Welcome back [PQ sblocco arte segreta]

Shōta Akimichi

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  1. Shitsubo
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    [Parte 4]



    Buio. Silenzio. Niente. Il nulla assoluto.
    Non fosse stato per la sensazione di pressione sui talloni e sulle piante dei piedi, Shōta avrebbe potuto credere di star ancora cadendo.
    La secchezza e l’immobilità dell’aria indicavano che il nuovo ambiente aveva poco da spartire con il precedente.
    Il naturale scombussolamento dovuto al tonfo imprevisto tendeva a far lavorare negativamente la fantasia e, per un breve lasso di tempo, l’Akimichi temette di essere finito in una trappola o nella tana di qualche oscuro predatore. Onde evitare sorprese, sfoderò il Bō e lo fece ruotare intorno a sé a 360°.
    Non colpì nulla ma il modo in cui il suono si propagò nell'aria gli suggerì che le pareti non dovessero essere molto distanti. Pensò che sarebbe stato saggio avanzare a tentoni per comprendere la conformazione del posto ma, prima di ciò, avrebbe avuto bisogno di crearsi almeno un punto di riferimento in quel vuoto cosmico. Ragion per cui, richiamato nuovamente il Chakra Doton, iniziò a farlo scorrere per tutta la lunghezza del Bō, poi conficcò la punta del bastone nel terreno e vi incise una freccia rivolta in avanti, per conservare memoria della posizione in cui si trovava nel momento in cui era caduto.
    Subito dopo iniziò ad avanzare tenendo l’arma dritta davanti a sé ma, come preventivato, immediatamente urtò contro qualcosa di solido. Cambiò leggermente direzione e riprovò ancora altre volte.
    Dopo sette tentativi, dovette giungere all’amara conclusione di trovarsi in un luogo non più grande di una camera da letto di medie dimensioni, sebbene di forma ovale o quasi.
    Tuttavia - pensò - la stanza doveva avere necessariamente una via d’uscita, vale a dire quella da cui era entrato. Concentrò allora il Chakra nei piedi e cominciò a scalare le pareti ma, gira che ti rigira, non gli riuscì di trovare nessuna cavità. Sembrava che il buco fosse sparito nel nulla!
    Superato l’iniziale sconforto, ritenne che sarebbe stato meglio sedersi, fare un bel respiro e riflettere. Non era possibile che non ci fosse un modo per uscire, era assurdo. Forse avrebbe potuto provare ad usare qualche tecnica per cercare di sfondare le pareti? Non era fattibile perché quasi sicuramente sarebbero state troppo spesse. In caso contrario, c’era pur sempre il rischio di far crollare tutto - come paventato da Taro - e rimanerci secco.
    A un certo punto, per liberarsi di una fastidiosa tensione che si era creata tra le spalle, allargò le braccia e, con sua immensa sorpresa, sentì il dorso della mancina urtare contro qualcosa di duro. La parete non era così vicina, quindi di cosa poteva trattarsi?
    Si girò a sinistra e iniziò cautamente a tastare. Sentì sotto le dita qualcosa di voluminoso, duro e curvilineo. Facendo scorrere i polpastrelli, si rese conto che la superficie era simile ad una cupola ed era ricoperta di scanalature che ricordavano segmenti irregolari, forse forme geometriche, forse dei poligoni dai lati leggermente arrotondati.
    Continuando verso il basso si aspettava di incontrare il terreno e, invece, si ritrovò a contatto con qualcosa di freddo e rugoso.
    Istintivamente ritrasse la mano mentre dall'area provenivano leggeri rumori che fugarono ogni dubbio circa il fatto che si trattasse di un essere vivente.
    Iniziando a nutrire qualche sospetto sulla natura dell'inaspettato ospite, Shōta infilò la mano nel borsello, pescò dal fagotto alcuni pezzetti di mela essiccata e li gettò a terra. Dopo un po', il silenzio del luogo venne rotto da un lento e regolare sgranocchio. Nell'animo dell''Akimichi iniziò a farsi strada una speranza: l'animale doveva pur sopravvivere in qualche modo e ciò presupponeva che avesse un modo per raggiungere cibo e acqua. Se lo avesse seguito, sarebbe dovuto arrivare per forza da qualche parte. Poggiò quindi una mano sulla cupola, aspettando che iniziasse a muoversi.
    Attese per una quantità di tempo incalcolabile (durante la quale si disse che, dopotutto, era rimasto “quello di sempre”) e alla fine la sua pazienza fu ripagata perché percepì che la superficie della cupola cominciava lentamente a scivolare verso destra. Rimanendo in contatto con le punte delle dita, si accinse a seguirla camminando accovacciato. Nonostante la lentezza della marcia, la parete non tardò ad essere raggiunta e Shōta si domandò in quale maniera potessero mai procedere, una volta giunti dinanzi ad un ostacolo impenetrabile.
    Con sua grande sorpresa, avvertì chiaramente che la cupola proseguiva il suo cammino senza soluzione di continuità. Allungando una mano e facendola scorrere verso il basso, ne apprese il motivo: c'era un'apertura alta forse poco più di mezzo metro che gli era completamente sfuggita nel corso della piccola "passeggiata esplorativa" nella quale si era cimentato poco prima. Aggrappandosi a questa minuscola speranza, si distese e strisciò a pancia in giù cercando di mantenere un contatto quanto più possibile costante con l'animale e con il soffitto.
    Dopo qualche minuto, sentì che lo spazio sopra di lui aumentava e provò cautamente ad alzarsi evitando di tirare una craniata contro la roccia. Poiché la cosa gli riuscì, riprese a seguire la cupola come prima ma, nel giro di poco, fu assalito da una indefinita sensazione di "spazio".
    Provò a battere le mani una volta e l'eco gli fece intendere che l'ambiente non era angusto come il precedente ma, anzi, piuttosto ampio. Dopo averle sbattute un altro paio di volte, si convinse di trovarsi in un posto a dir poco smisurato. Ciò non rappresentava un rischio minore rispetto al precedente perché, a causa del buio, si correva il pericolo di smarrirsi. E fu per questo che tornò a cercare con le mani la cupola... non trovandola!
    La sua guida era sparita.
    Per la prima volta dopo tanto tempo, in lui si stava facendo strada una sensazione di inquietudine. Cominciò a tastare ovunque, poi di colpo si fermò e si ricordò di avere la soluzione a portata di mano, anzi, letteralmente in tasca: tirò fuori delle mandorle e le lanciò per terra. Passarono diversi secondi ma, alla fine, udì lo sgranocchio salvifico e ogni preoccupazione svanì. L'Akimichi pensò tra sé che, qualora fosse uscito indenne da quella situazione, la frutta secca sarebbe diventata uno dei suoi snack preferiti.
    Il viaggio riprese e dopo qualche minuto i due iniziarono a percorrere una strada curva e in salita, al termine della quale Shōta vide comparire in lontananza un fioco chiarore che ricordava una stella morente. Trattenne la voglia di correre verso la luce per evitare di cadere in qualche altro fosso nascosto e continuò pazientemente ad affidarsi al suo accompagnatore.
    Man mano che si avvicinava, ebbe la certezza che si trattava proprio della lanterna di Taro, così come, giunto in prossimità della stessa, questa gli rivelò infine che la sua guida non era altro che una grossa testuggine, esattamente come sospettava

