La Leggenda dei 10 anni

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    10 anni prima



    - MUOVERSI, MUOVERSI! NON C'E' TEMPO DA PERDERE! -

    Nami Drakeito, giovane kazekage uscì di fretta e furia dal palazzo reale accompagnata da un interminabile squadrone di Anbu. I modi bruschi di fare, l'atteggiamento da dittatore, i torni militareschi: tutto presupponeva un'iniziativa bellica, ma non era così. Con saettanti movenze delle braccia ordinava ai civili di far largo e di rifugiarsi nelle rispettive abitazioni, perchè "qualcosa" stava arrivando. Il panico serpeggiò per le vie del villaggio, costringendo madri a trascinare i bambini in lungo e in largo pur di togliersi dalle vie della milizia. Dagli occhi piccini degli infanti tutto parve un gioco, la simulazione realistica di un nascondino esteso, ma era l'esatto opposto: una concreta minaccia stava per abbattersi sulla maestosità del Vento.
    Le marce di Nami proseguirono serrate sino al raggiungimento dei confini del villaggio, dove a gran voce ordinò alle vedette di scoccare dardi segnalatori verso il cielo: fu quello il via ai "giochi". Gli anbu intorno a Suna giunsero i palmi e toccando sabbia liberarono la conoscenza infusa dei Sunajutsu a sua protezione. Ci fu una propagazione di chakra inverosimile, che scosse ettari ed ettari di deserto perchè da esso si potesse ergere un'immane barriera. Per molti istanti i cieli sulle teste degli abitanti divennero nero pece.

    - NON VOGLIO NEANCHE UN BUCO, COPRITE OGNI ANGOLO! -


    Neanche a dirlo che il singolo spiraglio da cui permeava l'ultimo raggio di sole, venne irrimediabilmente compromesso. Le tenebre avvolsero ogni cosa, infine deflagrò un boato devastante direttamente dall'esterno. Era come se centinaia di cavalli stessero investendo la scudo abbattendosi su di esso a velocità kamikaze, provocando in tal modo un disastroso terremoto. S'intervallavano urla a panico, e panico a urla, giacchè nessuno comprendeva l'origine del caos. La storia andò avanti per una mezz'ora buona, finchè la Kazekage decise di imporsi su di essa...

    - ADESSO BASTA! CREATEMI UN'APERTURA! POI ASSICURATEVI DI RICHIUDERLA! -

    - Ma Nami-sama, non dirà sul serio?! -

    - TOGLITI DI MEZZO, SOLDATO! O SARO' COSTRETTA AD ACCUSARTI DI INSUBORDINAZIONE! -

    - Come comanda, signora...! -

    Nami scomparve dietro quel buco e per un bel pezzo non si seppe più nulla di lei. Per più di mezza giornata Suna rimase oscurata a subìre la tempesta dell'esterno, finchè a notte fonda tutti si quietò. Un rumore di granelli cadenti cercò di farsi strada da solo nella rigida barriera, finchè da essa crollò il corpo della donna. Ferita, spogliata e ricoperta di sangue da testa a piede...

    - Nami-sama! NAMI-SAMA! Chiamate tutti i medici del villaggio!

    10 anni dopo, presente



    ACCIDENTI! Sono già trascorsi i dieci anni?! -

    - Onorevole Kazekage, non vorrà dire che è di nuovo il giorno? -

    - Credo di sì. Potrebbe arrivare da un momento all'altro, dobbiamo raccogliere le forze e prepararci al peggio.
    Mandatemi a chiamare ogni shinobi di elevato rango capace di manipolare la sabbia, Yuka Satetsu in primis.
    MUOVETEVI! -


    Come un ridondante De ja Vu Nami uscì dal suo antro regale avvelenandosi il sangue di una carica tutta sua. Sgombrò il suo passo e ripetè la vicenda, in modo assolutamente analogo a dieci anni prima. Tuttavia stavolta cercò con lo sguardo Yuka tra i tanti militari, prendendosela sotto braccio affinchè l'accompagnasse fino ai confini del villaggio, dove dette l'ordine di prepararsi a scoccare il dardo...

    - Yuka, stai bene attenta a queste parole: da qui a qualunque momento della giornata potrebbe incombere sulla Sabbia una rilevante minaccia. L'ordine tuo e dei tuoi compagni ninja sarà quello di ergere ad un mio ipotetico segnale una difesa più solida ed efficiente possibile. -

    Non la guardava nemmeno quando parlava, preoccupandosi piuttosto di armare a dovere gli anbu lì presenti...

    - E' tuo dovere più degli altri, in quanto Jinchuuriki della Prima Coda, assicurarti di metterci tutta te stessa. Mi sono spiegata?! -

    Le si rivolse in toni decisamente più aggressivi che autoritari, e a Yuka dal basso del suo grado - ma soprattutto del suo carattere - non restava che prepararsi al peggio.

    Fossi in te comincerei con un flashback di quand'eri piccola, quando vivesti la cosa con gli occhi di un bambino.
    Ho preferito lasciarti libera a riguardo. Fai quel che ritieni opportuno. Non andare più avanti temporalmente rispetto al mio post.
     
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    Non avevo dormito neanche quella notte ma non ci facevo più caso, potevo affermare di essermi definitivamente abituata all’insonnia forzata che era divenuta parte di me. Avevo affrontato mesi di inferno segnati da crisi psicologiche e nevrotiche, ma finalmente il mio metabolismo e la mia psiche si erano abituate anche se i segni restavano sul mio corpo sottoforma di profonde e antiestetiche occhiaie nere. Guardai il mio riflesso nello specchio sopra il lavandino. Gli occhi cerulei erano rimasti immutati da quando ero una bambina, così come il mio volto. Sembrava quasi che il tempo, per me, scorresse più lentamente. L’unica cosa cambiata era l’altezza che potevo comunque considerare modesta se paragonata a quella delle mie conoscenti. Non ricordavo neanche perché fossi in bagno, stavo forse cercando qualcosa? Feci spallucce e me ne tornai in camera mia, con quella strana sensazione. Mi capitava abbastanza spesso di sentirmi improvvisamente strana, come se percepissi qualcosa che aleggiava attorno a me. Mi chiusi la porta alle spalle e rivolsi un sorriso veloce a mia sorella, dormiente nel mio letto. Mi avvicinai alla veranda e mi sedetti poggiandomi al tavolo. Osservai il cielo in silenzio e di nuovo quella sensazione si impadronì di me. Mi sentivo come se quel cielo grigio e uniforme volesse riservarmi qualcosa, come se tentasse di comunicare. Mi sentivo estraniata dalla quotidianità, come se il mio animo si aspettasse qualcosa. Tentai di ragionarci su ma fu inutile. Era dall’alba che mi sentivo così strana. Trovavo nei gesti e nelle parole di chi mi circondava un nesso, un significato che mi rimandava al passato. Un susseguirsi di deja vu che deju vu non erano affatto. Non mi piaceva affatto quella sensazione sebbene mi incuriosiva. Sospirai profondamente.

    ”Questo cielo mi sembra di averlo già visto. Questa stessa aria pesante appartiene al passato. Forse dei ricordi tentano di tornare a galla dopo tanto tempo … Ma non so come ripescarli …”

    Ci pensai e ci ripensai. Mi faceva quasi male la testa per quello sforzo di rimembrare qualcosa che non ero neanche sicura esistesse davvero. Sentivo il respiro calmo e regolare di Yomi e mi tornò in mente quando anche io, piccola come lei, trascorrevo più ore dormendo che da sveglia. Oh, finalmente trovai qualcosa per distrarmi. Ripensare ai miei ricordi infantili mi metteva sempre una certa allegria perché, dovevo ammetterlo, ero davvero buffa come bambina, così paurosa da fare tenerezza. Non che ora fossi un leone. Ad ogni modo, mi lasciai abbandonare ai ricordi con gli occhi chiusi e mi immersi in quel mondo così innocente e magico, dove non c’erano problemi, non c’era tristezza e le mie preoccupazioni ero futili. Fu mentre nuotavo tra quel mare di pensieri che quel cielo grigio si fuse alla mia memoria. Intravidi un barlume, qualcosa che improvvisamente si faceva più vivido. Mi abbandonai ancor di più e, finalmente, il perché di quella strana sensazione prese forma dentro la mia testa. Capii che davvero avevo visto quel cielo, più o meno dieci anni prima.

    [Flashback]


    Era un giorno come tanti nei miei ricordi che sembravano accavallarsi tra loro. Dopotutto per una bambina di sei anni non fa molta differenza il giorno quanto il ricordo che si lega ad esso. Difatti di quel particolare giorno non ricordo quasi nulla. Non ricordo perché mi trovassi in città né con chi fossi esattamente, forse mia madre, ma ricordo la scena che vidi svolgersi davanti ai miei occhi. Ero al villaggio accompagnata da mia madre, mettiamola così, per un motivo che ora mi sfugge ma probabilmente era un’uscita come tante altre. Ce ne stavamo in giro a compare delle cose, a prenderci un gelato o semplicemente ad ammazzare il tempo in un luogo che non fosse casa. Ricordo che c’era tanta gente come noi che si divertiva e pensava ai fatti propri, ricordo bambini come me che giocavano insieme mentre io, attaccata alla gonna di mia mamma, osservavo da lontano i loro giochi, chiedendomi come avrei mai potuto interagire con essi, io che non avevo neanche un amichetto. Ero solitaria ma ancora non capivo quanto questo mi avrebbe creato disagi da adulta. Ad ogni modo, il mio ricordo tranquillo si interrompe all’improvviso, con lo scoppiò di un vociare pazzesco. I miei occhi scrutarono nuove scene che mai avevo visto: gente che, in preda al panico, trascinava via bambini curiosi dalle strade, commercianti che chiudevano le botteghe, gruppi di ragazzi che scappavano via dalle strade. Tutto quel movimento e quelle urla impaurite mi terrorizzarono. Non ero abituata a quel caos, non avevo mai visto nulla di simile. L’unica cosa che pensavo era simile a “voglio tornare a casa, ho paura qui”. Probabilmente sono i miei ricordi ad amplificare tutto quel baccano a causa delle sensazioni che provavo allora, ma se rimembro mi sembra di sentire la paura serpeggiare come un’ombra tra la folla. Una parte di me, però, non voleva affatto andarsene ma era curiosa di scoprire cosa stesse generando quel finimondo. La curiosità, per quanto mi riguarda, è sempre stata un’arma a doppio taglio. Tra lo sciame di gente che mi passava davanti riuscii ad intravedere qualcosa che tuttavia non percepii chiaramente. Ricordo solo numerose file ordinate di persone che allora non sapevo essere shinobi, che marciavano senza fermarsi mentre una voce da brivido urlava qualcosa che non riuscii a comprendere. Intravidi una figura a capo di ciò ma, di nuovo, i ricordi mi sfuggono. Non ebbi modo di scoprire cosa accadde perché l’abbraccio protettivo di mia madre mi strapparono a quella vista, riportandomi a casa. Eppure mi sembra ancora di sentire un boato indescrivibile risuonarmi nelle orecchie, proprio mentre raggiungevamo casa.

    […]


    Aprii gli occhi e quella moltitudine di suoni sparirono, il silenzio era tornato a regnare nella stanza, ma dentro di me sentivo un’eco distinto di quel giorno. Un brivido mi percorse la schiena mentre tentavo di scacciare via uno dei ricordi più terrificanti e angoscianti che avessi. Il non sapere mi spaventava ancora adesso.

    ”E’ come se quel giorno dovesse ripetersi … Mha, starò esagerando. In fondo è solo una sensazione e ci sono cose della mia testa che non capisco affatto. Mi sto facendo tante paranoie per nulla, si tratta solo di un ricordo che neanche fa così paura. Probabilmente si trattava di una guerra che non ricordo, questo spiegherebbe perché tutti quegli shinobi erano in marcia. Che problema c’è? Lasciamo perdere questa storia che è meglio …”

    Posai lo sguardo sul mio letto e la vista della mia sorellina che dormiva tranquilla mi sciolse il cuore. Era una combina guai ma, durante il sonno, era un vero angelo. Le rimboccai le coperte e decisi che sarebbe stato meglio occupare il mio tempo svolgendo un’attività costruttiva, peccato che me ne sfuggiva la natura. Non ebbi il tempo di pensarci meglio perché udii la porta di casa che si apriva e voci concitate che conversavano con mia madre. Parlarono in fretta e mia madre sobbalzò, facendo il mio nome. La scarica di adrenalina che mi attraversò automaticamente il corpo era il chiaro segno che il mio intuito aveva captato qualcosa, e l’unica cosa che riusciva a segnalare era l’equivalente di “guai in vista”. Afferrai il copri fronte e i borselli contenenti i miei effetti, precipitandomi in sala con sguardo preoccupato. Come mi ero aspettata, due shinobi sembravano ansiosi di ricevermi, ma ciò che mi spaventò fu vedere l’espressione preoccupata di mia madre. Raramente i suoi tratti dolci si increspavano creando quella maschera che la faceva sembrare così vecchia e fragile, un’espressione che nessun figlio vorrebbe vedere sul volto della propria genitrice. Le strinsi una mano e lei mi cinse le spalle, mentre ascoltavo i due Shinobi.

    Si tratta di un’emergenza. Dobbiamo portarti subito dalla Kazekage.

    Spiegarono velocemente, seccati dal fatto che mia madre non sembrava volermi lasciar andare senza una spiegazione più sostanziosa, ma che i due non erano in grado di fornire. La rassicurai in fretta e mi allontanai dal suo abbraccio, rivolgendole un timido sorriso prima di chiudermi la porta alle spalle. L’ultima volta che avevo lasciato quella donna sulla soglia con quella sua espressione preoccupata mi ero ritrovata a lottare contro il demone che ora abitava dentro di me. Questo non presagiva nulla di buono.

    *Shu, che succede?*

    *E secondo te dovrei saperlo? Pazienta e lo scopriremo. E vedi di non combinare guai come al tuo solito, sono stanco di salvarti la pelle ogni volta!*

    *Sì, scusa, starò più attenta. Solo … sono preoccupata … Mi ricorda tanto quel giorno …*

    Ebbi solo un borbottio in risposta ma mi bastò. Nonostante le apparenze la presenza del cercoterio mi infondeva una forza che andava oltre quella fisica. Mi infondeva coraggio, quasi era un motivo per non arrendersi quello di sapere di non essere sola, di dover proteggere ed essere protette da qualcuno. Mi sentivo come se dovessi proteggere una parte di me stessa. Chissà cosa pensava Shukaku, invece. Se per lui ero solo un peso, se invece un po’ di simpatia nei miei confronti la provava. C’erano stati momenti in cui avevamo lottato assieme fidandoci l’uno dell’altro, ed altri in cui il carattere burbero e lunatico del tasso mi aveva spiazzata, costringendomi al silenzio forzato. Sospirai mentre i miei passi sulla sabbia venivano spazzati via dal vento che soffiava forte. Il villaggio era animato e inizialmente non capii dove fosse l’emergenza visto che tutto sembrava così tranquillo. Poi scoprii che quasi tutti i Jonin e anche alcuni chunin del villaggio erano in file ordinate sotto il palazzo della Kazekage. Rallentando, mi infilai nelle file che bisbigliavano tra loro, agitate. Cosa diamine stava succedendo? Quando calò il silenzio capii che la Kazekage aveva fatto la sua apparizione. Difatti era lì, più alta degli altri grazie al carisma che emanava, splendente in tutta la sua maestosità. Ma c’era qualcosa nei suoi occhi brillanti che mi inquietava. Mi ricordò tanto mia madre, solo molto più dura. Si fermò e scrutò la folla finché i suoi occhi non si posarono sul mio volto. Distolsi immediatamente lo sguardo, imbarazzata da quel contatto improvviso, ma la giovane donna mi raggiunse così in fretta che non ebbi il modo di obbiettare quando mi passò una mano sottobraccio, avvicinandosi a me. Imbarazzata ma non abbastanza sicura per slegarmi da quell’improvviso legame fisico, chinai il capo, salutandola con voce flebile ma decisa. Non mi preoccupai della sua non risposta, era mio dovere salutarla ma non suo il rispondere. Con mio grande stupore, procedemmo in quel modo lungo le vie del villaggio. Le file armate dietro di noi e le persone che rincasavano sotto gli ordini dettati dalla donna al mio fianco, tutto questo mi riportò alla mente lo stesso ricordo di dieci anni prima e capii che quella voce che sentivo era la stessa della Kazekage. Era una scena già vista, già vissuta, solo che non ero più una bambina tra la folla, questa volta ero in fila come tutti gli altri e marciavo chissà dove, chissà perché. La curiosità infantile di allora mi pervase nuovamente anche se in piccola parte, ero molto più preoccupata che incuriosita. Nami-sama si occupava di controllare ogni singolo fattore attorno a lei, urlava agli anbu lì presenti, metteva in riga gli altri shinobi, ordinava ai civili di ripararsi e non uscire. Camminavamo già da un po’ verso le porte del villaggio, riconobbi la strada. Non dissi nulla durante tutto il tragitto ma, improvvisamente, fu Nami-sama a parlare.

    Yuka, stai bene attenta a queste parole: da qui a qualunque momento della giornata potrebbe incombere sulla Sabbia una rilevante minaccia. L’ordine tuo e dei tuoi compagni ninja sarà quello di ergere ad un mio ipotetico segnale una difesa più solida ed efficiente possibile.

    Non v’era alcun contatto visivo tra noi, la donna guardava dritta davanti a se con sguardo duro e occhi tenaci di chi si sta preparando al peggio. Percepivo la risolutezza delle sue parole, stampandole nella mia mente come un dogma imprescindibile.

    E’ tuo dovere più degli altri, in quanto Jinchuuriki della Prima Coda, assicurarti di metterci tutta te stessa. Mi sono spiegata?!

    Evitai di sobbalzare ma avrei voluto farlo. Il suo tono autoritario si era tramutato in un ordine aggressivo. Mi agitai improvvisamente, tentando di non pensare a cosa di così tanto orribile sarebbe potuto accadere a tutti noi. Chinai di nuovo il capo in segno di assoluto rispetto nei suoi confronti.

    Sì, Nami-sama. Farò come dite.

    Sicuramente l’avrei fatto, senza ombra di dubbio. Avrei ubbidito ciecamente a quella donna in qualsiasi situazione, era la massima autorità e riconoscevo, da parte mia, di non essere nulla di speciale a suo confronto. Per di più, il carattere forte e autoritario di lei sormontava il mio, mite e sempre alla ricerca di costante tranquillità. Non ero il tipo da litigi o da scontri verbali, semplicemente riconoscevo l’autorità e mi adeguavo al suo volere. Non ero ancora nelle condizioni di poter decidere cosa fosse meglio fare in questi casi, ero poco più di una ragazza, troppo fragile e paurosa per affrontare i veri pericoli della vita.

    ”Però è cos’ strano. Dieci anni fa, esattamente in questo stesso giorno, si è ripetuta la stessa scena. Non credo sia un caso, sono sicura che c’è qualcosa sotto, un motivo che però non ci è dato sapere. Per di più la Kazekage è stata davvero vaga nel descrivere la minaccia e mi ha ordinato di difendere il confine assieme agli altri mentre avrebbe potuto ordinarmi di combattere. Probabilmente non pensa che riuscirei a vincere da sola … Miseriaccia, detesto queste situazioni! Uff … suppongo che dovrei solo tenere a mente gli ordini di Nami-sama e prepararmi … al peggio …”

    Le sue parole mi avevano lasciato un vago senso di inquietudine. Il mistero che avvolgeva quella faccenda si mischiava ai ricordi confusi, creando un disagio che non riuscivo a spiegarmi. L’attesa era insostenibile, sapere di poter subire un attacco improvviso da una forza sconosciuta così potente da far preoccupare la Kage era quanto di peggio potessi aspettarmi. Domande superflue e scontate come “Chi ci sta accattando? Perché lo sta facendo?” non mi interessavano neppure perché non avrei trovato comunque una risposta. Tutto ciò che mi interessava ora era trovare un modo per fermare l’attacco. L’unica cosa di cui dovevo preoccuparmi era attendere il segnale e, qual’ora si fosse presentato, impegnarmi cento volte più degli altri per difendere il mio paese.

     
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    Tutti i soldatini recitarono la loro parte sotto le direttive di Nami, posizionandosi in ogni angolo al confine del villaggio onde evitare la catastrofe imminente; tuttavia qualcosa di strano avvenne, o meglio non lo fece affatto. Infatti i dubbi e le perplessità della Kazekage tanto più scorreva il tempo della giornata e tanto più si infittivano. Eppure a giudicare dall'espressione era così sicura dei dieci anni esattamente trascorsi da quel dì.
    Nessuno a parte lei sapeva cosa doveva accadere, ecco perchè assieme alle lancette dell'orologio andavano avanti anche gli umori dei soldati, via via sempre più tendenti ad abbassare la guardia. Prima secondi, poi minuti e infine ore intere. Ma niente. Non avveniva proprio nulla. Temperature normali, tempeste di sabbia inesistenti, clima secco. Nessun evento strano o paranormale minacciò la Sabbia, pertanto alla sera gli anbu cominciarono a ritirarsi nelle loro abitazioni, autorizzati dalla stranita Drakeito.
    Anche Yuka vedendo l'andazzo delle cose voleva tornarsene a casa, ma alla sola torsione del busto per muovere gamba, avvertì una mano irrigidita ancorarsi sulla sua scapola...


    - Tu no, Yuka. Mi duole trattenerti a quest'ora, ma finchè non arriverà domattina non sarò tranquilla. -

    Era rigida nella presa, spaventata sul volto, praticamente ossessionata da quell'assenza di avvenimento. Cosa la terrorizzava a tal punto? Una donna della sua stazza normalmente non dava a vedere simili emozioni, probabilmente perchè neanche le conosceva, ma quel giorno le cose cambiarono.
    [...] Alle quattro del mattino mancavano una manciata di ore prima che il sole sorgesse, e fu proprio allora che il primo granello di sabbia di una lunga serie si sollevò al vento. In pochissimi istanti la catastrofe: decine di enormi tornado sabbiosi si ersero all'orizzonte oltre le dune facendo sobbalzare la Kage che tuonò:


    - SVEGLIA YUKA!! CI SERVE QUELLA DIFESA!! -

    Tutti erano a dormire, e per quanto la Kage gridasse a squarciagola non riusciva ad attirare l'attenzione dei suoi subordinati. Erano soltanto loro due: dovevano occuparsene finchè i rinforzi non fossero accorsi, consapevoli della minaccia.
    Con rapidi gesti delle mani Nami evocò tutta la sua squadra di marionette e la dispose a mò di perimetro difensivo, cosicchè da poterli connettere col chakra e alzare uno scudo metafisico da integrare alle azioni della Jinchuuriki.
    [...] i tornado impattarono nella loro maestosità contro la barriera, "spingendo" Yuka da ogni parte, ed era palese quanto per poco ancora potesse resistere. Neanche venti minuti ad occhio e croce, e infatti fu il lasso di tempo più travagliato della vita della Kunoichi, le cui narici arrivarono a sanguinare per lo sforzo. Era come se trattenesse con la sola forza dei bicipiti due camion che la comprimevano su lati opposti, semplicemente uno sforzo immane; e la Kage non era da meno. Riusciva a creare un sostegno capace di non far schiacciare Suna in un unico tiro, ma per quanto ancora entrambe avrebbero resistito?
    Alla fine, così come dieci anni fa,Nami dovette compiere la scelta più difficile, ma al contempo più giusta per la salvaguardia del villaggio...


    - Yuka, ascoltami: ormai gli anbu avranno avvertito le scosse e staranno arrivando. Devi fare una cosa per me, una promessa. Devi giurarmi di resistere fino ad allora, a costo della tua vita. Non ti chiedo di farlo per il tuo Kage o per il villaggio, ma per la tua famiglia. I tuoi cari. Giura di proteggerli ora ed in eterno.
    Detto questo...aprimi un varco: basta uno spiraglio per permettermi di andare all'esterno... -


    Digrignava i denti, le tremavano le ginocchia e sudava freddo, come un condannato a morte che si avvia sul patibolo. Sperava di non tornare "lì", che questa sarebbe stata la volta buona per il villaggio di resistere e basta, ma a quanto pareva la storia si ripeteva....

    - YUKA! E' UN ORDINE! APRI ORA! -

    Così scomparve all'orizzonte....per non tornare mai più, neanche quando la tempesta si calmò, cinque ore dopo.
    [...] Yuka e gli altri militari non avvertirono più la pressione esterna, segno che tutti si era quietato. Quindi la difesa sabbiosa estesa venne ritratta e un enorme caos pareva aver scosso l'intero deserto del Vento. Ma...che ne era stato della Kazekage?
    Toccava a Yuka indagare.



    Scusa il post veloce, ma non volevo bloccarti troppo. Trova il modo di indagare e segui le tracce di Nami fino ad una caverna in una duna. Fermati al suo interno, scioccata dalla visione.
     
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    La schiena ritta, lo sguardo fermo, le orecchie in ascolto e la concentrazione al massimo. Con il cuore che batteva forte ad ogni soffio di vento, me ne stavo accanto a Nami-sama, più alta, ritta e pronta di me. Dietro di noi così tanti shinobi da fare spavento, tutti pronti esattamente come noi per proteggere il nostro amato paese. La loro presenza, la presenza della Kage in persona, mi infondeva un coraggio che non aveva eguali, lì, pronti per affrontare la minaccia imminente, non c'ero io, c'eravamo tutti insieme come un'unica forza. All'ansia e la paura per l'ignota catastrofe, che secondo Nami-sama sarebbe giunta all'improvviso da un momento all'altro, si aggiunse questa nuova sensazione capace di farmi restare lì, in piedi, con lo sguardo verso il deserto. Era quella unione a sostenermi e sarebbe stata quella stessa forza a proteggere il villaggio. Respirai a fondo l'aria pulita ma pregna di ricordi che mi scompigliava i capelli, osservai il cielo grigio notando uno spiraglio di luce proprio sopra di noi, come se ogni altra luce si fosse spenta, illuminando solo noi. Non mi voltai per osservare i volti dei miei compagni, non avrei retto le loro espressioni impaurite, preoccupate e al contempo così determinate da far spavento a me, che sovente avevo paura. Quel giorno, come dieci anni prima, la minaccia tornò a bussare alle nostre porte, ma questa volta ero in prima linea per proteggere quello che più amavo al mondo.
    Voltai lo sguardo verso la Kazekage, accanto a me ma poco più avanti; i suoi occhi ambrati non conoscevano il terrore ma quella luce che oggi vi splendeva dentro si avvicinava molto a quella emozione. Quali pensieri la stavano tormentando? Erano i ricordi dello stesso terribile giorno? Ripensai a quella volta in cui la vidi di sfuggita comportarsi proprio come oggi, in prima fila a tirarsi dietro intere squadre di anbu. Mi chiedi cosa fosse successo allora, chi era stato a provocare quell'esplosione di cui ricordo ancora il boato. Una morsa allo stomaco iniziò a farsi sentire mentre un desiderio impellente stava per spingermi a chiedere alla donna perché non potevamo sapere, cosa c'era di tanto orribile ad aspettarci. Avrei tanto voluto tirarla per un braccio, guardarla negli occhi e rivolgermi a lei senza alcun timore, pretendendo spiegazioni, ma a bloccarmi c'erano vari fattori: l'abisso che ci separava, la conoscenza che la donna possedeva, l'educazione che mi era stata impartita. Non c'era niente da fare, se anche la donna mi avesse ordinato di bendarmi e camminare in un luogo ignoto l'avrei fatto senza discutere. Strinsi i pugni, desiderando quasi che la minaccia si presentasse seduta stante solo per placare i miei tormenti.

