[D] La risaia dei dissapori

Oto - 23 D.Z. Primavera

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    CITAZIONE
    Vengono convocati 4 genin ad Oto per conto di un ricco proprietario terriero. Quest'ultimo lamenta l'insolita contaminazione di molte delle sue scorte di riso. Soventemente, infatti, queste vengono infestate da sciami di insetti che distruggono il raccolto ottenuto con tanta fatica. Verrete accolti proprio da lui, il quale vi condurrà ai suoi territori e vi mostrerà l'ultimo silos colpito. Non potrete non notare la presenza di molte guardie dall'aspetto torvo e minaccioso, alcuni ex pirati che invasero quei territori anni addietro.
    Le vostre ricerche vi porteranno a scoprire la causa delle infestazioni di insetti sono tre ragazzini. Questi, rimasti orfani, sono stati vittime dei raggiri del magnate del riso finalizzati all'espropriazione dei territori dei loro genitori. Perciò i ragazzini, discendenti Aburame, hanno avviato una guerriglia contro il vile latifondista per costringerlo a farsi ridare le terre di famiglia.

    Almeno 3 giri di post. Aperta a Dan e Shitsubo. Non più di 4 partecipanti.
     
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    ~ La risaia dei dissapori

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    Era un giorno di primavera come un altro. Un sole grande e particolarmente caldo aveva preso possesso del suo regno, dopo aver scacciato l'oscurità delle tenebre e la sua Regina, elargendo ai suoi devoti sudditi la propria luce in maniera magnanima e subdola al fine di magnificare la propria divina figura. Nel cielo non vi era neanche una nuvola a poter schermare quei raggi che sembravano capaci di raggiungere qualsiasi luogo sulla terra, anche i posti più angusti e nascosti, intrufolandosi in fessure rocciose o tra le fronde degli alberi o tra le travi di legno sapientemente inchiodate tra di loro a costituire abitazioni, negozi o strutture di ogni tipo.
    I vasti campi di riso da cui aveva preso nome il Paese erano momentaneamente quiescenti: in primavera avveniva la semina di quella che storicamente aveva e costituiva un pilastro dell'economia locale; dunque, le centinaia di contadini erano accorti nell'eseguire le medesime manovre al fine di far fruttare i loro ettari di terra di lì a qualche mese. Come disegnati secondo precise e rigide regole geometriche, file di terra si alternavano a canali di irrigazione costantemente ricolmi di acqua, talvolta stagnante e dall'odore sgradevole, di cui la pianta era avara ed insaziabile.
    Agli occhi di uno straniero forse quel motivo monotono poteva risultare fastidioso ed alienante, ma agli occhi dei locali sembrava suscitare un innato senso di calma e serenità, lo stesso sentimento che si prova ripensando ai capisaldi della propria esistenza, a quelle cose o persone che malgrado l'incedere del tempo rimangono immutate e perfette, il "luogo" dove rifugiarsi e sentirsi al sicuro quando tutto il resto inesorabilmente si dissolve in cenere.

    Per il resto del mondo quello era un giorno come un altro, dettato dalla medesima asfissiante routine imposta dalla società e dal mondo del lavoro.
    Per Akame quel giorno era qualcosa di più.
    La sveglia era suonata alla solita ora, inondando il suo piccolo monolocale di un rumore fastidioso e sgradevole: come al solito si era recata in bagno, aveva sistemato il letto e aveva liberato il tavolo in modo da poter fare colazione; pigramente si era vestita come di consueto, aggiungendo però un accessorio, una particolare targhetta di metallo che aveva ricevuto nemmeno ventiquattro ore prima, l'onorificenza e la prova di aver superato l'esame finale dell'Accademia Ninja, divenendone una a tutti gli effetti.
    La placca metallica era lucente e luminosa, nuova di pacca e ancora priva di alcun segno di usura: al centro era incisa un'elegante nota musicale, il simbolo del Villaggio del Suono e della sua appartenenza ad esso: per lei quel coprifronte - che aveva deciso di indossare sulla coscia destra - valeva più del significato comunemente attribuitogli di appartenenza ai ranghi militari o di simbolo di forza o di popolarità come poteva essere considerato dai ragazzini, quasi tutti aspiranti Shinobi; quella era la prova tangibile e innegabile che la sua esistenza era legata a qualcosa di certo e concreto, le donava un'identità ben precisa e definita, un'appartenenza che nessuno avrebbe potuto togliergli.
    Sorrise e la sua figura riflessa nel metallo ricambiò la cortesia; quindi, legò i lacci di stoffa alla coscia e uscì dalla sua stanza.

    Mi devo sbrigare, voglio passare in Accademia per vedere se hanno pubblicato gli elenchi con le nuove formazioni!

    La Genin si muoveva agile per il cortile, la sua era una danza elegante e sinuosa priva di bruttezze o di interruzioni: la lunga arma che era costretta a impugnare a due mani, viste le dimensioni, si muoveva in maniera sincrona insieme al suo corpo, quasi ne costituisse una perfetta continuazione. Ogni fendente sferzava l'aria e colpiva il bersaglio in pieno, ghermendolo e conducendolo nel punto voluto dalla spadaccina ove avrebbe potuto impartire il colpo di grazia.
    Il patio che si affacciava sul vasto cortile era pieno di polvere che i bambini, dopo aver giocato, avevano portato con loro come ricordo del divertimento appena concluso. Armata della sua scopa, la recluta menava fendenti a destra e a manca, catturando e spostando ogni singolo granello e accumulandolo un mucchio sempre più grande, avido di tutto quello sporco, infliggendogli alla fine il colpo di grazia proiettandolo nel cortile: terra alla terra. Concluso il suo incarico, la giovane fece scivolare le mani verso la base dell'attrezzo impugnandolo come se fosse una Katana: lo sguardo era fiero e tutto il suo corpo era diritti e in tensione, come a cercare di divenire più grande e minaccioso.
    Fece avanzare il piede destro per poi tracciare una curva da sinistra verso destra, traiettoria seguita dalla lama che aprì le danze con quel mezzano; saltò compiendo un avvitamento atterrando sul morbido terriccio menando un colpo aereo e qui si dilettò nell'esecuzione di parate, affondi e fendenti volti a eliminare le decine di nemici che stava immaginando essere lì intorno a lei.

    Che fai?

    La domanda la spiazzò come un colpo imprevisto e ben assestato tanto da fargli perdere la presa dall'arma che volteggiò in aria finendo per essere intercettata dal Direttore stesso che agilmente l'afferrò e la riportò al suolo nella posizione consona al suo corretto utilizzo.

    Ehm... si, ho finito di pulire il patio e ho INIZIO ad allenarmi un po'...

    Non ti avevo dato il giorno libero?! Oggi sei dispensata dai tuoi doveri qua, sei stata convocata per la tua prima missione. Prendi il tuo equipaggiamento e brigati, non vorrai mica fare tardi, no?

    Missione??! Anche se non ho ancora un Team?!... Vado subito!

    [...]

    Il Palazzo dell'Otokage era un luogo a lei sconosciuto: non era relativamente da molto tempo residente in quel Villaggio e dopo essere stata condotta lì per ottenere il suo permesso di soggiorno non aveva mai avuto altre occasioni per tornarci, considerando poi che la sua carriera militare era letteralmente iniziata il giorno precedente. Suzumi-sama – l’Otokake, l'aveva vista solamente un paio di volte in Accademia, ricordava vagamente il suo aspetto e non ci aveva scambiato nemmeno una parola, se non il corale saluto che tutta la classe le aveva rivolto al suo ingresso. La cosa non le dispiaceva, faceva ancora fatica a parlare in maniera fluente, figurarsi usare le formule di rispetto e cortesia proprie dei contesti formali: questa sensazione di estraneità e di difficoltà a esprimersi non era ancora passata ma quanto meno migliorava di giorno in giorno. Era come se fosse costretta a parlare una lingua straniera da lei poco conosciuta, con lo sforzo di dover tradurre costantemente i propri pensieri prima di esprimerli o di dover decrittare le parole ascoltate in modo da comprenderne il significato: un processo ancora sufficientemente faticoso da indurla, di tanto in tanto, a starsene in silenzio e in disparte, assorta nelle sue riflessioni.
    Dopo un paio di tentativi infruttuosi e altrettante richieste di indicazioni, la giovane raggiunse la sala adibita a ricevere i candidati che avevano risposto alla convocazione: la stanza rettangolare e abbastanza spoglia non aveva nulla di particolare se non un lungo tavolo rettangolare al centro de stessa, contornato di numerosa sede confortevoli; una parete completamente finestrata permetteva alla luce e a un piacevole venticello di entrare rendendo l'atmosfera particolarmente accogliente.
    C'erano solamente due persone all'interno, una era una Kunoichi locale, l'altro era un uomo vestito in maniera elegante e curata, volto appena rasato in modo che il suo folto baffo e il pizzetto grigio risaltassero sul suo volto paffuto, monocolo sull'occhio destro e capelli ben pettinati, coperti in parte da un grosso cappello.

    Ehm.. buongiorno. Io mi chiamo Akame, sono LO Ninja che HO risposto ALLO convocazione...

    Credo di aver detto tutto bene questa volta, brava Akame!

    [...]

    Deve essere uno scherzo! Ho pagato per dei Ninja e il Villaggio mi assegna questi tre sprovveduti? Il biondino pieno di gioielli, quell'altro... che dal fisico non mi sembra uno Shinobi e quella che non sa nemmeno parlare! È un oltraggio!

    Sig. Tanaka, le assicuro che i Genin che ha di fronte sono qualificati per portare a termine l'incarico secondo la sua richiesta e in base alla cifra che ha pagato... La prego, spieghi loro in cosa consiste.

    Vedremo... Ehm, ehm, ebbene mi chiamo Tanaka Akinori, sono uno dei più importanti proprietari terrieri del Paese del Suono, forse quello che produce ed esporta più Riso della Nazione. Mi sono rivolto alle autorità perché nell'ultimo periodo ho subito diversi danni alle mie riserve di riso, apparentemente dovute a infestazioni di insetti. Sono incidenti che capitano ogni anno, nonostante precauzioni e pesticidi. Ma il numero e la frequenza di quest'anno mi hanno insospettito e fatto pensare a del sabotaggio da parte della concorrenza. Non posso permettermi di perderne ancora, abbiamo appena finito la semina, ci vorranno mesi prima del prossimo raccolto...
    Ho addirittura ingaggiato delle guardie di sicurezza private - dei tipi che probabilmente vi faranno tremare per la paura - ma nonostante la loro presenza questi "episodi" si sono verificati ancora.
    Il vostro incarico è quello di indagare la causa e di risolvere il problema di questi incidenti e di farlo anche in fretta, prima che perda altro prezioso denaro.
    Se volete seguirmi, vi accompagno sul luogo dell'ultimo misfatto.


    [...]

    Io mi chiamo Akame. Sono di.. insomma vengo da... abito qui a Oto PER un po' di tempo... Voi siete della Foglia giusto? Come vi chiamate? Piacere! Riconosco il vostro coprifronte. Scusatemi se quando parlo ogni tanto faccio QUALCUNO errore, è che... è troppo difficile da spiegare... Questa è la mia PRIMO missione, in realtà mi sono diplomata ieri all'Accademia!

    Non era semplice per la ragazza comunicare con le altre persone e questa difficoltà tendeva a renderla silenziosa, taciturna e apparentemente triste; d’altra parte, questa attitudine si scontrava con il suo desiderio di connettersi agli altri, di appartenere a qualcosa e a qualcuno, di essere "normale" e non l'Esule ritrovata nei campi di riso.
    Tanaka aveva ragione, le sue proprietà erano talmente immense che era difficile scorgere tutto lo steccato che ne delimitava il perimetro: le forme geometriche delle coltivazioni erano le solite e come una griglia gigantesca dividevano gli ettari di terra in molteplici colonne. Su un versante della proprietà, ben collegato alla strada principale, si ergevano numerosi silos adibiti allo stoccaggio del precedente raccolto. Una volta arrivati sul luogo delle indagini, numerosi uomini e donne camminavano tra le strutture, sorvegliandone gli accessi ulteriormente protetti da un ulteriore individuo variamente armato tra spade, Kunai o balestre: messi tutti insieme probabilmente avrebbero costituito un piccolo reggimento capace di mettere sotto scacco un piccolo centro abitato.
    In quel clima di palpabile tensione, lì i tre avrebbero dovuto svelare il mistero celato tra i campi di riso.


    Ogni tanto nei dialoghi ho messo in maiuscolo degli errori di grammatica commessi dal mio PG nel parlare, per segnalare che sono voluti!

    PS: riletto




    Edited by ¬Dan - 9/7/2023, 10:02
     
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    Scheda Shōta



    Narrato

    Parlato Shōta

    Parlato altrui 1

    Parlato altrui 2

    Parlato altrui 3

    Parlato altrui 4


    Ci sono momenti in cui l'intrinseca coerenza della natura sembra manifestarsi in maniera piuttosto palese. Così, mentre i ragazzi rincasavano dopo un'altra giornata di duro lavoro, la transizione dai canti degli uccelli al frinire dei grilli procedeva parallelamente al dissolversi del sentiero in una confusa penombra incorniciata da venature arancioni.
    Vanga in spalla, Shōta camminava godendosi la frescura portata da un inaspettato venticello.
    Dopo la recente disavventura, il quartetto era stato contemporaneamente elogiato e strigliato per bene, a seconda di quale di queste due caratteristiche gli venisse riconosciuta: audacia o imprudenza (ovviamente l'interpretazione dipendeva strettamente dall'interlocutore).
    Ad ogni modo, oramai erano passate alcune settimane e la cosa non aveva più tanta importanza. Quantomeno non per l'Akimichi, che in quel momento pensava solo ad immergersi nella gratificante sensazione di refrigerio provocata sulla sua pelle dall'evaporazione del sudore dovuta alla brezza.
    Appena giunti a casa, trovarono ad attenderli Benjiro con un consistente pacco di posta, probabilmente vecchia di giorni e giunta in ritardo.
    Il ragazzo cominciò a vagliare i plichi e a lanciarli via con una velocità tale da far dubitare che li stesse davvero esaminando

    …pubblicità, tasse, pubblicità, bollette, pubblicità… niente di che ahahah

    La leggerezza con cui faceva volare ogni foglio senza possibilità di appello mentre rideva allegramente era piuttosto inquietante per la maggior parte dei presenti.
    Ad un certo punto però, nel bel mezzo della furia lanciatrice, comparve una cartolina. Quasi al rallentatore, Benjiro la guardò di sbieco e, con un repentino scatto del braccio, la afferrò creando attimi di suspence

    Questa sembra interessante… mmh, stanno cercando dei Genin per una missione. Che ne dite?

    Agitó il cartoncino come se stesse per lanciare una bistecca a un cane.
    Denbe e Yua, che erano i più vicini, immediatamente si precipitarono verso di lui e iniziarono a contendersela. Ma, come spesso accade, tra i due litiganti il terzo gode e il cartoncino della discordia fu abilmente sottratto da Nyoko.
    Nella stizza altrui, con un ghigno di soddisfazione la rossa iniziò a leggerne avidamente il contenuto ma, dopo pochi secondi, lo gettò via delusa

    Ma che roba è? Questa sarebbe una missione ninja? Sembra più un lavoretto part-time di disinfestazione

    In effetti la richiesta proveniva da un proprietario terriero di Oto le cui scorte di riso stavano subendo continui assalti di insetti.
    Il disappunto si diffuse a macchia d'olio ma Benjiro rise di gusto

    ahahah guardate che non c'è niente di strano. Missioni di questo livello possono essere davvero dei lavoretti. Restano comunque una buona occasione per prendere confidenza con le meccaniche di squadra, visitare posti nuovi e guadagnare qualcosa

    una missione senza intrighi, misteri, combattimenti e avventure? Blah. Se devo occuparmi di insetti, mi basta lavorare nella stalla

    Nessuno sembrava cambiare idea ma Shōta (che era uno di poche pretese) pensò tra sé e sé che non sarebbe stata una cattiva idea accettare. Tuttavia, dando un’occhiata alla cartolina, iniziò a sorgere in lui qualche dubbio: la cosa si doveva svolgere proprio a Oto e non si capiva che razza di proprietario terriero fosse incapace di proteggere le proprie colture dagli insetti… possibile che fosse tutta una trappola di Muramoto per attirarli verso nord?
    Questi pensieri si dissolsero rapidamente quando realizzò che l’inizio effettivo della missione ci sarebbe stato solo nel momento in cui si fosse messo in partenza da Konoha con un Chunin. Dopotutto, neanche il vecchio avrebbe potuto inscenare una cosa del genere sotto il naso delle autorità.
    In ogni caso Benjiro, quasi come se gli avesse letto nel pensiero, disse

    …tranquillo. Filigrana, timbro, carta intestata… so riconoscere un atto ufficiale quando lo vedo

    Se lo diceva lui, c’era da crederci. E così, si decise che l’indomani l’Akimichi si sarebbe presentato all'ufficio centrale di Konoha per prendere parte alla sua prima missione.

