Elaborazione

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    Il mio fisico si stava ancora riprendendo dall'allenamento di non pochi giorni fa. Quando mi alzavo o facevo dei movimenti bruschi potevo sentire chiaramente le ossa scricchiolare e i muscoli tendersi dolorosamente. Sembravo un vecchio, volevo tornare il ragazzo aitante di un tempo. Fortunatamente non ci volle molto prima di ritornare alle condizioni normali, qualche bagno rigenerante e riposo e subito mi sentivo pronto per nuove battaglie o incarichi. Anche se è dovevo festeggiare, del resto quel giorno era il mio compleanno, 17 anni. Non erano molti, ero ancora un pargoletto ma sentivo di stare crescendo, con il tempo nuove responsabilità mi sono state affidate e questo mi rendeva orgoglioso, alla fin fine c'era qualcuno che contava su di me, questo era l'importante. Cominciavo a farmi notare all'interno del mio villaggio, non di certo per le mie capacità ma per la simpatia e per l'altruismo che facevano parte di me. Sentivo quel posto sempre più vicino a me, stava cominciando ad essere la mia casa. Certo lo è sempre stato ma cambiare prospettiva ed osservare il villaggio con nuovi occhi mi aveva un attimo confuso. Un attimo prima ero un figlio del suono, un pargolo da difendere e totalmente inutile. Adesso ero un genin, certo una classe di basso rango, ma ero un guardiano del villaggio e in particolare dei suoi abitanti. Anche se stiamo ingigantendo tutto. Non avevo nessun compito particolare o importante, ma sentire dentro il proprio cuore di essere importante o utile per qualcuno mi riempiva di gioia. Certo parlando di cuore, il mio era occupato da tempo. Quella ragazza, Sara, che incontrai molto tempo fa tormentava i miei pensieri giorno e notte. L'avevo vista un paio di volte, o meglio spiata dietro qualche palo. Si aggirava ancora per il villaggio a fare compere, cose comuni per una ragazza. Del resto non so cosa mi aspettassi di scoprire, non sapevo perché la stavo spiando in modo maniacale, non volevo essere considerato come uno stalker che pedina le sue prede. Volevo solo conoscerla e sentire il suo profumo, pesca. Mi inebriava il cuore sentire quel delicato aroma che aleggiava in aria quando lei passava con il suo delicato passo. Era quasi come una droga per me. Il tempo delle spie era decisamente finito. Volevo passare ai fatti e passare un po’ di tempo con lei, speravo davvero si ricordasse di me, essere presente nei suoi pensieri come lei lo era per me. Volevo far parte della sua vita, almeno per un giorno. Dovevo farmi avanti, raccogliere il coraggio di uomo che ero e affrontare la mia paura a pugni chiusi, avanzare tra la folla e creare un incontro casuale con lei, che piano perfetto.

    Un passo dietro l'altro e già potevo sentire il suo profumo alla distanza in cui mi trovavo, presi coraggio, avanzai ancora. Incespicai su un sasso, caddi rovinosamente a terra e imprecai per il dolore, il mio povero naso era rimasto schiacciato tra la mia faccia e la strada. Ma chi ci porta questo sasso in mezzo alla strada, qualcuno poteva farsi male e fare una brutta figura davanti alla donna amata. Fortunatamente quella persona non ero io, anzi no, aspetta, ero proprio io! Speravo davvero che non si fosse accorta del gran tonfo che avevo provocato quando ero caduto e dell'imprecazione sfuggitami quando mi rialzai, non era questo quello che avevo in mente. Sognavo un incontro romantico, al chiaro di luna, petali di ciliegio che cadono dal cielo e noi due, abbracciati stretti per il freddo e accoccolati come due piccioncini.

