Mongwau pt.1

[Personal Quest]

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    L E G E N D A :

    Narrato
    "Pensato"
    Parlato

    Donna disperata
    Tsubasa, Capo insediamento Navas
    Greem
    Abitanti random insediamento Navas
    Nobu




    Inverno dell'anno 17 d.Z., insediamento Navas, quattro giorni dopo...



    Un urlo straziato frantumò l'ampolla dei miei sogni, rigettandomi nel mondo reale. Boccheggiai per qualche istante, sbattendo le palpebre confuso dalle lame di luce che penetravano attraverso le fessure tra le assi di legno della mia baracca. Era il mio quarto risveglio all'insediamento Navas, dopo che vi ero giunto a seguito di un incarico, decidendo infine di restarvi. Non mi mossi dallo scomodo giaciglio, domandandomi quanto fosse alto il sole nel cielo. Era troppo presto per alzarsi? Decisamente si! Dell'urlo me ne ero già scordato, dando per scontato che fosse parte del sogno appena concluso. I miei pensieri andarono invece allo stomaco brontolante per la fame. La sera prima, dopo essere rientrato dalla battuta di caccia, avevo saltato la cena, troppo stanco persino per mangiare. E considerando quanto fosse pressante la carenza di cibo all'insediamento, ero stato persino contento di ingigantire le porzioni degli altri abitanti con la mia assenza. Ora però me ne stavo pentendo: mi sentivo debilitato, lo stomaco tutto un bruciore e l'idea di alzarsi per andare nuovamente a caccia mi parve, per la prima volta, insostenibile. "D'ah! Magari trovo qualcosa da mangiare se chie..."
    Un altro urlo, questa volta più lungo e lamentoso, sferzò la quiete mattutina. "Non è un sogno!" dissi a me stesso allarmato. In un attimo fui in piedi. Mi gettai addosso gli unici vestiti che avevo ed uscii nell'aria del mattino. Una pioggerellina fine ed obliqua prese a ticchettarmi sulla pelle nuda del viso. Spaziai con lo sguardo attraverso il grigiore che mi circondava, finché i miei occhi non si posarono su un gruppo di persone. Erano accalcati su qualcosa, parevano agitati e confusi.

    NOOOOOOOOOOOOO!

    Di nuovo quel richiamo lamentoso da far tremare le viscere e strozzare il fiato. Proveniva proprio dalla calca. Mi gettai verso di loro, cercando di prepararmi a qualche brutta sorpresa.

    Ehi, cosa sta succedendo? Chi è che urla?

    Domandai caricando la voce sulle corde vocali per sovrastare il chiacchiericcio allarmato, senza però riuscire ad attirare l'attenzione di nessuno. Afferrai alcuni abitanti, scostandoli senza molti complimenti per aprirmi un varco. Al centro della piccola folla, una donna vestita in una sdrucita e fradicia veste da notte era rannicchiata nel fango, riversa su un fianco, gli occhi sbarrati nel vuoto e le unghie piantate nella carne delle guance. Attorno a lei, uomini e donne discutevano animatamente. Posai un ginocchio a terra e con dita gelide scostai il capelli bagnati dal volto della donna, avvicinandomi quanto più possibile al suo viso.

    Calmati... va tutto bene... dimmi cosa ti è successo...

    Le parlai nell'orecchio, con voce calda e confortante. Per un'istante i suoi occhi si posarono sui miei, e parvero tornare umani. Ma dalla sua bocca eruttò solo un altro grido disarticolato, tanto forte da farmi risuonare i timpani. Mi alzai di scatto, guardandola dall'alto con espressione pensierosa.
    "E' troppo sconvolta, da lei non ricaverò nulla...".

    Calma, zitti... ehi...

    Dissi cercando di richiamare ordine in quella cagnara.

    Silenzio, zitti... STATE ZITTI!

    Gridai infine a pieni polmoni, raggiungendo lo scopo. Tutti si girarono verso di me. Mi trovai bombardato da sguardi torvi, preoccupati, confusi e disperati, con i mugoli pietosi della donna in sottofondo ed il sibilo delicato della pioggia in lontananza.

    Allora, cosa sta succedendo?

