rotolo al suo posto e congedarmi.

    Percorrevo le strade di Kiri ormai avvolte nell’ombra della prima sera e debolmente illuminate dalle lanterne. Pensavo e rimuginavo intorno al da farsi, senza tuttavia giungere a nessuna vera conclusione. Un evento inatteso tuttavia destò la mia attenzione: su di un basso muretto che delimitava il cortile di un’attività commerciale sostavano bighellonando i soliti tre bulletti che mi perseguitavano. Con loro ero arrivato alle mani innumerevoli volte, quasi quotidianamente. Loro conoscevano benissimo la mia storia famigliare e, seppure non fossero affatto interessati alle vicissitudini del mondo dei ninja, non perdevano occasione di torturarmi con i loro insulti e chiamandomi Koeda, il soprannome che tanto odiavo. Ma ora le cose erano diverse ed io aspettavo questo momento da tanto tempo: attorno al mio capo era ora legato il coprifronte del Villaggio della Nebbia, che mi identificava come ninja di Kiri a tutti gli effetti. Non ero più uno studentello qualunque, ero un vero genin!
    Sfilai davanti a loro con la schiena dritta, il petto all’infuori e la mano destra appoggiata all’elsa di Ikebana, la mia fidata katana da cui ormai non mi separavo mai. Li vidi di sottecchi mentre abbassavano lo sguardo e fingevano disperatamente di guardare altrove ed io godetti del silenzio che accompagnava la mia sfilata. Non pronunciarono una sola parola e anzi si zittirono al mio passaggio. Io dal canto mio finsi di ignorarli del tutto, non volendo dar loro importanza.

    Beh, direi che l’era di Koeda sta volgendo al termine!

    Pensai soddisfatto, considerando l’evento appena accaduto come una sorta di vittoria personale. Decisi, per l’occasione, di festeggiare fermandomi a mangiare un boccone da qualche parte per le vie di Kiri: non avevo voglia di tornare a casa e avevo bisogno di rimanere da solo per riflettere sul da farsi con la missione. Ma dove andare a mangiare?
    Infine optai per un baracchino in una viuzza secondaria di Kiri, separato dalla strada da uno sciatto tendaggio in tessuto, pregno dei fumi e dell’odore della frittura: un posto piccolo e accogliente seppure non pulitissimo, composto unicamente da un lungo bancone ed alcune sedie. Entrai e salutai il proprietario, che mi accolse a sua volta molto calorosamente, ma il mio sguardo venne immediatamente catturato dall’unico ospite del baracchino. Si trattava senza ombra di dubbio di un ninja, poiché indossava una giubba da chunin ed il coprifronte. Eppure quell’uomo alto e dai capelli corvini mi pareva famigliare. Lo scrutai meglio fino a quando non colsi un particolare che mi permise di identificarlo univocamente: la manica destra dell’abito che indossava penzolava inanimata e senza un contenuto,

    Kishita-Sensei!
     
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    Kishita-sensei



    Un altro, per favore.

    Dissi agitando il bicchierino vuoto e facendo tintinnare il ghiaccio residuo al suo interno. Pronunciai quelle parole simulando quanto più sobrietà potessi, poiché già altre volte Radesh il proprietario di quello stupido baracchino mi aveva negato un altro giro giudicandomi “incapace di reggerne ancora”. Tsk, che ne sapeva lui? Avevo demoni urlanti al mio interno e quella era l’unica medicina capace di silenziarli, anche se solo per un poco.
    In altri posti, fino a quando ero disposto a pagare non mi vietavano certo un altro bicchierino. E sarei potuto andare là, ma c’era qualcosa nel whiskey di questo baracchino che mi faceva letteralmente impazzire: torbato, invecchiato il giusto e dal sapore forte e deciso. Era di sua produzione ed una volta, ricordo, Radesh si era incaponito a raccontarmi tutta sera del processo produttivo. Non che a me interessasse veramente, eppure quella sera non aveva obiettato quando gli avevo chiesto 7 giri consecutivi, purchè lo stessi a sentire.

    Ok, ma poi basta!

    Disse lui sforzandosi di apparire più autoritario di me, che ero un chunin. Stappò la bottiglia ed un forte odore d’affumicato riempì il baracchino, coprendo momentaneamente l’olezzo di fritto, dunque ne versò una piccola quantità del contenuto nel mio bicchiere vuoto.

