Un gelido accordo

Patto con gli orsi

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    Ci pensa Kerbe

    ...
    Ritornando verso casa, non ho potuto fare a meno di pensare per tutta la durata del viaggio alla strana storia in cui ero capitato. Di tutta la giornata trascorsa avevo completamente dimenticato il viaggio e lo scontro che si erano sviluppati nelle prime ora di giornata. L’unico pensiero che avevo per la testa riguardava quegli incredibili orsi parlanti, e la loro storia. Non so nemmeno da quanto non avessero a che fare con degli esseri umani, chissà per quanto tempo sono rimasti isolati, soli. È curioso come i nostri destini si siano incrociati attraverso una serie di eventi che difficilmente chiamerei casualità. È come se fossi stato predestinato a finire in quella grotta, non poteva che andare così. Il piccolo orso mai si sarebbe salvato senza il mio aiuto, ed avevo come l’impressione che la storia non sarebbe finita qui. Avevo letto qualcosa nell’incredibilmente espressivo volto del grande orso, egli aveva voluto mandarmi un messaggio, ed io l’avevo colto. Ero sicuro che prima o poi ci saremmo rincontrati, non so dove, non so come…


    Anno del serpente, giorno 73
    Giornate tranquille si sono susseguite per settimane su settimane, dandomi ben poco da fare, e ben pochi pensieri a cui pensare. Sul fronte Corneilius, niente di nuovo da rilevare, quel maledetto è sparito completamente dalla circolazione, non mi è servito a niente osservare chi entra e chi esce dal palazzo del capo villaggio, lui non si è mai visto. Deve essersi cacciato in qualche altro buco sudicio da dove è uscito l’ultima volta, un tipo del genere ce lo vedo bene solo in determinate situazioni. Così in sostanza ho potuto fare ben poco, anche perché sono solo, nessuno crederebbe alle mie parole anche nel caso in cui volessi rivolgermi alle autorità. E sono ancora troppo scarso, se dovessi riuscire ad intercettare padre C, non so se riuscirei a sconfiggerlo, e dubito che lui mi risparmierebbe, di nuovo. Quindi sono bloccato, e non sembrava esserci soluzione. Già, almeno fino ad oggi.

    Sembrava un giorno come tanti, avvolto dalla solita malinconica noia, passata tra le strade del villaggio in cerca di qualsiasi lavoretto che mi potesse distrarre da obbiettivi ben più grandi di me. ma come al solito nulla, ormai da quando la guerra si è placata persino i ninja migliori, colti da una nullafacenza che investe ormai quasi tutto il villaggio, si dilettano nei più miseri lavoretti, per aiutare un amico, o un parente che sia. Giro a vuoto, perciò. Ma una volta tornato alla mia umile dimora, ho trovato una piacevole sorpresa proprio sull’uscio di casa. Vi era, poggiata sulla porta di casa, una tavoletta di legno, con dei grossi solchi sopra, attribuibili agli artigli di una grossa bestia. Una volta sollevata da terra, ha rivelato aver, sul lato nascosto, disegnata sopra una specie di mappa. Le indicazioni, i nomi e tutto il disegno sembravano esser stati incisi sul legno direttamente, attraverso un punteruolo, o qualcosa di affilato in ogni caso. Un lavoro ben fatto, chiaro, bastava sollevare lo sguardo all’orizzonte per rilevare immediatamente le cime dei monti disegnate sulla lavagnetta. Vi era un percorso, che sembrava partire proprio da casa, ed arrivare ad un ipotetico punto con su scritto “BANDU”.



    Recentemente ero finito in parecchie brutte storie per dar retta a cazzate del genere, eppure ancora una volta l’enfasi per una possibile avventura che si prospettava sul mio cammino mi ha spinto ad inseguire nuovamente il mio istinto. Mentre la ragione si proponeva di cercare una valida spiegazione alla faccenda, sentivo una voce sempre più forte crescermi nella mente, una voce che diceva “VAI”. Così ho fatto i bagagli ed in quattro e quattr’otto ero già sulla strada indicata dalla mappa. Ci sono volute ore per giungere infine al mio obbiettivo, una gigantesca grotta avvolta nel ghiaccio profonda quanto l’inferno.