    "Sta calma, Yuka. Devi fidarti di Nami-sama. E' inutile smaniare per nulla, finirai solo per deconcentrarti e non sarai pronta per quando accadrà... "

    Mi impose la mia coscienza, facendomi calmare. Sospirai e ammisi che aveva ragione, avrei fatto meglio a calmarmi e prepararmi all'evenienza che comportarmi come una bambina viziata e curiosa. Eppure, l'attesa era stancante. Attimi, minuti e intere ore di puro terrore, conscia del fatto che ogni secondo che passava potrebbe essere stato quel secondo in cui tutto sarebbe avvenuto. Il villaggio intorno a noi era sempre lo stesso, ne riconoscevo le vie, gli odori, i suoni. Ogni shinobi del villaggio era posizionato lungo il perimetro delle mura, pronti a combattere. Di nuovo lo stomaco si chiuse in una morsa al pensiero che, tra quelle fila, chissà dove e quanto distanti da me, c'erano le mie amicizie. Chissà cosa stavano pensando, se anche i loro cuori battevano forte in concomitanza allo scorrere del tempo. Tutti noi, che ci conoscessimo o no, eravamo legati dal ritmo scandito dai nostri respiri, l'unica che sembrava immune a tutto quanto, l'ansia, il terrore, l'impazienza, era Nami-sama. La sua figura mi ricordava quella di un leone che, sul ciglio più alto di una roccia, osservava immobile ogni cosa, cogliendone un significato agli altri sconosciuto, leggendo segni invisibili ai più. Avevo sempre pensato che fossero i soldati a combattere e che i re restassero nei loro castelli ad attendere, ma oggi capivo che un vero re era il primo a destarsi e scendere sul campo di battaglia, e la Kazekage era davanti a tutti noi come il più grande dei re. Un caldo mi invase improvvisamente quando capii quanto quell'unica presenza fosse rassicurante non per me, non per l'esercito ma per ogni singolo cittadino del paese del vento. Alzai lo sguardo verso il deserto d'oro e anche nei miei occhi si accese lo stesso fuoco che animava quelli della donna davanti a me. Per la prima volta nella mia breve e tutto sommato tranquilla vita, mi sentii pronta per combattere.
    [...] Come le foglie cadono dall'albero con il passare delle stagioni, così l'attenzione collettiva calava con il passare delle ore. Il cielo grigio dove il sole splendeva pallido dietro le nubi si trasformò sempre di più. Prima il grigio divenne azzurro e il bagliore pallido si fece intenso; poi pian piano tutto si incupì. Il sole si allargò e cominciò a scendere verso l'orizzonte, circondato da nubi rosee e color pesca. Il cielo a confine con l'orizzonte era chiaro, sembrava voler difendersi dal blu scuro che ottenebrava ogni cosa. Le ombre scesero sulle dune, poi sulle mura del villaggio, sulle case, sulle strade e infine su di noi. Le prime stelle cominciarono a brillare nell'oscurità quando una confusa e stupida Kazekage diede il permesso agli stanchi anbu di ritirarsi. E non solo loro, metà dell'esercito aveva dato segni di malcontento già nel primo pomeriggio e, calate le tenebre, aveva deciso di tornarsene nelle proprie abitazioni. La Kazekage non aveva potuto nulla: centinaia e centinaia di uomini smaniavano per lasciar stare quella storia che sembrava, a quel punto, non avere alcun senso. Non era accaduto nulla di insolitamente pericoloso o strano per tutto l'arco della giornata. Solo il cielo era mutato, scandendo il passare delle ore. I soldati avevano iniziato ad annoiarsi e prendere sottogamba la situazione per poi stufarsi definitivamente di quella storia che, secondo loro, non aveva né capo né coda. Per tutto quel tempo che era sembrato infinito, Nami-sama aveva fissato l'orizzonte, sempre più ansiosa, quasi smaniosa e confusa di fronte a quella tranquillità, e mentre i suoi uomini, ormai stanchi, lasciavano vuote le loro posizioni, il suo volto mi apparve non per quello della giovane donna dalle mille risorse, temeraria e capace, ma come quello di una donna qualunque. La sua inquietudine, invece di acquietarsi, era accresciuta. Avrei voluto restare ancora lì con lei come avevo fatto per quel quasi intero giorno, ma, anche io, stavo per sfiorare il limite. La testa sembrava volermi esplodere mentre le membra e le giunture imploravano una pausa. Avevo bisogni di sdraiarmi, abbeverarmi e mettere qualcosa sotto i denti ma sopratutto avevo bisogno di lasciarmi alle spalle quella storia. Fare finta che non fosse accaduto nulla, cosa che iniziavo a prevedere visto l'andazzo. Tra una manciata di ore sarebbe stato un nuovo giorno, non più il giorno di dieci anni fa. Una parte di me percepiva ancora quel "pericolo in vista" nonostante la rassicurante luce della luna dorata sopra di noi, ma quella stessa parte era stata oscurata dalle mie esigenze che iniziavano a farsi sentire. Sì, la parte di me che lottava per essere ascoltata voleva tornare a casa nel caldo abbraccio della mia famiglia. Con gli occhi lucidi per la stanchezza, non ebbi il coraggio di congedarmi, non quando la Kage se ne stava ancora dritta come un palo a scrutare l'orizzonte. Sperai che lanciandole un muto segnale avrebbe convenuto che era il caso di lasciar stare. Provai a girarmi e allungai un passo per andarmene ma la presa più salda che mai avevo sentito sul mio corpo si posò sulla mia scapola.

    Tu no, Yuka. Mi duole trattenerti a quest'ora, ma finchè non arriverà domattina non sarò tranquilla.

    Fu allora per la prima volta in quella giornata che distolse lo sguardo dal nulla sconfinato del deserto. I nostri volti si incontrarono, i miei occhi fissi sui suoi ne leggevano lo spavento, l'ansia, la vera e propria ossessione per quella storia. Disarmata, ordinai alla bambina in me di tenere duro mentre era la kunoichi a prendere il comando. Mi rimisi in posizione, più dritta di prima, proprio come il mio Kage.

    Attenderò con voi fino a quel momento, Nami-sama.

    [...]Tenni gli occhi chiusi per le ore successive nonostante il mio corpo e la mia mente fossero svegli e vigili. Le occhiaie attorno ai bulbi oculari rendevano la mia pelle scura, segnata; quegli stessi occhi che, subito dopo aver promesso alla Kazekage di non andarmene, iniziarono a bruciare. Non era un bruciore da irritazione ma da sonno. Sentivo il tasso, legato al mio animo, attendere in uno stato simile al mio: i suoi respiri equivalevano ad una sorta di basso e profondo ruggito. Una volta chiusi gli occhi, tutto apparve molto più tranquillo. Era il nero ad inghiottirmi ma vi nuotavo dentro senza paura, lasciando che i miei organi di senso creassero immagini nella mia testa. Da quel nero mi apparve il vento e il rumore della sabbia che veniva trasportata con grazia da esso, sentii la sabbia fredda della notte tra le dita e l'odore finissimo che si respirava tra le dune. Prima che potessi accorgermene, mi stavo avvicinando a qualcosa di molto al sonno, una sorta di perdita di conoscenza consenziente. Che fosse pericoloso o meno non ebbi modo di fermarmi. Il mio corpo divenne leggero e si slegò dal concetto di tempo e spazio. Nella mia testa, c'ero io, sola e nel bel mezzo del deserto in una notte dove la luna e le stelle brillavano. Sentivo in lontananza un suono familiare, una musica ipnotizzante che mi richiamava. Mi lasciai quindi trasportare dal vento, volando sopra il cielo di Suna come un gufo nella notte. La sensazione di pace e leggerezza che provai mi spinse a lasciare fuori tutto il resto, c'ero solo io e la mia amata terra. Poi un suono si mischiò a quella dolce musica, un richiamo che nulla aveva a che vedere con la musicalità. Si faceva sempre più forte, sempre più preoccupato, disperato, arrabbiato. Era il mio nome...? Aprii gli occhi e il mondo mi investì con tutta la sua distruttiva realtà. I suoni rimbombarono nelle mie orecchie, le immagini divennero così vivide da far male ai miei occhi, il mio intero corpo sembrava non volermi ubbidire, rigido com'era. Poi il volto della Kazekage mi si parò davanti, spaventato e furente come mai l'avevo visto. Mi fu tutto più chiaro, allora.

    SVEGLIA YUKA!! CI SERVE QUELLA DIFESA!!

    Ricambiai con uno sguardo attonito, lanciando un'occhiata terrorizzata all'orizzonte. Non riuscivo a credere a ciò che stavo vedendo: il villaggio era circondato da decine e decine di giganteschi tornado sabbiosi. Essi si muovevano veloci come il vento stesso, pronti per polverizzare ogni cosa. La paura si aggrappò a me con una forza disarmante, tanto che, almeno per quel momento, non riuscii a fare altro che guardarmi intorno. Impallidii alla visione di decine di shinobi dormienti. Nessuno era in piedi, nessuno sembrava accorgersi di quel tremendo pericolo. Nami-sama urlava a squarciagola senza sosta ma nessuno, e dico nessuno di loro si alzò. Come era possibile? Cosa stava accadendo? Possibile che il compito di difendere un intero villaggio ricadesse solo sulle nostre spalle. Il senso di oppressione e la paura stavano per distruggermi, sentivo che sarei caduta a terra, in lacrime, implorando che tutto quello fosse soltanto un incubo, se solo avessi potuto sognare. I miei nervi cedettero così come il mio autocontrollo. Conoscendo la codarda in me, sarei fuggita da qualche parte, nascondendomi e maledicendomi al contempo per non essere capace di reagire. L'avrei fatto se solo qualcuno non mi avesse urlato contro. Con una sensazione vergognosa mai provata prima pensai fosse Nami-sama, ma mi sbagliavo.

    *


    Improvvisamente tutto si fermò, i suoni, il vento che sbuffava. Ebbi il tempo di respirare, calmarmi e, incredula aprire gli occhi.

    Shu... Shukaku...

    Il demone della prima coda, relegato dietro le sbarre magiche che non avevano fine, così come quel posto che era l'angolo più remoto di me che ospitava quel legame costantemente in bilico. I suoi occhi ambrati e neri si posarono sui miei e vidi che non c'era compassione né accanimento in essi. Era qualcosa di diverso, qualcosa che mi ricordava quel fuoco negli occhi della Kazekage, quegli stessi occhi ai quali avevo promesso di combattere.

    Non capisco molto di voi umani, siete sciocchi, codardi e al contempo avari di potere. Ma se sono qui, davanti a te, è per una ragione. Smettila di comportarti come una bambina, la cosa mi urta pesantemente. Affronta le tue paure come affrontasti me quel giorno. E' la paura il vero nemico, non un paio di tornado di sabbia.

    Tremante, mi alzai in piedi senza lasciare che i miei occhi lasciassero i suoi. Il labbro inferiore mi tremava ma erano gli occhi a parlare quando strinsi i pugni e giurai a me stessa, non al cercoterio, di darci un taglio coi piagnistei. Ero io il vero nemico di me stessa, erano tutti i miei dubbi, le mie insicurezze, le mie mancanze a bloccarmi.

    "Non oggi..."

    Mi dissi mentre l'immagine di Shukaku scompariva così come la stanza bianca e nera e la gabbia senza inizio né fine. Quel giorno, anche solo per un unica volta, avrei creduto in me.

    *


    La Kazekage giunse le mani e decine di marionette che mai avevo visto apparvero davanti a noi, lungo il perimetro del villaggio. Dunque era quella la "collezione" per la quale la donna era famosa, le sue marionette capaci di vincere qualsiasi battaglia, impiegate tutte per quella singola catastrofe. Mi fidavo di Nami-sama, ora più che mai. Le lanciai uno sguardo di intesa e capii all'istante cosa fare. Eravamo accerchiate completamente senza via di scampo; chiunque altro sarebbe potuto morire, lasciando che quei tornado distruggessero ogni cosa, ma chiunque li avesse scatenati non aveva messo in conto che a proteggere Suna c'eravamo noi. L'aura color sabbia mi avvolse mentre le mie pupille di dilatavano e gli occhi cerulei divenivano ambrati. Stesi le braccia e chiusi gli occhi. Il chakra demoniaco si fuse al mio mentre sottili granelli di sabbia si alzavano in alto appena fuori le mura del villaggio, dell'intero villaggio. Un velo sottile si alzò creando una specie di torre che non smise di crescere neanche per un momento. Le braccia mi tremavano per lo sforzo, così come le gambe mentre facevo appello ad ogni briciola di chakra in corpo per salvare il villaggio. Trattenni il respiro e aprii gli occhi, creando un muro gigantesco attorno al villaggio, una torre chilometrica fatta interamente di sabbia.

    Kūsabōheki

    Fu il mio sussurro prima dell'impatto. Il muro di sabbia fu improvvisamente spinto con una forza spropositata, tanto che faticai a restare in piedi per la sorpresa. Neanche il tempo di alzarmi che quella forza sovrumana investì nuovamente il muro di sabbia, facendomi urlare per il dolore. Sentivo le braccia rompersi ed esplodere nello sforzo di far fronte a quella forza inaudita. Una due, tre, quattro volte appena e già mi sentivo mancare. Nami-sama mi diede supporto con le sue marionette, creando un ulteriore scudo che si fuse a quello già esistente. Incredula, spaventata, colsi il terrore nei suoi occhi. Era il cenno che la vera catastrofe stava per avvenire. Non vedevo nulla attorno a me se non sabbia e il cielo scuro ad incombere sul villaggio, ma non ebbi bisogno di vedere. All'improvviso, tutto si scatenò. Centinaia di tornando sabbiosi si unirono, generando un'unica, distruttiva spinta. Urlammo ma nessuno ci ascoltò, implorammo aiuto ma nessuno venne ad salvarci. Il mio corpo a stento reggeva la fatica di tenere in piedi quel muro, il mio cuore martellava così forte da farmi male, il chakra demoniaco vacillava come mai aveva fatto prima d'ora. Mi sentivo come se due pareti di cemento si avvicinassero sempre di più, volendomi schiacciare, ed io, con le braccia, tentavo invano di allontanarle. Chiusi gli occhi perché era inutile tenerli aperti. I rumori, gli odori, tutto si era fuso in un unico nero grido. Era la morte che mi attanagliava da ogni parte, trascinandomi in un oblio infinito. Mi mancò il respiro, mi mancarono le forze. Fu proprio quando stetti per cedere che qualcosa dentro di me si scatenò con un'energia indescrivibile. Era la Vita che mi teneva stretta così tanto da farmi male, il coraggio che sembrava cucirsi sulle mie carni mentre l'unica cosa che sentivo, udivo e percepivo era di potercela fare. Un ruggito esplose dentro di me, simile a quello del tasso ma non era lui. Ero io, eravamo noi due assieme. Allargai le braccia e ci misi l'anima intera per non far cedere quel muro. Non doveva cedere. E resisteva, potevo sentirlo mentre lottava contro quella forza disumana senza arrendersi.

    "Coraggio, puoi farcela!"

    Un liquido caldo mi sgorgò dal naso e colò sulla bocca, sul mento, sui vestiti fino ad arrivare a terra. Il mio stesso sangue ribolliva per lo sforzo di mantenere intatta l'unica difesa in grado di salvare la cosa più importante avessi al mondo. Tenni duro ma la morsa non si allentava. Distrutta, voltai lo sguardo verso la Kazekage, più stremata di me. Respirava a stento ma non si muoveva di un millimetro, continuava a creare quello scudo capace di respingere ogni cosa. Per quanto tempo avremmo dovuto resistere a quell'inferno? La risposta non la seppi mai perché il fato ci aveva dato una scorciatoia, o meglio, una via secondaria per affrontare quella catastrofe. La voce di Nami-sama mi raggiunse così improvvisamente che per poco non persi la concentrazione. Diavolo, era come se avessi persino dimenticato che avesse una voce, che potesse parlare.

    Yuka, ascoltami: ormai gli anbu avranno avvertito le scosse e staranno arrivando. Devi fare una cosa per me, una promessa. Devi giurarmi di resistere fino ad allora, a costo della tua vita. Non ti chiedo di farlo per il tuo Kage o per il villaggio, ma per la tua famiglia. I tuoi cari. Giura di proteggerli ora ed in eterno.
    Detto questo...aprimi un varco: basta uno spiraglio per permettermi di andare all'esterno...


    Tremava dalla testa ai piedi sudando freddo, digrignando i denti per lo sforzo. Le sue parole non potevano essere reali, non poteva finire in quel modo. Il terrore, la tristezza, l'ansia e ogni sorta di sensazione angosciante sembrava sul punto di raggiungermi. Come potevo farlo? Come potevo lasciare che la guida indiscussa dell'intero paese si sacrificasse a quel modo? Non bastavo io per aiutarla? Non ero abbastanza forte? E la realtà venne più dura che mai: non eravamo abbastanza forti per difenderci. Boccheggiai, tentando di trovare una soluzione ma la mia mente era vuota, solo l'immagine della Kazekage che mi lasciava la tormentava.

    N-nami-sama... Non potete farlo... Abbiamo bisogno di v...

    YUKA! E' UN ORDINE! APRI ORA!

    Digrignai i denti anche io, sottraendomi al suo sguardo mentre le lacrime mi scorrevano sulle guance, mischiandosi col sangue. Consapevole di non volerlo fare, consapevole che ciò avrebbe comportato una tragica e non voluta perdita, ubbidii. Aprii un varco abbastanza grande da permettere alla donna di passarvi. Abbandonò la sua posizione, spesso il suo scudo e si diresse zoppicando verso l'uscio che l'avrebbe distrutta. Sentii dentro il terribile ma vero presentimento che non sarebbe più tornata. E la guardai andare via senza voltarsi, decidendo di affrontare la sua ultima battaglia a testa alta, come il più nobile e coraggioso dei guerrieri. Glielo urlai mentre attraversava quell'arco sabbioso per la prima e l'ultima volta nella sua vita.

    VE LO GIURO! IO NON CEDERO' MAI! PROTEGGERO' SUNA FINO ALLA MORTE! VE LO PROMETTO, NAMI-SAMA!

    Il varco si richiuse e qualcosa dentro di me si ruppe per sempre.

    Cinque ore più tardi...


    Se era quella la sensazione d'esser vivi avrei preferito di gran lunga essere morta. Subito dopo che la Kazekage fu risucchiata dal caos esterno, giunsero gli Anbu che mi aiutarono nell'arduo compito di sopportare quella tempesta, la tempesta più terribile che scosse Suna. Lo stanchezza che provavo non era nulla se paragonata all'abisso creatosi dentro di me. Il dolore che provavo alle braccia, alla testa, all'intero corpo, era nulla, una frivolezza rispetto al dolore che solo il mio intimo percepiva. Cinque ore. Ebbi esattamente cinque ore per pensare e ripensare a ciò che era stato come se si fosse trattato di anni ed anni fa, non di poche ore. Nami Drakeito si era sacrificata per il villaggio e, morendo eroicamente. Ed io non avevo impedito nulla di tutto questo. Ero in parte responsabile, avrei potuto fermarla se solo avessi voluto. Ma avevo chinato il capo, avevo ubbidito agli ordini così come mi era stato insegnato. Maledetta me, maledetta la mia debolezza. Ora Nami-sama non c'era più e, oh, quanto avrei preferito scomparire io al suo posto. Un intero paese avrebbe pianto sulla sua tomba, sulla mia avrebbero pianto solo i miei cari. Il mio compito sarebbe dovuto essere proteggere il villaggio ma ero riuscita a fargli solo del male togliendogli il simbolo stesso di pace, l'unica persona capace di farsi carico di ogni male senza mollare mai. Con gli occhi umidi e le labbra secche, il volto e i vestiti sporchi di sangue e gli arti ancora tremanti, caddi al suolo con tutto il mio peso quando la spinta si allentò, il muro di sabbia cadde e le urla vittoriose si levarono sotto un cielo più limpido che mai.
    [...] Mi fu portato da bere e da mangiare, persino dei vestiti puliti, mentre una squadra di medici controllava le mie condizioni, lì dove ero caduta, al confine del villaggio. Bevvi appena un sorso d'acqua ma non mangiai né mi cambiai, riuscii solo a spiegare agli anbu quello che era successo. Lo sgomento nei loro occhi non mi fece alcun effetto, ero preparata alla loro reazione da tempo. Increduli, incalzavano domande alle quali non sapevo rispondere ma li zittii con una mano, alzandomi in piedi seppur le ginocchia tremassero ancora. Non avrei lasciato Suna senza una guida, anche se quest'ultima fosse morta. Mi incamminai verso la porta del villaggio, seguita dal gruppo di Anbu che tentavano di fermarmi. Stremata, mi voltai verso di loro con sguardo stanco ma determinato. Un sussurro pacato ma deciso fu quello che udirono.

    Nami-sama è scomparsa ma nessuno di noi sa dove sia, né in che condizioni si trovi. Potrebbe essere morta... Ma potrebbe non esserlo... Io... La troverò, e la porterò indietro. E' questo il suo posto, in ogni caso.

    Sì, sarei andata a cercarla da sola, senza bisogno di nessuno. Io l'avevo lasciata andare ed io e solo io l'avrei fatta tornare indietro. Esigetti che nessun altro mi avrebbe seguita, per nessun motivo. La tempesta si era calmata ma nessuno, me compresa, sapeva cosa c'era là fuori. A passo lento a causa della stanchezza, mi lasciai il villaggio alle spalle così come aveva fatto Nami-sama, cinque ore prima. La sabbia era dorata come sempre, scottava anche attraverso gli stivali che indossavo. Il sole splendeva alto anche se conservava quel pallore del giorno prima, così come il cielo. limpido ma dal colore grigiastro, quasi verde per un gioco di luci. Era il cielo dopo la tempesta, quello. Intorno a me il nulla se non il più normale deserto, così tranquillo che l'immagine dei tornado sembrava appartenere ad un altro luogo.

    "Nami-sama... Dove siete?"

    Mi chinai per terra, affondando la mano dentro la sabbia. I granelli mi circondarono, bruciando a contatto con le escoriazioni; chiusi gli occhi e immaginai la donna percorrere questa stessa strada andando in contro al mistero. Trattenni il respiro e percepii qualcosa di molto flebile. Conoscevo il campo magnetico della donna che si trovava troppo lontano dal mio raggio di ricerca, ma c'era qualcosa di strano lì intorno. Un barlume sottile, quasi inesistente di lei mi chiamava. Come poteva essere? Forse si trattava di un'illusione, un tiro mancino della mia mente stanca. Ma lo sentivo, non solo con il mio sesto senso ma con qualcosa dentro di me. Mi venne alla mente una frase che mi disse mia madre tempo fa. Mi raccontò che noi, in un qualche modo sconosciuto, percepiamo la presenza delle persone a cui vogliamo bene anche se sono lontane. Poteva essere... quello? Aprii gli occhi e la luce mi diede fastidio. Alzandomi, guardai intorno a me e vidi solo arido deserto. Dovetti ammettere che le possibilità di trovare la Kazekage erano minime. Per cui, tenendo da conto che, probabilmente, non l'avrei mai trovata, decisi di seguire l'istinto. Chiusi gli occhi e sentii nuovamente quella flebile parvenza di vissuto della donna. Quel sottile campo magnetico , quasi come se solo una parte di lei fosse rimasta in quel luogo. Repressi i brividi e seguii le tracce. Cercai di tutto: tracce, odori, effetti personali, sangue, qualsiasi cosa che potesse portarmi dalla donna. Ero pronta a setacciare l'intero deserto pur di trovarla. Il vento non soffiava nemmeno, era una giornata secca come poche. Stremata, mi aggrappai a quella sensazione, al mio istinto che voleva ritrovare Nami Drakeito più di ogni altra cosa. Centinaia di metri percorsi quando ecco che quella sensazione tornò, leggermente meno flebile dell'altra. Era un leggero campo magnetico o forse gli somigliava, non sapevo neanche più dirlo tanto ero stremata. Camminai, desiderando sempre più intensamente rivedere il volto severo della donna i cui occhi sembravano scrutarmi l'anima ogni volta che si posavano sui miei. La sua voce, nella mia testa, sembrava volermi portare da lei come una dolce musica trasportata dal vento. Passarono ore, forse, avevo perso qualsiasi cognizione di tempo ma non mi importava più. Il deserto si faceva sempre più selvaggio, le dune sempre più alte e pericolose da percorrere. Ma era lì che dovevo andare, lo sentivo. Facendo appello alle forze rimaste, mi arrampicai su una duna così alta che mi oscurava l'orizzonte. Piantai i piedi nella sabbia calda e mi tirai su con le mani mentre l'attaccatura delle unghie bruciava fastidiosamente. La mano sinistra cedette e mi ritrovai con la sabbia in bocca e negli occhi. Imprecando, sputai i granelli, pulendomi il volto con scarso risultato. Dovevo avere un aspetto orribile perché, quando aprii un occhio, notai che sulla mano con cui mi ero pulita c'erano tracce di sangue secco, ancora sul mio volto. Alzai lo sguardo con la bocca aperta per la secchezza e, digrignando i denti, fece perno col piede portante e allungai la mano libera per continuare l'arrampicata. Salii fino alla cima, stremata e rassegnata al fatto che, davanti a me, non c'era nient'altro che deserto. Se avessi avuto abbastanza acqua in corpo avrei pianto ma le lacrime neanche si formarono. Camminai ancora, seguendo una meta che si faceva sempre più distante, sempre più confusa e della quale una parte di me si fidava sempre meno. Forse mi ero cimentata in un'impresa impossibile, forse sarei morta di sete in quel posto. Ma ecco di nuovo quella sensazione che mi spingeva ad andare avanti, nonostante tutto. Camminai ma feci il passo sbagliato. Mi trovavo sulla cima di un'alta duna ma, barcollando, non mi ripresi abbastanza in fretta, cadendo. Il mio corpo non reagì nemmeno, vidi solo il suolo avvicinarsi ad una velocità impressionante e poi il tonfo, dove tutto divenne nero.
    [...] La caduta sarà stata da una dozzina di metri d'altezza a giudicare dal dolore agli arti. Fu per quello che mi svegliai, il dolore alle braccia e la testa che pulsava come non mai. Aprii gli occhi e vidi il cielo grigio sopra di me mentre mi sentivo sprofondare nella sabbia. Non avevo nulla di rotto ma ammaccato sì. Con un grande sforzo, mi rigirai sul lato e mi misi in piedi, barcollando. Mi ero tagliata le gambe da sola gettandomi in quest'impresa, ora ne ero certa. Ma come mi era venuto in mente di cercare qualcuno in mezzo a miglia e miglia di solo deserto? Dovevo essere andata del tutto, lo schock mi aveva dato alla testa. In piedi, mi tenevo sulle ginocchia a stento, incuriosita da ciò che avevo davanti. Sembravo esser capitata nel bel mezzo di una trincea. Larga quasi cinque metri ma alta il doppio. Vidi che non c'era modo di attraversare quell'abisso ma fu allora che capii. Mi voltai e sì, la trovai. La duna dalla quale ero caduta era in realtà una grotta ed io ero poco distante dall'entrata. Il cuore cominciò a battere come sembrava non fare da anni mentre ritrovavo una nuova energia in me. Non mi interessava percepirlo o no, sapevo che era quello il posto giusto. Lo sentivo dentro di me. Un lieve sorriso apparve sul mio volto stanco mentre raggiungevo l'entrata della grotta desertica tentando di non barcollare.