    Si fece avanti il capo del villaggio, un uomo alto, curvo, lunghi capelli grigi e l'andatura incerta di chi ha vissuto troppi anni. La sua voce tremolante tradiva una tensione insostenibile, come se fosse costretto ad affrontare situazioni critiche ogni giorno, cosa plausibile considerando il declino del suo villaggio.

    Questa donna, Onya... Suo marito e la figlia di quindici anni sono partiti due giorni fa per la cima Ryuku alla ricerca di erbe mediche. Avrebbero dovuto essere di ritorno questa notte, ma... la tempesta deve averli bloccati lassù.

    Alzò pesantemente l'indice verso il cielo. Sollevai il capo e ne seguii la direzione, posando lo sguardo sul gigantesco monte alla base del quale giaceva l'insediamento. Nella coltre generata dalla pioggerellina, la montagna non era che un'ombra imponente ed indistinta, ma persino così riuscii ad intravedere massicci cumuli oscuri che turbinavano attorno alla cima del monte, animati dalle minacciose scariche dei tuoni che flagellavano insistentemente quel picco dalla quota spaventosa. Deglutii pensando all'incubo che quel padre con sua figlia stavano vivendo lassù, sempre che non fossero già...

    Qualcuno deve andare a salvarli...

    Salvarli?! Hah! Se non sono già diventati due ghiaccioli, di certo sono stati arrostititi da un fulmine.


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    Lanciai un'occhiata verso l'uomo che aveva parlato. I suoi lunghi capelli neri coprivano un volto duro, dagli occhi occhi furbi e la bocca deformata in uno sghignazzo amaro. Ai suoi piedi la donna si ritorse su se stessa, piagnucolando disperata. Provai l'improvviso impulso di colpirlo, ma attorno a lui vidi solo sguardi abbassarsi. Non era l'unico a non avere la minima speranza, nessuno dei presenti pareva credere nella salvezza dei due dispersi, o forse erano troppo spaventati all'idea di andare lassù a cercarli.

    Fa silenzio Greem! Chiudi quella fogna! Katai e la ragazzina sono sulla cima solo da un giorno ed una notte. Forse hanno trovato un riparo, una grotta o qualcosa del genere. Magari sono pure riusciti ad accendersi un fuoco. Se partiamo subito, abbiamo ancora speranza...

    L'individuo losco, quel "Greem", voltò il capo dall'altra, indignato. Fu una donna ad intervenire:

    Si ma chi ci andrà? La nostra ultima guida è bloccata a letto con una gamba rotta, e l'apprendista è ancora troppo giovane ed inesperto!

    Replicò un uomo tra la folla:

    Non ci andrà nessuno, perchè dovremmo morire anche noi?! Stiamo perdendo un'abitante dopo l'altro, Katai e sua figlia sono soltanto due delle tante vittime.

    Un altro si fece avanti:

    Già, è vero, dobbiamo accettarlo ed andare avanti! E' inutile andare a salvarli...

    Se fosse tuo figlio quello intrappolato sul Ryuku, non diresti queste cose!

    Però ha ragione...

    NO! Dobbiamo fare qualcosa!

    Sentite...


    Le voci presero a sovrastarsi l'una sull'altra e scoppiò una nuova discussione inconcludente. Nelle grida, nelle espressioni e nei gesti di quella gente vidi solo rassegnazione. Una disperata rassegnazione penetrata nei loro animi in giorni e giorni di fatica, sofferenza, privazione, lutti... Non avevano la forza per affrontare una situazione del genere. L'intero insediamento Navas era sull'orlo del collasso. Provai una pena infinita pensando quanto di ciò che mi circondava rispecchiasse la condizione della mia tribù, prima del suo epilogo. E...

    CI VADO IO!


    Gridai sopra la calca. Nuovamente si zittirono. Non seppi bene cosa mi avesse spinto a propormi. Era semplicemente la cosa giusta da fare. Se anche avessi fallito, nessuno avrebbe pianto la mia perdita. Lì ero l'estraneo.

    Non puoi andare da solo, non arriveresti mai in cima, serve qualcuno che...

    Ha la gamba rotta, la guida non può muoversi!

