Accademia Astarion Sorel

per Samuroy

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  1. Samuroy
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    Parlato Astarion

    Parlato Maggiordomo

    Parlato Endo



    È notte inoltrata, sono a letto da ore, ma non riesco a dormire.
    Mi giro su un fianco, mi rigiro sull’altro. Ribalto il cuscino per appoggiare la testa sul lato più fresco. Non trovo ancora sonno. Muovo le gambe per trovare una posizione di maggior comodità. Niente di niente. Irrigidisco e stiro i muscoli di tutti e quattro gli arti. Provo un leggero sollievo, ma di dormire non se ne parla.
    Vengo sopraffatto da un senso di impotenza e nella mente risuona soltanto questa nenia: ”non dormirò stanotte, arriverò esausto all'esame e lo boccieró”.

    L'immagine del mio fallimento prende sempre maggior forma. Posso sentire le risate della gente. Il peso delle aspettative disattese. Il mostro che ha fallito l’esame. Avranno avuto ragione quelli che sostengono che sia nato “rotto”.
    Sento il corpo andarmi a fuoco. Il cuore tuonare nel petto fino a farmi male. Sudo freddo e mi accorgo di non star più respirando. Gli occhi si aprono di scatto, come se volessero interrompere l’incubo che sto vivendo.

    Purtroppo appuro di non star sognando e anzi, mentre fisso il soffitto, un sibilo prende forza fino a uccidermi i timpani. Sento la pressione sanguigna bussare alle pareti del cranio, mentre bagliori azzurri e viola lampeggiano ai margini del mio campo visivo.

    Cazzo…

    Accarezzo il lenzuolo per riprendere possesso dei miei sensi, per tornare al presente. Al qui e ora. Scaccio ogni pensiero distruttivo e ripenso agli esercizi fatti con il terapista.
    Chiudo gli occhi e provo a concentrarmi sul mio respiro. L'aria fresca che entra dalle narici e l'aria calda che ne esce. Inspirò lentamente e a fondo. Mi accorgo che il cuore sta rallentando. Ho sempre meno caldo. Tutti i pensieri si sfilacciano fino a scomparire del tutto. Non esiste più alcun esame, aspettativa o fallimento. Sono in pace.

    Driiiinnnnnnnnnnn

    Spengo la sveglia con un movimento inconscio, che non implica aprire gli occhi o accendere il cervello. È ora. Ci siamo. Una scarica di adrenalina sferza il mio corpo.
    Mi metto seduto e guardo la luce filtrare nella stanza. Ripenso alla notte appena trascorsa e mi rendo conto di avere avuto un attacco di panico. Il ricordo è però ovattato, lontano. Come se fosse successo il mese scorso.

    Sembra una bella giornata, speriamo non diventi una giornata di merda.

    Signorino, lo sa che non deve dire parolacce!

    Giro la testa verso la porta, con la grazia e la rapidità di una lumaca. Mi accorgo anche di sbavare come una lumaca. Porto il braccio destro al volto e mi asciugo la bocca con il polsino del pigiama. Solo allora l'attenzione vira sulla figura tozza appoggiata sul telaio della porta.

    Nagi, buongiorno.

    Buongiorno a lei signorino. Dormito bene? Spero di sí. Anche se, fossi in lei, non avrei chiuso occhio. Che poi, a pensarci bene, questo esame lo passano tutti di questi tempi. C'è un così gran bisogno di nuovi ninja.

    Le mie mani, in segno scaramantico, si muovono a tastoni fino ad appollaiarsi sopra l'inguine.

    Signorino, che sta facendo?! Ah, ho capito! Certo. Mi spiace, non volevo portare sfortuna. Volevo solo dire che sarebbe controproduttivo rinunciare a dei così bravi giovani, pronti a combattere per il paese e per la pace nel mondo. Non crede? Cioè, fosse per me, non la boccerei. Cioè, come dire, lei ha talento e viene da una famiglia importante. Insomma, ha tutto per avere successo.

    Nagi, hai portato lo sgrassatore per i vetri?

    Pe…perché lo chiede?

    Temporeggio nel rispondere, così da creare una sorta di pathos. Invece di aprire bocca, mi alzo dal letto e mi appresto a scegliere i vestiti da indossare. Apro l'armadio e prendo un paio di pantaloni comodi e una maglia smanicata bianca. Prendo anche un giubbotto sportivo, perché so che farà freddo fuori.
    Mi volto verso il maggiordomo e noto come, nel frattempo, in attesa della mia risposta, il suo incarnato sia sbiancato. Con quel colore sul viso, potremmo sembrare parenti.

    Perchè? Perché ti stai arrampicando sugli specchi. Finirai per lasciarci le tue ditate.

    Per un istante riesco a cogliere il disappunto dipingersi sul suo volto paffuto. Trascorso quell’attimo, Nagi si lascia andare ad un grosso sorriso, che increspa tutte le rughe del suo viso.

    Divertente. Signorino, se fallisse oggi… potrebbe provare con il cabaret.

    Giá…se fallissi…perchè no.

    L'idea del fallimento riaffiora alla mente. Ripenso alla notte appena trascorsa. L’ansia riaffiora e frulla in testa come una trottola impazzita. Sento lo stomaco chiudersi e la bile salire fino a inacidire il palato.

