[PQ]The Times They Are a-Changin'

PQ per sblocco elementi, ambientata nel passato

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    Mi svegliai con gli occhi arrossati, le membra pesanti e stanche. Guardandomi intorno notai come la stanza fosse silenziosa, cosa abbastanza rara, vivevamo in un’abitazione piccola, modesta ed eravamo in quattro, la sensazione di pace era qualcosa di decisamente sconosciuto. Mi chiesi immediatamente dove fossero le due fastidiose ragazze ospiti di mia madre, non trovando risposta nell’immediato. Mi alzai dal letto, era una notte molto fresca, tipico del continente occidentale, avvicinandomi alla porta dopo aver indossato qualcosa, iniziai a sentire dei rumori, sembravano fendenti che squarciavano l’aria, il rumore era sordo ma ripetuto nel tempo. Lo seguii, come attirato da una forza di gravità con centro quel suono.
    Uscii dalla casa e ciò che vidi mi provocò un sorriso.

    Perché non mi hai svegliato?

    È presto per te, sei ancora piccolo per questi ritmi

    Rea si stava allenando, mi rispose senza darmi troppa attenzione, era concentrata sulle sue movenze, nel fare pratica con quella lancia che ormai era diventata sua inseparabile compagna. La spostava velocemente scambiandola anche tra le sue mani, i suoi movimenti erano fluidi, non sembrava una lottatrice, una fiera guerriera di Ishivar, no, era molto più simile ad un’elegante e sensuale danzatrice, i suoi capelli lunghi ed argentati erano raccolti in una treccia ordinata, stretta come se stesse cercando di estrapolarne il succo, la sua pelle era lucida come legno levigato, priva di quelle imperfezioni che invece segnavano la sorella Zhyra e tutte le altre mie coetanee. Sotto la luce fioca del sole che stava per prendere il suo posto nel firmamento, il suo corpo risplendeva di un lucido riflesso grazie al sudore che lo ricopriva, i muscoli sviluppati erano ancora più visibili grazie allo sforzo dell’allenamento appena fatto, non aveva il corpo di una donna aggraziata, forse le gambe erano anche troppo muscolose ma non disturbava nell’insieme.
    Rimasi per non so quanto tempo a fissarla, estasiato da quello spettacolo che era la mia insegnante.
    Se ne accorse, spostai lo sguardo, rise, mi imbarazzai, si accorse anche di questo, si avvicinò a me, un passo lento, lungo un’eternità, era leggera, i piedi nudi non facevano rumori di alcun tipo contro la dura terra su cui si appoggiavano, distolsi lo sguardo anche da loro, voltandomi di lato. Era vicina, ne potevo sentire l’odore, il suo sudore non era come il mio, non avrei mai osato definirlo maleodorante, anzi… riusciva a penetrare nella mente e farmi provare sensazioni che scatenavano pensieri a me estranei, si avvicinò ancora, istintivamente iniziai a tendere la mano… mi passò la lancia.
    Un sospiro di sollievo, non so perché ma fu automatico, istintivo, mi sentii come una preda che riesce a sfuggire dalla morsa del suo predatore, il cuore batteva ancora all’impazzata ma il cervello iniziava a calmarsi, come se il pericolo fosse ormai passato.

    Forza, fammi vedere se hai imparato le lezioni di ieri!

    La sua voce era allegra in quel momento, mentre tornava a posizionarsi a qualche passo di distanza, in direzione dell’albero poco distante. Chiusi gli occhi, il buio in cui mi ritrovai iniziò a prendere la sua forma, nuovamente, questa prese a mutare, come se esistessero solo i suoi rosei talloni che calpestavano la terra sottostante. Strinsi i denti, perché non riuscivo più ad odiarla? Cosa era cambiato? Perché ero diventato così ossessionato da lei e dalle sue attenzioni? L’effetto di queste domande era devastante, non riuscivo più a capire cosa stessi facendo e perché, avevo iniziato a chiederle di allenarmi, volevo diventare un guerriero di Ishivar, il desiderio era nato quel giorno che parlai con quel bastardo di mio padre ma perché consideravo più quello il motivo che spinge le mie azioni!?
    Scrollai la testa, come a dirmi basta. Aprii gli occhi, focalizzai il mio sguardo sul mio obiettivo, era accanto al tronco dell’albero e mi attendeva esibendosi in una posizione di guardia.