    Quella sera a cena, la compagnia (che di agricoltura un po’ se ne intendeva) ebbe una dicussione su come fosse possibile che un proprietario terriero potesse trovare tante difficoltà nel gestire un problema abbastanza ordinario.
    Shōta iniziò a ragionare su quali potessero essere state le mancanze di questo individuo o dei suoi dipendenti. Solitamente, i cereali raccolti non vengono tenuti all’aria aperta, bensì stoccati all’interno di silos chiusi ed era scontato che ciò avvenisse anche in questo caso. Ora, era certo perfettamente plausibile che degli insetti entrassero nei depositi tramite le bocche d’aerazione ma era esattamente questo il punto: proprio perché si è consapevoli di tale eventualità, è quasi obbligatorio mettere in atto delle procedure di debiotizzazione prestoccaggio, magari con dei prodotti naturali a base di piretrina, in modo da prevenire il problema. Era strano che un magnate del riso ignorasse una cosa del genere ed era strano anche che, una volta fatta la frittata, non volesse occuparsene personalmente. Su questo punto, però, Shōta tagliò corto, ritenendo che gli individui più facoltosi hanno spesso la tendenza a cercare di risolvere le faccende più fastidiose e insignificanti per loro tramite il denaro, scaricandole su soggetti esterni.
    Comunque non si venne a capo di nulla. Sarebbe stato necessario trovarsi sul posto per prendere contezza della situazione.

    […]

    Il mattino seguente, dopo un’abbondante colazione, Shōta indossò un maglia bianca di juta con le maniche larghe e lunga fino a metà delle cosce, con un largo pantalone di pari materiale e pari colore. Poi si infilò a tracolla la cintura di cuoio e vi assicurò saldamente il suo Bō. Quindi Completò il tutto cingendosi il capo con il coprifronte mentre Kimiko lo riempiva di raccomandazioni.
    Era pronto per partire.
    Il sig. Demegawa gli avrebbe dato un passaggio fino alle porte della città.

    Appena giunto a Konoha, l’Akimichi si sarebbe diretto verso l’ufficio centrale dove era anche collocata la bacheca con l’indice delle missioni. Qui avrebbe appreso che anche un altro Genin si stava candidando. Si trattava di un ragazzo piuttosto atletico che, con i suoi capelli biondi, un paio di occhi fiammeggianti e un luminoso sorriso sarebbe potuto sembrare l’incarnazione stessa del sole. Regolari tatuaggi dello stesso colore degli occhi ne ricoprivano la parte superiore del corpo e ciò, in aggiunta ad una cascata di monili d’oro, lo rendeva una persona che non passa certo inosservata. Shōta lo salutò con entusiasmo

    Ciao! Allora sarai tu il mio compagno di squadra? Io mi chiamo Shōta. Felice di conoscerti!

    L’Akimichi avrebbe appreso che ad essere solare non era solo l’aspetto di Asahi (questo il suo nome) ma anche il carattere. Ciò lo convinse di aver fatto bene a partecipare.

    Mentre erano intenti a chiacchierare, la porta dell’edificio si aprì e una figura mezza in ombra si fece avanti

    Siete qui per la missione ad Oto?

    Quando venne pienamente illuminato dal sole, fu possibile vederlo bene. Era un uomo dalla corporatura apparentemente normale, capelli bianchi dai riflessi grigiastri e occhi cerulei, con un’espressione accigliata, seria ma non eccessivamente severa. Indossava un completo da esploratore, e portava al collo un fischietto viola

    In risposta alla domanda, Shōta annuì sorridendo

    Esatto. Akimichi Shōta, presente

    Io sono il Chunin a cui è stato assegnato il compito di prendervi in carico. Il Paese del Suono non è esattamente dietro l’angolo per cui, se siete pronti, direi che è il caso di metterci in viaggio. Discuteremo dei dettagli lungo la strada

    E, così dicendo, afferrò il fischietto e ci soffiò dentro due volte. Poi si girò e iniziò a camminare.
    Nonostante il vezzo di richiamarli all’ordine con il fischietto, Shōta ebbe una buona impressione di questo Shinobi. Gli dava l’idea di una persona competente e affidabile.
    Raggiungere il Paese del Suono a piedi avrebbe richiesto almeno due giorni di viaggio ma, complici l’astuzia e la faccia tosta di Asahi, i ragazzi riuscirono a guadagnarsi un viaggio in treno a spese del Chunin.

    […]

    I tre raggiunsero infine Oto. L’approssimarsi della loro destinazione venne preannunciato da un brusco cambiamento di clima: l’aria divenne via via più calda e, soprattutto, più umida. Tanto umida che Shōta ebbe quasi l’impressione di respirare acqua. Solo le caratteristiche del materiale di cui erano composti impedì ai vestiti di appiccicarglisi inesorabilmente addosso. La fresca brezza della sera prima era ormai un pallido ricordo mentre avanzava in quell’aria stagnante. Ma l’Akimichi non se ne crucciò: paese che vai, clima che trovi. Questo è il mondo.
    Camminarono per un pezzo attraverso un paesaggio non molto composito ma disgustosamente regolare nelle forme e la cui mancanza di alture avrebbe avuto il pregio di permettere di scrutare l’orizzonte, se solo l’opacità dovuta al tasso di umidità lo avesse reso possibile. Otogakure era ormai dietro l’angolo.
    Il gruppo fece ingresso nel palazzo dell'Otokage, dove si prevedeva che dovessero incontrare il committente.
    Furono fatti accomodare in una sala dall'arredamento molto essenziale ma evidentemente studiata per rendere confortevole la permanenza anche durante lunghe riunioni perché costantemente illuminata e persino attraversata da qualche corrente d'aria.
    Nella stanza erano presenti tre persone: un signore distinto con baffi, pizzetto, cappello e monocolo (che dal vestiario si sarebbe detto essere un nobile) e due Kunoichi. Una di queste sarebbe stata il terzo membro della squadra. Si trattava di una ragazza che faceva del nero il suo colore distintivo, a partire dai lunghi capelli, per finire con le scarpe. Il buio della notte era intervallato solo dagli occhi cremisi e dal ripresentarsi di questo colore in alcuni accessori da lei indossati.
    Shōta avrebbe voluto fare la sua conoscenza ma non ne ebbe il tempo perché dovette invece presentarsi all'uomo con il monocolo, il quale si rivelò essere proprio il loro committente.

    Dalla sua reazione fu subito evidente che l’uomo avrebbe gradito ritrovarsi dei ninja bell’e fatti e non tre Genin freschi di accademia. Difatti accolse la loro venuta con molto meno entusiasmo di quanto ci si sarebbe aspettati.
    Qualcuno avrebbe potuto risentirsi per questo ma di sicuro non Shōta, che era incapace di offendersi, e non il loro caposquadra, che sottolineò le capacità dei ragazzi e, mostrando estremo pragmatismo, chiese all’uomo di arrivare al succo.
    Dopo aver rivelato di chiamarsi Tanaka Akinori, questi procedette quindi a snocciolare i fatti e ciò che se ne ricavò fu che, a suo avviso, non si trattava di normali infestazioni, bensì di tentativi di sabotaggio. La sua convinzione era tale da averlo indotto ad assoldare delle guardie che, in base alla descrizione, sarebbero state in grado di incutere parecchio timore.
    Adesso alcuni pezzi del puzzle iniziavano a tornare a posto ma, contemporaneamente, altri si staccavano. Shōta ebbe la conferma che i silos erano stati sottoposti al trattamento ma, se i sospetti dell'uomo si fossero rivelati fondati, si sarebbe dovuto capire in che modo il misterioso sabotatore riuscisse a procurarsi e introdurre gli insetti in un ambiente bonificato e, prima ancora, si sarebbe dovuto capire di che razza di insetti si trattasse. Per trovare delle risposte, non rimaneva che raggiungere il luogo del misfatto.
    L'uomo doveva essere dello stesso avviso perché si guardò intorno nervosamente e poi li invitò a seguirli nei suoi possedimenti.
    I ragazzi si stavano accingendo a mettersi in marcia ma il Chunin, che fino a quel momento aveva fatto loro da caposquadra, li richiamò prima che potessero mettere piede fuori dalla porta. Lì informò di alcune faccende che aveva da sbrigare nel palazzo e diede loro l'inaspettata notizia che, a causa di ciò, le loro strade si sarebbero divise.
    Shōta rimase sorpreso perché non credeva che dei Genin potessero essere lasciati soli in un paese straniero ma il Chunin ci tenne a precisare che avrebbero potuto interpretare il gesto come una prova di grande fiducia nei loro confronti.
    Di sicuro adesso avevano un motivo in più per impegnarsi al massimo.

    [...]

    Dopo essersi messi in cammino, finalmente i ragazzi poterono fare le reciproche presentazioni.
    Esprimendosi in maniera incerta e con qualche piccolo errore di pronuncia, la Kunoichi disse di chiamarsi Akame. Vedendo che la ragazza sembrava un po’ a disagio, Shōta ritenne saggio darle il tempo di abituarsi alla situazione e non volle correre il rischio di apparire troppo invadente. Quindi si limitò a salutarla e a presentarsi con un sorriso

    Shōta, piacere! Sicuramente le conoscenze di un’abitante del luogo saranno preziose per due forestieri come noi

    Chiacchierando del più e del meno, alla fine raggiunsero la meta.
    Lì, nella vastità dei possedimenti, torreggiavano gli enormi cilindri metallici all’interno dei quali veniva riposto il riso.
    Tra di essi, schierate in maniera ordinata o colte nell’atto di fare la ronda, vi erano le guardie cui il committente aveva accennato prima. Non mentiva, avevano davvero l’aria di essere dei tipi nient’affatto raccomandabili.
    Shōta adottò nei loro confronti lo stesso atteggiamento che era solito adottare quando incrociava dei cani randagi in procinto di difendere il proprio territorio: passò in mezzo a loro con andatura sicura ma tranquilla, per dimostrare che non rappresentava una minaccia.
    Giunti di fronte ai silos, i ragazzi si fermarono. Era arrivato il momento di decidere come procedere.

    Edited by Shitsubo - 21/7/2023, 17:35
     
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    Asahi




    narrato - parlato - pensato




    Il ritmo dei tamburi di guerra s’era fatto più incalzante ed il fragore dei tumulti avrebbe segnato per sempre la storia del mondo ninja. L’eco del genocidio di Sazan’dur si propagò in ogni angolo del continente occidentale segnando una linea indissolubile nell’assetto delle forze coinvolte. La notizia arrivò come un fulmine a ciel sereno, dilaniando i meandri più profondi dell’anima laddove il senso d’impotenza prese ad insinuarsi ed il tempo scivolava via. I ricordi intrappolavano la coscienza in un vortice di tormento fatto d’odio, afflizione e malinconia. Passai giorni - o forse settimane - a rivoltarmi nel letto notte e giorno. Qualche raggio di sole fendeva la stanza nelle ore diurne attraverso le fenditure delle tapparelle avvolgibili ed il pavimento era diventato ormai un campo minato di cartacce, una volta involucri per cibi pronti. Non ricordo in quale di quei giorni Rishid aveva deciso di lasciarmi contemplare in solitudine quel profondo dolore, giacchè il mio piombare in una forma di mutismo gli suggerì di farlo.

    Rantolai tra le coperte prima di aprire gli occhi e rivolgerli alla sveglia digitale. Le 08:45. L’inerzia era l’unica forza che trainava le mie giornate e quel giorno mi disarcionò dal materasso. I muscoli s’erano intorpiditi per via della crisi depressiva in atto ormai da troppo tempo.

    « Sarà meglio che mi faccia una bella doccia… »

    Così brancolai verso il bagno. Lo scorrere dell’acqua sembrava alleviare le sofferenze del corpo. Un mero palliativo, vista la fonte del problema che era da ricercarsi altrove.

    Una flebile e recondita speranza - legata ad un istinto di conservazione - instillava l’atroce dubbio, un po’ flagello e un po’ rifugio.

    « Se Naomi e Takeo…e la loro gente…fossero riusciti a fuggire da quell’inferno? »

    Un interrogativo alimentato dal silenzio delle istituzioni.

    La porta d’ingresso subì un paio di colpi, attirando la mia attenzione. L’istinto mi suggerì di non ignorare quel segnale così legai un asciugamano in vita per coprirmi mentre m’avviavo verso l’uscio. Sul ballatoio un Chunin dalla capigliatura cinerea portava tra l’indice ed il medio una lettera che riportava la stampa dell’emblema del Suono.

    « Abbiamo bisogno di te, Asahi. »

    Mi porse la missiva, spiegandomi che la mia convocazione era stata disposta dagli uffici dell’Hokage convinti che una piccola trasferta era quello di cui necessitassi. L’incarico pareva piuttosto elementare, quel tanto che ne giustificava il grado ma fin troppo per una gita fuori porta in un contesto così delicato. Evidentemente la convinzione ch’io dovessi cambiare aria era effettivamente una necessità per il villaggio. Il fatto mi spinse a ragionare su quanto i miei concittadini avessero bisogno di me.

    « Dobbiamo farci trovare pronti per combattere le minacce e riportare la pace tra la nostra gente. Devo smetterla di piangermi addosso… »

    Afferrai la lettera e congedai il mio superiore, il quale mi diede appuntamento al mattino seguente.

    La notte passò meno turbolenta delle precedenti. La sveglia intervenne a destarmi e scattai in piedi con inaspettata vitalità pronto a riprendere in mano la mia vita. Il dubbio era ancora lì, non poteva svanire da un giorno all’altro, solamente l’avevo accantonato per far risplendere il sole dentro me, esattamente come Naomi avrebbe voluto che facessi. Indossai un paio di comodi pantaloni di seta e m’adornai dei miei numerosi gioielli ed assicurandomi che lo specchio restituisse un’immagine lusinghiera lo ripagai con un sorriso radioso. M’accorsi d’aver perso qualche chilo in quelle settimane, tuttavia, avevo già pianificato di sfruttare il viaggio per risvegliare il mio fisico intorpidito. Scorrazzai per le strade del villaggio ignorando più d’una voce che enunciava il mio nome. Probabilmente la mia assenza aveva destato qualche sincera preoccupazione, soprattutto alla gente del vicinato con cui ero solito condividere le mie estrosità. Guadagnai l’altezza saltellando da un tetto all’altro mentre assaporavo a pieni polmoni la fresca aria di primavera, panacea per i miei sensi. Atterrai dunque nei pressi del tabellone in legno, a pochi passi dalle porte del villaggio. Esaltato per l’imminente avventura mi guardai intorno con un largo sorriso stampato sul volto.

    « Ciao! Allora sarai tu il mio compagno di squadra? Io mi chiamo Shōta. Felice di conoscerti! »

    Incrociai lo sguardo con il ragazzo corpulento e dalla faccia paffuta. Dal tono della voce e l’espressione che teneva sembrava altrettanto entusiasta. Dunque allargai gli argini del sorriso e risposi con fervore.

    « Anch’io sono felice di fare la tua conoscenza, Shōta! » Ne approfittai per dargli una bella pacca sulle spalle. « Il mio nome è Asahi. Se sei diretto anche tu ad Oto, allora pare proprio che saremo compagni! »

    Non passò più di qualche secondo che all’appuntamento arrivò anche il Chunin, lo stesso che mi aveva consegnato la lettera. Con un cenno del capo mi fece intendere che apprezzasse la mia presenza, nonostante il momento particolare. Evitò di dilungarsi in convenevoli e con un paio di fischi annunciò la partenza, comunicandoci che ci avrebbe fornito ulteriori dettagli lungo la strada.

    Prendemmo il lungo viale che portava alla stazione e mentre ci venivano forniti i primi dettagli ne approfittai per qualche esercizio aerobico che mi consentisse comunque di mantenere il passo ed allo stesso tempo la giusta attenzione. Sul treno la situazione cominciò a delinearsi con più chiarezza e nei momenti più informali non mancai di dar spazio a tutta la mia espansività. La compagnia dei miei due nuovi amici contribuì a darmi nuovi stimoli per non pensare a Sazan’dur. I verdi prati delle Terre del Fuoco lasciarono spazio l’indomani alle peculiari risaie del Suono, segno che la meta era sempre più vicina. La locomotiva s’arrestò sbuffando ed il nostro accompagnatore ci annunciò il nostro arrivo a destinazione. Appena poggiai piede sulla banchina mi accorsi di quanto il clima umido pungolasse le ossa, pentendomi da subito di aver tralasciato come mio solito le parti superiori del vestiario. Usciti dalla stazione, decisamente più modesta di quella di Konoha, una landa grigiastra ci si stagliava davanti ed un velo d’umidità abbracciava ogni cosa.

    « Beh, sembra proprio che abbiano bisogno di gente come me da queste parti! »

    Una battuta di così basso livello che probabilmente avrebbe tratto in imbarazzo anche i miei colleghi. Fortunatamente erano i soli a poterla udire.

    […]



    Gli edifici di Oto non spiccavano per altezza, dopotutto il suo reticolato s’espandeva prevalentemente nel sottosuolo, così come l’aveva ideata il suo fondatore. Per le vie cittadine trovai una profonda differenza tra la vivacità della Foglia e la cauta diffidenza con cui i miei sorrisi venivano ricambiati. Con spontanea curiosità domandai al nostro superiore quali fossero le peculiarità combattive dei ninja locali; pare che questi avessero sviluppato un’intera gamma di jutsu basati sul suono e proprio da lì prendevano il nome quelle terre.