    Altro ghiaccio?

    No.

    Sentenziai, poi bevvi tutto in un unico sorso e appoggiai con veemenza il bicchiere vuoto sul bancone. Da lì in poi tutto accadde velocemente e fuori dal mio controllo: la vista si annebbiò, roteai gli occhi più volte cercando di mettere a fuoco ed infine crollai sul bancone privo di sensi.

    Eeeeed ecco che va giù un’altra volta…

    Fu l’ultima cosa che sentii distintamente.

    […]



    FORZA CON QUEI CANNONI! ARRIVANO, ARRIVANO!

    Quelle urla ed il frastuono mi fecero risvegliare di soprassalto. Mi guardai intorno cercando di capire dove mi trovavo ed in effetti impiegai qualche istante a rendermene conto: ero in un campo militare allestito con tende e palizzate di fortuna, popolato da ninja che freneticamente si muovevano da una parte all’altra preparandosi alla battaglia.

    Fratello! Kishita!

    Una voce mi chiamò da dietro: era mio fratello Seiko, genin del Villaggio della Nebbia. Realizzai allora, con sgomento, dove mi trovavo: quella era la battaglia del golfo degli squali.

    Sei pronto? Facciamo il culo a quei pirati!

    Mi disse con la sua solita determinazione. Era un genin da poco uscito d’accademia e, nonostante fosse particolarmente promettente, era anche altrettanto inesperto ed aveva la tendenza a buttarsi a capofitto nelle cose, senza riflettere troppo. Aveva deciso senza timore di arruolarsi nell’avanguardia a protezione dell’isola di Ouzu, nonostante ad allora avesse eseguito solo qualche missione di livello D e C. Avevo provato a farlo desistere ma non c’era stato verso, e così avevo deciso di stare al suo fianco e di arruolarmi a mia volta. Questo spiegava perché mi trovassi in un campo militare assegnato a genin quando io ero già da qualche anno un chunin: mi trovavo lì per poter vegliare su mio fratello. Non era stato difficile per me entrare nelle loro fila: per l’occasione a tutti i genin era stato dato un giubbotto da chunin e così mi mimetizzavo perfettamente in mezzo a quelle giovani leve.
    Mi guardai intorno e osservai tutti quei giovani volti in procinto di andare incontro alla morte e provai forte sgomento. Poi il mio sguardo si soffermò su Seiko e la mia apprensione aumentò ulteriormente.

    Stammi vicino, questa non è una banale missione…è una guerra!

    Dissi, lapidario e serio nel tono così che Seiko capisse che non stavo giocando. Gli misi una mano sulla spalla e cercavo dentro di me le parole per consigliare al meglio mio fratello di fronte a questa disperata situazione, ma non ne ebbi il tempo. Un corno risuonò forte, azzittendo tutto il campo, e poi un grido ruppe il silenzio:

    ARRIVANO! I PIRATI!

    Seguì una pioggia di frecce infuocate, che in breve tempo fece divampare il campo genin e ci circondò di fiamme ed intenso calore. Guardai verso il mare e quelle navi con le bandiere rosse attraccarono sulla spiaggia del golfo, liberando dal loro interno centinaia di uomini feroci e armati fino ai denti. Ci venne ordinato di prendere posizione e così facemmo, poi ci preparammo all’impatto. I pirati sfondarono le prime difese e vidi i miei compagni in prima linea falciati senza pietà da questi feroci incursori.

    Seguì una battaglia violenta e sanguinaria, nella quale dovemmo incrociare le armi con gente decisamente peggio preparata rispetto a noi: la maggior parte di loro non conosceva jutsu e sembravano essere anche meno preparati all’arte della guerra. Avemmo ragione di loro dopo pochi minuti di intensa e feroce battaglia, durante la quale ero sempre stato al fianco di mio fratello pronto ad intervenire caso mai ve ne fosse stato bisogno. Ed infine ci eravamo ritrovati sporchi di sangue e sudati a calpestare i cadaveri dei nostri nemici.

    Che ti avevo detto? Una passeggiata!