    "Eccomi, Nami-sama! Sto venendo a prendervi!

    Mi poggiai alla parete di sabbia, prendendo un bel respiro prima di entrare. Due passi e il respiro si mozzò. Gli occhi sgranati e il volto contratto da una smorfia terrorizzata. Non riuscivo a muovere un solo muscolo, a spiccicare parola. Era decisamente troppo per me.
     
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    - DOV'E?!?! -

    *TUUUUUUUM!!*

    - t-te l'ho....g-già detto... -

    - DOV'E?!?! -

    *TUUUUUUUM!!*



    - C-come potrebbe essere ancora q-qui...dopo 150 anni?! -

    Dall'interno della grotta provenivano boati incredibilmente assordanti e inquietanti, i medesimi di un corpo investito da una roccia a 100 chilometri orari almeno. E lo scricchiolìo di ossa più volte tritate in un tritarifiuti. Questi e molti altri disturbanti realtà permeavano con un ecco all'esterno del complesso naturale. Ma nessuno avrebbe mai potuto sentire nulla in quella distesa infinita di sabbia e polveri, nessuno fuorchè Yuka che per miracolo di una qualche divinità era riuscita a mettersi bene sulle tracce della benefattrice di Suna, scoprendone l'ubicazione casualmente.

    - Oddio...le mie braccia! -

    Quel timbro vocale femminile trascinato dagli abissi della grotta non poteva essere che il suo: di Nami Drakeito!
    Yuka accelerando a più non posso il passo si addentrò nel luogo ostile e seguì il dolore della Kage per un fitto tunnel di almeno 1 chilometro. Più andava avanti e più si poneva quesiti a cui solo Nami avrebbe potuto rispondere, ma tra la marea di dubbi una certezza rincuorante la faceva sperare per il meglio: lei era ancora viva per quanto in gravi condizioni. Il problema era: quanto gravi?
    Sulle venature rocciose v'era una tessitura di singolari sigilli, disegnati appositamente per tutta la durata del tragitto. Graffiti? No, Fuuinjutsu!
    I metri venivano percorsi e Yuka vide la fine del tunnel, e con esso lei!



    - Ah....non s-sento più n-iente... -

    Martoriata, pestata, presa a calci, sbattuta contro le rocce appuntite: la fiera e nobile Kazekage di un tempo ora era ridotta uno straccio, con i vestiti ridotti a poco più di qualche lembo e i seni scoperti, anch'essi colmi di lividi.
    La sua faccia? Un sacco da box, disseminata di ematomi, gonfiori, rivi di sangue pioventi dagli occhi, eccessivamente provati per potersi rendere conto di cosa avevano davanti. E invero persino Yuka, in ottime condizioni a paragone, stentava a credere alla visione: quello era....SHUKAKU?! O qualcosa che ci assomigliava maledettamente. Quella coda, quelle vene violacee, quegli occhi grandi, trafiggenti e stellati. Eppure la Kunoichi ce l'aveva dentro! Ci stava addirittura parlando! In cosa differivano le due bestie? Solo nella cromia: uno assumeva tinte desertiche naturalmente riconoscibili, l'altro nero-pece, come se a costituirlo fossero erosioni di materiale magmatico pietrificato.
    Nella sua possensa stringeva tra i pollici e gli indici la succube Nami, giocando con le sue articolazioni al pari di una bambola: la snodava a piacimento, gli ruotava di 360° le braccia, gli spezzava i femori e ancora la sbatteva sul soffitto pochi metri sopra di loro. Infine la lanciò in un groviglio di sangue...


    - D-dio...ti prego...uc-ucidim...AH! -

    Ma nessuna misericordia per la donna: Anti-Shukaku la stava torturando, e non a caso. Continuava a domandarle dove fosse finito, non credendo alla solita risposta biascicata tra un sospiro di polmoni e uno di diaframma. La donna era inerme, devastata, schiacciata in ogni suo punto. Ma l'aspetto più cruento era paradossalmente vederle tremare le braccia per gli spasmi. Le vibravano le nocchie, e le falangi; non perchè tentasse di muoverle, bensì perchè il suo corpo cercava di rispondere alla paralisi con lievi speranze di salvezza.
    Verosimilmente Yuka voleva delle spiegazioni, ma prima ancora doveva assolutamente intervenire, a costo di rimetterci la pelle! L'ira cieca e funesta era prevedibile cosa suscitasse nel suo corpo: irrefrenabili sensazioni e...sete del sangue della bestia?
    Doveva far sapere a Nami che Dio non l'aveva abbandonata e che aveva chiamato qualcuno in suo soccorso.


    - Ultima possibilità, donna! Gaara dov'è?!?!

    - E'-MORTO!!!! -

    - PUTTANA!!! -

    La scagliò quindi con una forza brutale contro la roccia, in mezzo a un cumulo di rottami che solo allora Yuka riconobbe come le leggendarie marionette che fino a qualche ora prima avevano protetto Suna, dunque realizzò tutto: i vortici di sabbia li aveva generati l'antishukaku per una qualche ragione, ma soprattutto perchè non poteva uscire da quel mausoleo naturale. Le intemperie si erano placate perchè Nami stava concentrando su di sè la rabbia della bestia!

    Quest'ultima la riagguantò e spalancò le fauci per divorarle la testa...


    - Te l'ho detto che era la tua ultima chance: adesso ti decapito a morsi...! -

    - Oddio...n-o....ai...uto... -

    Due lacrime furono le gocce che fecero traboccare il vaso...ed esplodere YUKA!

    *ASPETTA YUKA, DEVO DIRTI UNA COSA! -

    Ti voglio incazzata, una bestia famelica! Attacca Shukaku e trai in salvo Nami.
     
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    Il nero più profondo si stagliava davanti ai miei stanchi occhi, una galleria che sembrava non avere fine. L'aria era umida in quel posto, la sabbia fredda. Sembrava quasi la tana di chissà quale creatura del deserto. Tralasciando lo stupore per quella scoperta, con le ginocchia doloranti, feci qualche passo in avanti. Mi bloccai di colpo per l'orrore. In quel silenzio di tomba, udii un tonfo notevole. Un rumore crudo di ossa rotte, frantumate. L'urlo che conseguì quel terribile rumore mi fece sobbalzare e tremare il cuore. L'urlo agghiacciante di una donna che stava subendo chissà quali atrocità per urlare in quel modo. Mi spaventai come mai prima d'ora e, ammetto, che sarei scappata via se solo il mio perfetto udito non avesse colto la sfumatura della Kazekage in quelle urla. Un nuova, terribile speranza nacque in quell'istante in me: Nami-sama era viva ma non lo sarebbe stato per molto. Solo io potevo salvarla, era stato il Fato a condurmi da lei. Il legame che ci univa mi aveva permesso di trovarla ed io l'avrei riportata indietro. Prima che me ne rendessi conto, le mie gambe si mossero da sole, correndo nell'oscurità più completa. La milza faceva male così come gli arti, il fiato sembrava incidermi la gola ad ogni respiro, tanto che sentii il sangue in bocca per lo sforzo di andare avanti. La testa mi scoppiava, gli occhi bruciavano, le labbra tremavano. Ma correvo come mai avevo corso in vita mia, barcollando a destra e a sinistra, spingendomi al limite. Gli occhi fissi nel vuoto ardevano come tizzoni: era la mia volontà, la stessa che animava gli occhi della Kazekage, gli occhi che sapevano scrutare la realtà delle cose. Avrei rimediato al mio sbaglio, avrei distrutto il senso di colpa per averla lasciata andare. Nella testa una sola frase:

    "Vi salverò, Nami-sama. Ad ogni costo."

    Le urla esplodevano ad intervalli regolari assieme a macabri rumori che mi facevano attorcigliare lo stomaco. Cos'era quel rumore di rotto, di schiacciato? Digrignavo i denti più mi avvicinavo alla meta, stringendo i pugni ad ogni grido della donna. Chi stava affrontando? Chi osava farla urlare in quel modo e perché? Quella dannata galleria non voleva saperne di interrompersi. Una luce iniziava a schiarirne le pareti che osservai stupida senza però fermarmi. Strani simboli ricoprivano tutto il tunnel senza interrompersi mai, come una catena. Si trattava di sigilli, l'arte dei Fuuinjutsu. Sarebbero potuti servire a qualsiasi cosa: confinare chiunque vi fosse al suo interno, rendere quel posto introvabile. Fanculo, non me ne fregava più di tanto. La suola degli stivali calpestava sabbia compatta, quasi solida. L'aria, più mi avvicinavo alla fine del percorso, diveniva sempre più pregna di un odore di sangue e marciume, rancido. Era da voltastomaco ma feci uno sforzo, reprimendo il conato improvviso che mi costrinse a poggiarmi alla parete sabbiosa più vicina. Strisi gli occhi, cercando di non rimettere, respirando a fondo. Avevo una narice incrostata di sangue solidificato che non toccai perché le dita, spellate, mi bruciavano. Mi guardai le mani, tagliuzzate, rendendomi conto con orrore che non avevo più l'unghia dell'anulare destro. Distolsi lo sguardo, sentendone solo allora il fastidioso dolore. Di nuovo quei colpi e quelle dannate urla, ma questa volta un brontolio roco, simile ad una voce distorta, si unì a quei suoni terribili. C'era qualcuno con la Kazekage. Strinsi i pugni e la carne viva scoperta dal'unghia toccò la carne gonfia del palmo. Corsi ancora più veloce, tentando di respirare correttamente per risparmiare fiato. Ispiravo col naso e soffiavo dalla bocca più regolarmente che potevo. Uno, due, uno, due. I capelli sporchi appiccicati alla fronte sudata furono scompigliati da una folata di vento improvvisa. Con un tuffo al cuore capii di essere maledettamente vicina. Era questione di centinaia di metri e finalmente avrei rivisto Nami-sama. Una sensazione di pura adrenalina si impadronì del mio corpo. Shukaku brontolava piano, quasi interdetto. Ricordavo le sue parole come un'eco nella testa, che si aggiungeva agli altri che mi dicevano tutti di andare avanti.

    "Affronta le tue paure come affrontasti me quel giorno"

    Già. Avevo paura di nuovo, giusto? E come non averne? Ero stremata e stavo inseguendo delle macabre urla appartenenti alla persona che mi ero ripromessa di salvare. In un corridoio buio, sola, come avrei potuto non averne? Ero una ragazzina, santo cielo. A darmi coraggio c'era la speranza e le parole di Shukaku e della stessa Kazekage; il fatto che contassero su di me mi aiutava a farmi forza. Avevo bisogno di loro per essere forte, della Kazekage, di Shukaku, della mia famiglia e dei miei amici. Da sola non ero più che nulla. Non ero in grado di affrontarmi e di affrontare le mie paure. Solo insieme alle speranze delle perone a me care potevo brillare. Per questo Nami-sama era così importante, per me. Aveva creduto nelle mie capacità, mi aveva tenuta sotto braccio e, Dio, sentivo ancora quella calda stretta sulla scapola. Mi aveva voluta con se ad ogni costo, non dietro di lei ma accanto, come il suo braccio destro. Mentre ci pensavo gli occhi si inumidirono. Dovevo riportarla a casa, assolutamente. Non ero nulla senza di lei, Suna non era nulla senza di lei. Una luce flebile si parò a cento metri da me e la raggiunsi mentre il cuore martellava scandendo ogni secondo. Lo sentivo nella testa. Tutum! Tututm! Tutum! Mi mancò il respiro mentre attraversai l'arco che mi portò nell'abisso delle mie paure. Sembrava di trovarmi nella notte più oscura, attanagliata dagli incubi. Ma ci ero dentro, non avevo indugiato sulla soglia. E nel preciso istante in cui vi entrai quella strana sensazione sopita in me, quella di cui avevo nascosto l'esistenza nel mio inconscio, cominciò a liberarsi, pian piano, nutrendosi dell'orrore che avevo davanti.

    "Q-Questo è..."

    Non lo sapevo neanche. Osservavo e basta mentre sensazioni contrastanti facevano a pugni tra l'oro nel mio fragile animo. Gli occhi non si staccavano da quelle immagini, la bocca non parlava e il corpo tremava immobile. Ero ipnotizzata da un'orrore che non avevo provato mai, in nessun caso, in nessun incubo, in nessun pensiero. Nami-sama era viva, inconfondibile ai miei occhi. Inconfondibile seppur l'atroce aspetto. Coperta di lividi, sangue, ematomi di ogni genere e orribili segni di violenza. Il volto era gonfio così tanto che sembrava sul punto di scoppiare. Il sangue le copriva gli occhi, il naso, la bocca, le scorreva dalla testa martoriata, i capelli strappati e incrostati di sangue. Il corpo era stato percosso così malamente che pochi stracci la coprivano, lasciandole scoperto quasi tutto il resto. Ovunque tentassi di non guardare, non vedevo altro che sangue, lividi, escoriazioni. Persino i seni ne erano ricoperti. La misteriosa sensazione in me crebbe all'improvviso, senza manifestarsi del tutto. Un leggero barlume, però affiorò, provocandomi un fastidioso tic all'occhio sinistro che si chiudeva e riapriva da solo. Le dita cominciarono a formicolare mentre un panico crescente incalzava dalla bocca dello stomaco fino a diffondersi in tutto il corpo. La Kazekage piangeva sangue dagli occhi mentre i suoi arti fratturati venivano percossi dagli spasmi involontari. Un'immagine patetica, assurda, che mi scioccò. Restò marchiata a fuoco nella mia testa fin dal primo momento. Fu schiacciata contro il soffitto da cui caddero ammassi rocciosi non indifferenti. Il sangue prese a gocciolare dallo stesso soffitto mentre una voce tombale risuonava nell'aria putrida. Se guardando le condizioni della donna mi ero sentita strana, terrorizzata e triste, quando capii cosa la stesse stringendo nelle enormi e scure mani mi sentii quasi peggio. Arretrai, portandomi istintivamente una mano alla pancia. Era lì, il sigillo della bestia, e dentro di Shukaku osservava tutto tramite i miei occhi. Eppure era lì davanti a me. Shukaku, Ichibi, il Demone Tasso della Prima Coda. Stringeva con forza il piccolissimo corpo, a suo confronto, della Kazekage. Era Shukaku a lanciarla sulle pareti alla stregua di una bambola di pezza, era lui a romperle le ossa come si rompe uno stuzzicadenti. Era la sua voce tuonante ad incalzarla. Ero così scioccata che solo allora sentii le loro parole. Sì, il tasso le stava parlando.

    DOV'E?!?!

    C-come potrebbe essere ancora q-qui...dopo 150 anni?!
    ...Ah....non s-sento più n-iente..


    Shukaku era nero, i simboli che gli attraversavano il corpo scarlatti come gli occhi. Non era il tasso che conoscevo, era qualcosa di oscuro. Un'infinità di domande si accatastarono nella mia testa mentre quello strano panico che non avrei saputo definire cominciava a farsi sentire.

    "Cosa diavolo è quel coso? Cosa vuole da Nami-sama? Cosa sta cercando di appartenente a 150 anni prima? E perché? E cosa c'entra lei, in tutto questo? Che diavolo è 'sto posto? Perché c'erano quei sigilli sul muro? Per confinare quel coso? Ma chi li ha fatti e perché?

    Non l'avrei mai potuto sapere da sola, dovevo fare qualcosa ma ero come paralizzata. La Kazekage venne lanciata sopra un ammasso di rottami, formando una pozza di sangue. Il suo corpo sbatteva contro gli oggetti quasi inanimato, eppure percepivo il suo dolore, così grande da non permetterle neanche di provarlo. Tremando, osservai quell'ammasso di rottami che in realtà erano le sue marionette. Le marionette che avevano protetto il suo villaggio fino a qualche ora prima. Le marionette che simboleggiavano tutta l'inventiva, l'impegno e la passione di quell'unica donna che aveva salvato tutti noi, lanciandosi da sola nelle fauci della morte, quella bestia. Il simbolo del villaggio, la guida, come una madre. Martoriata, quasi morta, stroncata da un essere rivoltante come quello. Al mio inconscio non bastavano certo le immagini per liberarsi da quella prigione che avevo creato con l'educazione, la disciplina e i bei pensieri. Era insopportabile tutto quello, ma le parole della donna erano come aghi roventi conficcati nelle vene.

    D-dio...ti prego...uc-ucidim...AH!

    Di nuovo il tic all'occhio e un tremolio sempre più violento alle mani. Le dita dei piedi scalpitavano, i denti battevano mentre sentivo qualcosa penetrarmi nel profondo, come una nuvola scura che mi riempiva la testa. Come poteva Nami implorare? Lei che non si piegava davanti a nulla, che combatteva facendosi carico di tutto il dolore che aveva attorno. Si stava sacrificando per tutti noi e quel... quel mostro la stava uccidendo. I miei occhi si spostarono su di lui, abbandonando definitivamente la donna.

    Ultima possibilità, donna! Gaara dov'è?!?!

    E'-MORTO!!!!

    PUTTANA!!!

    L'urlo della donna mi fece sobbalzare ma non per la sorpresa quanto per l'inaudita potenza. Era stata come un'improvvisa scarica elettrica al cuore durante la defibrillazione. E quella scossa mi fece tremare ancora di più. La mia mente mi stava abbandonando per dar spazio a qualcosa di nuovo. La sensazione che avevo provato per la prima volta di fronte alla morte, anni prima, eccola che tornava. Adrenalina? No, qualcosa di più forte. Qualcosa che mi pervase facendomi perdere il lume della ragione. Ero già stata arrabbiata in passato e non era la stessa sensazione. Sentivo un'energia sconfinata che proveniva da me e da nessun altro. Alzai lo sguardo, rivelando due occhi più scuri che mai nonostante il colore del mare. Non era più il mare, era l'abisso. L'Antishukaku lanciò il minuscolo essere tra le marionette, per poi afferrarla e portarsela davanti al volto minaccioso. Iniziai a respirare pesantemente mentre un dolore lancinante alla testa scoppiò come un fulmine a ciel sereno. Qualcosa mi diceva che stavo per raggiungere il limite, ma di cosa? La bestia ne aveva abbastanza. Con le sue sporche e lerce mani, strinse la donna, squadrandola con rabbia. Quasi mi partì una vena alla testa quando incontrai il suo sguardo.

    Te l'ho detto che era la tua ultima chance: adesso ti decapito a morsi...!

    Vidi due lacrime scendere dal volto della giovane. Il volto tumefatto straziato dal dolore, dalla paura, dal bisogno di essere aiutata. Il cuore pompò così tanto sangue in una volta che una parte di me temeva il peggio per il mio povero fisico, ma quella parte se ne stava andando pian piano, lasciando spazio ad altro.

    Oddio...n-o....ai...uto...

    "Aiuto". Il lamento che provocò ogni cosa. L'avevo sentito davvero: Nami-sama aveva appena implorato aiuto. Il naso sanguinò di nuovo sotto il peso di quel dolore alla tempia destra. Il tremore era divenuto spasmo, lo spasmo che mi attraversava ogni singola parte del corpo con inaudita violenza mentre le mie pupille si dilatavano, lasciando solo il nero più buio. La bocca si contrasse in una smorfia malefica mentre le sopracciglia si corrucciavano come mai prima d'ora. Ma era il dentro a scoppiare per davvero.

    *


    Nella stanza bianca e nera, il mio corpo immobile dava le spalle alla gabbia. Shukaku, dietro di essa, mi guardava come mai prima d'ora perché quello che stava accadendo non aveva precedenti. La gabbia, alta così tanto da perdersi all'orizzonte, tremava come non mai. Le sbarre si piegavano, il sigillo che la teneva chiusa si illuminava e tremava, quasi si accartocciava mentre tutta l'intera stanza cominciava quella danza indesiderata. Era la mia volontà a far tremare la gabbia, ma essa non stava vacillando. Paradossalmente la sentivo più viva che mai.

    ASPETTA YUKA, DEVO DIRTI UNA COSA!

    Senza più tremare, voltai la testa fissandolo dritto negli occhi. Mi andava bene così: tutto doveva tremare come il mio cuore vacillante. La strana sensazione nera si era quasi del tutto impadronita di me nel mondo reale, ma, lì dentro, potevo ancora controllarmi, per quel che bastava a non impazzire. Osservai il cercoterio con calma innaturale.

    Dimmela mentre uccido quel coso. Sento che non riuscirò a fermarmi, stavolta. Io... Voglio....

    Tremai all'improvviso senza dire niente. La voce nella mia testa, la voce della "Me tinta di nero", risuonò gelida e familiare. Come un consiglio fraterno, come un dogma imprescindibile. Mi stava mostrando la verità. Le mie paure, le mie voglie, ogni cosa. Lei era me. La parte più oscura e selvaggia della mia anima.


    "Uccidere! Tu vuoi... UCCIDERE!"

    Lo stupore sul suo volto non mi raggiunse, nulla poteva raggiungermi in quello stato. Avevo visto e udito cose che non avrei mai voluto udire né vedere. Ero fragile e sapevo di esserlo, ma una nuova consapevolezza era appena nata in me. E non sapevo cosa avrebbe comportato. Shukaku, da parte sua, aveva intuito qualcosa. La sua gabbia tremava come non mai, se ci avesse solo provato avrebbe potuto uscirne e distruggerla.

    RISCHI DI SPEZZARE IL SIGILLO IN QUESTO MODO, SCIOCCA!

    ... Se sarà così... Salvala, te ne prego. In nome di... tutto ciò che ci lega... Salva la Kazekage, e, se puoi, salva anche me...

    E chiusi gli occhi. Quando li riaprii non fui più la stessa. Ero la nuova me. E cercavo vendetta.

    *


    La Kazekage implorava aiuto, un aiuto che solo io potevo darle. L'Antishukaku spalancò le grandi fauci, potevo quasi sentire il suo fiato caldo sul volto. Non arretrai di un passo, non sobbalzai né mi impaurii. Avevo appena superato il mio limite. Il chakra demoniaco di Shukaku si fuse al mio, andandomi a rivestire di un'aurea aranciata. Come una stella nella notte scura, avrei illuminato il destino già segnato di Nami Drakeito. L'avrei salvata in ogni modo possibile. E ora che non avevo paura ma provavo solo un odio che era rimasto nascosto in me fin dalla mia nascita, nulla poteva fermarmi. Alzai lo sguardo e fissai con schifo quel lurido essere che non era Shukaku, non poteva esserlo in nessun caso. Chi fosse l'avrei scoperto dopo, magari me l'avrebbe detto il tasso, ma ora la mia unica e irrefrenabile voglia era quella di ucciderlo. Aprii gli occhi ma, invece che ambrati come ogni volta che il mio chakra e quello del cercoterio si mischiavano, essi apparvero di una sfumatura molto più scura, iniettati di sangue. Sperai che se li stampasse bene in mente perché sarebbe stato l'ultimo paio di occhi che avrebbe visto in vita sua.
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    Levale le mani di dosso, bestia schifosa.

    Era la mia voce ma fredda come il ghiaccio. Ad ogni parola si concretizzava il mio odio per tutto quello scempio. Non sopportavo che Nami-sama soffrisse, non dopo tutti i suoi sforzi. L'odio che avevo covato per anni dentro me stessa, rivolto a chissà cosa, a chissà chi, improvvisamente si riversò completamente su quella bestia così simile a Shukaku. I miei freni inibitori si allenavano ogni secondo in più che il mio corpo tremava per la rabbia. La vena sulla tempia pulsava come un gong in una valle sconfinata. L'odio mi donava una forza inaudita, una volontà di fuoco che nulla poteva schiacciare. Il tempo e lo spazio si annullavano in quel posto dove non esisteva nient'altro che Nami-sama, io e Antishukaku. Ogni legame che mi collegava ai miei familiari, ai miei bei ricordi, era tutto svanito. La follia stessa mi aveva ottenebrato il cervello ma restava un barlume di coscienza ad impedirmi di esplodere, per quanto fosse sottile il confine che mi separava dall'inevitabile. Sì, una piccola parte di me aveva paura di ciò che stava accadendo nella mia testa e, sopratutto, nel mio animo. L'avevo sempre saputo che, ben presto, si sarebbe tinto di nero, ma ora ne avevo il terrore.

