Dalla Terra all' Acqua

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Essere un ninja era bello, oramai ne era certo. L'adrenalina del combattimento era qualcosa di meraviglioso. La consapevolezza di combattere non solo per il successo della missione, quanto per avere salva la vita era qualcosa di inebriante. Una sensazione incontrollabile e assuefacente come non ne aveva mai provate prima. L'ultima missione aveva cambiato ancora Athushi. Forse sarà stata l'età giovane a renderlo così volubile e malleabile da fattori esterni, ma ogni avvenimento gli lasciava una cicatrice nell'animo. E lui, quella cicatrice, la conservava come fosse un tesoro e cercava di trarne un insegnamento anche quando effettivamente non c'era. Da quando era tornato, non gli interessavano più gli allenamenti, non gli importava più che la sua casa fosse vuota e malridotta. Sarebbe voluto soltanto andare ancora in missione. Avrebbe anche voluto incontrare Hisashi, che non lo vedeva da troppo tempo considerando che sarebbero dovuti essere un team.
Quel giorno non aveva affatto voglia di allenarsi, anche soltanto alzarsi dal letto si era rivelato una sfida più dura del previsto. "Dovrei imparare qualche nuova tecnica" Non aveva dimenticato ciò che Itomi gli aveva insegnato: un ampio repertorio di tecniche rende un ninja imbattibile. Sarebbe andato in biblioteca e poi avrebbe studiato le nuove tecniche. Certo non ora, ma poi, magari tra un po'...
Qualcuno bussò alla forte con colpi di nocche forti e decisi. -Arrivo!- Nessuno si sarebbe mai disturbato ad andare a trovarlo senza un vero motivo; doveva trattarsi di una missione! Pregustava già il sapore dell'annuncio che lo convocava al palazzo del Mizukage e dopo aver aperto la porta si trovò di fronte la figura alta e slanciata del suo capitano, avvolto in un pesante mantello.
-Buongiorno Atshushi, come va?- Non gli diede tempo di rispondere, le formalità erano soltanto formalità per lui. -Dovresti farmi un favore. Te la senti?-
"Vuole che lo aiuti?" Sbalordito, annuì.
-Perfetto- Sorrise cercando di far trasparire la sua gratitudine, ma riuscì piuttosto male. -Recati fuori dal villaggio e raggiungi la spiaggia Komami. Lì troverai un ninja di non so quale villaggio. Pretendevano che lo addestrassi, ma ho altro da fare. Pensaci tu.
La spiaggia Komami era la stessa dove Atshushi si era allenato per il controllo del chakra, quello lo sapeva. Ma per quanto riguarda l'allenare un ninja... egli era soltanto un genin, come poteva fare da mentore a qualcuno? -Ma... ma capitano io non ho idea di come si faccia da allenatore a qualcuno. Non so nemmeno...-
Lo zittì con un rapido gesto di mano. -Battilo. Se non è soddisfatto, battilo ancora. A quel punto avrà imparato più di quanto potesse desiderare.- Atshushi rimase senza parole, mentre Itomi si congedava dandogli una pacca sulla spalla.
Qualche ora più tardi aveva raggiunto la strada. Indossava una felpa nera stinta e un paio di comodi pantaloni, sempre neri. Aveva con se tutto il suo armamentario, per quanto fosse ridotto. Non faticò molto a trovare il suo avversario, o meglio, il suo apprendista.
Era sicuramente uno straniero. Non ci voleva più di un'occhiata per intuirlo. La spiaggia era nebbiosa e Atshushi poteva sentire l'umidità infiltrarsi sotto gli indumenti facendolo rabbrividire per la spiacevole frescura.
Non aveva idea di chi fosse quel tipo. Non sapeva se fosse in grado di batterlo. Cosa avrebbe fatto se avesse fatto di nuovo la figura del perdente come contro Hisashi? Itomi lo aveva mandato alla sbaraglio, ma se quel tipo aveva bisogno di addestrarsi forse non doveva essere un granchè. Ma nemmeno Atshushi era questo gran combattente. Il combattimento con la volpe bipeda aveva accresciuto leggermente la sua autostima, ma sarebbe bastato?
Bianche e fredde dita aleggiavano sulla pallida sabbia quando i due shinobi incrociarono i loro sguardi.