    La mia fantasia fù interrotta da un amabile vecchietta che agitò la sua borsetta verso di me, urlando di non dire parolacce di fronte a tutti e di aiutarla a portare la spesa. Evidentemente il contenuto della borsa che poteva essere benissimo adamantio e il suo charm mi convinsero ad aiutarla, allontanandomi dalla mia futura sposa, che intrepida avanzava tra la folla cercando di capire la fonta di quel trambusto, grazie a dio non si era accorta di nulla. Potevo sfruttare occasioni migliori per incontrarla. Nel frattempo dovevo stare attento a non far cadere le patate e le carote della signora, non volevo mica un altro colpo di borsa in testa. L'avrei accompagnata a casa e subito mi sarei messo in azione per creare un altro incontro aleatorio con quella meravigliosa ragazza. Possibile che stavo esagerando?

     
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    Dimmi un pò ragazzino, è un pò di giorni che ti vedo che gironzoli al mercato. Mi spieghi cosa pensi di fare con quella ragazza?

    Le sue parole arrivarono all'improvviso, quella vecchietta la sapeva lunga, pensavo di non aver dato nell'occhio con la mia raccolta di informazioni, non pensavo mi avrebbe scoperto una semplice signora.

    Ehi si moccioso, inutile che fai le orecchie da mercante, ti abbiamo notato tutti si si. Non pensare di esser cosi bravo da spiare le persone senza farti scoprire, forse solo lei non se ne accorta, ma noi vecchiette che viviamo di pettegolezzi sappiamo tutto, il mio circolo si riunirà proprio oggi per discutere di questo nuovo amore. Il solare ragazzo e la misteriosa viandante. Su di voi non sappiamo molto, ma non ci vuole mica la sapienza di un enciclopedia per spettegolare un paio d'orette su di voi no?

    Ero esterrefatto, come facevano tutti a sapere di questa mia cotta, i miei sentimenti erano così chiari che persino le vecchiette del villaggio l'avevano capito. Del resto come potevo mentire agli altri se non sapevo mentire a se stesso? Del resto volevo solo passare altro tempo con quella ragazza, il perché era chiaro. O almeno, era chiaro per gli altri e non per me.

    Scusi ma lei come fa a sapere tutte queste cose? Non ne ho mai parlato con nessuno.

    Eravamo quasi arrivati alla sua casa, il tempo stringeva ma io volevo sapere tutto.

    Ragazzo mio, sono vecchi e rimbambita, ma ho vissuto per molti anni e una cosa mi è rimasta impressa. Il mio caro marito mi guardava con occhi particolari, occhi che riservava solo alla sua donna, colei che amava. E tu, ragazzo, hai gli stessi occhi quando guardi quella fanciulla. Adesso è tempo di andare, devo prepararmi per il circolo di Spetteguless. Grazie tante per l'aiuto, la spesa era davvero pesante caro. A presto e buona fortuna.


    Il ritorno a casa fù come un viaggio all'interno di un labirinto vuoto, i suoni ovattati, nessun passante. Potevo sentire solo il mio pensiero che rimbombava all'interno della mia testa, riflettevo su di me e su di lei. Quello che mi disse la signora mi fece pensare a lungo, mi distrasse dalla strada e mi persi nei meandri del villaggio, un viaggio tra i quartieri inesplorati del mio cuore.

    Fù sera e ancora passeggiavo distratto, avevo visitato gran parte del villaggio, aiutato qualche signore a montare un' insegna, acchiappato qualche gattino scomparso e giocato con qualche bambino per strada. Per quanto mi svagassi e provavo a fare altro la mia testa era sempre lì, a pensare su quel punto fisso, quella ragazza. Non mi era mai capitato di essere travolto da tali emozioni, sentivo il sangue pompato dal mio cuore che guizzava dalla potenza di quest'ultimo, i battiti accelerati e il respiri affannoso quando mi veniva in mente lei. Il suo sorriso e il suo profumo. Non potevo stare ancora a fantasticare su di noi, dovevo prendere una decisione. Sapevo dove alloggiava, era un albergo in centro città, le avrei chiesto di uscire, di prendere un gelato e magari di fare quattro passi insieme. Se tutto fosse andato bene le avrei chiesto ciò che mi passava dalla testa per una giornata intera.

