Dalle Ceneri...

PQ Hiro Hajime

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    Capitolo 1: Dalle ceneri...

    HIRO HAJIME


    PRIMAVERA

    [Oto]

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    Attentato alle accademie



    Scheda - Parlato - Pensato - Azione

    Otogakure - 8 am - Casa Hajime



    Un brusio ridondante, come un fischio che trapana le orecchie, come quello di un ape che ronza attorno a qualcuno che dorme. Mi stordiva, come il mal di testa che stavo provando dopo la violenta esplosione che mi aveva travolto. L'odore di sudore, il rosso del sangue che colava dalle ferite, l'odore di zolfo e benzina bruciata mi investivano il senso dell'olfatto.
    Le tenebre offuscavano la mia vista e mi perdevo nell'oscurità mentre riprendevo i sensi dopo lo svenimento. Solo una piccola e flebile luce mi faceva da lanterna, come una tela di ragno trafitta dal vento, uno strappo nella tessitura della penombra della stanza, la luce rompeva la regolare oscurità in cui mi trovavo, diveniva quasi un difetto in quel perfetto e tranquillo buio.

    I capelli scuri, umidi e coperti da una polvere grigiastra, della cenere forse, ricadevano sul mio volto provato e contrito, dove grandi occhi chiari, azzurri come il ghiaccio, come gioielli rari osservavano il vuoto, forse rapiti dal modo in cui, in pochi secondi, ne era rimasto intrappolato, mentre le mani si stringevano alla nuda roccia che componeva la struttura che lo ricopriva, anch'esse graffiate, ferite dai detriti. Sedevo al suolo, appoggiato a una colonna sulla quale ero stato scaraventato, con il volto rivolto verso la luce che si stagliava in lontananza.

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    Barcollante, un passo dopo l'altro, sollevo il mio corpo trasportandolo verso la luce, mentre gli scricchiolii e il ronzare dell'esplosione mi riempivano le orecchie. Tutto intorno a me ondeggiava, la testa era dolorante, come se un martello colpisse con costanza, perfino l'ambiente attorno a me sembrava deformarsi per lo stato di nausea che mi portava quella vista ondeggiante.

    La polvere della pietra tutt'attorno continuava a cadere sul pavimento, creando delle piccole montagnette sul passaggio creatosi durante il crollo. Man mano che il mio corpo stanco si avvicinava alla fessura, il sentiero si restringeva fino a raggiugere una larghezza pari a quella capace di far passare un ragazzino e la luce si amplificava man mano, diventando accecante e rilasciando un certo tepore che diventava sempre più intenso.

    Schiacciai il mio corpo in mezzo alla fessura che mi divideva dall'esterno, strisciando contro il muro e graffiando completamente il corpo contro le spaccature della pietra che si erano create. Con un ultimo sforzo, incanalai le ultime forze all'interno del mio corpo cercando di spingermi verso l'esterno ma il passaggio era troppo spesso ed era quasi impossibile passare da quella fessura senza un adeguata spinta.

    Grossi pezzi di legno e roccia cominciarono a crollare all'interno della cavità in cui ero bloccato, una seconda e minore esplosione in lontananza fece tremare ancora l'edificio. Le vibrazioni fecero crollare in minima parte la struttura rendendola più fragile, ma anche più instabile. Così, mosso dal terrore che tutto mi potesse crollare in qualsiasi momento addosso, cercai di raccogliere la mia concentrazione incanalando e rilasciando più volte il chakra naturale, come mi era stato insegnato negli allenamenti che, fin da quando ero poco più di un ragazzino, avevo sempre seguito con ammirazione e interesse nei confronti della mia insegnate. Una membrana, composta di pelle indurita, man mano cominciò a ricoprire il mio corpo, preceduta da degli strani segni sulla pelle, simili a sigilli, che ne delineava i contorni andando a "mangiare" sempre più lembi di pelle finché le mie braccia non assunsero completamente un colore grigiastro.

    Delle protuberanze andarono a gonfiarsi sulle mie braccia, andando a creare dei rientramenti, quasi cavi che arrivavano fino all'interno delle mie braccia e sentivo comunicare apertamente col mio sistema di chakra. Con un grosso sforzo, incanalai tutto il mio chakra all'interno delle braccia, che come due propulsori mi cominciarono a trascinare verso l'esterno della struttura, un centimetro alla volta stavo finalmente riuscendo ad uscire da quella trappola mortale.
    Quando ormai metà del mio busto era riuscito ad uscire, la potenza dei propulsori mi scaraventò, finalmente, completamente fuori facendomi impattare contro il muro poco di fronte.

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    Edited by Tenshi-1 - 23/6/2021, 15:42
     
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    Capitolo 2: ...della distruzione...