    Mi disse Seiko sorridendo, ancora logoro e ansimante per la battaglia. Io, d’altro canto, sapevo che ancora non era finita e quei rumori d’esplosione provenienti dal villaggio non promettevano nulla di buono..
    Seguii con lo sguardo la ritirata dei pochi pirati reduci dalla battaglia e assistetti in questo modo alla loro morte, nonché ad uno dei gesti più malvagi che avessi mai visto: uno strano e losco individuo con una cresta rossa vaporizzò con un solo gesto quanto restava dei pirati. Faticai a comprendere cosa stesse succedendo: amico o nemico? Perché quell’individuo aveva fatto fuori coloro che rimanevano dei nostri nemici? Eppure aveva un volto così malvagio da fugare ogni dubbio sul suo schieramento in quella battaglia..
    Pochi istanti dopo ogni mio dubbio venne spazzato via: il losco individuo avanzò verso il nostro fronte comune e ci invitò ad attaccarlo, non prima però d’aver eseguito un qualche tipo di jutsu che ancora oggi non saprei identificare. Tramite quello strano jutsu immobilizzò tutti i presenti, me e mio fratello compresi. Guardai preoccupato mio fratello e lui ricambiò il mio sguardo, probabilmente incapace di comprendere quanto fosse disperata la situazione in cui trovavamo. Per quanto mi sforzassi non riuscivo a muovermi o a trovare alternative valide per liberarmi da quella stretta magnetica e così compresi che ci trovavamo di fronte ad un individuo temibile, contro il quale non avevamo speranze. La situazione precipitò ulteriormente: il nostro avversario, Kino credo si chiamasse, piantò una spada al suolo e d’improvviso tutte le armi presenti sul campo di battaglia presero a levitare e a posizionarsi minacciose di fronte ad ognuno di noi. Potevo vedere il filo luccicante della mia katana brillare di fronte ai miei occhi, a pochi centimetri di distanza: da preziosa alleata era divenuta ora il pericolo maggiore per la mia vita. Mi voltai tremante e vidi quattro diversi kunai puntare dritti alla gola di Seiko, mio fratello.

    No. NO!

    Urlai, senza riuscire a trattenermi. Non so cosa sperassi in quel momento, forse che quell’ammasso di acciaio ascoltasse il mio monito e smettesse di volteggiare minaccioso di fronte ai nostri punti vitali. Ma ciò non avvenne e anzi uno dei nostri generali fece da esempio per quello che sarebbe accaduto anche a noi di lì a poco: venne trafitto dalla sua stessa spada e cadde morente al suolo. Capii allora che non c’era più speranza per noi.

    Oppure potete fare una scelta ancora più intelligente ed unirvi ai Figli di Zero: giuro che metterò una buona parola sul vostro conto.

    Disse d’improvviso Kino, preceduto da altre parole che in quel momento non riuscii a distinguere.

    Unisciti a loro! Dì che ti unisci a loro!

    Bisbigliai a mio fratello. Ciò significava perdere ogni briciolo d’onore ed anche tradire il proprio paese, tuttavia voleva anche dire aver salva la vita. Ed io in quel momento non pensai all’onore né al mio Paese. In quel momento volevo solo vedere mio fratello al sicuro. Ma lui non doveva pensarla affatto come me poiché mi guardò storto, come se avessi appena detto qualcosa di imperdonabile ed insieme incomprensibile. Scosse la testa, a fatica, per farmi capire che non aveva intenzione di obbedire ed io scoppiai in lacrime al pensiero di quello che sarebbe avvenuto di lì a poco. Sbavavo come un cane e la saliva si mischiava alle mie lacrime mentre osservavo cadere al suolo le armi di fronte a coloro che avevano accettato di unirsi ai Figli di Zero, ma tra loro né io né mio fratello. Noi, insieme ad un manipolo di altri coraggiosi genin, rifiutammo la proposta e ci preparammo ad affrontare il nostro destino.
    Avvenne l’impensabile. Qualcosa che lì per lì paragonai ad un miracolo, scoprendo solo in seguito a quale nefasta natura appartenesse invece. I dintorni si illuminarono di un’intensa e calda luce blu, che investì il golfo in tutta la sua estensione. A quella intensa luce fece seguito una gigantesca ondata di calore che investì tutti i presenti. Fu allora che capii: non si trattava di un miracolo, ma di un’ondata fatale che ci avrebbe travolti ed uccisi tutti quanti. Non sapevo da dove provenisse ma sapevo che dovevo mettere in salvo me e mio fratello prima che l’onda ci investisse. Guardai il volto di Seiko illuminarsi brevemente di quella luce blu ed avanzai il braccio destro per cercare di toglierlo dall’immensa traiettoria di quel mortale raggio. Fu tutto inutile: gran parte del campo venne investito da quel gigantesco raggio rovente e tutto venne tramutato in cenere.
    Durò poco, solo quale istante. Poi la luce tornò normale ed il silenzio calò sul campo ninja: Kino era morto, così come gran parte dei genin che avevano valorosamente combattuto lì. Per me, invece, il destino aveva in mente qualcosa di ancora più beffardo della morte stessa: dolorante ed in lacrime provavo ripetutamente ad abbracciare con il solo braccio che mi era rimasto il corpo incenerito di mio fratello Seiko, ma esso si sgretolava al mio tocco e la cenere scivolava tra le mie dita cadendo al suolo.
    Persi il braccio e mio fratello quel giorno.
    Persi il rispetto per me medesimo e per la professione del ninja, quel giorno.