    *


    La gabbia tremava, tenuta in piedi solo dal sigillo, miracolosamente ancora saldo sulle sbarre metalliche. Seduta, con le ginocchia strette al petto, la guardavo bene per la prima volta. Ero io, la vera me, la ragazza spensierata e tranquilla, ma ero lì, non nel mondo la fuori. Avevo deciso di fare a cambio, per una volta. Non avevo chiare le intenzioni del tasso: voleva che tornassi in me o forse la parte più selvaggia e orgogliosa di lui voleva liberarsi da quelle sbarre? Ciò sarebbe significato la mia morte, ma, per quanto fosse solo una sensazione, sapevo che anche riversare il mio odio al di fuori di quelle pareti mi avrebbe portata ad una fine simile. Non lo volevo, non volevo morire. Ma la mia coscienza era stata messa da parte, eccomi, ero proprio là. Che vergogna, chiusa in quel posto mentre la parte peggiore di me spadroneggia là fuori. Feci un sorriso amaro mentre alzavo gli occhi chiari e incontravo il volto animalesco di Shukaku. Cos'era lui per me? Un'arma? No, di certo no. Ero io ad infastidire lui, probabilmente, ma non avevo mai pensato il contrario. La sua sola presenza mi dava forza, per quanto il suo carattere fosse burbero e poco incline a sopportare le mie stramberie, ma non si trattava di una forza fisica. Lui era, come dire, una specie di Grillo Parlante. Già, riusciva sempre a dirmi la cosa giusta al momento giusto, quel tasso. La cosa mi aveva sempre fatto piacere perché, seppur solo un po', doveva tenerci a me per evitare che mi sfracellassi da qualche parte come al mio solito.

    "Anche adesso, lui... Sta cercando di fermarmi, non vuole che mi getti in qualcosa più grande di me.."

    Mi aveva fermata o almeno ci aveva provato. Chissà per dirmi cosa. Avrei fatto meglio ad ascoltarlo, probabilmente, ma la vena sulla tempia non la smetteva di pulsare, sembrava trasmettesse al corpo tutto l'odio possibile. Se Shukaku avesse voluto avrebbe preso il controllo totale del mio corpo, e non solo ora ma anche in altre situazioni. Lo sapevo. Qualcosa in me ne era certa. E allora perché non stava abbattendo con la forza quella maledetta gabbia? Mi nascosi il volto tra le ginocchia, troppo debole per contrastare la mia nuova, selvaggia volontà. Se davvero Shukaku non voleva farmi del male... Allora era l'unico che poteva fermarmi.

    Non far si che accada... Non lasciarmi spezzare il sigillo, ti prego...

    *


    Finalmente i due presenti si accorsero di me, piccola più di loro, lì a terra, con un aspetto orribile e due occhi da far paura. Le occhiaie mostravano la pelle scavata e nera attorno agli occhi, infuriati. Avevo smesso di tremare da qualche secondo, smettendo di lottare per avere "via libera". Nulla poteva fermarmi, nulla avrebbe potuto impedirmi di compiere la mia opera. Salvare la mia Kazekage e uccidere la bestia. Gli occhi della donna piangevano ancora ma una speranza si accese quando capì di non essere sola. Non lo sarebbe mai stata accanto a me. Repressi le lacrime e le restituii lo sguardo più fiero e fiducioso che avessi: sì, stavo per salvarla e lei doveva saperlo. Meritava di sapere che, in tutto il villaggio, nessuno si era dimenticato di lei. La aspettavano tutti quanti, la volevano indietro e sarei stata in prima fila quando sarebbe tornata ad affacciarsi dal balcone del suo palazzo per annunciare che tutto andava bene. Se quel bestione si metteva in mezzo a me e la donna ne avrebbe pagato le conseguenze seduta stante. Non mi importava se ero più debole perché era il motivo per il quale combattevo a contare davvero.

    Come osi toccare Nami-sama in mia presenza? Come osi anche solo rivolgerle la parola... ?

    Urlai rivolta a quel coso nero come la pece, impastando il chakra dentro di me. Pensare a mente fredda era quasi del tutto impossibile, era l'istinto a governare il mio corpo e la rabbia la mia mente. Come un animale famelico, anche io non volevo sentire ragioni ma solo dar sfogo e placare la mia sete di sangue. Un ultimo avvertimento rivolto al tasso, non quello nero, ma il vero, dentro di me.

    *Tieniti pronto per intervenire, Shukaku. Non mi fermerò per nessun motivo al mondo e mi serve tutta la forza che puoi darmi.*

    Ero pronta a scatenarmi. Troppo a lungo avevo nascosto il lato peggiore di me, la mia anima tinta di nero. Era il momento di farla divertire un po'. Digrignai i denti, divenuti quasi affilati per via del chakra demoniaco che modificava anche parte del mio aspetto. Il cuore accelerò il battito ma il respiro si fece sempre più lento, finché non esplosi. Un ghigno storto mi comparve sul volto mentre mi lanciavo contro il falso cercoterio, pronta per distruggere lui e la sua essenza.

    TI PENTIRAI DI ESSERE NATO, BASTARDO! LASCIA STARE LA KAZEKAGE! LASCIA STARE IL VILLAGGIO!

    Stesi le braccia. Come la bestia famelica chiama a se il suo branco, stavo richiamando una delle mie armi più potenti. Il ferro che potevo sentire e manipolare illimitatamente si mosse, mischiandosi alla sabbia presente nella grotta. Tentai di aprire una voragine sotto il falso cercoterio, così profonda da lasciarlo sprofondare e intrappolarlo. Volevo seppellirlo vivo quel maledetto essere. Corsi con gli occhi fuori dalle orbite, una smorfia di puro rivoltante odio sul volto mentre univo le mani sporche per eseguire pochi sigilli, non mi serviva la sequenza completa. Avevo fretta di uccidere. Tentai di controllare il chakra, invisibile, attorno al braccio dell'essere che teneva stretto in una morsa la donna. Quel chakra avrebbe dovuto assorbire l'elemento naturale dell'aria, condensandosi fino a creare un'arma invisibile, capace di tagliare qualsiasi cosa. Mi concentrai e rilasciai il colpo con inaudita potenza, facendo per segargli il braccio in due.

    LASCIACI STARE!

    Urlai facendomi male alla gola tanto alzavo la voce. Ma non era abbastanza, nulla lo era. Con quel po' di senno rimasto, manipolai velocemente della sabbia lì attorno per avvolgere dolcemente la donna e posizionarla verso l'uscio della sala, protetta da un non indifferente strato di sabbia. Non potevo fare più di così per lei, almeno per il momento. Prima avrei fatto fuori l'anti Biju, prima l'avrei salvata. Strinsi gli occhi rossi e quasi ruggì dalla rabbia, creando un'asta di grandi dimensioni, nera come la notte, che tentai di conficcare nell'occhio destro della bestia, così infondo da non permetterle di rimuoverlo. Sentivo il corpo fremere impaziente mentre la mia sete di sangue si faceva sentire. Non ero neanche più umana, ero una bestia. Era questa rabbia che si provava quando si rischiava di perdere qualcosa di importante? No, era qualcosa di molto peggio. Stavo perdendo me stessa, forse per sempre, ma ne ero conscia. Una parte di me voleva che accadesse, volevo abbandonarmi a quel buio. Cosa eravamo noi umani se non questo? Esseri imperfetti che vivono lottando contro due istinti opposti: la ricerca dell'ordine e il fascino del caos. Avevo lasciato il caos a morire negli angoli più bui della mia psiche, ma ora era lui a prendere il sopravvento senza lasciarmi modo di interrompere quella pulsione così potente da lasciarmi disarmata. Mi sentivo forte, mi sentivo in grado di fare qualsiasi cosa. La follia e la rabbia erano riuscite a sconfiggere la paura più di quanto avesse fatto il coraggio, ed ora lottavo senza indietreggiare, senza cedere neanche un attimo, andando incontro all'ignoto senza paura alcuna. Era quello, l'abbandono al caos?
    Le stelle scarlatte vibravano di vita, proprio come il fuoco ardeva nei miei occhi. Non c'era nessuno ad aiutarmi, stavolta, non ero più ad Ame, non c'erano più Sarakube e Raikou. Digrignai i denti, ricavandone un sorriso atroce, mentre emettevo un rauco verso, come un grugnito animalesco. La vena sulla testa pulsava, il mio corpo sembrava non riuscire a contenere tutto il mio odio. Indurii le ossa e sentii un sadico, piacevole dolore attraversarmi tutto quanto. Sputai il sangue e mi leccai le labbra, vogliosa di morte come mai ero stata. Volevo la testa di quel Biju. Sì. La volevo. La volevo, la volevo, la volevo. LA VOLEVO!

    Avanti, repellente essere. E ORA DI MORIRE!!

    Yuka Satetsu

    Azioni:

    - Attivazione Manto del Demone
    - Manipolo la sabbia ferrifera sotto il cercoterio per farlo sprofondare e intrappolarlo
    - Squarcio di Vento sul braccio del cercoterio per liberare la Kazekage utilizzato con il riverbero del chakra
    - Manipolo la sabbia per mettere al sicuro la Kazekage
    - Manipolo la sabbia ferrifera per creare un'arma [grande]

    Stamina:
    [650] -?(manipolazione sabbia ferrifera) -70(squarcio di vento) -?(manipolazione sabbia) -35(creazione arma di grandi dimensioni): -105(?) --> 545

    Chakra esterno
    [1000]

    Resistenza:
    [550]

    Note:
    Non ho mai capito quanta stamina spendo per manipolare la sabbia come nel primo attacco, dimmi tu quanto pensi che sia così posso scalare la stamina :sisi:


    Edited by Kerberotte - 5/4/2015, 16:02
     
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    LASCIALA STARE


    TI PENTIRAI DI ESSERE NATO, BASTARDO! LASCIA STARE LA KAZEKAGE! LASCIA STARE IL VILLAGGIO!



    Un'aura devastante, distruttiva, apocalittica circondò a sprazzi Yuka, fino ad inghiottirla del tutto. L'entroterra dell'antro prese quindi a vibrare, tremare, come se un vulcano si fosse risvegliato...ed invero stava accadendo esattamente quello. Venivano giù stalattiti, detriti e rocce acuminate che, sbattendo sull'evanescenza della kunoichi si disintegravano. Era il suo chakra, un vortice di passione e di sentimento che bruciava d'amore per la Kazekage. Non di quel genere egoista, basato sul tornaconto di un piacere personale, bensì più simile all'affetto che una figlia prova per la sua tutrice: totalmente disinteressato, volto al ricambiare la protezione ricevuta per anni e anni. Sì, si trattava esattamente di quello.
    Tuttavia la forza sprezzante dell'oscurità spesso e volentieri cela rischi, altissimi rischi. E mentre le vene sembravano zampillarle fuori dai polsi, i denti di Shukaku al suo interno si digrignavano nella speranza di trattenere quella furia cieca e distruttiva che stava nascendo.
    La massa generale della ragazza cominciò ad ingrossarsi poco a poco, pulsazione dopo pulsazione, rendendo strette le vesti che la incorniciavano.
    Da lì ci volle poco prima che il tasso, per quanto potenzialmente interessato a liberarsi dalla prigionia, venisse colpito dalle preghiere della Jinchuuriki di salvare la Kazekage e lei stessa, se possibile.
    L'animo crudo della bestia venne intaccato pesantemente, riscoprendo nella sua controparte umana una bontà persino superiore a quella dimostrata a partire dal loro "incontro".
    Pertanto, nel profondo del suo subconscio, dall'interno delle sbarre che lo esiliavano dal mondo reale, gridò:


    - YUKA, NON LO FARE! IL TUO CORPO NON E' FORTE COME LA TUA VOLONTA'...NON REGGERA' AL PESO DEI TUOI SENTIMENTI!

    DEVI CALMARTI MALEDIZIONE!!



    Ma la risposta che ottenne, a stento vomitata dalla bocca, gli arrivò di traverso poichè rivolta a un destinario tanto uguale quanto diverso da lui...

    Avanti, repellente essere. E' ORA DI MORIRE!!



    Una spaventosa successione di pesanti offese si verificò in un batter d'occhio: le mani di Yuka si deformarono assumendo sembianze innaturalmente mostruose e il chakra da esse liberato si andò a fondere con gli elementi ferriferi della zona circostante fino a far sprofondare in un cratere la bestia; quest'ultima, resosi conto dell'attacco a sorpresa aggravò la presa sulla bambolina per non perderla, ma lì fu l'errore, dacchè nell'immediatezza del momento una lama dentata di vento gli strappò di netto la zampa. Non normalmente si intende, perchè la sete di sangue della sua evocatrice, gliela segò il più dolorosamente possibile.
    L'anti-Tasso cacciò un grido più incazzato che disperato, ma l'impresa della fanciulla, per quanto violenta, aveva tratto in salvo Nami-Drakeito...


    - Quella v-voce...Y-uka.... -

    Le immagini davanti ai suoi occhi divennero prima sfocate, poi forme e infine luci, che si andarono estinguendo in vacue ombre. Le ferite che le aveva impartito il Cercoterio, oltre che devastanti, le avrebbero cambiato la vita, e con essa il modo di vederla. Nami-Drakeito, l'onorevole condottiera di Suna era diventata semplicemente cieca.
    E non ci volle molto prima che entrambe se ne capacitassero, perchè, "posata" con delicatezza nelle vicinanze cercò di spalancare gli occhi, ormai spenti...


    - P-perchè è...tutto buio...? Yuka...Yuka...ti prego...dimmi che sei tu.... -

    Dei rivi di lacrime gli sormontarono gote e zigomi, depositandosi per terra. Nella sua impossibilità di muovere qualsivoglia muscolo o articolazione, la sua bocca parlava immersa nel bagno di dolore, che inghiottiva involontariamente. L'aveva capito, che d'ora in avanti, se fosse sopravvissuta, molto sarebbe cambiato.
    D'istinto svenne.
    Contemporaneamente AntiShukaku rielaborò alla buona una nuova zampa, più affilata e grossa della precedente, che lo portò in superficie dall'inferno; nel zompare fuori all'atterraggio, riempì l'aria di sabbia e polvere l'area, coltre che investì Yuka oscurandola agli occhi di tutti....


    - Questa forza, quest'odio...GAARA?! SEI TU?! -

    Tuonò la creatura. Ma cosa significava?
    La scena ruotò di camera sino a sprofondare nel subconscio della ragazza, scossa oltre ogni limite dalla triste dinamica di prima. "Imperdonabile". Questa voce riecheggiava nella fiumana tintasi di rosso sangue."Imperdonabile" ancora una volta.
    Gli occhi del tasso originale si spalancarono, come immersi in un sentimento di rassegnazione rispetto alla realtà vigente. Sapeva che ormai nient'altro l'avrebbe trattenuta, quindi fece il punto della situazione con una breve ma sufficiente spiegazione:


    * Yuka, sei ormai giunta al capolinea. Non puoi più tornare indietro. Le tue emozioni hanno preso il sopravvento. Morirai.
    Ma prima è bene che tu sappia quanto è profonda la foiba in cui sei stata sepolta.
    Ci circonda un mausoleo sacro che Gaara, l'antico Kazekage erse e sigillò per salvare la sua anima. All'epoca era un ragazzo privo di amore, poichè mio Jinchuuriki, ma quando conobbe Naruto Uzumaki, Settimo Hokage, capì di dover redimersi dalle sue colpe. Tuttavia i miei sentimenti erano troppo malvagi per potergli permettere di rinascere come un individuo di pace ed equilibrio.
    Fu questo luogo la sua redenzione, un tempio dove scindere il mio potere e le mie personalità in due. Antishukaku è l'appendice a cui Gaara ha rinunciato per diventare chi poi è divenuto.
    La sua crudeltà è pari alla corruttibilità del vecchio Kazekage, e niente lo fermerà finchè non tornerà ad essere uno solo con me e con lui. Ma vivendo qui non può immaginare che il tempo l'ha ucciso....*



    - SI!! SI!! SIIIII!!!!
    GAAARA! TI RICORDI DI ME?!?! RICORDI I BEI TEMPI IN CUI TUTTI CI TEMEVANO?!
    SAPEVO SARESTI RITORNATO PRIMA O POI!! -


    * Gli anziani, unici a conoscenza dello scisma, cercarono di sigillare il potere di AntiShukaku e ci riuscirono a dir la verità, ma la sua forza era talmente grande da inibire la prigionia e conferirgli una durata. Dieci anni. Non un minuto in più, non uno meno. Allo scoccare dell'ultima lancetta, il potere del Monocoda si risveglia creando disastri per tutto il Paese del Vento, finchè qualcuno non rinnova il sigillo.
    Così il rito divenne dapprima una tradizione, dopodichè una leggenda: "La leggenda dei 10 anni".
    Adesso capisci perchè Nami era tanto agitata?
    Dieci anni fa dev'essere tornata qua dentro per ricalcare il fuuinjutsu, ma stavolta il mio alter ego dev'essere riuscito ad agguantarla prima che potesse finire.
    Sappi che questa è l'ultima battaglia della tua vita. Cercherò di sopprimere il mio potere quel che basta per non distruggere il tuo corpo ancora per un pò, ma è solo questione di minuti.
    Se vincerà lui, diverrà un tutt'uno con noi, e la sua mente prenderà il sopravvento, in caso contrario accadrà l'opposto. Ma in tutti e due i casi per te è finita.
    Addio, Yuka.*



    La sabbia si diradò, e mostrò prima una zampa artigliata, poi un busto rinsecchito e granuloso, ed infine Yuka per intero. Non aveva più nulla di umano, se non 1/4 del corpo. Occhio destro e metà naso appartenevano alla luminosa fanciulla di Suna, qualche porzione di collo, e a stento un bicipite e una gamba. Per il resto le forme di Shukaku avevano preso il sopravvento sulla sua umanità....

    - QUESTO E' FANTASTICO! TUTTO QUESTO TEMPO PASSATO AD ASPETTARTI, E GUARDA UN PO?! IL SIGILLO NON ' STATO RINNOVATO STAVOLTA...! -

    Sollevò l'arto superiore verso il soffitto del mausoleo e un geyser di pressione e di granelli zampillò in alto fino a distruggerlo. Quindi balzò fuori, all'esterno, nel mezzo dell'infinita distesa desertica del Vento. Le sue colossali dimensioni gli permettevano di vedere molto molto in lontananza il villaggio della Sabbia, e se ne compiacque. Respirò a fondo, intensamente, come chi esce da un'apnea; quindi con un sorriso a trentadue denti invitò "Gaara" a fare lo stesso...

    - GAARA, TORNIAMO DI NUOVO AD ESSERE UNO E DISTRUGGIAMO OGNI COSA!!
    PARTIREMO DA SUNA, POI ANDREMO A KONOHA PER VENDICARCI DI CHI CI HA SEPARATO E POI CHISSA'.
    EH, COSA NE DICI? -


    Ahimè, non hai trattenuto i sentimenti :please:
    Adesso hai la forza di Shukaku, anche se le dimensioni sono le tue. Tu e Antishu avete le stesse statistiche. E' come se il monocoda avesse preso il sopravvento su di te.
    Questa battaglia verrà combattuta in pieno deserto. Puoi usare ancora tutte le tue tecniche, con i parametri di Shu si intende.
    Fanculo ai costi di Stamina fino ad ora. La battaglia si azzera e...che il disastro abbia inizio!! :please:
     
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    Mi sono sempre chiesta cosa si provasse prima di morire. E' vero che la vita ti scorre davanti tutta in un fiato? E' vero che rivedi i volti delle persone a te care? E' vero che senti il cuore che quasi si ferma perché sa di star battere per l'ultima volta? Cosa è vero di tutto questo? Cos'è la morte in realtà? Cosa si prova? Dolore? O forse sollievo? Che faccia abbiamo prima di morire? Come ci guardano gli altri? Come ci fissa il nostro assassino? E' questa la fine che tocca ad ognuno di noi? Un breve attimo dove tutto diventa buio all'improvviso e non senti più niente. Prima di accorgertene sei già nella tomba, inesistente. Restano solo i resti e tanti, tanti ricordi. In realtà non ho mai pensato davvero alla morte, di sicuro non alla mia. Mi correggo, una volta ci ho pensato, in realtà. Fu tempo fa, ad Ame, quando per la prima volta sentii una pesante leggerezza nel cuore. Sapevo di star per morire allora o almeno lo intuivo. Era la sensazione di morte a spaventarmi perché era reale, allora, ci stavo dentro. Shukaku era lì, con gli occhi scarlatti che mi fissava. Era solo una bestia, per me, un demone capace di distruggere ogni cosa. Solo in punto di morte mi aveva rivelato che tutto il suo odio altro non era che dolore. Sebbene fossi ad un passo dall'esalare l'ultimo respiro, ebbi pietà di lui, ma non la pietà che può provare un superiore per chi non ha nulla. Era una sorta di empatia, penso si chiami compassione. Quando condividi uno stesso dolore con un'altra persona. Persino quando provò a prendersi il mio corpo non lo detestai. Mi stava bene, anche se non del tutto. Avevo paura ma la compassione sembrava quasi più forte. In realtà non mi ricordo bene di quel giorno, forse la fantasia si è troppo amalgamata alla realtà. Cavolo... Perché mi tornava in mente proprio adesso? La mente gioca davvero brutti scherzi. Che i ricordi tentassero di tenermi legata alla realtà? Non potevo mica saperlo, io non so mai niente, di solito. Ancora meno in quel momento, quando la rabbia mi schermava la vista con un velo nero. Stavo rapidamente perdendo il controllo, come mai prima d'ora. Avevo la sensazione che non avrei potuto dire "la prossima volta non accadrà". Che strano, una parte di me neanche prendeva in considerazione l'idea che potesse esserci una prossima volta. Strano, anche questo non me lo spiegavo. Perché la mente deve essere così strana? Perché semplicemente non ci mostra le cose per quelle che sono? Ma d'altronde, perché mostrare qualcosa ad un cieco? I miei occhi quasi scarlatti ci vedevano benissimo, ma al contempo erano ciechi. E se è vero che sono gli occhi lo specchio dell'anima, potevo solo prendere un bel respiro e fare a pugni dentro di me, dove il caos bussava alla porta, non con il pugno, ma con un ariete di ferro.

    *


    Tutto tremava senza sosta, violentemente. Non ci stavo con la testa, non ero neanche più io. Prima di lasciarmi andare, il tasso aveva qualcosa da dirmi, glielo leggevo negli occhi titubanti, preoccupati e tuttavia furenti. Ah, lo stavo facendo arrabbiare di nuovo come al mio solito.

    YUKA, NON LO FARE! IL TUO CORPO NON E' FORTE COME LA TUA VOLONTA'...NON REGGERA' AL PESO DEI TUOI SENTIMENTI!
    DEVI CALMARTI MALEDIZIONE!!



    Ora mi dispiace di non averlo ascoltato, di averlo semplicemente ignorato, seccata dalle sue parole. Se avessi potuto guardarmi allora avrei capito di essere io la bestia, non lui. C'era umanità nelle sue parole, una sfumatura che non gli avevo mai sentito ma non percepii allora. Avevo abbandonato la ragione e nulla, neanche Shukaku in persona, poteva fermarmi.

    *


    E' stato il demonio a guidarmi nel preciso istante in cui riaprii gli occhi, non più ambrati ma scarlatti. Il mio corpo trasudava odio, il mio sguardo invocava vendetta e le mie labbra sputavano veleno sul mio capro espiatorio, Anti Shukaku. Con quel briciolo di coscienza che si dimenava tra le pareti scure del mio inconscio, salvai Nami-sama, portandola in salvo lontano da quella sua personale camera di tortura. Gli occhi ciechi brillavano opachi mentre la sua tremula voce mi cercava, facendo affidamento all'udito. La sfumatura infuriata della mia voce era comunque appartenente a me, un sollievo per la donna che in questo modo capì di non essere stata abbandonata.

    Quella v-voce...Y-uka....

    Al sentir pronunciare il mio nome... non accadde nulla. Non rispondevo all'appello, non mi apprestavo a rassicurare la persona che stavo cercando disperatamente di salvare. Era passato tutto in secondo piano, giusto? L'attacco a Suna, la promessa fatta alla Kazekage, la ricerca che mi aveva portata in quel posto e il mio profondo desiderio di salvarla. Era tutto sparito, sepolto in un baratro e oscurato dalla vendetta?

    P-perchè è...tutto buio...? Yuka...Yuka...ti prego...dimmi che sei tu....

    La vera me provò vergogna davanti a quelle parole. Ero io? No, non lo ero. Ma non potevo abbattere la già fragile speranza della donna. Il demone avrebbe finto di essere l'eroe, solo per questa volta.

    Riposate, Nami-sama. Al vostro risveglio tutto sarà finito, ve lo prometto.

    Svenne. Impassibile, capii che tutto dipendeva da me adesso. Per la prima volta nella mia vita sarei stata l'artefice del mio destino. Che ironia, proprio io che non facevo altro che affidarmi agli altri, proprio io che non sapevo mai cosa fare né cosa dire, adesso ero padrona della mia stessa vita. Una fiamma arse nel mio petto mentre gli occhi cerchiati da profonde e nere occhiaie si incupivano.

    "Guarda cosa mi ha fatto fare..."

    L'animo nero era solo un pensiero, così come la mia coscienza, un solo mero pensiero. Perché il mio corpo non era più mio. Una rabbia troppo forte da sostenere mi aveva pervasa e, adesso, aveva preso il controllo del mio corpo. Le mie ossa tremarono mentre i muscoli fremevano, il tutto pronto per ospitare qualcosa di nuovo, di superiore. La bocca già deformata da un perfido sorriso si contorse mentre la mascella slittava dal suo posto dolorosamente. Le mia ossa furono pervase da scosse elettriche e abbracciate da un calore simile a quello di cento fuochi sulla pelle. Il mio volto sembrò comprimersi, la mia testa schiacciarsi mente il sigillo sulla mia pancia prendeva vita, vibrando e bruciando come non mai. Dal profondo della mia coscienza, un terribile pensiero prese forma. Come diceva sempre mia mamma, "tra due litiganti, il terzo gode". Era finita. Adesso il gioco iniziava per davvero.

    *... C-cosa diavolo....*

    *Di più... questo potere...*

    Una nube nera oscurò ogni cosa, rendendomi visibile solo allo Shukaku nero a qualche metro da me, gigantesco e ancor più spaventoso di quello reale per quell'aura di puro odio che emetteva. Egli guardando il mutamento del mio corpo, colse solo la terribile energia negativa che emanava. Non potevo fare nulla per contrastarla, aveva quasi del tutto preso il sopravvento e quello che stava accadendo in quel preciso istante ne era la chiara conferma.

