Start of Something Good

PQ di Sblocco

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    Narrato | « Parlato Shanks » | - Pensato - | « Parlato Makoto »


    L'arrivo dell'inverno non portava con se solamente un drastico calo delle temperature ma anche venti forti ed insistenti. Per chi faceva del mare una ragione di vita, il vento era un elemento essenziale. Esso a volte assumeva diversi aspetti, a seconda di come si sentisse in quel momento. Tal volta poteva presentarsi come un gentiluomo vestito di tutto lusso, oppure come un medico armato di bisturi pronto a rimuovere alcune schegge di un Kunai fatto esplodere da chissà quale carta bomba. Altre volte, invece, andava replicando i peggiori bastardi che siano esistiti al mondo. Gente come Qayin, oppure come Fury stesso. Insomma, il vento bramava di essere rispettato, di essere almeno capito e proprio non ammetteva errori. Ecco perché si preferiva aspettare il momento più opportuno per solcare i mari e partire per un nuova avventura. Cerano però alcuni Capitani che erano cosi arroganti e cosi maledettamente sicuri di se stessi che osavano sfidare le impervie climatiche. Quel preciso giorno, cosi pregno d'ostilità da parte del mondo, vide partire due navi dal porto di Barbakos dirette verso un isola vicina, ove era possibile pescare tanti frutti del mare. I due Capitani non erano certo alle loro prime esperienze, sapevano il fatto loro avendo accumulato anni d'esperienza. In passato, inoltre, avevano avuto l'audacia di vincere vari duelli con il clima. Pensavano di poter riuscire anche quella volta ma il cielo era di tutt'altro pensiero, cosi come quella distesa d'acqua salata che nei giorni d'Agosto sembrava rispecchiare il cielo, ora era diventato nero come la pece. Le nuvole pallide dei giorni sereni si tramutarono in agglomerati tetri e cupi, pregni di una malvagità che riusciva a trattenere e mascherare la sua reale forza.

    « Dici che pioverà? »

    Alzai lo sguardo dal bicchiere di whiskey che tenevo nella man dritta, portandolo verso la piccola finestra del bar in cui stavo trascorrendo parte del mio tempo libero. Mi bastarono pochi secondi per capire che da li a poco sarebbe caduta un enorme quantità d'acqua ma proprio non volevo andarmene. Ero tornato da poco nella Città in cui ero nato e quel Bar, per me, era come una seconda casa. Conoscevo la sua storia e quella dei proprietari: persone davvero squisite ed umili, soprattutto Makoto. Essa era la figlia del proprietario, mia coetanea nonché mia grande amica.

    « E' molto probabile »

    L'ora tarda aveva fatto si che il locale fosse ormai vuoto e privo di clienti, eccezion fatta per "Zio Jack". Quell'uomo era davvero uno spasso quando era ubriaco e ciò accadeva spesso e volentieri. In città lo chiamavamo tutti con quel nomignolo, cosa che pareva piacergli davvero tanto. Zio Jack era un uomo davvero avanti con l'età, tant'è che aveva dolori in tutte le ossa, proprio a causa dei viaggi fatti in mare. Un età cosi avanzata, tuttavia, era fonte d'incredibile sapere ed alcune volte ebbi la fortuna di udire qualcuno dei suoi racconti. Ricordo ancora la faccia che feci quando raccontò dell'incontro con una immensa Balena Bianca, cosi mastodontica da essere superiore a cento navi messe insieme. A quel tempo era solo un ragazzino che, proprio a causa di quel singolo aneddoto, faceva continui sogni su quella creatura. Immaginavo di affrontarla, cavalcarla e poi ucciderla. Avevo immaginato cosi tante volte come fosse il ritorno a casa con quella bestia, tante da farmi quasi impazzire. Ancora oggi portavo dentro di me quel sogno, sperando un giorno di poterlo realizzare.

