La discesa nelle tenebre

Infermeria/PQ con Mokou

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    Colui che è e si spera sarà

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    Oceania
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    Buio, un' oscurità senza precedenti, ogni luce completamente spente, non un lampo, non una scintilla, solo scuro e totale buio. Come ci ero finito lì?Cosa mi era successo? Mi sentivo spaventato, terrorizzato, non riuscivo a vedere nulla, c'erano solo tenebre intorno a me e non riuscivo a trovarne la ragione...che fossi finito di nuovo in uno dei miei incubi?No...questo era vero, questo era reale. Ma allora cosa era successo, cosa mi aveva portato in quello stato, cosa mi aveva ridotto incapace di vedere? Il dolore, lui conosceva la risposta, lui sapeva cosa mi era successo, arrivò piano piano, crescendo di intensità ogni secondo, fino a diventare immenso, gigantesco ed insopportabile, sentivo i miei occhi bruciare, sentivo il sangue bagnare le mie guance ma non riuscivo a vederlo. Provai a portarmi le mani al volto, ma non ci riuscii, ero completamento bloccato dalla testa ai piedi, ma il dolore...il dolore non si fermava, era come se mi avessero lanciato della lava sugli occhi, era davvero qualcosa di atroce. Gridai, urlai la mia profonda sofferenza, perché tutto quello stava succedendo a me ? Cosa avevo fatto per meritarlo? Fu quel pensiero che accese nella mia mente una lampadina, una fiammella che andò a riaccendere un lungo flusso di ricordi...quasi mi pentii di essermeli ricordati...

    Davanti a me c'era mia madre, il mio Sharigan guardava dritto al suo mentre con il volto deformato dalla rabbia la caricavo con i due Rasengan nelle mie mani, non mi importava che avesse schivato i miei precedenti attacchi, quella era la mia mossa più potente, con loro sarei riuscita a colpirla, grazie a loro avrei potuto farle capire quanto erano grandi la rabbia ed il dolore che provavo nei suoi confronti. Ma fu proprio lì, al culmine del mio attacco, che le cose presero una piega inaspettata e il mio mondo cambiò:

    "YAMASHITAAA!"

    Un urlo quasi animalesco, ma la voce la conoscevo molto bene, era quella di Mokou e la cosa mi spiazzò, mai l'avevo sentita chiamarmi per noi, mai lo aveva pronunciato, che cosa era cambiato? Non potevo girarmi, non potevo fermarmi, in quel momento il mio bersaglio era un altro e si faceva sempre più vicino, non potevo permettermi alcuna distrazione...quanto fui sciocco. Oceania, che fino a quel momento aveva tenuto lo sguardo fisso su di me, spostò la sua attenzione alle mie spalle e sgranò subito gli occhi, aveva visto qualcosa che l'aveva sorpresa e fatta preoccupare, glielo si leggeva in faccia:

    "MOKOU! NO!"

    Un altro grido si udì diffondersi nella foresta intorno a noi, ma stavolta non avevo idea a chi appartenesse, stava succedendo tutto così in fretta che non ci stavo capendo assolutamente niente, ero confuso, arrabbiato, sofferente, continuavo a vedermi nella testa i volti di tutte le persone che Oceania, mia madre, aveva ucciso e non riuscivo a sopportalo, troppo avevo perso per potermi fermare, niente ormai più mi rimaneva. Avevo un bersaglio, vedevo il cammino che mi mancava per percorrerlo, ma in un attimo entrambi mi furono portati via. Oceania mi prese il braccio ad una velocità sorprendente e mi scagliò via con notevole facilità, facendomi volare di qualche metro per atterrare sul manto erboso vicino, fortunatamente non mi feci niente ma i miei Rasegan rilasciarono il loro potenziale distruttivo sul terreno creando due grandi buchi circolare. Mi sentii subito amareggiato, nemmeno quella volta ero riuscito a colpirla, nemmeno la mia tecnica più potente era servita, mi aveva lanciato via come fossi un insetto sul suo cammino, come forse aveva fatto nel giorno in cui erano nato. Ero triste e deluso... ancora una volta, come contro Mokou, avevo dato il massimo ma non era servito a niente, certo lei era pur sempre al livello di un Kage, eppure con tutta la mia rabbia, con il mio Sharigan non ci ero andato nemmeno vicino, cavolo non ci stavo proprio, sbattei il pugno destro al suolo dalla frustrazione, non potevo accettare di essere inutile. Ma mentre io mangiavo la polvere, un'altra tragedia si compieva davanti ai miei occhi: vidi Mokou sparire in un punto e riapparire davanti ad una ragazza che non avevo mai visto, forse era proprio lei quella che aveva urlato, ma non avrebbe potuto più farlo, dato che Gekikkara la trapassò da parte a parte con il suo braccio, la colpì in mezzo al cuore. Sgranai gli occhi davanti a questa scena, il sangue della ragazza cadde un po' ovunque lì intorno e per l'impeto della sua corsa Mokou finì per cadere su di lei, la ragazza fece qualche colpo di tosse, mentre il sangue le confluiva nei polmoni perforati:

    "Scusami... D-dovevo... sa-salvarti..."

    Le morì tra le braccia, le lacrime agli occhi e il sangue che le ricopriva quasi tutto il busto. Rimasi senza parole davanti a quella scena, ero quasi sul punto di correre da lei, ma trovai qualcuno a sbarrarmi la strada. Oceania mi prese e mi sollevò con facilità da terra, cercai di divincolarmi ma la sua stretta era ferrea, non avrei potuto fare nulla per sottrarmi a quell'abbraccio:

    "Lasciami andare...che...che cosa stai facendo?"

    Allungò una mano verso il mio volto, verso i miei occhi, la paura cominciò a fluire rapidamente nelle mie vene inondando ogni parte del corpo, ero completamente alla sua mercé, cercai con tutte le mie forze di oppormi ma era come cercare di spostare un muro con le mani, completamente inutile. Per un istante i nostri occhi si incrociarono, i suoi pieni e gonfi di lacrime, i miei tristi e sbarrati dal terrore, sarebbe stata questa l'ultima immagine che lei avrebbe avuto di me, sarebbe stata l'ultima cosa che avrei visto io. In un attimo non riuscii più a muovermi, rimasi paralizzato di fronte a lei, mentre con orrore la osservavo allungare la sua mano e farla arrivare alle mie cavità oculari:

    "Perdonami..."

    Le parole di una madre in lacrime e dallo sguardo disperato, sembrava davvero non volerlo fare, sembrava davvero costretta per qualche ragione a me sconosciuta, ma io non potevo conoscerla e comunque non mi importava, mi aveva portato via tutto, mi aveva lasciato solo dalla nascita, aveva ucciso ogni mio legame e adesso? Sentii la sua mano tirare via i miei occhi, il mio Sharigan, il mio potere, mi levò l'ultima cosa che mi era rimasta...poi fu solo buio, poi fu solo dolore, poi fu solo oscurità. Urlai con tutto il fiato che avevo in corpo, niente poteva essere paragonabile a quello che stavo provando in quel momento, nemmeno la ferita più grave, quello era un vero inferno. Piansi, piansi lacrime di sangue caldo che mi colò lungo il viso fino ai vestiti, avevo perso la luce e il senso più importante, potevo solo sentire quello che mi succedeva intorno, ma non riuscivo a muovermi, a tentoni cercavo di tastare il terreno per capire dove fossi ma non ci riuscivo, spostavo la testa orba da una parte all'altra cercando disperatamente di vedere qualcosa, quasi speravo che quella fosse solo un'illusione...ma era la pura realtà, ero diventato cieco. In quel momento la paura e il dolore preso il sopravvento, mi sentivo morire, mi sentivo finito, ma ero anche arrabbiato, ormai non mi rimaneva più nulla:

    "Perché mi hai fatto questo madre? Non ti bastava avermi portato via tutto? Ti dovevi prendere anche quello? Vai, sparisci dalla mia vita come hai sempre fatto, un giorno la pagherai per tutta la sofferenza che mi hai causato, un giorno mi vendicherò"

    Non avrebbero spaventato nessuno delle minacce fatte da un Genin cieco, ma altro non mi restava, avevo solo la bocca per parlare e le orecchie per sentire. Alle fine furono quest'ultime a farmi sentire le ultime cose che disse mia madre:

    "Il diario che ti sto dando apparteneva a Sasuke Uchiha. Vi è la sua storia, dall'inizio alla fine. Potrà servirti... La mappa invece può essere letta solo con lo Sharingan e indica il punto in cui incontrare l'uomo per cui lavoro. Ha grandi progetti e tutto ciò che hai subito oggi era necessario a quel fine... Non abusare dell'Ipnotico perchè i suoi poteri, poco a poco, ti portano via la vista. C'è un modo per far si che questo effetto collaterale passi, ma te lo dirà lui quando lo incontrerai... Addio."