    Ti devo la vita, vecchio mio disse, ben sapendo che l'animale non era in grado di intenderlo e non avrebbe mai potuto immaginare quanto gli fosse grato.
    Di fatto, erano sbucati dal lato opposto del passaggio che stava percorrendo prima di cadere. Mentre ispezionava il buco (scoprendo che una lastra di pietra era scivolata giù insieme a lui, ponendosi di traverso e tappando lo scivolo) rifletté su quante cose aveva in comune con le testuggini. In futuro non gli sarebbe dispiaciuto approfondire la conoscenza di questo tipo di animale.
    A quel punto, non gli rimaneva che saltare il fosso per tornare indietro, cosa che la tartaruga non poteva fare. Per non lasciarla lì a morire di fame e di sete, la afferrò e la sollevò. Quella subito si rintanò nel carapace, per cui l'Akimichi si ritrovò tra le mani solamente un guscio che, con un piccolo sforzo, riuscì a lanciare dall'altro lato del buco
    Ecco fatto. Spero di essermi sdebitato almeno in parte concluse mentre raccoglieva la lanterna e tornava sui suoi passi.
    Imboccando la via alternativa, dopo diversi minuti notò che l'aria e il terreno si facevano sempre più umidi, mentre il suono di un rigagnolo che fluiva tra le rocce gli suggeriva che la sua meta era ormai a portata di mano.
    Accelerò il passo e, mentre lo scroscio si faceva sempre più forte, superò l'ultimo varco.
    Arrivò in una gola larga all'incirca trenta metri, alta forse cinque volte tanto, che andava a perdersi nelle oscure profondità della caverna, perpendicolarmente alla direzione di marcia di Shōta. Dall'alto proveniva una debole luce e la gola era attraversata per tutta la sua lunghezza da un torrente largo una quindicina di metri, che scorreva impetuoso da sinistra verso destra. La forza dell'acqua sembrava davvero incontenibile.
    urv

