Bad Dreams

P.Q. Yurei Henge

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  1. Tenshi-1
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    Chapter VII

    Yurei Henge

    [Commodoro]



    Scheda - Scheda Narrativa - Parlato - Pensato - Azione

    Villaggio Vicino Barbakos


    Lasciammo che la Mother si lasciasse cullare dolcemente dalle onde più miti vicino alla riva, mentre l'equipaggio iniziava a prepararsi per l'attracco. Ordinai di ammainare le vele e i suoni familiari del porto iniziarono a raggiungerci: risate, il picchiettare del lavoro, il grido dei gabbiani. Era quasi smarrente pensare che solo qualche giorno prima la nostra esistenza era appesa a un filo sull'oscuro manto del mare.

    Le donne scesero furtivamente dalla nave, i loro passi leggeri quasi a rispettare il silenzioso riposo del villaggio. Le strade ancora deserte si dispiegavano davanti a noi come inviti ad esplorare. Mi incamminai per prima, impaziente di ritrovare i luoghi della mia infanzia, le vie che mi avevano vista crescere. Un misto di emozione e paura turbava i miei passi: non sapevo quale accoglienza mi aspettasse adesso che ero tornata tanto diversa.

    I vicoli trasudavano ancora il tepore della notte. La sabbia, impregnata dalla brezza marina, conservava il fresco dell'alba e guidava le nostre anime erranti come un faro. Arrivando davanti alla locanda del Capitan Franky, il mio respiro si fece pesante; la porta di legno scuro stava davanti a me, un portale verso il passato che avevo lasciato. Incoraggiata dagli sguardi delle mie compagne, raccolsi le forze e bussai con decisione. Il battito echeggiò nelle camere sopite dalla calma mattutina finché non si udì un trambusto dall'interno. La serratura scricchiolò e la porta si schiuse lentamente su Asuka, i suoi occhi ebbero appena il tempo di spalancarsi in una miscela di sorpresa e incredulità prima che mi lanciassi tra le sue braccia. La stretta che ne seguì fu un nodo d'emozioni impalpabili ed eterni come l'azzurro del cielo al tramonto.

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    Raccontai ad Asuka le disavventure e le glorie vissute, dipingendo nelle sue iridi le onde che avevamo cavalcato e le tempeste che avevamo fronteggiato. Lei ascoltava rapita, la sua mente viaggiando sulle rotte tracciate dalle parole come se solcasse quei mari tempestosi insieme a noi. Ma da soli in quella locanda, in compagnia solo delle donne che mi ero portato dietro, il pensiero torno al perché del mio viaggio. Quindi, con somma tristezza, raccontai l'atroce fine di suo fratello.

    Le lacrime iniziarono a scendere silenziose lungo le guance di Asuka mentre il dolore dell'immenso lutto l'invadeva tutta. Non trovai parole per consolarla, così restai seduta accanto a lei, offrendole la mia presenza come unico conforto. Intorno a noi, il mondo continuava il suo corso, ignaro del peso che gravava nelle nostre anime. Passarono ore in cui le parole si rivelarono troppo fragili per lenire tali ferite, e solo il calore delle mani strette dava vita a un tacito dialogo di solidarietà.

    Dopo il pianto, venne il silenzio, e in quel silenzio Asuka cominciò lentamente a raccogliere i cocci della sua nuova realtà. Un nuovo capitolo si apriva dinnanzi a lei, pitturato di sfumature grigie che solo il tempo avrebbe potuto riempire di nuovo colore. La locanda, un tempo grembo di risate e canti, si tramutò in un sicuro rifugio dove ricomporre le storie spezzate. Programmammo insieme di rendere onore al fratello caduto: sarebbe stata una cerimonia in mare, dove l'anima dei marinai ritorna a respirare con l'onda e il vento. La notte seguente radunammo tutto il villaggio al porto, guidando una processione di barche illuminate da torce sotto il cielo stellato. La completa assenza di vento quel giorno sembrava un segno benevolo della natura, un ultimo saluto a un figlio perduto troppo presto. Lo zio Franky, padre del ragazzo, fu l'unico a non presentarsi.

    La cerimonia si concluse con un silenzio denso e sacro, che nessuno osava rompere. Poi, lentamente come era cominciata, la processione fece ritorno a terra. I villageri, uno ad uno, lasciarono la spiaggia portandosi dietro il peso della perdita ma anche la serenità del dovere compiuto. La solennità dell'evento aveva rinsaldato lo spirito comunitario e nonostante il dolore dominasse la notte, si sentiva anche un senso palpabile di unità.

    Nel cuore della notte, mentre il villaggio sprofondava nel sonno, il silenzio venne interrotto dal rumore di passi cauti sulla ghiaia del molo. Franky, conosciuto per il suo carattere burbero e il cuore segnato da vecchie cicatrici, era uscito da quel rinchiudersi ostinato che aveva generato murmuri e speculazioni tra i vicini. Si diresse verso il punto più distante del molo, guardando la scia delle imbarcazioni rientrate. Muovendo le labbra in un colloquio silente con il mare, estrasse dal taschino un piccolo flacone, stappò delicatamente il tappo e riversò delle ceneri nell'acqua nera come l'ebano.

    La luna lanciava riflessi d'argento su quelle ceneri che danzavano nell'acqua e si disperdevano nel flusso invisibile delle correnti marine – era il suo addio personale a chi una volta aveva chiamato figlio e a chi molto tempo prima aveva chiamato amore. Lasciando che le onde bagnassero la punta delle sue scarpe erose, Franky sentì un leggero sollievo nell'anima, come se quel semplice gesto avesse allentato la morsa della perdita che lo aveva paralizzato.

    Al suo ritorno, le prime luci dell'alba lambivano i tetti del villaggio ormai sveglio. L'uomo incrociò lo sguardo acceso di Asuka e degli altri del villaggio; c'erano domande non pronunciate nei loro occhi ma anche una comprensione muta. Alla fine, fu proprio quella ritrovata connessione umana a richiamare lentamente zio Franky all'interno della comunità che lui stesso aveva contribuito a creare – un ritorno alla vita dopo aver salutato la morte con la semplicità dei suoi rituali silenziosi e profondamente personali.


    Edited by Tenshi-1 - 8/3/2024, 01:18
     
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