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"Chi sia io non è importante - è il mio messaggio ad esserlo."
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Capitolo 2 - Revelation
SchedaPaese - Tempo - Luogo
Il giorno in cui compii diciotto anni arrivò in un freddo pomeriggioautunnale, ormai ero diventato il più vecchio di tutti i bambini dell'orfanotrofio, molto miei coetanei erano stati misteriosamente adottati verso i 14 da figure di dubbia provenienza, le quali avevano pagato una bella somma al vecchio Beyli, il quale, trovandosi economicamente alle strette, dovette accettare, per scongiurare il fallimento dell'orfanotrofio e il dover abbandonare tutti noi per strada.
I diciotto anni sono una data molto importante nella vita di un ragazzo, ma per me lo erano in special modo, poichè quella è l'età alla quale bisogna obbligatoriamente abbandonare l'orfanotrofio, ammetto che l'idea non mi dispiaceva affatto, ma fuori d quelle quattro mura non conoscevo nessuno, non avevo amici, conoscenti, figuriamoci familiari, dunque nemmeno un posto dove dormire o dove mangiare qualcosa.
Fui convocato dal vecchio Beily la sera stessa del mio compleanno, nel suo ufficio al pian terreno.
Generalmente, quando venivi convocato al cospetto del direttore era per due motivi principalmente, o eri stato adottato, oppure avevi combinato qualcosa che non andava fatto, e allora venivi punito; Nel mio caso invece, non fu nessuno dei due, poichè il vecchio Beily mi confidò, quando mi convocò il pomeriggio per la sera, che voleva discutere "da uomo a uomo", facendo scaturire così la mia innata curiosità.
La sera stessa, dopo cena, raggiunsi l'ufficio del direttore, annunciandomi con una triplice bussata sulla vecchia porta lignea all'entrata dell ufficio.
«Ah Eanor, viene ragazzo vieni...accomodati.»
Esclamò il vecchio Beily, cercando di dare un tono alla sua voce, ormai affievolita dagli 86-88 anni che aveva sulla schiena.
Mi invitò a sedermi, e poi mi fissò dritto negli occhi per almeno 4 secondi prima di proferire nuovamente parola, potevo scorgere un piccolo sorriso su quel vico così emaciato e consumato dagli anni.
«Sai, ricordo quando arrivasti qui...eri così piccolo che non puoi ricordartelo, ma io ricordo bene i tuoi piccoli occhi verdi e quei capelli castani, ne avevi parecchi già da bambino eheheh...è così strano vederti così grande, ormai un uomo.»
Sorrisi timidamente, quell'uomo mi faceva lo stesso effetto che presumibilmente un padre fa su un figlio quando gli dice qualcosa di dolce, era lui mio padre dopo tutto, colui che si era preso cura di me in tutti questi anni.
«Ora che sei diventato grande purtroppo le regole dell'orfanotrofio sono chiare...fosse per me potresti rimanere ancora, ma i soldi sono pochi e facciamo fatica già così a dare da mangiare a tutti...ma prima che tu vada, è il momento di dirti finalmente una cosa, qualcosa che non ho potuto dirti per tutti questi anni, dietro indicazioni di...tua madre.»
Saltai un battito a sentire quelle parole, non sentivo nominare la parola "madre" da così tanto tempo, che sentire queste parole mi provocarono un dolore allo stomaco non indifferente.
Fissai negli occhi il vecchio Beily, chiedendo a cosa si riferisse.
«Di che parli?»
«Vedi Eanor, la notte che arrivasti qui, come ben sai, avevi tra le mani un piccolo foglio di carta con su scritto il tuo nome, lo conservo ancora gelosamente come un piccolo tesoro, mi ricorda i tempi lontani.
Quello che non sai, è che il giorno dopo, trovai sulla mia scrivania questa lettera qui...»
Esclamò, prendendo una busta bianca da un cassetto chiuso a chiave.
«Voglio che tu la legga, ora che sei pronto.»
Presi la lettera in mano, tremando dalla paura e dall'incertezza di cosa avrei letto, se per il vecchio Beily era così importante, doveva esserci scritto qualcosa su di me, o sulla mia famiglia, o sul motivo per il quale ero stato abbandonato qui...finalmente qualche risposta dopo anni di silenzio!CITAZIONE«Al Direttore Josahya Beily.
Le scrivo questa lettera in anonimato ed in confidenza, confidando che la terrà per se fino alla maggiore età di Eanor.
Il piccolo Eanor è molto amato sia da me che da suo padre, ma porta con se un eredità pericolosa, un eredità per la quale sarà perseguitato ed inseguito qualora fosse resa nota, per questo io e mio marito abbiamo deciso di lasciarlo qui, è stata la decisione più difficile della nostra vita, ma con noi avrebbe corso un rischio troppo grande.
