[Trama] Soon May the Wellerman Come

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    mare aperto


    Il pregiato strumento musicale ottenuto dal legno intonava le note di una vecchia canzone da pirati, un canto molto conosciuto, che allietava le menti dei guerrieri perennemente in viaggio. Il volto di tutti i presenti era privo della sofferenza tipica di chi è costretto alle intemperie del mare aperto, anzi sembravano essere rilassati e felici, nonostante non sembrasse esserci nessun motivo apparente per festeggiare. Nel canto si parlava di un uomo che avrebbe dovuto portare zucchero e alcol ai pirati in attesa, il ritmo era un crescendo e solo passeggiando sul ponte della nave si veniva attraversati dalle vibrazioni di tale musica. Le voci, da sole poco armoniose dei membri della ciurma, ora erano unite in un coro che ne celava le macroscopiche imperfezioni e guai a non andare a tempo. Un miscuglio così eterogeneo di persone riusciva a sembrare un quadro armonioso, felice, fermo nel tempo, illuminato dal fuoco ben controllato e dalla luce della luna che, opaca ma presente, creava un fantasioso gioco di chiaroscuri.

    La festa proseguì fino al sorgere del sole, regalando alla luce della stella, uno spettacolo del tutto diverso. Il fuoco era ormai spento, nell’aria non si sentiva nulla che non fosse il debole soffiare del vento. Una figura, armata di tutto punto e col volto coperto da una benda, si faceva strada tra gli innumerevoli pirati caduti nell’abbraccio del sonno dopo la sbornia colossale. Sembrava conoscerli bene tutti e camminava cercando una persona ben precisa. Si fermò a pochi passi dal pirata più silenzioso della serata, un omone alto ben più di due metri, dal fisico ipertrofico e i tatuaggi color rosa, una voluminosa e calda sciarpa gli copriva il corpo dalle spalle fino a sopra la bocca, lasciando bene in vista gli occhi e la parte superiore del viso. Non sembrava dormire per riprendersi dall’alcol, anzi, la sua posa era molto composta e tutti avrebbero detto che fosse semplicemente in dormiveglia. Senza alcuna cura, l’uomo con la benda colpì l’altro, ben più grosso di lui, con il giornale che portava in mano.
    >Svegliati, ho delle domande!
    Gli occhi si schiusero senza indugi, dando l’idea di non essere per nulla assonnato.
    >Rifallo e sei un uom…
    Lo sguardo dell’uomo corazzato fece impallidire il suo interlocutore, prendendosi così la totale libertà di poter porre le domande
    >Questa donna, tu la conosci giusto?
    Il giornale venne srotolato per poter rivelare l’oggetto della discussione. Si parlava della cattura di Lif Arnbjørg e del processo avvenuto ai suoi danni.
    >Diavolo, ne ha fatte di cose da quando non ci vediamo, non pensavo ti interessassero le donne…
    >Devi presentarmela!
    >Non saprei come fare… tecnicamente da quello che si dice è legalmente tra i pirati di barbakos ma…
    L’uomo corazzato, armato di spada, sollevò la benda dall’occhio, fissando il pirata.
    >Te la porterò.

    Nessun rumore, nessuna ulteriore risposta, il pirata rimase fisso a scrutare l’orizzonte, con un espressione quasi inanimata, mentre lo spadaccino tornava nelle cabine sotto il ponte di comando


    IEHJjmW


    Yama™, si inizia piano, ma non temere... Allora, come già discusso in privato tu conosci il pirata che ti contatta, sei libero di scegliere modalità ecc. basta che l'incontro sia fissato al covo dei pirati nell'isola Ibben, libero anche di inventare in toto il background tra te e il pirata, anche la sua caratterizzazione, come vedi non l'ho approfondito molto. Buona role, per qualsiasi domanda sai dove trovarmi. Ovviamente sai bene l'aspetto del pirata.


    Edited by Caliburnyth - 27/10/2022, 23:51
     
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    La vastità dell’oceano sembrava sbiadire giorno dopo giorno. Forse la causa di ciò era da attribuirsi agli innumerevoli percorsi che ero solita intraprendere per abbandonare la terra ove ero nata e che nell’ultimo periodo mi aveva resa “schiava”. Come una sorta di maledizione, la mia anima cercava costantemente di liberarsi da tutto e tutti, ambendo ad una libertà che sfortunatamente pareva essere una vera e propria utopia. Nel corso dei mesi passati erano poche le cose accadute nel continente meridionale, ma la fuga di notizie dal continente occidentale era sembra costante e man mano inseguirle era diventata un’abitudine. Come un gatto maculato e spelacchiato che si divertiva a scorrazzare dietro ai topi, trovavo interesse nel girovagare tra le taverne più lerce dei vari microscopici isolotti che non figuravano sulle cartine più disattente a disposizione dei navigatori, incontrando gente di tutti i tipi e di tutte le razze al solo scopo di impicciarmi nei fatti altrui. Quasi come un giornalista incravattato alla ricerca spasmodica di notizie da scrivere e scoop da vendere, piano piano sentivo crescere in me l’ardente desiderio di gioire delle disgrazie di un mondo che aveva rigettato la mia volontà solo perché differente da quella degli altri. I famigerati “buoni” continuavano a sguazzare nelle loro abitudini, ad usare egoisticamente il loro punto di vista sul mondo senza provare a guardarne l’altra facciata, convinti di progredire ma regredendo senza accorgersene. Tra le tante chiacchiere da bar e le voci di corridoio che affollavano i luoghi più bassi della società ve ne erano alcune che avevano preso largo da un po’ di tempo a questa parte, riguardanti anomalie all’interno dell’Osu e che avevano coinvolto alcuni membri più giovani, ma tuttavia non mi era chiaro cosa fosse accaduto o chi fossero i protagonisti della vicenda, perché centinaia erano le versioni della stessa. Alcuni sostenevano che l’Osu avesse scoperto una nuova arma per sgominare Fury, altri ancora parlavano di una rivolta delle macchine. Come una catena metallica composta da anelli di differenti dimensioni, la voce di quell’incidente aveva assunto così tante forme dal non avere più niente di quella originale e per questo era diventato inutile starci dietro.

    Allora, cos’è che vuoi ordinare oggi? Non mi dirai che vuoi il solito!

    Le parole della cameriera riecheggiarono tra le colonne di legno della Dirty Heads, una locanda per squattrinati nel sud più basso di Torteres. Posizionata su di un trabucco fatto con travi di legno di pino, pareva essere stata rimodernata da poco ma con un gusto negli arredamenti tale da far venire voglia di non tornarci mai più. Vi erano pochi tavoli rotondi che originariamente avevano un senso nella disposizione ma che, vuoi per le risse, vuoi per la tipologia di clienti che quel posto riusciva a raccattare, avevano perso ogni oncia di ordine nello spazio. Persino il proprietario aveva perso completamente le speranze nel cercare di mantenere la parvenza originale, limitandosi a sbuffare e a veleggiare tra quel marasma alla fine di ogni turno di chiusura come fosse uno spettro con un accento buffo. L’addetta ai tavoli era invece una ragazzina di appena sedici anni che però sapeva il fatto suo, riuscendo a far rigare dritti -almeno il più delle volte – i clienti più esigenti, servendo loro i migliori piatti e dando anche un po’ di corda alle loro chiacchiere. Magra come un fuscello e dalla pelle scura quanto la terra arida di Sazan, aveva preso da suo padre solamente l’incarnato e alcuni lineamenti del viso, assorbendo dalla madre tutto il resto. Danzava tra i tavoli su degli strani pattini di legno con dei tubi di scarico che emettevano bolle profumate e con in mano un taccuino si destreggiava, anche un pochetto arcigna, nel compilarlo sistematicamente con una penna nera per portare poi il tutto nelle cucine e ritornare poco dopo. Sembrava parecchio a suo agio lì, ma visto che ormai potevo considerarmi una cliente fissa avevo anche scoperto come quella della locanda fosse la sua più grande paura, in quanto sapeva che un giorno sarebbe spettato a lei il compito di guidarla sebbene non fosse il suo sogno.

    "Ad ognuno le sue prigioni."



    Eccomi, eccomi, scusate per il ritardo! Avete già scelto? Posso tornare più tardi se vuoi, anche se potreste aspettare un bel po’.


    Dopo aver scorrazzato un bel po’ tra i vari tavoli disposti al centro venne finalmente il nostro turno. A farmi compagnia vi era il piccolo assistente di Ozen, la strampalata dottoressa dei pirati che nascondeva sotto le sue vesti una sorta di carapace composto da tanti micro scompartimenti pieni seppi di arnesi del mestiere. Il giovanotto si divertiva a girovagare con me perché per gli altri non era nessuno e questo, a dire del gruppo, era l’arma migliore da usare in quell’ambiente. Smilzo e con un’ananas come pettinatura, sapeva così tanto il fatto suo da non avere bisogno di mostrarlo agli altri e per questo lo avevo preso in simpatia, al punto da portarlo con me ogni qualvolta mi era possibile farlo.

    Wuoo-ohh, finalmente! Allora io prendo una zuppa di granchi con tante spezie e del pane al nero di seppia!

    Sollevò istantaneamente il braccio sinistro come una molla rilasciata dopo tanta tensione, mantenendo la mano opposta sul bordo del tavolo. I piedi, le gambe e il resto della parte inferiore non potevano essere visti se non accovacciandosi o allontanandosi un po’, ma ne sentii chiaramente lo scalpitio.

    Io prenderò lo stesso, magari con un po’ di vino bianco delle isole Golapogos. Per lui dell’acqua.

    Dissi, rigirando una moneta tra le mani e premurandomi di anticiparlo nell’ordinare qualcosa che non fosse consono a lui. Non che mi importasse tanto di quali intrugli potessero andare bene per lui, ma Ozen mi aveva raccomandata di non farlo avvicinare all’alcol dopo l’ultimo incidente nel quale alcune casse di mirto erano state disintegrate nella notte a colpi di karate.

    Perfetto, tutto chiaro! Vi servirò in un lampo.

    E difatti la ragazzina non deluse le aspettative, tornando da lì a poco con due ciotole colme fino all’orlo di quella zuppa profumata alle erbe e delle bevande ordinate. Fu lì che dimenticai il resto dei miei doveri e le poche preoccupazioni rimaste, lasciandomi inebriare dal profumo e passando immediatamente a sporcarmi le dita senza dare conto a nessuno dei presenti, priva di delicatezza nel frantumare le chele ed eviscerare il granchio di ogni cosa, persino della sua anima. […]


    A tarda notte le stelle puntellavano il cielo nero come bottoni brillanti su di un abito sfarzoso, ma di vento non ve n’era traccia. Il solo ronzio del mosquito in movimento era abbastanza per destare qualche pesce dal suo sonno, ma le luci lontane della città erano ancora tanto presenti da ammansirli o distrarli e chi ero io per contraddirli? La marcia spedita del veicolo a propulsione lasciava nell’acqua tracce di ghirigori intrecciati, a volte erano solo linee dritte, altre invece erano tracce con più irregolarità che scomparivano in attimi brevi, permettendo agli inseguitori di rimanere a mani vuote. Se avessi voluto rimirare uno spettacolo diverso dal solito mi sarebbe bastato girare il capo a sinistra, lì dove grandi palazzi in calce bianca a più piani svettavano con le loro linee spigolose e le persiane aperte e tinteggiate, illuminati da bagliori caldi e sinistri. Non vi era più traccia del trabucco data la curvatura della costa che lo aveva fatto scomparire dietro ad una parete irregolare, ma sapevo che il giorno dopo l’avrei ritrovato e ciò era per me un grande sollievo. Ben due fari illuminati garantivano alle navi dei corsari un approdo sicuro, fungendo da mezzi di segnalazione sia per quei voltagabbana in uniforme che per gli abitanti del luogo o i turisti; avevano la tipica forma a torre e giorno e notte contavano sempre due persone avvicendarsi a fare i turni, per lo più anziani pazzi o giovani sognatori con la bottiglia di vodka nascosta nell'impermeabile. In poco tempo tutto ciò iniziò a sbiadire e tale scenario, eroso dal buio pesto, cessò di esistere come una tempesta. Eravamo noi, le stelle e l’acqua. Eravamo noi, i nostri pensieri e l’odore del sale sulla carrozzeria. Eravamo noi e l’isola di Ibben, lontana, lontanissima, quasi ai confini del mondo, raggiungibile solo attraversando una lunghissima sequela di faraglioni artificialmente scavati e trasformati in roccaforti per gli ultimi pirati. Più che scogli sembravano palazzoni abusivamente occupati da coloro che non accettavano Delilah, che non gradivano le false ideologie della regina dei Corsari e che aspiravano a riportare in auge l’era dei pirati ma con una veste nuova, più onesta e libera. Non c’era soltanto l’isola di Ibben a contare un covo di pirati, anzi vi erano molti più punti di quanto si potesse immaginare, alcuni in superficie e altri nascosti nei fondali. Ce n’era bisogno? Non l’avevo ancora compreso con certezza, ma ero contenta di non essere l’unica persona in quel mondo ad avere le idee chiare. Ore e ore di cammino mi portarono in quell’isola fintamente spacciata per un villaggio di pescatori, ove le case di legno si arrampicavano le une sulle altre elevandosi verso l’alto come a rappresentare una corsa verso la vetta. Ci si muoveva tramite scale e ascensori mossi da carrucole ed era possibile muoversi sia verso l’alto che verso il basso, nel sottosuolo, profondo un paio di metri ma non articolato quanto la facciata esterna.

    .:Ibben:.



    Ma guarda un po’ chi si vede, la regina degli insetti! Non ti si vede da parecchio qui, i tuoi amici sono arrivati già da un po’.


    L’ombra dell’uomo che si apprestò a parlare era quella di un noto pirata, un vecchio -ma nemmeno tanto – di nome Xebec, a cui mancavano sia l’occhio sinistro che un paio di rotelle nel cervello. Un energumeno dal fisico possente e dalla lunga chioma nera, egli era particolarmente noto per aver comandato la sua nave standosene perennemente a mollo nella sua vasca da bagno. Oltre ad amare l’acqua e il sapone più di quanto non li amasse una donna, era noto per i cazzotti violenti e una strana arma a forma di paperella di gomma. Anche nel covo si rivolse a me con la sua voce rauca, ma nella sua vasca da bagno completamente d’oro veniva complicato prenderlo seriamente.

    Xebec. Vedo che le saponette non ti mancano mai.

    ARHARHARHA! No, non mi mancano mai. Sarebbe una tragedia per il mondo se finissero, vorrebbe dire che non varrebbe più la pena di vedere in piedi la merda che quella mezza sega ha messo su.


    Disse, riferendosi senza mezzi termini alla regina dei Corsari e usando il silenzio successivo per tirare fuori la mano destra e puntare il pollice alle sue spalle, lì dove Trofnir, Ozen e Xury il sazanita stavano confabulando assieme ad altri uomini guidati proprio dal primo.

    E lui? È arrivato?

    Chi, il metallaro? Sembra che gli uomini di Falcon l’abbiano visto qui vicino, dovrebbe arrivare a momenti. Spero si ricordi di portare le saponette.

