Ricovero #1: Atshushi Nasushimo

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    Perdita di conoscenza a seguito di un allenamento
    Referto medico: Quattro colpi di lama retrattile. Uno per ogni arto ma la ferita alla gamba sinistra sembra più grave delle altre. Vestiti bagnati e sporchi di sangue.



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    Poi perse di nuovo conoscenza. Da quel momento in poi Atshushi ricordava solo sensazioni confuse. Non doveva essere solo perchè sentiva in lontananza una voce inafferrabile, un brusio lontano e indistinto. Qualcosa cominciò a fargli pressione sul petto, poi la pressione si spostò ai polsi, prima l'uno poi l'altro, infine di nuovo al petto. Ancora il fugace mormorio. Sentì una strattone al braccio destro, la ferita languì e i ricordi si interruppero.
    Adesso era in piedi e vedeva troppi piedi sulla pallida sabbia. Avanzavano di pari passo, ma due camminavano in modo irregolare, l'altro paio arrancava e a ogni mutamento del terreno perdevano l'appoggio e scivolavano. A quel punto la pressione intorno al petto aumentava e cadere gli risultava difficile, se non impossibile. Quanto avrebbe voluto gettarsi su quella fredda sabbia e dormire... dormire fino a non sentire più niente. Una nuova fitta alla gamba gli fece girare intorno il mondo e le palpebre gli si fecero pesanti.
    Adesso poteva sentire chiaramente una presenza al suo fianco, forse era il possessore di quei piedi che, incerti, calpestavano un ciottolato. Aveva le gambe molli e muoverle richiedeva uno sforzo inspiegabile e, come se non fosse sufficiente, ogni piccolo movimento gli provocava dolore. Tentò di scrutare il volto della persona che lo stava trascinando di forza, un velo di debolezza gli impediva di riconoscerne i lineamenti. Aveva il coprifronte e quindi era un ninja, ma Atshushi riusciva a malapena a distinguere la targhetta metallica, figurarsi a riconoscerne l'incisione con lo stemma del villaggio di appartenenza.
    Stavano percorrendo una salita e avanzavano a passo talmente ridotto che parve volerci un'eternità per lasciarsi alle spalle qualche metro. Ormai era troppo: quella folle camminata doveva terminare. Si lasciò completamente andare in avanti di peso. Sfortunatamente il braccio destro gli rimase impigliato a qualcosa, oppure fu qualcosa a stringerglielo, tant'è che gli arrivò un poderoso strattone e per un attimo temette che gliel'avessero staccato. Un ruggito di bruciante dolore gli pervase il petto e il cervello gli si fece pesante.
    Quando si riprese, vide un cielo bianco e luminoso. Troppo bianco e troppo luminoso perchè si trattasse di un cielo. Ricordò di aver già avuto un'impressione del genere una volta, tanto tempo prima. Era appena naufragato ed era stato tenuto in ospedale. Forse era lì che si trovava.


     
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    La sera vado a letto con due bicchieri sul comodino. Uno pieno d'acqua e uno vuoto, nel caso abbia sete oppure no.

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    L'ospedale di Kiri continuava la sua solita e monotona vita. Diversi infermieri percorrevano i vari corridoi dei reparti, assistendo pazienti e curando i malati. Ultimamente non c'era molto da fare, ed era meglio così. Diversamente da qualche mese addietro in cui l'istituzione medica dell'acqua era piena di reduci di guerra. Uomini con arti mozzati, membra squarciate, carni dilaniate. Era stata una vera e proprio carneficina lo scontro ad Ame contro i Biju, ma per fortuna era terminato in una sola notte. I medici erano contenti e vispi quando i pazienti erano pochi ma non tanto perché avevano più tempo per rilassarsi, ma perché significava che la gente a Kiri stava bene e non aveva bisogno di cure. E questo era certamente un bene per il villaggio della nebbia. Ad ogni modo però non era raro vedere qualche shinobi ridotto in condizioni pietose, seppur accadeva solo una o massimo due volte a settimana. La cosa mandava in bestia i dottori, soprattutto se si trattava di qualche giovane Genin che esagerava troppo nei combattimenti amichevoli. Erano tanti i piccoli presuntuosi che si sentivano già sennin appena usciti dall'accademia, e gli alti piani avrebbero dovuto far ridurre loro la cresta per evitare queste spiacevoli sorprese. Ma purtroppo si sa, ogni sistema di governo ha le sue falle. Non si può avere tutto, o tutto giusto.
    Quel giorno era il turno di Atshushi Nasushimo, un Genin fresco d'accademia. Era rimasto gravemente ferito in un allenamento che per lui si trasformò in un'incubo. La lama retrattile del suo avversario aveva penetrato profondamente le sue carni, provocando una vistosa fuoriuscita di sangue. Sarebbe andato in emorragia se i Jonin che lo aiutarono vicino le spiagge non avessero rallentato la fuoriuscita di sangue con un pezzo di maglietta legato nei vari punti critici. Entrambi, insieme all'avversario che l'aveva menato, lo portarono all'ospedale del villaggio e i medici lo misero subito su una barella.