    Una volta entrato mi sono presto accorto di quanto incredibilmente fosse più freddo all’interno che fuori, tra la neve fresca. Tutto era avvolto dal ghiaccio, il quale dava una lucentezza a dir poco splendida ad ogni parete, angolo o sporgenza che fosse. Scivolare era più facile che stare in piedi, e per qualche metro non ho fatto altro che cercare l’equilibrio ballonzolando e sgambettando qua e la sul ghiaccio, stando in piedi per miracolo. Solo una volta stabilizzata la mia posizione ho potuto alzare lo sguardo davanti a me, scoprendo il motivo della mia convocazione in quegli angusti luoghi.
     
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    Iwa, il Paese delle Terra.
    Si dice che le sue rocce e montagne siano dure come la volontà dei sui Ninja, che lottano per salvaguardare l'integrità e la salvezza della loro terra. Ben pochi di loro, però, neanche gli anziani, sanno di una grotta, situata tra le gelide e più alte montagne, scavata in un ghiacciaio introvabile per chiunque non conosca la via. L'ultimo essere umano a varcarla è sparito da secoli da questo mondo. Eppure, quel giorno, qualcosa stava per cambiare. Qualcuno avrebbe varcato quella soglia.

    E' all'interno della montagna, al centro della stessa, che, protetti dal ghiaccio e la neve più gelida, qualcuno aveva tramato il tutto. Ed eri lì, che aveva fatto ritorno il grande orso. Non si era tolto l'armatura di dosso, aveva attraversato a quattro zampe la caverna innevata, ritrovandosi una grande sala. Si inchinò davanti ad un trono gelato, dove una creatura dalle dimensioni sorprendenti attendeva impassibile.

    La mappa è stata recapitata. Sarà qui tra qualche ora.

    Rispose una voce roca, quasi d'oltretomba, in maniera molto seria, quasi seccata, diffidente.

    Sei sicuro, Bàbum? Non vorrei che si ripetesse ciò che è accaduto in passato. Sai cosa vorrebbe dire questo...

    Non accadrà. E' quello giusto.

    L'altro sbuffò. Chissà se l'orso bianco aveva ragione.

    [...]


    Trascorsero quasi tre ore e la sala era ancora gelata e silenziosa, se non fosse per gli sbuffi rabbiosi e regolari che l'orso seduto sul trono emetteva ad intervalli di tempo regolari. Nei suoi occhi, così piccoli e irradiati di malvagità, sembrava che il tempo passasse inesorabile, tempo trascorso inutilmente. Ogni attimo di attesa sembrava racchiudere intere ore, trascorse ad attendere qualcuno, non sapendo neanche se mai si sarebbe presentato. Eppure, i presenti udirono qualcosa avvicinarsi, passi umani leggeri, calpestare la neve nella caverna, lasciando una serie di orme. L'orso bianco si inchinò velocemente davanti al trono, voltando le spalle e raggiungendo l'entrata della caverna, quando si ritrovò, nel bel mezzo di essa, faccia a faccia con un volto familiare.

    Dunque hai seguito la mappa.

    Sentenziò, fissando il pezzo di legno che il ragazzo reggeva nella mano. L'orso bianco piantò i grandi occhi in quelli del ragazzo, facendo a lui segno di tacere, alzando una zampa. Sarebbe stato lui a parlare, le parole del ragazzo sarebbero state rivolte a qualcun altro.

    Non qui. Ti verrà spiegato tutto tra poco. Non posso aiutarti, dovrei superare la prova per conto tuo. Solo così Loro si fideranno di te, purtroppo il mio giudizio è ininfluente. Ora seguimi, umano, e preparati.

    Lo scortò fino alla fine della della galleria gelata, ritrovandosi in una sala dall'alto soffitto, scavata interamente nel ghiaccio. La luce del sole riusciva a penetrare, creando un gioco di luci a dir poco sorprendente, capace di lasciare chiunque senza fiato. a sala era circolare e semivuota. L'orso bianco diede una spintarella al ragazzo con la zampa, costringendolo ad avanzare verso il centro della stanza. Successivamente, l'orso si acquattò in un angolo, attendendo in silenzio con sguardo vigile davanti al ragazzo, fissando il trono.E fu proprio sul trono che il ragazzo porse la sua attenzione. Su di esso, stava l'esemplare di orso grigio più grande e terrificante che il mondo ricordasse. Alto venti metri, dall'aura negativa e sorprendentemente umana. Aveva occhi piccoli e brillanti, con una cicatrice che gli attraversava l'occhio destro. Indossava una grande armatura e nella grande zampa reggeva una spada davvero imponente, davvero sinistra. Sembrava quasi che la spada e quell'orso provenissero da un posto oscuro, infernale. Fosse dallo stesso Inferno.