    Berciò ancora, col capo poggiato sul bordo della vasca e il viso per nulla intimorito da quell’incontro. Essendo un covo numeroso, quello di Ibben contava altri visi noti della vecchia guardia e giovani raccolti negli ultimi tempi, alcuni ancora spaesati e altri già pronti a menare le mani. Tra di essi spiccavano i seguaci del pirata Falcon, Lolette la Spaccachele con le sue figlie amazzoni, il Bardo con due dei membri della flotta dell’Orchestra bianca, Captain Cross e il suo cane parlante D.io. La piazza ad Ibben era talmente affollata quella sera che il fracasso delle voci bastò a oscurare i primi passi del “metallaro”, ma non a nasconderne in toto la presenza che ben presto imbrigliò l’attenzione della gente presente a quella sorta di adunanza improvvisata. La porta a sud pareva quasi non bastare per i suoi due metri e mezzo di altezza, tant’è che andò ad arcuarsi per evitare di sbattere in pieno il viso sulla trave superiore, evitando con calma l’ostacolo per poi tornare dritto e avanzare con i suoi ninnoli d’acciaio per ancora un paio di metri. Quei pochi movimenti, quel passo sicuro ma guardingo, bastarono ad azionare in me il medesimo meccanismo al punto che le gambe presero a muoversi da sole verso il limite estremo della piazza, fino ad una sedia consunta e arroccata come un trono vecchio sul ponte squarciato di una nave, ove presi posto senza mostrare la preoccupazione che avrei fatto trapelare un tempo proprio dinanzi a quella specifica persona.

    Heil. Reputati fortunato, se fossi stata quella di un tempo ti avrei già piantato un coltello in gola, ma Lìf non lo farà. Quindi dimmi, a cosa dovere questo incontro… Hàkarl squalo superstite?

    Dv988BYUYAAc1xJ

    Berciai, tirando fuori dal taschino la famosa moneta che al bar era diventata lo strumento per passare il tempo e mostrandogliela assieme ad una lettera, ricevute assieme pochi giorni prima di quell’incontro. Qual era il mistero dietro quell’incontro?


    Edited by Yama™ - 6/7/2022, 14:23
     
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    L’omone alto due metri ti guarda negli occhi senza esitare minimamente, le tue minacce non sembrano preoccuparlo, ha lo sguardo di chi sta vivendo qualcosa di ben peggiore. La sua mano destra, dapprima nascosta nella tasca, ti indica con un repentino gesto di seguirlo, puntando il pollice in direzione di un angolo angusto, lontano da occhi indiscreti, da un punto di vista esterno sembrerebbe un ottimo luogo per una sveltina.

    Attende che sia tu a fare il primo passo, incamminandoti verso il luogo indicato, per poi raggiungerti in brevissimo tempo dopo aver analizzato bene lo spazio circostante. Siete solo voi due, il vociare delle persone che animava l’ambiente circostante fino a poco fa sembra quasi sparito, lo sentite come un lontano sottofondo, ambientale suono da accompagnamento. I suoi occhi continuano a fissarti ma questa volta la mano passa a togliere parte di quella sciarpa, rivelando ciò che a quasi nessuno era mai stato mostrato. La mostruosa cicatrice sulla sua bocca la conosci bene, il vostro rapporto di “amicizia” se così può essere definito è nato tanti anni fa, troppo tempo per non aver mai avuto l’occasione di vedere lo squalo superstite senza quel doppio tessuto dalla trama scura.

    >Non sei cambiata molto, ne sono sollevato, vorrei dirti tante cose, chiederti che casini hai combinato in questi anni per finire così spesso sui giornali. Eventi così grandi da arrivare anche qui, in un’isola totalmente sperduta…

    La pausa è abbastanza lunga da darti il tempo di una breve risposta, il tuo interlocutore si appoggia al muro facendo ben attenzione a non rompere delle tavole di legno appoggiate lì accanto, probabilmente rifiuti o ricambi della bettola lì vicino.

    >Sono successe così tante cose, potremmo parlarne per ore e ore, forse giorni, ma temo che tu abbia capito che la visita non è solo di cortesia. C’è un uomo…

    Un rumore lo interrompe, forse un ubriaco è caduto nelle vicinanze, è evidente che sia in ansia. Ti chiedi come può qualcosa spaventarlo a tal punto, mentre Il tono della sua voce assume tratti più ovattati e profondi vista la rinnovata presenza della sciarpa a coprirne la bocca.

    >Si è unito da poco alla nostra ciurma, durante una visita ad una delle isole vicine al paese della luna, nessuno si è opposto alla sua richiesta, né Zarak né il capitano, anche se non lo avevano mai visto combattere e nonostante sia sempre accompagnato da una ragazzina… Non saprei come descriverteli ma appena li vedrai capirai che c’è qualcosa di anomalo… Si fa chiamare Tsuyoishiki ed ha insistito tanto per vederti…

    Il suo sguardo muta esprimendo furore e il suo pugno va a rompere le tavole di prima

    >Più che una richiesta è sembrato un ordine ed io ho… avuto paura.



    IEHJjmW


    Yama™, si continua piano ma ora torneremo ad un ritmo umano, sorry. Allora, libero di rispondere come vuoi tra le pause, come noti lui da per scontato che tu voglia soddisfare la sua richiesta di presentarti a quest'uomo, ma ovviamente la scelta è solo tua. Puoi chiedergli quello che vuoi, le eventuali domande giramele come meglio preferisci (mp, discord, piccione viaggiatore) Nel caso di risposta affermativa tua, camminerete insieme fino alla foresta dell'isola, dove costui vi sta aspettando, non è una camminata di un paio di minuti, libera di descrivere come meglio credi (se può aiutarti osserva anche l'evento di steg e kot che sono sulla stessa isola). La cosa importante è che tu chiuda il tuo post dinanzi a quest'uomo
     
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    Rimasi silenziosa a guardare il nuovo arrivato dritto dritto negli occhi, inclinando il capo sul lato sinistro e posandolo sul pugno. Il braccio sul medesimo lato divenne un piedistallo per brevi attimi, forse quelli necessari per capire cosa di lui fosse cambiato dal nostro ultimo incontro. In verità erano passati anni, non sapevo nemmeno più quanti, forse dieci o ancora più, ma le memorie di quei tempi andati persistevano nella mia testa e col ritorno del pirata si rifacevano avanti con più arroganza. Un incontro che risaliva a tempi ancora più vecchi della mia cattura da parte degli uomini pesce, famiglia a cui lui stesso era appartenuto. A quei tempi il continente meridionale era cosa ben diversa da quello attuale sia dal punto di vista meramente geografico che sociale: non v’era traccia di Corsari e i pirati dettavano legge, chi seguendo vie più legali e chi no, sguazzando nella illegalità dei commerci di schiavi, delle razzie e così via. Erano tempi duri, ma erano tempi dove le terre Meridionali avevano una loro chiara identità e chi vi era dentro l’affermava e difendeva con onore, mostrando il proprio teschio su bandiere levate al vento. Prima dell’insediamento dei corsari e del cambiamento delle terre avvenuto a seguito della distruzione di Barbakos, esisteva una tranquilla isola chiamata Habana ove spesso la mamma aveva deciso di attraccare per portare avanti affari inerenti -e non - alla Lama del Basilisco, un patto di alleanza tra dominatori delle acque. In quelle zona le condizioni climatiche erano decisamente più calde del normale e a causa di ciò era difficile rimanere ormeggiati per più giorni, visti i cambiamenti repentini del meteo che non la rendevano una zona particolarmente stabile, ma anche con tali premesse non mancavamo -nè io, né gli altri della ciurma – di esplorarla o di godere di un po’ di relax. Per affinare le mie abilità nella tracciatura delle mappe ero solita non restare mai sul ponte ad oziare, ma sottostando agli ordini di Gea e del suo coprifuoco mi dedicavo sempre un po’ di ore di esplorazione e fu durante una di queste che feci la conoscenza del ragazzino. Caratterialmente non sapeva assolutamente di nulla e neanche il fisico diceva granché. Era un bambino come tutti gli altri, minuto e gracilino, con la chioma color ravanello e le iridi così microscopiche da fondersi nella sclera bianchissima, ma tali tratti anonimi venivano violentemente soverchiati da una dentatura affilatissima e un odore di pesce putrefatto che rendeva difficile avvicinarcisi.

    Puzzi come una volta, tuo nome non mente.

    Verbiai con fare tranquillo, sollevandomi dalla sedia per seguirlo in quell’angolo più appartato ove evidentemente si sarebbe sentito più a suo agio nel parlare. La nome dell’uomo non era qualcosa di casuale: Hàkarl infatti significata letteralmente “squalo putrefatto”, un bel pensiero da parte di coloro che lo avevano scelto per un neonato. Quel tanfo di marcio emesso dal nuovo arrivato condusse Xebec ad uno stato di nevrosi, tale che cominciò a strofinare con forza la saponetta e a richiedere che gli venissero versate in acqua delle dosi massicce di essenze profumate al fine di purificare l’aria attorno a lui e combattere il puzzo come si combatteva un nugolo di insetti.

    >Non sei cambiata molto, ne sono sollevato, vorrei dirti tante cose, chiederti che casini hai combinato in questi anni per finire così spesso sui giornali. Eventi così grandi da arrivare anche qui, in un’isola totalmente sperduta…


    Non lo ricordavo un tipo nostalgico, ma quando tali pensieri vennero a galla dalla sua bocca mi sembrò di percepirlo sotto quella chiave, provando a immaginare cosa gli fosse accaduto per averlo reso tale.

    Lìf essere cambiata molto più di quanto tu immagini, Hàkarl. Come vedi non sei il solo ad avere perso qualcosa su viso. Se proprio vuoi sapere, credo che tempo abbia voluto rendermi un magnete capace di attirare le più grandi sfortune, perché Lìf non aver mai desiderato di finire su giornali.


    Mi spostai in avanti a medie falcate, raccogliendo polvere in abbondanza sotto la suola dei calzari e procedendo col rimuovere la benda posizionata sull’occhio sinistro e portando dietro l’orecchio quel ciuffo di capelli di troppo, per evidenziare la grande cicatrice e l’assenza di vita del bulbo oculare che rendevano unico il mio viso – e nondimeno spaventoso per i bambini – in ogni angolo di quelle terre. Rimisi la lettera e la moneta nel posto da cui le avevo estratte, lasciando scivolare la mano destra più in basso per scandagliare una tasca interna più profonda dove avevo conservato la fiaschetta di brandy. Considerato al pari di un medicinale, solitamente mi aiutava a distendere i nervi quando questi erano tesi come corde di violino, ma giacché in quell’occasione ero più tranquilla andai alla ricerca della bottiglia solo per un mero gesto di cortesia verso l’ospite, al quale la offrii in onore dei “vecchi tempi”.

    >Sono successe così tante cose, potremmo parlarne per ore e ore, forse giorni, ma temo che tu abbia capito che la visita non è solo di cortesia. C’è un uomo…Si è unito da poco alla nostra ciurma, durante una visita ad una delle isole vicine al paese della luna, nessuno si è opposto alla sua richiesta, né Zarak né il capitano, anche se non lo avevano mai visto combattere e nonostante sia sempre accompagnato da una ragazzina… Non saprei come descriverteli ma appena li vedrai capirai che c’è qualcosa di anomalo… Si fa chiamare Tsuyoishiki ed ha insistito tanto per vederti…

    Un racconto curioso, alterato dall’effetto venefico di un’ansia crescente che portò inavvertitamente Hàkarl a spaventarsi persino per una cosa tanto normale quanto la caduta di un ubriaco. Il brandy avrebbe fatto molto più bene a lui che a me in una situazione del genere. Mai però avrei potuto immaginare di poter rincontrare lo Squalo influenzato da stati d’animo che talvolta neanche la morte è in grado di suscitare, era strano. Poggiai la schiena al muretto per riflettere un po’ su quella nuova realtà palesatasi all’improvviso, tenendo lo sguardo non su di lui ma sui miei compagni e sui restanti presenti in sala, che -data la lontananza fisica– erano diventate delle comparse.

    >Più che una richiesta è sembrato un ordine ed io ho… avuto paura.

    Non avere mai sentito un nome simile, né ricordo di un uomo accompagnato da ragazzina che fosse degno di incutere timore anche in individuo come te, è difficile da immaginare. Perché mai persona del genere volere incontrare me, proprio me?

    Spinsi per saperne di più, ma non attesi molto prima di ricevere risposta, anzi continuai imperterrita a parlare muovendo il collo in un dolce dondolio.

    Ti dirò verità. Se fossi stato un altro, probabilmente ora Lìf avrebbe voltato i tacchi senza darti nemmeno retta. Non ho debito con te, tuo clan avermi rapita e resa in parte ciò che sono ora, è loro colpa di mia maledizione. Io ora sono nido di insetti per banale scherzo di destino, ma anche se volessi ancora perseguire vendetta non sarebbe giusto farlo con te. Se queste persone di cui tu parlare essere veramente così tanto anomale potere essere un pericolo per gente che voglio proteggere, quindi accetterò di venire con te solo ed esclusivamente dopo avere diramato notizia a persone che hanno deciso di seguirmi, così che possano anche loro sapere di questo. E non credo che tu avere altra scelta, a meno che non desideri tornare indietro a mani vuote.


    Ammisi un po’ per provocazione, mentre il palmo della destra andava ad insinuarsi sotto la chioma per sfiorare il collo e grattarne la pelle in superficie e le gambe iniziavano a levarsi per compiere un breve tragitto fino alla sedia arroccata, lì dove avrei accennato la questione ad Ozen e Trofnir. Visto ciò che sarebbe potuto accadere da lì in poi, sia a me che ad altri su quell’isola, era necessario che diramassi l’avviso ai restanti membri del gruppo in modo da anticiparli nel caso in cui quell’incontro potesse stravolgersi in una piega indesiderata. […]
    Raccolti i materiali e gli strumenti necessari ad affrontare possibili difficoltà fui finalmente pronta a partire, sfruttando lo stesso passaggio attraverso il quale Hàkarl aveva fatto il suo ingresso. Il clima esterno al momento dell’uscita non aveva subito mutazioni e costituiva anche l’ultima delle mie preoccupazioni, prendendosi comunque una fetta importante delle mie attenzioni nei momenti in cui mancavano le chiacchiere con lo Squalo.

    Questi due individui, che aspetto avere? E ragazzina, quale essere suo nome?

    Calciai un sasso sferico e piatto con la punta dello stivale, studiando il suo movimento con fare distratto. Esso scomparve in un cespuglio vuoto di animali, fermandosi nell’intrico di rami e foglie che l’accolsero come una ragnatela viscosa, che si mosse debolmente all’impatto con un suono di sfregamento. La foresta al quale eravamo diretti non era costituita da un singolo blocco di vegetazione, ma progressivamente gli alberi incrementavano il loro numero ergendosi dalla terra già pochi minuti dopo l’uscita dall’area “abitata”. Con tutta quella presenza di pirati in zona sarebbe stato complesso trovare una zona priva di vita umana, soprattutto in quella giornata ove si erano radunati tutti assieme dei pezzi da novanta come Xebec o Lelotte. Increspai il naso nell’annusare l’aria, vi era un sentore di terriccio umido mescolato a quello più vago del mare in lontananza. Il suono del mare era vago, la distanza tra l’oceano e la foresta rendeva più facile concentrarsi sui rumori di quest’ultima e anche la vista non dava altre opzioni. Tra una foto scattata attraverso il monocolo e una chiacchiera con l’amico di vecchia data scorsi in lontananza - e proprio grazie allo zoom – un figuro dai lineamenti bizzarri, che presto avrei raggiunto data la velocità del passo.
     
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    >Non mi sento in colpa per quanto ti è accaduto, non è nel mio stile pagare le colpe di altre persone…

    Dopo aver avvisato il pirata della tua necessità di avvisare chi ti aveva accompagnata non senti alcuna risposta ma osservi il suo sguardo che sembra dirti “fa un po’ come ti pare”, è evidentemente disinteressato da tutto ciò che non riguarda le persone che desiderano vederti, e non smette di fartelo capire, lo puoi leggere nei suoi movimenti trasudanti impazienza, un comportamento del corpo che parla più chiaramente di mille parole. Uscite dal posto dell’incontro per incamminarvi a passo spedito verso la vicina foresta. Non sembra un luogo inospitale, i colori dell’isola riescono a fondersi in un’alternanza di tonalità accese e spente, risultando una piacevole fusione naturale, non troppo alterata dalla, seppure temporanea, massiccia presenza umana.

