Cure e rancore

x Kuma

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    Correvo senza sosta, per il deserto.
    Correvo, lasciandomi tanti oggetti indietro.
    Cosa stava accadendo e dov'ero? La mente, era totalmente svuotata, e nessun ricordo emergeva in quell'istante ti confusa magia.
    Magico, sì, nessuna parola poteva esprimere meglio quella sensazione.
    Correvo, perdendomi tanti oggetti: un orologio, la giara, gli occhiali da sole e molti altri utilizzati nella vita di tutti i giorni. Ma chissà, forse la mente stava abbandonando il mio corpo. Non mi fermavo a raccoglierli, correvo, correvo senza sosta.
    La sabbia, poi, era delle più magnifiche: soffice e morbida. Senza sassolini fra di essa, nulla che potesse disturbare la mia corsa. Inoltre, non vi era neanche la più minima vegetazione attorno, solo Sabbia.
    Improvvisamente, poi, lo scenario iniziò a cambiare. Mi arrestai mentre a pochi metri si apriva una grossa voragine nel terreno. Sporsi leggermente il capo, temendo di finirci dentro, ma immediatamente lo ritrassi. Qualcosa, qualcosa di vivo, stava emergendo dalla voragine stessa. Due enormi zampe allungate fecero capolino dal buco e poi, con mio stupore, una creatura abominevole vi emerse.
    La osservai, con espressione incredula, chiedendomi cosa volesse da me. Già l'avevo incontrata nel Deserto di Suna e, durante quell'occasione, mi aveva tratto in salvo da due cannibali. Si era dimostrata benigna con me, malgrado l'inquietante aspetto.
    Ergeva minacciosa, la creatura, osservandomi con occhi famelici. Poi, come se fosse la cosa più semplice e scontata del mondo, mi parlò.

    Sono qui per riscuotere il tuo debito.

    Immediatamente impallidii di fronte a tale dichiarazione.
    Il mio debito? L'avermi salvato la vita? Incredulo, arretrai lentamente, cadendo per la paura. Mi guardai indietro, sperando tra gli oggetti caduti di trovare qualcosa di utile per difendermi, ma alle mie spalle vi era soltanto oscurità. Dunque tornai ad osservare la creatura che non aveva ancora mosso un muscolo. Dopodiché, all'improvviso, si inginocchiò.




    ANF... ANF... ANF...

    Con respiro affannoso mi risvegliai da quel che, probabilmente, era un sogno piuttosto strano ed inusuale.
    Mi guardai subito attorno, accorgendomi di trovarmi in una stanza di ospedale.

    Quei due... Devono avermi portato all'ospedale del villaggio.

    Sentenziai.
    Poi, come a ricordarmi il motivo per cui ero lì, la ferita sulla mia spalla richiamò tutta la mia attenzione. Quei due shinobi mi avevano conciato proprio male. Ma da una parte, seppur ferito nell'orgoglio e nello spirito, ero soddisfatto. Quanti ninja potevano fregiarsi della capacità di tenere testa a due coetanei dopo pochi mesi di lotte o missioni? Infondo, pur non avendo trionfato, non era stata un'esperienza inutile, anzi. Constatai che, mentre con Nie Li avevo dato sfogo a tutte le mie risorse, con quei due non mi ero impegnato a dovere. Ma ero certo di una cosa: li avrei riaffrontati il prima possibile.
    Dolorante, quasi privo di forze per rimanere sveglio, decisi di chiudere gli occhi per non affaticarli. Non temevo il sonno, avevo dormito a sufficienza.
    Con le mani, quindi, mi aiutai per capire almeno quanto fosse grande il letto, cosa avessi intorno.
    Subito iniziai a tastare il cuscino, adagiandoci la testa sopra per testarne la gradevole morbidezza. Scorsi, poi, più in basso verso il materasso ed il lenzuolo, spingendo con delicatezza con la mano. Anch'esso era molto morbido ed il lenzuolo estremamente piacevole da tenere addosso.
    Anche se, ci sarebbe da aggiungere, che nelle condizioni in cui mi trovavo anche una brandina mi sarebbe sembrata un bel posto dove riposare.
    In realtà la stanza in sé, come potei constatare in seguito, era una stanzetta normale, semplice e classica nel suo genere. Come immaginereste una stanza d'ospedale? Non sarò di certo io a bloccare la vostra immaginazione.
    Attesi, finché sentii dei passi avvicinarsi alla porta. Immediatamente aprii gli occhi, ruotando leggermente il collo.