    - Portatelo da Mizuki. -

    Esclamò un'infermiera.
    Così trascinarono il lettino e mo di carrello per i lunghi corridoi, sotto l'intensa luce bianca che illuminava il luogo. In brevissimo tempo arrivarono nella sala adibita alle ferite da arma da taglio e un nuovo dottore, Mizuki, ne prese il comando. Il primario si trovava da solo con la tirocinante accanto, ovviamente impreparata sulla situazione. Stava cercando di diventare un Ninja medico per poter entrare in futuro nella divisione anbu come supporto, e si esercitava quindi con pazienti veri sotto le direttive di Mizuki, responsabile del suo operato.

    - Spoglialo, in fretta. -

    La bionda ragazza tentennò per un attimo, imbarazzata dalla situazione che si stava per creare.

    - Vuoi per caso farlo morire?! Sbrigati! -

    Dunque lo spogliò senza più esitare, non poteva permettersi di perdere neppure una frazione di secondo, poiché poteva essere vitale per il paziente. Una volta nudo il dottore controllò per bene le ferite, accertandosi dell'accaduto.

    - Arma da taglio, precisamente una piccola lama. Venticinque, trenta centimetro al massimo di lunghezza. Quì, quì e.. quì! Cominciamo con la terapia di cura. -

    La sua mano si illuminò di una luce verdastra, stava per cominciare a rimarginare una delle ferite...
     
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    In un barlume di lucidità appurò che si trattava di un ospedale. L'ultima immagine che aveva in testa era un ciottolato di ghiaia che gli veniva contro, poi il buio. E ora quella fastidiosa luce atona e invadente. Due figuri si stagliavano sul genin ferito e dissanguato; gli camminavano intorno, si scambiavano rapidi battute. Atshushi stava steso inerte su una barella, ormai non sentiva più nemmeno dolore, ma i vestiti umidi e freddi gli aderivano alle pelle e provava una tremenda sensazione di freddo su tutto il corpo. Mani caldi e tremanti cominciarono a tastarlo e gli sollevarono i lembi della felpa impregnata di sangue, poi li riabbassarono. Il flebile sibilo di uno strappo e sentì il ventre dilatarsi, libero dal peso opprimenti degli indumenti bagnati.
    Qualcuno lo stava spogliando, provò a muoversi, a guardarsi intorno, ma tutto risultò vano. Non riusciva a mettere a fuoco la vista e le braccia sembravano non rispondere.
    Continuarono a svestirlo e sussultava di un ignoto piacere ogni volta che quelle blandi mani lo sfioravano, condividendo calore con il suo corpo freddo.
    Gli parve di ritrovarsi completamente nudo, nessuno più lo stava toccando. Era sul punto di perdere nuovamente conoscenza che sentì un intenso formicolio alla gamba sinistra. Era la gamba che più gli aveva fatto male. Il formicolio aumentò d'intesità e gli parve di sentire la pelle intorno alla ferita tendersi e stirarsi. Gemette e strinse i pugni. E poi perse i sensi.
    Quando rinvenne ritrovò di nuovo il soffitto bianco e indefinito dell'ospedale del villaggio. Aveva l'impressione di aver dormito per tre giorni di fila e faticava a ricollegare gli ultimi avvenimenti. Aveva una miriade di immagini e sensazioni frammentate in testa che cozzavano tra di loro e non trovavano un ordine logico o cronologico.
    Era steso su un materasso bianco, sotto un lenzuolo bianco, in una stanza di bianchi muri. Tutta quella mancanza di colore gli diede la nausea e gli vennero i giramenti, ma in fin dei conti non erano tanto gravi. Ricordava di aver passato peggiori. Ricordava del dolore che gli infiammava il corpo; ricordava la testa che a tratti era o troppo pesante o troppo leggera; ricordava l'angoscia e la consapevolezza della propria inettitudine. Era a terra, tuttavia qualcosa lo rincuorava. Era stato trafitto e aveva perso del sangue. Dopo essersi messo a sedere sul letto, cercò sul proprio corpo segni di lesioni, ma non trovò nulla. Lo avevano curato, e lo avevano egregiamente.


