La parabola della solitudine

Parte 2

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. Dozer
        Like  
     
    .

    User deleted


    Leggere prima la parte 1


    Rei spostò una mano debole e tremante verso il proprio petto, la infilò sotto la maglietta e tirò fuori le medagliette che aveva appeso al collo. Lesse i dati su di esse riportati, come aveva fatto centinaia di volte. Nome, cognome, data di nascita, villaggio, grado e gruppo sanguigno appartenenti ad un Ninja che non aveva mai incontrato, un Ninja che era morto, proprio come sarebbe morto lui. Ma a differenza di Rei, quel Ninja era morto sul campo di battaglia, nell'adempimento del suo ruolo. Era morto per un motivo, quell'uomo aveva avuto uno scopo. Rei, invece, no. °Se solo le cose fossero andate diversamente...° Pensò, mentre le medagliette gli scivolavano dalle dita. Si trattava forse dell'ultimo pensiero, perchè gli occhi gli si stavano chiudendo e non trovava motivo valido che fosse uno per resistere alla tentazione di andare a dormire, per sempre. Poi sentì di nuovo rumore di piedi nudi che camminavano sul gelido pavimento. Era più lieve e soffice. Questa volta infatti gli si parò difronte un bambino dal corpicino fragile. -Prendi la mia, io non la bevo tutta.- Era una bambina, la voce era quella di una bambina. -No... No..- Rei tentò di rifiutarsi con i residui delle forze che gli rimanevano. Non voleva sottrarre acqua a nessuno, capiva quanto fosse preziosa. -Avanti, dai.- Insistette lei, e gli poggiò una tazza di metallo alle labbra. Il primo sorso lo fece quasi vomitare. Il successivo lo pervase con la sensazione più piacevole che avesse mai provato. I successivi quattro lì mandò giù con frenesia, ma al quinto, per quanto piccoli fossero stati, l'acqua era già finita. -Grazie...- Mormorò Rei con infinita gratitudine. La bambina gli si sedette difronte, a gambe incrociate, e lo fece distendere premurandosi che ogni movimento fosse compiuto con estrema delicatezza. Dall'altra parte della cella giunse una protesta scontrosa: -Potevi darla a me, puttanella!- La bambina non parve sentire, o forse non volle farlo. Si limitò a dire: -Ora riposa... Rei.- A quel punto cadde in un sonno profondo e sognò sua madre, quella di un tempo.

    Ci fu un brevissimo intervallo di tempo appena dopo che Rei si fu risvegliato, in cui fu convinto di essere appena sfuggito ad un terribile incubo. Provò sollievo solo per un'istante prima che i suoi occhi mettessero a fuoco l'ambiente concreto in cui si trovava. Ciò bastò ed avanzò a ricordargli che tutta quella situazione era realtà. Lo sconforto lo invase nuovamente, scacciando ogni sentimento positivo. Si accorse subito però che qualcosa era cambiato. Sentiva di aver riacquistato una certa forza, non provava più quella sensazione che ogni battito del suo cuore sarebbe potuto essere l'ultimo. La testa gli pulsava ancora dolorosamente e la faccia era una maschera di bruciori, ma non tanto quanto prima. Provò ad alzarsi nonostante il suo corpo si ribellasse, e scoprì di esserne capace. Strisciando la spalla contro il muro di roccia, si mise in piedi su gambe incerte. Sentì che poteva camminare. °Che stupido sono stato!° Gridò la sua voce interiore. Si chiese come avesse potuto pensare che sarebbe morto, che tanto valeva lasciarsi andare. Aveva rischiato di abbandonare tutto soltanto perchè non aveva il coraggio di combattere fino alla fine. Digrignò i denti nonostante le fitte lancinanti che gli aggredirono i muscoli della mascella, e si ripromise che non si sarebbe mai più lasciato andare in simili pensieri. Se era vivo, lo doveva solo a quella bambina. °Dov'è?° Si chiese subito, guardandosi intorno.
     
    .
  2. Dozer
        Like  
     
    .