    Non appena gli occhi dell'orso gigante si posarono sul ragazzo, si alzò in tutta la sua tremenda altezza, scattando agilmente verso di lui e buttandolo per terra con un potente calcio, inchiodandolo al terreno. La sua forza era così superiore che l'altro non poteva neanche provare a smuovere la grande zampa grigia. L'orso tese lo spadone, puntandolo verso il ragazzo e parlando chiaramente, con molta rabbia nella voce. Non sembrava nutrire molta simpatia per gli esseri umani, e Xavier avrebbe potuto immaginare il perché grazie alle parole dell'orso, durante l'incontro avvenuto qualche settimana prima.

    Ti avverto, ragazzo. Non mi fido di te, nessuno di noi si fida, a parte colui che ha fatto il tuo nome. Ora: dammi una buona ragione per la quale io non debba sgozzarti all'istante.

    Ringhiò minaccioso, brandendo la grande e sinistra spada verso il ragazzo, inerme per terra.

    convinci l'orso a fidarsi di te :sisi:
     
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    In quel momento tutto mi è stato chiaro, tutto tornava alla perfezione, i graffi, lo strano metodo con cui la mappa era stata incisa nel legno, la location dell’incontro, tutto. Innanzi a me, in abiti da guerra questa volta, stava il grande orso bianco che avevo incontrato nelle mie precedenti avventure.

    Dunque hai seguito la mappa.

    Il suo volto era serio, impassibile, non lasciava spazio a saluti o altri convenevoli del momento. Anche la sua voce era grave, profonda, a dimostrare che quella non era una semplice rimpatriata tra amici, ma qualcosa di molto più importante. Mi è sembrato comunque il caso di dire qualcosa, almeno per educazione.

    Ehi…

    Avrei voluto salutarlo ed esprimere la mia contentezza di esserci di nuovo ritrovati, ma la bestia non me ne ha lasciato il tempo necessario. Mi ha zittito immediatamente con un gesto della mano, come se in quel momento ci fossero cose più importanti a cui pensare. Ed effettivamente era così. In un attimo la serietà del momento mi ha avvolto, togliendomi il sorrisetto incuriosito con cui avevo affrontato la faccenda fino ad ora, per lasciare spazio ad un’espressione seria e silenziosa. Ora ero pronto per affrontare il motivo della mia convocazione.

    Non qui. Ti verrà spiegato tutto tra poco. Non posso aiutarti, dovrei superare la prova per conto tuo. Solo così Loro si fideranno di te, purtroppo il mio giudizio è ininfluente. Ora seguimi, umano, e preparati.

    Un messaggio che non lasciava presagire niente di buono, eppure ero tranquillo, d’altronde era pur sempre in debito con me ed ero abbastanza sicuro che qualunque cosa ci fosse in serbo per me, mi avrebbe fatto piacere. Sono stato quindi scortato verso un’area ancora più inoltrata della fredda montagna in cui ci trovavamo. Mano a mano che proseguivamo sentivo il freddo penetrare nelle mie membra, fino alle ossa. In quel momento mi avrebbe fatto veramente comodo una pelliccia come quella che ricopriva la pellaccia di quel tipo di mammiferi, ma mi sarei dovuto accontentare di quel che avevo, pur patendo come un cane. Quando siamo infine giunti a destinazione sbattevo visibilmente i denti dal freddo, e la mia pelle aveva assunto un colorito bluastro, sintomo che ero in fase di ipotermia, prossimo al congelamento. Ma lo spettacolo che mi si è presentato una volta arrivati è stato tale da far passare in secondo piano anche la mia condizione fisica. Siamo arrivati in una gigantesca sala scavata nel ghiaccio e nella roccia, alta più di trenta metri, un opera architettonica che avrebbe fatto rimanere a bocca aperta i maggiori architetti di ogni epoca. Nonostante ci trovassimo in profondità, ancora giungeva qualche timido raggio di sole che illuminando le pareti ghiacciate, produceva un effetto stroboscopico a dir poco strabiliante, in un gioco di colori psichedelici e sfavillanti, nei quali sono rimasto letteralmente ipnotizzato.