    Non ottenni nessuna risposta, se n'era andata, ancora una volta mia aveva lasciato inerme nelle mani del destino, ancora una volta ero da solo. Ero disperato, la mia mente ed il mio corpo erano straziati da un dolore lancinante, riuscivo a malapena a rimanere sveglio, era davvero finita così? Forse avevo una speranza, forse Mokou poteva aiutarmi in qualche modo, io non riuscivo a muovermi ma lei...lei forse poteva salvarmi:

    "Mokou ti prego aiutami, io...non ci vedo più, Oceania mia strappato via gli occhi, ti prego chiama qualcuno o portami in infermeria, sto perdendo tanto sangue e non so come fare..."


    Yamashita Kazuma

    Logicamente l'udito fenomenale ce l'ho dopo essere uscito dall'infermeria, l'ho aggiunto ora solo per averlo in scheda per l'esame Chunin
     
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    Era la fine. Il chidori avrebbe trapassato la schiena di Yamashita e lui sarebbe morto. Mokou avrebbe dato inizio al suo cammino per trovare la pace nel caos e tutto ciò che aveva faticosamente creato con il rosso, sarebbe scomparso nel nulla. Era questo il futuro che i suoi occhi avevano visto. Per questo non esitò seppur una parte di lei ancora la trattenesse. C'era qualcosa in lei, come una voce flebile, che la implorava di smetterla.
    Mai avrebbe pensato di sentire quella voce nella realtà. Una voce che conosceva così bene che bastò un istante per infangare ogni sua certezza. Non si era accorta di lei. D'altronde, Kaguya l'aveva sempre seguita silenziosamente, passo dopo passo. L'avrebbe fatto anche allora ma intervenire era stata una sua scelta.

    MOKOU! NO!

    "Kaguya?!"

    I loro sguardi si incrociarono e qualcuno, nascosto chissà dove, decise di esaudire il desiderio di Mokou. In cambio, avrebbe chiesto qualcosa di altrettanto grande. Fin troppo. Fu quando l'albina sentì il suo corpo farsi leggero e venire spazzato via, anzi, rapito, da una corrente che non aveva nulla di fisico, che già il suo cuore intuì l'orrore a cui sarebbe andato incontro. Mokou aveva sempre pensato di essere in grado di fermare il tempo, agire all'ultimo secondo e dominare persino il destino. Scoprì con orrore che quando è Dio stesso a decidere per te, non puoi fare altro che stare a guardare. Guardare mentre la mente è lontana, vede ma non comprende. Sembra quasi come se una pellicola di un film prendesse vita davanti ai tuoi occhi. Puoi solo stare a guardare.
    Il braccio sinistro improvvisamente caldo, bagnato da un sangue limpido e cristallino. Il calore degli organi era nulla a confronto del calore che Mokou provò davanti a quegli occhi scuri. Non aveva tempo per rendersi conto che non erano mai state così vicine come in quel momento. Gli occhi perfettamente incollati, i volti vicini, l'uno lo specchio dell'altro. Gli sguardi ugualmente atterriti, confusi. Addolorati. Il braccio di Mokou aveva completamente penetrato il petto di Kaguya, ora grondante di sangue. Lo stesso che sporcò i vestiti delle due kunoichi e i loro volti. Caddero l'una sopra l'altra, accasciandosi al suolo. Al sentire il peso di quel corpo esile, Mokou cominciò a tremare. Non avrebbe mai pensato che potesse accadere. Aveva ucciso Kaguya. Scoprì allora che non c'era spazio per nessun altro. Non per Yamashita, non per lo Sharingan. Neanche per lei.
    Si ricordò allora che esisteva una sola persona al mondo che era stata dalla sua parte dall'inizio alla fine. Giaceva tra le sue braccia e non si sarebbe più rialzata.

    Come posso ripagarti di tutto ciò che mi hai dato?


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    - K.. Ka... guya.. -

    Scusami... D-dovevo... sa-salvarti...

    Mormorò, scossa da brividi freddi. Sentiva il cuore della corvina pulsare debolmente a ridosso del suo braccio. Capiva. Capiva al respiro debole della sorella, ai suoi occhi che piangevano e alle labbra che sputavano sangue. Gli occhi scarlatti si posarono sui grandi occhi neri di Kaguya. Quelli che la scrutavano come nessuno la scrutava mai. Era in grado di capirla e per questo Mokou l'aveva sempre tenuta lontana da se. Non poteva nascondersi a lei, c'era qualcosa in Kaguya in grado di raggiungerla nonostante la rabbia e il dolore. Anche allora era capace, come sempre, di prendere un po' di quella sofferenza e portarla dentro di se. Facendosi carico del suo stesso male.
    L'aveva salvata in ogni modo possibile e, finalmente, era stata ripagata. I suoi sentimenti erano infine giunti a Mokou.
    L'albina strinse a se la sorella, stritolandola mentre il suo sangue bagnava entrambe. Lacrime calde le bagnarono il volto mentre le orecchie le fischiavano e un nodo alla gola le impediva quasi di respirare. Ma non di rivolgere le ultime parole alla persona che più sulla terra aveva amato.

    - Perdonami.. ! Kaguya! PERDONAMI TI PREGO! -

    Urlò mentre la sua voce tremava e una fitta nel petto tentava di farla smettere di respirare. Era quella la sensazione di star morendo? Si soffoca quando la propria ora è giunta? Gli occhi scarlatti si aprirono verso il volto pallido e i capelli neri, perfettamente lisci, di Kaguya. Alla fine aveva ottenuto lo Sharingan ipnotico. Ma in quell'istante avrebbe preferito non essersi mai avventurata in quel luogo. Era stata la sua ambizione a creare quello scambio. Il potere in cambio dell'amore.

    - Perdonami.. sorella.. -

    Abbassò il capo, affondandolo sulla spalla della corvina. Quante volte le aveva ricordato che non avevano lo stesso sangue? Quante volte l'aveva allontanata da se? Ora, invece, quello stesso sangue impregnava gli stessi due corpi. Erano sorelle per davvero, ora più che mai. L'altra smise di tremare e Mokou fece lo stesso, alzando lo sguardo per rimirare il volto della ragazza. Era.. sereno.
    Per l'ultima volta sentì la mano di Kaguya stringerle gentilmente il braccio, sicché chiuse gli occhi e tutto fu silenzio. Un urlo straziante si levò dall'albina, strozzandosi nella sua stessa gola mentre riversava tutte le briciole di disperazione in lei. C'erano così tante cose che avrebbe voluto fare per Kaguya. Così tante parole che avrebbe voluto dirle. Le stesse che aveva sempre tenuto per se. E la sua voce morì con sua sorella mentre riapriva gli occhi, testa a testa con Kaguya.
    Fu alzando lo sguardo che Mokou scoprì per la prima volta che in autunno, quando le foglie danzano giù dai rami e si posano al suolo, hanno la forma di lacrime.


    Sembrarono ore di vuoto in cui le lacrime persero la loro stessa essenza. Non bastavano per mitigare un dolore così grande. Non bastava il calore di quell'abbraccio immortale né i singhiozzi strozzati di una persona che perdeva ogni cosa. Niente sarebbe mai bastasto a lenire quel dolore. Il tempo avrebbe potuto plasmare quel vuoto, creando soltanto ricordi di ciò che un tempo era.

    Sembrarono attimi eterni prima che Mokou tornasse alla realtà. Aveva tra le braccia solo un cadavere al quale si avvinghiava. Ma l'anima aveva già abbandonato quell'involucro. In sottofondo dei lamenti strozzati, pianti di un ragazzo che aveva patito l'inferno. Non lo stesso di Mokou, però. Yamashita era a terra, cieco. Si teneva gli occhi che grondavano sangue. Orbite vuote, mai più riempite dallo Sharingan. Debolmente la kunoichi albina voltò lo sguardo, osservando come Oceania si avvicinava a lei. Non avrebbe avuto la forza di impedirle di ucciderla, ma non erano questi gli intenti della donna. Posò qualcosa vicino a lei.

    Il diario che ti sto dando apparteneva a Sasuke Uchiha. Vi è la sua storia, dall'inizio alla fine. Potrà servirti... La mappa invece può essere letta solo con lo Sharingan e indica il punto in cui incontrare l'uomo per cui lavoro. Ha grandi progetti e tutto ciò che hai subito oggi era necessario a quel fine... Non abusare dell'Ipnotico perchè i suoi poteri, poco a poco, ti portano via la vista. C'è un modo per far si che questo effetto collaterale passi, ma te lo dirà lui quando lo incontrerai... Addio.

