Esita mio vento, poi soffia e attendi.

La pioggia lo bagna e lui cade giù, giù, giù!

Come un mantra la sua voce si piegò al vento e alla pioggia, dalle sue mani continuò a sparpagliarsi quell'energia cinerea che avrebbe soggiogato il clima al suo comando, a quella preghiera che si impuntava a mezz'aria grazie alle sue emozioni; a quel filo di dolore che la teneva stretta all'arte segreta della sua famiglia. Soffriva, questo era certo, eppure in quella situazione di instabilità riusciva a trovare il suo centro, il suo focus; si sarebbe semplicemente concentrata a plasmare la sua sofferenza in potere, in pioggia, in terribile inganno. Avrebbe continuato a manipolare l'acqua solo per qualche istante, la costruzione difensiva era ancora lì - a mezz'aria - le e bastò raggrinzire le dita per disperderla nell'etere in pioggia. Si consumò a mezz'aria e scomparve nel giro di pochi istanti, come un'apparizione, come se la stessa acqua si fosse accidentalmente prestata in quella difesa, forse d'istinto o forse no. Eppure in Yuna non c'era solo quella forma, anzi, sentì dentro di se una viscerale spinta che impresse nella realtà come un singulto del petto; una richiesta, una manipolazione che avrebbe esaudito al ritmo di quella cantilena che aveva appena esaudito. Di certo non aveva scagliato un'anatema ma una semplice predizione. Al ritmo di quella sinfonia umida ecco che avrebbe sorretto le braccia verso l'alto, le sentii smuoversi di propria sponde mentre il gorgoglio della pioggia l'avrebbe guidata a modellare il chakra e le sue emozioni. Insieme - queste - si tramutarono in volontà, si iniettarono nell'atmosfera in una concretizzazione implosiva, in due piccoli punti ai lati del Gufo. Il primo fu uno alla sua destra - abbastanza distante - cercando di localizzarsi in un'area al pelo distante da Azibo, come se non volesse effettivamente ferirlo. Su questo punto la pioggia si concretizzò con più enfasi, forte, cercando di esplodere successivamente in un'ondata offensiva che non dovrebbe letteralmente ferire il gufo. Yuna - infatti - l'avrebbe localizzata in modo che fosse un semplice diversivo e che nel suo raggio d'azione avrebbe al più sfiorato il gufo sperando che possa distrarsi da lei. Successiva a questa esplosione una seconda si sarebbe creata alla sinistra di Azibo, una uguale - perfetta - che nuovamente non avrebbe cercato di mietere le carni ma semplicemente impensierire il guerriero di Ishivar. La giovane in tutto questo fece scorrere le sue dita alla ricerca del filo spinato, le sarebbe bastato un contatto per sentirlo vivo - a portata - e con un profondo sospiro cercò di incenerire l'anima; la sentì bruciare dentro di sé come cenere rovente, assordante, un nocciolo di brace che impulsivamente avrebbe proiettato la sua energia infuocata lungo le dita così da cercare di immettere lungo il filo spinato la sua essenza incandescente. Un gesto semplice che però venne susseguito da un ordine del suo chakra, da quelle mani che si portarono vicine cercando di imprimere pose delle dita precise e studiate, già fatte in precedenza: da quel rovistare nel suo chakra si sarebbe proiettata la volontà del filo sotto il suo tocco. Questo, animato, avrebbe solcato l'aria lì da dov'era posato cercando di raggrinzirsi a mezz'aria per tentare di spiraleggiare attorno ad Azibo - solo sulla sua ala destra - così da costringerlo a non poter volare o, quanto meno, metterlo in difficoltà.

