[B] Neve Rosso Sangue

Fu un attimo, un solco nel cielo e nella mente della ragazza; una sensazione che si impadronì di lei non appena le prime gocce invasero la foresta – inondata da quel potere emotivo che scorreva su ogni essere, su ogni anima che lei poteva afferrare tra le sue goffe dita, giocarci con leggerezza, conoscerne i segreti più intimi, le loro forze e le loro debolezze. Eppure in quel momento non c’era tempo per nessun capriccio o piacere, come fitte nel suo cuore sentì ad uno ad uno quegli esseri vicini, troppo vicini, tant’è che la sua voce non arrivò neanche lontanamente in tempo per avvisare ogni presente.

Sono in arriv - !

L’espressione mutata da un tocco di paura le aggredì il volto insieme a quella pioggia che per un istante parve tremare con più intensità – forte – trascinando ancor più lontana quella neve che soccombeva sotto quella cascata imperitura. Lo schiocco dei corpi dei due compagni, inoltre, la fece sussultare improvvisamente lasciandole cadere ogni fiore stretto tra le dita, ogni pensiero ormai rarefatto a dirigersi verso i due Samurai caduti al suolo, svenuti, ma troppo lontani per le sue conoscenze per capirne la loro effettiva incolumità. Soprattutto perché i tempi erano davvero stretti e Yuna non riuscì neanche a preoccuparsi troppo per loro visto che una strana creatura anfibia apparve dalla direzione che aveva precedentemente dedotto grazie alla sua pioggia. Fu un solo urlo a destreggiarsi nell’aria umida prima che la Kunoichi si desse da fare per sé stessa.

GUFO, CI SONO ADDOSSO!

Un tono esasperatamente forte, alto, privo di qualsivoglia tatto per l’udito di ogni presente e che avrebbe spezzato il silenzio della pioggia con un movimento pressoché irrisorio, banalissimo. Le mani decisero di muoversi a mezz’aria come se fossero arpeggi di un incanto lontano, carichi di una vecchia energia che le pulsava dentro come un cuore acerbo, denso di morte, propagato da sé da quell’antica malinconia che avrebbe incanalato in forza, chakra e magia. Ogni suo impulso nervoso le avrebbe ordinato di stimolare al massimo ogni sua capacità per spingersi poco più in là dei suoi limiti, lo doveva fare perché inconsciamente sapeva che quella strana creatura poteva letteralmente atterrarla senza problemi. Così ogni atomo della sua magia si sarebbe corrotto di un comando preciso e sospinto da un guizzo del corpo che l’avrebbe spinta leggermente all’indietro come a mettere la distanza sufficiente tra lei e Gama. A separarli solo la pioggia, una corrente scrosciante che probabilmente avrebbe continuato a scorrere se non fosse per una patina di energia, per un’emozione che avrebbe legato all’esistenza ciò che non poteva essere controllato. Lei la sentiva pulsare come un’onda imbizzarrita, una pulsazione che emise a gran forza nell’aria e che sospinse la pioggia ad accumularsi, a trovare un suo equilibrio in una superfice sempre più spessa e grande, forte, pronta ad essere scudo per la sua padrona. In un breve momento si sarebbe dovuta formare una barriera d’acqua piovana, un ostacolo messo a protezione di Yuna avanti a sé per resistere al colpo dell’evocazione. Entrambe le mani si sarebbero quindi mantenute a mezz’aria mosse da quell’istinto che sorprese perfino lei, la linea degli occhi ampia per i sentimenti che irrompevano nell’esterno insieme a lacrime – mescolate nella pioggia – mentre un singhiozzo la costrinse a sospingere l’attenzione verso i due primi caduti.

N-non loro! Mostri! Gufo, arriva qualcun altro!

Esalò a forza costringendo la mano destra a smuoversi a mezz’aria in direzione dei Samurai a terra, pollice e medio stretti a sé prima di esplodere in uno schiocco di dita più misurato e conscio; scintilla che avrebbe smosso nuovamente l’acqua a comprimersi per formare un’altra protezione – a cupola stavolta – che si sarebbe posta a coprire i due.

