I fili del sapere

Esame Genin Ran Saito

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    La sera vado a letto con due bicchieri sul comodino. Uno pieno d'acqua e uno vuoto, nel caso abbia sete oppure no.

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    Il caldo persistente di Suna martoriava il villaggio della sabbia anche nei periodi più freddi dell'inverno. Di giorno le temperature erano leggermente più basse del normale, ma pur sempre scottanti e bollenti per chiunque non fosse abituato a quel genere di calore. Solo la sera, quando il sole calava, era possibile godersi un po di frescura. La differenza di clima tra giorno e notte in quel periodo dell'anno era abissale, tanto da passare dai quaranta gradi giornalieri ai 5 notturni.
    Quel giorno il caldo era afoso, portando con sé sabbia e detriti tramite il vento. Il cielo era limpido e chiaro come un'enorme tavola azzurra, senza alcuna traccia di nuvole. Un uomo sulla quarantina e con una lunga coda di cavallo era appollaiato sulla sua cattedra a leggere un giornale. Erano le 07:45 e Mutsuki Kaneki non aspettava altro che l'arrivo degli allievi per l'esame imminente. Non era la prima volta che presiedeva gli esami Genin. Con la nascita recente dell'O.S.U le richieste per diventare Shinobi erano aumentate notevolmente, come se i ragazzini avessero visto una grande opportunità in quell'alleanza. La cosa movimentava le accademie, creando più lavoro per i sensei e la cosa a Kaneki non dispiaceva. Più lavoro significava più soldi e per uno tirchio come lui, non poteva che andare bene in quel periodo.


    Col suono della campana le classi si riempirono e i ragazzi presero posto nei rispettivi posti. Per la moltitudine di candidati era pressoché impossibile svolgere delle prove singole, ragion per cui furono in tre ad essere chiamati inizialmente.

    Madara Futo, Ran Saito e Shizuya Timo. Alzatevi e venite qua davanti, cominceremo con voi.

    Tra i banchi degli allievi e la cattedra v'era uno spazio considerevole, creato apposta per quell'occasione. Il sensei non aveva mai visto quei ragazzi prima, né ne aveva mai sentito parlare. Ciò stava a confermare che non esistevano raccomandazioni in quel luogo, la prova sarebbe stata superata solamente da coloro realmente preparati, senza preferenze o discriminazioni di alcun genere.

    Partiamo con la teoria. Si risponde per alzata di mano. Quanti e quali sono i sigilli per l'esecuzione dei Jutsu. E perché sono fondamentali per eseguirli?
    [tag:«Æclipse»]
    Hai carta bianca su tutto. Sei libera di descrivere ciò che io non ho fatto e di usare tutta la tua immaginazione nei limiti del contesto. Per questo post analizzeremo il tuo approccio con pg e png. Se hai qualsiasi dubbio o domanda non esitare a chiedere nella sezione apposita!
     
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    “Continui a ricevere senza mai dare,
    o mio diario, quanto vorrai ancor sapere
    prima di salvarmi?”



    La pagina è giallastra, il calamaio inzuppato di sgocciolante inchiostro pece, colato laddove l’ombra di una folta chioma verde si proietta. L’occhio segue le righe come se le tenesse a braccetto, in un rapporto saldo ed amoroso. Il calamaio si umidifica di nuovo, mettendo un ultimo punto sulla carta. La sedia regala al pavimento il canto tetro di uno stridio, tornando vuota quando il corpo abbandona la sua superficie lignea. Ha finito. Ed il sole è appena sorto su un cielo sicuro, felice di abbandonare il freddo della notte per dar spazio al caldo afoso di Sunagakure.
    Ha sognato questo giorno: ne ha immaginato l’inizio e la fine, il dopo e il prossimo ancora. Non ne è felice, i lineamenti sul volto, eterni e solenni, lo suggeriscono: ha vissuto con la consapevolezza che il padre non avesse mai atteso quel giorno, e la coscienza che nemmeno lei non ne abbia mai voluto vedere l’alba. Eppure adesso si ritrova ad accarezzare il tessuto di un completo ninja adatto all’occasione, a dar una via alle ciocche ribelli che le offuscano il viso, a lavare via dagli occhi il passaggio del sonno. E’ combattuta davanti al riflesso veritiero dello specchio, compagno dall’umorismo sadico che sottolinea all’occhio rosso, e anche a quello smeraldo, la motivazione di tale sacrificio. Ne sfiora i kanji su pelle con il tatto delicato dei polpastrelli, rivivendo ancora il dolore che ha deciso di racchiudere in lettere. Quasi fosse un sigillo, ha giurato di racchiudere in quella velata e pungente ironia sentimenti che nemmeno scrivendo è riuscita a descrivere. Quel tatuaggio era una via di mezzo, sebbene attenda ancora che il diario le porga la mano e la salvi.