    L'occhiata che Mokou le riserbò non era d'odio né di rancore. Voleva che la lasciasse in pace, almeno allora. Tutto ciò non importava più per lei in quel momento. Kaguya era morta. Oceania scomparve e l'albina tentò di respirare, ignorando Yamashita e i suoi lamenti. Ma non poteva. Proprio questi riuscirono a risvegliarla. Sfinita, vuota. Il braccio sinistro scivolò fuori dal corpo della corvina con una facilità impressionante, orribile e disgustosa. Gli occhi arrossati, gonfi di lacrime, si spostarono verso il rosso, riverso in terra.

    Mokou ti prego aiutami, io...non ci vedo più, Oceania mia strappato via gli occhi, ti prego chiama qualcuno o portami in infermeria, sto perdendo tanto sangue e non so come fare...

    A lei era stato strappato il cuore. Il dolore non era neanche lontanamente paragonabile. Quasi un impeto di rabbia suggerì a Mokou di finirla, terminare ciò che aveva iniziato.. ma a che scopo? Non aveva più nulla da difendere. L'altro Uchiha.. non era più tale. Come se non bastasse, il dolore per la perdita di Kaguya era in grado di stroncare qualsiasi altra emozione. Ma non poteva lasciarla lì. Non poteva lasciare lui lì. In mezzo a quel nulla, circondati dalla morte. Adagiò il corpo della sorella a terra, costringendosi a mettersi in piedi. Barcollava e il suo senso dell'equilibrio era scarso. Tuttavia raggiunse Yamashita. Si chinò su di lui e la mano sinistra, completamente imbrattata di sangue, afferrò il tessuto che ricopriva la spalla destra. Tentò di tirarlo su con uno strattone, trascinandolo con forza per farlo alzare in piedi. Neanche lui era troppo in grado di camminare ritto. La ragazza avrebbe voluto dirgli di aggrapparsi a lei, di seguirla, ma non aveva voce. Gli afferrò la mano, portandosela al borsello dietro la schiena, all'altezza dell'osso sacro. Voleva ordinargli di stringerlo forte e di seguirla, senza lasciarla mai andare. Non poteva trasportare anche lui. Non voleva farlo. Tirandosi dietro il rosso, si avvicinò a Kaguya e di nuovo ebbe un tuffo al cuore. Gli occhi le bruciarono mentre si inginocchiava (incurante di Yamashita, legata a lei come un cane col guinzaglio). Le mani scivolarono tremanti sotto il corpo della sorella, riscoprendosi a solleverla senza fatica. Il corpo era esile e candido, leggero come lo era lei, limpida.
    Durante tutto il tragitto in cui si trascinava dietro Yamashita e sorreggeva il corpo senza vita di Kaguya, Mokou pianse. Ore ed ore di cammino per scoprire che non sarebbero bastati altri cento anni per finire quelle lacrime.



    * * *





    La testa le scoppiava. Buttata su una sedia in sala di attesa, Mokou si reggeva le mani con la testa. Il corpo chinato in avanti respirava piano, con regolarità. Il nodo alla gola stava man mano scomparendo. Era quasi il tramonto e si levava una brezza fresca al Villaggio della Foglia. Alla fine.. era arrivata. Yamashita era stato portato d'urgenza in una sala per subire un intervento agli occhi. Kaguya era stata portata in sala di rianimazione ma non c'era nulla che si potesse fare. Mokou stessa aveva sentito il suo cuore smettere di battere. Quel suono ovattato era ancora vivido nella sua mente. E lei? Se ne stava lì, immobile. Non voleva tornare in una casa dove, ormai, non c'era più nessuno ad aspettarla.

    Avrebbe da lì a poco scoperto che non avrebbe comunque potuto andarsene. Perché era sporca di sangue e una chunin della Foglia era stata uccisa. Un Genin gravemente ferito. E ancora non sapeva che le colpe sarebbero ricadute su di lei.

    Akito si occuperà dell'infermeria di Stompo e dell'interrogatorio. A te il post
     
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    La sera vado a letto con due bicchieri sul comodino. Uno pieno d'acqua e uno vuoto, nel caso abbia sete oppure no.

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    Non erano molti i feriti che la clinica della foglia ospitava in quel periodo. La maggior parte degli infermieri erano liberi, impazienti di svolgere il proprio mestiere che per forza maggiore non potevano eseguire.
    L'entrata dell'albina, imbrattata di sangue e con un cadavere tra le braccia, fu un fulmine a ciel sereno. Solo dopo pochi secondi i presenti si accorsero del ragazzo che la seguiva, pieno di sangue sul volto per via delle orbite vuote.


    Chiamate il primario!

    La segretaria urlò, sobbalzando dalla sedia dietro il bancone. L'ospedale era solito a quelle scene, ma ciò non tolse lo stupore dei medici. Ogni infermiere che vide i ragazzi scattò subito verso di loro, alcuni presero delle barelle per caricare i feriti, altri chiamarono soccorsi dalle altre stanze e altri ancora, si premurarono di avvisare chi di dovere. La precedenza fu data alla sorellastra di Gekikara, che con fretta e furia venne portata in sala di rianimazione. Furono diverse le scariche elettriche che investirono il petto perforato della ragazza ormai senza vita. I dottori lo sapevano, lo avevano già dedotto, ma non si arresero all'idea senza nemmeno provarci. L'esito non cambiò. La mora venne ricoperta con un telo bianco e trasportata alla camera mortuaria. Nel frattempo il ceco fu trasportato in sala operatoria. Era grave, non c'era più niente da fare per i suoi occhi ma se non fermavano l'emorragia rischiava anch'esso di morire. Due infermieri cominciarono le prime medicazioni, caricando prima il giovane Yamashita nel tavolino dell'operazione. Poi tamponarono il suo viso con della bambagia per asciugarlo e al contempo pulirlo. Il liquido rossastro aveva riempito il volto e per via della delicatezza delle cure successive non potevano rischiare di mettere le mani in qualche nervo sbagliato. Avevano bisogno di vedere bene dove poter agire. Il primario arrivò con rapidità, preparandosi alla svelta per cominciare il tutto mentre si sterilizzava le mani.

    Che diavolo ti è successo ragazzo?! Come ti chiami?

    ...


    La segretaria aveva già contattato il secondo del primario, colui che si occupava di compilare le cartelle cliniche dei pazienti. L'uomo con dei grossi occhiali scrutò da lontano la ragazza in sala d'attesa e la vide piena di sangue, notando in particolare la mano con il liquido ormai asciutto, segno che non era poi così fresco. Non gli ci volle molto per fare due più due e ipotizzare ciò che molti avrebbero ipotizzato. Le guardie arrivarono in fretta, in realtà le aveva già chiamate non appena i medici confermarono la morte della Kunoichi. Due Jonin si presentarono all'ingresso della clinica. Uno alto e magro, con dei lunghi capelli biondi racchiusi in una coda di cavallo. Gli occhi chiari e i lineamenti sottili ed eleganti. L'altro più basso e leggermente più robusto. Capelli corti, ricci e neri. Gli occhiali scuri da sole non permettevano di notare nulla dal suo sguardo. Entrambi in tenuta ufficiale da ninja.
    Inizialmente il Jonin biondo non riconobbe la ragazza, ma non appena l'uomo occhialuto gli raccontò l'accaduto ed indicò la giovane, tutto si fece più chiaro. La conosceva, l'aveva già vista e ne aveva sentito parlare. Mokou Houraisan, la Kunoichi che aveva già causato diversi problemi e che l'Hokage aveva raccomandato di tenere sotto controllo, un controllo che evidentemente era sfuggito di mano. I sospetti quella volta erano più gravi e pesanti delle scorse volte, con un cadavere di mezzo nessuno poteva di certo passarla liscia.
    I due Jonin si avvicinarono alla ragazza seduta mentre il secondo del primario si allontanò, cercando di ascoltare la conversazione da diversi metri di distanza.


    Mokou Houraisan. Sei sospettata di omicidio. Non credo ci sia bisogno di spiegarti cosa succederà adesso. Per cominciare puoi dirci cosa cazzo hai combinato.

    Il tono dell'uomo alto fu abbastanza serio e conciso mentre l'altro restò in silenzio, con le mani poggiate sul ventre, una sopra l'altra. Gekikara avrebbe dovuto misurare bene le sue parole, ne poteva valere la sua vita stessa da quel momento in poi.
    Spero di aver fatto tutto bene. Ciò che non ho specificato io, siete liberi di farlo voi a vostra discrezione.
    Stompo tu non avendo la vista magari hai meno spunti per scrivere e ti capisco, dovrai giocartela in altri modi. In ogni caso stai tranquillo, non c'è problema.
     