    HIRO HAJIME


    PRIMAVERA

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    Attentato alle accademie



    Scheda - Parlato - Pensato - Azione

    Otogakure - 8.30 am - Esterno Accademia di Oto



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    Un calore intenso si abbatté sul mio volto, quasi ustionandomelo tanto quel tepore, quell'onda di calore, fu violenta.
    Potevo riconosce ormai la fonte di quella luce, di quel tepore che nel buio sembrava tanto dolce, ma che adesso violentava il mio viso: un enorme incendio si era appiccato nella casa subito dopo il crollo della struttura e avvolgeva interamente il piano superiore andando pian piano a mangiare anche il piano interrato.

    -Che fortuna, potevo restarci secco lì dentro.-

    Tossii per il fumo che mi stava riempiendo i polmoni, facendomi seccare la bocca che tenevo aperta per respirare meglio. Il fiato si faceva sempre più pesante per la mancanza d'aria che avevo vicino a quella struttura che prima rappresentava la mia casa, ma ora era solo un mucchio di cenere, legno annerito e mattoni spezzati, così decisi di alzarmi e di allontanarmi. Mi tastavo il corpo, in cerca di ferite o ossa fratturate ma, a parte il fiato corto e un leggero mal di schiena, non mi sentivo troppo male quindi non mi fu troppo difficile allontanarmi.
    Quando finii di controllarmi, cominciai a guardarmi intorno per capire cosa fosse successo. L'esplosione era arrivata come un fulmine a ciel sereno, mentre mi stavo allenando nella palestra interna della struttura di casa mia:

    A piedi nudi, le vibrazioni dell'onda d'urto fuori la casa mi furono facilmente percettibili e solo quando fu troppo tardi mi resi conto di quello che stava per succedere, guardando fuori dalle finestre. La casa fu scossa pesantemente dall'onda d'urto e cominciò ad ondeggiare finché tetto e pavimento crollarono letteralmente su loro stessi facendomi crollare nelle fondamenta della casa. Per fortuna le macerie bloccarono l'avanzata del tetto, salvandomi la vita, altrimenti probabilmente non avrei avuto nemmeno il tempo di accorgermi di star per morire, per come sarebbero andate le cose.
    Il fuoco che proveniva dalla casa subito mi riportò alla mente le numerose candele che avevo acceso per profumare l'ambiente durante i miei faticosi allenamenti.

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    Il resto degli edifici però non era da meno, la maggior parte erano mezzi crollati e con macerie che continuavano imperterrite a cadere al suolo, rappresentando un rischio per chiunque ci fosse passato vicino, le persone riversate in strada sembrano essere terrorizzate ma non sembrano avere uno sguardo confuso quanto più di rabbia sostenuta, come un rancore verso qualcuno o qualcosa. Curioso mi fermai a chiedere spiegazioni ma l'unica risposta che ricevetti parlava di attentati e di un ologramma apparso nei cieli della città che dall'interno della casa non avevo avuto modo di sentire. Mi parlarono di un certo Fury e della sua dichiarazione di guerra al mondo ai ninja ma ci riposi meno attenzione del dovuto.
    Nonostante anche in me si fosse accesa la fiamma dell'odio, la mia attenzione era occupata da un'altra paura riguardante il centro dell'esplosione: l'accademia della città, dove mi stavo dirigendo.

    Man mano che muovevo i miei passi la distruzione aumentava ed anche il numero di corpi non fu da meno, cosa che mi mise un angoscia inimagginabile.

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    La visione dell'accademia, ancora in fiamme e completamente distrutta mi fece crollare le gambe. Nnostante non avessi potuto frequentarla, l'accademia era il simbolo degli shinobi che io rappresentavo attraverso il mio giubbotto da chunin. Le facce, contrite, dei bambini che pian piano venivano allontanati dalla struttura mi fecero lacrimare gli occhi dalla vergogna di non aver potuto far nulla per impedire il tutto.

    -ACCIDENTI!-

    Scaraventai il mio pugno al suolo, che automaticamente venne ricoperto da quella spessa armatura che avevo imparato ad usare accumulando l'energia naturale e che ora, pieno di rabbia, avevo evocato senza neanche volerlo realmente. La pietra che componeva la strada si spezzò, generando quasi un minuscolo cratere di impatto, grande poco più del mio pugno ed alcuni bambini urlarono alla mia vista, mentre alcuni shinobi entrarono subito in allerta. A quel punto, per non stressare ancora la situazione, decidetti di tornare alla mia forma normale.

    Ero ricco di furia, sentivo di scoppiare per quante persone stavano soffrendo per il giogo di un pazzo che aveva creato tutto questo. Non sapevo come sfogarmi e mi guardavano intorno, quasi con le lacrime al volto, fino a quando qualcosa non catturò l'attenzione del mio udito: un leggero guaito, un richiamo... no, forse una richiesta di aiuto o... un pianto?
    Non riuscivo a capire, era tutto confuso dalle centinaia di rumori: lo scoppiettare del fuoco, lo sfregare delle rocce pronte a crollare, i pianti e i lamenti di adulti e bambini che avevano perso tutto. Per questo mi chiedevo: che cosa può attirare la mia attenzione tra tutto quel rumore?