    […]



    Kishita-sensei!

    Quella voce, quelle parole mi afferrarono e mi fecero riemergere dall’abisso d’incubo in cui stavo precipitando, facendomi riprendere i sensi. Aprii gli occhi e dovetti sbatterli più volte prima di riuscire a rimuovere quelle tremende immagini ed a capire dove mi trovavo. Una fitta emicrania si impossessò della mia testa, che provai a sollevare sornione dal bancone del baracchino. Mi voltai verso l’entrata del baracchino, per capire chi mi avesse riconosciuto e lì per lì vidi il volto di mio fratello fissarmi pallido come la morte. Strofinai gli occhi e cercai di riprendere compostezza dalla sbornia ancora in corso, e così riuscii a riconoscere la persona che mi stanziava di fronte.

    Oh..Sei…Seijo.

    Feci una pausa. Dopo tutto era già stato particolarmente complicato pronunciare quelle parole ed io ero ancora frastornato dalla sbornia e da quel terribile incubo che aveva risvegliato ricordi che non volevo ricordare.

    Vieni, acomodati qui viscino a me..

    Dissi, senza riuscire bene ad articolare le parole. Picchiettai più volte sullo sgabello in fianco al mio, invitando il mio ex allievo ad accomodarsi al mio fianco: così magari Radesh mi avrebbe lasciato bere qualche altro bicchierino, vedendomi in compagnia di qualcun altro.
     
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    Vieni, acomodati qui viscino a me.

    Mi aveva detto Kishita-sensei biascicando evidentemente alticcio, ed io avevo obbedito.
    Presi posto accanto a lui e lo guardai senza riuscire a nascondere la mia evidente delusione: quell’uomo tenebroso e tutto d’un pezzo che avevo conosciuto durante il mio esame genin aveva lasciato il posto a questa pallida ombra di se stesso. Kishita-sensei se ne stava ingobbito sullo sgabello, con i capelli alla rinfusa ed i vestiti tutti sgualciti, attorniato da un forte odore di alcol che, unito all’olezzo di fritto, a malapena lasciava respirare.

    Bene, festegiamo! Due whiskey con ghiascio!

    Ma…Kishita-sensei io sono minorenne.

    Provai ad obiettare. Poi osservai Radesh, il proprietario del baracchino, ed incrociai il suo sguardo di complicità: scuoteva la testa sconsolato, facendomi intuire che qualcuno lì c’era andato pesante con l’alcol.

    Tranquiloooo. Non lo dirò a neshuno eheh

    No. Davvero.

    Dissi lapidare, mettendogli una mano sulla spalla sinistra per ribadire la mia ferma decisione.

    Anzi, per cortesia, un piatto di spaghetti di riso con gamberi e verdure ed una soda. Grazie!