    Voi siete dei geni, dei veri geni…

    Nemmeno mi ero accorto che il mio amico peloso non mi stava più accanto, perso a guardar per aria. In realtà lui si era defilato su un lato dell’ala, inginocchiandosi in segno di rispetto. Ero talmente rimasto scioccato da quell’incredibile spettacolo della natura che non mi ero minimamente accorte del gigantesco trono che stava al centro della stanza. Seduto su di esso, il più grande mammifero su cui il mio sguardo si sia mai posato, un orso di dimensioni incredibili, monolitiche, assurde. Per un attimo ho pensato che si trattasse di un disturbo dovuto alle luci, o di qualche effetto speciale. Ma l’animale era vero, e mi fissava con sguardo minaccioso. Anche lui indossava un armatura, e portava sul fianco un’oscura spada, come quella che attribuiresti alla morte stessa. Sul suo volto riportava una grossa cicatrice lunga almeno un paio di metri, segno indiscutibile dovuto a una qualche battaglia, forse proprio a quella che mi aveva raccontato il suo adepto. Già perché dalla sua posizione e dalla sua mole mi sembrava di aver capito che lui fosse il capo. E non di certo il più buono o diplomatico dei comandanti. A dimostrazione di ciò è stato proprio il fatto che una volta posato il mio sguardo su di lui, dopo pochi secondi di stallo me lo sono visto piombarmi addosso, ad una velocità strabiliante. Sinceramente tutt’ora mi sfugge il modo con cui avrei potuto evitarlo, sarà stato alto almeno 20 metri, e si muoveva alla velocità della luce. Gli è bastato appoggiare lievemente il suo piedi su di me per costringermi al suolo, inerme, come una mosca in trappola, pronta ad essere schiacciata. Ma se davvero l’avesse voluto, l’avrebbe già fatto, per lui non ero altro che un insetto. Gli sarebbe bastato lasciarsi andare con un decimo del suo peso e mi avrebbe spappolato al suolo, eppure non l’ha fatto.

    Ti avverto, ragazzo. Non mi fido di te, nessuno di noi si fida, a parte colui che ha fatto il tuo nome. Ora: dammi una buona ragione per la quale io non debba sgozzarti all'istante.

    Chiaro, e conciso. La sua voce ha rimbombato per tutta la caverna, producendo un eco che si è protratto per una decina di secondi, tanto acuto da spaccare il ghiaccio delle pareti. Ero spaventato, le parole mi si strozzavano in gola dalla paura. Ma la mia unica via d’uscita era proprio il dialogo, così non ho dovuto far altro che dire quel che pensavo.

    Uccidermi sarebbe un modo come un altro per vendicare la tua specie, ma non credo che ti renderebbe indietro i tuoi fratelli. Mi è stata raccontata la vostra storia, ma io non sono quello che vi ha fatto tutto quello che vi è stato fatto, non c’entro niente, e non accetto che mi paragoni a certa gente. A me è stato riservato un trattamento simile al vostro. Sono stato cresciuto dagli uomini come una bestia in gabbia, mi è stato impedito di sapere la verità sul mondo. Anch’io sono stato costretto a fare qualcosa che non volevo da alcune persone malvagie. Ma io non sono una di quelle, anzi… io sono uno dei buoni, uno di quelli che lottano affinché il male sia definitivamente sconfitto. E proprio in questi tempi il male è in difficoltà, sta per perire contro le forze del bene. Quindi sta a voi adesso decidere cosa fare, se starvene qui, fuori dal mondo, a rivangare il vostro odio per l’eternità, oppure liberarvi del vostro fardello, combattendo contro il male, vendicando i vostri fratelli… a te la scelta.

    A questo punto si trattava di vita o di morte, e la decisione non spettava a me.

     
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    Chiunque, con una lama puntata alla gola e un essere alto venti metri e pesante il quadruplo sopra di lui, sarebbe rimasto in silenzio, tremando attanagliato dal terrore, forse implorando pietà. Ma Xavier era un ragazzo buono e non poteva permettere che il male che gli umani avevano inflitto agli Orsi e alla loro razza potesse decidere il suo destino, non poteva permettere di essere un'altra vittima del rancore del grande orso.