    « Zio Jack è di nuovo ubriaco fradicio »
    « Sai che è difficile vederlo sobrio »
    « So che dovresti farti pagare quello che consuma. Non può continuare a bere e dormire gratis qui dentro »
    « Va bene cosi, non preoccuparti... »

    Il sorriso di Makoto ruppe il broncio che andò a dipingersi sul mio volto, assorbendo persino la forza che avevo nelle braccia consorte, poi cadute per effetto della gravità. La donna si spostò dal bancone e si avvicinò a Zio Jack, seduto a sei sedie di distanza dal mio naso. La distanza era notevole ma comunque riuscivo a sentire la puzza d'alcool che emanava. Replicai le movenze del gentil sesso, aiutandola ad alzarlo e portandolo su per una rampa di scale decisamente troppo scricchiolanti. Superammo due stanze ed entrammo nella terza, posizionando poi Zio sul letto e coprendo il suo corpo di una calda coperta.

    « Sei troppo buona con lui »
    « Parli da duro ma sei tu quello che ha più bontà d'animo e lo sai bene »

    I nostri corpi, dopo un lungo ed intenso sguardo, s'avvicinarono tremendamente e cosi fecero le nostre labbra. Il suo sorriso era una calamita ed i suoi occhi erano meravigliosi come due zaffiri. Ci baciammo, proprio mentro lo Zio Jack stava a guardarci nei suoi sogni, stringendomi a lei come lo Zio faceva alle sue tanto amate bottiglie di Whiskey. Fummo colpiti in pieno dal momento e dall'euforia, giacché era da giorni che non vedevamo i rispettivi volti né saggiavamo le carni altrui. La sua schiena sbatté contro la porta lignea della terza stanza mentre i nostri vestiti iniziarono lentamente ad abbandonare i nostri corpi...
     
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    Narrato | « Parlato Shanks » | - Pensato - | « Parlato Makoto »


    L'ordine che dominava in quell'ennesima stanza del bar venne a scontrarsi con l'istinto animalesco che prese il sopravvento sui nostri corpi. In pochi secondi ogni centimetro di essa era stata contaminata dai nostri indumenti che, gettati al vento, erano posizionati ognuno su mobili diversi. Finimmo per piombare su un duro letto, nudi come natura c'aveva creati, avvolti tra le nostra braccia con solo le coperte a ripararci dal mondo. Dall'esterno, una nuvola gonfia di rabbia e forse di gelosia, fece rombare un tuono cosi forte da farci sobbalzare, spaventando la giovane Makoto che istintivamente conficcò le sue unghie dentro le mie spalle, stringendosi poi con ancor più forza al mio petto. Il tutto durò qualche secondo e successivamente seguirono, dopo ansie e spaventi, grasse risate che ci permisero di continuare a godere di quel momento. L'odore che emanava la sua pelle inebriava i miei sensi, capace anche di rendermi uno schiavo al suo servizio. Amavo inspirare il profumo dei suoi capelli, affondarvi tutta la faccia come se fossi un assetato nell'acqua di una sorgente. La mia anima viaggiava su quel suo profumo come un musicista viaggiava sulle note delle sue canzoni, intravedendo un porto sicuro in quella capigliatura. Un porto ove venivano intonati canti sfarzosi da uomini temprati dal mare stesso. Adoravo accarezzarli, strofinare le dita in quei filamenti corvini che tanto sapevano donarmi preziosi ricordi.

    « Ha iniziato a piovere sul serio »

    Le baciai la fronte mentre ella poggiò il capo sul mio petto. Il braccio manco si spostò e avvolse la sua testa, posizionandosi poi sulla spalla come a volerla cullare. La pioggia lentamente aumentava d'intensità, iniziando a picchiettare sul fine vetro della finestra. Quel suono diventò fastidioso giacché risultava essere d'intensità maggiore rispetto al tuono caduto circa cinquanta minuti prima. Le mura della stanza, essendo spoglie e poco spesse, favorivano la dispersione del segnale ma a spezzare quella melodia antipatica, vi erano i nostri respiri che si congiungevano come avevano fatto precedentemente le nostre anime.

    « Passerai qui la notte? »

    « Beh il tempo non sembra volersi calmare... »

    « Ottimo.. »

    Il tono di voce che aveva era completamente diverso da quello che usava solitamente, molto più tenero e docile, capace di mostrare lati che valorizzavano il suo essere femminile. Non era molto facile esternare questo suo lato, giacché era solita presentarsi come una ragazza forte, capace di combattere mille battaglie senza ricevere aiuto da nessuno. Quel suo lato, tuttavia, veniva fuori quando eravamo soli e questo mi rendeva ancor più pazzo di lei. La vidi nascondere quel suo sorriso meraviglioso e mi fu istintivo prenderle il mento e rialzarlo verso le mie labbra, donandole l'ennesimo bacio della serata.