     
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    La sera vado a letto con due bicchieri sul comodino. Uno pieno d'acqua e uno vuoto, nel caso abbia sete oppure no.

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    Il sangue del ragazzo sporcò talmente i vestiti che i medici furono costretti a buttarli. Anche il lettino su cui risiedeva per la cura era assopito dal liquido rossastro. Mizuki si preoccupò per bene nel guarire e rimarginare ogni singola ferita sul corpo del paziente, cercando altre eventuali ferite, anche se di poco conto. Era determinato nel rimetterlo in sesto del tutto. La sua intenzione era quella di permettere agli shinobi feriti di guarire al più presto, cosicché potevano mettersi al servizio del villaggio nel minor tempo possibile. Con l'imminente caduta di Konoha e di Kusa, temeva un attacco da parte dei rivoluzionari e questo avrebbe richiesto ogni singolo Shinobi del villaggio per difendere la propria nazione.
    Rimarginò le ferite gravi in pochissimo tempo, il suo palmo mistico era speciale e famoso in tutta l'infermeria di Kiri. Una volta terminate le cure nella parte inferiore del corpo chiese alla sua assistente di coprire almeno i genitali del ragazzo con un panno, per poi vestirlo completamente una volta finita la terapia. Bloccò l'emorragia e quindi la fuoriuscita del sangue, rimarginò i tessuti ed infine cicatrizzò la ferita. Un processo che doveva essere ripetuto per ogni singola ferita, a meno che non si trattasse di qualche livido. Per quelli bastava solo qualche secondo, giusto il tempo di sbloccare le fibre muscolari e il tessuto connettivo, permettendo quindi al sangue di ri-procedere il suo corso indisturbato verso i vasi sanguigni dell'organismo.
    La terapia durò più o meno una quarantina di minuti, oltre il quale il dottore ordinò alla tirocinante di ripulire tutta la stanza, cambiando le fodere del lettino e pulendo il sangue dal pavimento, mentre altre infermiere portavano il ragazzo in una sala di riposo. Lo vestirono con una tunica bianca, solitamente usata per i malati del luogo e poi gli rimboccarono le coperte, lasciando la porta della stanza aperta per poterlo controllare di tanto in tanto.
    Atshushi dormì per il resto del giorno e tutta la notte seguente. Si risvegliò l'indomani, verso mezzogiorno. Non appena prese conoscenza una delle dottoresse che se ne accorse dalla soglia della porta chiamò subito Mizuki, ed egli non tardò ad arrivare con la solita cartella clinica tra le mani.

    - E buongiorno Atshushi, come ti senti?
    Io sono Mizuki, sono stato io ad occuparmi di te ieri pomeriggio. -


    ...

    - Devo dire che eri ridotto malconcio, se tardavi ad arrivare quì di un'altra ora saresti morto dissanguato. Ma per fortuna adesso stai bene, sei sano come un pesce. Immagino che avrai una fame da lupi, puoi restare quì un'altro po' e pranzare insieme agli altri pazienti, oppure puoi tornare a casa anche adesso. Se vuoi un consiglio, torna a casa. -

    Si avvicinò al ragazzo e gli sussurrò all'orecchio.

    - Quì il cibo è pessimo. -

    ...

    - Ad ogni modo prima di andare devi mettermi una firma quì, il tuo periodo di convalescenza è appena terminato! -
     