    Arrivati al palazzo dell’Otokage ci scontrammo con le severe e minuziose pratiche di controllo degli ufficiali in servizio. Gli ordini arrivavano bruschi e precisi e - così come ci era stato raccomandato a Konoha - li eseguimmo con rispettosa collaborazione. Il periodo storico imponeva la massima cautela, nonostante l’Alleanza si fosse riproposta più forte e coesa che mai. Fummo scortati per i corridoi del palazzo e presto ci introdussero in un’ampia sala al cui interno ci aspettavano altri shinobi. Una fitta improvvisa mi prese lo stomaco, ricordandomi che da diverse ore non ingerivo del cibo. Mi voltai verso Shōta che si trovava subito al mio fianco e attirai la sua attenzione pungolandolo con il gomito.

    « Ehi amico… » dissi con tono basso. « Che ne dici se chiedo di ordinarci due bei piattoni di Ramen da sbaffarci nel frattempo che discutiamo della missione? »

    L’espressione che assunsi rasentava il ridicolo.

    « Deve essere uno scherzo! Ho pagato per dei Ninja e il Villaggio mi assegna questi tre sprovveduti? Il biondino pieno di gioielli, quell'altro... che dal fisico non mi sembra uno Shinobi e quella che non sa nemmeno parlare! È un oltraggio! »

    Intervenne seccato un uomo dall’abbigliamento elegante ed un discutibile baffo grigio. L’istinto mi suggerì di buttar l’occhio al nostro accompagnatore, il quale saggiamente s’asteneva dal commentare tali bassezze. Inarcai le spalle e continuai a mantenere il mio sorriso mentre mettevo in ordine la mia bigiotteria.

    « Vedremo... Ehm, ehm, ebbene mi chiamo Tanaka Akinori, sono uno dei più importanti proprietari terrieri del Paese del Suono, forse quello che produce ed esporta più Riso della Nazione. Mi sono rivolto alle autorità perché nell'ultimo periodo ho subito diversi danni alle mie riserve di riso, apparentemente dovute a infestazioni di insetti. Sono incidenti che capitano ogni anno, nonostante precauzioni e pesticidi. Ma il numero e la frequenza di quest'anno mi hanno insospettito e fatto pensare a del sabotaggio da parte della concorrenza. Non posso permettermi di perderne ancora, abbiamo appena finito la semina, ci vorranno mesi prima del prossimo raccolto...
    Ho addirittura ingaggiato delle guardie di sicurezza private - dei tipi che probabilmente vi faranno tremare per la paura - ma nonostante la loro presenza questi "episodi" si sono verificati ancora.
    Il vostro incarico è quello di indagare la causa e di risolvere il problema di questi incidenti e di farlo anche in fretta, prima che perda altro prezioso denaro.
    Se volete seguirmi, vi accompagno sul luogo dell'ultimo misfatto. »


    Ascoltai quelle parole con attenzione e quando il monologo si concluse m’estraniai per qualche secondo per rielaborare il tutto. Certo non ero troppo entusiasta di dover aiutare un ricco e bigotto latifondista, così decisi di concentrarmi sull’esperienza in sé e sulle nuove conoscenze. Tra queste c’era la kunoichi locale.

    « Io mi chiamo Akame. Sono di.. insomma vengo da... abito qui a Oto PER un po' di tempo... Voi siete della Foglia giusto? Come vi chiamate? Piacere! Riconosco il vostro coprifronte. Scusatemi se quando parlo ogni tanto faccio QUALCUNO errore, è che... è troppo difficile da spiegare... Questa è la mia PRIMO missione, in realtà mi sono diplomata ieri all'Accademia! »

    La ragazza dai folti capelli neri e gli occhi scarlatti manifestava una sorta di difficoltà oratoria evidente che peraltro sembrava procurargli un certo imbarazzo. Decisi quindi di donarle il più amichevole dei sorrisi per poi esordire con la mia presentazione.

    « Akame sei una vera forza!! Dopo il fresco diploma sei già in prima linea per il tuo villaggio. Avrò tanto da imparare da te! Io mi chiamo Asahi e vengo da Konoha, anche se - a dirla tutta - sono cresciuto a Sazan’dur. Non dovrai mai scusarti con noi. Io, te e Shōta siamo una squadra fantastica e porteremo a termine questa missione!! »








    Edited by ¬Seto - 13/7/2023, 00:34
     
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    La vastità dell'azienda del sig. Tanaka era qualcosa di indescrivibile: decine e decine di metri di terreno erano stati meticolosamente arati e preparati alla semina con un ordine e una precisione certosina tale da rasentare qualche disturbo ossessivo compulsivo, non c'era infatti neanche una zolla di terreno fuori posto né tantomeno un difetto di superficie tale da alterare l'angosciante piatta monotonia della coltivazione; ogni centimetro di terreno era stato accuratamente preparato per far crescere il cereale che avrebbe fruttato ingenti somme di denaro una volta immesso nel mercato.
    A interrompere quella regolarità erano dei capannoni in legno e metallo, probabilmente i magazzini dove i lavoratori custodivano i loro attrezzi e i macchinari una volta finito il turno e i famosi silos dalla forma cilindrica sovrastati da un "cappello" di forma conica, uniti tra loro da tubi, passerelle e ballatoi utilizzati dai tecnici con chissà quale funzione.

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    Wow...

    Il genuino stupore negli occhi della ragazza testimoniava come qualcosa di così comune le era del tutto ignota o semplicemente perso nei meandri della sua mente, in cui ancora ombre e amnesia la facevano da padrone impedendole di ricordare chi fosse, da dove venisse e chi l'avesse donato il nome Akame....

    Shōta, piacere! Sicuramente le conoscenze di un’abitante del luogo saranno preziose per due forestieri come noi

    « Akame sei una vera forza!! Dopo il fresco diploma sei già in prima linea per il tuo villaggio. Avrò tanto da imparare da te! Io mi chiamo Asahi e vengo da Konoha, anche se - a dirla tutta - sono cresciuto a Sazan’dur. Non dovrai mai scusarti con noi. Io, te e Shōta siamo una squadra fantastica e porteremo a termine questa missione!! »


    L'entusiasmo dei due Ninja della Foglia la travolsero come una sferzata d'aria fresca, due mani tese verso l'Esule con il solo scopo di guidarla e aiutarla, senza l'ombra asfissiante del giudizio o della malafede, quella che ti sorride quando la guardi e ti spergiura e accoltella alle spalle.
    Akame arrossì dall'emozione, non sapendo bene come rispondere ai due: la bocca era impastata e la mente non riusciva a richiamare e organizzare le parole per dargli un senso compiuto. Ma se nei confronti di Shota riusciva a mantenere un po' di lucidità, quando il suo sguardo incrociava quello di Asahi sentiva il suo cuore pulsare velocemente e violentemente come nell'attimo prima di esplodere, lo stomaco si contorceva attanagliato da crampi e i suoi pensieri si offuscavano quasi lui avesse il potere di privarla del lume della ragione.

    Ehm.. no... si, grazie ma spero di riuscire ad aiutare! Sazan'dur? Non LO SONO mai sentita nominare, dove si trova? E come è Konoha? È un BELLA posto? Io non sono mai uscita dal Paese, a dire il vero dal Villaggio...

    Avrebbe voluto chiedere loro più cose, su come fosse la loro vita nel Villaggio della Foglia, se fossero anche loro alle prime armi o avessero già un po' di esperienza alle spalle, cosa preferivano e cosa invece detestavano, avrebbe voluto vedere come combattevano per capire se tra i Paese esistessero stili differenti e diverse scuole. Le domande si inanellavano una dopo l'altra pronte ad essere enunciate, ma in realtà rimasero esclusiva proprietà della Kuinochi troppo imbarazzata per essere espansiva e loquace, inoltre con la sua pronuncia stentata ci avrebbe messo tutto il giorno per formulare tutti quei quesiti e la strada che li separava dal luogo della missione non era così lunga.

    [...]

    Il complesso di stoccaggio era ancor più monumentale di quanto non apparisse all'orizzonte, al cospetto di quei giganti di metallo tutte le persone lì presenti non sembravano miseri insetti impegnati. Il sito era tutt'altro che deserto, bensì era affollato di lavoratori di ogni categoria tanto da sembrare un piccolo villaggio nel clou della propria giornata lavorativa: tra contadini impegnati nel recuperare le proprie attrezzature e i loro macchinari più o meno tecnologici e i vari operai addetti alla pulizia, sicurezza e funzionamento dei silos, spiccavano delle figure dall'aspetto intimidatorio, dallo sguardo truce e armate sino ai denti, presenza che sembrava turbare tutti i presenti sebbene fossero lì a salvaguardare i loro interessi.
    L'espansivo Asahi salutò tutti coloro che avevano la fortuna di incontrare il suo sguardo, sebbene la cordialità non fosse in alcun modo gradita e tantomeno ricambiata; Akame abbozzò qualche sorriso e qualche cenno con la testa, per poi rinunciare del tutto a quel timido attimo di interazione.
    L'ultima invocazione di aiuto del sig. Tanaka diede il via alle investigazioni, col il trio che riunitosi in disparte, stava cominciando a riflettere sul da farsi.

    Avrei voluto riepilogare TUTTO le informazioni finora in nostro possesso, ma non penso di esserne in grado... Se siete d'accordo, vi propongo di dividere il lavoro per poi aggiornarci tra qualche ora. Va sicuramente FATTA UNA sopralluogo sulla sede dell'ultimo incidente, lì vorrei andare io: conosco abbastanza bene le piante di Oto, POTESSI trovare qualche indizio. Uno di voi potrebbe perlustrare l'area intorno ai silos, alla ricerca di qualsiasi elemento sospetto... Asahi? Infine, Shota, potresti interrogare le guardie? Qualsiasi informazione o dettaglio sarà utile per capire cosa sta succedendo. Siamo tutti d'accordo? Bene, si parte!

    I tre si incamminarono in altrettante direzioni divergenti: l'arte della raccolta delle informazioni, dell'interpretazione della realtà e della deduzione erano abilità e talenti coltivati all'Accademia al pari dell'arte della guerra, anzi probabilmente lo spionaggio e l'intelligence costituivano l'essenza primaria del loro mestiere a cui poi si era forzatamente aggiunta quella del combattimento, spesso necessario per conquistare o difendere le conoscenze.
    Orgogliosa di aver organizzato il team in quel modo, la ragazza raggiunse la sede dell'ultimo incidente il cui perimetro era stato delimitato da nastri colorati e barriere in plastica: l'ingresso allo stesso era impedito da una spessa porta in metallo e da un uomo sui venticinque anni, capelli scuri, barbetta incolta a coprire un viso dai lineamenti ruvidi e capelli altrettanto scuri, legati in una coda alta e dalla carnagione scura; indossava una maglia smanicata beige monocromatica interrotta da una cintura in cuoio cui, nella parte anteriore, erano fissati numerosi coltelli e Kunai facilmente raggiungibili in caso di bisogno mentre la parte posteriore forniva il sostegno ad un lungo spadone probabilmente da brandire con due mani, visti il peso e le dimensioni.

    Ehm, buon pomeriggio... mi SONO Akame, sono uno dei Ninja assoldati dal sig. Tanaka. Questo è il luogo dell'ultimo incidente, vero? Vorrei dare un'occhiata al suo interno, potrebbe lasciarmi passare?

    Non c'è molto da vedere, solamente del riso andato in malora... Non so nemmeno perché sono stato assegnato a questa postazione di guardia...

    Vorrei comunque dare un'occhiata...

    Ah, tanto non ho di meglio da fare. Vieni, ti faccio strada.

    Akame non era certamente mai stata all'interno di un silos né tantomeno si era mai interessata di studiarne le caratteristiche e le peculiarità perché ovviamente esulava dalla sua professione: quello in particolare era costituito da due cilindri concentrici di cui quello più esterno, dove erano attualmente, adibito al passaggio dei lavoratori per le loro faccende quotidiane per lo più incentrate nel monitorare il microclima all'interno del cilindro centrale, rifugio "sterile" delle scorte di riso che venivano introdotte da un'apertura circolare, una sorta di portellone situato nella parte alta della struttura.
    Tutta una serie di display e sistemi di monitoraggio momentaneamente spenti erano affissi sulle pareti esterne della struttura più esterna in modo da lasciare la parete interna trasparente sgombra da ogni ostacolo.
    La guardia puntò il dito verso una mensola qualche metro più avanti, oggetto che in realtà faceva parte di un meccanismo più complesso in grado di comunicare con l'interno, probabilmente utilizzato per prelevare dei campioni di riso per dei test di qualità.
    All'interno del sistema di scambio si trovavano due contenitori in vetro, che vennero da lui presi e mostrati alla ragazza.

    Quindi questa è la condizione del riso... Non sembra essere stato DANNEGGIATA da sostanze chimiche tipo tossine o pesticidi... I chicchi sono di colore normale e anche la consistenza sembra normale, però nessuno di loro ha una forma regolare, sono tutti come spezzati o erosi in più punti... Insetti!

    L'esclamazione della giovane fu seguita dal rapido movimento dell'accompagnatore che con fare seccato poggiò accanto al primo reperto un contenitore cilindrico più piccolo, apparentemente vuoto.

    Esatto, detective! Questi sono stati ritrovati vicino alla parete di metallo, la mattina dopo l'ultimo attacco. Non so perché sono morti, ma questo è quanto...

    Non avete trovato nessun punto da CHE questi insetti sarebbero potuti entrare? Ti dispiace se do UNO occhiata?

    La scrollata di spalle di lui fu tutto quello di cui aveva bisogno per iniziare a cercare.
    Mentre camminava, i suoi occhi roteavano da una parte all'altra alla ricerca di qualsiasi indizio, un'irregolarità nel pavimento o nel muro, un'apertura o qualsiasi forma di comunicazione tra l'ambiente interno e quello esterno. La sua ricerca non diede i frutti sperati, il silos sembrava infatti essere una fortezza inespugnabile il cui unici punti di accesso erano la porta da cui era entrata poc'anzi, il portellone in alto utilizzato per immettere il riso nel silos e la ventola di aerazione responsabile della stabilità del microclima interno. Agilmente la Kuinochi slanciò la gamba destra poggiando i piedi contro la parete metallica e quindi fece lo stesso col sinistro rimanendovi miracolosamente incollata, sotto lo sguardo incredulo della guardia che evidentemente non aveva avuto molto a che fare con gli Shinobi.
    Ricordando le lezioni dell'Accademia, Akame svuotò la mente non pensando all'assurdità del movimento che stava eseguendo né tanto meno a stressarsi nel concentrare ingenti quantità di energia per rimanere in quella posizione sospesa. Piuttosto, non fece altro che cercare di percepire la superficie fredda del metallo sotto i suoi piedi, passo dopo passo, quasi fossero parte del suo corpo e che in realtà non fosse lei a muoversi ma tutto l'insieme a mutare la propria forma consentendole di avanzare.
    In pochi secondi la ragazza raggiunse il portellone, quindi poi il condotto di aerazione, non trovando nulla che potesse farle pensare che un insetto potesse accedere al riso.
    Eppure in qualche modo erano entrati, cinque cadaveri giacevano dentro la teca di vetro.

    Se è vero che i danni sono dovuti a infestazioni di insetti, quello che rimane da capire è come sono riusciti a entrare nel silos e a uscire dai silos... e soprattutto perché lo hanno fatto, visto le tonnellate di cibo ancora disponibile. Possibile che siano stati addestrati da qualcuno? Ma come?! Mi sembra assurdo!

    Discese la parete lentamente, pensando ancora a quanto - poco - scoperto e alla propria teoria non riuscendone in alcun modo a venir a capo; forse i suoi compagni avrebbero gettato più di luce sulla faccenda.

    Mi sembra un vicolo cieco... Ho finito, non mi serve altro, possiamo uscire!

    [...]