    Lui non è l'unico. Qualcun altro conosce la via per la cima Ryuku.


    Il capo dell'insediamento spostò lo sguardo proprio su di lui, Greem.

    Ehi! Perchè dovrei morire per quei due?! Tsk!

    Gorgogliò con la bocca e sputò a terra un grumo di catarro.

    Vi ricompenseremo adeguatamente...

    Adeguatamente...? Di cosa parliamo, eh? Voglio una cifra.

    In un'istante l'arrogante noncuranza di Greem mutò in avida attenzione. Fece un passo verso il capo villaggio, mostrando un sorriso sotto la lunga barba unta. L'anziano capo parve voler indietreggiare, tanto era il ripudio che provava verso quel viscido abitante del suo insediamento. Le parole gli uscirono di bocca con estrema riluttanza:

    Mille ryo.

    Hhhmm. Duemila ryo e...

    NO! Questa non è una trattativa!

    Greem sollevò le mani nodose in segno di umile resa, anche se lo scherno che mascherava il suo volto diceva tutt'altro.

    Vaaaa bene, va bene, non alteriamoci! Mille ryo, andata. Non sono abbastanza per andarmene ad Est ma prima o poi lo abbandono questo buco di merda dove viviamo, eh eh eh...

    Sghignazzò e si voltò verso l'insediamento, dando le spalle al gruppo ed intimandomi con un cenno della mano di seguirlo:

    Vieni... coso. Facciamoci dare un po' di buon cibo in vista della partenza!

    Mi incamminai alle sue spalle ma prima che riuscissimo a muovere più di un paio di passi, la voce del capo dell'insediamento Navas -in quel momento molto temuta da tutti gli abitanti- spezzò il chiacchiericcio ancora una volta:

    Nobu, andrai anche tu.

    Certo signor Tsubasa!

    La risposta arrivò repentina, senza esitazione. Era stata una voce limpida e sottile, tipica dei giovani, eppure v'era una nota di vissuta freddezza nel suo timbro. A varcare gli anonimi limiti del gruppo fu infatti un ragazzo che aveva visto persino meno primavere di me, probabilmente non si era nemmeno rasato per la prima volta il mento. Ma i suoi occhi, come quelli di molti altri abitanti dell'insediamento Navas, la dicevano lunga sulla sofferenza che l'aveva accompagnato nella sua breve vita, forgiandolo più temprato di qualsiasi ragazzino dei grandi Villaggi Ninja.