    La strada non fù affatto lunga, mi trovavo in zona, chiesi cortesemente alla donna che gestiva l'albergo la stanza in cui si trovava la ragazza, la descrissi e mi meravigliai per quanti particolari mi ricordavo di lei nonostante il tempo effimero che passammo insieme.
    Scusi la domanda, ma lei chi è? Non posso far salire chiunque.

    Eh si, sono il fidanzato.

    Le mie guance si riempirono di un colorito rosso porpora, la temperatura corporea sali alle stelle, perché mentire, potevo fingermi il fratello dopotutto. Mi feci avanti e bussai, nessuna risposta, che fine aveva fatto? Del resto la signora mi aveva affermato che lei non era uscita, nel registro risultava la sua presenza in camera. Ma allora che cosa stava succedendo? Un misto tra preoccupazione e impazienza mi invase dopo diversi minuti in attesa di una risposta.

     
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    Guarda, non so cosa dirti, sono sicurissima che lei non sia uscita da questo posto, sorveglio tutte le uscite e lei è ancora in camera sua, posso darti la mia parola.

    La donna grassottella continuava a farneticare, il grande seno poggiato sulla scrivania, sigaretta alla mano che emanava un forte odore disgustante, il suo alito aveva lo stesso fetore. Una donna di mezz'età che faceva la locandiera in un albergo modesto di città, non ci si poteva aspettare altro da una donna del genere. Forse era la mia ossessione per quella ragazza che acuiva il pericolo, avevo una strana sensazione, qualcosa non andava e bisognava controllare.

    Bene allora farò di conto mio. Come genin di questo villaggio sono tenuto a prestare soccorso agli abitanti di Oto, per questo mi concedo il diritto di sfondare quella porta. Decida lei, o la apre o la sfondo a suon di calci.

    Le mie parole erano chiare, scelte accuratamente per far leva sul buon senso di quella signora, potevo sicuramente vedere gli ingranaggi che si muovevano sotto quella testa palesemente coperta da un'orrenda parrucca. Far danneggiare una porta costosa da un moccioso qualunque o alzarsi dalla sedia per aprire quella dannata serratura. Fu doloroso accettare la sconfitta, dovette muovere quelle lardose chiappe dalla sedia, sembrava che il cuscino fosse uno stampo in negativo di quell'enorme massa grassa che rappresentava il fondo schiena gelatinoso di quella donna, se possibile chiamarla tale.

    Ecco tieni, fanne buon uso. Mi raccomando devi riportarmela.

    Tra le mani stringeva un passpartout che permetteva di aprire qualunque porta dell'albergo, lo afferrai e mi precipitai per le scale, dovevo raggiungere quella porta in fretta, se stava succedendo qualcosa dovevo saperlo. Per la strada un pensiero mi fulminò, se si stava facendo la doccia o il bagno, poteva non sentirmi bussare e la mia intromissione mi avrebbe fatto solo perdere punti. Forse era meglio aspettare o riprovare a bussare. Ma ancora nessuna risposta. Non sapevo cosa fare, agire o aspettare, con mani tremanti infilai la chiave nella toppa e girai, sentivo il chiavistello girare e scattare, chissà cosa avrei trovato dentro.

    Fù una scena surreale, la luce era accesa, le buste della spesa erano poggiate sul tavolino, una figura era stesa a terra, pallida come la morte e immobile come una marionetta priva di fili. Cosa diavolo stava succedendo?

    EHI! SARA! Rispondimi ti prego. Cosa hai?