    Il rendez-vous tra i colleghi ebbe luogo una volta che tutti i componenti della squadra ebbero completato le proprie investigazioni, in modo da poter condividere quanto appreso e contribuire alla risoluzione del mistero. Come quando ci si approccia alla risoluzione di un puzzle, ognuno di loro mostrò i frutti del proprio lavoro, i pezzi uniti sapientemente fra di loro in attesa di essere collegati a quelli degli altri in modo da tornare a rappresentare l'immagine originale prima che venisse crudelmente tagliata in frammenti.
    L'ultimo ad arrivare era stato proprio Asahi, d'altronde era anche quello a cui era stato dato il compito di coprire l'area più vasta: l'emozione e l'eccitazione con cui li raggiunse agitando una boccetta di vetro all'apparenza comune la lasciò un attimo interdetta, il tempo necessario a tutti loro di fare la propria esposizione secondo i ritmi dettati da Shota, improvvisatosi leader del gruppo.
    A quanto scoperto da Akame questi aggiunse i dettagli forniti dalle guardie relative al loro modo di lavorare, al tipo e alla frequenza di sorveglianza, alla cadenza degli incidenti, insomma un rapporto dettagliato di quello che stava succedendo in quel luogo nelle ultime settimane: dall'interrogatorio aveva evinto che gli episodi avvenivano di notte, a cadenza settimanale e che durante gli stessi non era mai avvenuto nulla di sospetto, mai un rumore, mai qualcosa fuori posto. Eppure, qualcosa succedeva sotto i loro nasi visto che il riso veniva irrimediabilmente rovinato e i cadaveri di alcuni insetti giacevano nel contenitore di vetro custodito nelle mani della ragazza. Asahi aggiunse ulteriore mistero alla faccenda, non avendo riscontrato alcuna traccia di persone nelle vicinanze degli obiettivi.
    Il crimine avveniva nei silos e venivano impiegati degli insetti. Scoprire "come" avrebbe senz'altro aiutato il team a scoprire il “chi”, ovvero il responsabile che si celava dietro tutta quella storia. Poi il colpo di fulmine, la lampadina accesa simbolo di una brillante idea, l'”eureka” dell'investigazione: sacrificando un po' di riso contaminandolo con la sostanza chimica - il solfuro di zinco - in loro possesso e fornitogli ante tempo dal Chuunin - che probabilmente aveva finto di avere altro da fare ma che stava segretamente investigando sulla faccenda in modo che se i tre avessero fallito lui avrebbe comunque risolto il problema - avrebbero reso gli insetti luminosi quindi, una volta terminato l'attacco, avrebbero potuto seguirli fino alle loro tante, in questo caso sino al loro utilizzatore/addestratore.

    Si, funzionerà!

    [...]

    Akame aveva scelto di nascondersi tra le fronde di un grosso albero nelle vicinanze di uno dei silos intatti e potenzialmente vittima di un assalto: gli altri due avevano scelto posizioni altrettanto strategiche, celati dalla natura e con la possibilità di osservare e sorvegliare costantemente l’area di loro interesse.
    I secondi e i minuti erano scanditi ora dal fruscio delle foglie, ora dal passo pensate di qualche guardia nella propria ronda, o ancora dal verso di qualche animale o insetto tipico del Paese. La noia la faceva da padrone per cui la Genin si stava impegnando nel trovarsi da fare per ingannare il tempo, come cercare de di indovinare la specie animali dalla propria voce, osservare la luna e le stelle disegnare le costellazioni - erano stati particolarmente fortunati vista l'assenza di nuvole e la presenza della luna luminosa - o giocare con un Kunai a spese della corteccia del povero albero che le stava offrendo ospitalità.
    Da quell'esperienza sicuramente aveva imparato una cosa: non le piacevano gli appostamenti.
    D'un tratto apparve accanto al silos una piccola "spia" luminosa, seguita da un'altra e poi ancora, sino a che l'effimera luminescenza si era trasformata in una scia danzante, quasi come se un frammento della Via Lattea fosse "precipitata" sulla terra per mostrare da vicino la propria bellezza.
    La trappola aveva dunque funzionato, gli insetti ignari della propria condizione appariscente, li avrebbero condotti alla sorgente del problema e ai responsabili degli incidenti che, evidentemente, non potevano più essere definiti così visto il dolo che vi si celava.
    Agilmente la Kuinochi scivolò già dal rampo, lungo il tronco, iniziando il proprio inseguimento. Dalle loro posizioni, i due Ninja avrebbero probabilmente fatto lo stesso.
     
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    Persistente e metodico come un torturatore, lo strato di umidità continuava incessantemente a tappare ogni singolo poro dell’epidermide.
    Mentre era intento a scrutare l’ambiente, le persone e gli oggetti intorno a lui, un solo pensiero si insinuava in maniera disturbante nella mente di Shōta… era successo davvero: nel bel mezzo di una situazione ben più che formale, Asahi se ne era venuto fuori con l’idea di ordinare del Ramen.
    L’Akimichi sorrise divertito. Ovviamente non era stato possibile realizzare la cosa in quel momento ma la prospettiva non gli dispiaceva affatto. Si ripropose semplicemente di rimandare il tutto al termine della missione: prima il dovere, poi il piacere.

    E detto dovere, al momento, consisteva nel pianificare le indagini preliminari.
    Akame prese in pugno la situazione, dettando le linee d’azione al resto del gruppo

    Avrei voluto riepilogare TUTTO le informazioni finora in nostro possesso, ma non penso di esserne in grado... Se siete d'accordo, vi propongo di dividere il lavoro per poi aggiornarci tra qualche ora

    L’idea di dividersi il lavoro era senz’altro la più sensata. Replicare in tre le stesse azioni sarebbe stato uno spreco di tempo

    Va sicuramente FATTA UNA sopralluogo sulla sede dell'ultimo incidente, lì vorrei andare io: conosco abbastanza bene le piante di Oto, POTESSI trovare qualche indizio

    Anche questo aveva perfettamente senso, essendo lei nativa del posto

    Uno di voi potrebbe perlustrare l'area intorno ai silos, alla ricerca di qualsiasi elemento sospetto... Asahi?

    Asahi non sembrò avere niente in contrario

    Infine, Shota, potresti interrogare le guardie? Qualsiasi informazione o dettaglio sarà utile per capire cosa sta succedendo

    Va bene, farò del mio meglio per cavar loro di bocca qualcosa

    Siamo tutti d'accordo? Bene, si parte!

    Shōta rimase particolarmente sorpreso dalla decisione e dalla lucidità analitica mostrate dalla ragazza. Non che mettesse in dubbio le sue capacità, temeva solo che l’eccessiva insicurezza potesse costituire un freno per lei. Invece si sbagliava e la cosa gli fece molto piacere. Riflettendo tra sé e sé, giunse alla conclusione che forse si trattava di una di quelle persone impacciate nei rapporti sociali ma capaci di mostrare sorprendenti capacità quando si tratta di operare praticamente nella propria area di competenza.

    Dunque, riepilogando: Akame avrebbe ispezionato i silos, Shōta avrebbe provato ad interrogare qualche guardia e Asahi avrebbe perlustrato il campo in cerca di tracce.

    Dopo essersi separato dagli altri con la promessa di riunirsi quanto prima per aggiornarsi a vicenda sulle scoperte fatte, l’Akimichi si diresse verso un gruppetto di guardie intente a fumare una sigaretta.
    Fu subito chiaro che non ci sarebbe stato bisogno di attirare la loro attenzione, poiché era già puntata sui Genin da un bel pezzo: o la situazione non permetteva di trattare nessuno con leggerezza o i ragazzi venivano percepiti come dei rivali. Sta di fatto che avevano un obiettivo in comune e, quindi, sarebbe convenuto a tutti collaborare senza fare troppe storie.
    Uno degli uomini iniziò a fissare Shōta. Il ragazzo lo approcciò senza andare troppo per le lunghe

    Salve, ho bisogno di farle delle domande. Ha un paio di minuti da dedicarmi?

    L’uomo rispose in maniera piuttosto sgarbata

    …che vuoi? Ti ha già detto tutto il Signor Tanaka… no?

    Il ragazzo immaginava già che non avrebbe avuto luogo un’amabile conversazione ma non si aspettava di trovarsi davanti una chiusura così netta. Però l’atteggiamento di quella guardia era abbastanza simile a quello di suo fratello Shingo, per cui c’era sempre la speranza di ottenere qualche informazione toccando i tasti giusti.
    Shōta provò quindi a solleticare l’ego dell’uomo conferendogli implicitamente una certa importanza

    È vero, il Signor Tanaka ci ha spiegato la situazione ma lo ha fatto dal suo punto di vista, che non è certo quello di chi come lei lavora sul campo, sporcandosi direttamente le mani. Ho grande rispetto e fiducia per il Signor Tanaka ma lei e i suoi compagni siete gli unici a potermi aiutare da un punto di vista concreto

    La guardia stette in silenzio per alcuni secondi, cacciò due nuvole di fumo, si guardò con i suoi compari e poi disse

    Hmpf… cosa vuoi sapere?

    Il signor Tanaka sembra pensare che questa distruzione di raccolto sia stata provocata intenzionalmente da qualcuno e il motivo sembra essere la frequenza con cui sta succedendo, dico bene?

    È così… sta succedendo anche troppo spesso

    Quanto spesso, di preciso?

    Ogni settimana. Il periodo non è sempre lo stesso ma non passano mai più di 7 notti tra un attacco e l’altro

    “Notti”? Quindi l’attacco avviene sempre di notte?

    Esatto

    Che prove avete al riguardo? Avete udito rumori sospetti durante la notte?

    No, non abbiamo mai udito niente di strano. Avvicendandoci in tre turni di guardia, copriamo tutto l’arco delle 24 ore. Ognuno di noi, all’inizio del proprio turno, ispeziona i silos per vedere se è tutto a posto. Finora, i danni li ha trovati solo chi era di guardia la mattina

    E a che ora comincia quel turno?

    Alle 6:00

    Quindi gli altri due turni cominciano alle 14:00 e alle 22:00

    Corretto

    Se l’ultimo controllo è alle 22:00, vuol dire che il sabotatore agisce dopo quell’ora…

    No, la guardia di turno alle 22:00 non effettua il controllo

    Ah, quindi non tutti effettuano il controllo all’inizio del proprio turno. E perché no?

    A quell’ora è buio e non sarebbe semplice compiere con precisione tutte le operazioni necessarie per entrare nel silos in sicurezza

    E allora come fa la persona di turno a garantire che è tutto a posto?

    Non può garantirlo. Quella del turno precedente effettua una verifica aggiuntiva poco prima del tramonto

    Quindi non fate alcun tipo di ispezione notturna e l’arco temporale durante il quale potrebbe avvenire l’attacco va dal tramonto all’alba…

    L’Akimichi abbassò lo sguardo e si prese qualche secondo per riflettere. Era più che sensato che il misterioso sabotatore aspettasse di muoversi con il favore delle tenebre per non essere visto ma come faceva a non farsi nemmeno udire? Arrivare vicino al silos, aprirlo o scassinarlo, distruggere il raccolto e poi allontanarsi non poteva essere un’operazione così furtiva. Sarebbe stato necessario conoscere l’esito delle ispezioni di Akame e di Asahi per capirci qualcosa in più.
    C’era ancora una cosa importante che Shōta avrebbe dovuto sapere prima di terminare la conversazione. Tornò a rivolgersi alla guardia, la cui occhiataccia gli fece intendere che la pazienza era ormai agli sgoccioli

    Solo un’altra domanda, promesso

    hmpf… spara ma alla svelta

    Quando c’è stato l’ultimo attacco?

    6 giorni fa

    Quindi c’erano forti probabilità che quella stessa sera il sabotatore si ripresentasse. Poteva essere un’occasione da non sprecare ma ogni minuto poteva essere prezioso perché il sole stava già calando.
    L’Akimichi ringraziò la guardia e tornò nel punto di raccolta convenuto. Lì si sarebbe riunito con i suoi compagni di squadra.
    Akame era già arrivata e di lì a poco giunse di corsa anche Asahi, con l’espressione di chi aveva appena fatto una scoperta sbalorditiva. A vederlo tanto eccitato, Shōta si entusiasmò pensando che avesse trovato un indizio risolutivo. Ma l’entusiasmo durò poco perché si scoprì che tanta foga era dovuta unicamente al contenuto di un barattolo che il Chunin gli aveva consegnato poco prima di salutarli e che adesso faceva bella mostra di sé tra le sue mani: si trattava di polvere di solfuro di zinco. Il composto minerale in questione aveva la proprietà di essere fosforescente e il suo improvviso emettere luce aveva particolarmente sorpreso Asahi. In parole povere, sembrava che il Chunin avesse deciso di dargli un souvenir ma Shōta non poté fare a meno di pensare che si trattava di un gesto abbastanza strano. Questo dubbio continuò a ronzargli in testa anche mentre li metteva al corrente di ciò che aveva ricavato dallo scambio di battute avuto con la guardia e mentre ascoltava quanto avevano da dire.
    Dal sopralluogo di Akame era emerso che i silos sembravano essere assolutamente intatti, come se nessuno li avesse forzati in alcun modo. Eppure, che vi fossero stati introdotti degli insetti era ormai sicuro, tant’è vero che la ragazza tirò fuori un barattolo che ne conteneva alcuni esemplari morti raccolti da una guardia.
    Shōta li osservò per un po’ ma non ne ricavo granché perché appartenevano a una specie per lui sconosciuta.
    Quando venne il suo turno, Asahi rese noto l’esito della propria perlustrazione: non c’erano tracce di alcun tipo e le guardie confermavano di non aver visto niente di sospetto.
    Mettendo insieme i pezzi, il quadro cominciava ad assumere dei contorni ben definiti. In qualche modo, questi insetti erano stati istruiti per raggiungere i silos autonomamente, divorare le scorte e poi dileguarsi.
    Non era una cosa normale.

    Ok, ci sono insetti dotati di una certa intelligenza come le api e le formiche ma questo va oltre. Non ho mai sentito parlare di specie che si possono addestrare come cani da caccia o piccioni viaggiatori per compiere in automatico delle operazioni

    In tutto questo, però, una cosa era certa: dopo aver compiuto il misfatto, gli insetti “addestrati” tornavano nel luogo dal quale erano venuti e, forse, proprio dal loro padrone. Se ci fosse stato modo di seguirli, ci sarebbe stata anche la possibilità di trovarsi faccia a faccia con il colpevole. Ma come si sarebbe potuto seguire un insetto in piena notte?
    Mentre vagliavano le opzioni a disposizione, tutto d’un colpo i due dubbi si scontrarono nella mente di Shōta, risolvendosi a vicenda

    …ma certo! Altro che souvenir, avrei dovuto pensarci prima!

    Il Chunin (che a quanto sembrava la sapeva molto lunga) aveva previsto tutto, procurando appositamente ai ragazzi il solfuro di zinco

    Se lo spargiamo sul riso, potrebbe rimanere attaccato agli insetti permettendoci di individuarli anche al buio

    Forse avrebbe funzionato davvero. Bisognava solo convincere il signor Tanaka a contaminare parte del suo prezioso raccolto in cambio della possibilità di salvare tutto quello che rimaneva. Trattandosi di un sacrificio accettabile, sebbene a malincuore, l’uomo avrebbe acconsentito.

    I ragazzi decisero di allestire la trappola in un silos la cui scorta di riso era particolarmente abbondante ed invitante.
    Prima che il sole calasse del tutto, i preparativi erano ultimati. Mentre le guardie si davano il cambio e si accingevano a comportarsi come di consueto per non dare nell’occhio, la squadra di Genin prese posizione in tre punti strategici intorno al deposito della discordia, abbastanza lontani da non essere scorti ma abbastanza vicini da poter vedere con chiarezza qualunque bagliore.
    Da quel momento in poi, non avrebbero potuto più comunicare tra di loro. Avrebbero solo potuto riporre cieca fiducia nel reciproco sforzo di portare avanti la missione nel migliore dei modi. Shōta sorrise mentre lanciava un’ultima occhiata ai propri compagni che si allontanavano, poi avanzò di alcune decine di metri e si accovacciò in mezzo a delle sterpaglie.
    Dopo pochi minuti il sole andò a morire dietro l’orizzonte e tutta la zona venne progressivamente avvolta dal silenzio e da una coltre di tenebre.

    […]

    Senza un alito di vento a smuovere l'aria, il livello di umidità non accennava a diminuire neanche di notte. Con la consueta pazienza, Shōta mantenne imperterrito la posizione per un tempo che pareva incalcolabile, nonostante le gocce di sudore che gli strisciavano sul collo e gli insetti che decidevano di farsi una passeggiata sulla sua testa. Ogni tanto poteva udire chiaramente il rumore dei passi delle guardie che facevano la ronda e gli riusciva di discernere i contorni di quelle figure nella penombra.
    Tutt'a un tratto, il lato esterno dei suoi occhi ormai abituatisi all'oscurità venne sollecitato da un bagliore tenue ma del tutto evidente. Il ragazzo si voltò verso la fonte da cui proveniva la luce e ciò che inondò il suo campo visivo lo lasciò ammirato: da un lato del silos fluiva copiosamente quello che, da lontano, sarebbe apparso come un fumo verde luccicante, alla cui luminosità avrebbe dato maggiore risalto il suo stagliarsi contro il nero orizzonte, mentre lentamente e sinuosamente si allontanava dal deposito. Dietro le apparenze fatate, ovviamente, si celavano meri insetti imbrattati di minerali in polvere ma ciò non toglie che il tutto si presentasse come una scena quasi magica e Shōta non poté fare a meno di lasciarsi rapire da quello spettacolo almeno per un paio di secondi.
    Ma non era da lui distrarsi durante lo svolgimento di un compito e rapidamente tornò in sé.
    Erano arrivati al giro di boa: presto avrebbero scoperto dove si dirigevano gli insetti.
     