    >Non aspettarti dei mostri, sono persone dall’aspetto molto meno minaccioso del mio, eppure…

    Il tuo interlocutore continua ad avere un’anomala agitazione ogni volta che parla di costoro, le parole sembravo portargli alla mente ricordi traumatici, nessuno si aspetterebbe di vedere quel grosso omaccione ridotto così da persone che egli stesso descrive come “non mostri”. Qualche passo in direzione di un sentiero poco battuto, il manto erboso infatti sembra essere stato calpestato di rado crescendo in maniera selvaggia, le radici degli alberi completano un quadro di una foresta che sta via via diventando più oscura e sinistra. Non sentite alcun rumore di animali, anche il suono dell’oramai lontano mare si è zittito, il paesaggio inizia a diventare un ripetuto insieme di alberi molto alti, dalle chiome foltissime le quali iniziano a coprire il tronco della flora presente già a partire da metà altezza.

    >L’uomo ha una chioma bianca, anzi direi più argentata. Ha una benda sull’occhio sinistro, sembra roba di lusso dalle decorazioni, credo sia semplicemente estetica, ho visto con i miei occhi ciò che si cela…

    Hakarl si ferma, il suo viso sembra sparire quasi del tutto all’interno della sciarpa, riesci a scorgere le rughe della fronte esplicito indizio del suo essere accigliato. Nessun verso che lasci immagine un malore o eventi simili. Dopo poco ti vede armeggiare con il monocolo, in direzione della radura poco distante.
    Tsuyoishiki è seduto sul prato, nella mano destra porta una borraccia, sembra essere fatta di pietra e crepata in più punti, dalla forma a pera e tenuta con una cordicella di colore rosso. La mano sinistra invece è appoggiata sulla coscia, il braccio piegato mantiene la spada gelosamente custodita come fosse un tesoro, anche questa presenta intarsiature a scopo ornamentale, del medesimo colore del laccio, ma tolto ciò, all’apparenza è una normalissima katana.



    Il suo sguardo singolo vi sorride, non è accompagnato dalla bambina a cui aveva accennato poco prima il tuo compagno. A fargli compagnia vi sono delle farfalle, una decina di lepidotteri che volano in un ceruleo cerchio armonioso, ogni battito delle loro ali sembra parte di uno spartito delicato, una nenia che giunge alle vostre orecchie cullando i vostri pensieri. Sentite ogni singolo pensiero negativo scivolare via dalla vostra mente, un suono dolcissimo di flauto vi accompagna, vi prende per mano incoraggiandovi ad avvicinarvi all’uomo. Non capite l’origine del suono, o meglio, porvi tale domanda non vi risulta spontaneo mentre venite guidati dalle note e dalla polvere prodotta dalle ali delle farfalle, che ora, osservate meglio e da minor distanza, vi appaiono vitree, innaturali, così come è surreale lo spettacolo che vi si è parato dinanzi.

    >Spero che sia di vostro gradimento, benvenuti amici miei…

    Hakarl osserva la situazione sgomento, guardandolo puoi notare la sorpresa nei suoi occhi, non sembra trovarsi dinanzi a ciò che si aspettava, eppure l’uomo è identico alla descrizione che ti era stata fatta poco prima. D’un tratto, la dolce melodia che vi aveva accompagnato svanisce sfumando nell’aria, così come i lepidotteri che sembrano dissolversi come neve al sole, le loro ali si perdono divenendo polvere, che va pian piano a comporre una cupola attorno a tutta la radura, la quale ha l’effetto di opacizzare la luce dei flebili raggi lunari.

    >Tu devi essere la ragazza che abbiamo richiesto di vedere, prego accomodati

    Il tono è gentile, pacato, proprio come tutto ciò che lo circondava poco prima, noti però un particolare non di poco conto, la sua bocca non si muove, le sue labbra sono rimaste serrate per tutta la durata della frase.

    >Non ti farò perdere troppo tempo mia cara, ho solo qualche curiosità…

    Dalla benda emergono ad intermittenza dei segnali luminosi, come un’aura azzurrognola che ne illumina i contorni, sembra andare a ritmo delle parole che odi.

    >Tu hai un potere vero? È molto interessante aggiungerei, ti prego, puoi parlarmene?


    IEHJjmW


    Yama™, Eccoci, ti sembra di essere in un mondo onirico, la musica che senti è quella del player, per qualsiasi dubbio, sai dove trovarmi
     
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    >Non mi sento in colpa per quanto ti è accaduto, non è nel mio stile pagare le colpe di altre persone…

    Questo cambia poco ciò che essere accaduto.


    Arricciai le labbra in concomitanza con quelle parole, lasciando che il suono di tale affermazione si trasformasse in un tarlo. Durante i passi non parlai molto, proprio perché la mia concentrazione stava lavorando per riesumare una serie di immagini riguardanti ciò che i suoi predecessori avevano fatto. Hakarl non era in origine una persona da disprezzare, ma il suo clan -ovvero quello degli Uomini Pesce – aveva compromesso per sempre la mia esistenza portandomi al cospetto di una creatura nefasta soltanto per vendetta. Ai tempi la febbre gialla era diventata una minaccia pericolosissima, una malattia mortale che impelagava tra i porti e le navi di pirati e schiavisti senza esclusi. Faceva tabula rasa di ogni cosa, espandendosi a macchia d’olio nel giro di miglia e miglia. Non era qualcosa di facile da curare soprattutto nel pieno della navigazione e chiunque non disponesse di un medico tra il proprio equipaggio, a meno di un miracolo, di un figlio o di un tesoro offerto al dio Sanbi, non aveva scampo. Nei registri di navigazione della “Lama del basilisco” erano stati riportati scenari di alcune imbarcazioni consumate dalla malattia e di interi equipaggi scomparsi, di navi calate a picco. I racconti postumi a quel periodo (non tutti ovviamente) erano stati pubblicati da alcuni bardi in macabre opere usate per spaventare i bambini, disilludere i giovani o far riaffiorare traumi agli anziani, rimpolpando il numero di romanzi d’avventura sui pirati e sul mare. “L’Orca nera” non fu esclusa dalla morsa della malattia, mia madre era sì una donna potente ma malgrado ciò non rappresentava una minaccia alcuna per quei tipi di sventura che colpivano tutti alla cieca e questo la spinse ad attraccare e cercare aiuto nel culto presso Barbatos, ottenendo solo l’aiuto di Enka e dando inizio a eventi che avrebbero sconvolto la mia vita per sempre.

    >Non aspettarti dei mostri, sono persone dall’aspetto molto meno minaccioso del mio, eppure…


    Non erano mostri quelli a cui andavamo incontro eh? Seguivo fin da quando ero piccola il detto “l’abito non fa il monaco”, al punto che era diventato una sorta di dogma imprescindibile dalla mia esistenza. Non vivevo per giudicare gli altri sulla base delle loro copertine, era più facile non restare delusi o sconcertati mantenendo i piedi per terra ed evitando di idealizzare subito qualcosa o qualcuno sulla base dell’aspetto fisico. Non mi meravigliò il fatto che potessero essere personaggi dall’aspetto comunissimo, solitamente proprio i meno bizzarri si rivelavano sempre essere i più temibili all’interno del macro cosmo della vita. Gran parte della foresta alla base del fortino aveva i suoi pericoli intatti, poiché essi avrebbero favorito una maggiore protezione per l’isola e il fortino da incursioni e attacchi a sorpresa, almeno per gli ostacoli meno temibili. Avrei potuto aspettarmi di tutto nel caso di un attacco da parte dei cyborg o dei membri più estremisti dell’osu e pertanto, servendomi della mia esperienza sul campo le cui prove erano visibili sul mio corpo, avevo distribuito alcune informazioni acquisite ad alcuni dei pirati per disegnare nelle loro menti un mosaico più chiaro di quali limiti avrebbe potuto sopportare quel manto di vegetazione nel caso di un attacco su larga scala.

    >L’uomo ha una chioma bianca, anzi direi più argentata. Ha una benda sull’occhio sinistro, sembra roba di lusso dalle decorazioni, credo sia semplicemente estetica, ho visto con i miei occhi ciò che si cela…

    Sarebbe a dire?

    Lo vidi armeggiare con la sciarpa per coprirsi la bocca e tornare a celare metà del viso, da lì ebbi solo un assaggio di quella espressione criptica che mi lasciava perplessa. Non mi erano stati dati i dettagli sulla ragazzina, benché meno su quello che pareva un segreto nascosto da una benda; gli istanti che seguirono la mia domanda servirono unicamente alla mia testa per sentire una nenia delicata nelle vicinanze, una sorta di canto delle sirene senza testo né vocalizzi, fatto di note scandite dai battiti delle ali di graziose farfalle. C’era qualcosa di vagamente strano in tale spettacolo e me ne rendevo conto, eppure fu come se quella finzione potesse non essere in realtà così irreale in quel contesto. Sensazioni fortemente contrastanti affiorarono da lì in poi, a cospetto del figuro i cui particolari coincidevano con quelli descritti da Hàkarl. Ebbi modo di rimirarlo un po’ nel breve tempo rimastomi prima di giungergli più vicina, ma cercai di trattenere il passo e fermarlo a circa tre metri per una sorta di naturale sfiducia alimentata dal mio istinto e dai timori del mio “compagno”.

    >Spero che sia di vostro gradimento, benvenuti amici miei…

    butterfly-butter
    L’area incantata andò a sfumare lentamente come la fine di un sogno, con la nenia che lasciò largo ai respiri della natura e le farfalle che si dileguarono in nembi di polvere dorata, tessendo nell’area una cupola dai toni fiabeschi.

    >Tu devi essere la ragazza che abbiamo richiesto di vedere, prego accomodati...Non ti farò perdere troppo tempo mia cara, ho solo qualche curiosità…

    Cosa c’era di così terribile in quell’individuo e nel suo invito? Cos’è che non tornava ai miei conti? Poteva essere una trappola e contemporaneamente il momento più sicuro della mia vita, c’erano indizi che suggerivano la prima e la seconda ipotesi ma non avevo ancora trovato da quale parte far pendere la mia coscienza. Due segnali nello specifico erano d’aiuto in quella lotta interiore, due particolari che l’uomo non era riuscito a celare dietro ai modi distinti e al suo quieto vivere: la luce pulsante sotto la benda e la mancanza dei movimenti da parte delle fauci, entrambi difficilmente individuabili se non dopo un attento esame della scena.

    >Tu hai un potere vero? È molto interessante aggiungerei, ti prego, puoi parlarmene?

    *Crack* La punta del piede destro finì per scontrarsi con un rametto, spezzandolo nel mezzo senza poi molte esitazioni. L’idea che quell’uomo sapesse del Risveglio -ammesso che fosse quello il potere di cui parlava – non mi stupiva, ma che fosse proprio lì per discuterne era fonte di stranezza. Bruciavo dal desiderio di scoprire quali fossero le sue intenzioni reali, cosa lo avesse spinto a cercarmi fino a quel capo remoto del mondo: avevo necessità di chiarirmi le idee.

    Lìf non sa chi voi siete e se ho ben capito il potere di cui parlate è ciò che mi hanno detto chiamarsi “risveglio ancestrale”, ma onestamente non capisco quale ragione dovrebbe spingermi a parlarvi di una cosa del genere senza sapere per quale motivo dovrei farlo. Credo possiate capirmi no? Dopo ciò che mi è accaduto in questi anni mi fido ben poco di chi non conosco, a maggior ragione se non parla con la propria bocca e tiene una lampadina nascosta sotto una benda. Non credo voi siate cieco come lo sono io.


    Una risposta estremamente calma, pacata, sincera ed educata. Nessuna tinta di disprezzo nel susseguirsi di quel discorso semplice che andava dritto al punto, esprimendo in sostanza ciò che ritenevo possibile e ciò che invece mi rendeva dubbiosa. Invece che sedermi per terra decisi di piegarmi sulle ginocchia, mani lasciate a dondolare nel vuoto, i talloni rialzati da terra per equilibrare la forma e non permettere al corpo di caracollare in avanti o balzare all’indietro. Una sorta di scimmia intelligente al suo primo approccio con altre forme di vita misteriose!

    Vogliamo fare le dovute presentazioni quindi?


    Rimasi in attesa, intrecciando le dita in un blocco unico. Chissà come avrebbe reagito Killia all’idea che qualcun altro sapesse suonare bene quanto lei!
     
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    La flebile cupola cerulea che vi sovrasta sembra iniziare a lampeggiare in maniera più intensa una volta pronunciate le parole “risveglio ancestrale”. Non sapresti dire con esattezza ma è come se l’ambiente circostante fosse senziente e si mostrasse interessato a ciò che avevi appena detto, nella stessa, identica maniera si comporta la luce intermittente proveniente dalla benda. Il tessuto doppio del bendaggio ne offusca l’intensità ma non è difficile capire che stia iniziando a brillare in maniera più decisa. Il tutto però sembra essere destinato presto a cambiare quando ti “rifiuti” gentilmente di dare particolari informazioni sui tuoi poteri. Percepisci un vorticare di aria più densa del normale, la cupola inizia a tinteggiarsi di sfumature scure, paragonabili a quelle delle profondità marine, ti sembra quasi di percepire dell’acqua attorno al tuo corpo ma è solo una lieve sensazione, ti potrebbe far venire i brividi ma nulla più.

    >Io? Capire Te?

    Il suo tono è comunque pacato nonostante i minacciosi cambiamenti che stanno avvenendo in quello spazio così concettualmente distante dal resto dell’isola, anzi dal resto delle esperienze che tu abbia mai vissuto. Un modo parallelo? Una dimensione diversa? Potrebbero venirti idee diverse ma ci sei entrata nel più banale dei modi quindi non riesci a trovare un senso a questi dubbi.
    Il volto del tuo interlocutore questa volta risulta essere più espressivo, il lato non coperto della benda si muove osservandoti con aria delusa, due parti del volto che esprimono due emozioni differenti, la mano destra inizia a cingere il manico della spada mentre continui a parlare.

    >Oh… peccato

    È questa la risposta che senti alla tua richiesta di presentazioni, solo che questa volta riesci a vedere chiaramente le labbra muoversi e la voce è decisamente diversa, appartiene ad un uomo e si sposa perfettamente con il corpo che vedi davanti ai tuoi occhi. I muscoli facciali, i movimenti che il corpo compie automatiche ad ogni parola pronunciata sono reali, non è più un’esperienza ventriloqua ma questo non fa altro che aumentare, logicamente la tua curiosità e forse anche un timore. Il vortice di aria densa che percepivi poco fa inizia ad intensificarsi in maniera decisa, la cupola che vi avvolge si tramuta in un gorgo di fluido denso, ti senti come affondare nel mare, ma il tuo corpo è semplicemente sospeso. La luce dietro al bendaggio questa volta diventa rossa, un rosso acceso, un rosso arrabbiato.

    >Parlarmi del tuo potere umana, non te lo ripeterò più!

    Torna immediatamente la voce che avevi ascoltato la prima volta, sei probabilmente confusa, ti ha chiamato umana, un dettaglio di non poco conto. L’uomo si alza, sembra immune ai cambiamenti atmosferici che stanno avvenendo nella cupola.

    >Mi dispiace per voi…

    Il movimento è rapido, istantaneo, non te ne rendi conto, l’aria della cupola si riempie di un liquido rosso, dalle tonalità scure, seguito da brandelli di carne, qualora ti girassi, vedresti il tuo compagno tagliato in innumerevoli pezzi di carne che fluttuano e si consumano a vista d’occhio. Il ragazzo dai capelli argentati rinfodera la spada e con un rapido movimento si posiziona dinanzi a te, a pochi centimetri dal tuo corpo. Il suo volto parallelo al tuo, percepisci un’attrazione in direzione della benda, non qualcosa di mentale, le tue membra, anzi tutto lo spazio circostante è attratto da una forza centripeta con centro l’occhio nascosto dalla benda.

