○Narrato
○ParlatoAvrei voluto sentire il suono della sveglia, mi avrebbe riportato al mondo reale strappandomi da qualche sogno, dopo aver viaggiato in terre inesplorate a cavallo di qualche creatura mitica, forse entrando in contatto con l’essenza stessa della vita. Invece ero lì, contrito tra le mie coperte come se il dormire quelle poche ore a notte fosse una colpa personale, un’espiazione di qualcosa che non avevo ancora compreso e che forse non comprenderò mai. Gli occhiali poco distanti dal mio cuscino mi scrutavano l’anima, erano il mezzo con il quale potevo vedere perfettamente il mondo reale, anche se spesso ne facevo volentieri a meno, una lieve miopia non era la fine del mondo, mi dava semplicemente l’impressione di vedere una realtà ovattata, che sentivo più mia sicuramente, molto più vicina ai sentimenti che percepivo ogni giorno, e sicuramente più idonea al mio pensiero di fare chiarezza in tutte quelle sfocature.
Quel giorno però li avrei indossati, senza sé e senza ma. L’esame per diventare un vero ninja, diventare un genin di Konoha, un passo importante del quale sentivo il bisogno, avvicinarmi il più possibile al motivo per il quale ora mi sentivo così solo, scoprire tutto ciò che riguardava i miei genitori: shinobi scomparsi o traditori?
Il futuro mi avrebbe accolto con tutti i suoi imprevisti, ma qualche previsione, qualche lieve linea guida era presente nella mia mente, ed ogni strada alla quale avessi mai pensato doveva passare per questo esame e per questo giorno. Mi alzai dal futon, attento a non fare troppo rumore, come sempre. La mia camera era condivisa con altri cugini, i quali si sarebbero occupati del turno pomeridiano del negozio di famiglia, era “piacevole” vivere con loro, mantenere vivo un legame familiare aveva sicuramente i suoi effetti positivi, ma avevo già deciso che con i primi soldi guadagnati dall’attività di ninja, avrei optato per cambiare casa, certo non mi sarei potuto permettere una reggia, ma quantomeno un posto dove studiare in solitudine ed essere sicuro di non dare fastidio a nessuno. Ero impossibilitato a tornare nella casa dei miei genitori, era stata posta sotto sequestro come luogo di indagini da quelli che credo siano la squadra investigativa di Konoha, ed ormai era da anni un luogo disabitato. Sia chiaro, so bene di non essere un vero e proprio peso per i miei parenti ma la sensazione di essere ospite perenne nel luogo da chiamare casa, non era più qualcosa con la quale volevo accompagnarmi. Andai in bagno, lavandomi la faccia vidi chiaramente delle lievi occhiaie, dormire così poco sicuramente non era salutare, forse avrei dovuto consultare qualche medico per provare a risolvere, ma ci avrei pensato, anche in questo caso, dopo aver ottenuto i primi guadagni. L’acqua fresca scorreva sul mio viso, non mi piaceva asciugarla immediatamente, era la parte preferita del mio risveglio, sentire quelle gocce d’acqua che scivolano congiungendosi al mento e poi cadono di nuovo nel lavandino, con un rumore sordo. Dopo qualche secondo arrivò il momento di asciugarmi, il mio cervello era pronto ed operativo ed ora anche il mio corpo lo seguiva con precisione. Sgattaiolai dalla zona notte sempre attento a non svegliare nessuno ed indossai le scarpe poste vicine all’entrata di casa, mi ero vestito velocemente senza particolare cura, un pantalone nero e una felpa bianca, la comodità prima di ogni cosa. Sapevo in cosa poteva consistere l’esame da genin, non ero per niente impreparato, gli studenti degli anni precedenti ci avevano detto che a loro era stata fatta qualche domanda di rito, magari su conoscenze generali del mondo ninja e poi la dimostrazione di saper fare uso delle tre tecniche basilari per ogni shinobi. Proprio per questo motivo avevo passato i precedenti cinque giorni a non fare altro, mattina e sera, provando ad utilizzare le tre tecniche e migliorando molto soprattutto con la tecnica della moltiplicazione, il numero di copie identiche al sottoscritto che potevo gestire era aumentato rapidamente, probabilmente sotto la guida di qualche maestro esperto sarei migliorato molto più velocemente ma per il momento il mio metodo sembrava bastare.
Le strade del villaggio come sempre pullulavano di vita nonostante il tempaccio, non capitava spesso, o almeno quando pensavo a Konoha l’immagine che veniva a dipingersi nella mia mente era soleggiata, ricca di colori che risplendevano sotto il sole, ma devo ammettere che quel tipo di atmosfera non mi dispiaceva, così alzai il cappuccio, aprii l’ombrello e mi diressi a passo deciso verso l’accademia del villaggio.
Dopo la ricostruzione avvenuta di recente, l’accademia era tornata ad essere una delle più imponenti costruzioni, troneggiando sulla zona circostante e rendendosi impossibile da mancare.