    Questa forza, quest'odio...GAARA?! SEI TU?!

    La scena divenne improvvisamente nera e una parte di me rimase al centro di essa, mentre l'altra volava via, leggera come una piuma. Apri gli occhi quando il rumore delle scosse sismiche divenne quasi insopportabile, non tanto per l'intensità uditiva ma per l'intensità allegorica. Infatti, era la stanza bianca a tremare forte, sede di qualcosa che non avevo mai capito bene cosa fosse. Il mio animo? Il mio inconscio? La mia mente? Il mio cuore? Qualsiasi cosa stesse a significare quel posto, ero lì, semplicemente io, davanti alla gabbia, ridotta in pessime condizioni. Shukaku, quello che conoscevo, era immobile, non tentava di scappare né di prendere il controllo del mio corpo. Mi osservava con gli occhi grandi e ambrati, scrutandomi con un'espressione di cui solo lui sapeva il significato. Arrossi dalla vergogna ma non distolsi lo sguardo, non davanti a lui e non in quel momento. Farlo sarebbe significato non prendersi le proprie responsabilità. E invece no, sapevo che era tutta colpa mia. Me ne vergognavo ma mi rifiutavo di comportarmi da bambina anche adesso. Ed ecco un buon passo verso l'età adulta. In silenzio, seppur con le labbra tremanti, prestai orecchio al tasso, ascoltandolo però con la testa, facendo di quelle sue parole una reliquia.

    Yuka, sei ormai giunta al capolinea. Non puoi più tornare indietro. Le tue emozioni hanno preso il sopravvento. Morirai.
    Ma prima è bene che tu sappia quanto è profonda la foiba in cui sei stata sepolta.
    Ci circonda un mausoleo sacro che Gaara, l'antico Kazekage erse e sigillò per salvare la sua anima. All'epoca era un ragazzo privo di amore, poiché mio Jinchuuriki, ma quando conobbe Naruto Uzumaki, Settimo Hokage, capì di dover redimersi dalle sue colpe. Tuttavia i miei sentimenti erano troppo malvagi per potergli permettere di rinascere come un individuo di pace ed equilibrio.
    Fu questo luogo la sua redenzione, un tempio dove scindere il mio potere e le mie personalità in due. Antishukaku è l'appendice a cui Gaara ha rinunciato per diventare chi poi è divenuto.
    La sua crudeltà è pari alla corruttibilità del vecchio Kazekage, e niente lo fermerà finché non tornerà ad essere uno solo con me e con lui. Ma vivendo qui non può immaginare che il tempo l'ha ucciso....



    Cosa dire davanti a quelle parole? Il mio destino era già stato deciso, ed ero stata proprio io a scegliere, prima ancora di poterci pensare. Non mi stupii neanche, ero una sciocca, lo ero sempre stata. Strinsi i pugni e ascoltai la voce grave e impassibile del Demone della prima coda. Una storia troppo lunga aveva abitato le pareti di quel mausoleo. Era stato il coraggio di un unico uomo a salvare se stesso e il suo villaggio, Gaara aveva sconfitto l'odio in lui confinando tutto il suo dolore tra quelle quattro mura. Capii il perché dei sigilli sulle pareti, capii perché un mostro così simile a Shukaku abitava quel posto. Era Shukaku in persona a tormentare il villaggio ogni dieci anni da quando fu imprigionato. Che strano, mi sentivo simile al tasso, adesso che avevo portato alla luce la parte più selvaggia e caotica del mio essere, proprio come fece lui, in passato.


    Come se Antishukaku avesse sentito il nome pronunciato dall'altra parte del suo essere, divenne euforico.

    SI!! SI!! SIIIII!!!!
    GAAARA! TI RICORDI DI ME?!?! RICORDI I BEI TEMPI IN CUI TUTTI CI TEMEVANO?!
    SAPEVO SARESTI RITORNATO PRIMA O POI!!


    Era Gaara quel mostro che vedeva in me? Ero paragonata al suo odio? Vedeva nei miei occhi brillanti la stessa luce malefica dell'antico Kazekage? Perché proprio io che amavo così tanto ero altrettanto capace di odiare fino a questo punto? Il mio corpo fu scosso da altre scariche mentre le pulsazioni del cuore e del sangue aumentavano. La trasformazione era quasi completa e il mio unico spettatore non vedeva l'ora di poterla ammirare con i suoi occhi, dal vivo.

    Con i grandi occhi cerulei, fissai il cercoterio, ancora intento nella sua storia, senza interromperlo, senza distogliere i nostri occhi, legati dallo sguardo più intenso.

    Gli anziani, unici a conoscenza dello scisma, cercarono di sigillare il potere di AntiShukaku e ci riuscirono a dir la verità, ma la sua forza era talmente grande da inibire la prigionia e conferirgli una durata. Dieci anni. Non un minuto in più, non uno meno. Allo scoccare dell'ultima lancetta, il potere del Monocoda si risveglia creando disastri per tutto il Paese del Vento, finché qualcuno non rinnova il sigillo.
    Così il rito divenne dapprima una tradizione, dopodiché una leggenda: "La leggenda dei 10 anni".
    Adesso capisci perché Nami era tanto agitata?
    Dieci anni fa dev'essere tornata qua dentro per ricalcare il fuuinjutsu, ma stavolta il mio alter ego dev'essere riuscito ad agguantarla prima che potesse finire.


    Non mi serviva altro, avevo capito ogni cosa. Nami-sama si era fatto carico di un compito così arduo tutta da sola pur di salvare il villaggio, proprio come aveva fatto Gaara, il defunto Kazekage, in passato. Non ero nulla in confronto a figure così importanti ed eroiche, così, non mi riservavo il diritto di dire nulla, neanche un "ho capito" perché no, non potevo capire. Senza pensare, avevo peggiorato la situazione ed adesso, prima ancora di rendermene conto, non era solo la mia vita o quella della Kazekage ad essere in bilico, ma anche l'armonia di Suna. Stavo distruggendo tutto ciò che amavo di più al mondo. Era solo questione di tempo.

    Sappi che questa è l'ultima battaglia della tua vita. Cercherò di sopprimere il mio potere quel che basta per non distruggere il tuo corpo ancora per un po', ma è solo questione di minuti.
    Se vincerà lui, diverrà un tutt'uno con noi, e la sua mente prenderà il sopravvento, in caso contrario accadrà l'opposto. Ma in tutti e due i casi per te è finita.


    Una battaglia già persa prima ancora di iniziare, il cui risultato variava ma culminava in un tragico epilogo. Eccola di nuovo, quella sensazione di pesante leggerezza che mi accarezzava il cuore. Era la morte, davvero lei, pronta per prendersi la mia anima. Eppure, qualcosa non mi tornava. Quella volta, davanti all'impossibilità di sopravvivere, non avevo sentito nient'altro che una rassegnata pace. Ma ora? Perché non mi rassegnavo? Perché sentivo... quell'elettricità che mi teneva ancora viva?

    Shukaku... Grazie. Mi hai salvato la pelle così tante volte e non ti ho mai ringraziato a dovere, scusa il ritardo, eheh. Io... so che sembrerà inutile e sciocco dirlo adesso ma... Sento che questa non sarà l'ultima volta che ti rivedrò...
    Arrivederci, Shukaku.


    Addio, Yuka.


    False King


    La coltre di nero fumo si diradò davanti ai miei occhi, profondamente diversi tra loro. Il mio occhi destro era di nuovo blu come il mare ma furente come non mai. Ecco cosa rimaneva di me, metà naso, forse di collo, poco di un bicipite e una gamba. Shukaku aveva mantenuto la sua parola e una parte di me gliene fu grata perché mi permise di tentare di affrontare l'ultimo duello della mia vita. Ringhiai con voce profonda mentre agitavo la grande coda del cercoterio senza neanche volerlo. Le fauci erano grosse e il mio corpo profondamente diverso, era strano trovarsi ad assumere sembianze animalesche ma come potevo farci caso? Quell'ultimo spiraglio di corpo rimasto non aveva un'identità ben definita, ero in guerra contro me stessa per prenderne possesso ed ero in netto svantaggio. Troppa rabbia mi accarezzava melliflua il cuore, troppo agitato per ragionare. Così tante emozioni si stavano dando battaglia dentro di me, un'accozzaglia di colori che ne formavano di nuovi e si fondevano per poi separarsi nuovamente da quella sostanza che era il Tutto. E, in tutto ciò, il mio corpo non aveva altro padrone all'infuori dell'istinto rabbioso che predominava su ogni cosa.

    QUESTO E' FANTASTICO! TUTTO QUESTO TEMPO PASSATO AD ASPETTARTI, E GUARDA UN PO?! IL SIGILLO NON ' STATO RINNOVATO STAVOLTA...!

    Non era felicità la sua ma pura follia. Si stava rivolgendo al mio corpo semi trasformato in quello di Shukaku, ottenebrato dalla potenza del cercoterio che tentava di salvarmi nonostante la mia tomba fosse già ad aspettarmi, aperta. Alzò l'arto che avevo reciso inutilmente, ricresciuto violentemente e ora usato per distruggere il soffitto della sua centenaria prigione. Il soffitto venne giù lasciando sia me che la Kazekage illese. A contatto con la mia pelle, gli ammassi rocciosi si disgregavano divenendo sabbia. Non riuscivo a stare neanche in piedi per il peso di quel corpo che, nonostante tutto, era incredibilmente. Potevo capire perché una parte di me ne bramava il potere, quel corpo era come una corazza divina. Perfetto era il termine più calzante. La forza che possedevo in quel momento stuzzicava le mie più segrete fantasie, le mie brame più impellenti. Quante volte mi ero chiesta cosa volesse dire essere davvero forti? Ora, seppure in quel modo, lo stavo provando sulla mia pelle. Ero forte, così forte che l'altra Yuka ne reclamava la restante parte.

    Sospesa nel vuoto etereo, luminoso e buio al contempo, fissavo me stessa, davanti ai miei occhi. L'altra parte di me desiderava il potere del cercoterio, accettando di fondersi con esso, io ero contraria. Non volevo cedere alla cupidigia, a costo di rimanere una codarda per sempre. L'altra me, però, era così diversa da mettermi timore. Uguale fisicamente ma con sguardo sicuro, quasi sfacciato, mentre sembrava già avere la vittoria in tasca.

    Cosa credi di fare? Io sono te e tu sei me, non esiste che scagli la pietra e nascondi la mano. E' fatta, ormai. Sarò io a prendere il controllo e distruggerò Anti-Shukaku.

    Non ricordavo di poter parlare in modo così sicuro di me. Se non fossi stata io, avrei sicuramente accettato di buon grado le sue condizioni, ma non era questo il momento. Almeno su me stessa potevo tentare di avere l'ultima parola.

    No, non te lo permetto. Tu... non sei me, sei solamente una parte. Non controlli un bel niente, non vali niente. Torna nell'angolo buio da cui provieni! Sarò io a salvare la Kazekage!

    Ahahah! Tu?? Non sei forte, Yuka, senza il tasso vali meno che zero. Sai perché sei viva? Grazie a me. Esatto, è proprio così. Sai perché quando sei in pericolo riesci a cavartela? Sai cos'è quella sensazione che ti fa battere forte il cuore e finisce col farti fare la cosa giusta? Io. Nient'altro che il desiderio di sconfiggere la morte. Se tu mi reprimi ora, morirai. Sono solo io che posso sconfiggere il demone della prima coda, di certo non tu.

    Ti sbagli... io non... non te lo permetto... Non c'è posto per l'odio dentro di me, io non voglio fare del male a nessuno!

    Tsk. Facciamola finita e fammi uscire. Spreco solo tempo qui con te, sei solo una mocciosa che non accetta al verità. Cosa credi che faccia forti le persone? Abbandonare le debolezze e quegli sciocchi legami affettivi con le persone. Io non provo amore ma solo rabbia e desiderio di potere, e infatti sono più forte, sono la parte migliore di te, Yuka.

    B-bugiarda! Non lo sei affatto! Perché dovrei lasciare tutti i miei amici e preoccuparmi solo del potere? A che serve essere forti se non si ha nessuno da proteggere?!

    Fammi uscire, Yuka. Smettila di cianciare e fammi uccidere quel coso nero. Sbrigati, stai iniziando a farmi perdere la pazienza...

    No! Non ti lascerò uscire! Tu vuoi solo vendicarti ma io no, io voglio salvare la Kazekage e se questo implica sconfiggere Anti Shukaku, ebbene lo farò. Ma a modo mio, non come dici tu!

    Fammi uscire.

    Scordatelo! Non ti permetto di vendicarti in questo modo!!

    FAMMI USCIRE!

    NO!! IO NON SONO COME TE! IO VIVO PER PROTEGGERE LE PERSONE A ME CARE, NON PER DISTRUGGERLE!

    La testa mi scoppiò improvvisamente da di dentro. Il sangue pulsava forte e le immagini si distolsero attorno davanti ai miei occhi. L'ultima cosa che vidi fu il sorriso trionfante di Yuka mentre ruggiva dal dentro della caverna di sabbia. I suoi occhi bramavano morte. Era finita, avevo perso contro me stessa. Fui allontanata da quel posto mentre la ragazza spiccava un balzo e cadeva sulla soffice e calda sabbia del deserto, davanti ad Antishukaku. Finiva dunque così ogni cosa? Mentre perdevo conoscenza, viaggiando per restare imprigionata nel mio inconscio, una volta per tutte, mi tornò in mente una sola scena. Non aveva nulla di particolare e, di certo, non era una di quelle scene che ti passano davanti agli occhi prima di morire.




    Piangevo nel mio letto, con le coperte tirate fin sopra la testa. Papà mi aveva sgridata di nuovo. Perché lo faceva così spesso? Cos'è che non gli andava bene di me? Questa volta era perché mi ero rifiutata di allenarmi con lui, nel cortile di casa. Non era per la sua presenza, io volevo bene al papà, come una qualsiasi altra figlia. Ma lui no. Lui mi detestava. Mi fissava come se per lui fossi una disgrazia, il frutto mal riuscito di un suo progetto abbandonato. Qualsiasi sforzo facesse, non volevo fare ciò che faceva lui. Mi aveva sgridato per quasi due settimane, ogni singolo giorno, perché non gli ubbidivo. Ma non potevo farci nulla. Non volevo diventare una Shinobi come lui. I ninja facevano male agli altri, li facevano soffrire, ripagando violenza con violenza. E questo non era giusto, perché il male crea solo altro male. Ma a papà non erano andate giù le mie parole. E questa volta mi aveva sgridata davvero tanto, così tanto che mi ero rintanata in camera mia, piangendo a dirotto. Perché? Perché dovevo fare del male agli altri? Solo perché il mio cognome era Satetsu? Non ero pratica nel combattimento o con quella roba strana che mio padre faceva. Eppure lui continuava a ripetere che avevo già un futuro scritto, che ero predisposta per controllare l'arte segreta che si tramandava in famiglia. Non lo volevo. Mi faceva paura. Perché a me? Perché ero io a doverla ottenere? Io volevo solo... stare per conto mio ogni singolo giorno. Amici non ne avevo ma avevo i miei libri. E i miei giochi e i miei disegni. Mi piaceva anche sentire la musica, non ero nata per essere una ninja. Non lo volevo, per nulla al mondo. Ma mio padre aveva deciso per me. Mi aveva iscritta in accademia e non era contento dei miei risultati disastrosi. Sperai che lasciasse stare ma non servì a nulla sentirsi dire dal mio insegnante che non ero portata. Mio padre insisteva, quel giorno più che mai. Così, piangevo in silenzio, crogiolandomi nella mia stessa impotenza, quando qualcuno bussò alla porta. Sperai che non fosse mio padre, non volevo vederlo né sentirlo, mai più. Ma la porta si aprì e un profumo familiare, di pulito e vaniglia, mi inebriò i sensi.

    Sniff... Sniff... Mamma...?

    Si sedette accanto a me e la mia testolina uscì dal mio rifugio. I capelli bianchi della donna, il suo viso gentile e i grandi occhi blu, tutto mi rassicurò all'istante. Eravamo identiche, come gemelle, ed io ne ero felice. La mamma sapeva sempre cosa dirmi quando stavo male o ero confusa. Lo percepiva anche solo sentendomi camminare per il corridoio. Aveva sempre una parola dolce e non mi sgridava mai, ma proprio mai, per questo le volevo tanto bene. Mi accarezzò le guance, sorridendo lievemente, scrutandomi con gli occhi affettuosi. Sapevo perché era venuta, era l'unica capace di farmi calmare quando ero triste o arrabbiata.

    Yuka, il papà non ce l'ha con te. E' solo preso dalle sue preoccupazioni ma ti vuole bene, sai?

    N-non è vero... lui mi odia... Non è mai contento di me..

    I suoi modi sono sbagliati perché, vedi, tuo padre ha il brutto vizio che non sa dire le cose come stanno. Lui reagisce così, ma lo fa perché non sa come comportarsi. E' grande ma ricordati, anche i grandi sono dei bambini, infondo.

    Smisi di piangere, asciugandomi gli occhi lucidi con la manica del pigiama. Era vero, mio padre non sapeva parlare, sopratutto con me. Ma non la trovavo una scusa. Sapevo che non era giusto nei miei confronti. Perché prendersela con me? Io mi impegnavo a scuola ma non ci riuscivo a prendere buoni voti o a usare le arti magiche. Non ero brava e basta e sopratutto non volevo essere una kunoichi. Era questo il vero problema, non riuscivo a trasmetterlo a mio padre. Non ero mai riuscita a spiegargli le mie ragioni perché si infuriava non appena intavolavo l'argomento, nonostante avessi neanche undici anni. Ma forse con mia mamma potevo parlarne. Lei glielo avrebbe detto e, allora, lo avrebbe convinto a lasciar perdere.

    Mamma, io non voglio fare la ninja. Non mi piace! Dillo tu a papà!

    Oh, davvero? E perché non vuoi?

    Perché i ninja fanno male agli altri... E papà dice sempre che avrò un potere molto forte, quella roba della famiglia... Ma io non voglio! Non voglio avere il potere...

    Capisco... quindi hai paura di fare del male agli altri se diventi forte?

    La guardai stupita, rapita dalle sue parole. Sì. Possibile che fosse quello il motivo? A scuola i ragazzi più forti prendevano in giro gli altri solo perché erano più capaci di loro. Non era una cosa bella, non mi piaceva per niente. Era ingiusto. E se sarei diventata anche io così? Annuì, scoprendo proprio allora che sì, mi spaventava l'idea di fare del male agli altri. Non volevo le battaglie o le guerre, non mi piaceva neanche litigare con i miei compagni. Volevo stare tranquilla nella tranquillità. E i ninja non portavano nulla di buono. Mia mamma sorrise gentile, avvicinandosi, puntando gli occhi brillanti nei miei come ogni volta che mi diceva qualcosa di segreto o interessante.

    Ti svelerò un segreto, allora... Tu ti chiami Yuka. Sai cosa vuol dire?

    Scossi la testa, rapita dalle sue parole. Lo sentivo: stava per dirmi qualcosa di bello, qualcosa che mi apparteneva.

    Yuka vuol dire "che crea bontà". Anche se diventassi una ninja, non potresti mai fare del male agli altri. Sei fatta per creare cose buone, per portare gioia a chi ti sta intorno, piccola mia. Ricordatelo sempre.

    [...]


    Anche se morirò non abbasso lo sguardo, non indietreggio e non digrigno i denti. E' Shukaku a prendere possesso della mia persona mentre la follia ride di me alle mie spalle. Non ci sono più, sono solo un occhio blu in mezzo al nulla che diventa sempre più nero. Scomparirò, e con me l'ultima speranza di salvare i miei cari. Cedo il posto alla follia, è troppo forte per me. Conosce le mie paure e le mie debolezze, lei non ne ha perché non prova altro che rabbia. E quindi è lei a vincere, oh, sciagurata me. Avrei dovuto fermarmi quando potevo farlo, e invece eccomi mentre lascio questo mondo al quale ho ancora tanto da offrire. Dovrei spirare al cielo, sentire quel vuoto leggero che mi stacca da ogni cosa. E invece sento questo fastidioso ronzio nelle orecchie. Diavolo, ci sono zanzare anche in paradiso?! Grazie al cielo no, è solo un'impressione. Eppure è strana, non dovrebbe esserci alcun ronzio quando si muore. Ah, non è un ronzio. E' qualcosa che vibra ma non c'è nulla di simile qui vicino. Oddio, ho gli occhi chiusi quindi non posso saperlo con certezza ma penso proprio di avere ragione, stavolta. Lo ascolto in silenzio, tentando di capire cosa sia. Una scarica. Mi sorprende così tanto che il mio corpo trema. Non me lo aspettavo proprio ma prima che ci possa pensare di nuovo, un'altra scarica mi attraversa il corpo. Cavolo, è fastidioso! Un attimo, ora sento qualcosa. Non è solo un ronzio, sono delle voci. Voci gentili, amiche. Se fossi stata l'eroina di un qualche romanzo che mi piace tanto leggere, avrei sentito tanti consigli su come farcela, su come risvegliarmi da quel sonno e vincere la mia battaglia. Invece no. Non dicono frasi d'affetto o di incoraggiamento. Loro... Mi chiamano. Dicono solo il mio nome, così, senza aggiungere altro. "Yuka... Yuka". Mi chiamano senza sosta mentre quelle vibrazioni scuotono il mio corpo e le scariche elettriche mi fanno tremare gli organi, i muscoli, i nervi. Il mio nome... Yuka è il mio nome. Io sono Yuka Satetsu, del villaggio della Sabbia. Mi piacciono i dolci e sonnecchiare tranquilla. Non mi dispiace il caldo ma preferisco la neve, anche se l'ho vista una sola volta. Nel tempo libero leggo e disegno e mi piace da matti stare con le mie amiche. Voglio molto bene a mia mamma e alla mia sorellina e mio padre è insopportabile, anche se voglio bene anche a lui. Ho i capelli argentei, quasi bianchi e gli occhi blu. Io sono una kunoichi anche se non volevo esserlo. Però ho scoperto che mi piace. Dico sul serio, essere una shinobi è la mia vita. Non ci sarei mai riuscita se non avessi avuto accanto Sakuya e Momo, quelle due rompiscatole. E poi... Hokaru, il ragazzo che mi piace. Chissà che sta facendo, adesso. Poi c'è Nami-sama che ammiro moltissimo, è tutto ciò che vorrei essere anche io. Io non so mai nulla, di solito mi accontento di ciò che mi dicono di fare e non faccio domande ma da quando c'è Shukaku mi tocca fare la voce grossa. Lui è testardo, rompiscatole e mi prende sempre in giro. Però mi salva sempre la pelle, anche se sono spacciata.

    "Shukaku..."

    Un'altra scossa. Chissà se l'ha sentita anche lui, visto che abbiamo lo stesso corpo, ora. Mi piacerebbe vedere la fine di questa storia ma questo dannato ronzio non mi dà pace. E neanche queste scosse. Le voci non vogliono stare zitte, continuano a chiamarmi. Mi sento sempre più vicina a loro mentre pronunciano il mio nome. Ora che sento bene c'è anche quella della Kazekage. Allora sta bene, mi dico. Non lo so, però inizio a sentirmi davvero strana. Sento il peso del mio corpo, quello nuovo, trasformato quasi completamente. Sento la il vento sul volto e la sabbia tra i capelli. Vedo tutto nero ma poi sento di nuovo quelle voci. Antishukaku, adesso mi chiama anche lui ma non con il mio nome. Non è nella mia testa, mi chiama davvero. "Gaara" di qui e "Gaara" di là. Ma è cieco? Non vede che non sono io? Le voci mi chiamano e le scosse aumentano finché non tremo e basta. Apro la bocca e respiro l'aria per la prima volta, così pulita che mi bruciano i polmoni. Una nuova voce si aggiunge al coro. Sembra quella di Shukaku. Mi chiama senza sosta, più forte degli altri. Quasi grida ed io mi sento così...

    *Elettrica*


    Apro l'occhio destro, il mio occhio, osservando il cielo così azzurro da stupire, come se fosse estraneo a tutto ciò che accade qui, sulla terra. O forse è solo un incoraggiamento, come se guardando tanta armonia ci venisse naturale stare bene. Qualunque sia il motivo, mi sento un po' uno schifo. Eppure sono viva. Non so se sono io o non lo sono. Follia, ragione, armonia, caos. Cosa sono adesso? Antishukaku mi fissa mentre tento di rimettermi in piedi, affaticata.

    GAARA, TORNIAMO DI NUOVO AD ESSERE UNO E DISTRUGGIAMO OGNI COSA!!
    PARTIREMO DA SUNA, POI ANDREMO A KONOHA PER VENDICARCI DI CHI CI HA SEPARATO E POI CHISSA'. EH, COSA NE DICI?


    Vuole unirsi a me e vendicarsi di chi lo ha rinchiuso per anni dentro una prigione di sabbia. Vuole che scateni la mia stessa rabbia per creare qualcosa di nuovo. Un nuovo terrificante prologo sul villaggio. Questo significherebbe avere un potere sconfinato. Dall'altra parte, morire. Non so perché ma quelle voci che mi chiamavano parlano per me.

    No....

    Lo penso anche io, nonostante sia più di là che qua. Perché dovrei aiutarlo? Perché ricadere nel mio stesso errore? Un Ninja non segue la via della vendetta ma quella della giustizia. Riparare all'ingiustizia con la vendetta genera solo rancore, e il rancore non si sconfigge facilmente. Per questo non accetterò mai una cosa del genere. Solo, è difficile farlo. Non riesco neanche a parlare.

    Io... Non... Io.... IO.... N-non... sono...