    Lungo la riva c'erano dei piccoli sassi strani o qualcosa di simile. L'Akimichi ne prese in mano uno e sentì che aveva un odore rancido e tendeva a spappolarsi. Ne mise un pezzo in bocca, lo masticò e poi lo sputò via. Era chiaramente una fragola marcia, segno che la luce proveniente dall'alto doveva essere proprio il sole che filtrava attraverso la frattura nel fragoleto. Missione compiuta. Segnò tutto sul taccuino e si preparò per il ritorno.
    Ma, mentre stava per andarsene, si fermò a contemplare la potenza del torrente, una delle manifestazioni delle forze della natura che si scatenavano in libertà senza lasciarsi imbrigliare da niente e da nessuno…
    E se avesse provato a misurarsi con loro? Poteva essere un'occasione irripetibile.
    Posò la lanterna, avanzò verso la riva e cominciò ad addentrarsi in quel furente spumeggiare con temerarietà e in pari tempo con raziocinio, senza spingersi oltre il punto in cui poteva toccare. Tra i flutti e i mulinelli, gli fu immediatamente chiaro che rimanere in piedi sarebbe stata una vera impresa... e questa era un'ottima notizia, non avrebbe potuto desiderare di meglio.
    Prese posizione di fianco ad uno scoglio, che sarebbe stato fonte di ispirazione e modello da imitare, quindi allargò le gambe e le flesse leggermente, appoggiando i palmi delle mani sulle ginocchia. Sfidando la pressione dell'acqua, si impose di rimanere saldamente piantato in quel punto, come se ne andasse della sua vita.
    Nel giro di poco, cominciò a galvanizzarsi molto più di quanto non si aspettasse e dovette ricondursi da solo a reazioni più sobrie, onde evitare di deconcentrarsi e perdere l'equilibrio.
    Quando si sentì abbastanza sicuro, decise di alzare il livello della sfida tentando di eseguire uno Shiko. Dovette metterci così tanta attenzione che ne risultò l'alzata di gamba più lenta che avesse mai fatto in vita sua ma la soddisfazione che ricavò dal percepire con chiarezza la gamba d'appoggio monoliticamente inchiodata sul fondale a sfidare la potenza del torrente lo ripagò al mille per mille. Così ne eseguì un altro e poi un altro ancora, finché la freschezza dell'acqua non sembrò quasi essere stata creata apposta per estinguere il bruciore dei suoi arti inferiori. Erano anni che non si applicava così intensamente a quel tipo di allenamento ed eseguirlo in quelle condizioni gli fece assaporare con ancora maggior intensità ogni singolo sforzo, riconnettendolo totalmente con la fisicità del suo corpo.
    A quel punto tornò all'asciutto, recuperò la lanterna e riprese seriamente la via del ritorno.
    I cinque sensi, la propriocezione, la fatica, la forza, la resistenza… durante il tragitto ripercorse tutto ciò che aveva esperito in quella piccola avventura e iniziò, forse, a comprenderne davvero il senso: proprio come accadeva negli allenamenti del suo vecchio, si doveva imparare con il corpo prima che con la mente.

    Al termine del percorso, era abbastanza provato e gli ci volle un bel po' per riabituarsi alla luce del sole.
    Trovò ad attenderlo lo stesso trio che lo aveva accompagnato ore prima. Shingo parve piuttosto sollevato, segno che aveva passato tutto il tempo a macerarsi nella preoccupazione. Benji lo scrutò dapprima con serietà, poi gli rivolse un ampio sorriso.
    La consueta aria paciosa conservava invece Lo Zio che, però, lo seccò all’istante senza troppi giri di parole

    Bentornato… esordì …non voglio fare il guastafeste ma mi corre l’obbligo di dirti che sei solo a metà dell’opera
     
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6 replies since 31/3/2024, 19:15   92 views
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