    « Non mi hai ancora raccontato del tuo ultimo viaggio »

    « Ah, giusto! »

    Quando le raccontavo delle mie avventure, i suoi occhi splendevano con un intensità tale da rendere invidiosi anche i migliori gioielli del mondo. Non potevo narrare chissà quali storie ma il sol sapere che ella era lì pronta ad ascoltarle, trasformava il più stupido viaggio in un trionfo eroico. Dunque incrociammo i nostri sguardi, mentre le raccontavo per filo e per segno cosa effettivamente fosse successo nell'ultima avventura. Iniziando dal porto di Barbakos, ove caricammo alcuni carichi commerciali diretti verso Kirigakure no Sato. Ciò che dovevamo trasportare, secondo le parole del commerciante, aveva grande importanza ma per me era solamente cianfrusaglia. Non riuscivo a capire in cosa effettivamente fosse usato quel materiale trasportato ed in realtà nemmeno m'importava saperlo. Stava bene al Capitano, quindi doveva piacere anche a noi. Per di più la paga era buona e ciò aiutò a non porre ulteriore domande. D'altronde non v'era molto altro da fare, anche se vi era una guerra alle porte ma che sembrava l'ultimo dei pensieri di tante altre persone. Provai a descriverle anche Kiri nei minimi particolari, parlandole anche di quella Nebbia cosi fastidiosa che non mi permetteva di vedere ad un palmo dal naso. Tutte le diversità che incontravo e constatavo nel mondo, me lo facevano ancor più apprezzare e godere. Barbakos era diversa dal mondo degli Shinobi ma non per questo superiore né tantomeno inferiore. Ogni continente sembrava avere le sue particolarità ed i suoi vantaggi, cosi come anche i suoi limiti.

    « Sembra davvero magnifico! Spero che anche mio fratello possa vedere presto tutto ciò »

    « Ha le potenzialità per farlo, deve solo attendere il momento opportuno. Comunque non l'ho visto tutto il giorno, sta bene? »

    « Si certo. Ha deciso anche lui di prendere la via del mare e qualche giorno fa è partito insieme a Xavier »
     
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    Narrato | « Parlato Shanks » | - Pensato - | « Parlato Makoto » | « Parlato Ammiraglio »



    Morgan Xavier. Un uomo dal passato piuttosto conosciuto, specialmente a Torteres dove egli era nato e cresciuto. Xavier era un uomo di circa quarant'anni e fin da bambino aveva imparato a rispettare il mare, lo stesso che temprò il suo corpo con acque gelide. Nemmeno io riuscivo a sopportare quel freddo, tanto da preferire non avvicinarmi a quella zona, preferendone altre ben più paradisiache. Tanti furono i successi ottenuti dal quel uomo ma altrettanti erano anche i fallimenti. Era il tipo d'uomo che ambiva ad avventure capaci d'ingrandire il suo ego e la sua ambizione. Certe volte, tuttavia, correva il rischio di mettere in pericolo il suo equipaggio, giacché non tutti riuscivano a reggere il peso di quella sua ambizione. Il volto di Xavier mi era noto perché l'avevo incontrato qualche volta nel porto di Barbakos ma preferivo non parlargli né volevo conoscerlo più approfonditamente. Sapevo delle voci che circolavano sul suo conto, chiacchiere che descrivevano l'uomo con cui mai avrei voluto a che farci o che mai avrei sperato di diventare. Possedeva delle qualità che per me non erano degne di un Capitano ma nessuno al mondo è uguale, ognuno ha le sue caratteristiche e le sue diversità. Tuttavia, sentire che il fratello di Makoto fosse partito con quell'essere, tramutò quell'aria serena, che era dipinta in volto mio, in un smorfia dubbiosa e preoccupata.