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    Stavo apprendendo l’arte del combattimento, era un’ottima insegnate, ed io sentivo di non cavarmela affatto male nel ruolo dell’allievo. Ero poco più di un bambino, il mio corpo stava crescendo, cambiando, tramite una metamorfosi lenta e naturale alla quale qualsiasi persona, chi prima, chi dopo, chi più e chi meno, deve sottoporsi. I guerrieri di Ishivar erano de sempre i protettori del nostro paese, ma da un bel po’ di tempo, le arti ninja del continente orientale avevano fatto capolino ed io, in quanto “meticcio” risultavo forse naturalmente predisposto a queste ultime. Nato con delle menomazioni, come tipico della mia stirpe, fin da subito mi ero reso conto di non poter fare eccessivamente affidamento sulla forza bruta. Era un qualcosa che non potevo permettermi, motivi genetici, non ero così prestante, la mia muscolatura non era eccessiva e la robustezza non era il campo in cui il mio corpo eccelleva, ne guadagnavo però di agilità e fluidità nei movimenti, campi in cui ero molto a mio agio nell’allenarmi. Rea capii subito dunque che avrei potuto specializzarmi più nelle arti magiche che in quelle fisiche, e tramite le eccezionali protesi fornitemi dal gruppo di artigiani, tra i quali era presente anche mia madre, potei darle ragione. Le basi erano molto semplici, tecniche dal funzionamento strategico che io avrei dovuto utilizzare per supportare la mia agilità e cercare di colpire più volte il mio avversario, nel minor tempo possibile. Mordi e fuggi? Forse sì, questa era una delle opzioni più papabili, in quanto non ero dotato di grande resistenza fisica ai colpi. Per questo motivo Rea aveva deciso di darmi la sua lancia per quel periodo. Lei era specializzata nell’uso di quell’arma e se mi aveva consigliato di impratichirmi con essa, aveva delle buone ragioni.

    Tornai con la mente a focalizzarmi sull’avversario che avevo di fronte. Mi sentivo destabilizzato ogni volta che la guardavo ma in quel momento dovevo assolutamente essere più forte di determinati pensieri, non potevo permettere a questi nuovi sentimenti che si erano fatti strada nel mio cuore e non solo, di interferire con il duro allenamento al quale mi stavo sottoponendo.

    “sgombra la mente, sgombra la mente” è ciò che mi ripetevo e mentre con la mano destra sistemavo meglio la presa sulla lancia, con la sinistra portavo la mano al taschino, non avevo altro che qualche caltrop ed in un momento del genere non mi sarebbero serviti a molto. Non mi venne in mente un grandissimo piano, avrei lanciato la lancia verso Rea in modo da portare la sua attenzione verso l’arma, poi avrei sfruttato la mia grande agilità nel comporre sigilli ed avrei utilizzato la tecnica della moltiplicazione del corpo, colpo basilare ma di grande impatto scenico. Per quanto fosse cosa fondamentale il lavorare sui propri punti deboli, mi sentivo estremamente a mio agio nell’utilizzare le arti magiche, come già detto credo che il mio retaggio dal mondo degli shinobi abbia influito pesantemente su questa propensione. Fin dai primi giorni di addestramento, impastare il chakra risultava per me un gioco da ragazzi, sempre grazie all’aiuto delle protesi, riuscivo con estrema facilità a trovare un punto di equilibrio tra la circolazione e l’emanazione di questa incredibile fonte d’energia.

    E così feci, lanciai l’asta in direzione della mia insegnante, poi proseguii nella tattica per sparire in una nube di fumo. Appena essa fu diradata feci di nuovo la mia comparsa, costeggiato da altre tre mie identiche copie, la tecnica aveva dei punti deboli fondamentali ma avrei approfittato della velocità dell’azione per sfruttare le copie olografiche nel miglior modo possibile. Purtroppo il piano non andò come avevo immaginato. Riuscii a scoccare la lancia, ma la mia forza non era abbastanza per impensierire i riflessi della mia insegnante, quindi mi ritrovai ad utilizzare la moltiplicazione del corpo per un uso esclusivamente difensivo, a differenza di quello che avevo preventivato poco prima.

    Fermo!