    La scrollai dolcemente ma sembrava non avere conoscenza, avvicinai il mio orecchio al petto, anche se flebile potevo sentire il battito irregolare e il respiro sembrava quasi inconsistente, i polmoni si dilatavano appena. Decisamente qualcosa non andava, non sembrava avere ferite esterne, non pareva di essere stata aggredita, dunque cosa aveva? Solo i medici potevano rispondere a queste domande, bisognava portarla in ospedale. La presi in braccio, la avvolsi in una coperta e dal balcone spiccai un balzo, cominciai a correre a perdifiato per tutta la strada, la gente mi osservava incuriosita mentre io urlavo di fare spazio, l'ospedale non era lontano e non avevo il lusso di potermi attardare, dovevo sbrigarmi e correre fino allo sfinimento. Fortunatamente nelle vicinanze dell'ospedale incontrai due ninja medici, sentivo il mio respiro farsi pesante, le energie mi stavano finendo.

    Scusatemi voi due. Perdonatemi ma la mia amica sta molto male, vi prego occupatevi di lei!

    Gli richiamai da lontano, in un secondo assecondarono la mia richiesta, la presero tra le braccia e con uno scatto fulmineo entrarono in ospedale, dovevo risposarmi per poterla assistere, entrare in quel posto infernale mi dava fastidio ma per lei dovevo superare queste mie stupide paure. Mi soffermai 5 minuti nel punto in cui mi venne tolta dalle mani, potevo ancora sentire il profumo di pesca, regolarizzai il battito e il respiro mentre una lacrima scendeva muta tra la mia guancia.


     
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    Era ormai passata quasi un ora, avevo ormai da tempo raggiunto l'ospedale, chiesi indicazioni ad un infermiera che aspettava all'entrata, volevo sapere tutto sulla situazione di Sara, il mio cuore e la mia testa lavoravano all'unisono nella speranza di sapere qualcosa sulle condizioni della ragazza. Le parole che mi furono rivolte furono garbate e affettuose.

    Caro, meglio che siedi qui e aspetti, tra poco qualcuno verrà a parlare con te e spiegherai tutto, nel frattempo si calmi e metta ordine alle sue idee.

    Con passo elegante e silenzioso se ne andò, la sua veste sfiorava il pavimento e ondeggiava al ritmo dei suoi fianchi. Mi lasciò lì, in quella sala d'attesa che nonostante l'orario tardo era gremita di persone in cerca d'aiuto, chi ferito superficialmente e chi osservava il vuoto tenendo le braccia conserte, ognuna di quelle persone portava su di sé una storia, una battaglia che stava combattendo. Sembrava strano ma in quel luogo le mie paura cominciarono a svanire, a contatto con quelle altrui si combattevano a vicenda e si dissolvevano, cominciavo a sentirmi meglio ma l'ansia ancora aveva in mano il mio cuore, e lo stringeva tra le sue fredde dita taglienti. Attendevo trepidante l'arrivo di qualche medico che mi aiutasse nel capire quello che stava succedendo, del resto io avevo il diritto di sapere, non potevo starmene ancora qui con le mani in mano. Ma fù nel momento in cui stavo perdendo tutta la mia pazienza in corpo che dalla porticina laterale entrò colui che senza dubbi era un ninja medico. Cercò un po’ con lo sguardo dentro la stanza, incrociò il mio sguardo e fece cenno di seguirmi, la sua espressione era impassibile e non riuscivo a capire quello che stava per dirmi, erano buone o cattive notizie. Stavo per bruciare vivo dall'impazienza dovevo sapere.

    Siediti qui per favore.

    Avevamo attraversato un corridoio illuminato a stento, deboli lampadine bianche proiettavano ombre lugubri sul pavimento e sulla parete, ombre che avevo scacciato via durante l'attesa. La paura stava tornando, più forte e più tenebrosa di prima, mi avrebbe inghiottito un'altra volta. Mi fece entrare in una stanza spoglia, sembrava quasi il suo studio medico. Lettino per i pazienti, scrivania colma di carte e due sedie che si fronteggiavano ognuna in un fronte del tavolo.