    « Intendi proprio Xavier Morgan? Quel Xavier? »

    Cercai di non allarmare Makoto ma sapevo che era una ragazza sveglia. Sarebbe riuscita a leggermi negli occhi senza problema alcuno, per cui mi fu alquanto difficile nasconderle i dubbi che mi attanagliavano la mente. Ed infatti, il suo capo si staccò dal mio petto e le sue orecchie non furono più capaci di udire il battito cardiaco del mio cuore. Inarcò il sopracciglio mancino mentre le labbra si fecero più piccole e sottili. La preoccupazione, che prima era presente nella mia testa, adesso era viva nel suo sguardo. Fu in quel momento che un nuovo tuono, ancor più forte del precedente, cadde rovinosamente al suolo da qualche altra parte, lontano ma non distante dal dubbio che s'era insinuato nei suoi pensieri.

    « Si, lui. C'è qualcosa che dovrei sapere? »

    Non sapevo minimamente come risponderle né come salvarmi da quella situazione. Ruotai il capo verso la singola finestra presente in quella stanza, lasciando la presa sui suoi meravigliosi capelli. Cercai di sfruttare quel momento, che tanto mi parve interminabile, per trovare qualche altro discorso che riuscisse ad intromettersi fra noi. Mentirle, tuttavia, non era ciò che meritava la dolce fanciulla.

    « Da quanto manca tuo fratello? »

    « Quattro giorni. Ma perché me lo stai chiedendo? »

    « Mmph.. probabilmente non è nulla. Xavier sa il fatto suo. Domani proverò a chiedere a qualcuno se sa qualcosa al riguardo »

    Piombò un eterno silenzio in quella stanza. Lo stesso che era udibile nel mare aperto, proprio quando il vento cessava di soffiare. Feci come riportare il suo capo sul mio petto, sperando di aver salvato quella serata che era iniziata in un modo tremendamente piacevole. Restammo quieti fino al giungere dell'alba, senza più proferire parola alcuna ma attendendo che il Sole arrivasse a sconfiggere tutta quella malvagità che il tempo aveva portato ad abbattersi sulla piccola città di Baidu. Erano le sei in punto quando abbandonai il letto, stando bene accorto a non svegliare Makoto che, forse dopo aver apportato un po' d'ordine nella sua mente, stava dormendo beata. Mi avviai verso l'esterno del bar, non prima di aver indossato i vestiti della sera prima. La città era ancora dominata da un senso di pace eterno, infastidito solamente dal rumore dei miei stivali che ritmicamente battevano sull'asfalto. Direzione: il porto di Barbakos.

    « Buongiorno. Sa per caso dove posso trovare Garp? »

    « Sali le scale. Seconda porta a sinistra »

    Con la man manca, alzai il mio cappello di paglia come ringraziamento della fredda indicazione ricevuta da un uomo assai esile di corporatura, seduto dietro una comoda sedia intendo a leggere la nuova edizione del giornale. Mentre avanzavo verso il secondo piano di un edificio alto ben tre piani, ripetevo il nome che fui capace di leggere su quel giornale. Si parlava di una Mukenin catturata dall'OSU, una Piratessa per la precisione. Lif Arnbjørg, questo era il suo nome. Sapevo di averlo già sentito nominare ma proprio non riuscivo a ricordare né il dove né il quando. Tuttavia, in un altra occasione, avrei sicuramente speso del tempo per capirne qualcosa in più ma avevo una faccenda da sbrigare che non ammetteva altro ritardo. Dopo qualche minuto mi ritrovai fuori dalla porta che mi fu indicata, portando poi le nocche della man dritta a bussare su di essa.

    « Avanti »

    Allungai la man sinistra verso il pomello, ruotandolo e spingendo la porta verso l'interno. Quest'ultimo si presentava decisamente in ordine e con degli scaffali pregno di libri. Vi era una scrivania al centro della stanza ove erano presenti numerosi fascicoli e dietro di essa, seduto su una sedia in legno dura e scomoda, vi era un uomo di circa sessant'anni: l'Ammiraglio Garp. Sollevai il cappello di paglia dalla mia testa e tenendolo poi saldamente nella stessa mano, vicino alla coscia. Mi avvicinai verso la di lui figura, squadrandolo da cima a fondo e cercando anche di capire cosa effettivamente stesse leggendo.