Egli porta con se qualcosa che, quando sarà il momento, dovrà scoprire e comprendere da solo, ma fino a quel momento non permetta a nessuno di adottarlo, la prego, si fidi di me.
Quando raggiungerà i 18 anni, gli mostri la lettera, e lo lasci libero di seguire la sua strada...è insita nei suoi geni la capacità di cavarsela da solo.
...
Ora mi rivolgo a te, mio piccolo principe, non pensare neppure per un attimo i tuoi genitori non ti amino, ma un giorno capirai il perchè abbiamo fatto quello che abbiamo fatto, fino a quel giorno, porta con onore il tuo nome, il nome di tuoi nonno, e sappi che il tuo cognome è...Atreides.»
«...Atreides...»
Beily non smetteva di guardarmi, cercava di capire le mie emozioni, sarei esploso a piangere? Mi sarei infuriato? Le possibile reazioni erano molteplici, ma tutto quello che fuoriuscì dalla mia bocca fu un sorriso, un sorriso ed una piccola lacrima dall'occhio destro...non ero solo.
«Allora non sono un orfano, i miei genitori esistono...ma perchè lasciarmi qui? Di quale eredità parlano? Soldi?»
«Non lo so, ma qualsiasi cosa sia, era abbastanza perchè una madre ed un padre abbandonassero il proprio figlio, non so darti altre risposte, adesso sai tutto quello che so anche io, scusa per non avertene parlato prima, ma tua madre desiderava così.»
Guardai il vecchio direttore con una luce diversa negli occhi, aveva tenuto questo pesante segreto per tutti questi anni, e adesso sembrava che si fosse tolto un grosso peso dal cuore, ne sembrava sollevato, felice.
«...Atreides...». -
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Capitolo 3 - Atreides
SchedaPaese - Tempo - Luogo
Il giorno della partenza giunse una settimana dopo la consegna della lettera, in una fredda e piovosa giornata autunnale, fredda e piovosa come ormai tutte le giornate che da un mese si susseguivano ad Ame, famosa per i suoi climi freddi ed umidi in inverno, ed umidi e afosi d'estate, sebbene non si raggiungessero mai temperature troppo basse, come nella vicina Tetsu.
Ad accogliermi all'uscita principale c'erano il vecchio Beily, Pete l'inserviente, che aveva fatto così tanto per me negli anni, e tutti i miei amici della camerata, tristi nel vedermi partire, per i più piccoli ero ormai diventato un punto di riferimento, mentre per i più grandicelli ero un amico di "scorribande" per i corridoi dello stabile.
Tenevo la lettera gelosamente custodita nella tasca interna della giacca che il vecchio direttore mi aveva regalato per il compleanno qualche giorno prima, era vecchia ed un pò logora, ma perfetta per il clima invernale, un prezioso regalo che avrei tenuto stretto a me per tutti gli anni a venire, e che conservo tutt'ora.
«Bene Eanor, è arrivato il momento...come ti senti?»
«Pronto, sono finalmente pronto a vedere cosa c'è la fuori.»
«Si..lo vedo, hai gli occhi di chi non vede l'ora di esplorare il mondo, ma fai attenzione, la città sa essere un posto crudele se finisci nei giri sbagliati, rimani sempre nella luce, evita di sprofondare nella parte bassa della città, e punta sempre al cielo ragazzo mio.»
Abbracciai il vecchio direttore, conscio del fatto che non gli rimanessero più molti anni da vivere, ma gli ripromisi che sarei tornato a trovarlo appena mi fossi sistemato da qualche parte.
Lui si commosse, e disse che non aveva mai avuto un ragazzo per così tanto tempo nell'orfanotrofio, e che per lui ero come il figlio che non aveva mai avuto.
Poi mi rivolsi ai ragazzi, abbracciandoli uno per uno, ognuno di loro costituiva un pezzo della mia personalità, ognuno di loro,negli anni, mi aveva aiutato a imparare cose diverse; qualcuno la pietà, un altro l'altruismo, un altro a controllare la rabbia, tutti loro erano pezzi di un puzzle, il puzzle della mia anima, della mia coscienza, del mio essere.
Poi mi rivolsi a Pete, l'inserviente un pò solo, che aveva visto in me forse anch'egli il figlio che non aveva mai avuto, mi aveva tirato fuori da diverse risse, ed insegnatomi che la violenza non è tutto.
Poi, senza guardarmi indietro, varcai il cancello principale, ritrovandomi fuori, all'aria aperta, nonostante avessi compiuto soltanto pochi passi, mi sentivo già talmente lontano da casa da sentirmi sperduto, non avevo una meta precisa, ma se i miei genitori erano davvero ancora vivi, e forse in pericolo, li avrei dovuti cercare a ogni costo.