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    « Ragazzi io devo fermarmi qui per sbrigare alcune faccende. » Annunciò il nostro superiore. « Siamo più che convinti che possiate risolvere la questione con le vostre forze. » Proseguì con autorità, assicurandosi che il committente ascoltasse distintamente. Prima di congedarci trafficò nella parte interna della sua giubba ed estrasse un contenitore cilindrico in vetro trasparente, al cui interno era riposta una sostanza in polvere dal colore neutro. « Questa vi sarà d’aiuto. » Disse affidandomi la boccetta; una scelta dettata evidentemente dalla vicinanza e - sicuramente - non per affidabilità. La scossi sottosopra mentre l’avvicinavo al naso per scrutarne la trasparenza.

    « E cosa ci dovremmo fare esattam… »

    M’interruppi mentre riportavo lo sguardo verso la posizione del Chunin, che nel frattempo aveva abbandonato la stanza insieme agli altri shinobi locali. Eravamo rimasti solamente io, Shōta, Akame ed il signor Tanaka. L’imbarazzo fu subito palpabile, così decisi di prendere l’iniziativa con tutta la mia espansività. Afferrai il vecchio latifondista per le spalle ed iniziai a spingerlo verso l’uscita.

    « Forza! È ora di andare a fare un giro tra i suoi campi di riso! »

    Il cappello prese a vacillare sulla sua testa e - dopo qualche metro - il signorotto si divincolò stizzito mentre s’assicurava di non perdere il copricapo per strada.

    Ad ogni modo il signor Tanaka fu il primo ad abbandonare l’edificio, per precederci sulla via che portava ai suoi possedimenti. Dal linguaggio del corpo s’evinceva tutto lo scetticismo che nutriva sulla riuscita dell’operazione. Nonostante ciò, decisi di godermi il tragitto con quei nuovi amici, spingendo lo sguardo in ogni direzione del mio orizzonte visivo e dispensando ampi sorrisi mentre l’eco delle chiacchiere riecheggiava tra le piccole mura che cingevano le strade di Oto . La spensieratezza del momento mi portò a ragionare sulla bontà della scelta che i funzionari del villaggio avevano preso per me; il che m’inorgogliva d’un senso d’appartenenza dolce ed intenso, alleggerendo l’animo di parte del peso di cui - illegittimamente - s’era fatto carico.

    Le ombre ci precedevano bislunghe sul ciottolato ed un timido sole ci guardava le spalle ormai pronto a congedarsi. Passammo sotto un ampio arco di pietra al di là del quale un percorso sterrato segnava il cammino tra incolti prati di umida erba dalle sfumature scure. L’umidità del luogo ne enfatizzava gli odori, inasprendone leggermente l’effluvio che pizzicava le narici.

    Una lunga staccionata delimitava la proprietà dell’anziano bizzoso. A presidiarne i confini degli energumeni dallo sguardo severo e lineamenti ruvidi che differivano anche in termini di tonalità con quelli dei locali. Non portavano alcun coprifronte, né altro che potesse fare intendere la loro appartenenza ai ranghi ninja. Li salutai uno ad uno, anche se di risposta ricevetti solamente occhiatacce.

    « Simpatici questi tizi… »

    Al centro del podere v’era un imponente villa la cui struttura principale era costruita in mattoni chiari mentre gli annessi erano fatti per lo più di legno. A richiamare l’occhio v’erano questi alti sili di metallo, uno per ogni appezzamento. Il signor Tanaka ci invitò a seguirlo verso uno di questi.

    « Vedete…questa è l’ultima coltivazione presa di mira da quei farabutti. Ci toccherà tirar via le erbacce ormai compromesse per poi ripartire con la coltivazione. Oltre al danno economico ed alla frustrazione dei braccianti, ci tocca anche convivere con uno stato d’allerta continuo! Siamo stufi! Vi prego di aiutarci… »

    Il tono di sincero sconforto con cui l’uomo pronunciò quella richiesta di aiuto mi portò a cogliere un lato del suo carattere che sembrava più sincero rispetto a quanto mostrato fino a quel momento. A fatica le palpebre gli trattenevano le lacrime.

    « Non si preoccupi! I miei compagni ed io risolveremo questa situazione. »

    Dunque ci riunimmo poco più in là. Akame prese inaspettatamente l’iniziativa e si lanciò in una disamina della situazione con la sua parlantina sgangherata. Mi persi nel traffico delle parole, ammaliato dalla fragile delicatezza della ragazzetta; e più il suono della sua voce si produceva e più ampio si faceva il mio sorriso. I suoi lunghi capelli corvini le accarezzavano le gote, per scendere fin quasi alle ginocchia. Dai suoi occhi scarlatti scaturiva tutta la sua insicurezza ma anche la sua determinazione.

    « Asahi? » Fui richiamato alla pronuncia del mio nome.

    Imbarazzato per non aver seguito con la dovuta attenzione bofonchiai in senso di risposta, nel tentativo poco convincente di non far trasparire la mia svagatezza.

    « Si si! Perfetto… »

    Mentre Shōta s’accollò di buon grado il compito di interrogare le guardie, ognuno di noi prese la sua strada. Decisi dunque di passeggiare tra le colture, ignaro di quale fosse la proposta che la kunoichi locale aveva destinato a me, così da sfruttare la mia attitudine più sviluppata ovvero quella di scovare le tracce come un segugio. Per prima cosa avrei dovuto trovarne qualcuna. Così - tra un passo e l’altro - aguzzavo la vista sul terreno, assicurandomi di poggiare le suole laddove le mie stesse orme non confondessero il mio operato. L’aria s’era raffrescata e flebili banchi di nebbia cominciarono a formarsi tutt’intorno. Per di più la luce scarseggiava con l’incombere della sera. Nonostante questa serie di fattori avversi, il mio spirito confidente mi spronò subito a trovare una soluzione che mi permettesse di dare un utile contributo alla causa. Spinsi lo sguardo in ogni direzione per assicurarmi che nessuna delle guardie in perlustrazione potesse assistere al gesto che stavo per compiere. Caricai con la tibia la parte centrale di un pezzo di steccato così che questi si rompesse in due parti. Poi strappati un lembo dalla parte inferiore dei miei calzoni ed afferrai il più maneggevole dei pezzetti di legno, avviluppandolo nella parte terminale con la stoffa appena scucita. Richiamando il chakra sulla mano libera la apposi sulla pezza e - una volta rilasciato il potenziale del katon - questa s’infiammò dando vita ad una torcia rudimentale. Gongolai come un bimbo dinanzi alla mia creazione, illuminato in volto dall’ardore della fiamma, la quale risaltava lo splendore della mia bigiotteria.

    « Bene! Mettiamoci all’opera! »

    Scandagliai in lungo ed in largo le scene del crimine, a partire dai sili fino alle adiacenze dello steccato perimetrico. Le uniche tracce che avevo individuato appartenevano al signor Tanaka, alle guardie, ai contadini ed a noi altri. Si può dire che il mio lavoro aveva portato ad un nulla di fatto; eppure la non-informazione portava a due possibili piste: i colpevoli indossavano gli stessi scarponi di qualcuno dei soggetti del latifondo, oppure questi non avevano bisogno di avvicinarsi fisicamente alle coltivazioni. Non era molto, me ne resi conto; tuttavia sperai che i miei due compagni avessero scoperto di meglio.

    Passeggiavo verso il luogo di ritrovo fischiettando con un ritmo scandito, scrutando le prime stelle che si rendevano visibili nel firmamento. Mi dimenticai per qualche attimo della missione perdendomi in quello spettacolo della natura. Quindi avvicinai le mani alle tasche dei pantaloni e le dita di una di queste urtarono il vetro del contenitore che vi avevo riposto.

    « Uh! »

    Tirai fuori la boccetta e quello che vidi dipinse sul mio volto il mio massimo stupore. La polvere al suo interno brillava di luce propria e con sfumature verdastre. Un’evidente reazione di quel composto alla scarsità di luce. Subito s’animò la frenesia di condividere quell’evento con gli altri ragazzi. Così presi a correre verso di loro agitando il contenitore saldamente sopra la mia testa.

    « Ehi!! Ragazzi!!! Guardate qui!!!! Che figoooo!! »

    Una volta ricongiunti non riuscivo a fare altro che agitare quella boccetta per scrutarla in ogni suo lato. Fortunatamente per il sig. Tanaka, c’era qualcun altro che si stava scervellando per mettere insieme tutte le informazioni ricavate. Tra gli altri, Shōta sembrò escogitare il più intelligente dei piani. Lo ascoltai in tutte le sue riflessioni, dopotutto non era affascinante quanto Akame.

    « Si, mi piace! Sei proprio in gamba amico mio! »

    Dunque prendemmo posizione; ben distanziati tra noi in modo da coprire la più ampia area possibile. Il più ghiotto dei sili fu ricoperto al suo interno della polvere fosforescente e non ci restava che sperare che tutte le nostre - o meglio - loro congetture si rivelassero efficaci.

    […]

    Il verso degli animali notturni accompagnava l’estenuante attesa. Iniziavo a risentire profondamente di quell’immobilismo, quasi al punto di balzare allo scoperto per gridare a squarciagola quanto mi stessi annoiando. Se non lo feci era perché avevo tutta l’intenzione di rispettare il piano di Shōta.

    In un attimo di silenzio, un minuscolo puntino verde si allontanò dal silo. A seguirlo, altri due puntini. Mi stropicciai gli occhi per assicurarmi di non essere preda di allucinazioni dovute alla noia. Quando vidi Akame scattare verso la selva capì che stava accadendo esattamente ciò che avevamo preventivato. Dunque l’energia assopita s’animò tutta d’un tratto e con l’esplosività dei miei arti inferiori mi lanciai anch’io all’inseguimento degli insetti.

    « Wooooohoooooo!!! » Urlai elettrizzato, mentre la fresca brezza della notte scompigliava i miei capelli.




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    Akame si muoveva con grazia, mantenendo una postura bassa sulle gambe e appoggiando soltanto le punte dei piedi per massimizzare il controllo del suo corpo. L'obiettivo era agire nel modo più silenzioso e discreto possibile. Non sapeva se gli insetti avessero già percepito la sua presenza o avvertito l'ostilità delle sue intenzioni. Desiderava mantenerli a distanza per evitare di destare sospetti e impedire una possibile fuga, che avrebbe compromesso la loro unica pista verso il responsabile dei crimini contro il riso.
    A occhi estranei, ciò che stava compiendo poteva sembrare un gioco, un inseguimento o una caccia al tesoro; tutte attività tipiche dell'infanzia. Il buio creava mistero e paura, trasformando ciò che di giorno sembrava banale in un'esperienza avvolta da un'aura mistica e soprannaturale, grazie alla fantasia dei bambini. Questo rendeva tutto più adrenalinico ed eccitante.
    Akame avrebbe pagato un caro prezzo pur di poter ricordare quelle sensazioni ed emozioni. Tuttavia, la sua amnesia le aveva strappato via anche quei ricordi, lasciandole solo la possibilità di fantasticare. Si interrogava se quella fosse la sua prima notte d'avventura o se ne avesse già vissute altre. Gli occhi le si inumidirono di calde lacrime, ma concesse solo a una di esse di lasciare il proprio regno, scivolando lentamente sulla rosea guancia prima di riprendere il pieno controllo di sé. Lasciò alla fresca brezza notturna l'incarico di asciugare gli occhi prima che i suoi compagni di squadra potessero scorgere il suo stato di vulnerabilità.

    Il tridente costituito dalle tre traiettorie convergenti tracciate dai ninja inseguitori si sovrappose gradualmente, consentendo alla ragazza di scorgere prima le figure celate dall'oscurità e poi ritrovarsi affianco ai compagni di squadra. Tre segugi erano impegnati a braccare la loro preda fino al momento in cui avrebbero ridotto lo stato di allerta, sentendosi finalmente al sicuro.
    Quell'oasi di salvezza non tardò a mostrarsi, nascosta dietro un muro di siepi e arbusti. L'esile fanciulla fu costretta a districarsi tra di essi per poterlo attraversare. La fortificazione celava dietro di sé una piccola radura illuminata dalla luce lunare, un piccolo paradiso incontaminato nel quale gli insetti, guidati da chissà quale istinto, ruppero la loro "formazione" lineare per iniziare una danza caotica mentre si avvicinavano a una delle tre figure presenti. Quella che aveva fischiato qualche istante prima li richiamava intorno a sé.
    Sembrava assurdo pensarlo, ma quegli insetti, in preda alla felicità, danzavano intorno al ragazzo più alto come un animale domestico con il proprio padrone, dopo qualche ora di lontananza.

    "Che ci fanno tre ragazzi in questo posto sperduto? Possibile che quelli siano i suoi insetti, addestrati per sabotare le riserve di riso?"

    Arrestò la corsa, respirando tranquillamente per recuperare dallo sforzo e assicurarsi che il suo corpo fosse pronto per un possibile confronto con quegli individui sconosciuti.
    I dettagli dei tre individui diventavano sempre più chiari grazie ai raggi lunari e alla fluorescenza delle centinaia di insetti, minuscole fiaccole volteggianti. Il "manipolatore" dello sciame indossava, nonostante fosse notte, degli occhiali da sole scuri che contrastavano con la carnagione pallida del volto. Quest'ultimo era contornato da un taglio di capelli a scodella, una forma poco aggraziata e fuori moda, tanto da sembrare il risultato di un lavoro casalingo, amatoriale.

    Come ogni storia d'avventura che si rispetti, l'imminente scontro fisico fu preceduto dal confronto verbale tra i due schieramenti. Asahi si fece portavoce e primo interlocutore, cercando di comprendere le ragioni dei criminali e tendendo loro la mano come gesto di collaborazione.

    "Fermi dove siete!"

    Ordinò con fermezza "testa a scodella", facendo calare il silenzio nella radura. Il ronzio degli insetti si intensificò contemporaneamente alla risposta del loro padrone, sottolineando l'esclamazione e l'ostilità.
    Deluso, quasi ferito da quella risposta, Asahi fece un passo indietro lasciando che un altro degli "eroi" della storia tentasse di redimerli. Shota raccolse il testimone morale e cercò di ragionare con il capo, presentatosi come Giichi Aburame, in una conversazione che si dilungava sempre più senza mai raggiungere una conclusione concreta.
    Akame, dal canto suo, ascoltava con attenzione e osservava scrupolosamente l'aspetto dei tre. Non poteva fare a meno di concentrarsi sui loro coprifronte, non più lucidi e splendenti come il suo, nuovo di pacca. Si chiedeva il motivo di tali azioni anti-patriottiche, deliberate per danneggiare il Villaggio e il Paese che li aveva nominati ninja.

    "Anche io sono una Shinobi di Oto, guarda il mio coprifronte. Non capisco, spiegami... perché state facendo tutto questo? Anche voi, come me, avete giurato di proteggere Oto e le sue persone, il posto che chiamate casa... Siete o non siete dei ninja di Oto?"

    chiese Akame, lasciando che il cuore parlasse al posto del cervello. Non aveva chiesto nulla di utile per il completamento dell'indagine o della missione; voleva solo capire come fosse possibile voltare le spalle al posto a cui si appartiene. La sua voce era flebile, ma non tradì l'emozione delle sue parole.
    Gli occhi le si inumidirono appena, ma l'orgoglio impedì alle lacrime di formarsi. In maniera un po' infantile, indicò il suo coprifronte, il suo vanto, sperando che quel gesto risolvesse il conflitto.

    "…allora… ti interessa sapere perché lo abbiamo fatto?"

    "ATTENTI! NON FATEVI ATTACCARE DA QUEI COSI!"


    Concentrata sull'aspetto sentimentale e psicologico del momento, Akame non si era resa conto di sudare freddo da qualche istante. Grandi gocce d'acqua fredda solcavano linee umide sulla sua schiena, assorbite dal tessuto dei suoi vestiti. La sua frequenza cardiaca e la cadenza dei respiri avevano iniziato a innalzarsi, senza una ragione apparente, considerando che il breve inseguimento non l'aveva affaticata più del solito.
    Fu l'urlo dell'Akimichi a destarla da quel torpore, facendole percepire una sensazione di dolore e prurito alla spalla destra. Ispezionando, scoprì un insetto fosforescente con la testa immersa nella sua pelle, intento a nutrirsi di Chakra.
    La fase di diplomazia trovò tragicamente la sua fine, lasciando spazio a quella più fisica e selvaggia del combattimento.