L’attimo in cui la pioggia si concretizzò a schermare la sua figura ecco che lo strano rospo scomparve a mezz’aria, in una nuvoletta di fumo che estese la perplessità della giovane tra i capelli fracidi e l’espressione corrugata, colpita da un rivolo d’ansia per lei e per i compagni caduti poco più in là. A quanto pare non ci volle troppo per far apparire dalla direzione che stava tenendo d’occhio il detentore di quelle evocazioni – non ancora palesato come tale ai suoi occhi – generando in lei un moto che impresse il braccio sinistro a muoversi a mezz’aria come a voler bloccare la sua avanzata. Prima di tutto la maschera ed il suo vestiario le crearono un groppo al cuore, una sensazione fredda di morte e consapevolezza che parve ghiacciare l’aria ed il respiro nei polmoni; fu come se si fosse lanciata da uno strapiombo all’improvviso. Le dita tremanti della destra cercavano il contatto con la pioggia, quell’infinità malinconia che si sarebbe proiettata grondante nei dintorni, incanalandosi su ogni presente come un manto inarrestabile. La sua magia proiettata a mezz’aria, i sentimenti snudati con efferatezza tale da renderli concreti, a portata della sua paura che arpeggiò a mezz’aria in un passo veloce che la spostò lontano dal nuovo arrivato.


Signorina è ferita? Mi scuso a nome di Gama e Gamatatsu, ma sono stati contagiati pure loro dalla follia che ha colpito questo paese in questi gioiosi giorni. Li ho rimandato nel loro luogo d’origine per cui non vi creeranno più problemi. Posso chiederle cosa ci fa una così bella signorina in giro per questi luoghi dimenticati da dio?

Non ebbe il tempo di corrugare la fronte che si accorse di essere troppo lontana dai due samurai caduti, in prima istanza cercò di avvicinarsi velocemente considerando che non avrebbe creato nessuna cupola a causa dell’assenza delle minacce. I sandali l’avrebbero portata ad intermezzarsi tra loro e lo sconosciuto, cogliendo un frammento di voce spigolosa, professionale, ancora incattivita da quella paura che le sormontava in petto.

Stavamo per venir schiacciati dai suoi…amici, ecco cosa! Siamo shinobi e guerrieri, il paese del Ferro è sotto attacco. Non si lasci distrarre se ha intenzione di aiutarci, qualcun altro sta arrivando e non potremmo essere così fortunati. Se davvero conosce Azibo deve capire da che parte stiamo ma lei…lei da che parte sta?


Leverebbe i suoi istinti verso lo sconosciuto, il braccio destro sarebbe ancora lì teso verso di lui nonostante ne conosce i segreti; il braccio sinistro invece si tese verso la direzione da cui sarebbe arrivato l’ultimo individuo mancante.

Azibo, qualcuno sta per arrivare.

La pioggia non si ruppe nella sua teatrale discesa, continuava ad imperversare nei dintorni lasciando che la comparsa dello sconosciuto non fosse totalmente inaspettata, il suo braccio sinistro si tendeva ancora a mezz’aria in quella direzione mentre un brivido venne accolto lungo la schiena; un sobbalzo che la sospinse per un attimo a rigirare lo sguardo su Azibo e tentennare sul posto quasi fosse stata colpita da uno spettro. Le emozioni del momento tremarono perfino nella pioggia lasciando che una tristezza sempre più impregnante influenzi i presenti, goccia dopo goccia amplificò quelle sensazioni sottopelle, quel tremolio dell’anima che riverberò in risposta alla paura, al terrore. Se in una singola goccia era racchiusa la potenza di un’emozione lei ne era la dominatrice e succube, padrona ed essenza di un potere che sentì accrescersi ma mano che il suo corpo venne ad abbandonarsi al tepore di un incanto sconosciuto ed impossibile da percepire. Fu la rigidità del suo fisico ad imporsi come primo istinto nella sua mente, un pensiero che immediatamente sbocciò come quel messaggio in codice che si perse in un tremolio delle labbra non abbastanza forti per mettere in guardia il Gufo. Sto fallendo – Sto fallendo di nuovo! Il rumore dei suoi passi sul suolo infangato era secondo a quella frase che si gettò in mente come un’ancora, una straziante verità che non le permise di agire per tempo costringendola a trascinarsi verso i due Shinobi per cercare di mietere la loro vita in un soffio di dita. Probabilmente ogni spirito di autoconservazione veniva messo da parte per far propria la luce che non voleva spegnere nei due alleati, ogni piccola fascia muscolare tentava in ogni modo di rifuggire da quel destino, come una lepre impaurita. Non posso. Attorno a quella pioggia avrebbe voluto accendere una candela, un fuoco, un rogo che lentamente sentì crescere come una serpe incandescente nella sua anima; la determinazione crebbe con leggerezza componendosi in qualcosa di particolarmente articolato partendo da una semplice scintilla, una cascata di luce, un fil di fumo che s’accese con semplicità eruttando nell’esterno come un tremito dell’aria.