Purtroppo la lettera non lasciava intendere nessun indizio su dove trovarli, solo il mio cognome, Atreides, un cognome singolare e sicuramente non originario di Amegakure, ma era un informazione troppo vaga su cui lavorare....
La mia parlantina e le mie conoscenze generali mi permisero di sopravvivere per qualche settimana lavorando come pescivendolo e dormendo in una piccola stanza che la donna del banco del pesce mi affittava a 250 ryo a settimana, retribuendomi 350 a settimana per aiutarla a vendere il pesce...certo non era il massimo, ma da qualche parte dovevo pur cominciare.
I giorni passavano lunghi, mentre sentivo la mancanza dell'orfanotrofio, e alcune notti mi ritrovavo a piangere nel letto, sperando di potervi fare ritorno prima o poi...per molti un orfanotrofio è un posto triste, ma non hanno idea di come si senta qualcuno che, vissutoci per così tanto tempo, si ritrovi per strada senza una meta o un posto dove andare....
I mesi passarono, i lavoretti scarseggiavano, ma mentre camminavo per una lunga strada principale, quella che taglia in due il villaggio in diagonale, passai accanto all'"Accademia della Pioggia", un imponente costruzione in metallo e cemento, sede della scuola militare del villaggio.
Avevo considerato la carriera militare all'inizio, ma mi ero fatto scoraggiare dal fatto che non avessi ricevuto un educazione accademica da giovane, e questo avrebbe potuto inficiare l'accettazione della mia domanda all'accademia, ma quando mi resi conto che, vista la situazione geo-politica, l'accademia aveva abbassato i criteri d'ammissione, decisi che, anche se non avessi poi continuato la carriera militare, un addestramento basilare e un annetto in "caserma" avrebbe giovato al mio spirito...inoltre ero stato licenziato dall'ultimo lavoro poichè il proprietario mi aveva sorpreso a rubare del cibo dal frigorifero, quindi ero senza soldi e senza una casa.
Varcai la soglia dell'accademia e mi diressi alla reception, presieduta da una giovane ragazza di si e no 30 anni, che molto cordialmente mi salutò, chiedendomi il motivo della visita.
«Salve, vorrei qualche informazione sull'iscrizione all'accademia come studente.»
«E' fortunato, le iscrizioni chiudono domani, questi son o i fogli da compilare, inoltre la tassa di ammissione è di 500 ryo.»
500 ryo era tutto quello che avevo in tasca, se avessi pagato tale somma, non avrei più mangiato per i giorni a venire, ne avrei potuto affittare un posto dove dormire.
Riflettei attentamente sul da farsi, nel frattempo compilai i moduli, omettendo per ovvi motivi le informazioni sui miei genitori, limitandomi a scrivere "orfano" sulle caselle adibite ai nomi e cognomi dei parenti più prossimi.
Decisi infine di sacrificare quei pochi ryo che avevo in tasca, avrei dormito sotto un ponte per qualche sera, e del cibo potevo farne anche a meno dopo tutto, mi sincerai con la giovane receptionist se fosse disponibile una mensa per gli studenti, e alla sua risposta positiva fui infinitamente sollevato, non sarei più dovuto andare alla mensa dei senza tetto, un luogo fetido e squallido nei sobborghi della città.
Mi congedai da lei con appuntamento a qualche giorno dopo per l'inizio delle lezioni, l'appuntamento era li, lunedì mattina alle 7.45....
Il primo giorno di accademia lo ricordo ancora oggi con molto piacere, i visi che vedevo erano molto diversi da quelli dei bambini dell'orfanotrofio, visi puliti, ragazzi più giovani e ben vestiti, mentre io avevo addosso lo stesso cappotto che un mese prima il vecchio Beily mi aveva regalato...portavo ancora con me la lettera, non me ne separavo mai, era il mio bene più prezioso.
Varcai la soglia della classe tra gli sguardi un po straniti di molti ragazzi, mi giudicarono appena varcai quelle porte, ma la cosa non mi stupì più di tanto, in orfanotrofio avevo imparato a fregarmene delle cattive opinioni altrui, ero concentrato soltanto sull'imparare il più possibile, e magari riuscire a guadagnare abbastanza ryo da comprarmi da mangiare.
I mesi passarono rapidi, e le mie conoscenze aumentavano giorno per giorno, feci amicizia con pochissimi ragazzi, e passavo la maggior parte del tempo da solo...ma quel tempo passato in solitudine, in palestra ad allenarmi, mi diede una forza che ancora oggi ritengo esser stata la cosa che mi ha permesso di arrivare dove sono adesso.- E col senno di poi, quell'eredità maledetta di cui parlava mia madre, è stata la mia forza più grande. -
The End
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.SPOILER (clicca per visualizzare)33 exp.