    Uccidermi sarebbe un modo come un altro per vendicare la tua specie, ma non credo che ti renderebbe indietro i tuoi fratelli. Mi è stata raccontata la vostra storia, ma io non sono quello che vi ha fatto tutto quello che vi è stato fatto, non c’entro niente, e non accetto che mi paragoni a certa gente. A me è stato riservato un trattamento simile al vostro. Sono stato cresciuto dagli uomini come una bestia in gabbia, mi è stato impedito di sapere la verità sul mondo. Anch’io sono stato costretto a fare qualcosa che non volevo da alcune persone malvagie. Ma io non sono una di quelle, anzi… io sono uno dei buoni, uno di quelli che lottano affinché il male sia definitivamente sconfitto. E proprio in questi tempi il male è in difficoltà, sta per perire contro le forze del bene. Quindi sta a voi adesso decidere cosa fare, se starvene qui, fuori dal mondo, a rivangare il vostro odio per l’eternità, oppure liberarvi del vostro fardello, combattendo contro il male, vendicando i vostri fratelli… a te la scelta.

    I piccoli occhi dell'orso, brillanti di malvagità, si strinsero fino a divenire due fessure, scrutando in silenzio il volto del ragazzo, pensando al significato profondo delle sue parole. La lama era ferma come il braccio dell'essere, sempre pronta ad affondare nella gola del ragazzo. Quell'orso dalla pesante armatura stava prendendo tempo. Forse quel giovane aveva ragione? Forse avrebbero dovuto smetterla di crogiolarsi e vivere nel loro rancore e affrontare la realtà, rendere omaggio ai loro antenati combattendo per vendicare i loro morti. Questo pensò l'orso mentre, con uno sbuffo e un ghigno malvagio, allontanò la spada e lasciò libero il ragazzo, sedendosi sul trono con la solita aria superba, fissandolo ancora torvo e accigliato. Era chiaro che non era convinto del tutto.

    Dici di combattere ma cosa sai tu della guerra? Io ho combattuto molte guerre, battaglie cruente nel più profondo girone degli Inferi e ti assicuro che ho abbastanza odio e rabbia per radere al suolo te e tutta la tua specie. Ma mi hai incuriosito, dici che è tempo di battaglia anche questo. Purtroppo, siamo pochi, siamo rimasti decimati fino allo stremo. Il mio nome è Samir e sono il capostipite di noi Orsi Polari.

    Si udirono dei passi e altri orsi, tutti grossi e dalla pelliccia di colore diverso tra loro, tutti differenti, si schierarono in fila ai lati del trono, fissando con serietà davanti a loro, senza degnare di uno sguardo il ragazzo. Alla destra più estrema, c'era un orso dal colorito castano: indossava una collana di piume e fasce piumate intorno alle zampe, era l'orso che aveva lo sguardo più bonario tra tutti e cinque. Accanto a lui, e alla destra di Samir, stava Bàbum, colui che aveva trascinato Xavier in quel posto, chissà perché poi. Forse il ragazzo gli sarebbe stato riconoscente in futuro per questa convocazione, o forse no, nessuno poteva saperlo in quel momento. Alla sinistra del re, c'era un orso bianco piuttosto grosso con un'armatura curata e sofisticata, sembrava dura come le scaglie di drago. Per ultimo, ma non per importanza, uno degli orsi più grossi, dalla pelliccia bruna ed alto cinque metri.

    Questi sono Olisir, Bàbum, Growl e Roman. Siamo gli unici superstiti alle guerre che hanno coinvolto noi e i Ninja che ci invocarono in passato. In realtà non siamo unici, l'ultimo di noi è tuttavia troppo giovane, il suo posto non è sul campo di battaglia.

    Aggiunse lanciando una rapida occhiata a Bàbaum. E così gli orsi erano lì, solo cinque, i rimasti di una lunga stirpe. Adesso abbassarono i musi e presero a fissare il ragazzo, chi con curiosità, chi con sfida. Samir sbuffò forte, fissando il ragazzo negli occhi.