La pioggia non si compattò abbastanza in fretta e nulla valse il tentativo della ragazza di far fiorire il suo filo spinato attorno ad Azibo; l'agilità e le capacità tattiche di quel guerriero era ben sopra gli standard di Yuna e - muta - non face altro che mordersi le labbra. Non era una donna che traeva piacere dalla violenza, la rigettava, però poteva chiaramente avvertire sotto pelle il bisogno di spingere il suo corpo ogni limite - allenarsi - far si che la sua energia e le sue emozioni entrassero in sintonia con ancora più enfasi, nel profondo, lasciandola solleticare la pioggia ormai stanca. L'aveva sfruttata a dovere, l'aveva pregata ad agire contro l'equilibrio stesso della vita e ora aveva il compito di lasciarla riposare e scorrere senza fretta; come ogni padrona del meteo che si rispetti. Nonostante fosse zuppa il suo corpo non sembrava rigettare l'umidità dell'atmosfera, anzi, avrebbe respirato con più enfasi e passione, con l'adrenalina agitata come mille cavalli imbizzarriti nel sangue. Non era una vera Kunoichi ma era una donna forte e determinata, stoica, pronta a gettare l'ennesimo sguardo di sfida verso l'uomo che si prestò ad una nuova forma.

Gufo, mi faccia vedere.

Come sempre educata fino al midollo accompagnò con interesse quella manifestazione magica impossibile da comprendere, lo vide tramutarsi in un clangore d'ossa e piuma che agitò per diversi attimi l'animo di roccia. Lo sentì inasprirsi, preoccuparsi, soprattutto quando nuove acrobazie si disegnarono nella pioggia come un assalto portato in sua direzione, chiunque avrebbe potuto capire che era lì lì per andarle addosso: del resto lei conosceva Azibo, ne aveva letto le sue esperienze nella pioggia, sapeva che dentro di lui si nascondevano muscoli ed ossa tanto forti quanto resistenti. Sarebbe stato impensabile vederla saltare o sgusciare via, semplice i suoi piedi scavarono istintivamente un po' di fango con qualche pressione leggera, le ginocchia si piegarono lente e il busto si inarcò lievemente in avanti. Soffia come un vento di montagna, forte, non esitare, colpisci. Il pensiero le trafisse la mente nell'esatto momento in cui i suoi polsi si portarono ad avvicinare le mani una all'altra, al centro del petto, lasciando che sulla punta delle dita si disegnassero punti d'energia all'apparenza invisibili, d'aria compressa. Su quelle dita lei fece scorrere ogni goccia di chakra che aveva in corpo, lo sentì aizzarsi nuovamente in un'artigliata che stavolta le portò ad esprimersi in un singolo lamento dettato dallo sforzo. Ogni sua stilla d'anima avrebbe infatti convogliato quanto più chakra possibile - forse anche di più - nella speranza che parte di quel sacrificio le fosse valso nel rendere la sua performance più saettante ed efficace. Le mani infatti si mossero come in una danza lontana, dimenticata dal tempo, tessendo fili d'aria e correnti in una minuscola sfera che lentamente si sarebbe creata esattamente al centro del petto della Kunoichi. Un conglomerato dei quattro venti, ogni refolo dell'atmosfera sotto al suo comando del suo tocco che si portò a stringere tra i palmi quella potenza devastante. Da un singolo punto di chakra, stretto in un abbraccio, si sarebbe sviluppato un movimento degli arti superiori che puntarono i palmi in direzione di Azibo in avvicinamento, un gesto secco quanto teatrale che vede nella giovane un'espressione concentrata e dannatamente preoccupata. Non esitare, soffia e..

*WHOOOOOOM!*

Il suo corpo indietreggiò di qualche centimetro mentre tra i suoi palmi si sarebbe dovuto liberare un impetuosa corrente circolare, un tornado orizzontale che si sarebbe ampliato con una forza strabiliante - magica - intriso di quella pioggia che si sarebbe piegata al volere del vento. Un vento che avrebbe voluto scontrarsi con Azibo e catapultarlo via, lontano dalla donna, sperando che ogni suo intento si sarebbe dissipato grazie all'impeto del contrattacco della Kunoichi, di una Yuna che avrebbe sforzato ogni suo muscolo a reggere le braccia tese in avanti ed ovviamente non mollare la sua speranza. Ogni sua energia - ma proprio tanta - si sarebbe infine sciolta a mezz'aria come neve al sole, stanca, facendo scendere gli arti della donna ai fianchi, ansimante e visivamente provata dallo scambio di colpi. Di certo non poteva finire così, eh no, a quanto pare il buon Azibo avrebbe fatto leva su una manifestazione gemella del vento, nuovamente non avrebbe compreso fino alla fine quella tecnica ma il suo braccio destro si era già levato a mezz'aria come un catalizzatore per la sua energia. Una richiesta al suo corpo che si sarebbe nuovamente portata al limite, cercando di trarre ogni nuova stilla di sforzo, mentre delle correnti adirate spilareggiarono attorno al suo braccio irto nella pioggia. Questa volta l'esecuzione sarebbe stata più semplice, nel far scendere l'arto avrebbe teso la mano sinistro lungo tutta la lunghezza del braccio e - pizzicando l'aria - avrebbe intrecciato i venti cercando di ordinarli con il suo chakra che avrebbe proiettato a mezz'aria la sua volontà residua. Le sarebbe bastato un movimento del braccio forte e conciso, una arco d'argento che disegnò a mezz'aria e proprio dal braccio si staccherebbe una falce di vento, veloce, che avrebbe tentato di obliterare a mezz'aria la tecnica di Azibo, scontrandosi nuovamente, sperando che il suo corpo si sarebbe trovato privo di qualsiasi tipo di contraccolpo.