    Come in un racconto ben strutturato, si formarono tre coppie, tre scontri individuali che avrebbero decretato la vittoria di uno schieramento e la sconfitta dell'altro. Asahi affrontava il presunto leader, Shota il fratello minore, mentre Akame si trovava a duellare con l'ultimo rimasto, forse deluso di dover affrontare una ragazza.
    La Shinobi scattò in avanti, forte di tutto il suo vigore ritrovato dopo aver scacciato il minuscolo parassita, spiazzando il proprio sfidante che grazie a un riflesso apparentemente inconscio riuscì a bloccare con la sua mano sinistra il pugno destro di lei, avvolgendolo e stringendolo con le sue dita quasi fossero spire di un serpente.
    La fanciulla sfruttò il momento del suo slancio e facendo perno sulla sua gamba destra e sulla difesa di lui, balzò verso l'alto caricando un calcio con la gamba sinistra ai danni del suo volto: questa volta l'avversario si fece trovare più pronto intercettando il colpo con entrambe le sue braccia incrociate in una classica posizione di difesa. L'acrobazia di lei continuò con una capriola costruita agilmente calciando all'indietro con l'arto inferiore destro e sfruttando la testa di lui su cui aveva poggiato entrambe le mani, oramai libere: issatasi sulla testa di lui, si lascio cadere alle sue spalle atterrando in piedi con grande leggiadria, lui invece barcollò nella direzione opposta per due o tre passi, prima di ritrovare il proprio equilibrio.
    Intorno a lei i suoi alleati si stavano battendo altrettanto valorosamente, ma lei non era ancora sufficientemente preparata per riuscire ad avere una visione panoramica di tutto il campo di battaglia e contestualmente focalizzare la sua attenzione sui propri nemici: quello che percepiva erano urla di fatica, bagliori luminosi, rumori sordi come di armi che si scontravano tra loro, un calderone di sensazioni confuse a cui non riusciva ad attribuire l'origine.
    Fu l'avversario a prendere l'iniziativa questa volta e, armato di un Kunai per mano, caricò l'avversaria menando un "roverso tondo" con la mano destra che andò a vuoto grazie a un rapido scivolamento all'indietro di lei; l'azione proseguì con una stoccata di lui neutralizzata da lei mediante un primo colpo a mano aperta contro il suo avambraccio in modo da deviarne la traiettoria, quindi afferrandogli il polso e piegando il braccio dolorosamente il braccio contro la sua schiena costringendolo a piegarsi in avanti ove ad aspettarlo avrebbe trovato il suo ginocchio che impattando sul suo stomaco gli avrebbe spezzato il fiato oltre che la presa sulla lama che sarebbe finita nelle mani di lei.

    Sei lento!


    La danza continuò ancora qualche istante, con le due armi che volteggiavano e si scontravano a mezz'aria evocando di tanto in tanto delle scintille che immortalavano instantanee di fatica e concentrazione da parte dei due.
    Un urlo di dolore, apparentemente emesso dal ragazzo dai capelli buffi, fu il segnale che le serviva per mettere la fine a quella schermaglia: deviò l'ultimo colpo con un montante, in modo da far sbilanciare verso l'alto l'avversario e creare un'enorme apertura nella difesa di lui che sfruttò prima eseguendo una spazzata con la sua gamba destra in modo da fargli perdere l'equilibrio quindi poggiando le mani in terra per una migliore stabilità, calcio con il piede sinistro il mento di lui, scagliandolo in aria di qualche metro; raccogliendo il corpo in una posizione di quadrupedia, utilizzò la forza di tutti e quattro gli arti per saltare rapidamente in alto e raggiungere una posizione più elevata del proprio avversario.
    Con grande eleganza, inarcò il corpo in modo da eseguire una rivoluzione lenta e accelerando solo a metà della stessa terminandola con una violento calcio contro il tronco di lui, facendolo precipitare a terra, fuori combattimento.
    La fase di discesa, seppur breve, fu sufficiente a farle capire cosa era successo intorno a lei: Shota aveva avuto la meglio sul proprio avversario mentre Asahi, dopo aver mandato a segno un Jutsu di Fuoco, stava per essere assalito da uno sciame di insetti neri come la pece, una quantità ben superiore al numero ccui avevan assistito fino a quel momento.
    Un urlo di disperazione si levò da parte dei sue alleati, contemporaneamente.

    ASAHI!!



    Edited by ¬Dan - 22/1/2024, 15:05
     
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    Un risonante ronzio accompagnava la nube fosforescente mentre il tamburellare dei nostri passi sull’erba incolta scandiva il ritmo della frenetica rincorsa. Il cuore batteva più energico ed il fresco odore della rugiada s’insinuava tra le mie narici. Mi sentivo libero e leggero, come una rondine in primavera.

    Seguì con lo sguardo quello sciame tuffarsi nella selva poco più avanti. Un fischio intervenne tra quegli stessi alberi. Ormai non avevo dubbi: il colpevole delle angherie si nascondeva da quelle parti ed eravamo riusciti a braccarlo. Ci inoltrammo quindi nella selva mantenendo una distanza tale da renderci agevole la comunicazione e che - allo stesso tempo - ci permettesse di coprire il più ampio raggio possibile. Dovetti schivare un paio di fronde e scavalcare diversi arbusti per non perdere terreno rispetto agli insetti.

    In corrispondenza del diradarsi della fitta boscaglia lo sciame rallentò bruscamente e con un movimento sinuoso andò ad avvolgere la figura di un tizio che aveva tutta l’aria di voler metter fine all’inseguimento. La fosforescenza che gli ronzava intorno illuminava la sua carnagione chiara, condita da un’espressione seriosa. Gli occhi erano coperti da tondeggianti occhiali da sole ed un buffo taglio a scodella completava i tratti fisionomici del ragazzo che grossomodo poteva avere la mia stessa età. Un sorriso beffardo gli si disegnò in volto quando, dall’ombra di alcuni cespugli, spuntarono fuori altri due individui che lo affiancarono.

    Affannato dalla corsa, non avevo ancora ripreso il regolare ritmo di respirazione.

    « *Anf* *Anf* Wuuuu! Che figata, ragazzi!! È stato mooolto divertente… *Anf* »

    Scambiai uno sorriso con Shōta e ammiccai con un occhiolino.

    Poi osservai i tre sconosciuti. Indossavano le uniformi tipiche del Suono ed i loro coprifronte ne certificavano l’appartenenza.

    La temperatura s’era sensibilmente abbassata e la fresca brezza notturna pungolava le mie ossa, soprattutto nella parte superiore che d’abitudine lasciavo scoperta.

    « Dunque siete voi i responsabili dei grattacapi del signor Tanaka…dico bene? »

    La conferma della mia asserzione arrivò solamente dalle loro espressioni irriverenti.

    « Quel vecchio scorbutico non spicca certo per simpatia…tuttavia il frutto del suo duro lavoro sostenta un bel numero di famiglie qui a Oto e non merita il trattamento che gli state riservando. »

    Feci un passo in avanti per lanciare un segno di collaborazione prima di proseguire.

    « Che ne dite se torniamo al villaggio per discutere… »

    « Fermi dove siete! » Esclamò deciso quello che a tutti gli effetti sembrava il capo-banda, mentre il fragore degli insetti che si avvicendavano tra le sue vesti alimentava l’enfasi del suo ordine.

    Il suo fare scontroso disilluse il mio solare spirito cordiale. Così, come deluso, finì per assecondare quel ragazzo e lasciai che fossero i miei compagni a continuare nel dialogo.

    Shōta e Akame presero a far valere le proprie ragioni e spronarono a più riprese la collaborazione dei tre. Questi rispondevano spazientiti, nonostante dessero l’impressione di voler continuare a tenere in piedi il discorso.

    Il ragazzo con la testa a scodella si presentò come Giichi Aburame e introdusse gli altri due come suoi fratelli. Quel cognome non mi suonava nuovo, avrei giurato che un mio compagno d’accademia portasse lo stesso.

    Nel frattempo, la voce di Shōta si faceva sempre più incerta. In un primo momento attribuii quella stranezza alla conformazione tondeggiante dell’Akimichi che certo non suggeriva atleticità. Poi m’accorsi di come io stesso non fossi ancora riuscito a ristabilirmi dall’affanno della corsa, anzi mi sentivo ancor più fiacco con il passare dei minuti. Improvvisamente il mio concittadino sembrò tarantolato; si dimenò su se stesso prima di lanciare un urlo d’avvertimento.

    « ATTENTI! NON FATEVI ATTACCARE ADDOSSO QUEI COSI! »

    « Cos..? »

    Un intenso prurito richiamò la mia attenzione poco sotto il fianco destro. Un esserino poggiava le sue zampette sulla nuda pelle. Lo scacciai con un brusco e istintivo movimento del braccio ed un moto d’astio s’animò nel cuore e nello sguardo, nei confronti di quelle canaglie. Se c’era una cosa che non potevo sopportare erano i sotterfugi. Il mio essere limpido e sincero cozzava acremente con quegli sporchi mezzucci. Capì che il dialogo non poteva rappresentare il metodo di risoluzione della controversia, dunque dovevamo agire di conseguenza.

    Rassicurai i miei compagni, anch’essi pronti a passare alle maniere forti.

    « Ci penso io a fermare testa a scodella! Voi occupatevi degli altri. »

    Estrassi dunque la mia catena e presi a farla roteare per intimidire il mio avversario. Questi non si mostrò particolarmente preoccupato e rimase fermo sul posto. Sollecitai dunque il mio flusso di chakra e lo indirizzai sulla catena; quindi, fui in grado di chakraguidarla verso l’Aburame. Ancora una volta evitò di scomporsi e con mio enorme stupore si fece catturare dalla mia Tecnica della Stretta d’Acciaio. Quell’attimo interlocutorio mi ipedì di finalizzare la strategia e Giichi non perse tempo nel cogliere la palla al balzo. Infatti, un portentoso sciame di insetti scaturì dalle maniche e puntò dritto alle nostre figure.

    « Dannazione…immobilizzare il suo corpo servirà a poco fintanto che sarà in grado di manipolare i suoi pidocchiosi esseri. »

    Quindi rilasciai immediatamente il chakra che sosteneva la catena e lo concentrai lungo le braccia. Composi con decisione il sigillo della Tigre e due anelli di fuoco ardente si materializzarono scaldando l’ambiente. Li scagliai verso il suolo e gran parte degli insetti vennero carbonizzati dalla mia tecnica. Quest’ultima però non finì di produrre i suoi effetti. Infatti, due lingue di fuoco iniziarono la loro corsa sul terreno andando a tracciare un perimetro circolare intorno al ninja del Suono, il quale ne risultò catturato.

    Nel frattempo, i miei compagni stavano affrontando a viso aperto gli altri due shinobi. Il clangore dei kunai mi sfiorava le orecchie, laddove la premura degli avversari nel liberare il proprio compagno si scontrava con la ferma determinazione dei miei amici nel proteggermi. Non dubitai per un solo secondo del valore di Shōta e Akame, così mi concentrai esclusivamente nel mantenimento di quell’anello di fuoco.

    « Fategli vedere chi siete, amici!! »

    D’un tratto sentì la terra smuoversi sotto i miei piedi e con la coda dell’occhio vidi Ghiici spuntarne fuori esattamente alle mie spalle. Feci appena in tempo ad annullare il mantenimento del mio jutsu che un calcio rotante mi colpì su uno degli zigomi scaraventandomi qualche metro più in là.

    Quel ragazzo era un osso duro, un sapiente utilizzatore delle arti magiche. La fatica e la stanchezza iniziavano a farsi sentire con maggior insistenza.

    « Non riuscirò ad andare avanti a lungo… »

    Nel mio spirito non c’era spazio per lo scoraggiamento. Anzi le difficoltà mi spronavano nel dare il massimo. Shōta e Akame…non potevo deluderli. Incrociai lo sguardo del mio avversario e con gli occhi rilanciai la sfida. La quantità di insetti che riusciva a manovrare si era sensibilmente ridotta, probabile segnale del fatto che anche le sue riserve stavano per esaurirsi. Nonostante ciò, imperterrito ripartì all’assalto con le sue fedeli bestiole. Identificai - poco distante da lui - un masso dalla forma irregolare e subito pensai fosse la mia più grande occasione. Stimolai il mio flusso circolatorio mentre gli insetti stavano per aggredire con veemenza le mie carni. Nell’istante prima che avvenisse, raggiunsi il masso con un filo di chakra. Come imprigionato in un bozzolo mortifero, sentì un sospiro di soddisfazione pronunciarsi dall’Aburame. Ma una nuvola di fumo si liberò nel cuore del bozzolo e la Tecnica della Sostituzione produsse i suoi effetti.

    « Mai cantare vittoria. »

    In sequenza composi i sigilli di Topo, Tigre, Cane, Bue, Lepre e ancora Tigre. Impastai del chakra elementale all’interno del mio cavo orale e lo sputai sotto forma di proiettili infuocati verso la schiena di Giichi. Venne colpito in rapida sequenza e cadde prono sul terreno, con la sua vestaglia che fumava ed il suo dorso in preda all’ustione. Un urlo di dolore riecheggiò nelle vicinanze mentre con le braccia si dimenava nel vano tentativo di alleviare il tormento. Con gli occhi pronti a riversare un fiume di lacrime si rimise in piedi e l’espressione sofferente lasciò in un attimo il posto ad una furente ira. Un numero spropositato di insetti venne richiamato, tanto che s’alimentò in me la sensazione che non avrei potuto fermare tutta quell’energia pronta ad abbattercisi contro. I miei compagni avevano appena sconfitto i rispettivi avversari ma non avremmo avuto il tempo di imbastire una difesa coordinata ed efficace. Quindi lo sciame iniziò la sua corsa e quando mancavano ormai pochi metri affinchè mi raggiungesse allargai le braccia pronto a ricevere quell’ingiusta punizione. Fu quando i centimetri che ci separavano erano ormai inferiori alla decina che socchiusi le palpebre rassegnato. In quel momento il tempo sembrò fermarsi.

    « Sono svenuto…? »

    Riuscì a riaprire prima un occhio e poi l’altro. Centinaia di insetti erano immobili ed insolitamente silenti ad un palmo dal mio naso.

    « Ma che…? »
     
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    Dopo essersi espansa in maniera caotica come una specie di cumulonembo, la nube fosforescente si ricompattò di colpo e iniziò a dirigersi a tutta velocità verso la selva a ovest dei silos. Si sarebbe potuto facilmente immaginare che gli insetti avessero sentito suonare la ritirata, per così dire.
    Affrettandosi ma ponendo attenzione a dove metteva i piedi nell’oscurità, Shōta cominciò a seguirli.
    Avvicinandosi alla selva udì distintamente dei fruscii, segno del fatto che i suoi compagni di squadra si erano lanciati all’inseguimento e lo precedevano di diversi metri. Mentre l’Akimichi riusciva a stento ad individuare l’agile figura di Akame che sgusciava nell’erba, Asahi preannunciò il proprio arrivo lanciando un ululato.
    Arrivato a pochi metri dalla macchia, Shōta sentì un fischio provenire dal punto in cui si erano tuffati gli insetti, poi un altro fruscio da nord, una zona nella quale non avrebbe dovuto esserci nessuno. Ciò significava che il manipolatore aveva un complice e lo stava richiamando per avere man forte contro gli inseguitori, della cui presenza era cosciente. Ormai si giocava a carte scoperte.
    Il tre si lanciarono nella selva atterrando in sequenza uno di fianco all’altro: prima Akame, poi alla sua destra Asahi e infine Shōta. Mentre sollevavano il capo, gli Shinobi videro la nube roteare intorno ad un ragazzo magro, con i capelli a scodella e un paio di occhiali da sole. Aveva l’aria sorpresa ma non eccessivamente preoccupata. Nel giro di pochi secondi, altri due ragazzi saltarono fuori posizionandosi di fianco a lui. Dunque i sabotatori erano addirittura tre.
    Ansimando per la corsa o forse anche per l’adrenalina che gli scorreva in corpo, Asahi manifestò il consueto entusiasmo,

    Wuuuu! Che figata, ragazzi!! È stato mooolto divertente…

    Il calore del biondo era contagioso e all'Akimichi venne spontaneo ricambiare il sorriso che questi gli rivolgeva. Purtroppo i loro avversari non avrebbero aspettato alcuno scambio di convenevoli.
    Il manipolatore di insetti allargò le braccia mentre le sue truppe sembravano darsi il cambio: la gran parte si infilò sotto i suoi vestiti, sparendo, mentre altri cominciarono a fuoriuscire dalle maniche andando a raggrupparsi intorno alle mani. Non era la cosa più strana che gli fosse capitato di vedere in vita sua ma comunque Shōta non aveva mai sentito parlare di una tecnica che permettesse di fare cose del genere. Certo, ormai in quella missione nulla lo avrebbe più potuto stupire.

    In quell'aria fattasi pesante, Asahi prese l'iniziativa e ruppe il ghiaccio

    Dunque siete voi i responsabili dei grattacapi del signor Tanaka…dico bene? Quel vecchio scorbutico non spicca certo per simpatia…tuttavia il frutto del suo duro lavoro sostenta un bel numero di famiglie qui a Oto e non merita il trattamento che gli state riservando. Che ne dite se torniamo al villaggio per discutere…

    Con gli insetti che ronzavano minacciosamente, il tipo con gli occhiali da sole interruppe il discorso, intimando loro di non procedere oltre

    Fermi dove siete!

    Non sembrava che la luminosità del biondo fosse altrettanto contagiosa nei suoi confronti

    La situazione era tesa ma non necessariamente irrecuperabile. L’Akimichi decise di provare ad allacciare un rapporto con i ragazzi per comprendere le loro motivazioni

    Farvi del male non è il nostro scopo. Ma siamo stati incaricati di mettere fine alla distruzione del raccolto e lo faremo. Se collaborerete e ci direte perché lo avete fatto, vedrete che le conseguenze per voi saranno meno gravi

    Inaspettatamente il ragazzo sembrò disposto a parlare

    …meno gravi, dici? E pensi che Tanaka ti ascolterà?