    >In un modo o nell’altro avrà ciò che vuole, sappilo


    Sono le ultime parole che senti mentre vedi la benda muoversi, capisci di avere poco tempo per agire, qualsiasi sia la tua mossa.

    IEHJjmW


    Yama™, Hai due scelte, o parli o combatti, considerati come se fossi in un gorgo, le tue azioni fisiche avranno un malus, quelle magiche sei libero di usarle, per qualsiasi dubbio, sai dove trovarmi. Ti avviso che in entrambi i casi non hai certezza di sopravvivere e che il combattimento si svolgerà in maniera non totalmente narrativa, le statistiche avranno valore, ovviamente non sei a conoscenza di quelle del tuo avversario
     
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    Una pulsazione anomala da parte della barriera rapì l’attenzione dell’unico occhio ancora funzionante. Guardai quell’effetto senza riuscire a comprendere cosa l’avesse scatenato, non avrei mai potuto immaginare che tale reazione fosse legata proprio alla mia rivelazione, ma se l’avessi compreso ne sarei rimasta sicuramente sconcertata. Rimasi genuflessa per un po’, con i polpastrelli che sfioravano l’erba talmente vicini si trovavano con la terra, ma sapevo in cuor mio che quella pace non sarebbe durata a lungo e lo capivo non soltanto dai movimenti più adirati di quella luce nascosta dal bendaggio ma anche da una pesantezza dell’aria circostante, dal cangiare delle tonalità e delle condizioni di vita all’interno di quella specie di area artificiale.

    >Io? Capire Te?

    Già, una bella rogna eh? Se a tratti non riuscivo nemmeno io a capire me stessa, come avrei potuto pensare che uno sconosciuto potesse farlo in uno schiocco di dita? Le parole dell’uomo si susseguirono l’una dopo l’altra seguendo un copione molto similare a quello con cui tutto era cominciato, eppure già nell’aria aleggiava il sospetto che il finale sarebbe andato lentamente a cambiare rispetto all’originale. Davanti ai miei occhi avevo un uomo che a pelle sentivo essere il più strano che avessi mai incontrato nella mia esistenza e in quelle precedenti, ma forse anche in quelle future e non erano il suo aspetto o le sue battute scarsamente originali a incidere questa impressione nella mia testa: erano le dimensioni nascoste a turbarmi. A poco a poco iniziò a nascere in me il vago sospetto di aver errato nell’accettare la proposta di Hàkarl, capivo il perché del suo turbamento solo ora che il vaso di Pandora era stato scoperchiato solo di un po’ per far fuoriuscire “il dubbio” dal suo interno. Il naso cominciò a pizzicare in quella che pareva un’ampolla d’acqua vuota ma pronta a riempirsi e gli insetti nei loro nidi ammassarono i loro ronzii in un coro incontrollato che rimase chiuso nelle pareti di ossa e muscoli infreddoliti da quel mutamento. L’origine di tutto ciò, di quella trasformazione e di quelle evoluzione, a cosa era dovuto? L’avrei scoperto troppo presto, o troppo tardi? Erano altri i mari che la coscienza stava solcando in quel momento, più burrascosi e tetri, minacciati da una bestia a due facce più vasta dell’orizzonte.

    >Oh… peccato

    Erano… due? Mi sembrò di ritornare allo scontro con Detsu e i gemelli, difatti fu quella la prima risposta sensata che il mio cervello generò per placare i dubbi irrequieti di quella svolta. Parte della faccia altrui continuò a mantenersi bloccata come un fermo immagine, congelata in un preciso momento della sua esistenza ma l’altra, quella scevra di ogni protezione materiale, si mosse normalmente abbandonando indietro la gemella, scollandosi di dosso la finta paresi per abbracciare le emozioni e il suo scopo reale ma ancora non svelato. I movimenti dei muscoli, il fluire della mano verso l’elsa raffinata della sua arma fluirono come il corso d’acqua che misteriosamente stava insinuandosi in quella zona con una velocità inaudita. Più rapida della stessa luce proveniente da quello che ritenevo -per intuito- essere un occhio, sentii le membra più pesanti con lo scorrere degli istanti e ben presto mi ritrovai preda di un vero e proprio gorgo strappato all’area più insidiosa di tutti gli oceani e incollato lì con qualche bizzarro artificio magico.

    >Parlarmi del tuo potere umana, non te lo ripeterò più!

    Il camuffamento sul viso imbrigliava a stento l’organo ora che la sua luce si tingeva di toni sanguigni, ma su di lui i potenti marosi non facevano nulla, anzi sembrava più austero e imperturbabile che mai nella volontà di sapere di più sul potere del risveglio. Mentre i muscoli attutivano il peso delle acque così da sperare di adattarmi ad esse per rimanerne vittima, il mio cervello accolse una nuova tessera d’allarme che riportava a caratteri cubitali la parola “umana” attribuitami da una delle parti che componevano l’anima del Samurai. Tale appellativo irruppe a mo’ di freccia nella mia anima, era feroce e solenne, ma non era abbastanza tenace da trapassare il mio interesse e il mio sesto senso: entrambi si coalizzarono per opporsi al dardo in una resistenza continua e ostinata, lottando a denti stretti per impedire a quella saetta di perdere la propria importanza.

    Fjandinn! E’ poi mi chiedete perché io non mi fidi di chi non conosco.

    L’imprecazione capitolò con naturalezza dalle labbra screpolate e nascoste dietro alla maschera respiratoria, sarebbe stata la prima di una lunga serie e l’ultimo frutto prodotto prima della collera. Perché? Nel resistere alla sensazione generata da quel vortice ebbi poche occasioni per voltarmi a guardare Hàkarl e verificare se ci fosse ancora.

    >Mi dispiace per voi…

    Mi fidavo delle sue potenzialità di uomo pesce, della sua grande potenza combattiva caratterizzata da una violenza ferale non di poco conto e mi fidavo della sua onestà ma purtroppo tutto ciò non sembrava rappresentare niente nella situazione attuale e ne ebbi la prova quando l’acqua cominciò a trascinare con sé qualcosa di umano.

    HàKARL!



    La velocità con cui tutto accadde era paragonabile a quella di un pensiero. Accendere la luce per recarsi in bagno, riflettere su quale pietanza consumare all’ennesimo pranzo dell’ennesima giornata passata a cullarsi nella noia della routine, scovare una nuova posizione durante un rapporto sotto le lenzuola con Sophie. Il fiato dardeggiò nei polmoni, si scaldò in gola come tizzoni roventi e straripò dalla bocca elevandosi incontrollato e come un tremore sotto la pelle della terra percorse ogni singola particella di quell’acqua insozzata di sangue per non tagliare fuori nessuna zona. Inebriati dall’ira di stampo femminile che inceneriva il cuore, gli insetti non desideravano altro che nutrirsi della stessa come fosse il loro carburante primario, così da farsi carico dello stress e succhiarmelo fuori per proteggermi dalla perdita di lucidità.

    .:Blood and water



    >In un modo o nell’altro avrà ciò che vuole, sappilo

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    Tacqui. Risultò un’impresa titanica non parlare e tenere insulti, risposte e provocazioni per me, ma quando vidi il suo volto combaciare col mio per la vicinanza non seppi far altro che reagire con i fatti, che erano quelli che contavano. Da quella dichiarazione mi sembrò di capire che non c’erano scelte oltre alla lotta, che l’unica via per opporsi all’attrazione dell’occhio era costituita dalla repulsione della mia volontà nei confronti della sconfitta e della perdita di libertà. La verità è che non era mio desiderio venire risucchiata dagli eventi come nei mesi passati, non volevo passare la vita a giocare a rimpallare da una regione all’altra come un proiettile per colpa di altri e della mia sfortuna. Chi seguiva i miei ideali o anche solo la mia ombra finiva per andare all’altro mondo, persino agli sconosciuti era riservata la stessa sorte nefasta e ciò aveva favorito molto spesso la nascita di pensieri suicidi: avevo pensato che se mi fossi tolta la vita da sola forse la catena di vittime sarebbe cessata, forse la sfortuna volentieri avrebbe levato le tende per incollarsi a qualcun altro e intorno a me sarebbe calato un silenzio salvifico. Se ciò fosse avvenuto avrei potuto sperimentare non solo la pace eterna in un’isola tropicale nel bel mezzo di un mare calmo, ma avrei perso ogni preoccupazione per un mondo dal quale ero stata ripudiata e che tuttavia continuavo a difendere. Ma non c’era onore nel suicidio, benché meno nell’illusione di poter favorire risvolti positivi per gli altri con un atto così radicale.

    Volere sapere cosa ne pensa Lìf invece? Lìf pensa che sarà lieta di strapparvi cuore dal petto per evitare che ciò avvenga e solo il dio Sanbi sa quanto ostinata sia Lìf in battaglie, perciò spero che voi abbiate pregato abbastanza stamattina!

    Basandomi sull’attrazione esercitata dal nemico provai a concentrarmi profondamente, per quanto possibile, sull’idea di sfruttarlo nella speranza di trarne vantaggio. Seppur fosse inevitabile distogliere l’attenzione dal turbinio e fossi ancora in preda a quel gorgo dovevo provare ad agire per evitare un tragico epilogo: servendomi di una massiccia dose di energia avrei cercato di espellere dalla sezione di viso deturpata un accumulo di creature microscopiche per ammassarle in un nembo violaceo dalle proprietà tossiche. Basandomi sui movimenti dell’avversario mi venne istintivo ipotizzare che quella nube potesse subire la medesima forza attrattiva messa in atto dal samurai e abbattersi su di lui automaticamente, precedendomi e offuscando -nei limiti del possibile – gli step successivi. Poiché affidarsi alle speranze e alle supposizioni era errato provai con le dita adunche della mancina a entrare in contatto con la maschera, picchiettandovi sopra i polpastrelli per assorbirne il materiale ed estenderne la composizione chimica e strutturale su tutta la pelle a difesa della katana, dalla punta dei piedi fino al cuoio capelluto, manipolabile a sua volta in svariati modi. Scelsi senza temere una variante prettamente difensiva che potesse circondare in pieno ogni angolo della mia silhouette lasciando scoperto solo l’ovale del viso: il movimento spiraleggiante del crine l’avrebbe fatto somigliare ad un filo aggomitolato attorno ad un fuso ma al contempo munito di serie di spuntoni sparsi, irrorati di insetti nano venefici, che avrei fatto cozzare sia contro il nemico per destabilizzare la sua concentrazione e magari iniettargli tossine in corpo, sia al suolo per tenermi inchiodata al terreno e resistere al risucchio.


    Riassunto Azioni


    AZIONI
    -Tecnica della Nube di Insetti Venefici
    -Tecnica dell’Assorbimento dell’Universo - Metallo (maschera)
    -Simulacro di Spine (con spuntoni) irrorato di Insetti Nano venefici + Riverbero del chakra (no sigilli, +30 sulla riuscita)

    parametri
    Resistenza:1000=1000
    Stamina:1100-90-8-25=977

    Maestrie e Abilità

    A.{Riverbero del Chakra}
    M.{Combattente ad alta Tossicità Liv. I}
    M.{Chakra Possente Liv. II}
    L.{Farmacista - Conoscenze farmacologiche acquisite}
    L.{Chiropratico - Conoscenze anatomiche acquisite}

    equipaggiamento
    [Filo spinato]*30mt
    [Uchiha shuriken]*5
    [Fori d'aria di Zaku [Indossati]]*2
    [Amplificatore di Dosu [indossato]]
    Kobashot (Medio) - Sigillato nel Rotolo grande
    .:Ombrello Ninja da Combattimento:. (Abnorme) - Sigillato nel Rotolo grande
    [Rotolo di tessuto]*1
    .:Armatura dell'ex-Paese della Neve [indossata] - Zone di copertura: avambraccio e braccio sx, busto
    N.B: Ci tengo a precisare che non mi è stato segnalato in scheda se anche questa mi è stata "confiscata" durante l'udienza oppure no, ci tengo a dirlo per sicurezza. Nel caso ce l'avessi devo segnare i bonus!

    Consumabili
    - Borsello porta armi
    [Carta bomba]*5 - Borsello porta armi
    [Tonico da guerra]*4 - Borsello porta armi
    [Tonico coagulante]*5 - Borsello porta armi
    [Sonnifero (Dose fumogena)]*3 - Borsello porta armi

    Conoscenze
    {Conoscenze Orientative e geografiche Liv. I}
    {Conoscenze Naturalistiche Liv. II}
    {Oratorie e Popolari Liv. II}

    note

    - Monocolo Fotografico - Occhio Dx
    - Maschera subacquea (indossata)



    Edited by Yama™ - 16/11/2022, 19:34
     
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    >Dio Sanbi!?

    Una smorfia di incredibile disgusto si dipinse sul volto del tuo interlocutore, l’occhio continuava a pulsare vita e colori propri, non in maniera a sé stante dal resto dell’espressione facciale in quanto sembrava emanare le medesime sensazioni. Sentimenti probabilmente causati dalle tue parole, proprio come le successive, dette questa volta dallo spadaccino

    >Confondi meri giocattoli con divinità e lo fai con impudenza dinanzi ad una manifestazione degli stessi!

    La mano era andata a posarsi sull’elsa stranamente senza alcun tipo di guardia che portava al suo fianco, le dita carezzarono accuratamente le rifiniture per poi estrarre l’arma. Nessun fendente, degli spostamenti gravitazionali del tutto simili a flutti marini invasero lo spazio di pochi metri che vi circondava dissolvendo in meno di una manciata di secondi la nube venefica da te generata, spazzata via come si farebbe con un solo insetto fastidioso. Il tutto era stato generato solo dall’estrazione della lama, era evidente che vi trovavate in uno spazio fluido sotto il suo totale controllo, completamente dominato dai suoi ordini e di grave svantaggio per te.

    Eri ancora intrappolata in quel vortice centripeto mentre creavi la tua difesa, il suo sguardo non accennava a distogliersi da te ma sembrava volerti lasciar fare, senza impedirti dio svolgere azioni. Un atteggiamento passivo che cozzava terribilmente con la fretta che ogni suo movimento aveva. Dall’inizio del vostro dialogo infatti i suoi movimenti erano meno fluidi e con, seppur impercettibili, spasmi incontrollati, come se qualcosa lo disturbasse da dentro, come se il suo corpo non fosse abituato a quelle velocità che il tuo occhio non riusciva a seguire. La fine di Hakarl era stata manifesto della sua superiorità contro di voi, nessuno dei due era riuscita a prevederla ed era avvenuta più veloce degli ultimi battiti d’ali delle farfalle cristalline di poco prima.

    Il simulacro si chiuse, non riuscì a sfiorare minimamente il tuo avversario, gli bastò un movimento fugace per spostarsi di qualche metro da quella posizione. I capelli a difesa si arpionarono al terreno proprio come volevi. Una volta che la tua azione si fosse conclusa, il suo sguardò trasmise, per quanto possibile, ancor più delusione. Si aspettava attacchi probabilmente, qualcosa che dimostrasse quel potere che lui sembrava tanto ricercare.

    >Hai scelto un’ottima bara umana…

    Il braccio con la spada si alzò indicando il cielo, generando di conseguenza un numero di cinque torri d’acqua simili a tornado, agli occhi di un osservatore esterno esse apparirebbero più come distorsioni spaziali della cupola che vi circonda rispetto a vera e propria acqua generata da una comune tecnica suiton. La sola pressione dei tornado in lontananza iniziò a far comparire varie crepe sulla tua difesa. Esse si avvicinavano inesorabilmente a te fondendosi in una sola colonna acquatica che in sol colpo travolse te ed il tuo scarso tentativo di difesa, distruggendolo totalmente.