    Che stia per arrivare un medico?

    Beh, l'avrei scoperto di lì a pochi istanti...
     
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    Odore di caffè, quel nettare che scorre in abbondanza nelle persone più occupate del pianeta. I dottori, o medici che dir si voglia. Stiamo parlando di quegli uomini e donne nascosti dietro ad un camice e mascherina che si fanno palesemente in quattro per qualsivoglia emergenza o altro in tutti gli ospedali. Beh, sta volta ci troviamo a Suna: capitale del Paese del Vento.

    Stanza 401, ok arrivo arrivo!

    Una voce squillante, una ragazzina che continua a camminare lungo un anonimo corridoio della struttura ospedaliera. I capelli, indomabili ricci, sono racchiusi in una cosa che sembra sul punto di esplodere. Numerose ciocche ricadono sul viso annaffiata da lentiggini che la rendono un po’ più infantile di quel che sembra. Si lascia trasportare dai mille impegni giornalieri mentre rimane avvolta nel suo camice decisamente troppo grande per una ragazzina come lei! Ragazzina? Beh, si è detto bene visto che stiamo parlando di una giovanissima specializzanda del reparto. A detta di molto un prodigio che, a quanto pare, si è rivelata un’instancabile tutto fare. Tutto il giorno di qua e di là con il respiro sempre in gola e un sorriso stampato sul viso che non gli si spiccica nemmeno a prenderla a schiaffi. Indaffarata attraversa l’intera struttura prima di tornare una seconda volta sulla porta che poco prima ha solo guardato con la coda dell’occhio: la 401. E’ qui che si trova il povero ragazzino che è stato “vittima” di un allenamento finito male nel deserto, roba da prassi ma sicuramente da trattare il prima possibile.

    Allora allora allora.. si stenda, si spogli e mi faccia vedere la spalla!

    Non ha nient’altro da dire mentre con un calcio apre letteralmente la porta e non alza nemmeno per qualche secondo gli occhi dalla cartella che ha sotto braccio, le pupille verdi scorrono veloci tra le righe mentre la bocca, ormai muta, sembra mimare ogni singola parola che viene scannerizzata da quel cervello così grande per stare in una testa così piccina. In ogni caso aspetta che il paziente faccia il suo corso, i suoi ordini insomma.

    Fa vedere su. Allenamento eh? Dai che in poco tempo ti rimetti.


    Sono parole cordiali ma sempre gettate fuori con una fretta disumana. Non che non ci tenga ma la poverina ha davvero molto lavoro da fare. Si lascia qualche secondo prima di staccare gli occhi dalla cartella e piazzarlo, senza altri passaggi, sulle ferite che il poverino deve mostrare. Mani che scattano quindi, ovviamente guantate, in direzione del Genin così da afferrare la zona colpita e capire meglio come agire.

    Lavaggio, sutura e garza. Ci siamo!

    L’ennesimo trillo prima di girarsi verso il muro e trafficare con un piccolo stipetto posto su di esso, da le spalle la giovane dai capelli rosso cremisi e dalle curve delineate, per quanto immature.

    Stenditi, e fai un po’ di respiri tranquilli. Finisce subito!

    Si gira con in mano tutto l’occorrente che spiattella subito sul tavolo accanto al tavolo, una tovaglia che stende sotto la spalla ed una pompetta che subito afferrata nella destra si dirige verso la ferita. Un po’ di pressione e dell’acqua sterile mista a disinfettate lava la ferita provocando un po’ di bruciore al ragazzo. E’ solo la prima delle tanti fasi, meglio farci il callo.



    Per ora ci fermiamo qui :sisi: Descrivi coerentemente come ti pare e puoi anche fare conversazione con il medico ma le risposte resteranno a me :rosa:
     
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    La porta venne aperta con un calcetto e subito venni investito da un'ondata di fretta ed ansia. Si palesò ai miei occhi una giovane non troppo più grande del sottoscritto, lentigginosa e dell'aria super-impegnata. La squadrai dall'alto in basso, cercando di memorizzarne i lineamenti caratteristici. Mi concentrai soprattutto sugli occhi ed i capelli, che sembravano essere in confusione totale. Gli occhi, come se costretti a mantenere ritmi forsennati di velocità, salivano su giù, leggendo righe e righe della cartella clinica che teneva in mano. I capelli, invece, radunati in una molletta sembravano essere lì lì per ribellarsi a quei ritmi così massacranti di lavoro e professionalità. Non mi sarei sorpreso se, da un momento all'altro, avessero scelto di lasciare la giovane, generando uno scenario tragicomico non da poco. Comunque, ciò che la rese ancora più particolare, furono le parole che utilizzò mentre entrò nella stanza.