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    La luce non c'era più, ormai regnava solo l'oscurità. Lì, in quell'inferno sceso in terra, mi resi conto di quanto fosse importare la vista, di quanto poco peso gli avevo sempre dato dandola per scontata, ma ora che i miei occhi non c'erano più, quanto rimpiangevo di poter vedere il cielo blu sopra di me, il verde degli alberi, anche solo il rosso del sangue che mi stava ricoprendo il volto, ma era tutto sparito, le mie cavità oculari erano vuote e piangevano, si disperavano, piangevano tetre lacrime scarlatte. Mi sentivo terrorizzato, inerme, provavo un dolore indicibile, una parte di me quasi penso di rimanere fermo aspettando di morire dissanguato, in fondo cosa altro mi restava? Non avevo più parenti, amici né nemici, la mia vita era stata spazzata via, mi era stato portato via tutto... la donna che mi aveva dato la luce, alla fine me l'aveva anche tolta...che senso aveva continuare a vivere? Fu allora che, sentendomi in punto di morte, cominciai a pensare a tutto quello che avevo passato, a tutto quello che mi era capitato nella mia breve vita: i periodi felici con i miei genitori e con Go, l'accademia, la preparazione per l'esame Genin, poi la scomparsa di mio padre, l'omicidio di Kanzu, il rapimento di mia madr...ehm di Hisa, anni di felicità terminati con un'infinita sofferenza, aveva senso continuare a lottare? Sì.
    Guardai dentro di me, ripensai a tutti gli insegnamenti, a tutto quello che mio padre, mia madre, quelli che ritenevo i miei veri genitori, mi avevano tramandato. Bontà, compassione, forza, coraggio... Yamashita sarà anche nato Uchiha, ma era cresciuto come un Kazuma, era diventato Genin da Kazuma, ma soprattutto Yamashita non era solo lo Sharigan, ero sempre dipeso troppo da quel potere, che alla fine avevo finito per considerarmi solo un ragazzo con gli occhi rossi. Sì forse avevo perso la vista, ma questo non mi avrebbe impedito di continuare a lottare per il villaggio della foglia, non mi avrebbe impedito di tentare gli esami Chunin, non mi avrebbe impedito di vendicarmi per quello che mi aveva fatto Ocenia e un giorno non mi avrebbe impedito di riprendermi ciò che mi era stato portato via. Se quello che avevo sentito era vero...il capo di mia madre era molto pericoloso e con molta probabilità un'Uchiha, dovevo avvertire il villaggio di quel pericolo, dovevo avvisare l'Hokage. Fu allora che chiamai Mokou, in quello stato non sarei mai riuscito a tornare al villaggio, forse con il suo aiuto avrei potuto avere qualche possibilità. Lei non rispose alle mie parole, non un verso, non un lamento, intorno a me sentivo solo silenzio, continuavo a tastare con le mani intorno a me cercando qualche sasso, qualche roccia a cui aggrapparmi per provare a tirarmi su, ma non trovai nulla. Per qualche istante pensai che mi avesse abbandonato, per qualche secondo credetti davvero che mi avesse lasciato lì a morire, provai una sofferenza inaudita in quei pochi eterni secondi di agonia, immerso in quel silenzio che sapeva di morte. Alla fine, come un'ancora di salvezza nelle tenebre in cui ero caduto, sentii una mano spingermi in alto, non una voce avvertii, ma in qualche modo sapevo che era lei, certo forse non era la persona più gentile del mondo, ma non era cattiva, forse non lo era mai davvero stata. Mi aiuto a tirarmi in piedi, cosa dannatamente difficile dato che senza gli occhi non riuscivo a mantenermi in equilibrio, senza un punto di appoggio mi era praticamente impossibile camminare. Sentii la sua mano dirigere la mia verso una laccio, tastai per capire cosa fosse ma non mi venne in mente niente lì per lì, il dolore non mi dava pace, nemmeno avevo idea di come non fossi ancora svenuto. Mokou continuò a non dirmi nulla, come se avesse perso la voce si limitò ad andare avanti a passo lento ed incerto, non mi sentii...non riuscii a dire altro...ricordavo perfettamente quello che avevo visto, il braccio della ragazza trapassare il corpo dell'altra, Oceania in qualche modo l'aveva portata lì davanti, lei voleva che succedesse questo, non riuscivo a credere quanto fosse meschina la donna che mi aveva dato la vita...dovevo avvisare il villaggio il prima possibile, lei e chi la comandava erano una minaccia troppo grande da poter essere ignorata. Durante la camminata mi accorsi di un dettaglio che fino a quel momento mi era sfuggito: nonostante il forte dolore che provavo, senza la vista avevo cominciato a sentire sempre più distintamente i suoni di ciò che mi circondava, sentivo le fronde degli alberi scrosciare sotto l'abbraccio del vento, sentivo i nostri lenti e pesanti passi calpestare le foglie cadute dai rami e sentivo il pianto di una ragazza che piangeva in silenzio le sue pene. Non saprei dire quanto tempo passò, ore di cammino protratte in un tempo infinito mentre con le unghie e con i denti cercavo di rimanere aggrappato alla mia vita. Mi resi conto di essere arrivati al villaggio quando cominciai a sentire un brusio sommesso farsi sempre più intenso e costante, contrapposto al silenzio e alla calma che avevo percepito nella foresta. Voci, mani, cominciai a ricevere un turbinio di sensazioni diverse, non mi ero ancora abituato ad una simile situazione e non riuscii a capire nulla, sentii solo di essere trascinato e portato da qualche parte, mentre le mie orecchie erano assordate da quel costante brusio che non mi permetteva nemmeno di pensare...ma io dovevo resistere, il villaggio doveva sapere, ormai ero così vicino. Nel mio stato di confusione generale non riuscii nemmeno a salutare o ringraziare Mokou, sentii semplicemente mancare il contatto con la sua cinghia, poi solo il caos...dio quanto avrei voluto solo silenzio, stavo impazzendo con tutto quel trambusto. Passò altro tempo, voci e rumori sommessi si alternarono nella mia testa, incapace di dargli un volto, cominciai a pensare davvero di essere morto, magari mi trovavo già all'inferno e quella era la mia pena, in vita ragazzo con degli occhi speciali, in morte un cieco destinato a soffrire ed impazzire per tutta l'eternità. Alla fine, quasi come se qualcuno avesse sentito le mie preghiere, venni in qualche modo portato in posto più silenzioso, non avevo idea di dove mi trovassi ma mi piaceva, mi permetteva di riposare le mie orecchie e di recuperare le forze, venni messo sopra ad un letto, il materasso era morbido, meno di quello di camera mia ma senz'altro meglio di niente, a giudicare dalla resistenza aveva le molle in metallo invece che le doghe in legno...cavolo non avevo mai fatto caso a questi dettagli, forse proprio come per l'udito, anche gli altri sensi stavano cercando di compensare la perdita della vista. In quel silenzio ritrovato potei udire dei passi farsi sempre più vicini, poi lì sentii fermarsi in mia prossimità:

    "Che diavolo ti è successo ragazzo?! Come ti chiami?"

    Un uomo...era la prima volta che parlavo con qualcuno senza sapere che viso avesse, era davvero fastidioso e triste, se avessi avuto qualche altra lacrima mi sarei senz'altro messo a piangere, ma non c'era il tempo per quello, dovevo avvertirli, dovevano sapere:

    "Mi chiamo Yamashita Kazuma signore, mi hanno strappato via gli occhi e a tal proposito devo parlare con il Kage, devo avvisarlo, deve sapere, c'è un grande pericolo in agguato, lui deve esserne messo al corrente!"
     