    Cosa? Cosa sono io? Una shinobi? La forza portante di Shukaku? La salvatrice di Suna? Un eroe? Una sciocca che crede di esserlo? Decido all'istante che saranno le mie azioni a deciderlo. Sono forte e debole al contempo e questo mi dà la forza di andare avanti. Stendo con fatica le braccia animalesche mentre tento di far uscire dal sottosuolo granelli neri che si concentrano nel cielo, prendendo a vorticare. Tento di scagliare quei pezzi di metallo sull'Anti tasso, lasciando che il metallo resti nel suo corpo mentre, per lo sforzo, non riesco a stare in piedi e mi chino a terra, poggiando i palmi sulla sabbia calda. Chiudo gli occhi e sento il chakra dentro di me scorrere come non l'ho mai sentito. I granelli ferrosi risalgono in superficie mentre li manipolo come il più abile degli artigiani, tentando di creare delle gigantesche stalagmiti sotterranee che, uscendo dal terreno, dovrebbero trapassare il tasso in più punti, immobilizzando al terreno, senza possibilità di farlo scappare. Non so come ci riesca ma almeno ci provo, non me ne sto con le mani in mano mentre vengo spazzata via dalla faccia della terra. Cosa direi agli altri, poi? Che Yuka Satetsu del villaggio della sabbia è una codarda? No. Non voglio esserlo. E non voglio neanche essere Gaara o come diamine si chiama. Voglio solo essere me stessa, nient'altro che me. Concentro il chakra nella mano destra, anche se non posso chiamarla "mano". Ma sono sempre io, è solo un altro punto di vista. Corro verso Antishukaku con tutto il fiato che ho in corpo, reggendo la sfera azzurra che mi vortica in mano. E' il mio marchio, per questo mi viene naturale usare il Rasengan. Ottenni il rotolo vincendo un torneo tra Genin, proprio io che non ero nulla di che. Anche adesso sono la stessa. Una volta che l'avrò dimostrato, riporterò a casa Nami-sama. Spicco un balzo e sono davanti al Biju, nero come il carbone. Rilascio il colpo che brilla di luce propria davanti ai miei occhi.
    Eccomi, sono qui. Sono io! E' il mio cuore quello che sta battendo e lo urlo a pieni polmoni perché il deserto se ne ricordi, ora e per sempre.

    IO NON SONO GAARA!

    Yuka Satetsu

    Azioni:

    - Pioggia di Sabbia Ferrifera [con l'ausilio di 10 cariche di sabbia ferrifera]
    - Tecnica Magnetica della Meteora Infinita
    - Rasengan

    Stamina:
    [650] -18(pioggia di sabbia ferrifera) -18(Tecnica magnetica della meteora infinita) -35(rasengan): -71 --> 579

    Resistenza:
    [550]

    Note:
    Anche non sembra, non sono stata autoconclusiva sul fatto di tornare in me o no, diciamo che Yuka alterna fasi di sanità a quelle di rabbia, anche se ora è più propensa per il riprendersi ma se questo avverrà, non solo adesso, lo lascio decidere a te che sei il master. Ah, anche se ho i parametri del bijuu ho lasciato la mia stamina e resistenza, dimmi tu se va bene o devo usare i suoi.

    Perdona l'immenso ritardo :sigh: Non accadrà più da adesso, sono state settimane di cacca :sigh:
     
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    Chi è questa ragazza? Una stupida poppante ingenua e incapace, o una kunoichi incredibilmente testarda? Una terribile codarda, o un'eroina senza eguali? Me lo chiedo fin dal primo giorno in cui l'ho incontrata, in cui mi son battuto con lei, perdendo. L'ho odiata troppo a lungo, fino al punto di affezionarmici. Perchè? Perchè penso questo? Io, Shukaku della Prima Coda, che ho amato, odiato, voluto bene e nuovamente detestato il genere umano ci casco di nuovo!? Io, motore immobile di chakra, senza cuore, senza un'anima provo così tante emozioni contrastanti per questa miserabile ragazzina?!
    La verità che nego a me stesso è una voce, unica e sola in questo mare bianco che mi circonda, questa prigione che mi incatena a lei, alla sua vita, alla sua stessa esistenza. Laddove dovrei vedere un'aguzzina, una negatrice di libertà, io non scorgo altro che...un sorriso. Il suo.
    Non ho mai capito cosa fosse, chi fosse, e come biasimarmi?! Abituato a gente del calibro di Rikudo Sennin, Sabaku no Gaara e Naruto Uzumaki, così imponenti, così "trascendenti", come potevo immaginare di dover fare il babysitter a una poppante...e star bene..?
    Guardo con i suoi occhi la parte negativa di me fare il bello e il cattivo tempo col mondo che lo circonda, una forza spietata e distruttrice privo di alcun freno inibitore ad imbrigliarne le gesta, e nonostante questo Yuka, da sempre incline al placidume, vi si oppone con una volontà eguale, se non superiore a quella dei grandi del passato.
    Chi sei tu, Yuka?
    A un certo punto crolli, e con te vien giù il mondo.
    Sapevo che prima o dopo ti avrei uccisa, ma se un tempo avrei gioito di ciò, oggi che lo vivo sento una vibrazione nel petto, una fitta che non avvertivo da decenni, più precisamente dalla morte di Gaara.
    Percepisco il tuo corpo mutare, cedere per far posto al mio, un oceano di granelli compositi di sabbia e calce che dovrebbero restituirmi la libertà tanto agognata, ma allora perchè sono...infelice?
    Tu sei debole Yuka, maledettamente debole. Un cancro per questo mondo, o forse addirittura la cura?
    Sei gioiosa, solare, splendente, vissuta. Non come tutti gli altri. Sei priva di ambizioni, di traguardi, di uno scopo. Sei un guscio privo di sostanza, la muta di un serpente lasciata indietro perchè ormai inutile. In una parola: sei un peso, avresti fatto meglio a non nascere se doveva finire in questo modo!
    Antishukaku vede in te il vecchio Gaara, un impraticabile essere umano meritevole di una ghigliottina pendente sul collo, ma io so che non è così. Dentro di te avverto uno squilibrio, una diatriba folle tra chi desidera vendetta, e chi giustizia. Difficile sostenere una piuttosto che un'altra.
    Forza e coraggio da una parte, debolezza ma ostinazione dall'altra.
    Mia cara Yuka, tu sei ingenua, non capisci che per te è finita? Cos'altro cerchi? Saranno comunque i tuoi ultimi istanti di vita, quindi perchè continui a esitare? Persino ora che ti ho mostrato a cosa hai scelto di andare incontro?
    COSA TI TRATTIENE ANCORA?!
    La mia controparte continua a cercare complicità nella sopraffatta Jinchuuriki, come se davvero avesse qualche possibilità; quindi sgretola i tetti del mausoleo mettendo nuovamente zampa sul deserto del Vento, dopo 150 anni. E' rimasto decisamente indietro, ma ciò gli ha dato modo di covare una spasmodica smania di devastazione, alla stregua di un qualunque altro essere umano incline al potere.
    Come promesso faccio il possibile per rallentare il corso della mia liberazione, interrogandomi ancora sul perchè...


    GAARA, TORNIAMO DI NUOVO AD ESSERE UNO E DISTRUGGIAMO OGNI COSA!!
    PARTIREMO DA SUNA, POI ANDREMO A KONOHA PER VENDICARCI DI CHI CI HA SEPARATO E POI CHISSA'. EH, COSA NE DICI?


    Siamo anche noi all'esterno, ma respirare la mia componente fondamentale non aiuta a farmi star meglio. Sto male, malissimo, e per troppe cose.
    Le piccole porzioni di Yuka riprendono a vibrare a causa delle provocazioni dell'Anti-me. Sciocca ragazzina, non capisci quanto sei a rischio?! Aggravi maggiormente la situazione! Basta con questa passività alle emozioni. Non avrai mica...
    Sgrano gli occhi nel mezzo della marea bianca, come folgorato da un fulmine. "PAURA".
    Distorco la mandibola, e apprendo la risposta al quesito.
    Yuka, è la paura a renderti diversa da tutti gli altri. I grandi del passato abbondavano di valori positivi e propositivi, dimenticando la reale forza motrice degli esseri umani. Sprigiona l'energia più abbagliante mai prodotta, una potenza aliena a noi mostri. La paura di fallire. Ed è grazie ad essa che riesci a trattenermi, e a permettermi di farlo.
    Hai una fottuta paura di diventare chi non sei!
    Ma dimmi allora....CHI SEI VERAMENTE?!
    Con la forza di un Cercoterio scatenato - certa della sicurezza della Kazekage ancora nel mausoleo - combini il chakra della Coda alla tua innata, per far piovere metallo sulla mia controparte...


    - CHE COSA SIGNIFICA QUESTO?! E' FORSE UN RIFIUTO, GAARA?! -

    No....

    Con la zampa a protezione della faccia, si ritrova con i pezzi di metallo conficcati un pò per tutto l'arto superiore, ma se il colpo pare non averlo scalfito, una ferita ben più profonda ne altera all'improvviso il comportamento. Uno shock vero e proprio!

    - NO! COSA SIGNIFICA QUESTO?! DOV'E' FINITO IL TUO ODIO?! LA TUA ENERGIA DI PRIMA?! IO..IO NON TI RICONOSCO PIU'!!! -

    Tuona in nostra direzione, scandalizzato letteralmente dal cambio di personalità di Yuka. Ma cosa vede in lei che io ancora non riesco a vedere?!
    Sono qui, dentro e accanto a lei, ma non capisco...
    Intanto l'offensiva della ragazzina continua, manipolando i granelli di sabbia ferrifera nel sottosuolo per dar vita a imponenti spuntoni d'acciaio, che però l'antitasso schiva buttandosi di lato, ancora alla ricerca di un motivo.


    Io... Non... Io.... IO.... N-non... sono..

    - Tu...

    IO NON SONO GAARA!



    TU NON SEI GAARA!



    Urlano a squarciagola contemporaneamente.
    Gli ultimi residui di corpo di Yuka vengono completamente avvolti da me, dalla mia essenza, lasciando di Yuka solamente un vago ricordo, in compenso lo sprigionamento del mio potere fa sì che il rasengan da lei cominciato e da me potenziato, gli buchi lo stomaco fino a scagliarlo ad almeno 50 metri di distanza. Mai si era visto nella storia una sfera di energia tanto grande, seconda solamente a quella di Naruto Uzumaki!
    Yuka...
    Dall'immensa quantità di deserto sollevatasi all'impatto, emerge un Antishukaku incazzato nero, sbuffante e con il petto in subbuglio per l'affannosa respirazione portata avanti. Si sente deriso, preso per i fondelli e non gli va giù che non è Gaara quello che ha davanti. Dovrà farsene una ragione.
    Ad occhi chiusi attendo la sua nuova mossa, che non tarda ad arrivare...


    - VEDO CHE HAI PRESO IL SOPRAVVENTO. MEGLIO COSì: SCONFIGGENDOTI OTTERRO' LA MIA META' MANCANTE!

    ARRIVOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!

    -


    Trasformatosi completamente in uno Tsunami sabbioso alto all'incirca venti metri vorrebbe inghiottirmi, ma poi vedo che spargendosi per terra fa emergere un corridoio di grinfie con lo scopo di paralizzarmi; a quel punto riemerge proprio davanti a me ed è pronto a lanciare una dama a distanza ravvicinatissima.
    Però io riapro gli occhi prima che tutto questo succeda, e urlo:


    - ADESSO SAI CHI SEI, YUKA, E SAI COSA CHIEDERE ALLA VITA!-

    Mento, perchè non sei l'unica ad aver capito il tuo scopo di vita. Fino ad oggi non nego di essermelo chiesto svariate volte: chi sono? Cosa ci sto a fare in questo mondo? Sono davvero nato per servire? Per essere un'arma alla mercè dei ninja?!
    Avevo trovato nell'asservimento un motivo di letizia, una compensazione del mio mancato scopo.
    Una mano esile e delicata apre una delle porte della cancellata nel mare bianco...
    Ma in realtà centinaia di anni di esistenza, non ne hanno mai fatto uno solo di vita. Hanno sempre deciso di me, per me, persino con me. Ma non sono mai stato veramente libero come adesso, perchè oggi...
    Le dita scorrono sull'altra parte del cancello, spalancandolo!
    OGGI IO SCOPRO DI AMARTI YUKA, UN AMORE REALE E UMANO, UN AMORE CHE MI PERMETTERA' DI PROTEGGERTI PER MIA SCELTA!


    LIBERATI E FACCIAMOGLI VEDERE CHI SIAMO!!

    Nella realtà vigente, trovo la forza di cambiare forma, sciogliermi in un vortice di sabbia che prestissimo, si addensa nelle vicinanze e prende via via le fattezze del mio corpo originale, questo fino a che l'ultimo granello viene via, rivelando nuovamente Yuka!

    CITAZIONE
    Non so se hai visto il film di Naruto "Road To ninja", ma ripropongo ciò che lì si è visto. Lo Shukaku è sempre dentro di te, ma anche al tuo fianco, come se foste due entità separate. Di fatto Avete entrambi le statistiche di Shukaku, ma siete due esseri distinti con mosse diverse. Hai a disposizione il tuo arsenale di jutsu e simili, Shukaku ha il suo. Puoi anche combinare le cose. Devi stargli necessariamente in groppa. Avete quattro mosse in generale, e non singolarmente.
    E' strano da dire, ma in effetti siete due e uno al contempo. Se prende te, si sottrae la resistenza ad entrambi, che però essendo condivisa, conta poco.
    Dato che al livello di statistiche siete uguali, lancerò un D100 per la riuscita delle azioni, senza contare nè bonus tecniche nè altro.
    Ricorda che è immune a jutsu o corpi solidi, compresi il metallo. Tu invece dovrai farti schermare dai colpi da Shukaku, anche se gli stai in groppa.
    Lui è anch'egli immune ovviamente.

    Danni subiti da Antishukaku Scheda

    Rasengan 65+197=262


    Resistenza/Stamina AntiShu: 2500-262-50-50-300=1838

    Attacchi lanciati:
    - Tsunami Sabbioso
    - Grinfie sabbiose
    - Dama dimezzata


    Note:
    La tua Resistenza/Stamina è la fusione delle vostre. Considera però che scendono pure con l'utilizzo delle tecniche, quindi stai attenta ai consumi.
     
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    Ho fatto la mia scelta. Adesso posso affermare di non avere più rimpianti, potrei anche andarmene ma porterei con me quello stesso sentimento, il ricordo indelebile e l'emozione che ho provato. Anche se per la prima e l'ultima volta, anche se tutto questo coincide con la mia dipartita, ho scelto cosa fare della mia vita. Mi sono lasciata alle spalle ogni cosa, seguendo solo il mio cuore. Sì, ho creduto in me e ho scelto di crederci fino in fondo, fino all'ultimo respiro. Con il corpo del demone e il mio quasi del tutto svanito nel nulla, ho tentato di far piovere metallo sulla forma nera e cremisi dell'Anti cercoterio.

    CHE COSA SIGNIFICA QUESTO?! E' FORSE UN RIFIUTO, GAARA?!

    Non l'ho ascoltato neanche. Ho tentato di intrappolarlo trafiggendo il suo corpo ma il demone si scansa ed è nuovamente libero. Tuttavia decido che sarò io ad andargli incontro.

    NO! COSA SIGNIFICA QUESTO?! DOV'E' FINITO IL TUO ODIO?! LA TUA ENERGIA DI PRIMA?! IO..IO NON TI RICONOSCO PIU'!!!

    Ho mosso le gambe, ho inarcato la schiena e ho osservato la luminosa luce azzurra del Rasengan nella mia mano, l'ultima luce a brillare come un riflesso nei miei occhi. Antishukaku se ne è accorto. Corro nella sua direzione con il palmo della mano destra rivolto verso l'alto e il braccio steso dietro di me. I miei occhi incontrano i suoi e non se ne separano più. E' tutto ciò che posso fare, è l'ultima cosa che posso fare. Sento il mio corpo che si disgrega come sabbia e ad ogni passo mi sento sempre più lontana. Quelle voci ora sono solo un'eco in lontananza.

    Tu...

    Sì demone, te ne sei accorto adesso, vero? Gaara è morto centocinquanta anni fa, sei rimasto ad aspettare un fantasma per tutto questo tempo. Non è il suo odio quello che senti ma il mio amore, tutto l'affetto che provo per Nami-sama, per i miei amici e per il mio intero villaggio. L'amore che brilla nella mia mano e brucia nel mio occhio destro che ora sta perdendo colore. Io sono debole, lo sono sempre stata. Mentre la mia vista si annebbia e la mia ragione si azzera, lascio che il nuovo corpo di Shukaku continui ad avanzare, lascio che salti e che la sfera luminosa oscuri il sole davanti al demone. Lascio andare il Rasengan che esplode con un boato assordante bucando il petto e spedendolo lontano. Le mie ultime parole sono contemporanee a quelle di Anti-Shukaku. Finalmente, entrambi abbiamo capito.

    IO NON SONO GAARA!

    TU NON SEI GAARA!


    Avvolta da nulla, sospesa nell'infinito abisso che è l'oblio, respiro a bassa voce. Ho gli occhi chiusi ma so che aprirli non farà differenza adesso. Nessun suono esiste in quella dimensione quasi onirica, solo il battito del mio cuore, né lento né veloce. Come dire, è "normale", un aggettivo che mi ha sempre contraddistinta. Dovrei farmi un po' pena a stare semplicemente lì in mezzo. Né incredibile né pessima, semplicemente normale. E' stato così da sempre e per ogni mio aspetto, io sono... la normalità? Una famiglia normale, non tranquilla ma neanche disastrata; una ragazza dall'aspetto normale, non bella da togliere il fiato ma neanche brutta, dotata di capacità ordinarie, né più né meno di qualsiasi altra persona della mia età. La mia vita? Normale. Non ho affrontato chissà quali avventure ma non è stata neanche una vita piatta. Sono sempre stata una ragazza perfettamente normale. Almeno fino a quel momento. Shukaku, lui mi ha resa diversa. E' stato qualcosa fuori dall'ordinario quello che è successo ad Ame, quasi due anni prima, è stato fuori dall'ordinario la mia sopravvivenza e, oltre ogni previsione, quel legame inaspettato. Ci siamo odiati e per questo combattuti, senza sapere che un sottile filo rosso ci aveva legati fin dal primo sguardo. Shukaku... Prima di andarmene avrei solo voluto chiedertelo. Cosa sono io per te? Cosa provi quando i miei occhi raggiungono i tuoi? Mi trovi forse inutile? Pensi che io sia un peso? Mi odi? Vorresti che io morissi perché sono la causa del tuo dolore? Perché non me l'hai mai detto? Perché mi hai lasciata a dubitare fino alla fine, anche adesso che non esisto più? E' il sapere di essere morta che mi dà il coraggio di chiedermelo perché, già lo so, non avrei mai potuto chiedertelo prima. La verità è che ho paura, di qualsiasi cosa. Ho paura di non dire mai la cosa giusta, ho paura che anche una mia sola parola, un solo sguardo mal interpretato possa ferire le persone. Ho paura di sbagliare anche a pensare, ho paura di rivelare ciò che penso davvero agli altri perché ho paura di ciò che penserebbero di me. Ecco la verità che serbo nel profondo del cuore. Ho paura di ogni cosa e, in qualche modo anche di me stessa. Se non andassi bene agli altri preferirei quasi morire, non potrei sopportare l'idea di essere un peso per qualcuno. Per questo sto da sola, per questo non parlo e faccio finta che il mondo mi scorra addosso senza preoccuparmene. Non ho ambizioni, non ho sogni, non ho nulla, solo la mia paura. Eppure, non posso sottrarmi a te, Shukaku. Anche se ci provo, non ho mai potuto far finta che non esistessi perché sei qui, sei dentro di me, fin dal primo momento. Ho sempre bisogno del tuo aiuto perché so di non valere nulla se sono sola. E, credimi, una parte di me voleva che tutto ciò non fosse mai accaduto. Sono una buona a nulla, incapace e fifona, perché, allora, hai scelto me? Perché ero debole, vero? E' stata la mia debolezza a spingerti a credere di potermi fermare. E invece eccoci, a dividere un corpo che non è neanche più mio. Io... non riesco a capire. Non voglio essere un peso per te, non voglio costringerti a guardare attraverso i miei stessi occhi tutta l'inutilità di cui mi circondo. Non ho mai voluto che tu fossi un peso per me ma, senza rendermene conto, lo sei diventato. Infatti, al contrario di quanto io faccio con te, tu... mi spingi sempre a fare di meglio. Sei un peso, Shukaku, perché mi costringi a stringere i denti e rialzarmi, qualsiasi cosa accada. Mi spingi allo stremo delle forze e tutto perché non voglio deluderti, non voglio che anche io diventi un peso per te. E' stupido, lo so, ecco perché non te l'ho mai detto. Dico solo cose stupide, di solito. Però, anche se non puoi sentirmi, voglio che tu sappia. La paura che mi opprime, la paura di non farcela e di distruggere ogni cosa, è la mia forza più grande. Mi impedisce di gettarmi a capofitto nelle imprese come un eroe, mi impedisce di dire ciò che penso e mi ha impedito di separarmi da te, prima di dimostrare chi non sono. Ho paura, Shukaku, ma adesso, rinchiusa in questo sconfinato spazio, percepisco un nuovo tipo di paura, più forte di tutti gli altri, più struggente e dilaniante, più sopito di tutti i miei altri sentimenti. Ho paura di perderti, Shukaku. Ma ormai è finita, non c'è più nulla da fare. Grazie, Shu, di ogni cosa.

    ADESSO SAI CHI SEI, YUKA, E SAI COSA CHIEDERE ALLA VITA!


    Apro gli occhi stupefatta, irradiata da una scossa elettrica. Mi stai chiamando, Shukaku? E' la tua voce questa! Cosa vai dicendo? Io... chi sono? Perché riesco a sentirti? Perché d'improvviso sento la tua presenza dentro di me, nel mio petto? Tu... non vuoi che io me ne vada...? Io saprei chi sono? No, non penso di saperlo. Però, sono qui e il mio cuore batte forte, devo per forza essere qualcuno, qualcosa. Ripercorro lo scorrere del tempo a ritroso e mi rendo conto che sei stato tu a darmi la risposta che cercavo. Sì, io ho paura. Sono debole perché la paura mi ferma in ogni occasione perché ho un disperato terrore di non farcela. Sorrido leggermente perché avrei dovuto chiedermelo prima. Se sono così debole, perché mi sono opposta con così tanta ostinazione? Ora l'ho capito, ho capito finalmente chi sono. La mia debolezza mi rende forte. Il terrore di fallire mi spinge a dare tutta me stessa perché non voglio che gli altri soffrano a causa mia, non permetterei mai che ciò avvenisse. Shukaku, tu questo l'hai capito e te ne sono grata, perché senza di te non ce l'avrei mai fatta per conto mio. Non voglio morire, non voglio perdere, non voglio che il male trionfi in nessun caso. Ed è per questo che nonostante la mia debolezza, nonostante la mia paura, non posso tirarmi indietro. Sono un essere umano come tutti, sono normale e speciale al contempo e tutto grazie al demone che mi porto dentro. Ma oggi le cose cambieranno per sempre. Accetto tutto di me stessa, i miei limiti, i miei difetti ma anche i pregi. Mi oppongo alle tenebre e mi farò carico delle speranze che il Villaggio e tu, Shukaku, riponete in me. Non c'è più nulla che possa impedirmi di andare avanti adesso perché la mia volontà non me lo permette. Io ti salverò, Shukaku, così come salverò Nami-sama e l'intero villaggio. Me lo sento nelle vene che quella luce brillante dentro i miei occhi è la mia volontà. La paura mi dà coraggio donando alla mia debolezza una forza mostruosa. Scusa per averti fatto aspettare, Shukaku, perdonami se non ti ho ascoltato ma non c'è più nulla di cui tu debba preoccuparti perché adesso posso alzarmi in piedi e affrontare la parte peggiore di te senza abbassare lo sguardo. Quest'oggi capisco chi sono, non un'eroina né un demone. Dunque lasciami rimediare al male del passato, lasciami restituirti la vita che ti è stata negata, lasciami salvare Nami-sama e fammi combattere senza nascondermi, con solo le mie forze. Che il Demone dagli occhi scarlatti mi guardi e capisca che non sono Gaara perché io... SONO YUKA SATETSU DEL VILLAGGIO DELLA SABBIA!

    La stanza bianca e nera brilla opaca davanti ai miei occhi. Non sono stupita, mi guardo solo le mani, chinando la testa. E' il mio corpo, quello, sono me stessa, almeno lì, nel silenzio. Alzo gli occhi e la gabbia appare intatta, le sue sbarre scure non sono più piegate per colpa delle scosse, ora inesistenti. Ma i sigillo non c'è, è sparito, la pergamena non fa più da lucchetto tra le due sbarre, chiuse. E tu, Shukaku, attendi immobile dietro di esse. Questo vuol dire... che non vuoi uccidermi, sei disposto a rinunciare alla libertà... per me. Ti guardo negli occhi e quella pesantezza che avevo nello stomaco si scioglie all'istante. Sorrido senza riuscire a trattenermi. Tu mi hai aspettata, vero? Hai creduto in me anche quando neanche più io ci riuscivo. Grazie, non accadrà più da adesso. Ora, nonostante questo silenzio, sento che i tuoi sentimenti sono arrivati a me. Avanzo verso la gabbia, posando la mano sinistra sulle sbarre fredde. Non ho paura di ciò che accadrà adesso, sento che nulla di male può succedere se resti al mio fianco. Mi fai credere in me stessa e solo perché io credo in te. Senza alcuna esitazione, spalanco la gabbia silenziosamente e, sorridendoti, ti tendo il pugno dell'altra mano. E' questo che si prova quando si tiene davvero a qualcuno? Forse i miei pensieri non ti raggiungeranno mai, forse sono solo emozioni confuse che mi fanno battere forte il cuore. Però, se dovessi esprimermi a parole, allora te lo direi. Ti amo, Shukaku, non so che tipo di amore sia ma non posso farci nulla. Ti amo, e non lascerò che siano l'odio o la rabbia a separaci perché il nostro legame supera ogni cosa.

    Sono pronta, adesso. Combattiamo... insieme!

    Ora ho un sogno, qualcosa di personale che vorrei preservare, qualcosa per cui combatterei davvero. Come mi hai chiesto tu, Shukaku, ora so cosa chiedere alla vita. E' mentre i nostri pugni si toccano che esprimo il mio desiderio lasciandolo cullare dentro di me, come un sussurro che mai dovrà incontrare la mia voce.
    Voglio restare con te, qualsiasi cosa accada.

    [...]


    Il mio corpo è morto, svanito nel nulla, sono solo un ricordo su questo mondo terreno, niente più che una voce del vento. Questo è quello che dovrebbe succedere ora che ogni centimetro della mia pelle è scomparso, avvolto dall'immagine di Shukaku che, alla mia altezza, non aspetta altro che liberarsi e tornare alla sua forma originaria. Eppure, quella scarica elettrica continua ad attraversarmi e corpo e finalmente apprendo ciò che sta succedendo in realtà. Non me ne sono mai andata. Io sono qui!