    Il tuo corpo viene preso dal vortice, la tua difesa infranta con poco sforzo. Non riesci più a vedere bene il tuo avversario, una barriera acquatica vi separa e nel contempo ti devasta con flutti che ti colpiscono simili a fendenti della lama più tagliente che tu abbia mai saggiato. Tutto ciò per qualche eterno secondo. Poi la calma.

    Il nemico è dinanzi a te, la forza attrattiva del suo occhio è ancora presente ma molto meno opprimente, la tua vista è offuscata dal fluido che sembra dividervi, comportandosi proprio come se aprissi gli occhi sott’acqua. La tua armatura è ridotta a brandelli inutilizzabili, ti ha salvata ma era palese che il suo intento non fosse mai stato quello di ucciderti, non prima di aver avuto le sue informazioni preziose. Hai qualche graffio superficiale, te la se cavata con poco ma hai pienamente capito il divario che vi separa. Noti che la forza che esercita è minore ma il tuo sesto senso ti indica che potrebbe ucciderti ancora in un solo istante.

    Si avvicina a passi lenti finto a raggiungere il metro di distanza, i suoi passi sono un po’ trascinati e la sua pelle ha iniziato a divenire più pallida.

    >Forse sono io il dio che veneri? Che ne dici?

    Il tono provocatorio emanava superiorità ad ogni sillaba

    >Ora parlami di quel potere o quantomeno mostramelo…



    IEHJjmW


    Yama™, Hai sempre le due care scelte, o parli o combatti, non sei più in un gorgo ma ti senti appesantita come fossi sott'acqua. La tua armatura è a pezzi quindi puoi togliere quella dicitura. Decidi da te cosa fare. Sai dove trovarmi
     
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    Era da tanto che non provavo l’angoscia di avere difronte qualcosa di simile. Il primo incontro con quella sensazione risaliva ad un paio di anni fa, ai tempi di Qayin il folle e del suo centipede. Fu nell’occasione in cui persi l’occhio proprio contro lo strisciante che assaggiai la terribile verità di essere un’umana come tante, una persona in grado di provare su di se la caducità della vita. Il corpo di carne divenne di metallo, eppure fu impossibile reprimere o ignorare il brivido freddo che percorse la spina dorsale come un vascello, tagliando in due il percorso fino a insinuarsi come un verme nel cervello. Sentii le sue parole, cariche di disprezzo, condite dalla smorfia di sdegno e da una luce pulsante che a quella dichiarazione accelerò i suoi battiti, presa da assalto da veri e propri spasmi.

    >Dio Sanbi!? Confondi meri giocattoli con divinità e lo fai con impudenza dinanzi ad una manifestazione degli stessi!

    Un altro brivido si presentò seguendo il modus operandi del precedente. Esso non fu il frutto dell’angoscia e della rabbia che covavo verso l’entità dall’identità doppia, bensì fu la risposta del corpo a quella disonorevole blasfemia. Serrai i pugni e i denti in una gara a chi riusciva a stringersi di più, pensando e ripensando a quelle parole, rinnegando categoricamente ogni significato nascosto. La religione a cui ero devota vedeva il dio Sanbi come la creatura che dall’alba dei tempi aveva sempre governato e vegliato sui mari. Seppur ogni tanto avessi udito storie di bestie mitologiche a lui simili non c’era mai stato alcun dubbio sulla funzione di quella figura ancestrale, della sua importanza, e del suo non essere per nulla un giocattolo. Era la prima volta che incontravo qualcuno capace di parlare con così tanta superficialità di quel simbolo adorato non solo da me o dalla ciurma della mamma, ma da molti pirati o abitanti delle isole. La seconda parte mi lasciò leggermente basita, ma non vi feci inizialmente caso per il pericolo incombente e per la bestemmia dell’uomo.

    Una sola bestemmia in più e ti strapperò la lingua con il potere che tanto ti interessa vedere.

    L’ira di quel sibilo fu del tutto naturale. Le incognite di quell’incontro si moltiplicavano a vista d’occhio, ma dovevo controllare la rabbia per impedirle di prendere il sopravvento e accecarmi più di quanto già non lo fossi. Inoltre non potevo permettermi il lusso di prendere sottogamba quella battaglia, perché lì non stavo giocando al gatto col topo e una mossa falsa mi sarebbe costata la pelle.

    >Hai scelto un’ottima bara umana…

    Si disfò degli insetti con rapidità disarmante, dimostrando nuovamente una potenza fuori scala, imparagonabile rispetto ai nemici che avevo incontrato sul mio cammino fino a quel momento. Probabilmente avrebbe pareggiato con Eris e questa la diceva veramente lunga. Il crine allungato mi permise di stabilizzarmi a terra per evitare di venir risucchiata dall’occhio nemico, che non tardò a modificare il suo piano come un maestro d’orchestra. La spada si mosse imperterrita per deformare lo spazio circostante in numero elevatissimo di torri acquatiche che si strinsero sempre di più, da ogni lato, fino a centrarsi in una singola grande colonna nel quale finii prigioniera. Nel gorgo più violento della mia vita mi ritrovai a lottare non soltanto per diminuire le ferite ma per evitare lo schiacciamento dovuto alla pressione dell’acqua. Mossi braccia e gambe innumerevoli volte, chiudendo la bocca per evitare che l’acqua entrasse nei polmoni; l’armatura fu la prima ad andare in frantumi, poi gran parte del crine allungato finì tagliato dall’effetto tagliente del tornado d’acqua. Sembrò durare un’eternità intera quel fenomeno, ma ahimè durò meno di una pausa pranzo, giusto il tempo di ripercorrere nella memoria gli eventi legati all’infanzia e ad Hakàrl. Il tempo di quel mulinello si interruppe, perse la potenza che aveva stravolto ogni cosa attorno a me e mi vomitò a terra come un mostro delle sabbie fa con la sua preda, senza parsimonia. L’unico sollievo fu dato dalla scelta di rivestire la pelle di una fibra metallica, difatti proprio tale corazza mi garantì la sopravvivenza annullando danni che altresì mi sarebbero costati la vita.

    >Forse sono io il dio che veneri? Che ne dici?

    Il dire dell’altra metà di quell’essere sprizzava arroganza da ogni nota. Era indubbio che fosse in vantaggio, che potesse permettersi di poter mescolare veleno e insolenza al suo timbro di voce, eppure qualcosa nel suo aspetto stava cambiando. Sembrava quasi “stanco”, pallido in viso e con l’emanazione luminosa meno potente rispetto a pochi minuti fa. Non avevo i mezzi sufficienti per comprendere i limiti altrui, ma in fondo in fondo era un elemento rassicurante. Non essendovi al mondo una creatura con energie illimitate potevo contare sulla probabilità che l’altro fosse già a buon punto nell’averne consumata parecchia e non dovevo disperare. C’era solo una scelta da prendere, se assecondarlo e dargli ciò che voleva con le parole o con i fatti e in quale fase allocare una decisione simile.

    Che ti piaccia o no, tu non sei altro che l’insolenza fatta essere umano. Puoi paragonarti a tutte le divinità che vuoi, ma un falso resta un falso, quindi porta rispetto a quel dio che insozzi tanto con la tua lingua sporca… Se ti rimarrà un briciolo di lingua dopo che avremo finito.

    Mi sollevai da terra grondante d’acqua, mantenendo il ferro sulla pelle per precauzione. La sensazione d’essere immersa in un oceano non accennava a scomparire, ma era chiaro che fosse tutta opera del nemico e a poco a poco il cervello si stava abituando. Il sapore dolciastro del sangue mescolato alla saliva permeava in tutta la bocca, un grumo pastoso e dal retrogusto acido che mandai giù non potendolo sputare per via della maschera. Le circostanze che imponevano di reagire mi convinsero a evocare nell’area una coppia di cloni superiori, un modo in più per scalfire le sue difese e indebolirlo consistentemente. Si sarebbero posizionati dietro di me, uno a destra e uno a sinistra, a circa una decina di metri dalla mia ombra per non essere beccati dal nemico già prima di vedere il sole. Anche loro sarebbero stati testimoni della mia probabile fine, ma anche del ritorno degli antichi che lui insistentemente desiderava vedere.

    “I’ll take all of your wishes and your dreams
    In your place, In memory
    Give me all of your wishes and your dreams
    I’ll take all that you left and realize it for you”



    Tirai un profondo respiro, uno con cui poter infondere nel petto tutta l’aria del mondo. Poi, a sermone pronunciato nella tipica lingua dei pirati, l’eco degli antichi riverberò nel mio essere per connettersi dal passato e creare un ponte magico percorribile da loro. Ne conseguì una mutazione energetica presentatasi più volte, ma mai così necessaria come adesso, un cambiamento radicale nell’aspetto estetico e nel potenziale, con ali membranose e una sfumatura di verde a mutare il fuoco della chioma. Il plotone di insetti acidi generati automaticamente da quella trasformazione restò fermo nei pressi della mia posizione, in attesa di uno o più ordini o anche solo di una reazione nemica. Non era mia intenzione attendere oltre, volevo che il potere da lui tanto desiderato lo portasse in rovina e per questo dispiegai gli insetti affinché si elevassero distaccandosi in tre diversi battaglioni, facendo proseguire dritto quello centrale e aprendo -a mo’ di tenaglia – gli altri due. In tutti i modi si sarebbero riuniti in uno schiocco proprio sulla testa dell’individuo, ricadendo in una pioggia che l’avrebbe accerchiato e ben presto rinchiuso, secondo i miei calcoli, in un tornado dalle fattezze simili a quello sfruttato per soggiogarmi precedentemente. Nulla avrebbe fermato la mia controffensiva, né l’acqua, né il timore di morire e per questo avrei sfoderato uno dei miei assi nella manica più potenti. Per dimostrare che la volontà di vivere non era stata portata via dalla marea avrei cercato di tramutare tutta l’area circostante per far assumere le sembianze di uno spazio chiuso fatto di carne e di succhi gastrici, lo stomaco di un rospo di montagna dagli interni inospitali. Il suolo avrebbe perso quella tipica durezza data dalla terra e per questo sarei affondata di qualche centimetro sulle piattaforme molli, ma non mi sarei mossa fisicamente per accorciare le distanze, bensì avrei rincarato la dose di incanti riprovando a investirlo con la nube mefitica di insetti nano venefici, sciabordando il braccio destro verso l’alto e poi verso il basso, facendo sì che -qualora il nemico avesse avuto l’intenzione di provare a fuggire dall’alto – avrebbe fatto il suo incontro diretto con nuvola violacea.

    5abe156ff6abfa536b9c7dc190af7c6f
    Non ho idea del motivo per cui tu... voi desideravate tanto vedere questo potere, ma giacchè vi ho fatto il favore di mostrarvelo, ora voi mi farete il favore di spiegarmi tutto prima di morire.

    I due cloni sarebbero stati molto importanti per il mio piano, ma l’elevata criticità dell’operazione influenzò il mio piano fin dall’inizio: indipendentemente dalla presenza delle copie ero conscia di dover dare tutta me stessa e non risparmiarmi, poiché avevo il fiato della morte sul collo. Lo stress fisico iniziava a farsi sentire, la perdita di una buona fetta di energie portava il cervello ad accelerare e a scartare la possibilità di dovermi fermare e accontentare. All’unisono gli arti destri dei due cloni avrebbero danzato nell’aria fino a stabilizzarsi paralleli al terreno, trasferendo energia nei meccanismi dell’amplificatore per convertirla in un fastidioso ronzio atto a farmi guadagnare il tempo necessario per realizzare un sigillo confinante. Era la prima volta che ne facevo uso in battaglia, era inevitabile che ciò avvenisse: dovevo fermare a tutti i costi quella mina vagante per salvare me e gli altri pirati esseri umani presenti in zona. Le distanze tra me e lui rendevano più che fattibile l’attuazione di quella prigione magica atta a concedere ai cloni la possibilità di scomparire in sincrono nelle pareti intestinali del rospo, per attendere il momento proficuo e vigilare sulle mosse del “mostro”.


    Riassunto Azioni


    AZIONI

    ▲Tecnica dell’Assorbimento dell’Universo - Mantenimento
    ▲Moltiplicazione superiore del corpo - 2 cloni
    ▲Risveglio ancestrale
    ▲Stritolamento della bocca di rospo
    ▲Tornado di insetti acidi
    ▲NUbe di insetti venefici
    ▲Barriera di Confinamento (Tojikome Baria)

    parametri
    Resistenza:1000=1000
    Stamina:977-20=957/3=319--->1100-60-80-90-35=855

    #Clone1:
    Resistenza:??
    Stamina: 319-8-25=286
    Azioni e Jutsu:
    Attacco Sonoro (Kyomeisen)
    Assimilazione di tutto il creato

    #Clone2:

    Resistenza:??
    Stamina: 319-8-25=286
    Azioni e Jutsu:
    Attacco Sonoro (Kyomeisen)
    Assimilazione di tutto il creato

    Maestrie e Abilità

    A.{Riverbero del Chakra}
    M.{Combattente ad alta Tossicità Liv. I}
    M.{Chakra Possente Liv. II}
    L.{Farmacista - Conoscenze farmacologiche acquisite}
    L.{Chiropratico - Conoscenze anatomiche acquisite}

    equipaggiamento
    [Filo spinato]*30mt
    [Uchiha shuriken]*5
    [Fori d'aria di Zaku [Indossati]]*2
    [Amplificatore di Dosu [indossato]]
    Kobashot (Medio) - Sigillato nel Rotolo grande
    .:Ombrello Ninja da Combattimento:. (Abnorme) - Sigillato nel Rotolo grande
    [Rotolo di tessuto]*1

    Consumabili
    - Borsello porta armi
    [Carta bomba]*5 - Borsello porta armi
    [Tonico da guerra]*4 - Borsello porta armi
    [Tonico coagulante]*5 - Borsello porta armi
    [Sonnifero (Dose fumogena)]*3 - Borsello porta armi

    Conoscenze
    {Conoscenze Orientative e geografiche Liv. I}
    {Conoscenze Naturalistiche Liv. II}
    {Oratorie e Popolari Liv. II}

    note

    - Monocolo Fotografico - Occhio Dx
    - Maschera subacquea (indossata)



    Edited by Yama™ - 6/2/2023, 14:35
     
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    luogo sconosciuto


    >Insolenza fatta ad essere umano?

    La confusione mista alla stanchezza regnava nell’espressione del duo di entità che ti ritrovavi davanti, sembrava non avere pazienza di spiegarti tutto, lasciando stare con un lieve cenno del capo che trasudava pena per una forma di vita da lui considerata così inferiore. Il tuo oltraggio non meritava ulteriore sforzo di risposta, aveva già provato precedentemente a farti capire in ogni modo di non essere un umano come tanti altri o almeno di non esserlo completamente. Il dominio del suo potere sull’ambiente circostante non accennava a diminuire, era abbastanza chiaro che quel luogo “sottomarino” nel quale vi trovavate in quel preciso istante non era direttamente collegato alla sua energia e quindi ad un consumo di essa non sarebbe conseguito un proporzionale mutamento.