    User deleted


    Solo in quel momento si rese conto di quanti prigionieri fossero rinchiusi là assieme a lui. Oltre al bambino nel cumulo di coperte, la bambina che lo aveva aiutato ed il cosiddetto Hit, contò rapidamente altri quattro individui, tutti giovani come lui se non di più. In quel momento la bambina spostò lo sguardo su di lui ed immediatamente si alzò andandogli incontro. -Rei, stai giù, ti devi riposare!- Rei alzò una mano. -Sto già meglio, grazie...- -Tieni, ho conservato la tua razione.- Disse lei con un sorriso, porgendogli una tazza metallica colma d'acqua ed un tocco di pane secco e duro. Subito dopo lanciò uno sguardo di traverso a Hit, che però non se ne accorse. Rei intuì. -Ti ringrazio... non so come... come ti chiami?- Domandò, ma senza attendere la risposta si portò la tazza alla bocca e mandò giù tutta l'acqua in un'istante, per poi addentare famelico il pane. Lei sorrise proprio come farebbe qualsiasi bambino felice, e rispose: -Non me lo ricordo più!- Lui la fissò per qualche istante, senza capire cosa ciò significasse. Ma decise che non era il momento di indagare. Fece correre nuovamente lo sguardo sui suoi compagni di cella, e si rese conto di come ognuno se ne stesse per conto suo, nel proprio angolo, come fosse intimorito da ciò che lo circondava e dagli altri. Tutti tranne lei, che l'aveva aiutato probabilmente salvandogli la vita, e continuava a farlo. -Perchè lo fai? Perchè mi stai aiutando?- Domandò. Lei si limitò a mostrargli ancora una volta quel sorriso radioso, come fanno i bambini un po' in imbarazzo. Questa volta Rei cercò di ricambiare, e le diede una carezza, causando nella bimba una fuga saltellante verso il suo angolo. Si infilò l'ultimo boccone di pane in bocca e decise che aveva languito fin troppo. Con passo incerto e barcollante, cominciò ad attraversare la cella dirigendosi verso le sbarre. Sentì lo sguardo di Hit che dal suo angolo in ombra lo fissava. Raggiunse le sbarre e le afferrò. Provò a scuoterle, ma senza molte speranze, infatti erano solidamente incastonate nella roccia. -Cosa credi di fare?- Abbaiò Hit, alzandosi e camminando verso di lui. -Non c'è modo di uscire, sei destinato a morire qui... Rei.- Lo ignorò e cominciò a percorrere le sbarre per il lungo, osservando attentamente ogni loro particolare. Sapeva che le probabilità di trovare un punto debole erano inesistenti, ma voleva togliersi il dubbio. Intanto Hit gli stava dietro, ridacchiando come se stesse assistendo allo spettacolo di un clown. Infine Rei afferrò le spalle e gridò: -AAAAAAAAH!- -Ma che cazzo fai? Chiudi quella bocca del cazzo!- Gli intimò con rabbia Hit. Ma Rei era deciso a sapere per quale motivo si trovava lì, chi lo teneva imprigionato e dove si trovasse. -C'È QUALCUNO? HEI! HEEEEEEI!.- Tutti lo stavano fissando con occhi dilatati dalla paura, tranne Hit che gli mostrò una smorfia cagnesca e gli si gettò addosso, spingendolo violentemente contro le sbarre e facendolo cadere a terra. Stava per attaccare di nuovo, ma poi qualcuno comparve dall'altra parte delle sbarre, e Hit batté rapidamente in ritirata.
     
    .
  3. Dozer
        Like  
     
    .