Ogni volta che passavo nella zona dell’accademia mi era infatti difficile non soffermarmi a guardarla immergendomi in vari ricordi, alcuni di essi piacevoli, altri meno, ma non potevo dire di aver vissuto male il periodo dell’accademia, o meglio, non potevo dire di aver vissuto male i momenti all’interno di essa. Avevo fatto la conoscenza di tanti che volevano diventare ninja, molti di qualche anno più piccoli di me, altri coetanei e qualche ragazzo in ritardo con le normali tempistiche. Tutti sembravano avere un sogno ben chiaro, un obiettivo che nel mio caso non sarebbe riuscito a farmi proseguire in quel percorso. Diventare hokage, la risposta più ovvia, permettere al mondo ninja di vincere la grave guerra che stava affrontando, la risposta più nobile, e poi fama ricchezza e potere, quella forse più onesta. Ed era vero, qualcosa dle mondo in fin dei conti stavo iniziando a capirla: diventare ninja era sì una grande responsabilità, ma apriva l’accesso all’uso di poteri che potenzialmente potevano assicurarti successi militari che avrebbero portato ad accumulare altro potere, forse era un circolo vizioso, forse era il circolo nel quale erano cascati anche i miei genitori? D’altronde in questo mondo sembrano esserci conoscenze alle quali, ai normali shinobi, è proibito accedere. Regole imposte dalle società quindi fanno sì che un determinato individuo non possa accumulare troppo potere e soverchiare gli altri, sarebbe sbagliato, sarebbe pericoloso, ma sicuramente ha il suo fascino, e tutto tornerebbe con la versione dei ninja traditori…
I miei pensieri erano inondati da queste congetture e quasi non mi accorsi di essere entrato in aula. Mi sedetti al solito posto, uno dei banchi in alto, tra le ultime file, distante abbastanza da obbligarmi a portare sempre gli occhiali, onde evitare di passare le lezioni a tenere gli occhi socchiusi cercando di mettere a fuoco al cento per cento ciò che il sensei scriveva bianco su nero alla lavagna. Ero in perfetto orario e probabilmente la pioggia aveva causato il ritardo di qualcuno. Lentamente l’aula si riempì, vidi volti che già conoscevo, ragazzi con i quali avevo condiviso le esperienze dell’accademia e con i quali avrei probabilmente affrontato missioni da quel giorno in poi. Solitamente i ninja dopo il diploma venivano divisi in team, ma situazioni “speciali” come quella che stavamo vivendo comportava una modifica delle cose e con l’avvento dell’osu la vecchia formazione dei team aveva lasciato il posto ad un miscuglio più confuso che in molti casi al posto di aggregare maggiormente, portava i ninja a contare solo su loro stessi, o almeno questo era ciò che ci fu detto da un chunin che venne a farci lezione qualche tempo fa. Non ero solito prendere troppe note, di solito trascrivevo solo ciò che mi colpiva particolarmente, ma col tempo, analizzando le cose che la mia mano appuntava quasi automaticamente, notai senza troppa sorpresa di aver scritto con particolare cura tutti i riferimenti al comportamento di uno shinobi, i suoi doveri e le sue inclinazioni, i ruoli che devono esserci in una squadra per avere una maggior probabilità di successo in missione e così via, soprattutto soffermandomi sulle esperienze personali che mi venivano raccontate, quasi ad imprimere nella mia mente ogni possibile, o quanto meno i più probabili modi di agire di eventuali compagni.
Un ragazzo, giovane ma apparentemente più grande dei presenti, era in piedi accanto alla lavagna, non mi ci ero soffermato troppo entrando ma effettivamente non sembrava uno studente, aveva i capelli chiarissimi, tra il bianco e l’azzurro, degli occhiali sottili ed uno sguardo non troppo intelligente né profondo, sicuramente non una di quelle persone delle quali sarei rimasto affascinato.
Sakata Jiren, Chunin.
Aveva quindi già raggiunto il grado che per molti ninja resta anche l’ultimo.
Si presentò come il nostro sensei di quel giorno, con sorpresa di molti. Avevo sentito che spesso non erano i maestri che ci avevano accompagnato durante l’anno a fare da esaminatori, quindi non rimasi colpito dalla cosa e alla sua domanda non risposi. In quel momento volevo solo fare l’esame, non avevo molte domande da fargli e soprattutto non volevo aggiungermi al gruppo di studenti che con molta meraviglia iniziarono a fare domande del tipo “Ma lei quanti anni ha?”, “Così giovane ed è già un insegnante?”, “Ma la sensei Koharu è malata e non è potuta venire?”. Così mi limitai a guardare fuori dal finestrone dell’aula, vedendolo macchiarsi di gocce a ripetizione e attesi che iniziasse l’esame vero e proprio, ma soprattutto aspettavo che i miei “compagni” la smettessero di porre domande inutili che non avevano la mia curiosità.
AZIONI |
qui
PARAMETRI |
Resistenza:x
Stamina:x
MAESTRIE |
CONOSCENZE |
EQUIPAGGIAMENTO |
CONSUMABILI E MATERIALI |
NOTE |
Chiedo scusa per il ritardo ma sono stato poco e bene (ed ancora non mi sono ripreso del tutto, quindi perdona qualche svarione se presente)