    « Shanks il Rosso. A cosa devo questa visita? »

    « Buongiorno Ammiraglio. Volevo solamente sapere se Xander Morgan fosse ritornato a Barbakos. So che gli ha affidato una missione e con lui c'è un mio parente »

    « Ti hanno detto giusto. Ora che ci penso sarebbe dovuto tornare qualche giorno fa ma non credo ci sia nulla di cui preoccuparsi, è una missione di recupero. Nulla di eclatante »

    « Saprebbe dirmi dove? »

    « Al Polo Sud. Una nostra nave era di ritorno nel nostro regno ma è finita per bloccarsi nei ghiacciai. Potrai immaginare il perché abbia chiesto a Xander di occuparsi della cosa »

    « La ringrazio Ammiraglio, le lascio un buon proseguimento »
     
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    Narrato | « Parlato Shanks » | - Pensato - | « Parlato Makoto » | « Parlato Mozzo »



    Due ore dopo mi ritrovai a navigare verso il Polo Sud. Non fu facile convincere il mio Capitano ad accettare l'ennesimo favore ma il denaro poteva comprare tutto e tutti. Dovetti dire addio alla parte di bottino che mi sarebbe spettata nelle prossime avventure ma la questione era diventata oltremodo personale. Non avrei accettato che una persona a me cara fosse in pericolo o, peggio ancora, vicino alla morte. Il denaro aveva si un proprio valore all'interno della mia vita, giacché mi aiutava a sostenere la mia famiglia ma esso passava in secondo quando quest'ultimi erano in pericolo. Tutto ciò che tentava di minacciarli, doveva fare i conti con la mia furia. Una rabbia repressa che a volte era potente come i fulmini caduti la sera prima. La stessa rabbia che tempo addietro mi permise di salvare un giovane ragazzino dall'attacco di un feroce cinghiale.

    CITAZIONE
    Allora avevo solamente dieci anni. Un età dove trascorrevo il mio tempo dividendolo fra l'Accademia Nautica e i lavori sulla piccola nave di mio padre. Quel periodo fu capace di donarmi emozioni che tutt'ora riescono a portare gioia nei miei ricordi. Amavo ascoltare ed imparare tutto ciò che mi veniva spiegato, desiderando sempre di acquisire informazioni in più. Certe volte ero solito provare ad utilizzare l'arte magica per conto mio, sforzando il corpo al limite delle sue capacità. Sapevo perfettamente di essere in grado di ricorrere alla sua forza, giacché in passato avevo dimostrato di poter manifestare il potere del Raiton. Cercavo quindi di riuscire a controllarlo al meglio delle mie possibilità, provando a conoscere e capire ogni sua minima particolarità. Potevo dominarlo e sfruttarlo armando le mani di quella stessa potenza, ricoprendole di fasci elettrici che quasi mi facevano sentire un Dio sceso in terra. Non mi ci volle molto a capire qual era il suo potenziale né a intuire quale fosse il modo migliore per sfruttarlo. Il Raiton era un elemento decisamente offensivo, basato molto sull'attacco e sulla distruzione veloce del nemico. Purtroppo, a provarlo sulla sua pelle, fu un cinghiale intento a colpire durante la sua pazza corsa un ragazzino di appena quattro, forse cinque anni. Il mio corpo, osservando curioso tutto ciò che lentamente stava prendendo vita dinanzi a me, ebbe come una spinta verso il nemico, proprio mentre la man dritta venne ricoperta di un alone purpureo. Il contrasto fra il mio arto e la carne del cinghiale, generò una sequenza di eventi che al tempo mi sembravano fuori dal normale. Ricordo ancora come venne sbalzata via quella bestia poco più piccola della mia figura. Forse nemmeno lei riuscì a capire come si fosse ritrovata sdraiata al suolo, incapace di muovere gli arti inferiori. Gridò a pieni polmoni, provando forse a spaventarci ma con tutta probabilità era lui quello nel panico. Mi accorsi, solamente dopo qualche secondo, che la sua rincorsa tuttavia era riuscita a colpire qualcuno. Difatti dal mio viso colavano gocce di sangue, proprio dall'occhio sinistro che in quel momento non riusciva ad aprirsi. Tre tagli diagonali mi furono impressi come un marchio, un ricordo indelebile che mai verrà cancellato dalla mia mente. Cosi fu anche per quell'animale che, dopo qualche minuto iniziò ad alzarsi sulle sue quattro zampe, per poi scappare verso la salvezza. Ricordo ancora l'esatto momento in cui il Raiton si manifestò quasi involontariamente sulla mia mano, cosi come il costante tremolio che guadagnai dopo quello scontro.

