Bad Dreams

P.Q. Yurei Henge

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  1. Tenshi-1
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    Chapter II

    Yurei Henge

    [Commodoro]



    Scheda - Scheda Narrativa - Parlato - Pensato - Azione

    ???


    Drop of Water

    Lentamente, guardai attorno ancora una volta, lasciando che i miei occhi si abituassero al buio pesto che ci avvolgeva come un manto. Volevo trovare qualcosa, qualsiasi cosa, che potesse servire a migliorare la nostra situazione. Fu allora che vidi uno stelo di luce fioca sporgere da un piccolo foro nella roccia: era l'alba che veniva ad annunciare un nuovo giorno di sofferenza o forse di speranza. Mi avvicinai strisciando, rassegnata, ma curiosa di vedere al di là del confine della nostra prigione. La luce danzò sulla mia pelle solcata dalle cicatrici, riempiendomi di un calore sorprendente. La voglia di superare quel muro si fece strada prepotente nei miei pensieri e per un momento immaginai noi tutte libere dalle catene della paura e dalla schiavitù a cui eravamo state condannate.

    Mi orientai verso le altre donne cercando di catturare il loro sguardo, trasmettere con gli occhi quello che con le parole non potevamo dire. Ero decisa a escogitare un piano. Doveva esserci un modo per fuggire da quella caverna di disperazione. Forse non oggi, forse non domani, ma sapevo che se avessimo unito le nostre forze e la nostra astuzia, avremmo potuto conquistare la libertà cui eravamo destinate. Per quanto i nostri corpi fossero deboli e provati dalle sofferenze, dentro rimaneva forte il fuoco dello spirito umano intenzionato a non spegnersi. Oggi avevo trovato una luce e con essa la promessa che anche nel cuore più buio può nascere la speranza.

    Cautamente, iniziai a sussurrare alle compagne più vicine, condividendo la scoperta. Le loro espressioni cambiate da vacue ad accese, furono come un segno tangibile del mutare del vento. Alcune strofinarono i loro braccia nodose, come se potessero già sentire la carezza del sole sulla loro pelle. In un ordine silenzioso e spontaneo, si formò un cerchio attorno a me. Ogni donna portava le proprie esperienze, il proprio acume, una fiammella di astuzia che una vita al limite aveva affilato al meglio. Abbiamo pianificato con cautela, soppesando ogni rischio potenziale. Dovevamo avere orecchie attente ad ogni minimo rumore esterno e movimenti lievi come il fruscio delle foglie nell'aria; ogni dettaglio era vitale per la nostra potenziale fuga. La determinazione ci connetteva in una rete invisibile e infrangibile; eravamo pronte a lottare per quella libertà appena intravista, per abbracciare un mondo che ci era stato negato troppo a lungo. Ora non solo la luce, ma anche l'ingegno umano avrebbe guidato il nostro cammino verso la libertà.

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    Ma ecco che l'arrivo dei nostri carcerieri ci riporto` con i piedi per terra. Gli uomini pesce, con le loro scaglie luccicanti e quelle andature goffe fuori dall'acqua, entrarono con una pesantezza che riusciva a soffocare ogni barlume di speranza. Occhi duri come coralli scrutavano ogni angolo della stanza, cercando segni di ammutinamento o sotterfugi. Noi raccogliemmo in fretta il nostro coraggio sparpagliato, mascherando l'ardore dei nostri cuori con visi impassibili. La tensione era palpabile, ma la nostra recita era impeccabile. Ci sedemmo una accanto all'altra, le nostre mani lievemente tremanti nascoste sotto i teli sgualciti che fungevano da nostri grezzi abiti. I nostri carcerieri ci lanciavano occhiate intermittenti, ma per ora non trovavano nulla su cui posare i loro sospetti. Il silenzio tornò a regnare all'interno delle mura fredde della nostra prigione, e noi tutte sapevamo che il gioco del gatto con il topo era appena cominciato. Ogni battito del cuore sembrava un rintocco che scandiva il tempo che ci separava dall'opportunità di agire o dalla condanna ad un altro giorno di cattività.

    Mentre il respiro del mare si faceva più distante, i suoni dentro la prigione si indebolivano fino a divenire un sussurro. Ogni tanto, il suono di chiavi arrugginite che giravano nella serratura ci faceva sobbalzare, alimentando fugaci sprazzi di speranza prima di essere di nuovo schiacciate sotto il peso della realtà. La notte si avvicinava, e con lei l'oscurità offriva un manto protettivo sotto il quale potevamo nutrire i nostri piani senza occhi indiscreti a osservarci. Era in questi momenti che i nostri sguardi si incontravano e scintillavano di intese taciute, mentre condividiamo brevi gesti o parole codificate per rafforzare la nostra resistenza interiore. Preparavamo la nostra mente e anima per l'inimmaginabile, sapendo che ogni alba poteva portare una marea di cambiamenti temuti o desiderati. E nel cuore della notte, tra le ombre danzanti proiettate dai lampioni scricchiolanti nei corridoi, pianificavamo la nostra fuga o l'ultima resistenza: un segno di ribellione contro le catene che volevano costringerci nell'oblio.

    Le ore di oscurità divenivano nostre alleate, celando i segni del nostro meticoloso lavoro. Mani callose lavoravano senza sosta, sciogliendo pietra dopo pietra con strumenti improvvisati e una determinazione che sfidava il pericolo. Il freddo metallo delle sbarre a poco a poco dava spazio a un passaggio segreto, una promessa silenziosa di libertà celata dietro un muro che aveva sentito i lamenti di troppe prima di noi. In silenzio, con la complicità del buio, si alimentava una rete sotterranea di solidarietà e strategia: ogni prigioniero sapeva cosa fare e quando agire, come se fossimo parti di un meccanismo preciso regolato dal ticchettio uniforme delle nostre speranze. Così, attendevamo il segnale convenuto, quel debole fischio che avrebbe suonato come grido di battaglia nel cuore della notte, annunciando che era giunto il momento di scuotere via le catene e correre verso l'abbraccio dell'alba promessa.


    Edited by Tenshi-1 - 7/3/2024, 19:59
     
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