Accademia Kaikuh

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  1. Khaoshoku
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    覇王色の覇気

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    scheda tecnica, narrato, parlato di Kaikuh,

    L’aria della fresca notte del deserto stava lasciando spazio al calore del sole, che per quanto invernale fosse, da lì a poco avrebbe iniziato a bruciare le pelli più pallide, non che fosse un problema per me: la mia carnagione mi aveva sempre permesso di resistere facilmente ai raggi solari, anzi, sembrava quasi attirarli. Non era passato molto tempo dal mio arrivo nel continente ninja, questo dovrebbe essere il posto che più si sarebbe dovuto avvicinare alla definizione di casa? Un campo profughi tra le oasi di un deserto che sembrava privo di qualsiasi altra forma di vita.

    Kaikuh, ci hanno contattato dall’accademia, potrai unirti ad una delle classi che deve svolgere l’esame
    oggi, non è fantastico?

    La voce della donna entrò irruenta nelle mie orecchie, ero poco trattabile la mattina e risposi con un cenno del viso, la mia maschera avrebbe risparmiato alla mia interlocutrice di percepire il grosso disappunto provato dai suoi modi. Ma dovevo abituarmici, ero sempre stata da sola in quella spazzatura, non avevo mai ricevuto genuine attenzioni se non per le forme del mio corpo e quindi per essere trattata come mera merce, forse, in quel momento, ero grata a quelle persone che, riconoscendomi come ishivariana, avevano iniziato a “prendersi cura di me”, o quantomeno a farmi entrare in quella strana tribù dove tutti dovevano essere utili al collettivo, qualcosa di diametralmente opposto a ciò che era la mia vita fino a qualche mese fa, dove collettivo era una parola affascinante ma utopica, della quale, forse, ignoravo anche il pieno significato.
    Raccattai la mia poca roba e mi guardai allo specchio impolverato per rendermi presentabile, la maschera e la protesi che mi erano state date da poco avevano risvegliato in me la capacità di utilizzare il chakra, non mi ero ancora abituata del tutto, ma ora anche le menomazioni presenti sul mio petto erano nascoste, oltre a metà del mio viso, non che questi problemi avessero mai fermato i maiali che bramavano il mio corpo. Indossai i miei soliti vestiti bianchi, sebbene fossi entrata nel loro gruppo, mi sentivo molto più a mio agio con questi rispetto agli abiti tradizionali che mi erano stato propinati, non erano nel mio stile ma non mi sentii obbligata ad indossarli, soprattutto dopo quello che mi dissero alcuni degli anziani…

    Suna era un villaggio di cui sapevo ben poco, come di tutto il continente del resto, la mia voglia di scoprire altro su quelle terre era enorme, quasi non riuscivo a tenerla a bada ma ero anche estremamente consapevole di dover procedere a piccoli passi. Camminavo per le strade della città dopo aver attraversato il relativamente piccolo canale principale. Il villaggio era stato edificato in una conca di tra le rocce, non certo il posto migliore verrebbe da pensare ma probabilmente era una cinta muraria imponente in caso di difesa, d’altronde, mi era facile immaginare come tutto sul continente fosse stato plasmato dalla guerra, anzi probabilmente dalle guerre che erano scoppiate nelle ere. Mi sorse spontaneo chiedermi da quanto tempo quel villaggio fosse stato eretto, non ne sapevo molto se non che l’attuale capo era chiamato “Kyudaime Kazekage”, che stava a rappresentare il suo essere nona, dovevo scoprire il più possibile sugli otto che l’avevano preceduta, ero impaziente di apprendere altro, d’altronde avevo saltato, con mio rammarico, parte della vita dell’accademia, puntando tutto sulla pratica piuttosto che sulla teoria e quindi avevo molte lacune da colmare, che non fossero in campo bellico. Fin da subito mi chiesi il motivo che aveva portato il villaggio a decidere di ammettere e far partecipare all’esame una persona senza che essa avesse partecipato al corso completo, la risposta mi venne data nel più freddo dei modi da uno degli studenti il primo giorno, ricordo ancora le sue parole: “è semplice, siamo in guerra e hanno bisogno di gente fresca da mandare al macello, stai sicura che ti promuoveranno senza fare troppe storie e ti manderanno in qualche missione impossibile, sarà un peccato vedere il tuo culo bruciato”. Il ricordo di quelle parole mi portò a stringere il pugno, avrei voluto ucciderlo lì, seduta stante ma sapevo che in questo posto non si seguivano le stesse regole della città fantasma dove ero cresciuta, a quanto pare, nonostante le parole di quel tizio, qui la vita aveva un peso e un valore, oltre a varie altre regole che faticavo a ricordare interamente, pena l’essere bandito dal villaggio ed essere considerato “mukenin” ovvero traditore. Per il momento quindi mi andava bene, avrei seguito le loro regole e appreso quanto più potessi apprendere, la mia mente ovviamente vedeva tutto ciò come un freno alla mia libertà ma era il giusto prezzo da pagare per la conoscenza a cui aspiravo. Passando per la via commerciale quindi, nonostante la presenza di beni di alto valore, mi sarei sempre imposta di non rubare, non cercare di rendere mie le cose che vedevo e che potessero interessarmi, era qualcosa di innaturale per me ma il vivere in comunità imponeva sacrifici del genere.