    Le parole di Rea suonarono come un ordine, non era un tono provocatorio, magari per prepararmi ad un suo attacco sminuendomi. Il suo viso sembrava meravigliato, come se non riuscisse a capacitarsi di ciò che aveva visto, gli occhi aperti e la bocca semiaperta, come se il fiato si fosse fermato. Rimase così per qualche istante per poi trasformare quell’espressione in un marcato sorriso, che riuscì nel farmi imbarazzare ancora una volta. Sentivo il volto avvampare, la mia carnagione scura, seppur non quanto la sua, riuscì a limitare l’esposizione del mio rossore che internamente era sicuramente più marcato. Mi chiedevo cosa l’avesse sorpresa così tanto.


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    Il mio sguardo sorpreso, il suo sorriso, la sua camminata lenta che la portava ad essere sempre più vicina a me. Mi guardai attorno con l’aria di chi non capisce nemmeno dove si trova, osservai le copie che avevo creato e forse iniziai a capire, ma le parole di Rea fugarono ogni dubbio

    Come hai fatto a creare così tante copie? Voglio dire… la tecnica l’hai appresa solamente ieri!

    Non ci avevo pensato, come dicevo tutto ciò che riguardava il chakra e la sua manipolazione mi riusciva abbastanza facile da quando avevo quelle protesi, come se l’avessi sempre saputo fare, forse era una dote innata, o semplicemente ne ero più predisposto di altri, non conoscevo di certo la risposta in quel momento.

    Non lo so, mi riesce…

    Lei prese a ridere, quel suono fece sparire qualsiasi mio pensiero proprio come la vista del suo corpo poco prima. Assecondai la sua risata, non perché fossi divertito più di tanto, ma quasi a farle compagnia, il primo pensiero che mi venne fu semplicemente quello di non farla ridere da sola, per non crearle imbarazzo e forse per non mettermi io in una situazione imbarazzante.
    Mi pose il pugno, capii subito di dover fare lo stesso. Ci fu il contatto, un brivido lungo la schiena e lei che voltandosi andava a rovistare in un sacco tenuto poco distante dall’albero di prima. Ero curioso ma non mi sembrava educato guardare lei piegata mentre rovistava nelle sue cianfrusaglie, quindi decisi di distogliere lo sguardo e mettermi a vedere il sole che saliva lentamente, ancora adornato di quei magici colori che solo quel frangente della giornata era in grado di regalare, mentre i pensieri volavano ostinatamente in direzione del corpo della mia nemica d’infanzia.

    Trovato! Con questo faremo in un lampo!

    Un foglio grigiastro era apparso tra le sue dita, lo teneva delicatamente tra pollice e indice, come se avesse paura di fare una pressione più forte, onde evitare di sciuparlo forse. La guardavo confuso, non avevo idea di cosa fosse ed attendevo spiegazioni, invece lei, senza dire nulla pose quel pezzo di carta tra le mie mani. Era ruvido, come se fosse di un tipo di carta strano, diverso dal solito, avvertivo un leggero fastidio nel tenerlo tra le dita, ma la domanda principale rimaneva quella riguardo l’utilità di questo oggetto.

    Ti vedo confuso, è un foglio di carta molto sensibile al chakra, ti basterà concentrare il chakra tra le dita, come se stessi imbevendo il foglio della tua energia.

    Sì, ok, ma a cosa mi servirà?

    Ero ancora pieno di dubbi, ma iniziai a fare ciò che lei mi aveva detto mentre pronunciavo quella frase e prima che lei potesse rispondermi il foglio iniziò ad accartocciarsi su sé stesso per poi sgretolarsi come fosse fatto di terra, riducendosi in polvere. Come se non bastasse, l’ultimo lembo del foglio sembrò quasi esplodere, ero stranito, confuso ma speranzoso di ricevere una spiegazione che risolvesse le mie perplessità, cosa che non arrivò nel modo in cui mi aspettavo…

    Che strano, dovrebbe avere una sola reazione… Forse sei predisposto a più elementi? Non ne ho idea, domani chiederò ai guerrieri più esperti, hai avuto le reazioni del fulmine e della terra, ma l’esplosione è totalmente nuova…

    Era confusa quasi quanto me, ma almeno riuscimmo a capire che il mio chakra elementale fosse di tipo Doton e Raiton, per quanto riguarda l’esplosione, sarebbe passato ancora un bel po’ di tempo prima che io scoprissi cosa fosse…


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