-Il mio nome è Atshushi Nasushimo, genin di Kiri. Mi è stato affidato il compito di combattere... Perdonami, non combattere, di allenarmi con te.- E così erano sullo stesso piano. Non c'era più allenatore e mentore, ma solo due giovani genin che vogliono incrementare le loro abilità combattive. Non era la prima volta che si trovava in quella stessa situazione, ma l'altro episodio simile preferì non ricordarlo ora. -Quando sei pronto, possiamo iniziare. Evitiamo di ucciderci per favore. - Concluse ironicamente, sperando che l'iwano - come rivelava il suo coprifronte- capisse a cosa alludesse: non c'era bisogno di infierire sull'avversario in un allenamento.
Unì indice e medio della destra e le alzò davanti al volto, come voleva la buona usanza degli shinobi.

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I due ninja sbrigarono le formalità di rito senza troppi indugi. Atshushi e il suo avversario erano faccia a faccia, la sabbia sotto le suole cielo plumbeo e pesante incombeva sulle loro teste fasciate dai coprifronti dei rispettivi villaggi.
Senza rispondere al saluto che accompagno ogni amichevole duello, Bakin, il genin di Iwa, si lanciò contro Atshushi. Il kiriano diede d'istinto un colpo di reni per allontanarsi mentre cercava già di compiere i primi sigilli di quell'incontro.
"Pare intenzionato ad attaccarmi fisicamente. Non posso permetterglielo. Non aveva dimenticato quanto fosse effimera la sua capacità difensiva, ma anche offensiva, negli scontri a corto raggio. Avrebbe messo a frutto tutto ciò che sapeva per cercare di dimostare a se stesso, ad Itomi, a quello sconosciuto che diceva di chiamarsi Bakin Tokuto, che era un vero ninja. Un ninja capace di questo. Il suo avversario stava frugando nelle proprie sacche in cerca di qualcosa, forse di un kunai. Atshushi, deciso ad evitare uno scontro corpo a corpo, avrebbe cercato di anticiparlo bloccandolo nel genjutsu che gli era riuscito su Hisashi tempo prima. Erano due soli sigilli, non avrebbe dovuto impiegarci troppo.
Si ritrovò a sperare che quell'avversario nascondesse chissà quali terribili immagini di terrore nel suo subconscio poichè non avrebbero fatto altro che alimentare il suo genjutsu, come la legna che alimenta la fiamma. Se avesse avuto successo, avrebbe sfruttato l'improvviso buio creato nella mente del suo avversario per allontanarsi ulteriormente e creare 8 copie
Successivamente si sarebbe potuto ritrovare a schivare due fendenti di un'arma a lui familiare: la lama retrattile; ammesso che Bakin avesse ritrovato il vero Atshushi tra le sue copie. Un piccolo pugnale che si nascondeva sotto o sopra i polsi e funzionava come il pungiglione di un'ape. La differenziava stava nel fatto che l'ape muore dopo aver punto, ma l'utilizzatore della lama celata non ha questi problemi anzi, di solito a morire era chi subiva il colpo. Cercò nuovamente di eludere l'offensiva, stavalto affidandosi alla Kawarimi no jutsu. Era un ninjutsu che faceva sin da prima di diventare genin ed ormai aveva preso una certa familiarità con essa. Se ne fosse stato in grado avrebbe composto i sigilli lasciando che una roccia, di cui la spiaggia abbondava, prendesse il suo posto.

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Non voleva crederci. Era incredibile che Atshushi fosse di nuovo trafitto e sanguinante, davanti un avversario al quale sembrava non potesse far danno alcuno. Stavolta era addirittura peggio dell'ultima: non soltanto era stato colpito a sangue alla spalla e alla gamba, ma era anche completamente legato dalla testa ai piedi da un viscido filo bagnato. Stentava a reggersi sulle gambe impossibilitate a tenersi in equilibrio, figurarsi a camminare o a correre. Correre per scappare, come aveva già fatto per poi pentirsene un attimo dopo. Aveva dimostrato nuovamente di essere inferiore. SEntì una fitta sulla nuca e si sentì perso.