    Seguii la via principale e mi trovai in poco tempo davanti all’entrata dell’accademia, decisi di non indugiare troppo e raggiungere la classe dove avevo seguito brevemente l’ultima parte del corso, quella riguardante le tecniche del mondo ninja. Le avevo apprese davvero in poco tempo, pensando che forse ero portata per quello che loro chiamano ninjutsu e quindi oggi non avevo nessuna particolare ansia, sapevo che servissero solo quelle tre tecniche per meritare il titolo di genin della sabbia e pensavo di meritarlo già. Passarono quindi i minuti, in maniera lenta, mentre una signora dal colorito simile al mio entrava e chiamava i candidati uno alla volta, finché, finalmente non arrivò il mio turno.

    Attraversai il corridoio e forse in quel momento iniziai a provare qualcosa di simile all’ansia, qualcosa che mi era stata descritta anche dagli altri studenti prossimi all’esame. Non ero mai stata giudicata in vita mia, o meglio non lo ero mai stata in situazioni di cui mi interessasse sapere il giudizio e soprattutto che questo fosse positivo. Mi feci coraggio e aprii la parte superiore del mio vestiario fino al collo, rivelando la maschera che portavo e di conseguenza la mia protesi. Entrai nella stanza dell’esaminatore. Era un ragazzo a cu avrei dato la mia stessa età, cosa probabilmente molto comune visto che l’età media di passaggio dell’accademia è tra i dieci a i quindici anni. Era pallido in viso, al contrario di me, ma i nostri occhi condividevano il medesimo colore, il mio messo in risalto dal colore della pelle e dei capelli, i suoi da una strana pittura facciale di colore rosso, che attirò la mia attenzione, avrei voluto chiedere qualcosa ma ero consapevole che in quel momento, quel ragazzo fosse il mio esaminatore e che quindi dovevo attendere che fosse lui a prendere parola.

    Buongiorno, tu sei Kaikuh, giusto? Il mio nome è Kyoshi, e sarò il tuo esaminatore! Come già sai, oggi valuterò la tua preparazione, partendo da due domande: primo, le tue motivazioni per voler diventare un Genin.
    Secondo, la tecnica della sostituzione.
    Prego, a te la parola


    Sembrava quasi andare di fretta ma la prima delle sue richieste mi fece fermare un attimo a pensare. Il motivo per cui volevo diventare genin era abbastanza chiaro nella mia mente: avevo intrapreso questo viaggio per scoprire le mie origini, e per ora avevo scoperto di venire da Ishivar, ma da quello che mi era stato detto da alcuni anziani io ero un “meticcio” probabilmente, non avevo i capelli bianchi e gli occhi rossi, tipici della tribù e quindi uno dei miei due genitori doveva essere un ninja, quindi ero qui per andare più a fondo nella ricerca delle mie radici, ma sapevo che era solo una parte della verità. Volevo scoprire i segreti del mondo ninja, i segreti delle tecniche di questo mondo, soprattutto di quelle proibite, bramavo conoscenza e sapere sopra ogni altra cosa ma non avrei potuto dirlo quindi optai per mentire, cosa che mi riusciva abbastanza semplice.

    Come ha potuto vedere sono un’ishivariana, voi avete dato un posto al mio popolo dopo l’esodo e mi sento in debito verso voi, difendere il villaggio ed il mondo ninja mi sembra il minimo che possa fare per sdebitarmi…

    Ero stata sicura nell’esposizione, la maschera poi aiutava tantissimo in questo, quindi, dopo aver aspettato una sua risposta iniziai a guardarmi attorno alla ricerca di oggetti di medie dimensioni con i quali sostituirmi e dopo aver individuato una sedia posta all’angolo della stanza iniziai a comporre i sigilli atti alla tecnica, se fossi riuscita nell’intento, al mio posto si sarebbe creata una nube di fumo che avrebbe poi lasciato scoprire l’avvenuta sostituzione con la sedia ed il cambio di posizioni
     
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