Gufo, questo ha fatto davvero male.

Con gli abiti impiastrati di fango la sua voce si rialzò come un lamento un po' doloroso - provato - vibrante di quel sudore continuamente bagnato via da una pioggia straziante, eccelsa, che ispessirebbe le sue sensazioni cercando di tenere d'occhio ancora una volta il giovane Azibo. Non era lì per mollare ma neanche per farsi uccidere, nella sua testa era ben delineata la sua condizione fisica, la sua riserva energetica pronta a svaporare via, mentre le mani nuovamente si tesero in avanti - teatrali - cercando di manipolare quell'incanto presente nelle vene, in quel flusso di carne e sangue, sperando che una nuova ondata di chakra le solletichi le mani. Le dita scattarono feroci, e poco diplomatiche, si mossero in tre sigilli che ordinarono al suo corpo di mutare internamente - con il chakra come fonte di quell'azione - mentre a bocca chiusa, a labbra strette, le guance si gonfierebbero a dismisura. Un alito di pece e china, una folata del suo respiro si sarebbe proiettata in avanti spinta dai suoi polmoni in una dannata coltre di cenere nera, spessa, pronta ad esplodere in un gesto che la donna non compì! Esattamente. Nessun dente o nessuna scintilla venne a sfregarsi in lei, solo e soltanto quella nube che doveva aumentare e rimanere stabile lì, tra loro, celandola allo sguardo del Gufo.

È il momento di un ultimo pugno, Azibo!

Berciò la sua voce mentre dopo una breve rincorsa si tuffò all'interno della nube di cenere, una corsa che effettivamente puntava verso il guerriero di Ishivar che avrebbe mantenuto stabile nella sua localizzazione grazie a quella pioggia - all'effetto mistico che avrebbe iniettato grazie al suo chakra - che dovrebbe permettergli di mantenerlo ben d'occhio anche lì dove la vista non arriva. La pioggia non avrebbe parlato ma il suo corpo si: altri sigilli si impressero nelle sue mani e una sola copia, sotto la pioggia scrosciante, e con suoni ovattati racchiusi nella nube si sarebbe creata al fianco della ragazza. Una perfetta emulazione della realtà, un'altra Yuna in corsa che avrebbe continuato a correre verso Azibo; la vera - invece - si sarebbe fermata in tutta fretta e sfilato l'unico fiore rimasto tra i capelli lasciò che i polpastrelli trovassero impatto contro il polline di questo. Lo snaturò, lo sacrificò con ardore e grazie alle sue fine abilità botaniche avrebbe impresso con energia le dita a terra cercando di far sviluppare all'istante ben venti fiori attorno a lei. Dal sacrificio di quel singolo essere altrettanti meravigliosi anemoni avrebbero preso vita sotto il suo controllo. Ovviamente con la stessa rapidità di sempre il sigillo della pecora venne imposto con le mani e la sua voce si sarebbe levata precisa lì dove l'unica copia avrebbe continuato la sua corsa verso Azibo.

Si prepari!