    Dovrà accettare per forza il rapporto che gli presenteremo e faremo tutto il possibile perché chiuda un occhio

    Il ragazzo sorrise leggermente piegando la testa di lato

    ah… allora dovete essere proprio in stretti rapporti con lui…

    Fece una pausa, poi continuò

    …voglio fidarmi di voi… io sono Giichi Aburame e loro sono i miei fratelli

    Io sono Shōta Akimichi…

    Mentre pronunciava queste parole, Shōta iniziò a sentirsi un po’ fiacco. Possibile che quella breve corsa lo avesse stancato così tanto? In realtà non era proprio l’energia fisica che sentiva venir meno.

    Improvvisamente, Akame sbottò indignata contro il trio

    Anche io sono una Shinobi di Oto, guarda il mio coprifronte? Non capisco, spiegami... perché state facendo tutto questo? Anche voi come me avete giurato di proteggere Oto e le sue persone, il posto che chiamate casa... Siete o non siete dei ninja di Oto??

    Era una reazione più che comprensibile da parte di una persona che vedeva dei concittadini compiere atti probabilmente del tutto opposti a quelli che avrebbe potuto compiere lei.

    Ma, anche dinanzi al pollice della ragazza che indicava con fierezza il coprifronte, Giichi non mutò atteggiamento e sembrò anzi approfittarne per stuzzicare la curiosità degli interlocutori

    …allora… ti interessa sapere perché lo abbiamo fatto?

    L’Akimichi era confuso, sia perché cominciava a sentirsi stanco e sia perché l’Aburame sembrava lanciare un amo e poi ritrarlo ogni volta che si stava arrivando al dunque, quasi come se prendesse tempo.
    Cercò di non perdere il focus e provò a buttare un occhio intorno. Non sembrava esserci niente di strano. I fratelli se ne stavano lì fermi senza far nulla e lui anche, con le braccia spalancate… eccezion fatta per le dita, forse. Le scarse condizioni di visibilità non rendevano facile capire cosa fosse reale e cosa no ma Shōta ebbe l’impressione che Giichi muovesse un mignolo ogni tanto e, in corrispondenza dei movimenti, sentiva venir meno le energie.
    Istintivamente iniziò a frugare tra i propri vestiti, si portò una mano sulle spalle, poi sulla nuca e in quel momento sentì un forte prurito seguito da un ronzio. Urlò all’indirizzo dei suoi compagni

    ATTENTI! NON FATEVI ATTACCARE ADDOSSO QUEI COSI!

    Si era fatto completamente fregare da questo potere sconosciuto ma non stette a rimuginare sul Chakra perso. Adesso che era cosciente del pericolo, avrebbe tenuto gli occhi aperti per non ricascarci.
    L’Aburame ghignò. Probabilmente avrebbe preferito continuare più a lungo la sua operazione ma quanto fatto gli bastava.
    Il tempo delle chiacchiere era finito, il tipo era tutt’altro che collaborativo e andava fermato.
    Deluso dall'atteggiamento di Giichi, Asahi non ci mise molto a convertire la sua carica di entusiasmo in spirito combattivo

    Ci penso io a fermare testa a scodella! Voi occupatevi degli altri

    Il motivo fu presto chiaro: il biondo conosceva tecniche tramite le quali avrebbe potuto intrappolare l’avversario e impedirgli di fuggire. Tuttavia, probabilmente sarebbe stato in grado di catturarne solo uno e gli altri due, pur non dando segno di essere capaci di comandare gli insetti, erano pronti ad impedirglielo, ricevendo al contempo supporto da Giichi.
    Sarebbe stato necessario che Akame e Shōta affrontassero i fratelli, cercando di neutralizzarli abbastanza velocemente da poter supportare il loro compagno nella cattura.
    Dopo uno scambio di colpi e un tentativo di cattura tramite catene, Asahi compose il sigillo della tigre, poi assunse una posizione simile a quella del suo avversario e, quasi beffandolo, iniziò anch’egli a far roteare qualcosa intorno alle braccia: in questo caso, due luminosi anelli di fuoco.
    Visibilmente terrorizzato da ciò che gli si parava davanti, Giichi cercò di indirizzare immediatamente gli insetti verso Asahi ma il ninja della Foglia fu più rapido e scagliò violentemente gli anelli a terra. Questi, tramutatisi in lingue di fuoco, schizzarono verso il nemico travolgendo inesorabilmente gli esserini incrociati lungo il cammino, si separarono a metà corsa e poi si ricongiunsero alle spalle dell’Aburame, intrappolandolo in un vero e proprio muro di fuoco, abbastanza alto da essere invalicabile e abbastanza ampio da illuminare l’area di combattimento.
    Un urlo di rabbia provenne dall’interno della prigione. I fratelli, furiosi, si precipitarono verso Asahi, palesemente indifeso perché impegnato nel mantenimento della tecnica. Si erano forse dimenticati che il biondo non era solo?
    Alla sua sinistra si sentì il sibilo di un pugno che fendeva l'aria e poi il rumore sordo del colpo che veniva smorzato dal palmo di una mano: Akame aveva già ingaggiato l’assalitore ma Shōta non avrebbe avuto il tempo di pensare a ciò che facevano gli altri. D’altra parte, ribadì a se stesso, in una squadra affiatata ognuno svolge semplicemente il proprio compito riponendo fiducia nel fatto che i compagni facciano altrettanto.
    Con un breve scatto si interpose tra la testa di Asahi e il calcio volante che stava per arrivargli sul muso. Incrociò le braccia e attutì il colpo. A giudicare dall’impatto, quel ragazzo doveva avere una forza fisica non paragonabile alla sua.
    Il tipo fece una capriola all’indietro, atterrando a 5 metri di distanza, quindi si rialzò e scattò nuovamente verso Shōta. Cercò di assestargli un pugno in volto ma l’Akimichi lo parò con l’avambraccio. Quindi provò a tirargli un calcio negli stinchi ma lo Shinobi assorbì anche quello, senza muovere le gambe di un millimetro. L’avversario, sperando in una distrazione, cercò di aggirarlo per raggiungere Asahi ma non ebbe successo perché Shōta non aveva dimenticato quale fosse il suo obiettivo principale e ne anticipò le intenzioni girandosi rapidamente di lato e afferrandolo per un braccio. Conscio della possibilità che l’Akimichi sfruttasse la presa per ulteriori attacchi, l’Aburame usò il braccio libero per tirare fuori un Kunai e tentare una pugnalata. Questo costrinse Shōta a mollare l’osso e indietreggiare di un metro. Il suo avversario, palesemente infastidito, fece ruotare il Kunai tra le dita e, senza più curarsi di Asahi, lo avvicinò nuovamente tentando un approccio armato. Di fronte a questa eventualità, Shōta decise di rispondere al fuoco col fuoco, estraendo per la prima volta in quella missione il suo Bō. L’Aburame aveva dato prova di essere decisamente più veloce di lui ma meno esperto nel Taijutsu e questo avrebbe potuto volgere le sorti dello scontro a suo favore.
    L’Akimichi fece ruotare il bastone metallico e lo parò verticalmente dinanzi a sé, bloccando il fendente orizzontale in arrivo. Il suo avversario iniziò allora a bersagliarlo di colpi, sia di taglio che di punta, cercando in ogni modo un’apertura ma, giocando di polso e di gomito, Shōta tenne botta parandoli tutti fino all’ultimo. L’Aburame cominciò allora a corrergli intorno in cerchio, approfittando della maggiore mobilità per cercare di colpirlo in qualche punto cieco. Era sicuramente una tattica appropriata, considerando la scarsa agilità dell’Akimichi, ma non teneva conto del fatto che questi compensava la ridotta mobilità con una buona capacità di controllo a corto raggio, girandosi e assestando la propria postura con appropriati movimenti delle gambe e del bacino. In questo modo poté continuare a parare gli attacchi che gli piovevano addosso da tutte le direzioni. Intanto un grido di incitamento di Asahi lo spronò a tenere duro.
    Stanco per l’eccessivo prolungarsi dello scontro, il ragazzino tirò fuori quella che sembrava essere la sua ultima carta: il Chakra Raiton. Allontanatosi di una ventina di metri, concentrò le proprie energie nelle mani e fece sì che il Kunai venisse pervaso da una fortissima corrente elettrica, il cui bagliore bluastro risaltava ancora di più nell’oscurità della selva. Quindi, con uno sforzo estremo, iniziò a correre come un fulmine verso lo Shinobi di Konoha.
    A Shōta parve che lo scontro fosse giunto al suo ultimo atto perché quello che stava arrivando non era un attacco che avrebbe potuto parare in alcun modo. Mentre la saetta azzurra sfrecciava verso di lui, ripose il Bō e giunse le mani. Impastò il Chakra e lo richiamò il più rapidamente possibile, compose i sigilli Pecora, Cinghiale, Bue, Cane, Serpente e indirizzò dei sottilissimi fili di Chakra verso un masso del diametro di un metro, che si trovava alla sua destra.
    In un batter d’occhio, mentre la punta del Kunai si trovava a pochi centimetri dal naso, al suo posto comparve il masso. L’Aburame lo trapassò come burro con tutto il braccio, senza avere il tempo di provare a fermarsi e rimanendoci incastrato dentro. Il peso lo portò a sbattere violentemente a terra e, prima che potesse tentare di liberarsi e rialzarsi, sentì che un piede gli teneva schiacciata la mano libera, mentre la punta del Bō gli premeva sul collo

    Fine del gioco

    Nemmeno il tempo di immobilizzare il suo avversario che un urlo atroce lo costrinse a rivolgere la propria attenzione alla drammatica situazione che si stava presentando poche decine di metri più in là: reso simile a una creatura infernale dagli abiti fumanti, Giichi stava indirizzando una massa abnorme di insetti verso un incredibilmente rassegnato Konohano.
    Cosa diavolo passava per la testa al biondo? Avevano ancora un Ramen in sospeso loro due. Avevano ancora molte cose da fare insieme in futuro. Lasciarsi andare in quel modo? Non esisteva.
    Anche se avesse avuto la lucidità di elaborare una strategia, Shōta non avrebbe avuto materialmente il tempo di farlo.
    Cosa più unica che rara per il compassato ragazzone, il suo corpo si mosse in avanti quasi prima che il cervello potesse elaborare le informazioni e, noncurante del rischio, si lanciò alla cieca verso l'amico

    ASAHI!!
     
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    Al chiaro di luna, in quella radura, la maggior parte dei protagonisti di quello scontro sembravano essere stati catturati in un'istantanea, una fotografia capace di immobilizzare in "posa" tutti i soggetti ripresi impedendo loro di muoversi, un formidabile sortilegio di parlasi generato da chissà quale abilità peculiare o Hijutsu di un Ninja formidabile. Gli insetti erano sospesi a mezz'aria immobili, come se congelati o bloccati da una rete di fili invisibili, estremamente fitta e viscosa; Asahi aveva gli occhi chiusi e le braccia aperte in segno di impotente resa, Shota si era precipitato preoccupato verso il coabitante della Foglia per poi arrestarsi a circa un metro di distanza, il viso che mostrava più i segni della confusione più che dell'angoscia. Infine, Akame era atterrata leggiadra sul manto erboso, scaricando il peso accelerato dalla forza di gravità grazie alla flessione delle sue gambe e al braccio sinistro, costituendo un tripode stabile e forse anche un po' scenografico: sul suo volto si potevano leggere i medesimi segni di apprensione di Shota, sebbene il legame che la connetteva ai due Fogliosi fosse più fresco e meno saldo rispetto a quello condiviso tra i due. La ragazza non era sicuramente un'esperta, ma aveva notato un forte attaccamento del ragazzo più corpulento verso il manipolatore del fuoco; nel corso della missione, si era più volte interrogata su che tipo di relazione esistesse tra i due, se fossero amici di vecchia data, se fosse l'appartenenza allo stesso Villaggio a rendere così salda quell'amicizia o semplicemente se fosse l'indole di Shota a farlo comportare in quel modo. La ragazza coprì la distanza che la separava dai suoi due alleati mediante poche e rapide falcate, riuscendo a mettere bene a fuoco quello che in lontananza aveva solamente intuito ma che sembrava troppo bizzarro per essere vero. Gli insetti erano lì, immobili, o meglio le loro piccole ali si muovevano all'impazzata con il solo compito di lasciarli sospesi in aria; Asahi non sembrava essere il responsabile di quella brusca frenata e, visto lo sguardo stupito di Shota, neanche lui sembrava avere un ruolo in ciò.

    Asahi?! Hai fermato tu gli insetti?!

    L'attenzione ricadde dunque sull'Aburame; la giovane stava tentando disperatamente di trovare una spiegazione a quanto fosse accaduto, ma affermare che brancolasse nel buio era del tutto un eufemismo. A gettare ulteriore dubbio e perplessità fu proprio il loro avversario che cominciò a parlare differentemente; a parità di tono di voce, sembrava che un'altra persona avesse cominciato a usare quella bocca. Il tipo di parole, l'inflessione e l'intenzione delle stesse erano inspiegabilmente differenti.

    Sono il vostro caposquadra! So che non potete capire, ma non ho molto tempo. Vi spiegherò tutto dopo. Fidatevi di me e immobilizzate questo corpo!

    Non ci sto capendo più nulla... che dite, ci fidiamo?

    Fu dunque Shota a risolvere ogni dubbio confermando la genuinità di quelle parole: ricorrendo a un semplice piano, questi domandò all'Aburame/caposquadra di rievocare qualcosa accaduto a Konoha, a centinaia di chilometri di distanza e quindi sconosciuto a tutti i presenti al di fuori del trio Foglioso. Il fischio che ricevettero in risposta risultò essere la risposta corretta, dunque i due si apprestarono ad eseguire il comando, lasciando indietro la ragazza del Suono ancora interdetta e per nulla consapevole di cosa stesse accadendo. Non ebbero nemmeno il tempo di terminare il loro compito che un piccolo plotone di Ninja del Suono si materializzò sulla scena, circondando il gruppo di ragazzini. Anche perché questo parevano al cospetto dei ben addestrati militari che in un lampo avevano preso in custodia il trio degli insetti.

    È questa la vera forza di un Ninja?

    Non poté mascherare ammirazione nei confronti di quella eleganza e di quella maestria, chiedendosi se anche lei un giorno sarebbe divenuta così potente e autorevole. A riportarla con i piedi per terra fu il sorridente e solare Asahi, che si rivolse a quelli come se fossero suoi pari o suoi amici, congratulandosi con loro per l'operato e sottolineando che comunque anche lui non era stato da meno e che stava sul punto di catturare i malfattori. Akame rise divertita dalla genuinità del suo modo di fare.

    Sono d’accordo, davvero un ottimo lavoro, sì.

    Più lentamente e goffamente li raggiunse il signor Tanaka, il latifondista e committente della missione egregiamente conclusa. Il suo arrivo, insieme a quello del loro capitano, segnò però un cambiamento nell'umore generale: il colloquio tra mandante e "criminali" fece emergere delle tristi ma quanto mai comuni verità, ovvero che la cupidigia dell'imprenditore aveva rovinato la vita di molteplici persone, fra cui quella dei fratelli che, rimasti prematuramente orfani, avevano cominciato a delinquere per sopravvivere e per vendicarsi di Tanaka. Il bene e il male, così distinti e ben identificabili, si erano mischiati in molteplici e indistinte sfumature, rendendo meno "buono" e "vittima" Tanaka e meno "cattivi" i tre fratelli.
    La temperatura era scesa nella radura irradiata dalla luce lunare, e insieme al freddo era giunta una pesante coltre di tristezza: Akame era molto confusa da quanto appena appreso e faceva fatica a elaborare tutti quei concetti in un pensiero maturo e ben ponderato. Aveva bisogno di più tempo e di parlare con qualcuno, a casa, dove avrebbe avuto il tempo di metabolizzare le informazioni e prendere una posizione.
    La "pancia" e l'istinto, però, la spingevano a schierarsi dalla parte dei ragazzi contro cui aveva appena combattuto. Non riusciva più a vederli come meri e volgari criminali, ma bensì come ragazzi disperati in cerca di un posto nel mondo. Pensò ai suoi "fratelli e sorelle" più piccoli alla struttura. Pensò a sé stessa.Akame strinse il coprifronte nella sua mano, promettendosi che oltre a diventare forte come i suoi compatrioti, sarebbe stata dalla parte dei più deboli e di chi aveva bisogno.

    Scusatemi...

    Mormorò a mezza voce, forse riferendo
    si al fatto di averli combattuti, o forse facendosi carico del simbolo della nota musicale e scusandosi a nome di tutto il Paese per il torto inflitto loro.
    [...].

    La mattina successiva, dopo la lauta colazione che i tre si erano promessi di condividere insieme, era giunto il momento dei saluti. Alla porta del Villaggio che si affacciava sulla strada per il Paese del Fuoco, nonostante il clima disteso e le risate scaturite dalle parole di Shota e dal modo di fare di Asahi, Akame non poteva che percepire una crescente tristezza per la fine di quell'esperienza e del loro Team.
    Il rapporto tra i tre sembrava averle riacceso qualcosa; quella complicità e affabilità le erano familiari e sentiva di averle già provate in passato, anche se non aveva idea né di dove, né quando, né con chi. Sentiva già la nostalgia per la fine di quel rapporto che, seppur non si avvicinasse lontanamente al concetto di amicizia, costituiva un importante passo per lei nella creazione di nuovi legami.
    Non parlò molto, e al momento dei saluti cercò di mettere insieme delle parole, non riuscendo però a pronunciarle, intrappolate nella sua bocca impastata.