    Ibben


    Una ragazza con le ali da farfalla aveva attraversato tutta la foresta, si girò indietro in un lento movimento, costatando di come quel ninja avesse saggiamente scelto di non seguirla, la vista di tutti quei cadaveri l’aveva fatto desistere. Come fosse una figura mitologica si librava leggiadra nell’aria sfiorando il terreno e rilasciando barlumi di fioca luce ad ogni lento battito di quelle ali asimmetriche. La sua avanzata terminò dinanzi ad una cupola. I colori di quella “costruzione” energetica erano identici alle sfumature delle sue ali misti in un perlaceo e luminescente fluido che isolava ciò che accadeva al suo interno. Lei ne sembrava attratta, come un bambino che segue e vede una farfalla, e con la medesima cura appoggiò la mano sul fluido, provocando un movimento dello stesso, impercettibile ma pur esistente

    image


    >L’hai trasportata nel tuo piano d’esistenza? Non ho ancora capito cosa tu abbia in mente, il karma non era stato fatto per questo…

    luogo sconosciuto



    La luce pulsante dell’occhio finalmente sembra comunicarti soddisfazione mentre tu pronunci il sermone ed inizi ad invocare il potere dei tuoi antenati. Non ci furono parole, solo un respiro lungo come a dire “finalmente”. La sua impazienza di giungere a quel momento era palpabile ed una parte dello spadaccino si era quasi rassegnata alla tua volontà di non far manifestazione di questo potere, portando quindi all’unica scelta possibile, che sarebbe stata la tua morte. Il tuo cambiamento fisico non destò in lui meraviglia quanto quello energetico, non sapresti definire con estrema precisione le emozioni emanate tramite quella luce ma a priva vista ti sarebbe sembrata curiosità mista ad una lieve delusione.

    >Riesci a richiamare questo potere senza usare l’albero… tuttavia non sembri sfruttare il vero potere…

    Da parte sua non ci fu alcun accenno a difendersi, subendo ogni singolo colpo, tranne lo stritolamento del rospo, non riesci a capirne la ragione ma non riesci ad evocare il tuo servitore anfibio o meglio, la parete del tuo servitore. Lo spadaccino si contorceva dal dolore provocato dai tuoi colpi, mentre l’occhio pulsante di energia rispondeva alla tua domanda.

    >Usi un potere al quale non dovresti avere accesso umana, noi emanazioni lo bramiamo ma questa tua ridicola imitazione non ci interessa, le limitazioni del tuo patetico metodo sono evidenti.

    L’occhio si spense piano chiudendosi e non rivelando la sua vera forma, il corpo dello spadaccino era ancora più pallido e… rigido…

    D’un tratto la pressione dell’ambiente circostante si spense totalmente, la cupola si disciolse andando quasi a fuoco, un fuoco che non emanava calore ma che bruciava con fiamme composte da farfalle, queste si alzarono in volo andando in direzione delle tue spalle mentre il corpo dello spadaccino che avevi davanti si distruggeva sotto l’effetto dell’acido, in maniera più rapida di quanto tu avessi mai prospettato. Eri trovata nel mondo reale, su un’isola insanguinata, in una foresta che sembrava intrisa dell’odore del sangue, i vari pezzettini del corpo di Hakarl erano lì ai tuoi piedi, potevi muoverti in maniera del tutto naturale ora. Mentre il tuo cervello era impegnato a capire ciò che fosse accaduto, una giovane figura femminile sembrò materializzarsi al posto dello spadaccino. Fugace fu il gesto della sua mano, atto a prendere l’occhio che prima brillava, anticipando la nube venefica e rimettendolo a quello che probabilmente rappresentava il suo posto originale, la sua cavità oculare.

    >Dovrò trovare un altro Daiyaku…

    Disse la ragazza con un timbro di voce molto alto, mentre cospargeva il corpo dello spadaccino e gli insetti di una fiamma nera imperitura, per poi osservarti

    >Era questo che cercavamo? Ne sono contenta… Non sembra così potente, forse ne sarà deluso, ma… Ti spiace dirmi come hai ottenuto questo potere?

    Il tono era gentile, il sorriso sembrava sincero, i suoi occhi erano due spirali, li avevi visti per troppo poco tempo per analizzarli e nel momento della domanda si chiusero mentre le ali di energia cristallina la facevano levitare senza farle toccare il terreno e i suoi stracci logori le coprivano il corpo in maniera irregolare



    IEHJjmW


    Yama™ credo non ci sia molto da aggiungere a quanto scritto, se hai dubbi contattami tranquillamente
     
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    Nel caos del ronzio generato dagli insetti mi ritrovai improvvisamente spiazzata dalle parole della strana entità, la cui soddisfazione nell’aver raggiunto il suo obiettivo si palesò distintamente. Non sembrò aver fretta né cura di evitare l’attacco, ma prima che il tornado potesse generarsi attorno a lui venni a conoscenza di un dato particolarmente curioso, un fatto che -per ragioni ovvie – dilatò impercettibilmente lo scorrere del tempo.

    >Riesci a richiamare questo potere senza usare l’albero… tuttavia non sembri sfruttare il vero potere…

    A quale albero si riferiva esattamente? Non seppi collegare tra loro le scarse nozioni in mio possesso e questo mi rese ancor più curiosa di conoscere, di scavare a fondo nella situazione attuale e trovare, in quello che ormai era un mistero fatto “uomo”, una risposta soddisfacente o almeno un pezzetto di essa. Aggrottai la fronte con sdegno, mentre il cervello continuava a scomporre e analizzare ogni parola come cellule analizzate al microscopio, estraendo l’essenziale senza gettare via il resto. Che sapesse qualcosa in più del risveglio? Aveva bramato la vista di quel potere fin dall’inizio e avendone avuto un assaggio non si era limitato a silenziarsi e a trovar compiacimento, ma si era spinto oltre, validando più concretamente tale possibilità.

    >Usi un potere al quale non dovresti avere accesso umana, noi emanazioni lo bramiamo ma questa tua ridicola imitazione non ci interessa, le limitazioni del tuo patetico metodo sono evidenti.

    Aggrottai la fronte in maniera anche abbastanza visibile, concentrata su quell’entità che aveva smosso non solo la rabbia più violenta, ma aveva anche acceso un interesse talmente feroce da poter bilanciare lo stato d’animo in subbuglio. Ero dinanzi ad una possibile svolta nella ricerca di risposte sul risveglio, le cercavo da così tanto tempo senza riuscire a trovarle. Peccato che non avessi il tempo né la volontà di liberare il nemico dal supplizio a cui era destinato, sicché lui stesso se l’era cercato: se solo avesse avuto la decenza e la saggezza di ascoltarmi avremmo risolto tutto senza uno scontro, ma evidentemente qualcosa nel suo cervello non funzionava nel verso giusto. Quando tali parole giunsero alla fine il contenitore umano -perché tale era ormai ai miei occhi – sembrò perdere un po’ di linfa vitale e in risposta a questo la cupola andò a ritirarsi e a disgregarsi; gli insetti non tardarono a obliterare quella marionetta con i loro morsi famelici e acidificanti, ma quel fuoco di falene fu talmente mesmerizzante da godere della mia attenzione. Voltai il capo tutt’attorno per assistere al ritorno di una realtà scevra di acqua e intrisa dell’olezzo del sangue, puntellata di alberi e di residui di un corpo umano tagliato a pezzi irriconoscibili. L’orrore verso il trattamento ingiusto riservato ad Hàkarl non era mai scomparso e lo scenario continuava ad alimentare il disprezzo verso quello spadaccino di cui ormai non restava più nulla, a cui avrei volentieri chiesto tutto se non si fosse posto con violenza aspettandosi da me qualcosa che non fosse altra violenza. La combinazione ordita attraverso i tre tipi di insetti si rivelò devastante e come successo altre volte, l’acido avrebbe disciolto ogni pezzo di carne e di ossa, ogni organo e ogni tessuto, lasciando il nulla lì dove prima c’era qualcosa. O almeno così credevo. La nuova figura sopraggiunta al posto dello spadaccino ripescò dalla memoria la parte del racconto dell’uomo pesce che narrava la presenza di una ragazzina ad affiancare il samurai. Che fosse lei o no, mi stupirono le ali asimmetriche e gli stracci logori, ma ancor di più il salvataggio e il rimontaggio dell’occhio celato dal compagno sotto la benda.

    >Dovrò trovare un altro Daiyaku…

    Esclamò con un volume di voce elevato, aggiungendo carne al fuoco e generandolo a propria volta sugli ultimi brandelli di carne non ancora consumata dall’acido, divorandola nell’eternità dei toni dell’oblio. Era nera e sembrava infinita, viva, terrificante. Era qualcosa da cui sentivo di dover stare lontana perché non ne conoscevo l’origine e il modo di contrastarla, se ce ne fosse stato uno.

    >Era questo che cercavamo? Ne sono contenta… Non sembra così potente, forse ne sarà deluso, ma… Ti spiace dirmi come hai ottenuto questo potere?

    Sentivo che, con lei lì presente, ogni precauzione non avrebbe avuto effetto e prima ancora di rispondere lasciai andare la componente metallica e magica dell’epidermide, tornando a mostrarla nelle sue normali condizioni.

    Suppongo che avresti potuto evitarlo, se il tuo compagno non avesse avuto la brillante idea di usare i fatti alle parole. La prossima volta, cerca meglio.

    Il timbro di voce alterato dagli sfiatatoi della maschera continuava ad essere intriso di rabbia, così come la gestualità delle mani e il volo degli insetti. Tuttavia quello stato d’animo era stato originato e indirizzato come conseguenza delle azioni di quel singolo samurai e ora, avendo adempiuto al mio compito, stava già perdendo un po’ del suo smalto in favore della volontà di interrogare la nuova arrivata nella speranza di poter intavolare un dibattito sensato prima di spaccarle le gengive. La dinamicità degli eventi continuava ad esigere la presenza di qualcuno di esterno che fosse abbastanza lucido e ricettivo, oltre che saggio e così vecchio da potermi dare consiglio. Fu per tale ragione che mi spostai di lato per cercare uno dei gingilli metallici di Hàkarl, uno che potesse ancora essere pulito, trovandolo a circa tre metri dalla precedente posizione. Attirata dal luccichio di un cimelio metallico mescolato alla terra mi chinai sulle ginocchia con rapidità, posando il pollice sull’aculeo di una borchia e esercitando una pressione tale da far sgorgare una goccia di sangue, utile a poter richiamare nientemeno che due anziani vecchietti ultracentenari, non umani ma bensì rospi.

    >Ma dico ragazzina, ma ti sembra il momento di chiamarci? Stavamo per bere il tè!
    >Su su, calma, una motivazione ci sarà. Non credevamo che ci avresti mai chiamati, deve essere una situazione alquanto difficile, il nostro tenero Gamabunta si sente un po’ in colpa dopo ciò che ti è successo.
    Grazie per essere venuti, ora possiamo parlare. Lei è… bah, non è ho la più pallida idea sinceramente, non credo neanche che si presenterà dato che va così poco di moda farlo a quanto pare.

    Non era proprio il momento adatto per tirare fuori certi discorsi, probabilmente lo avrebbero compreso anche loro in poco tempo e con lo scenario circostante. MI premurai di inquadrare la ragazzina attraverso il monocolo al fine di scattarle una o più foto, poi un sospiro profondo seguì quella breve interazione con i rospi che da ritrovarsi a terra si sarebbero disposti con un balzo sulle mie spalle, Mà sulla destra e Pà sulla sinistra.

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    Non credo di avere altra scelta, né di volerne una dato ciò che quel miserabile mi ha fatto intendere di sapere. Il potere che il tuo ormai ex compagno ha chiamato “imitazione” e che io stessa, da umana, non dovrei poter usare mi hanno detto chiamarsi Risveglio ancestrale. Lui, ma suppongo anche tu, bramate un potere di cui io stessa ignoro le sue origini, ignoro i suoi limiti: so solo che ha risuonato in me dopo la distruzione di un pugnale magico fatto di legno avuto dagli Ishivariani, a seguito di un incidente di anni e anni fa.

    Raccontai alla ragazzina ciò che sapevo, sciabordando le braccia come ventagli in modo da richiamare dietro alle mie spalle le decine di insetti ancora in vita, in attesa di istruzioni.

    Sto cercando di trattenermi dal fare a te la stessa cosa che ho fatto a lui, quindi ti chiedo: ha parlato di un Albero, ha ammesso che questo potere sia un’imitazione di qualcosa e che ci siano dei limiti nel mio modo di utilizzarlo. A cosa si riferiva esattamente? E perché quell’eresia verso il Sanbi? Non giriamo attorno alla questione, non avreste fatto tutta questa strada solo per vedere una dimostrazione di questo potere.

    La fissai a lungo in attesa che parlasse, lasciando tutto com’era. Al minimo segnale ostile anche i cloni sarebbero scattati all’assalto, mentre le lancette del potere scorrevano veloci, apprestandosi a raggiungere la loro fine in poco tempo.


    Riassunto Azioni


    AZIONI

    ▲Tecnica del richiamo: Ma e Pa
    ▲Risveglio ancestrale [1/3]

    parametri
    Resistenza:1000=1000
    Stamina:855-350=505

    #Clone1:
    Resistenza:??
    Stamina: 286-35=251
    Azioni e Jutsu:
    Mantenimento assimilazione di tutto il creato

    #Clone2:

    Resistenza:??
    Stamina: 286-35=251
    Azioni e Jutsu:
    Mantenimento assimilazione di tutto il creato

    Ma e Pa:
    Resistenza:500
    Stamina: 700
    Azioni e Jutsu: Ascoltano (?)

    Maestrie e Abilità

    A.{Riverbero del Chakra}
    M.{Combattente ad alta Tossicità Liv. I}
    M.{Chakra Possente Liv. II}
    L.{Farmacista - Conoscenze farmacologiche acquisite}
    L.{Chiropratico - Conoscenze anatomiche acquisite}

    equipaggiamento
    [Filo spinato]*30mt
    [Uchiha shuriken]*5
    [Fori d'aria di Zaku [Indossati]]*2
    [Amplificatore di Dosu [indossato]]
    Kobashot (Medio) - Sigillato nel Rotolo grande
    .:Ombrello Ninja da Combattimento:. (Abnorme) - Sigillato nel Rotolo grande
    [Rotolo di tessuto]*1

    Consumabili
    - Borsello porta armi
    [Carta bomba]*5 - Borsello porta armi
    [Tonico da guerra]*4 - Borsello porta armi
    [Tonico coagulante]*5 - Borsello porta armi
    [Sonnifero (Dose fumogena)]*3 - Borsello porta armi

    Conoscenze
    {Conoscenze Orientative e geografiche Liv. I}
    {Conoscenze Naturalistiche Liv. II}
    {Oratorie e Popolari Liv. II}

    note

    - Monocolo Fotografico - Occhio Dx
    - Maschera subacquea (indossata)



    Edited by Yama™ - 1/3/2023, 12:34
     
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    Un sorriso bastò come risposta alle tue accuse al suo “compagno”, probabilmente era un qjalcosa di già scritto, non di inaspettato, d’altronde il loro aspetto sembrava essere un perfetto riassunto delle loro inclinazioni caratteriali. L’uomo che da poco avevi sconfitto, in maniera del tutto casuale, era il tipico guerriero difeso da corazza e brandente una spada, qualcuno abituato a risolvere i conflitti con la lama piuttosto che con le parole, invece la ragazza che da poco era comparsa si muoveva dolcemente nell’aria, a pochissimi millimetri dal suolo, risultando elegante quanto o più delle sue asimmetriche ed ipnotiche ali, la sua bellezza da giovane fanciulla la rendeva quasi innocua agli occhi esterni, ma era proprio quello il fatale inganno. I suoi occhi erano spirali che attiravano la preda dalle quali era impossibile uscire, una forza che già avevi provato in precedenza.

    Non rispose, ti guardò curiosa orchestrare i tuoi movimenti in maniera tale da provocarti una ferita ed evocare delle creature non troppo graziose, rise, lievemente, quasi a non voler essere troppo maleducata, poi ti parlo, mentre eri a colloquio con i due saggi rospi.

    >Non sarebbe stata più carina una bestiolina del genere?