    Seguii i guaiti, straziato ormai da quel suono continuo. Alla fine del mio percorso, seguendo il rumore, arrivai ai piedi di un palazzo, poco lontano dall'accademia e quello che vidi era straziante:

    Sotto uno dei tanti detriti crollati dal palazzo, un enorme masso di pietra, mattoni e legna, giaceva inerme una bambina dai lunghi capelli, un vestitino verde acqua ma un volto bianco pallido e cadaverico. Era schiacciata all'altezza del busto e stava lasciando a terra un enorme pozza di sangue, era praticamente immobile e alla sua visione mi si gelò il sangue.
    Mi gettai subito ai piedi del masso, sollevandolo con tutta la forza che avevo in corpo, per aiutare la piccola, e cercai di sentire il battito della ragazzina che, mio malgrado, era come congelato nel tempo. Tentai in tutti i modi di salvarla: usai le mie scarse conoscenze mediche tentando di fargli il massaggio cardiaco, usai anche il mio stesso corpo per cercare di condividere con lei un po' della mia forza vitale, ma essa non lasciava il mio corpo perché ormai lo spirito vitale in lei era completamente scomparso.

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    -Non sono arrivato in tempo!-

    Alcune lacrime caddero sul corpo della ragazzina, ero disperato: l'unica possibilità di far qualcosa di utile, era per sua stessa natura inutile. La bambina avevo perso troppo sangue, non potevo più farci nulla, era morta.
    Non ebbi neanche il tempo di chiedermi da chi fossero arrivati allora quei guaiti che subito una palla di pelo struscio contro la mia mano, che avevo lasciato allungata lungo il busto.


    Edited by Tenshi-1 - 23/6/2021, 15:42
     
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    Capitolo 3: ...rinasciamo.

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    Attentato alle accademie



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    Otogakure - 8 am - Casa Hajime



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    Osservava quella che doveva essere la sua padroncina, mentre la sua testa era appoggiata sulle mie gambe e con l'altra mano ne scostavo i capelli dal viso. Era scuro in volto e riuscivo a percepire distintamente la sua tristezza attraverso i piccoli guaiti che emetteva mentre cercava di destare col naso da quello che per lui era solo un pisolino ma come ben presto dedusse da se la padroncina non gli avrebbe mai risposto.
    Era un piccolissimo cucciolo dal pelo nero, che andava a schiarirsi sulla parte inferiore del busto e sul volto, una lunga coda e due grandi occhi di cui uno azzurro, mentre l'altro di un azzurro particolare che quasi tendeva al castano.
    Lo osservavo nei minimi dettagli e, ben presto, anche lui cominciò a guardarmi, girandomi intorno e, ogni tanto, dando uno sguardo di sfuggita alla sua padroncina che ancora tenevo stretta a me. Non sapevo bene cosa farci con il piccolo corpicino e decisi di aspettare qualche minuto prima di andarmene, nella speranza che qualcuno venisse a reclamare il corpo della piccola ma man mano che il tempo passava, più mi rendevo conto che nessuno sarebbe probabilmente venuto a recuperare la piccola bambina.

    -A quanto pare non è l'unica a non avercela fatta.-

    Con delicatezza, sollevai il corpo della piccola e lo trasportai fino ad un ospedale, dove lasciai il corpo della bambina agli infermieri, nella speranza che qualcuno potesse riconoscerla e dargli una degna sepoltura. Fui accolto con tempestività e gli infermieri presero il piccolo corpicino, portandolo al sicuro all'interno della struttura.

    A quel punto cercai con lo sguardo il piccolo animaletto, ancora con lo sguardo basso che ogni tanto seguiva la sua padrona. Mi abbassai vicino a lui e lentamente avvicinai la mano al suo busto per accarezzarlo, ma sembrava essere abbastanza restio e spaventato.

    -Non preoccuparti, non voglio farti del male.-

    Sempre restio, timidamente avvicinò il muso alla mano cominciando ad annusarla, e infine abbassò la testa cominciando a camminarci sotto per far toccare le dita e farsi accarezzare il pelo sulla schiena. Accompagnando il suo movimento, cercai di assecondarlo nei suoi rituali, sorridendo.

    [...]



    Otogakure - 8 am - 1 anno dopo


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    Quando mi ripresi dai miei pensieri, mi resi conto di trovarmi nella stessa posizione in cui decisi di lasciare il villaggio, inginocchiato a terra ad osservare il mio piccolo amico accarezzandolo. Ero finalmente tornato dal mio ultimo viaggio, subito dopo la mai visita a Suna, e finalmente potevo rivedere la mia cara Oto, il villaggio che mi aveva accompagnato per le mie avventure.