    « NAVI IN VISTA!! »

    Il flashback lasciò posto alla voce della vedetta posta su un albero della nave, lì in cima ove poteva e riusciva a sfruttare la sua acuta vista. Distavamo poco meno di cinquecento metri dai bersagli ed entrambe non sembravano volersi muovere. Una era ancorata nelle spesse lastre di ghiaccio mentre l'altra era leggermente più dietro, al sicuro dalle grinfie di quel ghiaccio. Stetti immobile sulla prua della nave, cercando quasi di scavalcare il parapetto che in tutti i modi mi spingeva al sicuro. Provai a ricorrere nuovamente, come già fatto in precedenza, all'arte magica intrisa nel mio DNA: l'Inputon. Nel mio sangue scorreva una capacità innata fuori dal normale, un qualcosa d'incredibilmente meraviglioso. Essa non era altro che l'unione dei due elementi da me controllati, ovvero il Raiton ed il Fuuton. Questi, una volta congiunti, mi permettevano di dar sfoggio a delle "vibrazioni" o per meglio dire, impulsi. Socchiusi gli occhi per un breve attimo, permettendo ai due tipi di Chakra di convogliare al centro del mio petto, facendoli poi ruotare fra loro fino a sovrapporli uno sull'altro. A quel punto, il Chakra Inputon spiccò il volo proprio come una Fenice risorge dalle sue ceneri, disperdendosi in tutto il corpo ed evaporando da tutti i punti di fuga in mio possesso. Cercai di sfruttare una delle tante capacità che avevo acquisito: il Sonar. Proprio come indicava la parola stessa, ero capace di captare la presenza di persone e sapere con estrema precisione la loro locazione. In tutta fretta, come un fulmine a ciel sereno, un onda d'impulsi - a bassa frequenza ovviamente - partì dal mio corpo fino a raggiungere un area posta intorno alla mia figura, come fosse una sfera circolare che amplificava il mio campo visivo. Tuttavia vi era un limite: cento metri.

    « Capitano.. » Ruotai il capo in direzione del timone, ove era posto proprio il leader di quella ciurma di Corsari « Non c'è nessuno intorno a noi, possiamo avanzare! »

    La preoccupazione mi fece quasi dimenticare la scala gerarchica che vigeva sulla nostra nave ma il Capitano parve capire esattamente come mi sentissi in quel momento. Non rispose alle mie parole ma si limitò ad osservare il suo fianco sinistro e poi quello destro. Intanto il vento prese a soffiare lentamente più forte, in una maniera che nessuno dei presenti fosse capace d'accorgersi del cambiamento. Mai errore fu più grande. Iniziammo ad avvicinarsi a quella che sembrava essere la nave di Xavier Morgan mentre continuavo a tenere attivo il Sonar d'impulsi. Tentai anche di attivare il Seras ma nessun punto rosso mi venne mostrato. Possibile che non ci fosse nessuna fonte di Chakra su entrambe le navi? Possibile che fossero tutti morti in una maniera ancora sconosciuta? Strinsi i denti ed affondai le unghie nel parapetto, riuscendo quasi a distruggerlo dalla rabbia. Ormai distava poco meno che duecento metri.

    « Il cielo si sta oscurando.. »
     
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    Il cielo s'incupì improvvisamente eppure il Sole qualche attimo prima dominava sul suo limpido trono, corteggiando le tante nuvole pallide che gli giravano attorno come fosse un donnaiolo. Il vento, che dapprima soffiava con intensità sempre più maggiore ma degna di un perfetto Ninja silenzioso, di sorpresa mostrò la sua reale forza, gonfiando con estrema foga le vele della nostra nave. L'impatto e la spinta che venne generata da quella forza naturale, fece sì che tutto l'equipaggio perdesse il controllo, finendo tutti con il culo sul duro legno. Sbattei la testa sul ponte della nave, salvandomi solamente grazie al cappello di paglia che portavo costantemente con me, come fosse un vero amico. C'era qualcosa che non andava in quel vento, sentivo il dubbio bruciarmi sotto la pelle ma ancora non capivo cosa effettivamente stesse succedendo. La nave aveva acquistato una velocità tale che era ormai inutile ammainare le vele. La spinta ci portò a superare l'imbarcazione di Xavier, facendoci colpire le lastre di ghiaccio e impedendoci altri movimenti. Fu in quel momento che il vento cessò di soffiare, acquietando l'imprudenza che mostrò qualche momento prima e sparendo come sabbia al vento. Scossi il capo un paio di volte, rialzandomi con fatica e con l'appoggio del parapetto in parte distrutto a causa del forte impatto. Fu solamente grazie ad un miracolo che la nave non si ritrovò un buco nel petto.