    Va bene, Sayuri cara — la voce è un rasserenamento di un soffio a fior di labbro, pronunciato con labbra dolci e non orfane di un sorriso. — Farò attenzione. Ma ho bisogno che tu mi faccia un favore, più tardi. — le ciocche di bosco della piccola trovano un’unisona armonia, quando annuisce. — Non ricordare a mamma dell’esame...e lascia che si svegli tardi, ma non troppo. Ricordale la pillola delle dieci, e quella delle quattordici. Ha una sorta di avvezione per la seconda, soprattutto. Non preoccuparti, onee-chan, ci penso io. Tu impegnati, ma non esagerare! — la grande le stampa un bacio in fronte, caldo e rassicurante come l’abbraccio del sole della Sabbia. — Torno presto.

    Smuove un piede dopo l’altro con accurata lentezza sul pavimento lucido, attutendo ogni passo sotto la sua ombra. Quando chiude la porta alle sue spalle, quella della sua camera, la figura di suo padre è tutto ciò che gli occhi riescono ad inquadrare. Disteso supino e inerme, avvolto in lenzuola bianche e solenni, eterne sopra quel materasso di piume, riposa. Riposa forse da tutte le fatiche della guerra passata, da sacrifici forse troppo vividi nella sua anima affinché possa svegliarsi. Si china sulle ginocchia, poggiando a terra. Le labbra si posano sulla mano, schioccano un bacio umido e forse sofferto. Si rialza con gli occhi rassegnati, quasi rifiutanti di tornare su di lui. La voce le gratta alla gola. Deglutisce. Parla.

    Non volevi, ma il fato non era dello stesso avviso. Padre, so che dietro il tuo volto gelido qualcosa batte ancora. Padre, se mi stai ascoltando, non ti chiedo di perdonarmi. Non ho colpe. Ti chiedo solo di proteggermi.


    “E se tutto ciò che è morto è arte,
    quanti artisti hanno dovuto soffrire?”



    Il sole del vicino deserto è caldo, vivace di afa. Le strade sono popolate da persone vestenti abiti chiari ed ampi copricapi, col sottile timore che il meteo possa rovesciarsi durante le loro ore di lavoro. A Suna è così, in qualsivoglia stagione si prenda sotto esame. Il giorno è l’inferno, la notte è semplicemente l’inverno. Qualcuno, per le strade, si sofferma sulla sua iride sinistra, altri scorrono in fretta senza nemmeno degnarla di uno sguardo: una normalità che prosegue fin quando non giunge ai piedi dell’accademia. L’altalena è sgombra e volti ansiosi riempiono un giardino altrimenti vuoto. Si sente fuori posto insieme a quei bambini, aiutata dai rari casi di ragazzi della sua età, alla caccia di quel diploma così bramato. Alle sue spalle la voce è squillante.
    Raaan!
    Si volta e l’ombra di lei torreggia già sul suo corpo esile.
    Ma tu non perdi mai occasione per mettere cose nuove? Dico io, ma quante tute hai?
    Lei ride, Ran sembra quasi seria.
    Quell’abito rosso? Te l’ha cucito la vecchia sarta? Ha una mano divina, per i Kami, ma è lentissima.
    Oh, sì. Non è il suo forte la velocità, ma a quell’età...beh, dubito si possa fare altrimenti. Sicuramente meglio della vecchia racchia sulla via della magione del Kazekage, mi dà sui nervi quando parla. Ah, sapessi cosa dice sulle marionette! Per lei, quelli come la tua famiglia, non fanno altro che giocare con le bambole...bah. Potrei quasi prendermela a cuore, se solo non lo avesse detto una che cuce da cinquantanni solo per se stessa e forse quel pover’uomo che è suo marito.