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    Camminavamo da qualche ora sui sentieri appena visibili che spezzavano la coperta lucida di pioggia del sottobosco. Greem in testa, io nel mezzo, Nobu a chiudere la fila. Nessuno aveva ancora aperto bocca, e v'era una strana tensione nell'aria. Non la più che giustificata inquietudine dovuta al fatto che muovevamo i primi passi di un'impresa dal risultato totalmente incerto, ma una sorta di attrito eccessivo proprio all'interno del gruppo. Quel Greem era un individuo abietto, questo mi era chiaro, com'era chiaro che l'intero insediamento condivideva il mio stesso sentimento. Quindi non mi preoccupava il fatto che in quelle ore non ero riuscito a rivolgermi a lui, frenato dal disprezzo nei suoi confronti. E lo stesso doveva valere per Nobu, cosa del tutto comprensibile. Eppure v'era qualcos'altro: il capofila mi pareva troppo silenzioso, considerando la sua indole boriosa. Percepivo qualcosa emanare dalla sua persona; un sentimento negativo per certo. Timore, odio, paura... non potevo dirlo. Ma sicuramente quello che camminava difronte a me non era lo stesso borioso Greem che aveva parlato nella folla raccolta attorno alla povera donna prima della nostra partenza.
    Passo dopo passo, la cima Ryuku incombeva con crescente minaccia davanti a noi, appena visibile attraverso le fronde degli alberi ingrigiti che scorrevano sopra le nostre teste. Il costante fruscio dei nostri scarponi nella bassa vegetazione gocciolante, accompagnato dal lontano ringhio gutturale della tempesta che imperversava sulla vetta, appesantiva il mio cuore d'un gelido sconforto. Nel silenzio della natura, con l'unica preoccupazione di dover camminare verso quell'indistinto sperone di roccia che svettava tra i cumuli nembi carichi di burrasca, la mente era libera di vagare tra pensieri ed idee. Inevitabilmente allora, il vuoto che accompagnava ogni istante della mia vita si faceva più pressante e gravoso, quasi insostenibile. Mi era impossibile non pensare alla mia famiglia, alle loro anime che silenti accompagnavano ogni mio passo. Ed insieme a tali pensieri, un tremito tiepido traghettava puro struggimento attraverso le mie viscere. E mi trovavo improvvisamente con il petto e la gola serrati, gli occhi in procinto di gonfiarsi di lacrime e quell'inspiegabile desiderio di piegarmi in due e gridare a pieni polmoni fino a svuotarmi di ogni sentimento. Ma come avevo già fatto infinite volte, repressi tutto, ed una nuova cicatrice macchiò la superficie martoriata del mio cuore. Rimasi con la solita, ridondante domanda: per quanto potrò resistere ancora? Prima o poi, lo sapevo, avrei ceduto. Era una cosa che percepivo. Quella continua battaglia interiore prima o poi mi avrebbe messo in ginocchio. Qualcosa dentro di me si sarebbe spezzato irreparabilmente, ed a quel punto solo gli Dei sapevano cosa ne sarebbe stato di Gendo Ikari.
    "Eccoti ragazzo mio... ancora una volta intrappolato nei tuoi meccanismi mentali che ruotano e ruotano come gli ingranaggi di un orologio, ripetendo giorno dopo giorno sempre le medesime combinazioni. Pensa al presente. Pensa ai passi che stai compiendo, al motivo per cui cammini, a ciò che ti aspetta nelle prossime ore!" E così feci. Presi il torrente nei miei pensieri e con la violenza di un dio ne deviai il flusso. Mi trovavo in quelle terre dimenticate perchè il mio cuore mi aveva spinto ad aiutare le persone dell'insediamento Navas, e questo dimostrava che ero ancora capace di provare sentimenti umani verso gli altri, che non mi ero smarrito, non ancora. Stavo scalando quel monte perchè sulla sua cima una piccola e suo padre avevano bisogno di essere salvati. Era questo ciò di cui avevo bisogno: speranza. Dare speranza agli altri.

    [...]


    Prima che il buio incombesse su di noi, decidemmo di tacito accordo di fermarci per la notte. Lasciammo cadere a terra gli zaini, tre tonfi ovattati nel silenzio della foresta. Una fine pioggerellina filtrava dal tetto di conifere, la nebbia era come una massa gelida che appiccicava ad ogni cosa. Greem frugò in tasca e ne ricavò una sigaretta che accese con un fiammifero, schermandola con la mano come a creare una piccola lanterna. Nobu, con la sua calma ai limiti della freddezza, disse:

    Dobbiamo accendere un fuoco.


    Vado a cercare della legna...

    Mi offrii subito. Ma Greem sbuffando una nuvola di fumo e piantandomi addosso uno sguardo sprezzante, replicò:

    Del fuoco ci occupiamo io e Nobu. Tu prosegui un po' per il sentiero, va a vedere se è ancora agibile finché c'è un po' di luce. Domani partiremo presto, con il buio, e non voglio perdermi. Muoviti, straniero...

    Risposi con un'alzata di spalle, un compito valeva l'altro e non c'era motivo di discutere.

    E se trovi qualche bestiaccia, vedi di portarcela prima che sia gelata!

    Feci come diceva, voltandomi e dirigendomi lungo il sentiero. Ben presto la nebbia inghiottì le figure degli altri due e mi ritrovai solo, a camminare tra tronchi silenti eretti come giganteschi soldati di pietra. Proseguii, chiedendomi quale fosse il rapporto tra Greem ed il ragazzo. L'avrei scoperto poco dopo, di ritorno dall'incontro con Minoru Suzuki.


    - 3 -

    C o n t i n u a q u i . . .

     
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    Hey, Axel. You haven't forgotten? You made us a promise. That you'd always be there... to bring us back.

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    Puoi prendere il massimo :sisi:
     
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