    Un giorno sarò forte e amabile come te, Akame! A presto!!

    Asahi spezzò l'incantesimo dell'imbarazzo: mentre i tre si allontanavano volgendole le spalle, con gli occhi un po' inumiditi e agitando la mano in segno di saluto, la giovane riuscì a rispondere al suo compagno.

    A presto, amici!
     
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    Arrivato a un metro di distanza da Asahi, Shōta inchiodò di colpo. Ciò che vide fu appena sufficiente a dargli la certezza che non ci fosse alcun pericolo imminente per il suo compagno ma, per il resto, lo lasciò totalmente confuso: gli insetti si libravano a mezz’aria senza muoversi di un millimetro, come se una forza invisibile li stesse trattenendo.
    L’Akimichi li guardò con gli occhi spalancati, poi girò la testa verso Akame che, provenendo dalla direzione opposta, si trovava proprio di fronte a lui.

    …eh?

    I due si guardarono stupiti, poi si girarono di nuovo verso gli insetti. Altrettanto sbalordito apparve Asahi quando, resosi conto di essere ancora vivo, riaprì gli occhi e vide la scena

    Ma che…?

    Non era certo il primo evento fuori dal comune in quella missione ma sta di fatto che pareva difficile trovare una spiegazione plausibile. Giichi si era forse pentito? Shōta lo cercò nella penombra e lo vide, del pari, immobile, Quindi provò a rivolgergli cautamente la parola

    …ehi…

    L’Aburame parlò con tono fermo e deciso

    A dopo le spiegazioni. Forza, immobilizzatemi... che aspettate?

    E questo cosa diamine avrebbe dovuto significare? Probabilmente sulla testa dei Genin apparvero degli enormi punti interrogativi fluttuanti. L’assurdità della cosa fu testimoniata dalla reazione di Asahi, che a tratti stava per vomitare.
    Il ragazzo si affrettò a fornire delle spiegazioni, che però non risultavano affatto plausibili

    Sono il vostro caposquadra! So che non potete capire ma non ho molto tempo, vi spiegherò tutto dopo. Fidatevi di me e immobilizzate questo corpo!

    Quel discorso non aveva alcun senso ma sembrava davvero troppo ingenuo per essere un tranello, tant'è vero che anche una persona molto cauta come Akame gli concesse il beneficio del dubbio

    che dite, ci fidiamo?

    Normalmente non sarebbe stato consigliabile ma nella testa di Shōta aveva iniziato a farsi strada una strana sensazione di familiarità, cosa che lo portò a non rubricare immediatamente le parole dell'Aburame come false. Si trattava di echi del passato, ricordi infantili relativi a vecchi amici di famiglia, compagni di squadra dei suoi genitori. Più che altro vaghe sensazioni.
    A rischio di apparire stupido, decise quindi di fare un tentativo molto banale

    se sei davvero chi dici di essere, allora potrai rispondere a una domanda alla quale Giichi non potrebbe rispondere: com'è iniziata la nostra missione?

    Con la fretta di chi non ha un domani, lesto l'Aburame si ficcò gli indici in bocca. Quindi cacciò due fischi che mimavano alla perfezione quelli del fischietto del loro caposquadra

    Non sta mentendo! Blocchiamolo, presto!

    Mentre pronunciava queste parole, fortissimi fruscii provenienti da più direzioni preannunciarono l'arrivo di un gruppo di uomini.
    Un cospicuo numero di Shinobi con il coprifronte del Suono piovve dalla selva accerchiando Giichi. Questi, legato per bene con una spessa corda, all'improvviso sembrò destarsi da un sonno profondo e iniziò a sbraitare contro chiunque.

    Bravi ragazzi!! Comunque, in qualche secondo l’avrei messo al tappeto… esclamò Asahi, le cui condizioni fisiche rendevano, come di consueto, assai poco credibili le sue parole

    Nello stesso momento, da dietro un albero sbucò il loro caposquadra, sgranchendosi le ossa come se si fosse appena alzato dal letto. Questo ricompose il puzzle confuso che c'era nella testa dell'Akimichi: quell'uomo era uno Yamanaka.
    Il Chunin fece i complimenti ai ragazzi, dicendo loro che, sebbene fossero ancora acerbi, se la cavavano bene. Li esortò poi a non interpretare il suo intervento come una mancanza di fiducia nei loro confronti perché, se avesse pensato anche solo per un secondo che non fossero in grado di reggere contro quel trio, sarebbe intervenuto molto prima.
    Mentre l'uomo si allontanava dal team per andare a scambiare due parole con i nuovi arrivati, Shōta chiuse gli occhi per qualche secondo, inspirò l'aria fresca dal sentore silvestre e, infine, espirò lentamente. Era stata una lunga giornata ma stava di fatto che, con quella adunata generale al chiaro di luna, la missione poteva considerarsi sostanzialmente conclusa. E con esito positivo.
    Mise le mani sulle spalle dei suoi compagni e sorrise

    è fatta, ragazzi

    Una voce familiare risuonò alle spalle del gruppo di Shinobi, attirando l'attenzione della squadra

    Sono d'accordo, davvero un ottimo lavoro, si

    Illuminato dalle torce dei ninja, il Signor Tanaka si avvicinò a Giichi lisciandosi un baffo

    Bene bene bene... cosa abbiamo qui? Un incauto teppistello?

    Appena lo vide, l'Aburame divenne idrofobo

    BASTARDO! MALEDETTO! CHE TU POSSA ANDARE IN MALOR...HMPFFF!!

    Due Shinobi lo imbavagliarono. Fu una scena abbastanza patetica e Shōta penso che questi di Oto avevano modi un po' rudi.
    Proprio in quel momento, però, uno dei fratelli Aburame urlò a squarciagola

    Aspettate! Non è come sembra! Lasciate parlare Giichi! Per favore, vi chiedo solo questo... poi potrete fare quello che riterrete più giusto...

    Tanaka lo interpretò come il classico tentativo di cavarsela all'ultimo minuto

    Non funziona così, ragazzino. Non potrete sottrarvi alle vostre responsabilità

    Il Caposquadra, però, fu di avviso diverso perché pregò i suoi colleghi di Oto di dare un'opportunità al ragazzo.
    Benché Tanaka bofonchiasse, alla fine si decise che ascoltarlo non sarebbe costato molto.
    Liberato dal bavaglio, Giichi si rivolse nuovamente al proprietario terriero, ma stavolta con tutt'altro tono. Sembrava tornato il freddo sconosciuto con gli occhiali da sole che avevano incontrato prima

    Dici che noi non potremo sottrarci alle nostre responsabilità... e tu? Non ti sei forse sottratto alle tue?

    Tanaka sembrò sinceramente confuso

    ...che intendi dire?

    ...28 Mezuki... ti dice niente?

    L'uomo iniziò a sudare e deglutì vistosamente mentre sgranava l'occhio dietro il monocolo

    non è possibile! Voi siete...

    ...si... siamo i figli degli Aburame che hai imbrogliato e privato di tutto! Non avevamo più niente per vivere! I nostri genitori hanno lavorato giorno e notte anche d'inverno per recuperare ciò che avevano perso ma non è servito a niente, se non a farli ammalare! E alla fine...

    Non riuscì a terminare la frase. Una lacrima gli rigò il volto mentre serrava il pugno ancora stretto dalla corda

    Seguirono diversi secondi di silenzio. Chiunque si sarebbe aspettato da Tanaka una smentita che, però, non arrivò.
    Chi tace, acconsente. Dunque così stavano le cose. Gli Aburame si rivelarono essere non folli devastatori bensì silenti vendicatori. Soprattutto, Tanaka si rivelò essere, molto banalmente, il classico magnate senza scrupoli e, per questo, a Shōta non poté non ricordare Muramoto.
    A dire il vero, i punti di somiglianza tra la situazione della sua famiglia acquisita alla fattoria e quella degli Aburame non erano pochi e questo lo portò ad empatizzare al 100% con quei ragazzi.
    Purtroppo, però, c'era un problema: per l'Akimichi il rispetto delle regole contava più della morale o delle emozioni. In quel momento la regola era portare a termine la missione e la missione prevedeva che si aiutasse Tanaka (per quanto spregevole) ad individuare gli autori dei sabotaggi, per poi consegnarli alle autorità. A meno di non ricevere ordini di segno opposto, Shōta avrebbe mantenuto il punto anche a costo di ferire i propri sentimenti e la sua espressione impassibile era lì a testimoniarlo.
    In realtà, però, alla fine il problema non si pose affatto perché, nello stupore generale, Tanaka cadde in ginocchio piangendo a dirotto

    ...voi... se siete arrivati a tanto è perché non avevate davvero più niente da perdere... quanto è facile fare del male a qualcuno quando lo vedi solo come un numero in un libro mastro! Non ho scusanti... io... ho sempre sbagliato tutto

    Un velo di tristezza calò sui presenti. Giichi fremette per un istante, poi sbottò

    NO! Stai zitto! Non è questo che dovresti dire! Tu... tu....

    Le parole gli morirono in gola



    il proprietario terriero continuò

    Venite a lavorare per me! So che non basterà a farmi perdonare ma... se accetterete non vi mancherà nulla, ve lo garantisco

    Giichi non rispose nulla, abbassò solo la testa. I Chunin locali non permisero che l'epilogo potesse svolgersi in quel momento perché lo tirarono su e iniziarono a condurlo via insieme ai suoi fratelli.
    Tanaka si rivolse rapidamente al gruppo

    Scusatemi, adesso non ho tempo per le formalità ma se passerete a Otogakure troverete la vostra ricompensa ad aspettarvi. Grazie di tutto

    E, così dicendo, si affrettò a raggiungere il mesto corteo.

    Adesso era finita davvero ma Shōta non aveva voglia né di festeggiare né di rimuginare. Si ripromise solo di conservare quanto di prezioso aveva ottenuto da quella esperienza, in primis le sue nuove conoscenze.
    Akame sembrava più taciturna del solito. I suoi compagni avrebbero potuto immaginare solo lontanamente quale impatto psicologico potesse avere su di lei la vicenda di cui erano diventati parte quel giorno.
    Ricacciando indietro emozioni e stanchezza, l'Akimichi rivolse un ampio sorriso ai suoi compagni di squadra. Ma ancora una volta ci volle Asahi per riportare un po’ di buon umore. Rimaneva la sua specialità

    Beh!! Cosa sono questi musi lunghi? Tutto è bene quel che fini…

    Con un fortissimo brontolio, il suo stomaco lo mise KO.
    Shōta non poté fare a meno di scoppiare a ridere. D’altra parte, chi meglio di un Akimichi può capire una persona affamata?

    Asahi, non credere che in tutto questo abbia dimenticato che abbiamo un Ramen in sospeso, eh! Disse, dandogli una pacca sulle spalle.

    Poi si rivolse ad Akame

    Akame, non penso che potremo metterci in viaggio a quest'ora, quindi... beh, direi che ci potremo salutare con tutta calma domattina a colazione, che ne dici?


    Quella dell’orario era più una scusa che altro. La verità è che non voleva staccarsi tanto presto da loro. Voleva prolungare ancora un po' quella bella sensazione di “avventura di gruppo” che lo aveva accompagnato fino a quel momento. Perché ogni tanto era come se in lui si svegliasse una parte sopita. A volte succedeva.

    L’indomani arrivò il momento dei saluti, che non sarebbero stati certo degli addii ma solo degli arrivederci.
    Prima o poi, i tre avrebbero potuto incontrarsi di nuovo… ma chissà in quale situazione…
     
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    Sbattei ripetutamente le palpebre nel vano tentativo di dare un senso a quella realtà. Osservavo i piccoli sgorbietti svolazzanti da vicino e m’accorsi di quanto fossi fortunato ad avere un aspetto decisamente più ammaliante del loro. Poi espirai profondamente per allentare la tensione accumulata, così che il mio battito cardiaco potesse tornare a far meno trambusto nel petto.

    Accompagnato da una smorfia beffarda, allungai la mano verso uno di quegli insetti e presi il medio con il pollice per sfruttarne la leva. Così rilasciai la tensione tra le dita per colpire lo stronzetto e lo spedì chissà dove.

    A dopo le spiegazioni. Forza, immobilizzatemi…che aspettate?

    Chinai leggermente la testa per osservare Giichi. Qualcosa era cambiato nel tono della sua voce. Il mio cervello non era solito analizzare tutta quella mole di stramberie e la confusione mi causava spasmi in tutto il corpo, oltre ad un trattenuto conato di vomito.

    Bleah!!

    Sono il vostro caposquadra! So che non potete capire ma non ho molto tempo, vi spiegherò tutto dopo. Fidatemi di me e immobilizzate questo corpo.

    Mi voltai all’indirizzo di Shōta. Quel ragazzo era sveglio e sicuramente ci aveva capito più di me. La sua espressione non m’apparve confortante anche se fu lui a prendere in mano la situazione.

    Se sei davvero chi dici di essere, allora potrai rispondere a una domanda alla quale Giichi non potrebbe rispondere: com’è iniziata la nostra missione?

    Sorrisi di gusto, in senso di approvazione per la scaltra trovata del mio compagno. I due fischi che susseguirono ci confermarono la bontà delle affermazioni che quella testa a scodella aveva pronunciato.

    Non sta mentendo! Blocchiamolo, presto!

    Sgranchì le gambe per avventarmi sul teppistello e pregustai l’opportunità di legarlo come un salame. Ma numerosi fruscii provenienti dalla selva m’obbligarono alla guardia, finchè una schiera di shinobi che portavano il coprifronte del Suono uscirono allo scoperto e neutralizzarono i tre furfanti in un batter d’occhio. La loro azione fu così tempestiva e coordinata che provai un sincero imbarazzo nel ripensare alla nostra.

    Bravi ragazzi!! Esclamai con il pollice alzato. Comunque, in qualche secondo l’avrei messo al tappeto… aggiunsi con un livello di convinzione tale che nessuno a parte Akane avrebbe potuto crederci.

    Sono d’accordo, davvero un ottimo lavoro, sì. Intervenne il signor Tanaka in risposta all’affermazione dell’Akimichi.

    Giichi sembrò esser tornato in sé stesso e sbraitò nei confronti del latifondista, accendendo un alterco carico di risentimento. Fu prontamente imbavagliato dai ninja locali ed in suo supporto prese parola uno dei suoi compari. Iniziò dunque uno scambio di battute tra i protagonisti della storia e finalmente saltò fuori il movente delle azioni di quei ragazzini.

    La temperatura si era sensibilmente abbassata e il freddo cominciò a pungolarmi le ossa fino a farmi tremare.

    Brrrr!!! Ecco perché si coprono così tanto qui a Oto!!

    Voi…se siete arrivati a tanto è perché non avevate davvero più niente da perdere…quanto è facile fare del male a qualcuno quando lo vedi solo come un numero in un libro mastro! Non ho scusanti…io…ho sembre sbagliato tutto.

    Un pizzico di malinconia avvolse i presenti. Forse si sarebbe potuta risolvere la questione diversamente. Giichi scoppiò in lacrime e sbottò nuovamente.

    No! Stai zitto! Non è questo che dovresti dire! Tu… tu…

    Il signor Tanaka, dal canto suo, appariva sinceramente mortificato per quella situazione. Per la prima volta guardava ai fatti da una prospettiva diversa.
    Quindi, poco prima che il gruppo di shinobi locali potesse condurre al villaggio i tre malfattori, propose loro di iniziare una collaborazione, in modo da garantirgli un futuro migliore e per ripagali del torto inferto.

    Il dissapore aveva trovato finalmente una via più dolce e che apriva uno spiraglio per un lieto fine. Nonostante il completamento della nostra missione, gli animi non sembravano particolarmente gioiosi. Per un attimo me ne rammaricai. Poi un moto frizzante m’aizzò e provai a sovvertire la situazione.

    Beh!! Cosa sono questi musi lunghi? Tutto è bene quel che fini… improvvisamente il mio stomaco brontolò sonoramente. Un crampo mi colpì all’addome e mi rannicchiai su me stesso con la bava alla bocca, una cera cadaverica e bofonchiando sillabe incomprensibili.

    Asahi, non credere che in tutto questo abbia dimenticato che abbiamo un Ramen in sospeso, eh!

    Non riuscì a far altro che alzare il pollice in risposta. E la parola Ramen peggiorò solo le cose.

    L’indomani - nel momento dei saluti - rivolsi ad Akame il miglior sorriso che potessi sfoggiare.

    Un giorno sarò forte e amabile come te, Akame! A presto!!
     
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    Siete stati molto bravi nel gestire la prima missione di lv. D di questo genere. La differenza di exp è perchè ho trovato una lieve differenza tra i vostri post, ma poca roba. Forse, l'unico appunto da farvi è che alcuni passaggi sono stati un po' vaporosi, rendendo complicato seguire il filo conduttore della storia. Bravi.
     
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