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    Si rendeva conto di star aspettando qualcosa che non sarebbe mai accaduto. Che qualcuno la chiamasse e le dicesse che c'era mancato poco, ma sua sorella era in salvo. Aspettarla al suo capezzale osservando come lentamente il petto si alzava e si abbassava. Rimirarne gli occhi lucidi quando si sarebbero aperti, stanchi. Sentire la voce flebile e impastata che, confusamente, chiedeva di sapere dove si trovasse. Aspettava quei momenti, aspettava di sentire la paura svanire pian piano ad ogni respiro, ad ogni attimo che separavano la corvina dalla morte, o meglio, dalla vita. Tutto la paura e il dolore sarebbero svaniti solo quando quei grandi occhi neri si fossero aperti, posandosi su di lei. Sarebbe stata, per davvero, la gioia più grande della sua vita. Sarebbe stata bella una realtà così. Un mondo dove il tempo scorreva in modo diverso e c'era quel finale ad attendere le sorelle Houraisan. Un modo per ricongiungerle, per unirle e guarirle entrambe con l'affetto reciproco. Ma l'affetto sincero che Mokou provava, anche allora, per Kaguya, non sarebbe mai bastato. Non allora. In un'altra vita avrebbero potuto godere di un diverso finale. Avrebbero combattuto insieme, oppure, sarebbero scappate via per sempre. Avrebbero ripudiato quel mondo che desiderava degli occhi maledetti e la morte di persone innocenti. Avrebbero raggiunto un luogo tutto per loro, persino.. sulla Luna, se ne fossero state in grado.
    Ma Mokou era sola in quella sala d'attesa, poggiata su di una sedia che aveva imbrattato con il sangue e il proprio sudore. Gli occhi chiusi piangevano silenziosamente, riversando lacrime calde e salate in terra. Le mani insozzavano i capelli con il sangue, tenendo una testa così pesante da non poter sopportare neanche i propri pensieri. Del tempo che era passato, ne aveva perso il conto. Sarebbe rimasta per l'eternità in quel modo, in attesa.
    Se non fosse stato per dei passi coincitati che la raggiunsero. Vide il paio di sandali scuri, accanto a lei, alzando debolmente la testa Il volto era distrutto. Non aveva mai pianto per davvero, in quel modo. Gli occhi enormi, rossi non per naturale colore, gonfi. Le guance sporche di terra e sangue e muco e lacrime che avevano rigato ogni cosa, lasciandone una scia pulita al loro passaggio. Il braccio sinistro era inzuppato di sangue dalla spalla alla punta delle dita, sporche. La ragazza puzzava di terra, sudore e.. sangue. Il ferro che si respirava anche solo a starle accanto avrebbe fatto girare la testa a chiunque. I capelli rovinati, i vestiti sudici, macchiati. Ma più di tutto, ad essere orribile era l'espressione sconfitta e senza vita del suo volto. Era quello il volto di chi aveva perso ogni cosa. Non c'era rabbia, non c'era gioia. C'era un pizzico di tristezza e un oceano di malinconia. Un sentimento che non l'avrebbe mai più abbandonata.
    Eppure gli occhi squadrarono quei due Shinobi, uno dai capelli lunghi e biondi, dai bei lineamenti. L'altro dall'aria burbera, con i capelli scuri e il corpo ben piazzato. Erano venuti a dirle.. che Kaguya era morta.. ? No. Mokou avrebbe dovuto sapere bene che le cose più brutte vengono a noi gratutitamente.

    Mokou Houraisan. Sei sospettata di omicidio. Non credo ci sia bisogno di spiegarti cosa succederà adesso. Per cominciare puoi dirci cosa cazzo hai combinato.

    Il biondo proferì quelle parole con aria seria e, per un attimo, un velo di stanchezza incupì ancor di più il volto della ragazza. Avrebbe dovuto aspettarselo.. Abbassò nuovamente lo sguardo e le mani scivolarono sul suo volto. In fiamme, cercò di trattenersi. Quando aveva quasi acciecato Kenji Guren si era difesa a spada tratta. Non aveva ammesso alcuna delle sue colpe, scaricando l'intera colpa sul ragazzo. Questa volta.. era colpa sua. Il suo braccio aveva completamente trafitto e dilaniato il corpo di sua sorella. Non avrebbe mai voluto farlo ma.. era successo. Se ne sarebbero accorti. Era colpevole.

    - .. non volevo.. farlo.. -

    Fu più forte di lei. La voce si incrinò e gli occhi si strinsero. Tuttavia le lacrime presero nuovamente a correre giù, fino a schiantarsi a terra. Singhiozzava senza remore, senza riuscire a fermarsi. Ma doveva dirlo. Doveva dire a tutti la verità. Lei amava profendamente sua sorella, l'aveva sempre fatto dentro di se. Non avrebbe mai voluto ucciderla. Non poteva. Non avremme mai potuto farlo a lei.

    - Non è stato.. io non.. non avrei mai.. le volevo b-bene.. -

    Sembrava come incapace di spiegarsi perché interrotta dal pianto e dai singhiozzi. Il dolore nel suo petto sembrava strapparle via persino la forza e il desiderio di spiegare. Spiegare che doveva essere Yamashita a morire. Non Kaguya.

    - N-noi siamo.. st.. stati ag-grediti.. -

    Le mani si separarono dal volto e un cenno debole della testa sembrò suggerire alla ragazza l'aver preso la giusta direzione. Continuava a muovere la testa in quel modo, tirando su col naso e singhiozzando mentre le lacrime si arrestavano. La testa le faceva male, pulsava forte alle tempie.

    - Il ragazzo.. ed io.. K-kaguya.. -

    Abbassò lo sguardo e il labbro inferiore tremò pericolosamente. Kaguya.. era morta per impedirle di venire divorata dalla sua stessa brama di potere. Riusciva a capirla, sapeva quanto fosse a rischio. Fin da piccola era stata vittima e carnefice del caos. Ma non aveva mai voluto abbandonarla ad esso. Per salvarla definitivamente aveva deciso di morire per mano sua. Sapeva che sarebbe morta. Kaguya era.. più avanti di chiunque.

    - si è.. sacrificata.. -

    Strinse i denti, stringendo forte i pugni sulle proprie gambe. Scosse la testa, tentando di non scoppiare nuovamente a piangere di nuovo. Impossibile. Era più forte di lei. Non riusciva neanche a difendersi come si deve da quelle accuse. Sentiva solo di dover raccontare la verità. O almeno parte di essa.. non poteva dire loro che aveva tentanto egli stessa di uccidere Yamashita. Se non fosse stato per quel ragazzo.. forse sua sorella sarebbe ancora viva. Avrebbe dovuto ucciderlo allora, dopo averlo combattuto. Avrebbe evitato a Kaguya di morire. Fu quel pensiero ad acquitare per un istante il suo animo distrutto. Un barlume d'odio a distrarla dal suo dolore. Respirò, ingoiando un amarissimo boccone.

    - non ho potuto.. fare n-niente.. è morta. E'.. -

    Mokou sospirò e chiuse gli occhi, addolorata. Abbassò il capo e il suo corpo si adagio in quella posizione scomoda. Non aveva più senso rialzarsi. Non riusciva ad andare avanti finché continuava a ripetersi che Kaguya era scomparsa per sempre. Ed era impossibile non farlo.
     
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    La sera vado a letto con due bicchieri sul comodino. Uno pieno d'acqua e uno vuoto, nel caso abbia sete oppure no.

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    Il primario sospirò, osservando per bene l'orrore che avevano causato a quel giovane. La faccenda sembrava più seria di quel che poteva sembrare, ma la vita di quel ragazzo per lui aveva la priorità su tutto, su qualsiasi minaccia potesse arrivare. L'aveva giurato all'inizio del suo percorso in medicina, avrebbe salvato chiunque avesse avuto bisogno di essere salvato, amici o nemici, conoscenti e sconosciuti.
    Le sue mani si illuminarono di un verde acceso e successivamente le poggiò in prossimità delle orbite di Yamashita. Doveva risanare tutti i nervi e i tessuti che si erano strappati prima di procedere all'operazione.


    Sta tranquillo, ti farò tornare come prima. La tua salute ha la priorità.

    Poi si rivolse ad uno dei suoi assistenti:


    Prendi quel portatile e vedi i valori di Yamashita Kazuma. Il databese degli shinobi è nella cartella a destra in alto nello schermo.

    Il ragazzo fece come disse e prese il computer dal bancone lì vicino mentre il secondo assistente preparava l'anestesia. Yamashita aveva già sofferto troppo ed era meglio se per il momento si addormentava e non pensava più a niente. Una mascherina gli venne poggiata sul naso e sulla bocca e dopo pochi secondi venne immerso in un sonno profondo. Non avrebbe visto nulla e la perdita di uno dei sensi principali gli avrebbe causato confusione oltre ad un stress accumulato da ore e ore.

    Occhi azzurri. gruppo sanguigno 0.

    Bene, nella cella frigorifera dovremmo avere qualcosa che fa al caso suo.

    E così fecero. Dopo aver ristabilito le ferite, impiantarono un nuovo paio di occhi celesti al Genin, occhi che avrebbero trovato l'oscurità per un paio di giorni. L'organismo avrebbe dovuto adattarsi al nuovo paio di bulbi, e i bulbi avrebbero dovuto adattarsi all'organismo. Un processo che poteva richiedere più di qualche giorno nel peggiore dei casi. L'operazione non durò poi così tanto tempo, una mezzora circa. Le nuove tecnologie avevano migliorato di non poco la medicina, rendendo possibili cose che prima erano inimmaginabili.

    ...