    Quando finalmente giunge in aula e il suo nome viene pronunziato dal maestro incaricato di presenziare all’esame, però, quasi rimpiange di non essere rimasta con Setsuna a parlare di sarte, bambole e...vecchie antipatiche. La prima domanda, almeno la prima, è più che certa di saperla. Alza la mano, attende un cenno da parte dell’esaminatore.
    Se posso, quelli base sono dodici. Uccello, cinghiale, cane, lepre, drago e serpente; cavallo, pecora, scimmia, gallo, bue e cane. Essi…non sono altro che posizioni necessarie affinché il chakra venga richiamato e di conseguenza possa essere controllato. La velocità con la quale vanno eseguiti è variabile, dipende strettamente dalla difficoltà della tecnica stessa.
     
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    La sera vado a letto con due bicchieri sul comodino. Uno pieno d'acqua e uno vuoto, nel caso abbia sete oppure no.

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    Pecora, cane, drago, topo, ehm...

    Il ragazzo alla sinistra di Ran fu il primo a rispondere, esponendo però soltanto la metà dei sigilli totali. Si ingarbugliò nelle sue stesse parole, lasciando il discorso in aria.
    Il sensei si mise a braccia conserte, attendendo la fine del discorso che però tardava ad arrivare. Sbuffò pacatamente, mentre una leggera brezza di vento caldo proveniente dalla finestra alla sua destra gli smuoveva la coda. Il sole filtrava nell'aula tanto da prendere metà corpo del maestro, che dopo diversi minuti fu costretto a spostarsi leggermente per via del sudore che si stava cumulando nel suo corpo ormai accaldato.
    E quando Ran alzò la mano per riprendere l'errore del compagno, non esitò neanche un secondo a farle cenno di parlare.
    La risposta della signorina Saito fu abbastanza chiara e concisa, centrando in pieno il nocciolo della questione.


    Bene.. bene.. E tu invece...

    Si rivolse al terzo e ultimo esaminato del gruppo, che ancora non aveva parlato.

    Cosa c'è dopo il grado di Chunin?

    Il biondino sembrava sapere il fatto suo, infatti rispose subito senza pensarci due volte.

    Nel caso il Chunin in questione si sia specializzato in un solo campo, potrà ambire al titolo di Special Jounin. Se invece è abile in tutte le arti, passerà direttamente a Jounin.

    Esatto. Adesso passeremo alla parte pratica. Visto che siete tre, vi esibirete nelle tre tecniche base Ninjutsu, ovvero Moltiplicazione, Sostituzione e Trasformazione. A voi la scelta, prego.

    Oltre alle braccia, incrociò anche le lunghe gambe, mettendosi in una posizione più comoda per godersi l'imminente prova. Aveva visto un'infinità di volte quelle tecniche, ma vederle eseguire da giovani inesperti e ansiosi di sbagliare, era sempre una cosa divertente per lui.

    Eccoci alla seconda prova, devi tentare una tecnica a tua scelta senza essere autoconclusiva. Deciderò io se la tecnica ti riesce o meno in base al tuo post.
    Nel caso avessi difficoltà per l'autoconclusività, il regolamento potrebbe esserti utile.
     
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2 replies since 14/12/2017, 09:24   125 views
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