    Allora allora allora.. si stenda, si spogli e mi faccia vedere la spalla!

    Si stenda? Ma già lo ero! Notai, guardando di sottecchi la ragazza.
    Non iniziò proprio con il piede giusto. Non aveva prestato neanche molta attenzione a chi fossi, forse troppo concentrata sul concludere al presto la visita. Quindi, per rendere il favore, iniziai a togliermi il camice, che probabilmente mi era stato messo da un infermiera, al fine di essere visitato. Rimasi coperto fino all'addome, non le serviva di certo vedermi nudo per visitarmi la spalla. Ma feci, tutte queste operazioni, con una lentezza disarmante.
    Sì, riuscivo ad essere un vero bastardo anche con chi, infondo, era lì per aiutarmi, ma in certi contesti la forma è importante quanto la sostanza. E sicuramente lei non l'aveva. Non si era neanche presentata.

    Io sono Kenta.... E lei? Dottoressa... Voglio sapere chi mi sta curando, se non le dispiace.

    Domandai, mentre si accingeva ad osservarmi la spalla.

    Fa vedere su. Allenamento eh? Dai che in poco tempo ti rimetti.

    Aggiunse, per poi avvicinarsi alla mia spalla. Aveva già inforcato i guanti e subito afferrò la zona ferita. Cominciò a tastare la ferita, regalandomi qualche sussulto. Nulla di ché, fortunatamente la mia soglia del dolore non era così bassa.

    Lavaggio, sutura e garza. Ci siamo!

    Annunciò, completando, probabilmente, la diagnosi. Beh, almeno tutta quella fretta mi avrebbe portato fuori dall'ospedale nel minor tempo possibile. Alla fine avrei potuto anche evitare di conoscerla, presupponendo delle cure adeguate. Ma, da malfidato e calcolatore, non potevo non farmi lasciare un nome ed un cognome. Nel caso poi ci fossero state, nel futuro, ulteriori problematiche alla spalla per via di cattive cure o pessima diagnosi, almeno avrei avuto qualcuno da incolpare. Magari sarei riuscito anche a farmi risarcire per ciò.
    Sì, forse stavo esagerando, probabilmente era un ottimo medico, ma la prudenza non è mai troppa, vero?

    Stenditi, e fai un po’ di respiri tranquilli. Finisce subito!

    Disse, dandomi le spalle. Stava trafficando con un comodino, quindi non potevo osservare cosa stesse facendo.

    Ma quindi "stenditi" è solo un modo per iniziare una frase? Sono già steso, diavolo!! E' così distratta od oberata di lavoro?

    Mi domandai tra me e me. Ma decisi di evitare di rallentarla. Se tutto fosse andato per il verso giusto probabilmente sarei uscito di lì entro il sopraggiungere della sera.
    Avrei potuto dire tutto di quella giornata, di come avessi perso uno scontro che avevo condotto a mio favore per il 75%, di come fossi finito all'ospedale, ma non che fu una giornata noiosa: la mattina affrontavo due genin miei coetanei ed il pomeriggio ero già pronto a ritornare in sesto! Avrebbero avuto mie notizie, quei due.
    Iniziai dunque a respirare, mentre la rossa si avvinò concentrata.

    Sembra molto più a suo agio adesso...

    Notai, mentre mise un panno sotto la spalla destra. Dopodiché, con un attrezzo molto simile ad una pompa, emise del liquido sul taglio.

    Brucia abbastanza!

    Ma rimasi con un'espressione indecifrabile e seria. Ero stato allevato nel deserto, conoscevo la fatica ed il dolore meglio di chiunque altro. Quindi attesi che l'operazione terminò, per poi sfruttare il contesto in cui mi trovavo per porre un po' di domande alla ragazza.

    Mi domandavo: cosa serve per diventare uno shinobi-medico?

    Infondo poteva essere un buono sbocco professionale, oltre ad essere una professione molto remunerativa. Ero sinceramente interessato alla conoscenza e la medicina mi sembrava un buon punto d'avvio nel lontano futuro.
     