    La ragazza era sicuramente molto scossa dagli eventi recenti. Il jonin lì per lì non le credette, ma dopo pochi attimi si rese conto della differenza di comportamento della Chunin dalle altre volte. Nessuna indifferenza, nessuna forma di superbia o menefreghismo. Stava piangendo. Ed era impossibile che stesse recitando, almeno per lui. Per qualche secondo si sentì con le mani legate, non sapeva che fare o come reagire a quel comportamento.
    Mokou farfugliava parole e frasi incomplete, il volto strapazzato e il corpo tremante trapelavano la paura e la debolezza che non aveva mai mostrato prima di quel momento.
    Non poteva condannare una ragazzina in quel modo, né voleva lasciarla libera senza avere ben chiara la situazione. Pensò diversi secondi mentre tutto nell'ospedale taceva. Che poteva fare?


    Komon, andiamo a parlare anche con l'altro ragazzo. Vieni con noi Mokou, d'ora in poi sei pregata di restare in silenzio finché non ti verrà chiesto di fare diversamente.

    Aspettarono il fare dell'albina per muoversi e andare nella stanza dove si trovava il compagno d'armi della sospettata. Yamashita una volta terminata l'operazione era stato cambiato e portato in una delle sale adibite al ricovero dei pazienti. Coricato su di un lettino con lo schienale leggermente rialzato poteva ben sentire la presa di una benda legata attorno gli occhi. Doveva tenerli forzatamente chiusi per far si che recuperassero più in fretta.
    Gli infermieri lo svegliarono forzatamente poco prima dell'arrivo dei Jonin. Gli venne offerto un bicchiere d'acqua e spiegata la situazione. Doveva tenere la benda per qualche giorno e inoltre stava per essere interrogato.
    Non appena l'infermiera uscì dalla stanza, entrarono Mokou e i due ufficiali, chiudendo la porta alle loro spalle. Da quel momento erano da soli, in una piccola stanza con un lettino e qualche sedia. La finestra con tanto di grate faceva penetrare il vento che cominciava ad inaugurare la sera. Si stava facendo tardi.


    Scusaci per la fretta, Yamashita. Io sono Jigo Mormont e sto cercando di capire cosa è successo oggi. Abbiamo un cadavere e te che hai perso gli occhi. Perché avrebbero dovuto privarti degli occhi? Chi è che vi ha attaccati?

    Aspettò una risposta per poi continuare.

    Com'è morta la Chunin Kaguya Houraisan?

    Il biondo si avvicinò al lettino, prendendo un blocchetto e una penna dal suo giubbotto. L'altro restò davanti la porta, in silenzio.
    Scusate il post frettoloso, ma la fretta, gli impegni e la situazione in generale non mi permettono di fare di meglio.
    Stompo come avrai capito ti darò dei giorni di convalescenza in OFF in cui non potrai usare gli occhi e dovrai tenerli chiusi con la benda.
     
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    Colui che è e si spera sarà

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    Nell'inferno in cui mi trovavo un minuto sembrava durare un'ora e un'ora sembrava durare un'eternità, un tempo indefinito pieno di dolore e di sofferenza, in cui la mente ed i restanti sensi cercavano di sopperire alla mancanza della vista, ma loro, come in fondo anche io, non erano abituati a tutto quel lavoro, a tutto quello stress esterno, cercavano di fare il possibile, ma quello che mi arrivava erano suoni distorti, odori indistinguibili, le mani cercavano di esplorare i dintorni ma non mi permettevano di distinguere cosa toccassi di volta in volta. Ero terrorizzato, mi sentivo come in un incubo eterno da cui era impossibile uscire, una prigione che non aveva sbarre, che aveva decine di odori diversi ed una miriade di suoni, ero circondato da stimoli esterni eppure non mi ero mai sentito più solo. Fu la voce di quell'uomo la prima che avvertii distintamente, aveva un tono basso e profondo, ma era anche allarmato, quello che aveva visto lo aveva spaventato, come dargli torto, sentivo il sangue caldo colarmi dalle orbite vuote, non c'era un punto del viso che non ne era cosparso, lo avvertivo sulla mia pelle quasi come una maschera di vivo dolore, erano solo lui e la sofferenza a farmi capire che ero ancora in vita, altrimenti avrei certamente pensato di essere all'inferno. L a preoccupazione nella voce dell'uomo non mi aiutò a calmarmi, ma quello che aggiunse prima mi diede un'idea di chi potesse essere:

    "Sta tranquillo, ti farò tornare come prima. La tua salute ha la priorità."

    Un dottore, ed uno anche bravo per non essersi scandalizzato più di tanto, cercava volutamente parlare ostentando sicurezza, doveva averne passate e viste tante, anche se difficilmente molti medici avevano visto un ragazzo nel mio stato. Ma la voce piano piano riuscii nel suo intento, mi sentii più tranquillo, grazie soprattutto alla stanza decisamente più silenziosa dell'esterno, qui potevo pensare, potevo tornare a respirare, potevo cercare di gestire meglio quell'onnipresente dolore che continuava a non darmi pace:

    "Prendi quel portatile e vedi i valori di Yamashita Kazuma. Il database degli shinobi è nella cartella a destra in alto nello schermo."

    Non stava parlando con me, me ne resi conto perché per pochi istanti la sua voce parve più lontana, probabilmente si era girato verso di lui mentre diceva quella frase, era incredibile quanti dettagli potesse darmi un attento ascolto...abituato solo a vedere non gli avevo mai dato troppo peso, chissà forse piano piano lo stavo affinando. L'altro uomo non rispose, ma cominciai a sentire dei rumori ripetuti e ritmici, forse stava scrivendo sulla tastiera di un computer, o magari stava semplicemente controllando un fascicolo tamburellando con le dita su di un tavolo, non potevo esserne certo. Continuai a sentire quei rumori per qualche altro minuto, poi avvertii il contatto di qualcosa fatto di plastica intorno alla bocca, una specie di mascherina che cominciò a pompare qualcosa verso la mia bocca, potevo sentire lo spostamento d'aria accarezzare i peli della mia barba; fu una cosa sempre più piacevole, cominciai a sentirmi sempre più stanco, mi si sarebbero chiusi gli occhi se solo li avessi ancora avuti, in pochi attimi caddi in un profondo sonno senza sogni che si portò via con sé il dolore e la sofferenza, la luce ormai se n'era da tempo già andata. Mi ero sempre chiesto come facessero le persone cieche a sognare, a vedere immagini, in fondo non avendo mai avuto modo di visualizzare la realtà, come facevano ad immaginarla? Probabilmente loro sognavano degli odori particolari, dei suoni soavi rimasti nella mente, alla fine però in fondo erano fortunati, non avrebbero mai scoperto che c'era un modo fantastico pieno di colori e di luci lì fuori, ma per me la storia era diversa...io avevo sapevo, avevo visto la tavolozza dei colori dell'arcobaleno dipingere il cielo al tramonto, avevo visto le foreste cambiare colore in pochi giorni, avevo visto l'immensità del mare, la solitudine delle alte montagne, il caos di un villaggio in festa, tutte cose che non avrei mai più potuto apprezzare, sarei vissuto nei ricordi di quello che i miei ormai andati avevano scorto, vivendo nel rimpianto del passato. Questo fu quello che il mio cervello solitario e solo perso nell'oscurità del sonno pensò, un monito triste per un futuro quanto mai incerto. Ma forse per la prima volta nella mia vita, scoprii di essere stato troppo pessimista: il mio risveglio fu leggermente brusco, la testa mi girava ma con mio profondo stupore, il dolore agli occhi era quasi del tutto sparito e...qualcosa era riapparso, mi resi subito conto di vedere qualcosa, certo erano solo lampi e qualche luce, ma anche con le palpebre abbassate potevo notare delle differenti zone di buio, in qualche modo mi avevano rimesso gli occhi che erano ora coperti da una benda. Piansi, la mia prima reazione fu di felicità e stupore, sentivo spostare i miei bulbi oculari all'interno delle loro cavità, mi sembrava quasi un miracolo, in quel momento cominciai a risentirmi di nuovo vivo, mi ero aggrappato con una forza tale alla mia vita da riuscire a resistere fino all'intervento dei medici, ora più che mai sentivo di poter andare avanti, avrei potuto avvertire il villaggio della minaccia e avrei potuto vivere ancora per farla pagare a mia madre e al suo capo. Al mio risveglio le infermiere mi spiegarono la situazione e dopo aver compreso la situazione mi sentii molto fortunato, tenendo gli occhi chiusi per qualche giorno avrei potuto recuperare completamente la vista, non riuscivo quasi a crederci, ero troppo contento per questa notizia. Ma c'era dell'altro, le due donne mi dissero anche dei Jonin volevano interrogarmi per capire cosa fosse successo e sul perché ci fossero una ragazza morta e un Genin senza occhi; fui felice della notizia, loro avrebbero potuto informare chi di dovere sulla situazione, anche se con ogni probabilità avevano dei sospetti con Mokou, cosa comprensibile essendo stata l'unica intera ad essere arrivata al villaggio, ma non lei non aveva colpe, l'avevo vista sparire e riapparire davanti a quella ragazza, ero certo che non centrasse lei, di sicuro Oceania ci aveva messo lo zampino, per qualche motivo aveva dovuto rovinare la vita anche a lei. Ma forse non era troppo tardi per rimettere a posto le cose, prima o poi lei avrebbe pagato e io avrei rimesso le mani sui miei occhi, magari ci sarebbe voluto del tempo ma non mi sarei arreso. Finito di ragguagliarmi le due infermiere uscirono e fecero entrare i Jonin, dal numero di passi pensai che fossero più di uno, ma non avrei potuto dire con esattezza quanti, la testa mi doleva ancora troppo per fare una stima più precisa. Sentii la porta chiudersi alle loro spalle, un fresco vento autunnale che mi spostava la coperta portando un piacevole refrigerio; uno dei Jonin non perse tempo in convenevoli, sentivo dal suo tono di voce che era preoccupato e non potevo biasimarlo, il nostro caso a pochi giorni dagli esami Chunin era una brutta gatta da pelare:

    "Scusaci per la fretta, Yamashita. Io sono Jigo Mormont e sto cercando di capire cosa è successo oggi. Abbiamo un cadavere e te che hai perso gli occhi. Perché avrebbero dovuto privarti degli occhi? Chi è che vi ha attaccati"

    Pensai qualche secondo alla risposta dargli, non perché volessi mentirgli, ma perché mi resi conto che mi pesava parlarne, quei fatti erano ancora vividi nella mia mente, marchiata a fuoco dalla brutalità che avevo subito e il fatto che a compierla fosse stata proprio mia madre, era davvero qualcosa che non riuscivo a metabolizzare. La mia era una storia assurda, forse nemmeno mi avrebbero creduto, anche se le prove c'erano ed erano evidenti, una ragazza morta ed un ragazzo cieco, cos'altro gli serviva per credermi? Il ninja aveva fretta, era evidente, cos' mi incalzò con un'altra domanda ben più specifica della precedente:

    "Com'è morta la Chunin Kaguya Houraisan?"

    Sentire il cognome di quella ragazza mi aprii un mondo, lo stesso cognome di Mokou, ora le ultime parole di quella ragazza avevano un senso, in un istante capii perché Oceania aveva fatto quello a Mokou, ricordava perfettamente le parole della madre:

    "Mangekyou Sharingan... O Sharingan Ipnotico. Per ottenerlo bisogna subire un grande shock o stress emotivo. Il modo più rapido è quello di veder morire qualcuno a cui teniamo o di ucciderlo noi stessi. Questa è la maledizione del nostro potere."

    Era questo il suo piano, forse lo era sempre stato, capii perché aveva preso i miei occhi ed i suoi no...Mokou doveva aver sbloccato quel particolare tipo di Sharigan uccidendo quella che probabilmente era sorella o una sua stretta parente e aveva ucciso tutti quelli che conoscevo sperando che facessi lo stesso, aveva giocato con noi come cavie da laboratorio e dato che Gekikara aveva passato il test voleva condurla dal suo capo e usufruire del suo nuovo potere... no non l'avrei permesso:

    "Siamo stati attaccati da Oceania, ex-Takikage, dopo essersi palesata ha rivelato di essere mia madre, ci ha spiegato la nostra discendenza citando nomi come Sasuke Uchiha, Sefiro Mitarashi e Tristania Uchiha, asserendo che quest'ultima era anche sua madre e conseguentemente mia nonna. Ci ha proposto in quanto Uchiha di incontrare il suo capo, un uomo imprecisato che a quanto pare agisce nell'ombra che citando le sue parole - può offrirvi una ragione migliore di quello di combattere per i villaggi ninja, che può darvi uno scopo per proteggere l'umanità da sè stessa e da altri...-"

    Parlai senza fermami, cercando di citare tutti i dettagli che mi ricordavo, ogni frase, ogni dettaglio, tutto era rimasto impresso a fuoco nella mia mente, volevo che i Jonin sapessero ogni cosa e ritenevo quegli avvenimenti di vitale importanza, da loro dipendano il mio destino, quello di Mokou e forse anche di tutto il resto del villaggio:

    "Dalle sue parole un Mukenin senza dubbio e per comandare lei...probabilmente anche molto potente. Ci ha poi descritto e mostrato il suo Sharigan Ipnotico, dicendo che si trattava dello stadio successivo del nostro potere. C'è poi stato uno scontro, un test delle nostra capacità a suo dire, non eravamo nella condizione di dire di no e abbiamo provato ad attaccarla, ma è stato in quel frangente che la ragazza e morta, l'ho visto con i miei occhi, poco prima che quella donna, mia madre, me li strappasse via con le sue mani: in qualche modo Mokou è stata spostata davanti a questa Kaguya, l'impeto e la sorpresa erano tali da non permetterle di fermarsi e ha trapassato la povera ragazza. Oceania ha poi lasciato accanto a lei una mappa leggibile solo dallo Sharigan che porta all'ubicazione del suo capo e il diario Sasuke Uchiha, non so se siano lì dove le ha lasciate oppure se le ha prese Mokou, dato l'accaduto era molto scossa, la sentivo piangere e disperarsi e in più a quel punto avevo già perso la vista, ma ho sentito Oceania dire questa cose a lei prima di sparire nel nulla..."

    Arrivato a quel punto mi fermai, avevo raccontato per filo e per segno quello che era successo e quello che avevamo scoperto, mi sentivo il cuore più leggero e sperai idavvero che mi avrebbero creduto, che avrebbero potuto indagare e scoprire qualcosa su quell'uomo misterioso e su mia madre. Ma poi mi venne in mente qualcos'altro, mi resi conto che dovevo ancora aggiungere qualcosa, un dettaglio fondamentale che mi sentivo in dovere di dire:

    "Mokou...lei è innocente, è stata tutta colpa di Oceania, se non fosse stato per lei io sarei morto sanguinando ai piedi del tempio Uchiha, le devo la vita."
     
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    Tirò su forte con naso. Lo sguardo perso ai suoi piedi, tra di essi le lacrime che sembravano invisibili, lì a terra. Aveva smesso di singhiozzare ma spesso sussultava, incapace di sciogliere quel nodo alla gola. Gli occhi le bruciavano e si erano gonfiati più di quanto avessero mai fatti. Il suo aspetto era orribile ma al confronto con il suo io interiore era regale. Dentro di se, si sentiva come morta. Per questo non mentì, fu impossibile per lei, anche se avesse voluto. E i due shinobi sembrarono percepire quelle stesse emozioni. Per una volta tanto, era innocente per davvero. Mokou non prestava neanche attenzione ai due, le importava poco e nulla di ciò che pensavano. Ma quando il biondo parlò, alzò debolmente lo sguardo verso di lui e l'altro.

    Komon, andiamo a parlare anche con l'altro ragazzo. Vieni con noi Mokou, d'ora in poi sei pregata di restare in silenzio finché non ti verrà chiesto di fare diversamente.

    Non rispose neanche. Al muoversi della coppia, si alzò mestamente, seguendoli meccanicamente. I passi erano lenti e incerti, lo sguardo basso. Sentiva il prorpio corpo pesante, il senso dell'quilibrio non la aiutava affatto. Non prestò la minima attenzione alle stanze che oltrepassavano e alle persone che incontravano, ignorava totalmente le occhiate spaventate che lasciavano al suo passaggio, inzuppata di sangue e sporca com'era. Il cammino si arrestò all'arrivo in una stanza adebita al riposo dei pazienti. L'operazione era già finita? Per quante ore Mokou era rimasta su quella sedia, in attesa? Abbastanza da farle ritrovare Yamashita in quella situazione. Vestito di bianco, adagiato in un letto e con delle bende candide attorno agli occhi. Quella vista improvvisa fece rabbrividire la ragazza che, a disagio, distolse lo sguardo. Entrambi avevano perso qualcosa di importante. E, per quanto riguardava Mokou, per lei Yamashita non era più una minaccia.. il suo Sharingan era chissà dove. Non era più un Uchiha, a suo parere. Tuttavia, non poté fare a meno, anche per il suo mood attuale, di provare una sorta di pena per lui.

    Scusaci per la fretta, Yamashita. Io sono Jigo Mormont e sto cercando di capire cosa è successo oggi. Abbiamo un cadavere e te che hai perso gli occhi. Perché avrebbero dovuto privarti degli occhi? Chi è che vi ha attaccati?

    Mokou abbassò lo sguardo ancor di più, stringendosi nelle spalle. Improvvisamente un barlume di coscienza cominciò a farle capire qual'era la situazione in cui si erano cacciati. Perché delle conseguenze nessuno si era preoccupato sino a quel momento.