    Non entravo dentro il Villaggio del Suono da mesi e mi sembrava di riscoprirlo dal punto più nascosto, all'edificio più vistoso. Vedevo i volti solcati dalle rughe degli anziani, le cicatrici che attraversavano il corpo ed il viso dei muratori, elettricisti, architetti ma anche il più piccolo panettiere o ristoratore, tutti insieme pronti a ricostruire Oto. Da quando me ero andato, molte cose erano cambiate, la città era stata per la maggior parte ricostruita ma mancavano ancora qualcosa.

    Il clima era abbastanza vivace in città, persone che non vedevano l'ora di poter vedere casa loro finalmente completa, mentre bambini giocavano con i nonni tra i materiali da costruzione. Stranamente, a parte qualche parola nostalgica verso un particolare locale o parco della città, ormai andato perduto, nessuno parlava direttamente di quello che avevano perso dopo la catastrofe dell'anno prima, forse un po' tutti volevano dimenticare. Inizialmente pensai fosse solo un po' sconveniente parlarne, ma capii dopo che non ero il solo ad aver perso tutto quello a cui tenevo.

    La primavera era arrivata da un bel po', ma sembrava che ancora la natura volesse dormire un altro po'. Si vedevano pochi animali ed anche piccoli roditori erano una novità per gli uomini e le donne che viaggiavano. Si fermavano spesso lungo la strada, ogni tanto riposando in delle locande per le necessità naturali del corpo umano. Anche se la vista non era delle migliori, quel silenzio che si veniva a creare tra le radure ed i boschi mi piaceva.

    Il sole non poteva raggiungerli lì ed il freddo era sempre pungente, ma il vento sembrava quasi placarsi. Come quando avevo visitato quel campo di fiori vermigli a Kiri, i luoghi pieni di natura erano tornati ad affascinarmi come quando ero bambino. Il sole illuminava l'erbetta verde che sembrava quasi emanare un'aura di quel colore, uscendo brevemente dalla coltre di nuvole che caratterizzava il mio viaggio da giorni ormai.

    Fu in quel clima che mi rivenne in mente chi aveva reso quella terra così priva di vita. Non avrei mai perdonato quel Mukenin per aver ucciso così tanti genin, bambini innocenti che volevano imparare a fare gli eroi. Le sue aspirazioni erano riprovevoli, come le sue azioni. Sentì un peso nascermi in gola, ma lo feci tornare al suo posto.
    Avrei portato presto i fiori tipici di Oto alla tomba della piccola Asami, la bambina che quel giorno tentai di salvare per ringraziarla di avermi guidato nel pensiero fino a quel giorno.
    I ricordi continuavano a viaggiare come se collegati l'uno con l'altro. Erano come le continue note di uno strumento musicale che si propagavano nell'aria, impossibili da fermare.

    Toccai il mio petto, dove il marchio della mia forma bestiale appariva ogni volta. Da quando avevo cominciato il viaggio, avevo sentito pian piano a sentire il mio potere crescere dentro di me, la mia maledizione stava continuando ad abitare il mio corpo. In quei mesi mi ero allenato duramente per poter manifestare in modo completo il mio potere, nonostante si trattasse maggiormente di un lavoro di meditazione e concentrazione. Il controllo del mio chakra, dopo lo sfogo che ne avevo fatto durante quei mesi, era aumentato in maniera tale da far progredire la mia coscienza ad un livello tale da controllare perfettamente ogni centimetro del mio corpo in quella forma malsana anche se, in realtà, non aveva ancora testato appieno il suo limite, neanche nello scontro contro Haruki. Cosa sarebbe successo se avesse cercato di usarlo più volte in breve tempo? E se avesse usato tutto il suo chakra? La trasformazione sarebbe regredita?

    Teoricamente ora ero un Chunin, ancora giovane e con moltissimo da imparare, ma ero stato promosso per il mio coraggio e le mie abilità. Non volevo deludere nessuno e mi sarei impegnato per riuscire a padroneggiare il mio stesso corpo, a studiare ancora di più per capire il mondo ninja. Non sapevo chi era il nemico che avrei dovuto sconfiggere, ma non avrei permesso ad Oto di crollare di nuovo.
    Mi chiesi se avrei prima o poi partecipato ad una missione, era da molto che ero inattivo e stavo aspettando il momento giusto per farlo. Forse avrebbe potuto aiutarmi partecipare a missioni ad alto rischio, anche se ero preoccupato di cosa sarebbe successo se avessi perso il controllo di nuovo. Ma sapevo che in quel mondo violento non bisognava escludere nulla.

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    Fine...

     
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