    User deleted


    Erano due adulti, uno poteva anche definirsi anziano. Aveva una barba ispida sale e pepe, che spuntava a ciuffi tra le rughe del suol volto. Occhi incavati ed iniettati di sangue e denti giallognoli in una bocca distorta in un ringhio di rabbia. L'altro era pelato, pallido come un cadavere, con le orecchie a sventola ed un aspetto sinistro. Rei si alzò a fatica. Anche se l'impatto contro le sbarre sarebbe stato appena sufficiente a farli venire un bernoccolo trai lividi che già gli ricoprivano il volto, gli aveva comunque causato violenti capogiri per via del corpo ancora indebolito dai traumi precedenti. Si guardò dietro scoprendo di essere rimasto solo. Tutti i suoi compagni di cella si erano rintanati nell'ombra contro la parete più lontana della prigione. Avevano paura, anzi, erano terrorizzati dai carcerieri. Rei sentìil forte impulso di imitarli, ma si costrinse a rimanere ed affrontarli. Non poteva accettare di rimanere in gabbia senza nemmeno sapere il perché. Fu il vecchio a sbraitare per primo, mentre l'altro si era piazzato alle sue spalle, fissando Rei con uno sguardo talmente privo di qualsiasi emozione che gli gelò il sangue nelle vene. - Non devi gridare, orfano. Hai capito, orfano? - Rei non rispose. Non aveva il coraggio di sfidarlo, si sentiva troppo debole in quel momento. Ma non voleva nemmeno scappare come gli altri. - Ora entro e te ne do ancora, finché non muori, orfano. Ti piace l'idea, orfano? - Continuava a chiamarlo orfano, come se stesse parlando ad una particolare specie di bestiame. In Rei montò una rabbia che a stento riuscì a controllare. - Come vuoi, ora entro e ti gonfio, orfano! - Estrasse un mazzo di chiavi e si avvicinò alla porta, mentre Rei indietreggiava cominciando a realizzare che difficilmente sarebbe sopravvissuto ad una scarica di botte. Ma prima che la porta fosse aperta, l'uomo pelato pose una mano sulla spalla dell'altro e con una voce roca ed acuta da far impallidire uno spettro, disse: - Fermo. Deve guarire prima che vengano a ritirarlo - Il vecchio scacciò la mano sulla sua spalla e si girò verso il suo compare abbaiandogli contro: - Ha bisogno di una lezione! E' troppo indisciplinato, ce lo rispediranno indietro se si ribella. Dobbiamo prendere solo i cuccioli, io te lo dico sempre. Questo è troppo cresciuto, come quell'altro. Anzi, ora lo sopprimo e lo scarico nella fossa, così risolvo il problema. Lascia fare a me! - Rei non capì. Comprendeva l'enorme pericolo che stava correndo, ma non riusciva a comprendere di chi stessero parlando. - No. - Fu la risposta secca di quello pelato. Il vecchio lo fissò con le labbra bagnate di saliva che tremolavano per la rabbia, ma poi cedette e lo spintonò, andandosene in una cascata di imprecazioni. Il pelato lo seguì con sguardo impassibile e quando entrambi se ne furono andati, Rei cadde a terra, sfinito ma sollevato di essere ancora vivo. Rimase disteso sul pavimento in una posizione disarticolata, con gli occhi spalancati che fissavano il soffitto. Mille domande gli frullavano in testa. Chi erano quei due? Perchè catturavano bambini? Di cosa stavano discutendo? In che diavolo di posto era finito Rei? Più ci pensava, più la testa gli doleva. Provava un misto di emozioni confuse, troppe per poterle sopportare. Era arrabbiato con chi stava facendo tutto quello ed anche con i suoi compagni di cella, così spaventati da abbandonarlo. Era triste e spaventato. E si sentiva debole, fisicamente e mentalmente, troppo stupido per riuscire a pensare a qualcosa da poter fare, qualsiasi cosa. Se ne avesse avuto le forze, avrebbe scelto il muro più vicino e l'avrebbe bombardato di pugni fino a spaccarsi le nocche da quanta frustrazione provava per tutte le domande che lo assillavano senza che riuscisse a trovare una risposta. Ma non aveva le forze per farlo e cadde nell'ennesimo sonno turbolento. Ancora non sapeva che molte risposte sarebbero giunte il giorno dopo.
     
    .
  4.     Like  
     
    .
    Avatar

    « Sanità mentale? Non ricordo di aver mai avuto un simile fastidio!. [cit.]»
    «Mi gioco anche la mia vita sul filo del rasoio.
    Se poi la vita è quella tua, farò anche d' avvoltoio!»

    Group
    Member
    Posts
    11,335
    Location
    Inferno

    Status
    Offline
     
    .
3 replies since 6/12/2015, 22:25   83 views
  Share  
.