    Cosa hai tu da offrire a noi, umano? Hai forse intenzione di usarci da schiavi per prenderti la tua vendetta su chi ti ha fatto del male in passato? Se è per questo che sei venuto, stai solo perdendo tempo: è finito il tempo in cui servivamo gli uomini. E ora parla, e in fretta. La mia pazienza si sta esaurendo.

    Sentenziò l'orso, alzando il tono della voce, seccato, e tamburellando i grossi artigli sull'elsa della spada.

    ora convinci Samir e gli altri a fare un patto con te
     
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    Sotto quella morsa opprimente sentivo ad ogni secondo che passava il mio respiro farsi sempre più affannato, sempre più veloce. Non sapevo se le mie parole avessero sortito l’effetto sperato, ed ogni secondo d’attesa era per me una tortura, sapevo che quell’orso mi avrebbe potuto uccidere col minimo sforzo, e ciò mi spaventava. Egli non aveva mosso un muscolo, non aveva avuto reazione alcuna dopo il mio discorso, quasi come non avesse sentito, o non gli interessasse affatto. In ogni caso non sembrava intenzionato a lasciarmi andare, forse voleva ancora qualcosa da me, forse la mia vita. A quel punto il grave peso dei suoi sandali da guerriero ha smesso di costringermi al suolo, dandomi modo di respirare senza affanno per la prima volta negli ultimi minuti. La mia schiena, causa il contatto prolungato con le ghiacciate pareti di quei luoghi, era completamente paralizzata dal freddo, bagnata e poi congelata a tal punto che a fatica l’ho staccata dal suolo. Eppure ero ancora vivo, e questa era l’unica cosa che contava. Quello che poi avrei scoperto chiamarsi Samir, ovvero il capo dell’armata di orsi combattenti, ora mi guardava strizzando i suoi oscuri occhi, in modo da vedermi meglio. Anche se la sua spada stava ancora bramando la mia giugulare, il suo volto ora sembrava diverso, interessato in qualche modo alla faccenda, pensieroso. Senza dubbio stava ragionando sulle mie parole, stava aprendo gli occhi dopo chissà quanti anni passati a rivangare il passato, in una chiusura mentale più che comprensibile.

    Credimi, io vi capisco…

    Non mi sembrava il caso di disturbarlo, ma non ho resistito ad insinuare nella sua mente quest’ultima affermazione, a ribadire nuovamente che le nostre storie erano simili, che eravamo fatto gli uni per l’altro. Ma Samir, da buon capo, dopo tutto quello che gli era successo nel loro passato, era ancora ben lontano dall’essere convinto, e sembrava ancora piuttosto restio ed attaccato alle proprie convinzioni. L’importante era non farlo arrabbiare.

    Dici di combattere ma cosa sai tu della guerra? Io ho combattuto molte guerre, battaglie cruente nel più profondo girone degli Inferi e ti assicuro che ho abbastanza odio e rabbia per radere al suolo te e tutta la tua specie. Ma mi hai incuriosito, dici che è tempo di battaglia anche questo. Purtroppo, siamo pochi, siamo rimasti decimati fino allo stremo. Il mio nome è Samir e sono il capostipite di noi Orsi Polari.

    Era si una domanda, ma non necessitava che io aprissi bocca per dire alcun che, sia io che lui sapevamo benissimo che il sottoscritto non avesse, e non abbia tuttora, una minima idea di cosa sia una guerra vera e propria, ne di come affrontarla. Nemmeno dubito del fatto che invece egli abbia combattuto molto, il suo corpo testimoniava da solo molte delle sue battaglie, ne del fatto che da solo avrebbe potuto uccidere chissà quanti uomini. Così ho preferito tacere, dal momento che non avevo niente di valido da dire, se non qualcosa che avrebbe di certo poi peggiorato la mia situazione. Inoltre ora la mia attenzione era riposta verso qualcos’altro. Dopo le parole del capobranco infatti, ho udito chiaramente qualcun altro avvicinarsi a quei luoghi, fino a comparire sulla scena. Si trattava del resto della combriccola, i pochi sopravvissuti dal grande battaglione di orsi guerrieri che centinai di anni prima era in grado di ribaltare le sorti di qualsiasi guerra. Tutti loro erano impassibili, addestrati perfettamente al comportamento più composto possibile, solo in futuro avrei scoperto che per molti di loro si trattasse di una prassi dovuta alla presenza del loro comandante. Uno dopo l’altro si sono così schierati attorno a noi, erano cinque. Il primo di loro era un curioso orso castano, con gli occhi di un angelo. Era l’unico a non portare armatura, ne protezioni. Al contrario vestiva panni da selvaggio, da figlio dei fiori oserei dire, ed era l’unico fuori dagli schemi, che anziché guardare dritto davanti a se ed ignorarmi, mi stava guardando, con occhi rassicuranti. Per un attimo mi sono sentito come a casa, e la paura ha lasciato spazio a una nuova sicurezza. Accanto a lui stava Babum, l’orso a cui avevo salvato il figlio, colui che mi aveva trascinato in quella situazione, colui che in futuro avrei dovuto ringraziare per l’opportunità che mi aveva offerto. In mezzo a loro stava Samir, e subito alla sua sinistra un altro orso bianco, vestito di una splendida armatura, di quelle che attribuiresti a un re. Per ultimo, ma non per dimensioni, vi era un altro esemplare di orso bruno, gigantesco anch’egli, sfiorava i 5 metri d’altezza, ed imbracciava una possente ascia di legno e ferro che faceva paura solo a guardarla.