    Dobbiamo parlare un po’, innanzitutto prendi un po’ di caffè, sarà una lunga notte e ti serviranno parecchie energie. Parlami di quella ragazza per favore.


    Guardi, non so chi è lei e perché debba risponderle, voglio sapere cosa sta succedendo a Sara, si chiama così lei, quindi non aprirò bocca finché non mi dirà tutto.

    Mi guardò con occhi stanchi, evidentemente si aspettava una mia offensiva, sapeva cosa doveva fare. Si prospettava una lunga notte. Mi spiegò tutto con calma, non fece nessun riferimento diretto a Sara ma da quanto capii la situazione era grave, ogni mia piccola informazione poteva aiutarli e in particolare aiutare lei nel suo processo di guarigione, dovevo fare del mio meglio.

    Mi chiamo Kuma Shoton, sono un Genin di questo villaggio, non lo sono da molto ma alcuni già mi conoscono per la mia simpatia. Ho conosciuto questa ragazza non molto tempo fa. Fù un incontro casuale, mi chiese dell'indicazioni mentre io fantasticavo su altro, pensavo alla mia famiglia. Apparve all'improvviso davanti ai miei occhi, si catapultò dentro la mai esistenza scombussolandola e girovagando dentro la mia testa e il mio cuore. Non so molto di lei, gli indicai un ottimo ristorante e non la rividi per molto tempo. Finchè..

     
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    Le parole cominciarono a scorrere come un fiume in piena, sentivo il dolore affievolirsi, i ricordi affiorare nella mia mente lenti, si districavano tra le nubi dei miei pensieri e si facevano vividi, potevo afferrarli, riviverlo. Potevo sentire le sensazioni di un tempo, potevo respirare ancora una volta la stessa aria. Fù facile raccontare tutto, più difficile invece fù fermarsi dal parlare. Non volevo smettere, sapevo che una volta fermato, tutti i ricordi si sarebbero infranti. Come una vetrata che si spacca, rotta da una sasso. La spaccatura si dirama in mille rami, grandi cristalli piovono mostrando la realtà che ci aspetta li. Attende pensierosa e paziente, sa che da lei non può scappare nessuno.

    Ascolta una cosa, io sono qui per te, sono stato incaricato di supportarti. A breve dovrai lottare con tutte le tue forze per sconfiggere un nemico che sappiamo già immortale. Vivrà dentro di te, per l'eternità.
    Il dolore.
    Dimmi un po' Kuma, conosci per caso gli stadi di elaborazione del dolore?


    Ma di cosa sta blaterando questo matto? Il paziente non sono mica io, perché si comporta così devo sapere, non mi può tenere sulle spine.

    Prima di continuare, mi dica, cosa ha Sara?

    Il suo sguardo si incrinò, si vedeva combattuto tra il dovere di rispondere e i sentimenti che mi avrebbero investito se avrebbe risposto.

    Ha un tumore Kuma, incurabile.


    Si dice che una persona che deve affrontare un dolore percorra un percorso caratterizzato da alcune fasi, i migliori psicologi hanno rinchiuso la sofferenza umana in solo alcuni stadi. Mi domando se uno di questi psicologi hanno mai provato dolore.



    1° stadio: Shock

    Uno schiaffo, fù come ricevere uno schiaffo in pieno volto. Potevo sentire il viso ancora pulsare, il sangue che pulsava nelle orecchie. Non potevo crederci, mi sentivo scombussolato. Volevo alzarmi e.. e.. non lo sapevo neanche io, mi sentivo svuotato e strano allo stesso tempo. Milioni di pensieri mi attraversavano il cervello senza creare nulla di sensato, stavo andando in panico. Il cuore cominciò a pulsarmi come un tamburo, il fiato si increspava, diventava irregolare. Non potevo continuare in queste condizioni, ma non riuscivo a calmarmi ed elaborare un pensiero concreto. Mi alzai dalla sedia, barcollai ma sentii qualcuno che mi afferrava per le spalle, sussurrava qualche parola ma niente poteva aiutarmi in quelle condizioni, stavo per crollare, la mia testa raggiunse il limite. La vista si annebbiò e caddi, finalmente libero da questo supplizio.