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    Il fatto che la ragazza continua a ripetere le stesse parole può essere solo un sintomo della sua “pazzia”; in questo lavoro frenetico dove ogni secondo devi correre per acciuffare qualche vita dai capelli, la poverina non ha tempo neanche per godersi un bel caffè. Fortuna che il ragazzo sembra capire, silenzioso ed ubbidiente lascia scappare solo le domande necessarie a cui la dottoressa potrà rispondere con tranquillità mentre con mani esperte opera sulla ferita dello shinobi.

    Ecco qua, ora che è disinfettata la richiudiamo.


    E chiudendo gli occhi per un momento impercettibile un velo di chakra medico cominciò a trasudare dalle sue mani, le dita affusolate ben aperte così da rivolgere i palmi in direzione della ferita che ormai era decisamente più pulita e dall’aspetto sicuramente più rassicurante. Quella particolare natura energetica serviva a accelerare il processo di rigenerazione cellulare andando a stimolare i tessuti lacerati. Le cellule morte vengono smaltite e di nuove se ne creano sempre di più, grazie a quella particolare tecnica ninja il ragazzo poteva sentire un netto miglioramento nella zona lesa che però rimaneva leggermente intorpidita.

    Hmm.. ancora un po’ eh!

    Fa la donna mentre osserva con occhio clinico e fermo la ferita rimarginarsi, sembra guidarne la guarigione andando ad unire i due lembi di pelle che incorniciano la lesione. Nessun rivolo di sangue sporca il tutto e dopo qualche minuto si può dire che tutto è tornato alla normalità!

    Ecco fatto, ora ti metto una fasciatura e mi raccomando.. evita movimenti bruschi per almeno un giorno.


    Afferma annuendo seriamente e disattivando quel continuo scorrere d’energia, le mani tornano normali e la donna si appresta ad estrarre il materiale necessario per procedere all’ultimo passaggio. Con mani esperte ma fredde sfiora la pelle del ragazzo un paio di volte mentre, con della garza, fascia spalla ed avambraccio del nostro ninja. A lavoro finito si scosta un ciuffo riccio dalla fronte e solo allora si accorge, o rammenta, delle domande del paziente.

    Cosa serve? Stupita. Cosa intendi scusa? Non è che qui la gente diventa un medico perché è utile, tu perché sei un ninja?

    Domanda quasi offesa.

    Noi qui salviamo vite, usiamo le nostre conoscenze per gli altri.

    Taglia corto mentre sembra annotare qualcosa sulla cartella del paziente.

    Comunque sono la dottoressa Menayer.



    Ultimo post da parte tua :rosa: Scusa il ritardo ma con l'evento principale che mi permetteva di rallentare un pò ho preso una piccola pausa. Ora faccio più schifo di prima a ruolare :sasa:
     
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    La ragazza sembrava costantemente di corsa, ma comunque cercò di contenere la fretta fuori da quella stanza. Una volta giunta, dopo le "presentazioni" (dovrebbero avere molte più file di virgolette), sembrava essere molto più a suo agio ed attenta alle mie cure. Dopo aver disinfettato la ferita, infatti, perse qualche secondo a radunare il chakra. O così sembrò ai miei occhi. Poi, all'improvviso, uno strano strato di chakra si adagiò sulla ferita. O meglio, così appariva ai miei occhi. La mano non era posata sulla ferita, ma il chakra fungeva come da estensione della stessa.
    Dopo un po' di secondi di attesa, la ferita iniziò a bruciare meno. Sì, lo sentii chiaramente. Sentii la ferita cominciare a raffreddarsi, sapete no? Quando ci si procura un brutto taglio la parte del corpo danneggiata sembra quasi stia per bruciare da un momento all'altro! O sono solo io quello strano? Beh, è così che mi sentivo, finché quella donna non aveva iniziato a curarmi. Sentivo la spalla ardere dal dolore. Si lamentava, come un muto che cerca di comunicare ad un cieco. Lo faceva nell'unico modo che conoscesse: col dolore. Come fareste comunicare, voi, un muto ed un cieco? Col tatto, ovviamente. Non c'è altra soluzione. E la ferita, in quel caso, non poteva ricorrere altrimenti che a quella di soluzione. Bruciare, bruciare a più non posso. Ma poi, tutto cessò.
    Inarcai un sopracciglio, come usavo fare di tanto in tanto, osservando la zona ferita ricucirsi. Le mani della guaritrice guidavano il chakra, aiutandolo nell'ingrato compito. Poi, mentre vedevo la ferita rimpicciolirsi lentamente, infine, si richiuse.
    Non riuscivo a crederci. Sorrisi, per poi emettere un fischio carico di sorpresa ed euforia.