    Com'è morta la Chunin Kaguya Houraisan?

    - ... -

    Percepì allora qualcosa che non andava. Era oltre la morte di Kaguya.. era ciò che ne seguiva. Lanciò un'occhiata a Yamashita, ricordandosi solo al contatto visivo di quelle bende bianche, che non poteva ricambiare. Era cieco.

    Siamo stati attaccati da Oceania, ex-Takikage, dopo essersi palesata ha rivelato di essere mia madre, ci ha spiegato la nostra discendenza citando nomi come Sasuke Uchiha, Sefiro Mitarashi e Tristania Uchiha, asserendo che quest'ultima era anche sua madre e conseguentemente mia nonna. Ci ha proposto in quanto Uchiha di incontrare il suo capo, un uomo imprecisato che a quanto pare agisce nell'ombra che citando le sue parole - può offrirvi una ragione migliore di quello di combattere per i villaggi ninja, che può darvi uno scopo per proteggere l'umanità da sè stessa e da altri...-

    Aveva.. vuotato il sacco. La ragazza si strinse nuovamente nelle spalle, riprendendo per un attimo la solita espressione ostile. Sapere che adesso anche l'Hokage avrebbe potuto scoprire della faccenda.. non la faceva sentire meglio in alcun modo. Improvvisamente le parole di Oceania le tornarono in mente, sopratutto quella citazione. Una ragione migliore di combattere per il proprio villaggio..
    Restò comunque in silenzio, ascoltando molto attentamente le parole del ragazzo.

    Dalle sue parole un Mukenin senza dubbio e per comandare lei...probabilmente anche molto potente. Ci ha poi descritto e mostrato il suo Sharigan Ipnotico, dicendo che si trattava dello stadio successivo del nostro potere. C'è poi stato uno scontro, un test delle nostra capacità a suo dire, non eravamo nella condizione di dire di no e abbiamo provato ad attaccarla, ma è stato in quel frangente che la ragazza e morta, l'ho visto con i miei occhi, poco prima che quella donna, mia madre, me li strappasse via con le sue mani: in qualche modo Mokou è stata spostata davanti a questa Kaguya, l'impeto e la sorpresa erano tali da non permetterle di fermarsi e ha trapassato la povera ragazza. Oceania ha poi lasciato accanto a lei una mappa leggibile solo dallo Sharigan che porta all'ubicazione del suo capo e il diario Sasuke Uchiha, non so se siano lì dove le ha lasciate oppure se le ha prese Mokou, dato l'accaduto era molto scossa, la sentivo piangere e disperarsi e in più a quel punto avevo già perso la vista, ma ho sentito Oceania dire questa cose a lei prima di sparire nel nulla...

    Un brivido freddo percorse la schiena della ragazza. L'Hokage avrebbe scoperto tutto. Tutto ciò avrebbe portato a qualcosa di più grande. Qualcosa a cui Mokou non voleva prendere parte. Fu per un attimo sul punto di tremare perché c'era un particolare che aveva tenuto nascosto a tutti. Anche a Yamashita, dato che non aveva potuto vederla. La mappa e il libriccino vecchio e consunto.. erano nascosti tra le pieghe dei suoi vestiti. Sarebbero stati un bottino su cui mettere le mani ma.. non voleva che lo avessero.

    - .. sono lì.. n-non ho voluto.. -

    Ringraziando il cielo la voce le tremava ancora. Lo stesso sguardo amareggiato e distrutto le incorniciava il volto. In quel modo fu molto più facile mentire.

    Mokou...lei è innocente, è stata tutta colpa di Oceania, se non fosse stato per lei io sarei morto sanguinando ai piedi del tempio Uchiha, le devo la vita.

    Abbassò nuovamente lo sguardo, in silenzio. Aveva provato ad uccidere ben due volte il ragazzo e ciò era costato la vita di Kaguya. Non avrebbe mai pensato che avrebbe salvato la vita a Yamashita. Purtroppo per lui, non era mai stata sua intenzione. Ma in quel momento, nonostante tutto, stava giocando dalla sua parte. Quelle rivelazioni erano importanti e le avrebbero permesso di guadagnarsi la propria innocenza.
    Ma, in quel momento, qualcosa le fu chiaro. Ogni legame con il villaggio.. era scomparso.
     
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    La sera vado a letto con due bicchieri sul comodino. Uno pieno d'acqua e uno vuoto, nel caso abbia sete oppure no.

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    Qualcosa si muoveva in agguato nei meandri dell'oscurità, un male che presto sarebbe emerso per divorare ogni cosa.
    Il Jonin non poté fare a meno di mostrare il proprio stupore alle parole del Genin. Gli occhi gli uscirono quasi dalle orbite, lasciandolo impalato e sovra pensiero per qualche secondo. Oceania era abbastanza conosciuta dai veterani di ogni villaggio, governava Taki ai tempi d'oro di ogni Jonin che si rispettasse. Un nome che era scomparso tutto all'improvviso, per fare la comparsa come un fulmine a ciel sereno proprio in quell'istante. Jingo e Komon avevano appena appreso che i due ragazzi erano due Uchiha e uno di loro figlio dell'ex Takage, figlia a sua volta della famigerata Tristania. Una discendenza tanto strana quanto.. incredula.


    Quindi ciò che in realtà ti hanno rubato, è lo sharingan..

    Il biondo sbuffò, amareggiato e pensieroso. Cosa stava succedendo? Poteva davvero credere a tutto ciò che aveva detto quel giovane? Enigmi e dubbi cominciarono ad affliggergli la mente come una moltitudine di aghi nel cervello. Gli cominciò a comparire un leggero mal di testa tanto che si passò la mano in fronte. Era stato inviato dall'Hokage stesso a svolgere quel compito, doveva riuscire a capire tutta la faccenda e fare rapporto. E se quel ragazzo stesse mentendo? Come poteva saperlo?

    Dunque..

    Il Jonin si portò la mano al mento, grattandosi la barba e cercando di distogliere l'attenzione dal mal di testa che pian piano si intensificava. Doveva prendere una decisione in fretta.

    Aprite bene le orecchie perché non mi ripeterò un'altra volta. Da questo momento in poi sarete confinati dentro il villaggio, non potrete uscire per nessun motivo, specialmente tu, Mokou Houraisan. Inoltre sarete costantemente sotto sorveglianza, per la vostra incolumità ovviamente, non sappiamo se attaccheranno di nuovo.

    Voleva fargli credere di farlo per loro, ma in realtà non era così. Jingo non era uno stupido, se non avevano preso anche gli occhi della ragazza c'era un motivo, e quel motivo lo preoccupava. Aveva bisogno di sapere di più, il Kage avrebbe voluto sapere di più. Doveva tenerli il più vicino possibile almeno fino a quando non avrebbe avuto modo di interrogarli diversamente.

    Yamashita nel caso tu volessi ancora partecipare agli esami Chunin che si svolgeranno a Kiri, avrai una scorta personale. Komon e altri due shinobi di Konoha verranno con te e saranno la tua ombra. Comunque tra non molto ci sarà un udienza in cui presidierà l'Hokage. Dovremmo far luce sulla faccenda e voi dovrete esserci in quanto unici testimoni dell'accaduto.

    Sapeva degli esami, e sapeva anche che quel tizio di nome Kazuma volesse parteciparvi in quanto egli stesso si era offerto di guidare tutti i Genin di Konoha. Ma le cose erano appena cambiate. Con ciò che aveva appena scoperto non poteva lasciare il villaggio, avrebbe pedinato e seguito la ragazza personalmente, almeno fino all'udienza.

    È tutto per oggi, siete congedati.

    Insieme al collega uscì dalla stanza e successivamente dall'ospedale. Avrebbe corso come un fulmine tra i tetti del villaggio per arrivare il più velocemente possibile al palazzo del Kage. Doveva fare rapporto, doveva far sapere al capo villaggio quanto appreso in quelle ore. La cosa che più preoccupava quell'uomo era l'impressionante quantità di uchiha che pian piano venivano fuori. Quegli occhi maledetti avevano portato fin troppe agonie in quel villaggio tanto vecchio quanto stanco della monotonia del proprio male.
    Finish! Stompo i tuoi occhi dovranno rimanere chiusi per 5 giorni OFF GDR a partire da adesso.
    Dopodiché, potrai riaprirli e avere nuovamente la vista.
    Per il resto vi ho già spiegato nel post, penso. Kerbe prende 46 exp e stompo 32. Datemi l'expina a me e chiudo :sisi:
     
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    Colui che è e si spera sarà

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    Per me puoi prendere 44 exp, grazie ad entrambi per l'evento e la velocità :)
     
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