[PQ] L'Oscuro Fardello

Seto Akame - Sblocco IV Stadio

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    L'Oscuro Fardello
    Seto Akame




    narrato - parlato - pensato - parlato altrui




    Le strillanti urla degli Oscuri continuavano ad assillarmi in sonno - notte dopo notte - da qualche settimana. Corpi smembrati s’aggrappavano alle mie palpebre e queste finivano per allungarsi fino a toccare il pavimento prima che i miei occhi schizzassero fuori dalle orbite per poi implodere nel vuoto. Il lontano ardere delle capanne risuonava nel mio cervello come un macabro leitmotiv e di tanto in tanto gli oggetti intorno a me s’accendevano in autocombustione, assumendo sembianze umane e implorando pietà con il loro sguardo. Continuavo a ripetermi che prima o poi sarebbe passato e che il tempo avrebbe fatto il suo corso. Negli ultimi giorni però le visioni arrivavano con maggior frequenza, sempre più raccapriccianti.

    Camminavo lungo i corridoi della base cercando di scacciare quel tormento ma ogni volta che ci provavo l’effetto sortito era l’opposto.

    « Non hai una bella cera ultimamente, Akame. Ho dato un’occhiata alla tua avventura nelle terre di quei selvaggi…un lavoro pulito. Fin troppo, mi verrebbe da dire. Certo se avessi provato a guardare poco oltre il tuo naso avresti potuto accorgerti che il ragazzino tra le loro deboli braccia era proprio il Kirakami. » Prese una breve pausa prima di affondare la sua stoccata. « Forse il capo pretende troppo da te. »

    Una voce petulante che urtava l’animo alla stregua di poco altro. L’espressione provocatoria e saccente completava il quadro di quell’essere insopportabile.

    « Tappati la bocca, Mahito. »

    Lo superai mentre l’eco della sua risata riecheggiava lungo le pareti.

    Arrivai dinanzi ad una porta di acciaio satinato, la quale - riconoscendo la mia figura - mi concesse il passaggio. Una sala dall’ampia metratura si estendeva, completamente spoglia, dinanzi ai miei occhi. Al centro un androide aveva atteso il mio arrivo.

    « Inizio della sessione d’allenamento numero 348 »

    Era quasi passato un anno da quando il teletrasporto all’interno della grotta aveva interrotto i miei rapporti con il mondo orientale, con Kiri, con la mia famiglia; in quello che senza mezzi termini avrebbero definito come tradimento, nonostante continuassero a susseguirsi sotterfugi e giochi di potere sulla pelle delle giovani leve.

    A Sazan’dur avevo ritrovato le stesse ipocrisie.

    L’ambiente intorno a me mutò in una distesa di sabbia e subito questa fu manipolata dal cyborg nel tentativo di intrappolarmi. Riuscii a fuggire dalla prima onda e mi concentrai per attivare il mio potere oculare. Le iridi si colorarono di un rosso purpureo e nello stesso istante una scintilla mi scaturì tra le sinapsi interrompendo ogni processo cognitivo per un fuggevole istante. Atterrai sulle ginocchia stringendomi la testa tra le mani, guidato dall’istinto. Era come se tutti quei turbamenti si fossero concentrati - in tutta la loro intensità - in quell’attimo. Probabilmente le proprietà del Magan avevano enfatizzato quei ricordi attraverso le emozioni che la memoria ne conservava ed il mio cervello non s’era dimostrato pronto a sorreggerne il peso.

    Come se non bastasse un ammasso di sabbia mi investì impattando sul petto e facendomi volare qualche metro più indietro.

    « Dannazione…così non va bene. »

    Mi rimisi in piedi. Sentivo la fastidiosa sensazione della sabbia sulla pelle, tra i vestiti e dentro le orecchie. Proprio il Jiki, obbiettivo della mia missione, fu l’ultimo a colpirmi con uno di quei jutsu.

    Ai tempi dell’esame di selezione dei Chunin però la sua sabbia era diversa. Più lucente e più solida: la famigerata Polvere d’Oro del Quarto Kazekage. In una situazione così estrema s’era affidato ad una versione più debole di quella stessa arte?

    Pensai che non fosse il momento per soffermarmi su quegli aspetti. Ora ero io ad avere un gran bel problema. Non ero più in grado di controllare la mia innata ed il mio cervello s’annebbiava dei supplizi dei Sazaniti.

    « Che mi abbiamo davvero lanciato un sortilegio? » Iniziai a caldeggiare una pista che fino ad allora avevo scartato a priori e che ora non m’appariva poi così improbabile.

    « No. Devo stare calmo. » Inspirai ed espirai profondamente per prendere a controllare il ritmo del respiro e del battito cardiaco.

    L’avversario sembrò concedermi una pausa, come se fosse in grado di leggere la dietrologia della situazione.

    « Se questo martirio deve accompagnarmi per sempre, che almeno lo faccia in mio favore!! » Con determinazione e coraggio spalancai gli occhi mentre vi condensavo più chakra del solito. Allargai il petto e riempii i polmoni, pronto ad accogliere il fardello. Questa volta non l’avrei respinto, bensì avrei avvolto il macigno con la mia anima per portarlo a combattere insieme a me. La polimerizzazione prese luogo nel profondo della mia coscienza e il rosso degli Akame s’accese più vivo ed intenso che mai, concedendomi il massimo del potere.

    Sentivo di poter controllare ogni cosa in quella simulazione e - finalmente libero di esprimere la mia forza - volsi lo sguardo al cyborg e pregustai il desiderio di annientarlo passando la lingua tra le labbra.




     
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