    Ecco fatto, ora ti metto una fasciatura e mi raccomando.. evita movimenti bruschi per almeno un giorno.

    Subito, la ragazza, mi fece tornare alla realtà, scuotendomi dai miei pensieri.

    Oh, sì, sì, certo. Non sono mica scemo!

    Aggiunsi, ridacchiando. Potevo ben dirlo. Non ero di certo un folle avventuriero che voleva perdere un braccio. Preferivo starmene buono, tranquillo, rilassato, in pace con me stesso, magari anche per un paio di giorni, fottendomene di quel che avveniva intorno. Ci tenevo troppo alla mia pellaccia io.

    Cosa serve? Cosa intendi scusa? Non è che qui la gente diventa un medico perché è utile, tu perché sei un ninja?

    Sembrò alquanto stupita, come se le avessi domandato chissà che cosa. Era persa proprio in un mondo tutto suo. Un medico perché è utile? Bah, mi sembrava proprio una risposta banale. Feci un cenno con il capo, per poi rispondere.

    Mi riferivo agli studi da compiere. Comunque, chiederò in segreteria.

    Perché ero un ninja? Non avevo un motivo vero e proprio. Hido mi aveva parlato degli shinobi e pensai, all'epoca, fosse un buon modo per svoltare. E non era forse così? Ma certamente che lo era. Lo era eccome. Forse lei, cresciuta in una famigliola amorevole ed interessata a sua figlia, promuoveva bei valori, ne riservava i più grossi elogi, verso quella scelta. Me la immaginavo, lì, a dirmi che "l'essere ninja lo si fa per amore verso gli altri.", quante cazzate. E non ero e non sono un cinico! Ma nel deserto, dove per giorni non si vede un'oasi e dell'acqua, impari che ci sono altre cose più importanti dei sentimenti. La sopravvivenza, al giorno d'oggi, è d'obbligo. E non potevo essere da meno.

    Il ninja? Beh, ero senza il becco di un quattrino e da solo... Cos'avrei potuto fare? Posso rischiare quanto voglio, anche se per razionalità non lo faccio, tanto nessuno mi aspetta a casa. Oppure vuoi aspettarmi tu d'ora in avanti?

    Ridacchiai, conoscendo già la risposta che mi sarebbe arrivata. La ragazza mi osservò per qualche istante, chissà cosa stava pensando? Non avevo mica intenzioni serie, suvvia, era solo una provocazione.
     
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    Hmm.. davvero? Che storia affascinante.

    Il suo tono rimane sempre trillante mentre gli occhi fanno un giro completo, è decisamente delusa la povera dottoressa che segna con un ultimo arco la spunta finale della cartella medica. La lascia scivolare nell’apposito supporto per poi lasciarsi qualche secondo di tempo, le mani che scorrono lungo i capelli indomabili sciogliendo la lunga coda che esplode in mille volute rosse. In quel momento le rughe scompaiono, le occhiaie schiariscono mentre la visione della donna diventa decisamente più femminile, quasi umana. Dura un attimo, il tempo di un flebile sospiro e di una strana luce che dardeggia nei occhi. Il tempo di ricomporsi e tornare quella di prima con tanto di fluente coda riformata, le mani scivolano lungo i fianchi infilando le dita affusolate nelle tasche bianche del camice.

    E’ pensare che un tempo i ninja che curavo lottavano per il villaggio, sentivo le loro storie mentre il loro sangue mi sporcava le mani. Ha visto gente che ha perso braccia, mani, gambe solo per salvare quello a cui tenevano.

    Non fa altro se non avviarsi verso la porta della sala con uno sguardo vacuo, un po’ distante. Come se quelle storia le appartenesse alla lontana, segreti celati in un cuore incatenato. La mano sibilla sulla maniglia e, tremante, aspetta qualche secondo.

    Mi domando chi sarebbe ancora vivo se tutti la pensassero come te.


    E niente, si lascia scivolare via chiudendo la porta alle spalle e affacciandosi all’ennesima giornata lavorativa. Per il nostro Kenta non c’è molto da dire, un paio di giorni per riprendersi e poteva tornare tranquillamente alle faccende a cui era dedito. Villaggio compreso? Chissà.



    Prendi 28, io prendo il minimo! Và in pace :rosa:
     
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