    Disse disegnando nell’aria tramite il dito una forma simile ad un cagnolino dalle zampo piccole, senza coda, muso grande ed orecchie grandi, ovviamente il tutto era lasciato alla tua immaginazione, nulla di magico era scaturito dal perimetro delle sue mani. Alla fine del tuo discorso stava per iniziare a parlare, magari per presentarsi ma la sua attenzione fu catturata dal tuo monocolo, non aveva idea di cosa facesse ma sembrava essere molto infastidita da quell’oggetto, aveva capito quanto meno di essere “sotto lente” ma non seguì alcuna intimidazione a ciò. Seguì con disgusto il salto dei rospi sulle tue spalle ma senza interrompere il vostro momento e le tue successive parole. Il suo volto sembrava resistere a malapena all’immaginaria ma disgustosa sensazione delle viscide carni dei rospi sul tuo corpo, ma le orecchie erano bene attente a ciò che avevi da chiederle. Attese che finissi di parlare per avvicinarsi di qualche passo, la mano andò a posarsi sulla fronte corrucciata a soppesare bene le parole da dire.

    >Vediamo, da dove potrei iniziare?

    Gli occhi si persero nel vuoto per qualche istante, destando poca attenzione ai tuoi movimenti che ti ponevano sulla difensiva, ti stava sottovalutando forse o era realmente distratta dalle tue parole? Fatto sta che ti diede il tempo di continuare con il tuo discorso, prima che lei proferisse verbo.

    Il tempo delle tue parole era dunque finito, i suoi occhi ti trasmisero tutto il fastidio che ella aveva provato dopo le tue ultime parole, sicuramente si sentiva superiore a te, quella stessa arroganza che avevi registrato nelle parole del suo compagno ormai deceduto, ma tra di loro vi erano innumerevoli differenze. La pressione che avvertivi era del tutto diversa, non c’era atmosfera distorta che ti circondava, vi era anzi una calma forse più innaturale. Quell’isola, che era diventata un cimitero, era reale non aveva a che fare con nessun campo d’esistenza diverso e soprattutto lei non sembrava tremare o soffrire l’uso di quegli occhi, a differenza del precedente avversario.

    >Sei umana, posso accettare la tua ignoranza, voi creazioni di questo piano sembrate essere davvero diverse a livello di conoscenze…

    Ti guardò dall’alto al basso non con supponenza ma con sguardo magnanimo, come se fosse dispiaciuta della tua situazione.

    >Andiamo con ordine… quello che tu chiami risveglio ancestrale è una bozza di un potere che ci interessa molto ma non vuoi sapere questo…
    Fece qualche passo girando su sé stessa, una bambina che gironzolava sulle macerie.

    >Io sono una Ootsutsuki, non ti spiegherò la gerarchia della nostra stirpe, sappiate solo che vuoi siete frutto del volere di uno di noi, il capriccio di un’emanazione. Non facevate parte del grande progetto, non eravate presenti nella scrittura della grande frattura eppure ora siete qui, utilizzate del potere che non vi spetta e lo fate con poca coscienza. Il grande Dio non vi ha dotati del dono del potere cosmico o chakra, ma voi lo avete ricevuto e coltivato come nessuna razza ha mai fatto, inventando modi di utilizzarlo simili ai nostri, lo definirei quasi un miracolo…

    Si girò ad osservare i tuoi insetti vorticare, mentre creava delle farfalle di luce, apparentemente innocue, quasi come a dirti “so fare anche qualcosa di simile, vedi?”

    >Non bramiamo il vostro potere, esso è frutto di un incidente avvenuto millenni fa, le grandi emanazioni, vogliono correggere ciò che non fa parte del disegno divino e la loro volontà agisce tramite noi, la razza prescelta. Il tuo potere ha grandi limiti, proprio come li ha la modalità eremitica utilizzata da alcuni voi umani, siete riusciti a coltivare le forze naturali, sfruttando la prigione di anime che si è venuta a creare in questa dimensione, sfruttando il loro non ritorno, bloccando il cerchio del karma, ridefinendo la sua spirale. Siete stati incredibili, ve lo devo concedere.

    Si prese un attimo di pausa, le farfalle generate si posarono sulle sue spalle, illuminando ulteriormente le ali cristallizzate. Il suo volto è gentile, non dovrebbe destarti preoccupazione eppure senti che la ragazza che ti sta davanti sia forse l’esistenza più pericolosa che tu abbia mai incontrato.

    >I rospi che ti accompagnano forse potranno spiegarti qualcosa in più, io non ho molto altro tempo… ishivar hai dunque detto? Che sia lì il corpo senz’anima di jashin?

    Si voltò e fece per andarsene quando trasalì, aveva dimenticato di dirti qualcosa

    >Mi hai chiesto del Sanbi, vedi, voi umani avete creato dei miti e delle leggende davvero carine da sentire, ma al contempo molto stupide, ho girato varie isole ed ognuna venerava un dio diverso, ma non ho mai sentito nessuno di voi venerare le entità primordiali e noi Ootsutsuki, grave errore, un tempo lo facevate!

    Guardò intensamente i due rospi sulle tue spalle, i loro occhi cominciarono a trasformarsi. La forma singolare che avevano ed il loro colore venne coperto da una spirale nera su sfondo azzurro, che brillava di luce propria.

    >Spero di averti chiarito ogni dubbio.

    Fukusaku e Shima si voltarono all’unisono vero di te e dopo una rapida capriola, dalla bocca del primo uscì un fascio di vento dal grande diametro e pressione, la madre dei rospi invece ribatté con la tecnica del fascio di fuoco, il bersaglio degli attacchi combinati eri tu…



    IEHJjmW


    Yama™ credo non ci sia molto da aggiungere a quanto scritto, se hai dubbi contattami tranquillamente
     
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    Schiarii la voce dopo aver enunciato l’ultimo discorso. Lo feci con un colpo di tosse di normale frequenza, un colpo secco utilizzato per sopperire la mancanza di brandy nella fiaschetta alla mia sinistra. In piedi, con i rospi sulle spalle e le loro auree di reverenza, stetti ad osservare con cautela i lineamenti di quella che a tutti gli effetti non sembrava un’umana, ma ne possedeva i tratti. Era un’entità umanoide si, ma quelle ali, quell’incarnato che pareva essere stato sbiancato da infiniti bagni nel latte, gli occhi profondi caratterizzati da quei motivi spiraleggianti e le ali di falena dicevano tutto il contrario di lei. Portai le braccia penzolanti lungo i fianchi, mentre il risveglio mi suggeriva la strana assenza di fonti di chakra nei paraggi, quasi come se fossi ancora preda di una realtà parallela ove ero stata spinta senza accorgermene. Inclinai lievemente il capo a destra in reazione al disegno giocoso della ragazzina, quel canide che non mi impensierì minimamente e non fu utile a distogliere l’attenzione da ciò che era successo poc’anzi e da ciò che esigevo di sapere. Si, non c’era volontà per me di lasciarla andare senza aver ricevuto risposta ad ogni quesito, sarei stata inamovibile in questo.

    >Vediamo, da dove potrei iniziare?
    Sei umana, posso accettare la tua ignoranza, voi creazioni di questo piano sembrate essere davvero diverse a livello di conoscenze…


    La sua supponenza mi infastidì e non poco, tant’è che mi mossi ancora con un gesto di stizza, schioccando la lingua sotto al palato e intrecciando gli arti sul petto come rami di un albero. Probabilmente l’egocentrismo era una caratteristica comune alle “divinità”.

    >Andiamo con ordine… quello che tu chiami risveglio ancestrale è una bozza di un potere che ci interessa molto ma non vuoi sapere questo…

    Oh, tu dici? Io invece credo di averti chiesto esattamente questo, o sei tanto egocentrica quanto stupida di comprendonio?

    Il vento che soffiava dalle profondità della foresta portava con sé non solo il profumo del mare ma anche la punta acre di sangue, ma la presenza della maschera avrebbe reso impossibile sentire tali odori poiché i filtri apposti alle estremità avrebbero sempre filtrato le particelle impedendo loro di trapelare. Ciò che l’aggeggio non avrebbe fatto era impedire alla brezza di circolare nella natura circostante e di impattare con delicatezza sul crine e sulle vesti, smuovendo la chioma in una danza ripetitiva e mai stancante.

    >Io sono una Ootsutsuki, non ti spiegherò la gerarchia della nostra stirpe, sappiate solo che vuoi siete frutto del volere di uno di noi, il capriccio di un’emanazione. Non facevate parte del grande progetto, non eravate presenti nella scrittura della grande frattura eppure ora siete qui, utilizzate del potere che non vi spetta e lo fate con poca coscienza. Il grande Dio non vi ha dotati del dono del potere cosmico o chakra, ma voi lo avete ricevuto e coltivato come nessuna razza ha mai fatto, inventando modi di utilizzarlo simili ai nostri, lo definirei quasi un miracolo…

    O...Ootsutsuki. Era un termine difficile, ma forse era una parola che avrebbe segnato per sempre il corso della mia vita da lì in poi. Mi ci soffermai più tempo del previsto, corrucciando intensamente la fronte come prova dell’impegno e del tempo impiegati ad assimilare quella parola, perdendo le parole subito successive a quella. Persi il filo del discorso solo per poi riprenderlo subito dopo, da quando venne a galla il “grande Dio” di cui ignoravo il nome. Forse Shima e Fukasaku ne sapevano di più? Attesi un loro cenno, una parola o una spiegazione dei saggi sarebbero state ben gradite.

    >Non bramiamo il vostro potere, esso è frutto di un incidente avvenuto millenni fa, le grandi emanazioni, vogliono correggere ciò che non fa parte del disegno divino e la loro volontà agisce tramite noi, la razza prescelta. Il tuo potere ha grandi limiti, proprio come li ha la modalità eremitica utilizzata da alcuni voi umani, siete riusciti a coltivare le forze naturali, sfruttando la prigione di anime che si è venuta a creare in questa dimensione, sfruttando il loro non ritorno, bloccando il cerchio del karma, ridefinendo la sua spirale. Siete stati incredibili, ve lo devo concedere.

    Benché alcune cose mi sembrassero pronunciate in nordico, il senso della spiegazione non era astruso e spremendo le meningi fui capace di coglierlo tutto dall’inizio alla fine. Essendo più concentrata sul conoscere le sfaccettature del Risveglio e non di altre abilità, fui ben rapida nello scalzare dalla mia testa la modalità eremitica, anche se ciò fece trasalire visibilmente i due saggi accovacciati sulle mie spalle. Alcuni nodi nella mia testa iniziarono a districarsi con la spiegazione della Ootsutsuki, mentre la nebbia che da sempre proteggeva il risveglio e i suoi limiti permeava con la sua densità.

    Vieni al sodo e lascia perdere le lodi: parli di limiti, ma non mi dici quali e non mi dici come superarli. Sembri molto informata su questo, ma ti dilunghi troppo nei racconti. Sono interessanti, ma non sono ciò che ti ho chiesto poc’anzi.

    Nuovamente pareva che si stessero perdendo le briglie della discussione dietro particolari a me poco sentiti, quindi ripresi in mano la situazione a pugni stretti, avanzando di un passo per mezzo della gamba destra. Feci attenzione a scansare la terra insozzata dalle interiora di Hàkarl, ma la rabbia bolliva come lava nel mio cuore e a stento riuscivo a domarla. Gli anni passati erano stati vitali per me, attraverso le battaglie e le perdite il mio animo s’era indurito e rivestito di una corazza di scaglie di sfiducia verso il mondo e verso me stessa, ma il diniego della violenza come prima reazione ad ogni confronto era rimasto un caposaldo: amavo parlare, odiavo dover ricorrere alle botte come prima scelta ma al mondo sembravo l’unica a pensarla così. I rapporti tra me e la morte erano da sempre di stampo prettamente “confidenziale”, ero stata a contatto con essa praticamente da tutta la vita. Crescendo tra i pirati, vivendo tra i ninja e combattendo da persona “libera”, vedevo la morte dappertutto e questo era divenuto pesante, perché neanche alla “Dama nera” interessavano le chiacchiere. Arrivava, colpiva forte e andava via senza preoccupazioni. Remavo da sola con ostinazione in un mare di violenza e di ideali diversi dai miei, capitano di una ciurma composta da una singola persona, affrontando le tempeste e i tuoni roboanti senza il supporto di qualcuno. Benché fossi circondata di persone che appoggiavano le mie scelte, venivo attanagliata nelle notti da una moltitudine di paranoie fagocitate da incubi aventi il viso delle vittime del mio passato, finendo per svegliarmi di soprassalto e madida di sudore. Un accenno di depressione mescolato alla sindrome da stress post traumatico avevano trasformato completamente la raggiante Lìf in una persona diversa, convinta portatrice di sventure e accecata da un ideale distorto di libertà. Quel giorno, però, le cose sarebbero leggermente cambiate.

    >I rospi che ti accompagnano forse potranno spiegarti qualcosa in più, io non ho molto altro tempo… ishivar hai dunque detto? Che sia lì il corpo senz’anima di jashin?

    Avete nulla da dirmi in proposito?

    Che fosse Ishivar l’origine reale di tutto? Avevo sentito il nome Jashin mentre vagavo tra i corridoi della nave dell’Osu anni e anni fa, ma chi fosse costui lo ignoravo, ma sapevo per certo che sarebbe entrato nella lista degli obiettivi da cercare. Benché quel territorio brulicasse di cyborg al soldo di Fury non ero stata bandita da lì. Non che mi importasse granché dell’esilio in realtà, ma erano venute a mancare le ragioni per rompere quella specie di “patto di non belligeranza” con i paesi del continente Ninja. Volgendo lo sguardo dapprima verso Fukasaku e poi verso Shima mi assicurai di non lasciare che un silenzio ben più conveniente delle parole venisse adoperato dai due anziani per evitare la questione. Accentai la richiesta in maniera marcata e attesi le loro risposte in rigoroso silenzio, lo stesso di cui si erano ammantati i cloni nascosti nel terreno.

    >Mi hai chiesto del Sanbi, vedi, voi umani avete creato dei miti e delle leggende davvero carine da sentire, ma al contempo molto stupide, ho girato varie isole ed ognuna venerava un dio diverso, ma non ho mai sentito nessuno di voi venerare le entità primordiali e noi Ootsutsuki, grave errore, un tempo lo facevate!

    Dall’alto della tua superiorità non sei nemmeno in grado di capire le domande, quindi le aggiri e finisci sempre per esaltare te stessa. Se volevi essere venerata, avresti dovuto scegliere meglio i modi e gli schiavi del tuo potere, ma sembri l’ennesima entità ego maniaca come tante incontrate prima.

    Gettai parole al vetriolo con tono ruvido, la schernivo pur intuendo nel profondo con quanta rapidità avrebbe potuto tagliarmi la lingua. Non credevo abbastanza nelle mie capacità, era questa la cruda verità. Non ci credevo perché altri m’avevano fatto dubitare di questo, perché non ero stata in grado di proteggere Hàkarl, né Killia, né le innumerevoli persone imprigionate in quella grotta da Detsu. L’ulteriore consapevolezza di aver sfruttato per anni un potere incompleto mi mandava in bestia: mi ero illusa d’aver dato tutta me stessa con qualcosa di imperfetto e averlo scoperto rese tutto più strano. Ma come detto, le cose sarebbero leggermente cambiate.

    >Spero di averti chiarito ogni dubbio.

    Notai la ragazzina fermarsi un momento, ma capii il perché solo quando la coda dell’occhio non notò l’anomala mutazione negli occhi di Fukasaku. Shima subì la stessa sorte e quando i due saltarono all’unisono senza proferir parola non ci furono tante opzioni da considerare. Sfruttando il vantaggio del loro salto cercai appoggio nella fusione col suolo, lasciando i due con in mano un pugno di mosche. Attaccare la loro evocatrice li avrebbe portati a pentirsi da soli e ne ero certa, ma essendo palesemente controllati dalla donna dato il motivo a spirale nei bulbi oculari, sapevo che l’unico vero obiettivo su cui sganciare tutta la violenza era lei. E questa volta l’avrei fatto senza attendere ragioni, perché alla pazienza v’era un limite e il mio era stato calpestato innumerevoli volte. Bramavo uscire viva da lì ora più che mai, bramavo la conquista della mia completezza e bramavo la vera libertà: se per farlo dovevo scatenare il potere per annichilire ogni nemico sulla mia strada, accettando in toto la nomea di mukenin e creandomi la strada con la violenza beh, allora l’avrei fatto. Se fossi stata in grado di evitare il colpo sarei riemersa subito dopo assieme ai cloni proprio alle spalle della Ootsutsuki.