    Questi sono Olisir, Bàbum, Growl e Roman. Siamo gli unici superstiti alle guerre che hanno coinvolto noi e i Ninja che ci invocarono in passato. In realtà non siamo unici, l'ultimo di noi è tuttavia troppo giovane, il suo posto non è sul campo di battaglia.

    Doveva riferirsi al figlio di Babum, probabilmente l’unico erede di una stirpe di orsi che sarebbe stato un peccato lasciar morire, creature del genere meritano di vivere per l’eternità, tante sono le loro capacità, fisiche ed intellettive. Devono tener molto a quel ragazzo, e solo in quel momento mi è stata chiara la grandezza del gesto che avevo fatto salvandolo.

    Cosa hai tu da offrire a noi, umano? Hai forse intenzione di usarci da schiavi per prenderti la tua vendetta su chi ti ha fatto del male in passato? Se è per questo che sei venuto, stai solo perdendo tempo: è finito il tempo in cui servivamo gli uomini. E ora parla, e in fretta. La mia pazienza si sta esaurendo.

    Una domanda impegnativa, tutt’altro che facile trovare una risposta. Ma in quel momento era libero di fare e di dire praticamente qualsiasi cosa. Loro, tutti loro, non aspettavano altro che io dessi loro un valido motivo per uscire da quell’inferno in cui si erano cacciati con le proprie mani. fremevano dalla voglia di tornare alla vita, e sono convinto che qualsiasi cosa avessi detto sarebbe infine andata bene.

    Io non ho nulla da offrirvi, se non la mia lealtà e la promessa che io per voi sarò prima di tutto un amico. Io non ho nessuno nella mia vita, non ho famiglia, ne amici. Sono solo contro il mondo, e in voi vedo finalmente la possibilità di una vita nuova, così come voi la vedete in me. Vendetta? Quando troverò il responsabile di tutto quello che ho passato, fidatevi, non lo lascerò certo a voi. Non vi chiedo di servirmi, vi chiedo solo di aiutarmi…

    Era la pura e semplice verità, e se il fato l'avesse voluto, in quanto tale avrebbe dovuto sciogliere i gelidi cuori delle bestie che mi stavano di fronte. Sapevo di aver già convinto molti di loro, almeno un paio di sicuro, ma il nocciolo della questione stava pur sempre nella decisione del loro capo.

     
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    Ancora una volta, il ragazzo fissò il grande orso dritto negli occhi, parlando senza paura e con voce chiara, senza sgarbo, senza superbia.

    Io non ho nulla da offrirvi, se non la mia lealtà e la promessa che io per voi sarò prima di tutto un amico. Io non ho nessuno nella mia vita, non ho famiglia, ne amici. Sono solo contro il mondo, e in voi vedo finalmente la possibilità di una vita nuova, così come voi la vedete in me. Vendetta? Quando troverò il responsabile di tutto quello che ho passato, fidatevi, non lo lascerò certo a voi. Non vi chiedo di servirmi, vi chiedo solo di aiutarmi…

    Gli altri orsi sembravano guardarsi l'un l'altro senza parlare, scambiandosi sguardi che il ragazzo non comprese. Samir non distolse lo sguardo neanche per un momento, rendendo l'attesa insopportabile. Aveva smesso di sbuffare, il silenzio era davvero pesante e teso, sembrava che fossero passati anni. Samir non parlò, restò in silenzio a contemplare il volto di Xavier. Poi si sporse in avanti, stringendo l'elsa della spada, ammirandola per un po' con aria rapita. Poi scrutò i musi dei suoi compagni, rivolgendo alla sua spada uno sguardo assente. Quando parlò, la voce era bassa e risuonava con un'eco in tutta la sala.