Bastò un bagliore, una fenditura nella pioggia così che questa venne brutalmente sferzata da un ordine leggero, invisibile, contratto a mezz’aria con uno sforzo disumano e taciuto da quelle labbra compresse dall’incanto avverso. Sarebbe stato difficile – quasi impossibile – per Yuna dar vita alle sue intenzioni senza smuovere le braccia a mezz’aria, abitudine che in fondo le serviva per coordinare inconsciamente un potere che non aveva bisogno di guida; un barriera invisibile non le permetteva di raggiungere la salvezza o quanto meno tentarci. Un po’ come se sul fil di un burrone sfugge via il bordo, lì, ad un fil di tocco che non arriva. Forza Yuna. Forza! Non posso permettere che - le pupille quasi esplosero nell’esternare quanta più empatia possibile, la sentì vibrare come un latrato ancestrale, un urlo muto di una bestia che crebbe in corpo come fosse esploso qualcosa nei paraggi. Non moriranno! l’attenzione venne brutalmente calibrata su quello che si era chiaramente palesato come il criminale che stavano cercando – o almeno un suo diretto sottoposto – costringendola ad agire oltre ogni studio. Per quanto ne sapeva poteva essere semplicemente un fantoccio, una persona come loro costretta ad agire secondo una volontà lontana, priva di coscienza. Nonostante questo il suo chakra venne liberato a mezz’aria cercando immediatamente di impregnare la pioggia attorno all’uomo, ben tre punti attorno a lui - fianco destro e sinistro, petto – si sarebbero contratti in una manipolazione violenta. Secondo la sua volontà da lì a breve sarebbero esplosi in una conflagrazione acquatica che volevano essere seguita da un’esplosione letteralmente centrata tra i tre alleati pronti a strangolarsi; l’intento sarebbe stato quello di distrarre il criminale e sbalzare via ogni presente – lontano – portando in salvezza chiunque, forse a costo di qualche ferita che avrebbero sicuramente assorbito senza problemi; del resto lei sembrava conoscere ciò di cui che erano fatti, persino il loro flusso vitale le era concesso.

Fu un attimo, un ruscello perso in mare, un momento che si disegnò a mezz'aria come una tetra promessa, un destino obbligato che costrinse Yuna a soccombere all'intera scena. Fuori da ogni controllo, priva di volontà, destinata a vedere quel cadavere cadere a pezzi sotto i suoi occhi, sentire la sua forza venir meno a causa di quella pioggia che - negligente - continuava a spiraleggiare attorno a lei come se fosse una sua stessa estroflessione. Le prime parole che esaudì furono semplici, tragiche, quanto più banali possibili.

N-no! Cosa hai fatto? Gufo, mi dia una mano! ADESSO!

Mi dispiace che un raro fiore come te sia rimasto coinvolto in tutto questo, ma avevi ragione a dubitare di me, per quanto fosse lui il mio obbiettivo è meglio non fidarsi di un mukenin come me..


Le destra della ragazza si levò istantaneamente verso il mukenin graffiando l'aria, un gesto che sembrò quasi imbrigliare i poteri di ogni vento sulla punta delle dita e che prestò si disintegrò non appena venne letteralmente catturata da quella probabile copia. Legno in ogni sua forma la avvolse come rovi e prigione, una costrizione che la vide strapparsi via ogni cosa, ogni controllo, persino quel fiato vitale che aveva ereditato dal fratello. Lo sentì venir meno, sopperire ad un potere più grande che la costrinse alle lacrime, ad una disperazione che imperversò verso il mukenin.

NO! BASTARDO! RIDAMMELO!

Probabilmente riferendosi ad Azibo o a chissà cos'altro, ad un furto che la privò dell'anima e che fece scattare in lei qualcosa di furente, di cieca frustrazione ed eterno terrore. Gli occhi sgranati saettarono contro ogni movimenti dello sconosciuto inveendo sonoramente per ogni dannato tratto del momento; le gambe e le braccia sgomitavano con forza cercando di tessere le unghia in avanti come a voler intrecciare l'atmosfera sotto il suo eterno controllo. Il Nulla. Niente, il vuoto rispondeva alla sua chiamata, un'assenza della realtà che si riflesse immediatamente all'interno, in una vacanza del petto che non la spense, anzi, fece scattare ancora una volta quel suo corpo in eterna rivolta.

TORNA INDIETRO, TORNA INDIETRO!

Sbottò ogni fiato, perse il respiro diverse volte ma mai un secondo si accasciò su sé stessa. Tradita, derubata, persa. Rimase lì, tra la pioggia in pozzanghere. In una neve fatta rosso sangue, in una disperazione ancora viva, pronta a marcire dall'interno anche quando - nell'etere - scomparve il suo Gufo, l'amico, e quel dannato mukenin.