Le parole di Itomi gli rimbalzavano in mente mentre cercava di tenere aperti gli occhi, ma questi si facevano pesanti e un velo gli si parò davanti offuscandogli la vista. L'avversario di Iwa cominciò a sfumare, i contorni si facevano più incerti e tremanti. "Sto fallendo... ancora." Pensava che mai più si sarebbe pianto addosso per via dei suoi fallimenti. Non sapeva bene se non lo avesse fatto perchè non avrebbe più fallito o perchè alla prossima sconfitta non si sarebbe lasciato straziare dall'incertezza e dalla commiserazione.
Così aveva parlato Itomi. Era stato chiaro ed esplicito quando aveva detto che se lo avesse visto di nuovo in uno stato di così scarsa autostima lo avrebbe punito personalmente. Atshushi non sapeva in che modo sarebbe stato punito dal suo capitano, ma in quel momento il suo unico occhio visibile gli era sembrato una pietra: grigio e indifferente. Lo aveva inquietato e gli aveva creduto sulla parola.
Adesso però, era completamente legato da quel filo d'acciaio che gli aveva impregnato i vestiti di acqua, che si erano attaccati gelidi alla pelle procurandogli pelle d'oca dovunque. Purtroppo per lui, aveva disagi ben più gravi del freddo avvertito a cui badare. Era spossato per le ferite e che bruciavano e urlavano pulsanti come cornacchie al tramonto. Stavolta non poteva demordere. Avrebbe dovuto farcela per lui, per Itomi, per Hisashi e per il suo futuro. Cercò di allargare le braccia ma il filo era inclemente e gliele manteneva attaccate al corpo. Provò ancora tirando quanto più forte potesse. Sentì i muscoli e i tendini tirarsi e irrigidirsi mentre il filo gli affondava nella carne. Non gli importava liberare le gambe o il corpo. Doveva tirare fuore almeno gli avambracci perchè potesse formulare dei sigilli e liberarsi da quella stretta asfissiante. Poi avrebbe attaccato con tutto l'odio e la determinazione a vincere che aveva dentro. Quel genin si sarebbe pentito di averlo umiliato in quel modo.
Urlò e la remota spiaggia nebbiosa suonò della sua nota distorta. Tirò ancora. Sentiva il sangue salirgli lungo il collo, fino alla guance calde. Sentiva anche il sangue colargli lungo il petto e lungo la gamba. Tali sensazioni non fecero altro che dargli ancora più rabbia ed egli tirò ancora e poi ancora, e ancora.

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Invano Atshushi strattonò più e più volte l’indissaldabile filo d'acciaio che lo stritolava da capo a piedi. Invano urlò e si dimenò mentre l'impietoso avversario lo scherniva. Il filo non voleva cedere e più veniva strattonato più affondava nella carne del kiriano mentre le ferite sussultavano rosse e umide.
Il penoso siparietto si prolungò per qualche istante di troppo fino a quando Bakin non si decise a porre fine all'ennesima umiliazione di Atshushi.
-Ebbene, siamo alla fine, mi dispiace che stia finendo in questo modo, ma evidentemente questa volta doveva finire così...-
Solo allora Atshushi si rese conto che il suo avversario aveva creato copie di se e si era confuso tra esse mentre lui cercava di liberarsi dalla morsa metallica. Ma ora le copie divennero superflue e il vero genin di Iwa si fece avanti con la lama celata ancora impregnata del sangue dell'indifeso kiriano.
Blaterò qualcosa riguardo l'orgoglio ed Atshushi non potè fare a meno di chiedersi dove fosse finito il suo. Mentre la sua scura figura sfumava dietro bianche dita di nebbia, Bakin parlò ancora; ad Atshushi rimase impressa in mente, come se gli fosse stata marchiata a fuoco, un'unica parola:-PERDI!-
Da quel punto in poi gli occhi e la mente sembrarono come spegnersi. Gli parve di provare un forte dolore che dava una sensazione pericolosamente familiare, mentre tutt'intorno la foschia cominciava ad agitarsi, a danzare. Vorticava come un tornado e lui era l'occhio del ciclone intorno al quale tutto ruotava. I sassi, la sabbia, persino il sangue che sgorgava rapido dalle ferite che si era lasciato infliggere gli giravano intorno. Poi calarono le tenebre.
"Cosa mi sta succedendo..."
Quando rinvenne, si ritrovò steso per terra. La testa schiacciata nella sabbia e un sapore amarognolo sulla lingua uniti a un pesante mal di testa lo straniavano dal mondo. Il corpo gli doleva e le membra si facevano sempre più fredde di attimo in attimo.