    .:Lif's Journey: new opening:.



    Per tutta una vita intera ho sempre lasciato che fossero la calma e il dialogo a muovermi in questo oceano di stupidità, ma mi sbagliavo. Ogni singola volta avete osato provare a piegare l’altro con la violenza pensando di poterla far franca, pensando di ritenere la morte degli altri come qualcosa di inevitabile e il dialogo come un qualcosa di inutile. Ebbene finalmente ho compreso grazie a voi, che non era soltanto il mio potere ad essere incompleto ma anche la mia visione delle cose, quindi ti dirò questo: oggi io ti ammazzerò con le mie mani, perché è questo che hai voluto e perché è questa la scelta migliore per l’equilibrio del mondo. Difronte alla morte, divinità o esseri umani non fanno eccezione. La stupida illusione di poter risolvere tutto senza la violenza è ciò che mi ha portata fin qui, ma sono stata una sciocca a rigettarla.

    Il verdetto finale giunse all’unisono con le azioni dei cloni, che assieme avrebbero esercitato pressione su diversi soggetti. Il primo avrebbe cercato di rievocare uno scenario che non si era avverato per catapultare ogni presente all’interno delle mucose di un rospo, ove Shima, Fukasaku e la stessa Ootsutsuki sarebbero stati imprigionati, mentre il secondo di sarebbe adoperato per slacciare il suo rotolo grande e richiamare un’arma in esso contenuta, ovvero l’ombrello ninja da combattimento.

    Farò rinascere i pirati, completerò il mio potere e distruggerò ogni cosa sul mio cammino se dovesse essere necessario, che siano reali, falsi miti o leggende non ha importanza. E tu… SEI FRA QUESTI!

    La giostra di morte fu azionata da quel ruggito e gli insetti non sentirono altro all’infuori di quel tuono, abbagliati dal profumo di morte nell’area circostante e dall’inevitabile fame della carne nemica. I tempi erano maturi per sincronizzare due razze di insetto in una splendida combinazione mortifera e per questo decisi di unire gli insetti nano venefici e quelli acidi in un’unica nube violacea screziata di verde, spingendole frontalmente verso la Ootsutsuki nel tentativo di inglobarla in toto -ad eccezione della testa – con la parte acida e contaminarla con quella necrotizzante.
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    Era la nascita del “risveglio dell’entomosfera”, una versione nettamente più letale. Il motivo per cui lasciai la testa scoperta fu presto detto: in un battito di ciglia il nemico avrebbe notato del filo spinato levitare a mezz'aria e cinque uchiha shuriken appigliati ad esso. Attraverso la manipolazione delle lame, così era chiamata quella modesta tecnica, le cinque stelle di metallo avrebbero sibilato emulando una parabola accelerata ancora di più grazie alla spinta di cento insetti distruttori, correndo e fendendo il buio, fino a trovare il collo della ragazzina e squarciarglielo di netto. Se non fossero bastati quelli, sarebbe stato il clone a portare a compimento il taglio, con un singolo tentacolo composto di altri cento insetti alla cui estremità sarebbe emersa la katana celata nell'elsa dell'ombrello. A compimento di quell’orchestra, di lei sarebbe rimasta solo la testa e a portarmela sarebbero stati gli insetti distruttori, sudditi e fedeli compagni in un regno dove le regine erano arrivate ad essere fin troppe.


    Riassunto Azioni


    AZIONI

    ▲Risveglio ancestrale [2/3]
    ▲Assimilazione di tutto il creato a contatto col terreno
    ▲Risveglio dell'entomosfera: Entomosfera (Acidi)+Nube di insetti venefici (bonus assimilazione del creato)
    ▲Tecnica della Manipolazione delle Lame [5 Uchiha shuriken] + Boost insetti (pm/4 su riuscita e danno)


    parametri
    Resistenza:1000=1000
    Stamina: 505-25-90-60-25=305

    #Clone1:
    Resistenza:??
    Stamina: 286-15-8=228
    Azioni e Jutsu:
    ▲Evocazione "Ombrello ninja da combattimento" (bonus assimilazione del creato)
    ▲Formazione affusolata [100 insetti]+katana


    #Clone2:

    Resistenza:??
    Stamina: 251-60=191
    Azioni e Jutsu:
    ▲Tecnica dello stritolamento della bocca di rospo (bonus assimilazione del creato)

    Ma e Pa:
    Resistenza:500
    Stamina: 700
    Azioni e Jutsu: ??

    Maestrie e Abilità

    A.{Riverbero del Chakra}
    M.{Combattente ad alta Tossicità Liv. I}
    M.{Chakra Possente Liv. II}
    L.{Farmacista - Conoscenze farmacologiche acquisite}
    L.{Chiropratico - Conoscenze anatomiche acquisite}

    equipaggiamento
    [Filo spinato]*30mt
    [Uchiha shuriken]*5
    [Fori d'aria di Zaku [Indossati]]*2
    [Amplificatore di Dosu [indossato]]
    Kobashot (Medio) - Sigillato nel Rotolo grande
    .:Ombrello Ninja da Combattimento:. (Abnorme) - Sigillato nel Rotolo grande
    [Rotolo di tessuto]*1

    Consumabili
    - Borsello porta armi
    [Carta bomba]*5 - Borsello porta armi
    [Tonico da guerra]*4 - Borsello porta armi
    [Tonico coagulante]*5 - Borsello porta armi
    [Sonnifero (Dose fumogena)]*3 - Borsello porta armi

    Conoscenze
    {Conoscenze Orientative e geografiche Liv. I}
    {Conoscenze Naturalistiche Liv. II}
    {Oratorie e Popolari Liv. II}

    note

    - Monocolo Fotografico - Occhio Dx
    - Maschera subacquea (indossata)



    Edited by Yama™ - 4/4/2023, 14:56
     
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    Un turbine di fuoco di modeste dimensioni fece la sua comparsa sul campo di battaglia. L’attacco combinato dei due rospi non aveva trovato intralci sulla sua via, così le fiamme divamparono coadiuvate dal vento amico mentre la piratessa spariva nel terreno sotto gli occhi a spirale della giovane, occhi speciali, in grado di prevedere le mosse e contromosse dell’avversario di turno. Il suo volto non cambiò per nulla, neanche una singola smorfia si dipinse su di esso come se si aspettasse tutto, ad occhi esterni era chiaro chi fosse il gatto e chi invece recitasse la parte del topo in quella rapida e complessa recita.

    >Dovevo aspettarmi che quei due rospetti fossero inutili…

    Sospirò mentre tu e le tue copie faceste la vostra ricomparsa ad effetto alle sue spalle, il tuo lungo discorso provocò una sonora e sinistra risata.

    >Ti viene detto che il tuo potere è incompleto, ti viene dimostrato anche che ciò è vero, ti vengono raccontate parte delle verità di questo mondo liberandoti dal peso delle credenze che avevi e perseguivi. Leggende infondate che basavo la loro esistenza sulla paura degli esseri di questo piano esistenziale…

    Le due copie come da piano riuscirono nel loro intento mentre l’ootsutsuki era impegnata nel suo schernirti. Dal nulla venne evocato l’interno dell’esofago di un rospo o meglio il processo più corretto era il contrario, i presenti furono catapultati all’interno del corpo dell’anfibio, mentre le pareti viscide e molli iniziavano a modificare la loro forma prendendo sempre più possesso dello spazio circostante. I vecchi e saggi rospi vennero immediatamente intrappolati e risucchiati in quell’aberrante spettacolo, qualcosa che avrebbe provocato nausea anche al più duro degli stomaci. La risata si fermò, l’espressione della divinità, o presunta tale, cambiò con la velocità di un temporale estivo e con la stessa durezza si voltò verso di te mentre le pareti intestinali dell’animale le passarono attraverso, come se ella fosse lì solo nell’immagine ma non col suo corpo materiale, ma nonostante ciò l’orrore sul suo volto era evidente, quel posto le provocava non poco fastidio

    >E tu di tutta risposta ti arrabbi dicendo di cambiare il tuo modo di comportarti, millantando di uccidermi, tu? Io non so per quale gioco del destino tu sia ancora viva ma di sicuro ti ci vorrà ben altro per tentare di uccidere una come me, forse la morte improvvisa del mio Daiyaku ti ha fatto montare la testa, ma sei solo una ragazzina e hai dimostrato di non essere pronta per la realtà.

    Il discorso non fu pronunciato con rabbia tuonante come la tua, bensì con forte ed enorme disappunto mentre la tua nube mortifera dal verde splendore tentava di colpire un corpo che di materiale non aveva nulla. Più volte gli insetti si infransero sul poco coperto corpo dell’ootsutsuki, passando anche attraverso le vistose e luminose ali che continuavano a farla librare a pochi centimetri dal suolo.

    >Vedi mia piccola guerriera, quando fai delle minacce, assicurati almeno di poterle portare a termine.

    La testa, unica parte del corpo non attraversata dalla nube spasmodica, ti fissava in maniera dura ma incuriosita, il disgusto di trovarsi in quel posto era sempre presente ma era molto più concentrata a squadrarti dall’alto verso il basso. Il suo modo di fare scherniva te, le tue parole e la tua nuova risolutezza mentre la tua prossima offensiva sembrò coglierla di sorpresa. I tuoi occhi videro il filo spinato cingerle il collo ed il sibilo dei cinque shuriken lanciati con la spinta delle tue orride creaturine raggiunse l’obiettivo. La testa dell’affascinante divinità balzò in aria per cadere poco distante dai tuoi piedi, non una grande fine per una “dea”. Lo sciame di insetti distruttori ti portò in dono il divino capo, i tuoi sudditi avevano svolto il loro lavoro mentre, stranamente il corpo dell’ootsutuki si librava ancora nell’aria, forse spasmi non controllati? D’altronde è risaputo che nel momento del taglio della testa il corpo compia ancora vari ed involontari movimenti, ma ti ci vollero ben pochi secondi per capire che non era questo il caso…
    >Ottimo piano, davvero, forse potresti essere una pedina interessante…

    La pelle sul volto dell’ootsutsuki cominciò a creparsi, divenendo man mano sempre più simile ad argilla fin troppo essiccata. In pochi attimi lembi interi si sollevarono lasciandoti osservare un altro viso prendere forma e vita sotto le spoglie di quello precedentemente osservato: il tuo.

    La situazione era capovolta, la testa che cingevi tra le mani non era quella della tua avversaria, bensì la tua e lo sciame di insetti venefici si trasformò in pochissimo tempo in eleganti lepidotteri dal volto umanoide. Le pareti dello stomaco del rospo subirono anch’esse una mutazione evaporando lentamente, disperdendosi e lasciando spazio ad un’immensa distesa di colori, una vallata piena di fiori di ogni specie sui quali farfalle di vario tipo si libravano in una danza che esprimeva libertà.

    >Non è un mondo più bello?

    Eri solo una testa, incapace di qualsiasi movimento ma i tuoi occhi riuscirono ad inquadrare il nuovo aspetto della ragazza divina, questa volta molto meno umana di quanto apparisse in precedenza. Era una sorta di fusione con qualche specie d’insetto, anzi sembrava esserne la loro divinità, le farfalle, i colori che vedevi nell’ampia vallata non erano altro che riflessi della sua nuova forma. I suoi lineamenti sembravano cambiare come luce riflessa in un cristallo e divisasi nei vari colori dello spettro visibile. La sua parte più vicina al tuo corpo, o quel che ne rimaneva di esso, era un insieme di… occhi? Non avresti saputo dirlo con certezza, era tutto così confuso ma non provavi dolore, quasi un’estasi irreale, dovevi destarti, lo sapevi, ma qualcosa dentro te ti pregava di sprofondare nel mare della pace, le ombre dei conflitti e della guerra sembravano così lontane, il richiamo di quelle farfalle invece era vicino e simile al canto di mitologiche sirene.

    >Vuoi restare?

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    La sua voce era dolce, non ti guardava più come un umano osserverebbe una formica prima di schiacciarla. Non avevi la forza di rispondere, di fare nulla, i tuoi occhi quasi si chiusero ed ecco che assieme al buio delle tue palpebre avvenne una successiva visione. Eri ad Ibben, sommersa da un mare di insetti che ti portavano al cospetto dell’ootsutsuki che avevi imparato a conoscere, i resti del tuo corpo erano sparsi ovunque, riuscivi a vedere quelle che prima erano le tue parti del corpo, mischiate con il sangue e con i resti dei due defunti rospi che avevi evocato, i tuoi insetti, i tuoi alleati, i tuoi sudditi, stavano banchettando come rapaci famelici su ciò che restava della loro regina. Uno di questi ti entrò nell’occhio, sentisti un bruciore lancinante, l’acido che ne componeva le carni si sciolse sulla tua retina mentre a piccoli morsi le tue palpebre venivano dilaniate in parte e disciolte nella loro restante esistenza.

    >Oh era questo quindi quello che avevi progettato per me?

    Le ali della farfalla rilasciavano acido sulle altre parti del tuo corpo, potevi vederle bruciare, sentirle contorcersi per poi rigenerarsi lentamente. I tuoi piccoli guerrieri affamati non avrebbero dato tregua, nemmeno per un solo istante, ogni piccola cellula rigenerata veniva corrosa e distrutta fino all’ultimo atomo dai fedeli sudditi che sempre ti avevano servito, così fedelmente. La disperazione che provavi in quel momento era amplificata dal dolore ripetuto e provato per ogni parte del corpo che i tuoi occhi riuscivano a vedere, prima di essere corrosi e poi rigenerati, in un perpetuo ciclo. Il tutto durò per ben tre lune.

    Ti risvegliasti grondante di sudore, eri sotto shock e cercasti di riprendere immediatamente controllo del tuo corpo, dinanzi a te svettava l’ootsutsuki, mentre la nube d’insetti ed il clone con l’ombrello sparivano sotto lo strano calore di fiamme spettrali, nere come la notte.
    Eravate ancora nello stomaco del rospo, erano passati tre secondi ma per te erano stati tre giorni, o meglio, per la tua psiche. I due rospi erano ancora lì, sotto il controllo dell’ootsutsuki ma fermi mentre le pareti li inglobavano, se avessi voluto salvarli non avresti avuto molto tempo.

    >Volevi davvero versare il mio prezioso sangue in questo lurido posto? Che pena

    Ecco di nuovo lo sguardo colmo di disgusto, mentre si girava su sé stessa analizzando bene lo spazio che la circondava.

    >La risposta è sì, devi migliorare molto, ma sono curiosa di sapere come lo farai e se ne sarai in grado, ho deciso che la tua vita non mi interessa, puoi farne ciò che vuoi ma ti propongo di seguirmi, non come il mio precedente Daiyaku, non avremo mai quel tipo di legame, ti darò un solo ordine, e tu lo porterai a termine, ci stai?


    IEHJjmW


    Yama™ per iniziare non mi è piaciuta troppo la tua offensiva, non in toto ma in alcune parti quali "Se non fossero bastati quelli, sarebbe stato il clone a portare a compimento il taglio, con un singolo tentacolo composto di altri cento insetti alla cui estremità..." che per i miei gusti è molto al limite con la famosa "se succede x faccio y" vietato dal regolamento, per lo meno nel modo in cui è stata trascritta. Bene, sei stata tsukyomata, ora sta a te cosa fare e scegliere, lei ha detto che non ti ucciderà, tu hai capito che non puoi ucciderla ed in più hai un solo turno di risveglio e riuscita dimezzata per il prossimo turno, scegli

    Danni Lif: 550 resistenza
     
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