    La prima sensazione fù il calore del cuscino, la seconda la luce flebile che mi illuminava il viso, la terza fù il dolore. Non ci volle molto che mi ripresi, mi alzai e scossi la testa.

    Che mi è successo?

    La mia voce era flebile, ma sapevo esattamente tutto ciò che era accaduto. Il dolore cominciò ad incidere il mio cuore, con le sue unghie affilate. Mi trascinò sul fondo, per sempre.
     
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    2° stadio: Rabbia

    La stanza era sempre quella, dovevo essere svenuto davanti al medico, fortunatamente mi aveva adagiato sul lettino altrimenti mi sarei sentito ancora più a pezzi. Mentre mi rialzavo un senso di vergogna cominciò a pervadermi. Svenire davanti ad uno sconosciuto non qualcosa che ci si immagina di fare tutti i giorni. Tenendo conto della situazione avrebbe capito sicuramente, del resto era un medico.

    Ehi, come ti senti? Mi dispiace ma ho dovuto darti la notizia in questo modo molto brusco, se vuoi tra un po' ti lascerò visitare la tua amica ma devi promettermi di stare calmo.

    Dentro di me un misto di emozioni cominciò a vorticare.

    La prima, come abbiamo detto, era la vergogna, la sensazione che provavo quando ripensavo al mio comportamento da bambino di fronte a questa notizia. Potevo essere così fragile da non poter sopportare così tanto?

    La prima fù la vergogna, la seconda fù il dolore. Si addentrò dentro me, con le sue spire mi stritolava in mille spirali che roteavano vorticosamente, inspiegabile e irruento, come potevo fermare così tanto dolore? Come potevo sopravvivere?

    La prima fù la vergogna, la seconda fù il dolore, arrivò il tempo per l'impazienza. Potevo vedere Sara. Quando? Come stava? Dov'era? Dovevo sapere tutto, non potevo starmene lì fermo a parlare con uno stupido medico, volevo vederla, toccarla e sentire ancora una volta il suo profumo. Perchè non potevo andare subito?

    La prima fù la vergogna, la seconda fù il dolore, arrivò il tempo per l'impazienza e infine arrivò la rabbia. Cieca, rossa e straripante. Mi viaggiava nelle vene e fuoriusciva da ogni mio poro, mi scaldava, anzi bruciava. Potevo sentire chiaramente la mia pelle sciogliersi, il mondo piegarsi impaurito. Potevo ucciderlo, potevo strappargli la carne a morsi. Come poteva, lui, il mondo, prendersela con una ragazza del genere. Maledetto destino.

    Mi spieghi una cosa caro dottore. Perchè lei è qui invece di aiutare i suoi colleghi ad aiutare Sara, COSA DIAVOLO FA' QUI!

    Scaraventai in aria le sue carte, buttai a terra i suoi strumenti, ribaltai quel dannato lettino.

    Quell'omino non sembrava sconvolto, si aspettava tutto questo. Odiavo la sua calma, la sua prontezza e la sua freddezza. Anche io volevo essere così, freddo ed inattaccabile. Invece no, eccomi li in preda alle mie emozioni che mi governavano corpo e cervello. Ecco la mia debolezza.

    Passarono parecchi minuti prima di calmarmi, stavo seduto con la schiena poggiata alla parete, la testa fra i capelli e le lacrime di rabbia che ancora scendevano sul mio viso, il contatto con le fredde mura sembrava calmare i miei bollenti spiriti. Lentamente il respiro si regolarizzò e il cuore smise di battermi in gola, potevo sentirlo persino sui denti.

    La prima fù la vergogna.

    Mi dispiaceva, cosa avevo fatto?

    Perdonatemi..