    LIBERATI E FACCIAMOGLI VEDERE CHI SIAMO!!

    La voce di Shukaku irradia il mio cuore di speranza, come sempre. Egli si scioglie in un vortice di sabbia che però prende forma, innalzandosi in alto, verso il cielo. Partendo da sotto, il corpo del Tasso assume le sue naturali fattezze ma, una volta che il vortice giunge alla testa, i miei occhi vengono illuminati dalla luce del sole. I miei capelli vengono scompigliati dal vento e le mia labbra sorridono impavide davanti al cercoterio oscuro. I suoi occhi scarlatti ci osservano con disgusto, il suo chakra sembra quasi non poter essere contenuto dall'involucro che è lui stesso. Scoprirà ben presto che l'odio verrà sempre curato con l'amore, per questo Shukaku ed io non possiamo assolutamente perdere. Con un grido rabbioso, il nostro avversario cambia forma, trasformandosi in un'onda sabbiosa di dimensioni spaventose, alta quasi venti metri, così tanto che oscura il sole e le ombre calano sui nostri volti. Ma nessuno dei due ha paura, ci sosteniamo a vicenda perché il solo stare insieme ci infonde coraggio. Unisco le mani, componendo i sigilli sempre tenendo lo sguardo fisso davanti a me, dove lo tsunami è pronto per ingoiarci. Concentro il chakra proprio davanti a me, in linea retta, perpendicolare al terreno. Non permetterò mai che Suna cadda né che gli sforzi di Nami-sama vengano resi vani. Il chakra elementale del vento viene da me compresso e richiamato in gran quantità, pronto per essere utilizzato. Ed è proprio quando l'onda di sabbia sta per sommergerci che libero una gigantesca lama di vento invisibile, tentando di tagliare lo tsunami in due, in modo da passarci attraverso e far scendere la sabbia come pioggia al suolo.

    Kazekiri! Shukaku, attento di sotto!

    Mi accorgo che la nostra arma principale, la sabbia, viene padroneggiata con la stessa maestria da Anti-Shukaku. Egli tenta di imprigionare il corpo della sua metà buona con delle grinfie che spuntano dal terreno, ma Shukaku ed io uniamo le nostre forze, rispondendo con la sua stessa arma. Il cercoterio crea altre grinfie che tentano di scacciare quelle avversarie ed io, aiutandolo, le fortifico con la sabbia nera. In tutto questo, nessuno dei due si accorge che il nostro avversario è scomparso e riemerge davanti a noi, con le fauci spalancate. Sobbalzo per la paura quando vedo la luce di una Dama. La paura si impossessa di nuovo del mio corpo, facendomi tremare, ma la voce di Shukaku ancora risuona nella mia testa. Stringo i denti e capisco che ha ragione: dobbiamo fargli vedere chi siamo.

    QUESTO È PER LA KAZEKAGE! KŪSABŌHEKI!

    Sento il chakra di Shukaku che si mischia al mio mentre innalziamo la difesa più imponente che il deserto abbia mai visto. L'unione tra di noi... no, quella tra Cercoteri e Umani, è espressa da questo imponente muro sabbioso, gigantesco molto di più di un Biju, più spesso di una muraglia, esso rappresenta tutta la nostra volontà di sconfiggere il Male. La Dama troverà esso sul suo cammino e tutta la nostra energia. E quindi tentiamo di innalzare questa difesa assoluta che che speriamo non ceda, questo scudo che proteggerà noi e il Villaggio della Sabbia. Eppure, qualcosa mi disturba. La vendetta del cercoterio, quella sua voglia di distruggere ogni cosa, quella sua rabbia distruttiva, mi sembra... così ingiusto. Da una parte lo compatisco; ha dei sentimenti proprio come me, come Shukaku, e la sua sofferenza è durata fin troppo a lungo. Ma egli sembra aver in qualche modo dimenticato il perché si trovasse in quel mausoleo, ha scordato perché Gaara, l'allora forza portante, lo sigillò all'interno di esso. Con le braccia tese davanti a me, in tensione per mantenere il muro intatto in attesa del verdetto finale, non riesco più a trattenermi. Di solito mi faccio i fatti miei, non mi immischio mai negli affari degli altri e cerco sempre di non mettere in discussione i loro sentimenti. Ma tutto ciò è... ingiusto.

    Perché... perché fai tutto questo...? Ti interessa così tanto di Gaara, lo hai aspettato per tutto questo tempo... e ora vuoi distruggere ogni cosa perché sei solo! Se ti interessa così tanto di lui, dovresti ricordarti perché hai passato gli ultimi 150 anni sigillato in una grotta! Non te lo ricordi?! Gaara aveva scelto il Bene! Voleva essere una guida per il villaggio e per questo ha rinunciato a te! perché non riesci a capirlo?

    Era la solitudine la causa della sua rabbia, la più profonda solitudine l'aveva portato alla pazzia e al desiderio di vendicarsi di chi lo aveva costretto alla sofferenza. Ma sono certa che Gaara non avrebbe voluto tutto ciò... Non aveva rinunciato alla parte più oscura di lui per il bene di Suna? Perché Shukaku non riusciva a capirlo?

    SE DAVVERO TI È STATO A CUORE RISPETTA LA SUA VOLONTÀ!!

    Urlo con le lacrime agli occhi per quella miriade di emozioni che si miscelano nel mio petto. Un ruggito scuote l'aria, il ruggito si Shukaku. Spingo il muro di sabbia fino a comprimerlo ancora di più, in modo che resista all'impatto imminente. Spero che senta la mia volontà che freme, spero che possa rimembrare la volontà di Gaara, impressa su tutto il Paese del Vento.

    Yuka Satetsu - Shukaku

    Azioni:

    - Squarcio del Vento
    - Grinfie di sabbia ferrifera
    - Scudo Protettivo di Sabbia

    Stamina/Resistenza:
    579+550+2500 = [3629] -70-50-150 --> 3359

    Note:
    Scusa il ritardo, la maturità mi sta uccidendo!
     
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    Cambiato idea, lancio un D10, anzichè un D100 :si2:


    CITAZIONE
    Responso

    Antishu
    - Tsunami Sabbioso --> 6
    - Grinfie sabbiose --> 7
    - Dama dimezzata --> 5

    Shu-Yuka
    - Squarcio del Vento --> 8
    - Grinfie di sabbia ferrifera --> 2
    - Scudo Protettivo di Sabbia --> 6

    Narrazione breve
    Anti-Shu parte all'attacco trasformandosi in uno Tsunami sabbioso, ma Yuka lo fende in due con uno squarcio per evitare di essere travolta. Questa mossa danneggia la bestia, che tuttavia non si da per vinta e cogliendo di sorpresa la ragazza in groppa la falcia a sua volta con gli artigli, creandogli danni continui da sanguinamento.
    Ma non è finita: spalancando le fauci, l'anticercoterio lancia una dama troppo veloce e ravvicinata per essere schermata in toto dallo scudo dell'avversaria. Risultato: lo schermo viene neutralizzato ed ambedue i combattenti per l'esplosione volano via.

    Danni

    Antishu 150+197+480=827

    Shu-Yuka 480

    Note
    Yuka 100 danni da sanguinamento gravissimo a turno. Scorticata dall'artiglio su tutto il corpo (non quello di Shu!)

    Perché... perché fai tutto questo...? Ti interessa così tanto di Gaara, lo hai aspettato per tutto questo tempo... e ora vuoi distruggere ogni cosa perché sei solo! Se ti interessa così tanto di lui, dovresti ricordarti perché hai passato gli ultimi 150 anni sigillato in una grotta! Non te lo ricordi?! Gaara aveva scelto il Bene! Voleva essere una guida per il villaggio e per questo ha rinunciato a te! perché non riesci a capirlo?
    SE DAVVERO TI È STATO A CUORE RISPETTA LA SUA VOLONTÀ!!


    - STA ZITTA, ZITTA LURIDA INGOIACAZZI!!
    GAARA NON MI HA ABBANDONATO! GAARA E' ANCORA DA QUALCHE PARTE A SUNA!!! GAARA NON E' MORTO! NON PUO' ESSERE MORTO!!
    HA CONSERVATO LA PARTE MIGLIORE DI ME IN FUNZIONE DI QUALCOSA DI PIU' GRANDE, NE SONO CERTO!! NON HA MAI SCELTO UNA NATURA DIVERSA DALLA NOSTRA!
    SAREBBE DOVUTO TORNARE, MA TU...ORA CAPISCO! TU GLI HAI FATTO QUALCOSA!!
    DOVE LO TIENI ADESSO, EH?!?! PARLA!! LO SALVERO' E ASSIEME DISTRUGGEREMO OGNI COSA, COM'E' GIUSTO CHE SIA!!!
    NOI...NOI NON AVEVAMO NIENTE! ERAVAMO TUTTO L'UNO PER L'ALTRO! -


    Furia, rabbia, ma invero melanconia.
    Le azioni di Antishukaku cominciavano ad acquisire un senso, al di là della mera distruzione. Tutti gli insulti emanati, il sangue agognato, la cattiveria rigurgitata...
    L'anticercoterio infondo era solamente un animale ferito, abbandonato sul ciglio della strada dal proprio padrone, che aveva atteso per centinaia di anni con la ferma convinzione che sarebbe tornato a prenderlo un giorno o l'altro.
    E lì, in mezzo alle intemperie dell'esistenza e in mezzo alla brutalità della verità mischiata a quella della natura, aveva aspettato e aspettava ancora.
    Così, continuò a lanciarsi imperterrito contro Yuka detestandola per quello che gli stava mostrando. La realtà degli eventi.
    Ma non voleva accettarli, non poteva! Come biasimarlo?! Strappare via il senso dell'esistenza a una forma di vita pensante equivale ad obliarlo nella disperazione più assoluta. La crudeltà di Antishukaku dapprima coincidente con la complicità dell'ex-Kazekage, ora diveniva una forma di estrema auto-difesa...perchè sostanzialmente non sapeva cos'altro fare. Dunque continuava a farlo.
    Aveva messo a segno un'offesa e mezza su tre, ma ora, scaraventato via dall'esplosione della sua stessa dama, doveva difendersi da Yuka.
     
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    Lo tsunami sabbioso oscurò il sole con la sua devastante grandiosità, una cascata di puro odio pronto ad abbattersi su Shukaku e me, eppure si tagliò improvvisamente a metà. La sabbia volò attorno a noi come neve mentre qualcosa di scuro riemergeva dal sottosuolo, un orribile ghigno che mostrava zanne affilate e un'espressione demoniaca. Gli occhi scarlatti del cercoterio vibrarono dentro ai miei e una gigantesca mano artigliata spuntò improvvisamente. Urlai per il bruciante dolore che mi attraversava il corpo. La groppa del Tasso si sporcò del mio sangue mentre a stento riuscivo a reggermi in piedi. Dal mento fino alla coscia destra correva sul mio corpo uno squarcio rivoltante. Il sangue fluiva copiosamente mentre la pelle rivoltata veniva mostrata al sole. Il dolore era paragonabile solo al bruciore, sembrava di essere costantemente trafitta da una spada infuocata. Respirai a fatica ma ebbi ancora la forza di non cedere. La Bijudama risplendeva nelle fauci del cercoterio nero e, mentre si scagliava contro di noi, non riuscii a trattenere i miei sentimenti. Forse l'Anti cercoterio non se ne rendeva conto ma i suoi sentimenti mi avevano raggiunta, facendo breccia nel mio cuore. Avrei continuato a lottare per la mia sopravvivenza ma non importava quante Dame mi avrebbe scagliato contro: ero già dalla sua parte, nonostante tutto. Il dolore l'aveva reso cieco e aprirgli gli occhi sarebbe equivalso a farlo respirare di nuovo. Ma doveva accettare ciò che già il suo cuore sapeva, da molti anni, ormai. Gaara non sarebbe più tornato.

    SE DAVVERO TI È STATO A CUORE RISPETTA LA SUA VOLONTÀ!!

    Gli occhi del demone divennero furiosi. Eressi uno scudo difensivo, lo stesso usato per difendere l'intero villaggio, ma la rabbia del cercoterio non aveva eguali e non ci fu altro che un'immensa esplosione. Il boato mi ronzava nelle orecchie mentre al mio sangue e alla carne viva si mischiavano fastidiosi granelli di sabbia sporca e polvere. Shukaku ed io venimmo sbalzati all'indietro ma il tasso riuscì a non cadere del tutto, affondando le grosse zampe nella sabbia, indebolito dalla deflagrazione. Un polverone fittissimo si era levato, rendendo l'aria irrespirabile e carica di fumo. Tossii e la gola aperta mi bruciò per lo sforzo. I miei occhi iniziavano a vederci doppio, la testa iniziava vagamente a girare per conto suo, stavo perdendo troppo sangue. Dall'altra parte dell'oscura aria, AntiShukaku si stava rialzando. Sul suo volto animalesco leggevo incredulità e tanta, tanta rabbia. Sapevo di aver afferrato il nocciolo del problema ma quello, seppur nero e capace di fare del male alla Kazekage in maniera così brutale e gratuita, era pur sempre Shukaku, l'unico essere a questo modo in grado di capirmi e volermi bene esattamente come ero io a voler bene a lui. La sua profonda voce mi rimbombò nelle orecchie, facendomi battere forte il cuore. Non distolsi lo sguardo, fissando la sua grande massa scura che si agitava.

    STA ZITTA, ZITTA LURIDA INGOIACAZZI!!
    GAARA NON MI HA ABBANDONATO! GAARA E' ANCORA DA QUALCHE PARTE A SUNA!!! GAARA NON E' MORTO! NON PUO' ESSERE MORTO!!
    HA CONSERVATO LA PARTE MIGLIORE DI ME IN FUNZIONE DI QUALCOSA DI PIU' GRANDE, NE SONO CERTO!! NON HA MAI SCELTO UNA NATURA DIVERSA DALLA NOSTRA!
    SAREBBE DOVUTO TORNARE, MA TU...ORA CAPISCO! TU GLI HAI FATTO QUALCOSA!!
    DOVE LO TIENI ADESSO, EH?!?! PARLA!! LO SALVERO' E ASSIEME DISTRUGGEREMO OGNI COSA, COM'E' GIUSTO CHE SIA!!!
    NOI...NOI NON AVEVAMO NIENTE! ERAVAMO TUTTO L'UNO PER L'ALTRO!


    Come pensavo. Quella che avevo davanti non era la parte più oscura e selvaggia di Shukaku, al contrario, erano i suoi sentimenti che si struggevano per aver perso l'amore che nessuno gli aveva mai dato. Si comportava esattamente come me, nel mausoleo. La mia rabbia non era data dall'odio verso la bestia ma era la conseguenza della preoccupazione e l'amore incondizionato e totalmente gratuito che provavo nei confronti di Nami-Drakeito. Shukaku aveva sofferto per 150 anni, solo, con il solo ricordo di Gaara a tenergli compagnia e dargli speranza. Cos'era se non una creatura ferita che avrebbe atteso per tutta l'eternità pur di sentire il suo cuore battere di nuovo forte, all'unisono con quello del suo unico amico? Il cercoterio della prima coda aveva un carattere irascibile e testardo, egocentrico e lunatico, sembrava detestare ogni cosa eppure il suo amore poteva arrivare fino a quel punto. E, cosa più importante, era riuscito a far credere in se stessa una buona a nulla come me. Mi aveva salvato con il suo amore e la prova era proprio quell'aria polverosa che respiravo e quel dolore bruciante che provavo mentre il mio sangue scorreva su di me. Ero in groppa a Shukaku, non c'era prova più chiara. E come mi aveva salvata lui, adesso avrei fatto la mia parte. A costo di finire spazzata via, a costo di venire distrutta da quel dolore troppo grande da sopportare, avrei salvato Shukaku. Avanzando sulla sabbia cocente, mi piegai in avanti per il dolore al corpo ma mantenendo il contatto visivo con il tasso.

    Non è così che stanno le cose, Shukaku.. Gaara non c'è più, da tanto tempo ormai..

    Non ci fu bisogno neanche di parlare telepaticamente con il Biju su cui stavo in groppa, eravamo legati da qualcosa che ci permetteva di capirci l'un l'altro. Il cercoterio cercò di creare una voragine sotto la sua nemesi, facendolo sprofondare a poco più della metà della sua altezza per intero. Sapevo che non si sarebbe limitato ad ascoltarmi, era più facile uccidermi e impedirmi così di dire la verità. La conosceva bene ma l'aveva tenuta nascosta nel profondo del suo cuore.

    Io sono Yuka Satetsu, la nuova forza portante del Cercoterio della Prima Coda, tu, Shukaku..

    Mentre respiravo a fatica, digrignando i denti per lo sforzo mentre il mio corpo perdeva energie, il Tasso dagli occhi ambrati generò delle grinfie sabbiose per immobilizzare il cercoterio avversario, impedendogli di fuggire. Mi avrebbe ascoltata solo se fosse stato abbastanza stanco da rendersi conto che la nostra volontà avrebbe sconfitto la sua solitudine. Non mi sarei arresa all'evidenza, non potevo lasciare il mio più grande alleato in balia dei ricordi.

    Gaara non ti ha mai abbandonato per davvero, sapeva che questo sarebbe successo e tu sai perché! I tuoi sentimenti finiranno per distruggerti! Non lasciare che la solitudine sovrasti tutti i bei ricordi che vi appartenevano!

    Non potevo trattenermi, soffrivo terribilmente per la malinconia che provava Shukaku. La nostalgia lo stava trasformando in un vero mostro, e non avrebbe distrutto noi ma se stesso. Richiamai il chakra elementale presente nell'aria, attingendo ad esso in modo da creare una fonte acquatica davanti a me. Manipolando il chakra, tentai di modellare un gigantesco squalo fatto completamente d'acqua. Sapevo bene che era l'elemento debole dell'Ichibi, per questo lo usavo, per dimostrargli che non ero semplicemente una tizia qualunque ma lo conoscevo. Sapevo come si comportava, sapevo cosa dire e cosa non dire in sua presenza, sapevo cosa fare e cosa evitare e, soprattutto, sapevo quando stava soffrendo. Rilasciai la tecnica, scagliando lo squali missile gigante contro di lui.

    Sono debole ma il mio cuore è abbastanza grande per tutti e due!

    Gli urlai contro piangendo, desiderando che riuscisse a sentire il mio cuore battere forte. Soltanto una volta, avrei voluto che sentisse la mia voce tremare e la mia volontà gridare con me, con un'unica voce. Vorrei che i miei sentimenti lo raggiungessero, anche solo per un istante.

    Possiamo guarire insieme, Shukaku! Ti prego, accetta la realtà! Non serve a niente rifugiarsi nei ricordi e scordarsi di vivere!!

    Yuka Satetsu - Shukaku

    Azioni:

    - Creo una depressione per far sprofondare Antishu a metà
    - Grinfie sabbiose per immobilizzarlo
    - Squalo Missile Gigante

    Stamina/Resistenza:
    [3359] -480-100 --> 2779 -50-50-130 --> 2549

    Note:
    scusa se torno al passato ma con il presente non mi trovo proprio a scrivere :si2:
     
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    Sinolo di Forza e Speranza


    Non è così che stanno le cose, Shukaku.. Gaara non c'è più, da tanto tempo ormai..

    *Gaara...non c'è più?*

    Un eco che riverberava nel suo petto, ogni sillaba ogni significato di ogni singola parola. Antishu stava vivendo dentro di sè un conflitto biblico dove l'accettazione voleva surclassare la fede su chi con lui aveva condiviso la cosa più simile a una sinergia dopo il Rikudo Sennin.
    Ma ora gli occhi della fanciulla neo-Jinchuu risplendevano di un'intensità tutta loro, da cui non traspariva menzogna. E Del resto se la sua controparte "positiva" combatteva al suo fianco evidentemente qualcosa significava. Invero nemmeno Sabaku no Gaara era mai riuscito a creare un legame così forte da manifestare un dualismo con l'entità.
    Tutti fattori che, benchè oscurati dall'ira e dai sentimenti malriposti, facevano breccia nel subconscio del tasso oscuro, trafiggendo i ventricoli della sua anima.
    Non lo dava a vedere, nè l'avrebbe mai ostentato, eppure stava piangendo lacrime di sangue dentro sè. E davvero l'unica differenza con un cane abbandonato erano le dimensioni.
    Continuava a combattere conscio di stare crollando, di stare velocemente subendo ogni ferita impartitogli dalla ragazza...e gli stava bene così.
    Il dolore faceva emergere goccia di sangue dopo goccia, la rassegnazione al vero. Urlava mentre veniva inabissato in un'immensa voragine nel deserto, e ancora quado affilati artigli gli si piantavano nel tronco per immobilizzarlo, ma lui più di questo non voleva fare..semplicemente non ci riusciva.
    Faceva finta di dimenarsi, di bramare la disfatta dell'avversaria...ma alla stregua di un bambino che ruota le braccia nel vano tentativo di colpire un adulto che a sua volta lo tiene a debita distanza dalla testa. Antishu sapeva di non avere alcuna possibilità...di non volerne più.
    Certo che a castigarlo ulteriormente provvedeva la dolcezza della fanciulla!


    Io sono Yuka Satetsu, la nuova forza portante del Cercoterio della Prima Coda, tu, Shukaku..

    Spalancò gli occhi opachi più dell'ambra, acquisendo una nuova consapevolezza: la sedicente Yuka non gli si rivolgeva come ad un nemico, con la premessa di averlo distrutto prima psicologicamente per buttarlo in ginocchio, no, al contrario qualsivoglia offesa gli lanciava contro in realtà era una mano tesa affinchè lui l'afferrasse.
    E ancora...


    Gaara non ti ha mai abbandonato per davvero, sapeva che questo sarebbe successo e tu sai perché! I tuoi sentimenti finiranno per distruggerti! Non lasciare che la solitudine sovrasti tutti i bei ricordi che vi appartenevano!

    *Gaara...lo sapeva?*

    Morte, rovina, disfatta.
    Queste tre piccole parole stereotipate bastavano sul serio a riassumere la complessa essenza di lui, del Monocoda? A giudicare da quello che aveva fatto al fianco del primo Gaara, sì, eccome. Ma che ne era stato del piccolo tasso generato dalla volontà di Rikudo Sennin di salvare il mondo proprio da quelle parole, sintetizzate nel Decacoda?
    Dal fondo della voragine Antishu socchiudeva le palpebre e subiva per l'ultima volta la mareggiata scagliatogli contro da Yuka, uno squalo gigante che all'impatto lo deformò a tal punto da fargli sciogliere ambedue gli arti superiori.
    Galloni su galloni di acqua gli scivolavano a cascata dalla testa, inondando la fossa e facendogli veramente male. Nel frattanto? Lui ignorava il tutto. E anzichè rispondere al fuoco con il fuoco, preferiva star lì affondo, per guardare la verità che aveva sempre avuto sopra la sua testa. Quante volte gli sarebbe bastato semplicemente sollevarla!


    Sono debole ma il mio cuore è abbastanza grande per tutti e due!

    Quella ragazza.
    Si ergeva sul dorso del suo Bijuu come fosse un tutt'uno con lui, e forse era proprio così.
    Con gli occhi cristallini Antishu scorgeva entrambi, un sinolo di amore, di fiducia, di crescita comune. E fu allora che ricordò con nostalgia il marchio inciso sulla fronte di Gaara. "Amore".
    Poteva avere le stesse sembianze della sua controparte "positiva", ma non erano lo stesso bijuu. Non più.
    Gaara l'aveva abbandonato, ora ne era conscio.
    Ma nel dividerli, aveva creato due vite separate, laddove uno era cresciuto all'insegna dell'accettazione e della complicità, mentre l'altro, lui, era retrocesso allo stato di fossile, schiavi di passioni indotte da un passato rinnegato da Gaara in persona.
    E ora Yuka chiedeva la...riconciliazione?
    Gli urlava contro piangendo, mentre le acque continuavano a consumarlo nel baratro. Lo chiamava, quasi invocandolo al suo fianco. Così piccola, eppure così gonfia di amore. Chissà, forse un giorno sarebbe diventata la medicina di questo mondo corrotto, la sola che avrebbe trovato una teoria per confutare la verità di certi valori etici e morali. In una parola, l'anti-umana.


    Possiamo guarire insieme, Shukaku! Ti prego, accetta la realtà! Non serve a niente rifugiarsi nei ricordi e scordarsi di vivere!!

    Quella mano tesa non sarebbe stata mai più nitida. Nè nessun altro gliel'avrebbe mai offerta. A lui, lo stesso essere che aveva giocato con la vita di una persona a lei tanto cara, e che ancora giaceva tra le rovine del mausoleo sacro.
    Gli offriva dunque...redenzione? Espiazione dei suoi peccati, delle sue colpe?
    No.
    Non gli stava concedendo il perdono, nè una gomma per cancellare le sue malvagie malefatte, tuttavia stava ponendo sul suo percorso un bivio che avrebbe portato a qualcos'altro, qualcosa di..diverso?
    Un'esposione di sabbia e acqua zampillò a mò di geyser dalla voragine di Yuka, anticipando la fuoriuscita dell'anti-cercoterio, che deformato in ogni dove riatterrò su una zampa decomposta.
    Guardava il nemico con occhi stranissimi, indecifrabili. Parevano traboccare di una valanga di emozioni, che spaziavano dall'invidia alla speranza, dalla morte alla rinascita, dalla voglia di fare all'ignavia. Impossibile per Yuka prevedere la sua prossima mossa. Che stesse architettando un attacco devastante? O che stesse riflettendo sul suo abbraccio?
    Dal nulla, dopo circa un minuto di scambio di occhiate, il cercoterio cercò di sollevare la zampa, dando l'idea di voler stringere la mano della ragazza, benchè a distanza di almeno 30 metri, ma all'ultimo la spostò in direzione del....mausoleo!


    - Dicono che la speranza sia l'ultima delle luci a morire.
    Che quando la disperazione, la solitudine, l'emarginazione ti sopraffanno, quel barlume nasce quasi da sè, tendendoti una mano che può tanto avvicinarsi quanto svanire nel nulla.
    Che rappresenti l'equazione intangibile del divino, capace di assumere le più svariate forme, e addirittura ferirti pur di darti una chance. -


    Parole tanto enigmatiche che neanche lo Shukaku originale seppe interpretare nel loro scopo.