    Nagi, non ho fame. Andrò direttamente in Accademia.

    Ma signorino…

    Non ho fame, ho detto. Lasciami solo. Adesso devo vestirmi.

    Alzo la voce per mettere fine alla discussione. Vedo il mio maggiordomo esitare per un attimo. Perdo l’attimo per reagire e vedo il vecchio inchinarsi e prendere congedo. I lunghi capelli, ricadenti sul viso, mi impediscono di vederne l'espressione. Mi pento di essere così duro. Non era mia intenzione, ma ormai è andata così. Potrei richiamarlo e scusarmi, ma non trovo il coraggio per farlo. Respiro e mi accontento di restare da solo con la mia ansia.

    —-

    Esco in giardino, pronto per allontanarmi da casa. Il sole primaverile ha già fatto capolino da dietro i monti e se ne sta là, incorniciato tra le bianche nuvole di Kumo. Il tiepido calore dei suoi raggi mi scalda la pelle, offendendomi però lo sguardo. Abbasso la testa e affrettò il passo. Il vento primaverile fischietta tra le fronde degli alberi, mentre il profumo dei fiori di ciliegio mi riempie le narici. Mi beo di quel momento anche se, a grandi falcate, continuo a percorrere la distanza che mi separa dall'accademia.

    Il paese è in pieno fermento. Tutti sono già al lavoro. I negozi sono aperti e le persone brulicano per le strade. La guerra sembra lontana. Che bello sarebbe fare il medico senza andare in guerra. Curare l’influenza e non suturare le ferite. Accantono il pensiero e continuo a procedere.
    Saluto qua e lá persone che conosco. Molti ricambiano il mio saluto, altri invece no. Che si vergognino a farsi vedere con un mostro come me? Certo, deve essere così. Sento l'autostima frantumarsi al suolo, mentre svolto l’angolo che mi separa dal perimetro dell’accademia.

    Che ci fai qui? Non lo sai che i mostri si cacciano? non li si fa diventare Ninja.

    Capisco che si tratta di Endo, ancor prima di vederlo. Lo cerco con lo sguardo e lo trovo al di là della strada, appoggiato al muretto che dà sul cortile dell’accademia. Dietro di lui, altri quattro nostri compagni. Poco distante da loro è posizionata l’entrata. Mentre la mia attenzione torna sul rispondere alla provocazione dei miei compagni, con la coda dell’occhio intravedo una persona prendere il centro del cortile.

    Occhio ad appoggiarti. Se butti giù il muro, potrebbero rimandare l’esame

    Ossero la faccia larga di Endo incupirsi. Gli occhi, già piccoli di per sé, si stringono ancora fino a scomparire dietro i goffi zigomi tondeggianti. Posso sentire su di me il suo sguardo omicida. Lo vedo fare un passo verso di me e, subito dopo, bloccarsi. Uno dei quattro compagni lo incita a proseguire. Provo a guadagnare l’entrata del cortile, ma Endo è più veloce di me e attraversa la strada prima che possa disimpegnarmi. Il suo arrivo è preceduto dal nitido brusio prodotto dalle sue coscie, che, mentre si muovono, strofinano tra loro. Dietro di lui, vedo anche gli altri quattro che si avvicinano.

    Cosa vorresti dire?
    Il mio compagno si para davanti a me, bloccandomi il passaggio. Vedere la sua stazza così da vicino mi ricorda vagamente una delle montagne che si erge dietro il villaggio. Il suo petto si gonfia così tanto che sembra quasi volermi inghiottire.
    Solo in quel momento comprendo quanto io sia stato stupido e avventato nel rispondere di nuovo alle sue minacce. Ripenso alle botte prese l’ultima volta e, se mi concentro bene, posso ancora sentirne il dolore.

    Allora?

    Mi incalza, desideroso di avere un pretesto per proseguire.

    Allora… è arrivato l’esaminatore.

    Sgattaiolo alle loro spalle, mentre tutti e cinque si voltano per vedere se quello che ho detto sia vero.
    Svincolandomi dalla morsa dei mei compagni, mi affretto a guadagnare l’ingresso all’accademia. Punto con decisione verso la figura che ho visto in cortile pochi istanti fa. Non so se si tratti davvero dell’esaminatore, ma è comunque il mio deterrente al non essere pestato anche questa volta.
    Avvicinandomi, capisco che si tratti dell’istruttore Shino. Il ragazzo che si trova al centro del cortile non è uno dei miei insegnanti e la cosa mi turba a livelli diversi.
    Per prima cosa, qualora non fosse l’esaminatore e se ne andasse dal cortile, rimarrei solo e verrei pestato. Se fosse invece l’esaminatore, mi spaventerebbe avere a che fare con un istruttore che non conosco.

    Ad ogni modo, la cosa migliore che possa fare in questo momento, al di là della situazione nella quale mi trovo realmente, è quella di palesare la mia presenza.
    Mi fermo qualche passo oltre il cancello d’entrata. Una volta fatto ciò, alzo il braccio destro e lo sventolo in aria, in modo da attirare l’attenzione dell’istruttore Shino.
     
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