    Ordinai educatamente, rivolto questa volta a Radesh. Quest’ultimo si mise subito all’opera: si voltò, dandoci le spalle, e si mise ad armeggiare con pentole e stoviglie.
    Seguì un profondo silenzio imbarazzato rotto a singhiozzi solamente dal tintinnare del pentolame e dallo sfrigolio dell’olio. Non sapevo che dire né come comportarmi: come dicevo, quell’uomo mi sembrava ben lontano dal Kishita-sensei che avevo conosciuto e se già allora era stato difficile avere una conversazione normale con lui, ora mi sembrava del tutto impossibile. Per mia fortuna, lui sembrava invece parecchio disinibito ed allegro e non esitò a dare inizio alla chiacchierata.

    Alora? Che ci fai in giro?

    Oh, Kishita-sensei. Lei ha colto dritto nel punto..

    Feci una pausa, guardandolo negli occhi per capire se mi stava ascoltando.

    Sono appena stato in accademia, alla bacheca missioni.
    Volevo prenotarmi per la mia prima missione, ma a quanto pare oggi non è il mio giorno fortunato..


    Dissi, abbassando la testa sconsolato.

    Cioè?

    Mi incalzò lui.

    Cioè niente missioni disponibili!

    Maddai, neppure una?

    Massì, una si. Però è una livello B…e sarebbe la mia prima missione.

    Dissi, cercando di fargli intuire quali fossero i miei ragionevoli timori a riguardo. D’altro canto pensavo che fosse del tutto inutile esporre i miei dilemmi a quest’uomo più di là che di quà per via dell’alcol, ma c’era qualcosa nel parlarne che in qualche modo mi faceva stare meglio.

    Mmmmmm.

    Mugugnò lui pensieroso, prima di riprendere parola.

    Di che si tratta?

    Il codice di registrazione è “La banda del ponte”. Nel Paese del Fuoco ci sono due villaggi la cui economia è retta principalmente da scambi commerciali che dipendono da un ponte. Peccato però che una banda di malviventi non meglio identificata si sia appropriata del ponte e faccia pagare ingiustamente dei pedaggi ad entrambe le popolazioni, che ovviamente ne hanno risentito parecchio a livello economico. Non devono essere due villaggi particolarmente ricchi o benestanti, quindi…

    Quindi?

    Quindi niente. E’ stato richiesto l’aiuto di alcuni ninja per indagare sulla cosa e scacciare la banda di malviventi dal dominio del ponte.

    Mmmmm.

    Di nuovo mugugnò in risposta alle mie parole, che avevo pronunciato con un distacco emotivo da far paura. Intanto, Radesh posò di fronte a me un fumante ed abbondante piatto di spaghetti di riso con gamberi e verdure, sul quale mi gettai affamato agitando le bacchette.

    Certo è una bruta shtoria..

    Irruppe lui.

    Già, ero tutto entusiasta per la mia prima missione..

    No, che hai capito? Discevo la storia del ponte e dei due vilaggi.
    Voglio dire…quella povera gente deve essere davvero disperata. Se è vero, come dici, che la loro economia si rege su quel ponte, allora ora sharanno shtremati e faranno fatica anche a metere un piatto in tavola ai loro figli..


    Disse, sospirando profondamente e mostrando un’empatia che non avrei mai immaginato da parte di Kishita-sensei. Le sue parole mi fecero sentire piccolo come una briciola di pane. Non fisicamente, ma piuttosto moralmente: stavo sempre a dire della responsabilità morale dell’essere un ninja, tuttavia ciò che veramente mi interessava era l’onore personale e l’accrescimento dei miei averi. Non aiutare la gente, ma accrescere il mio potere e la mia fama. Non tendere una mano ai disperati, ma evitare di fare la fine di mio padre. Questi erano i miei veri obiettivi, quelli che mi sforzavo di nascondere persino a me stesso. In accademia, proprio di fronte a Kishita-sensei, avevo parlato dell’importanza per un ninja di difendere il proprio Villaggio e di ripagare il debito che si ha con la propria terra, ma forse quelle erano solo vuote parole per me. Ciò che veramente mi interessava era rispondere alle aspettative del mio cognome, del clan a cui appartenevo. Volevo solo ristabilire l’onore della mia famiglia con le mie gesta. Era un fine così egoista da abbagliare e nullificare qualunque altro proposito altruista, che a quel punto diveniva solo un effetto collaterale della mia professione. Aiutare e fare del bene, sì, ma solo per accrescere la mia fama, il mio onore e la mia forza.
    In ogni caso non volevo destare sospetti in Kishita-sensei, e così mi limitai ad annuire come se concordassi pienamente con lui. Intendiamoci: non è che non mi importasse proprio nulla di quella gente, ma tenevo ben più alla mia vita ed al mio onore e non volevo sporcare la mia carriera fallendo la mia prima missione o, peggio, lasciarci direttamente le penne.