    - Vediamo quanto è vero. -

    Zampa e artigli divennero una seconda piccola fauce del mostro, che spalancandosi caricò sufficienti particelle di energia a creare una sfera compressa di puro chakra. Una mini-dama, che a prescindere dalle dimensioni, avrebbe di certo disintegrato rovine e individui al suo interno.
    Anche adesso, alla fine, perseverava nella sua crudeltà. Perchè?
    Lanciò in un boato sordo il globo, che a tutta velocità si diresse verso l'obbiettivo prestabilo; quindi approfittò dell'ovvio intervento di Yuka, per fuggire nella sua goffaggine - dovuta alla deformazione del corpo per via dell'acqua - in direzione estremo sud.
    [...] quando la Jinchuu lo raggiunse, furiosa o meno, la carcassa malforme l'attendeva sul ciglio della spiaggia, con le spalle rivolte all'oceano...


    - Immagino mi avrai raggiunto per punirmi, correggimi se sbaglio. -
     
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    La sua era finzione, stava solo fingendo di volersi liberare da quella stretta, i suoi occhi vagavano già altrove, lontano, nei ricordi dimenticati, così candidi da fare male. A cosa stava pensando? Cosa lo tormentava? Cosa avevano scatenato in lui le parole mie? Imperscrutabili, i suoi occhi opachi non mi permettevano di raggiungerlo. Si agitava senza alcuna volontà di liberarsi, lasciava che tutto gli scorresse addosso, senza ribellarsi mai sul serio.

    "Non sta lottando, si sta lasciando colpire senza difendersi... Ha già deciso... la sua sconfitta..."

    L'acqua distrusse il suo corpo. Lo squalo gigante lo investì con un tornado di incredibile potenza e, seppur non fisicamente, investì anche me. Se i miei sentimenti avevano penetrato quella corazza di diamante non lo sapevo, ma io non avevo più armi, non volevo combattere contro di lui ancora una volta. Avrei dovuto sorridere, avrei dovuto essere fiera di me stessa... eppure perché... mi sentivo in quel modo? Il cercoterio nero era ridotto ad un ammasso scomposto, immerso in quella prigione d'acqua senza volersi muovere, senza reagire. La sua volontà, la sua determinazione, il suo stesso cuore vacillava difronte alla realtà, non potevo che esserne consapevole. Solo Dio poteva sapere quanto dolore stesse provando in quel momento il cercoterio, strappato dal suo guscio e costretto ad uscirne fuori. Non mascherai più il mio volto, in lacrime, non ne avevo motivo perché sentivo di star affrontando qualcosa che già faceva parte di me, paradossalmente, potevo affermare di essere sola in quel deserto. Attimi di interminabile silenzio ci accompagnarono in quell'epilogo non voluto dal destino. Gli occhi del cercoterio nei miei e i miei nei suoi. Nient'altro, solo quello sguardo. Il mio corpo sanguinante avrebbe presto ceduto, la forze mi avrebbero abbandonato ma non avrei potuto non sostenere quello sguardo, avrei continuato a cercare i suoi occhi nella più completa oscurità, come si cerca la luce di una stella quando il cielo è buio e abbiamo l'impressione che il mondo intero debba crollarci addosso. Distrutta, sul punto di crollare, avevo fatto una scelta dalla quale non volevo tornare indietro.

    "Ti prego... ascoltami!"

    Il mio stesso animo avrebbe voluto struggersi difronte a quel dolore, quella totale mancanza di amor proprio; il cercoterio si sarebbe lasciato morire per espiare il suo dolore durato centocinquant'anni. Io non ero mai stata da sola, non avevo mai provato il suo stesso dolore, eppure lo percepivo indistintamente. Ora che le nostre anime erano perfettamente legate assieme potevo sentire quel peso lancinante, indistruttibile ed eterno che tormentava i ricordi del Tasso. Ma era come vedere attraverso uno specchio opaco perché, difatti, quelle sensazione erano strascichi di ricordi, mere illusioni. Era Antishukaku a provarli sulla sua pelle in ogni momento, senza un attimo di sosta. Come avrei potuto dimostrargli i miei sentimenti? Come avrei potuto tendergli la mano se era divenuto cieco? Non si possono sussurrare dolci parole ad un sordo. Ma non potevo tornare indietro ora che mi trovavo in bilico, sull'orlo di un precipizio. Non potevo far altro che credere in Shukaku e nel mio desiderio, come ultima speranza.
    Improvvisamente, qualcosa accadde. Un geyser di sabbia ed acqua zampillò dal cratere, provocando una scossa sismica che arrivò fino a Shukaku e me, ancora sulla sua groppa sporcata dal mio stesso sangue. Sgranai gli occhi mentre osservavo quello sprazzo di vita divincolarsi dall'accidia e rialzarsi con sole le sue forze. Atterrò su una zampa, scomposta dall'acqua così come gli arti superiori, sciolti e molli. Un deformato demone che mi fissava con occhi indecifrabili, più umani che mai, così immobili eppure mossi dall'impeto di qualcosa a me sconosciuto. Era vivo, davanti ai miei occhi. Shukaku e la sua volontà, non avrebbero permesso a nulla, neanche alla morte, di intercedere per loro. Quella era, in definitiva, la scelta di Shukaku. Tese un decomposto braccio verso di me, non importa quanto lontano fosse, sentii il cuore riempirsi di gioia. Gli occhi del cercoterio si riflettevano nei miei mentre l'aria cominciava a cambiare. Senza dire nulla, tesi un braccio dolorante verso di lui, e in quel momento... l'arto del tasso cambiò traiettoria. Si spostò verso il mausoleo sotterrano, la sua prigione, la sua casa. Agitandomi improvvisamente, ascoltai la voce greve del Demonio, pregna di un'umanità vivida e reale.

    Dicono che la speranza sia l'ultima delle luci a morire.
    Che quando la disperazione, la solitudine, l'emarginazione ti sopraffanno, quel barlume nasce quasi da sè, tendendoti una mano che può tanto avvicinarsi quanto svanire nel nulla.
    Che rappresenti l'equazione intangibile del divino, capace di assumere le più svariate forme, e addirittura ferirti pur di darti una chance.


    Improvvisamente capii. Shukaku, vuoi distruggere il tuo dolore, non è vero? Respirai affannosamente mentre il braccio distrutto della nera essenza si trasformava in una protuberanza che diveniva fauci. Non volevo che lo facesse, questo sarebbe equivalso a perdere Nami, una volta per tutte. Ma come potevo impedirgli di essere libero? Avrebbe distrutto la sua prigione da solo, liberandosi così dai ricordi, dal dolore. Era ciò che volevo, no? Salvarlo dal dolore, definitivamente. Ma così facendo avrei perso lei, la donna che mi aveva spinta senza volerlo fino a quel punto. Non potevo rinunciare al mio amore per Shukaku, non potevo rinunciare al mio amore per la Kazekage. Ancora una volta, dovevo scegliere. Perché? Perché la vita si comporta in questo modo con noi? Perché ci costringere a scegliere tra il giusto e sbagliato? Ci obbliga a sacrificare una vita piuttosto che un'altra, senza prendere in considerazione i nostri sentimenti. Perché? Perché deve essere così?!

    Shukaku..

    Vediamo quanto è vero.

    NO!

    Il tempo sembrò fermarsi improvvisamente, dandomi il tempo di scegliere, per l'ultima volta. Cosa ero io se non una ragazzina? All'improvviso mi sembrò tutto così assurdo, decisamente troppo. Nel buio senza tempo della mia coscienza, rividi me stessa, aspettando esattamente come aspettavo anch'io. La sua rassegnazione voleva invadermi, il suo dolore, la sua impotenza, voleva trascinarmi, ancora una volta, in quel baratro di disperazione che era l'inettitudine. Ma stavolta ero pronta ad affrontarla.

    Quindi cosa farai? Salverai Nami o lascerai che Shukaku si liberi della sua prigione?

    Tutti e due. Io li salverò entrambi.

    I suoi occhi si fecero scuri, tristi. Sapeva bene quella parte di me che ciò non era possibile. In questo mondo le scelte non comprendono il benessere di tutti. Laddove v'è gioia vi è anche tristezza, salvare qualcuno vuol dire condannare qualcun altro, senza eccezioni.

    ... Yuka, sei così infantile. Riesci a capirlo? Scegliere vuol dire anche escludere, non puoi volere tutto.

    La guardai e, all'improvviso, il mio volto si sciolse in un sorriso di speranza. Le tenebre che mi avvolgevano si dissipavano sempre più in fretta mentre la mia volontà risplendeva ad ogni battito del mio cuore.

    Ho fatto una scelta. Ho deciso che ciò che voglio davvero è salvare tutti quanti, senza escludere nessuno. Non sto parlando solamente del presente. Vedi, voglio salvare tutti quanti dal dolore e dalla tristezza, ognuno di loro... questa è la scelta che ho fatto. Anche se questo mi farà stare male, anche se in alcuni momenti sarò triste, continuerò sempre a lottare per il Tutto.
    Questa è... la mia scelta!


    Tornai alla realtà, a quella dama lanciata contro il Mausoleo di sabbia. Mentre il cercoterio con me in groppa si lanciava in avanti, richiamando uno scudo di sabbia di proporzioni incredibili, mi parve di scorgere l'eco di quella voce, la mia voce.

    Sei davvero infantile...

    ... Anche tu lo sei!


    Unendo le nostre forze, riuscimmo a ricoprire la piccola dama con uno sfera di sabbia quasi cento volte più grande di lei, o forse era sola la mia agitazione a farmi vivere la scena in quel modo. L'esplosione provocò una nevicata di granellini di sabbia che scendevano lenti, proprio come neve. Chiudendogli gli occhi mentre la brezza di quell'aria mi soffiava sulla pelle, mi lasciai cadere sulla groppa del cercoterio, distrutta. Nami-sama era stata salvata per davvero, questa volta. Nulla le avrebbe più fatto del male, adesso, ma non era il momento dei salvataggi. Era la mia scelta, dopotutto. Voltai lo sguardo in lontananza, scrutando la zoppa figura del Cercoterio scuro che si allontanava a gran velocità nonostante le ferite. Era stato un diversivo. Non aveva mai avuto l'intenzione di fare del male alla Kazekage, contava sul fatto che sarei riuscita a salvarla, anche stavolta. Era fuggito, scappando da quel doloroso luogo che, grazie al mio scudo, era ancora in piedi. Il mio corpo bruciava, il sangue che mi restava in circolo era decisamente troppo poco. Nonostante mi trovassi ad un passo dalla morte, i miei pensieri non potevano che raggiungere quella figura in lontananza. Dovevo raggiungerlo, ora che non ci sarebbe stato più nulla a farci del male.

    Shukaku, raggiungilo, ti prego... Devo parlargli, devo trasmettergli i miei sentimenti prima che...

    Dolorante, mi rannicchiai su me stessa mentre il corpo possente del cercoterio partiva all'inseguimento. Fissai il cielo sopra di me risplendere con così tanta grazia che non potei non ritrovare la speranza. Chissà che emozione aveva provato Shukaku potendo rivedere il cielo sopra di se. Le dune scorrevano attorno a noi mentre, ormai, Antishu era un puntino all'orizzonte. Shukaku corse, sfruttando le sue ultime energie per concedermi di realizzare la mia scelta. Anche adesso era al mio fianco, senza abbandonarmi mai. Sorrisi. Mi rassicurava tutto ciò, sentire la sua presenza fuori e dentro di me, al contempo, un tepore che non mi avrebbe abbandonata mai. Dolorante, mi alzai quando i passi del Tasso cessarono. Mi guardai intorno scoprendo l'altro Shukaku, a una cinquantina di metri di distanza da noi, seduto con lo sguardo perso nel vuoto, accanto a noi. Dietro di lui, l'oceano. Sorridendo, accarezzai la testa del cercoterio che, senza bisogno delle mie parole mi aveva già capita. Un brontolio che fermai sul nascere, sorridendo mentre continuavo ad accarezzare il suo manto. Sapevo ciò che stavo per fare, fin troppo bene.

    *Va tutto bene, Shu, è la mia scelta dopotutto, eheh!*

    Sorrisi ma la gabbia che ci separava restò aperta. Sapevo ciò che sarebbe successo e non avevo rimpianti, se avessi la possibilità di tornare indietro, rifarei tutto daccapo. Titubante, il Tasso sembrò non volermi lasciare andare e le sue parole ritornarono come un'eco nei miei pensieri, senza però invaderli, come un'eco che però veniva trasportata dal vento.

    *Se vincerà lui, diverrà un tutt'uno con noi, e la sua mente prenderà il sopravvento, in caso contrario accadrà l'opposto. Ma in tutti e due i casi per te è finita.
    Addio, Yuka.*


    Sorridendo, chiusi gli occhi mentre sentivo il corpo sotto di me scomparire, disgregandosi in sabbia. Il contatto era stato interrotto, Shukaku era al suo posto, dentro di me e davanti ai miei occhi, esattamente dove contavo di trovarlo. La sensazione della sabbia sotto i piedi mi sembrava quasi nuova e capii che lo era in un certo senso. Quella era sabbia da spiaggia! Fissai da lontano il cercoterio nero, immobile. I miei piedi si mossero da soli. La prima volta che mi ero ritrovata davanti un avversario del genere avevo provato il più profondo dei terrori, eppure, adesso era completamente diverso. Se solo fossi stata grande come lui, avrei potuto stringerlo in un abbraccio così forte da farlo soffocare. Un passo alla volta, mi diressi verso la spiaggia, con il cuore che non batteva più così forte, era calmo, rilassato. Ero io ad essere felice. Le onde facevano avanti e indietro per il bagnasciuga. Non c'era nessuno se non noi, la sabbia e l'oceano. Mi fermai, là in piedi, vicino al cercoterio, fissando quel profondo e chiaro blu. Ora che ci pensavo aveva davvero lo stesso colore dei miei occhi.

    That Choice...


    Lasciai che fosse quel posto a parlare per noi, rimanendo in silenzio mentre i nostri pensieri vorticavano più o meno veloci, fondendosi con i sentimenti. Poi, la voce del tasso risuonò assieme all'aria fresca che soffiava sulla spiaggia.

    Immagino mi avrai raggiunto per punirmi, correggimi se sbaglio.

    C'era qualcosa di diverso nella sua voce, una consapevolezza che rendeva le sue parole quasi nostalgiche. Sorridendo lievemente, mi sedetti accanto a lui, in tutta la mia piccolezza, rivolgendo però lo sguardo all'oceano.

    No, Shukaku.. Ero solo preoccupata, pensavo di non trovarti più.. eheh.. !

    Ridacchiai sentendomi un po' bambina, come ciò che ero. Il fatto era che non ero mai andata in spiaggia e riuscivo a capire perché Shukaku si fosse seduto proprio lì. Era incredibile la sensazione di libertà davanti a quell'immenso blu.

    Mi piace l'oceano. A confronto sono così piccola eppure mi fa venir voglia di scoprire cosa ci sia dall'altra parte..

    Sussurrai mentre il mio sguardo si perdeva tra le infinite onde che scrosciavano in lontananza, giungendo al confine dell'orizzonte. La brezza marina soffiava dolcemente su di noi mentre il sole calava sull'oceano. Il tempo aveva viaggiato a modo suo. Il cielo era azzurro e roseo, creando il più bel tramonto che avessi mai visto. Non potei fare a meno di sentirmi coccolata dal tempo stesso e da quello scrosciare. Sempre osservando l'acqua, sospirai. Mi chiedevo se davvero sarei morta. Il mio corpo era ridotto ad uno straccio in effetti, ma il mio cuore non aveva mai battuto così intensamente prima d'ora. Avevo scelto per il tutto e questo implicava anche la mia sopravvivenza, assieme a Shukaku. Ne ero certa, il mo cuore era davvero grande abbastanza. Però, non avrei fatto di testa mia, stavolta.

    Senti, Shukaku...

    ... will set you free


    Quando andrò a riprendere Nami-sama voglio distruggere il Mausoleo.

    Spiegai fissando il sole che ci illuminava.

    Ah, il tramonto è davvero bello, vero?

    Chiusi gli occhi, sperando che anche lui si voltasse per ammirarne la bellezza. Sarebbe stato davvero un peccato perdersi una scena del genere. Abbassai lo sguardo, senza smettere di sorridere. Era quello il momento migliore, pensai.

    Mi dispiace di averti colpito. In realtà volevo spiegarti ciò che provo ma non l'ho fatto nel migliore dei modi, eheh...

    Voltai la testa, fissandolo dritto negli occhi. Strano, per la prima volta mi sembrava di essere alla sua stessa altezza.

    Tu... mi piaci, Shukaku!
    Purtroppo non posso cancellare il tuo dolore o i tuoi ricordi, però... possiamo condividerli! Se mi fai partecipe della tua tristezza, me ne prenderò metà e sarà più facile tornare a sorridere, no?


    Ridacchiai, affondando i piedi nella sabbia non più così calda.

    Anche se ti sentirai triste ci sarò io, quindi non preoccuparti, capito?

    Mentre il sole toccava l'oceano, mi sentii libera per la prima volta. Libera di navigare per tutto quel blu.

    Ti sembrerò stupida ma... ho fatto una scelta... non voglio abbandonarti, Shu! Se ti servirà a stare meglio, prometto di darti tuuutto l'amore che ho, sempre che tu lo voglia... eheheh!
    ... E in cambio...


    Mi alzai in piedi. Sollevai il volto verso l'alto fino ad incontrare i suoi occhi. Sorrisi e gli tesi la mano. Questo era il mio ultimo regalo per lui. Per troppo tempo avevo temuto di aver costretto il cercoterio a vivere dentro il mio corpo, provocandogli una grande tristezza. Non volevo fare lo stesso errore, anche se questo avrebbe significato la mia scomparsa. Ormai i miei sentimenti erano chiari come il sole. Volevo soltanto che fosse felice, dopo tanto tempo. Per questo gli tendevo la mano. Il mio regalo era la libertà di scegliere per conto suo.

    ... realizzeresti... il mio desiderio?

    Sì. Questa era... la mia scelta.
     
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    Peace


    No, Shukaku.. Ero solo preoccupata, pensavo di non trovarti più.. eheh.. !

    Ridacchia alla stregua di come fanno due cari amici di fronte a un focolare, con la differenza che il nostro è infinitamente più azzurro ed immenso.
    Perchè? Perchè guarda un nemico in questo modo? Cosa dovrei fare per farmi odiare da lei? COSA?!
    Ho infierito sulla sua "Kage". Ho ferito i suoi sentimenti. Attaccato per distruggerla. E infine attentato alla vita di quella tizia nel mausoleo. Che altro vuoi per non sorridermi a quel modo?!
    La lascio avvicinare, con lo scopo di aggredirla ancora, e ancora. Così nascondo dietro la schiena l'artiglio, che affilo sull'altro per renderlo più letale. Ma ogni passo che fa è come una lancia per me.

    Mi piace l'oceano. A confronto sono così piccola eppure mi fa venir voglia di scoprire cosa ci sia dall'altra parte..

    *Cosa vuoi da me?! Non ti avvicinare!*

    Ho...paura?! Che mi succede?
    Resto interdetto, anzi titubante e scalpitante. Vibra l'artiglio a ridosso della zampa predisposta all'omicidio. Che il mio corpo si rifiuti di obbedirmi?!
    Sta qui, a cinque metri in avvicinamento verso di me. Disarmata. Tanto nelle dita quanto nelle intenzioni. Sarebbe facile infilzarla a tradimento e ricoprirmi del suo sangue.
    Sono venuto qui alla ricerca del mare, per un motivo specifico. Per cosa? L'istinto di conservazione mi ha condotto proprio dove galloni di acqua possano essere la mia effige. Ma un suicidio mal ponderato, può ora concludersi nell'assassinio di questa ragazza.
    Devo farlo. Ma...non voglio?


    Senti, Shukaku...

    Quando ci siamo seduti l'uno di fianco all'altro? Non lo ricordo. Sono stato più per i cazzi miei che nel mondo reale, che tuttavia adesso mi ha chiamato all'attenzione.

    Quando andrò a riprendere Nami-sama voglio distruggere il Mausoleo.

    *Distruggere il mausoleo..uhm...*

    Per decenni sono stato rinchiuso in quell'escrescenza naturale che ho imparato a chiamare casa. Perchè allora non provo rancore al suo pensiero?
    Lo so io il motivo. E' che sono ammaliato dalle sue parole.
    Vorrei confrontarmi col mio alter ego, ma a giudicare dalle apparenze l'ha richiamato dentro di lei.
    Essendo la mia controparte potrebbe spiegarmi chi è veramente costei e cosa ne pensa. Come fa a trasmettermi emozioni così...tranquille?
    Non è felicità, nè gioia, nè nessun altra emozione trascendente. Si tratta di una più semplice pacatezza, quietudine.
    E' come se abbia il potere di annebbiare la mia mente, i miei pensieri e portarli all'estremo annullamento. Nè positivo, nè negativo.
    Chi è questa persona, questa Yuka?


    - Uhm..il mausoleo è solamente un simbolo. Non è mai stata veramente una prigione.
    Solo adesso la mia mente la percepisce per quello che veramente ha rappresentato: un rifugio. Per me, la metà malvagia di un essere che aveva paura di liberarsi di essa, e che ha manifestato la necessità esterna di segregarla in un luogo. Forse per conservarla. Con la certezza di non perderla qualora in un futuro remoto ne avesse avuto nuovamente di bisogno. Perchè tutta questa cattiveria era l'unico modo che ho avuto di essere complice di un Jinchuuriki, piuttosto che servo.
    Gaara era me, ed io ero Gaara. Nella distruzione avevamo trovato un'affinità, un legame. Del resto chi ha detto che dall'odio non può nascere amore?
    Ora ricordo...ricordo ogni cosa...


    Sbarro gli occhi, non rendendomi neanche conto di aver ritratto le unghia da tempo...
    Ho sempre avuto paura di questo. Paura di diventare un mezzo, un'arma priva di anima. Fin dai tempi in cui il Rokudo ci scisse dall'essere uno. Me e i miei fratelli.
    Da allora è stato un susseguirsi di spiacevoli eventi che ci hanno portato da un umano all'altro, col solo scopo di essere un'arma. Un caricatore da gettar via quando esaurito. E così, da un secolo all'altro, ho conosciuto gente di ogni sorta di tipo. Persino "eroi" che col mio potere sono diventati grandi, ma che infondo di me non si son mai curati.
    In qualunque occasione, ogni singola circostanza, sfruttavo gli eventi a mio vantaggio per tornare ad essere libero. Non tanto per evadere da una cella, quanto per capire che fossi qualcuno, oltre che qualcosa. Eppure così facendo, paradossalmente ho ottenuto l'effetto contrario, annullando ogni sentimento che risiedeva in me. Tutto questo fino a Gaara.
    Con lui era diverso, ero un'arma, ma non di quelle metalliche senza nè forma nè sostanza, bensì un fedele compagno al quale affidarsi secondo uno spirito di affinità più che di conservazione.
    Infondo eravamo entrambi animali feriti.
    Quando ci siamo separati, ho perduto tutto. Ogni cosa. Arrivando persino ad avere nostalgia di essere un vecchio ferro arrugginito.
    La mia controparte invece? Che fine ha fatto? Si è liberata per conservare il ricordo di questi sentimenti, ma quali altri nuovi ne ha sviluppati?


    - Mi domando chi sia diventato Shukaku ad oggi. Il vero Shukaku, non io. Non la sua ombra. -

    - Ah, il tramonto è davvero bello, vero? -

    - Direi di sì. -

    Non mi sono neanche accorto che esiste ancora il cielo sopra la nostra testa.

    Mi dispiace di averti colpito. In realtà volevo spiegarti ciò che provo ma non l'ho fatto nel migliore dei modi, eheh...

    - Uhm... -

    Tu... mi piaci, Shukaku!
    Purtroppo non posso cancellare il tuo dolore o i tuoi ricordi, però... possiamo condividerli! Se mi fai partecipe della tua tristezza, me ne prenderò metà e sarà più facile tornare a sorridere, no?
    Anche se ti sentirai triste ci sarò io, quindi non preoccuparti, capito?


    Con qualche indugio provo a spiegarle, assorto tra la melanconia e la nostalgia, ogni pensiero di poc'anzi. Ma lo faccio in maniera totalmente disinteressata, senza fine alcuno.
    Poi la luce, o magari il miracolo.


    Ti sembrerò stupida ma... ho fatto una scelta... non voglio abbandonarti, Shu! Se ti servirà a stare meglio, prometto di darti tuuutto l'amore che ho, sempre che tu lo voglia... eheheh!
    ... E in cambio...
    ... realizzeresti... il mio desiderio?


    Sgrano gli immensi occhi, i quali d'instinto si umidificano a tal punto da costringermi a scoppiare in una fragorosa risata, piuttosto di rivelarli alla ragazzina.

    - AHAHAHAH...EHEHEHHEH.... -

    MA non riesco a trattenere un lucciconio, che precipita giù, infrangendosi sulla spiaggia e mescolandosi con la bassa mareggiata.
    Da quanto non ridevo? O meglio: da quanto non piangevo?
    Sono gli unici avvenimenti che riescono a rivelarmi di aver qualcosa sotto gli infiniti strati di sabbia e chakra...


    - ...Non so che fine abbia fatto Shukaku, ma sono certo che concorderebbe con me.
    Devi cambiare, Yuka. Se continui così ti farai ammazzare. Non è con la forza della convinzione che si sopravvive a questo mondo.
    Per questa volta la fortuna è girata dalla tua, ma la prossima? -


    Mi riferisco alla nostra battaglia, da considerarsi conclusa in suo favore. E le do automaticamente la conferma, però deve capire quanto ho ragione.
    Le porgo la mano, intrecciando l'artiglio con le sue esili falangi...


    - Sai, Yuka, ero venuto qua per fare un bel bagno...ma non ne sono più tanto sicuro.
    E tu che mi dici...ti piace il mare? -


    Uno splendido scenario nella penombra del tramonto accompagna le nostre silhouette all'orizzonte.
    Ci sono tante stelle nel firmamento, che cominciano a intravedersi nel calar della sera. Dicono che siano le luci dei defunti, talmente forti da brillare persino dopo la morte.
    Se fosse vero sono sicuro che Yuka un giorno sarà una di quelle.
    Come faccio a saperlo? Beh...io sono Shukaku!


    Edited by Zérø - 20/6/2015, 14:58
     
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