    Conosco così bene il male... che so riconoscere il bene se lo vedo. Tu non menti, ragazzo, il tuo cuore è buono e pieno di buone intenzioni. Non c'è alcun rancore in te. Ebbene, ti concedo di poter firmare un patto sacro con noi, saremo legati da un legame infrangibile. Dovrai rispettarci e noi rispetteremo te, ti aiuteremo in caso di bisogno e tu dovrai aiutare noi. Ora, sei certo di voler stipulare il patto?

    A queste parole, Bàbum fece un passo avanti, portandosi un braccio dietro la schiena e sfilando un rotolo di pergamena che srotolò per terra, tra il ragazzo e Samir. Nella pergamena, che aveva l'aria molto vecchia, c'erano una serie di caratteri sbarrati con un'impronta insanguinata accanto; dovevano appartenere ai precedenti ninja che avevano stipulato il fatto, quell'inchiostro che li cancellava stava a significare che, ormai, erano morti. Bàbum, in ogni caso, porse un calamaio e dell'inchiostro al ragazzo, che avrebbe dovuto segnare il suo nome e firmare col sangue.

    Fa la cosa giusta...

    Sussurrò a Xavier, indicandogli con un cenno degli occhi, impercettibile agli altri orsi, qualcosa in fondo a sinistra. Se il ragazzo si fosse di poco voltato, avrebbe intravisto il musetto di un piccolo orso fare il tifo per lui, in un angolo.

    Fa la tua scelta ragazzo. Ricordati che non potrai tornare indietro.

    hai concluso il patto, fai il post finale e poi hai il tuo patto, ricordati che hai bisogno della tecnica del richiamo :asd:
    Io attendo exp :si2:
     
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    Le mie parole avevano stupito tutti, nessun escluso, in quella sala, lasciando stupefatti tutti i componenti della famiglia di quegli strani mammiferi. Si guardavano tra loro come uomini, intuendo il pensiero di coloro che si trovavano accanto con un semplice sguardo. Uno sguardo di approvazione, di fiducia. Li avevo convinti, tutti, l’unico che ancora fingeva di restare impassibile era, come presagibile, proprio il loro capo. Egli stava li, impassibile, come se ancora avessi dovuto parlare, come se le mie parole non lo avessero minimamente sfiorato. Ebbene, dopo diversi secondi di snervante attesa durante i quali era sceso un silenzio teatrale, si è pronunciato.

    Conosco così bene il male... che so riconoscere il bene se lo vedo. Tu non menti, ragazzo, il tuo cuore è buono e pieno di buone intenzioni. Non c'è alcun rancore in te. Ebbene, ti concedo di poter firmare un patto sacro con noi, saremo legati da un legame infrangibile. Dovrai rispettarci e noi rispetteremo te, ti aiuteremo in caso di bisogno e tu dovrai aiutare noi. Ora, sei certo di voler stipulare il patto?

    Non avevo alcun dubbio, ma nonostante ciò, anch’io ho lasciato qualche momento di suspence alla folla. Tutti stavano li a guardarmi, speranzosi, vogliosi, pendevano tutti dalle mie labbra.

    Si, voglio firmare.

    Detto questo proprio Babum si è fatto avanti, brandendo nelle sue forti mani il gigantesco rotolo sul quale avrei dovuto apporre la mia firma col sangue. Firma? Non me ne era mai stata richiesta una, così mi sono limitato a disegnare una grossa X sul foglio, dopo aver lacerato la punta del mio dito col mio unico kunai. Una volta concluso il rituale, ho potuto passare un po di tempo coi miei nuovi compagni, imparando minimamente a conoscerli, venendo a sapere delle loro storie. Alla fine me ne sono andato, voglioso più che mai di testare i miei nuovi amici in un combattimento vero e proprio.

     
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