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    Dei tagli non c'era più traccia. Tantomeno dei suoi indumenti che erano stati sostituiti da uno sterile camice bianco. Indossarlo dava sempre una strana sensazione, soprattutto se si era abituati ad indossare sempre pantaloni lunghi.
    Si era scoperto le spalle per vedere come delle ferite non fosse rimasta una sottile strisce bianca, un'esile cicatrice che sarebbe sparita nel giro di poco. La situazioni sulle gambe non era diversa. Ebbe l'impulso di massaggiare la sinistra, dove aveva ricevuto il fendente più doloroso, lo stesso che gli aveva fatto perdere i sensi e lo scontro. Anche se lo scontro l'aveva perso nel momento stesso in cui si era lasciato circondare e stringere dal filo d'acciaio. Era stato un attimo, il filo gli era sceso dalla testa a spirale e appena arrivò fino alla caviglie gli si era stretto intorno, riducendolo alla mobilità di un tronco secco. Aveva perso ancora e stavolta non era riuscito nemmeno a comporre mezzo sigillo. Era stata una disfatta totale.
    Qualcuno fece capolinea nella stanza. Indossava un camice bianco e sotto un ciuffo di capelli grigi e lisci portava un paio di occhiali a montatura sottile e rettangolare. A catturare l'attenzione del genin in convalescenza furono i folti baffi sale e pepe che incombevano dal naso alle labbra. Sorrise orgoglioso.
    - E buongiorno Atshushi, come ti senti?-
    -Sto...- si ritrovò a fissare i palmi delle sue mani e sentì vuoto dentro. -Sto davvero bene- Aveva perso, era stato umiliato, ma non sentiva alcun senso di commiserazione verso se stesso. Ciò lo fece sentire stranamente a disagio, come se stesse facendo un torto verso qualcosa o qualcuno.
    -Io sono Mizuki, sono stato io ad occuparmi di te ieri pomeriggio. -
    Cosa bisognava dire in quel caso a un dottore? Atshushi non ne aveva idea. La prima volta che era finito in ospedale era troppo piccolo e traumatizzato per parlare o per farsi problemi su cosa dire. -La ringrazio.- concluse. "Ha fatto un ottimo lavoro, le sono davvero grato" Avrebbe voluto dire.
    - Devo dire che eri ridotto malconcio, se tardavi ad arrivare quì di un'altra ora saresti morto dissanguato. Ma per fortuna adesso stai bene, sei sano come un pesce. Immagino che avrai una fame da lupi, puoi restare quì un altro po' e pranzare insieme agli altri pazienti, oppure puoi tornare a casa anche adesso. Se vuoi un consiglio, torna a casa. - Non era granchè come spiegazione, ma poteva immaginare da se cosa fosse successo dopo lo scontro. Il suo avversario lo aveva trascinato di forza fino all'ospedale, mentre Atshushi perdeva sangue, forza e vita lungo il tragitto. Per fortuna erano arrivati in tempo, altrimenti ora sarebbe morto. Pensò ironicamente al suo avvertimento prima di iniziare l'allenamento. "Evitiamo di ucciderci... Tzè!"
    Nel frattempo il dottore gli si era accostato per rivelargli un divertente segreto. - Quì il cibo è pessimo. - Effettivamente l'uomo gli aveva consigliato di tornare a casa e mangiare, ma ciò voleva dire che avrebbe dovuto preparare da se il pranzo. Decise di restare anche perchè, in fin dei conti, non è che cucinasse molto meglio della mensa dell'ospedale. Dai vaghi ricordi che aveva dopo il suo naufragio, ricordava che il cibo mangiato in clinica non era poi tanto male.
    -Credo che resterò per pranzo e poi andrò via- Doveva andarsene il prima possibile, non aveva tempo per crogiolarsi nell'ozio e nell'autocommiserazione. Aveva fatto una promessa al suo capitano ed era intenzionato a mantenerla.
    - Ad ogni modo prima di andare devi mettermi una firma quì, il tuo periodo di convalescenza è appena terminato! -
    Il dottore aveva una cartellina in mano, di quelle che contengono tutte le informazioni necessarie per curare il paziente. Atshushi diede una rapida occhiata al foglio che gli era stato proposto: c'era il suo nome, il suo grado, età, residenza e tante altre parole che si perdevano in un caos di bianco e nero. Firmò senza perdere altro tempo e salutò l'uomo che gli aveva salvato la vita.
    Poco dopo arrivò il pranzo portato da una cameriera anziana, ma sorridente. Consumò il pasto nella solitudine della sua camera: gli altri letti erano vuoti. Pensò amaramente all'ultima volta che aveva mangiato in compagnia di qualcuno. Era stato qualche tempo prima alla fattoria di Barney. Era stata una strana cena, non si era parlato molto, ma almeno aveva consumato un pasto in compagnia. Era raro che avesse un'opportunità del genere. Mangiò tutto, si vestì con una tuta che l'ospedale forniva a chi non aveva indumenti adatti a lasciare la struttura e si avviò verso la biblioteca.


     
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    prendi 27 exp, io 20, chiudo
     
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