    I miei occhi erano nascosti al mondo, non volevo farmi vedere in queste condizioni, non da uno sconosciuto del genere. Potevo sentire i suoi passi avvicinarsi, chissà quale faccia avrebbe avuto, forse anche la sua è contorta dalla rabbia?

    Sono qui per te, sono uno psicologo. Voglio aiutarti a superare tutto questo, sono tuo amico. E no, non sono arrabbiato per quello che hai fatto. Però adesso ti prego, devi ascoltarmi. Devi elaborare questo dolore in modo da conviverci, per favore, vieni con me.

    Mi tendeva la mano.

    La prima fù la vergogna, la seconda fù il dolore.



    La Pq tecnicamente è finita ma la storia che la contiene no. Proverò a migliorare ^^ Se mi valuti anche la seconda parte faccio richiesta di tutte cose insieme ^^
    Continua pure a darmi suggerimenti che per me sono importanti
     
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    Allora, iniziamo dalla prima parte. Il primo post non mi piace, è un po confuso, periodi e verbi a volte sbagliati. Cerca di fare più attenzione, se già di suo il contenuto è povero, devi cercare almeno di essere perfetto nella forma. Il secondo post invece mi è piaciuto di più, la figura della signora è fantastica ed anche quello che gli hai fatto dire, ottimo :) Nonostante ciò però, ci sono degli errori grammaticali, tipo:

    Quello che mi disse la signora mi fece pensare a lungo, mi distrasse dalla strada e mi persi nei meandri del villaggio - Mi fece perdere OPPURE mi distrasse a tal punto da farmi perdere.

    Per quanto mi svagassi e provavo a fare altro . Provassi Kuma, questo è da galera! XD

    meravigliai per quanti particolari mi ricordavo - Come sopra, ricordassi. Inoltre dopo c'è una parte che non hai messo in colorato, credo che faccia parte del dialogo con quella dell'albergo, son dettagli, ma i dettagli fanno la differenza.

    Il terzo post va bene, è scritto senza errori e hai curato qualche ettaglio in più. in generale direi che hai scritto il tutto un po troppo di fretta, e converrai con me che la storia è molto breve. io ti capisco, vuoi prendere exp e questa storia stava benissimo in tre post, tu ne hai fatti 6 e comunque ci sta, sei ancora "giovane", se così vogliamo dire. Io comunque credo che per la prima parte ti meriti un bel 25 punti, adesso leggo il resto :asd:


    Seconda parte, ancora una volta c sono degli errori grammaticali gravi e stupidi che mi fanno capire che tu non rileggi quello che scrivi prima di postare. La fretta non si addice alla scrittura, e poi una volta scritto mica scappa, rileggerlo non ti costa niente. Se non hai tempo, salva e rileggi un'altra volta, tanto hai visto che qui le cose si fanno con calma :asd: Riguardo il contenuto, ci sono delle cose che non ci stanno affatto bene. Innanzitutto credo che quando ti svegli, dopo uno shock del genere, il tuo primo pensiero vada a lei, non alla vergogna di esser svenuto, te lo dico perchè così facendo non riesci a trasportare il lettore nel dolore che vuoi esprimere. A parte questo, non mi è piaciuto quella cosa del "per prima la vergogna, per secondo il dolore". innanzitutto non era il caso di ripetere sempre la stessa solfa, era meglio da un certo punto scrivere "poi arrivò l'impazienza" ed al capoverso dopo "infine arrivò la rabbia". Comunque c'è tempo e modo di migliorare, in certe descrizioni sei bravo, davvero, e dato che nessuno è nato imparato, continua a scrivere ed andrai sempre meglio. Ti consiglio di leggere il topic "La scrittura secondo Zero", la trovi qui. Molto lunga, ma impari più qui che... bo, non saprei, che a scuola sicuramente. No davvero, leggilo :asd:


    Mi sono perso in chiacchere, 25 anche per la seconda parte XD
     
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6 replies since 8/12/2014, 19:04   116 views
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