Con un incanto magico, un ninjutsu, l'eco della sue note vocali esplosero localizzate nella copia e con quell'inganno avrebbe tentato di far reagire il giovane Azibo proprio contro la copia che - uscita dalla cortina - avrebbe tentato di assaltare il Gufo con un pugno diretto al viso. Ogni smorfia, ogni tentativo, ogni tipo di suono si sarebbe proiettato proprio grazie all'incanto di Yuna che a sua volta si sarebbe mossa perfettamente per mimare le mosse della sua copia, persino i passi sul suolo fangoso. Lei conosceva l'inghippo della tecnica della moltiplicazione, era basilare, tentò di renderla semplicemente più veritiera possibile mentre il vero attacco prese vita con altri sigilli. In quella cenere si mossero come ordini precisi ed un fiotto di chakra imbarazzante - tratto dal massimo del suo sforzo fisico e mentale - avrebbe cosparso i venti fiori a sollevarsi, ad irrigidirsi, ad essere perfette lame sotto il suo controllo. Ripassò per un attimo la posizione di Azibo dettata dalla pioggia e in un lampo bastò un gesto nell'ombra così che fece fiondare quei fiori proprio verso il combattente. Un attacco a sorpresa, celato dietro la copia e dalla cenere, sperando di impattare contro il guerriero e metterlo a tappeto.

Fu una lunga battaglia tesa fino allo stremo della donna, una Kunoichi fracida di un sudore celato nella pioggia, il primo attore che risentì di quel rilascio d'energia pacifica; un ordine che impartì leggero con un pizzico delle mani. Attorno a lei la cortina di cenere cominciava a dissiparsi ed un tenue sorrise scelse di rendersi bagliore in viso, un guizzo di felicità che si intromise nel temporale - marchiandolo - facendo modo che ogni nuvolone si frantumasse sotto i raggi di un sole piegato al suo pensiero. Così ogni goccia smise di cadere, un ultimo abbraccio del gelo e della malinconia che viaggiò via, rapita da un leggero entusiasmo trapuntato dolcemente sul suo sguardo color cielo, lo stesso cielo che disegnava arabeschi d'azzurro con qualche - seppur piccola - nuvola bianca. Arrivò dunque il tempo di rimettersi in piedi - metaforicamente parlando - mentre la nebbia si era già dispersa così da regalare al mondo una figura un po' sporca di fango. Il sorriso era lì, non più nascosto, mentre un colpo di palmo spalmò con osticità qualche traccia di sporco dalla guancia un po' paffuta, inadatta alla guerra. Persino i suoi capelli - disordinati e con i loro colori di neve nascosti sotto la sporcizia - vennero aggiustati da qualche tocco inesperto delle dita, disattento, facendo vibrare la sua attenzione sul Gufo che ha di fronte. Fu chiaro come lei non percepì di averlo colpito, perfino lei era all'oscuro all'interno di quella coltre e così un piccolo sbuffo innocente le attraversò i polmoni insieme a quello stimolo nervoso che le fece compiere i primi passi in direzione del guerriero.

Gufo, è stato divertente ma ora sono stanca.

Esalò con una certa leggerezza intrecciata alla voce, spinse con i talloni al terreno sperando di non scivolare sul fango e accorciò le distanze senza preoccupazioni - oscillando di tanto in tanto - mantenendo lo sguardo curiosamente fisso in avanti, allegro, trasmettendo però a mezz'aria una punta di pensieri ignoti. Non avrebbe mai dato alito ai suoi drammi interno, a quella tempesta che stava opportunamente rimestando all'interno dopo aver evocato per così tanto tempo la pioggia: dopotutto anche in lei sorgeva la stessa malinconia trascinata dall'acqua. Eppure lei rimase lì, determinata, sfruttando la tranquillità del momento per tenere sotto chiave le sue reazioni: sapeva che i sentimenti erano importanti per lei, rappresentavano il suo alito di vita ma, ora, non era necessario liberarli. Così semplicemente fece un gesto alle sue spalle, un movimento leggero e stanco, indolenzito. Fu la sua voce a dettare la fine dell'allenamento, di quello scambio di colpi che la mise alla prova - fisicamente e non - ottenendo, in cuor suo, una ricompensa speciale.

Casa mia è qui vicino, ha voglia di rimettersi in sesto e di chiacchierare un po'?