    Fami indovinare: Tu…hai paura di morire, non è coshì?

    Irruppe Kishita-sensei d’improvviso, quasi intercettando i miei pensieri. Annuii imbarazzato, distogliendo lo sguardo, poi aprii bocca rompendo il silenzio che si era venuto a creare.

    Lei stesso, Kishita-sensei, mi ha detto di stare attento. Mi ha detto che dall’esame genin in poi la mia vita sarebbe stata in costante pericolo e che la morte sarebbe stata un’inseparabile compagna di viaggio. Mi ha velatamente suggerito di non strafare e ora…da un lato vorrei mettermi alla prova ma dall’altro ho paura di pagare un prezzo più alto di quello che sono disposto a pagare.

    Dissi, fissando la spalla destra monca del mio interlocutore. Dopo tutto, quale esempio migliore di quello: non sapevo in quali circostanze Kishita-sensei avesse perso il braccio, ma di certo era stato in servizio ed io avevo il terrore di finire come lui.

    E’ vero. Queste sono le parole che ti dissi allora..
    Ma se ti ho detto queste cose è solo perchè in te ho visto qualcosa. Sei un genin capace e promettente ma mi ricordi una mia vecchia conoscenza, una persona che come te sembrava sempre impaziente di buttarsi a capofitto nelle cose a prescindere dal rischio e dal pericolo.
    Ma devi sapere che esiste un pericolo ben peggiore della sconsideratezza: l’immobilità. La paralisi. Non fare nulla per paura delle conseguenze del fare. Non è la vita che ti auguro, Seijo..Non è la vita che auguro a nessuno…


    Disse, diventando improvvisamente triste e corrucciando il volto.

    E poi…cos’è che ti spaventa tanto?

    Chiese con tono malinconico. Entrambi abbassammo la testa e rimanemmo in silenzio per lungo tempo. Faticavo a comprendere se quella domanda l’avesse rivolta a me o a se stesso e capii che la sua non doveva essere una vita semplice. Quella di fare il sensei d’accademia non era una vocazione per lui, e questo era evidente: in passato doveva esser stato anche un grande ninja, un chunin promettente. Ma per qualche ragione a me oscura aveva perso il braccio e, peggio, la voglia di mettersi in gioco. Ed ora, a quanto vedevo, passava le sue serate a bere nei baracchini di Kiri e a domandarsi cosa lo spaventasse tanto.
    Finii i miei spaghetti, mantenendo quel religioso silenzio che si era venuto a creare, dopo di che mi alzai dallo sgabello, pagai la somma dovuta e salutai Radesh e Kishita-sensei con un inchino.

    Mi raccomando: se dovessi accettare quella missione…
    Torna tutto intero, Seiko.


    Mi disse Kishita-sensei mentre già imboccavo l’uscio del baracchino. Il suo tono era tornato per qualche istante lucido ed era riuscito anche a scandire bene le parole, tuttavia aveva sbagliato a pronunciare il mio nome. Decisi comunque di non correggerlo e di limitarmi ad alzare la mano destra per ringraziarlo del pensiero.
    Percorsi le vie di Kiri in direzione della mia abitazione, frastornato e confuso. Nella mia testa vorticavano mille dubbi ed una sola certezza: l’indomani sarei andato in accademia ed avrei accettato quella missione livello B.
     
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    Molto bella. Ti sei ricollegato egregiamente ad eventi passati di trama e ad una misera bozza di un PNG inventato per la tua Accademia. Prosa chiara e scorrevole. Puoi prendere il massimo, come minimo.
     
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    Oltre al max del tuo grado, ti conferisco altri 20 punti exp bonus. Te lo meriti, è stata una bellissima P.Q. ti sei legato bene alla trama e la narrazione era chiara e descrittiva.
     
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