    « Trenta.. anzi no.. quaranta.. »

    Improvvisamente, tutt'intorno alla nave e nei cento metri adiacenti, comparvero circa quaranta uomini armai delle loro spade e dei loro belli sorrisi. Lunghi sospiri si alternavano a sguardi penetranti, rabbiosi e furiosi ma al tempo stesso anche increduli e curiosi. Mi chiedevo come mai non fossi riuscito a localizzarli precedentemente né come fossero riusciti a non farsi individuare dal Seras. Digrignai i denti, cercando fra tutti quegli uomini qualcosa che m'indicasse dove diavolo fosse il fratello di Makoto. Ruotai il capo in direzione della nave di Xavier, riuscendo ad osservare come la sua ciurma fosse tutta sdraiata sul ponte, immobile come fosse morta. Tuttavia non vi era presenza di sangue attorno ai loro corpi ma ciò non mi rassicurò affatto anzi, fece solo aumentare le quantità di domande che disturbavano la mia psiche.

    « Buonasera signori. Innanzitutto scusateci l'irruenza con cui vi abbiamo spinti qui in questa situazione di merda. Siete capitati al posto sbagliato nel momento sbagliato »

    A parlare fu colui che teneva una specie di bastone nella man dritta. All'estremità dell'arma vi era una sfera grande quanto il palmo della mano, trasparente ma stranamente piena di colori ed ombre. Egli era un uomo alto, con una carnagione scura e delle rughe a contornare il suo volto. Aveva probabilmente superato la mezz'età ma sembrava sopportare alla perfezione tutto quel clima rigido che lacerava le nostre carni e che abbracciava le nostre ossa. Si avvicinò lentamente, accarezzando la sua barba passo dopo passo, facendo battere quel suo bastone ritmicamente sui ghiacciai. Nel mentre lui avanzava ed osava proferire parole, nessun'altro aveva il coraggio di inquinare l'atmosfera con la sua voce. Nemmeno sulla nostra nave accadeva un tal tentativo, giacché tutti erano fermi sui loro passi a cercare di capire cos'era andato storto.

    « Immagino vi starete chiedendo chi siamo noi. La risposta è semplice.. Noi siamo coloro che cambieranno per sempre le vostre vite e che vi faranno dimenticare di averne una. Consegnatevi a noi o morite nel vano tentativo di salvarvi! »

    Ancora non riuscivo a capire chi diavolo fosse quel degenerato né riuscivo a decifrare il motivo che lo spingeva a compiere tutto quella confusione. Tutto si fermò per qualche secondo, lasciando solo i pensieri essere protagonisti di quello scenario. Improvvisamente, dopo un colpo secco con la parte inferiore del suo bastone rivolto al ghiaccio presente sotto i suoi piedi, i suoi uomini iniziarono ad avvicinarsi all'imbarcazione su cui viaggiavo. Il loro passo, dapprima calmo e lento, aumentò di velocità man mano che si avvicinavano. Fu in quel momento che vidi l'uomo, che aveva minacciato la nostra incolumità, alzare il bastone verso l'alto, quasi come a parlare con il cielo. Dopo circa tre secondi, i corpi dei suoi uomini, parvero quasi fluttuare nell'aria, raggiungendo la nostra nave in un tempo davvero troppo breve.

    « Ehilà bellezze.. sembrate davvero interessanti, chissà quanto potrebbe fruttarci questo carico. Fateci divertire! »

    Possibile che fossero schiavisti? Non ebbi nemmeno il tempo di chiedermelo che sulla nave, tutto piombò nel caos. L'assenza del vento aveva creato un silenzio incredibilmente sinistro, una sensazione spazzata via dal costante suono generato dalla collisione di diverse Katane fra loro. Non era nemmeno raro vedere qualche freccia scagliata dall'arco della nostra vedetta, ancora rimasta lì in alto ad osservare il tutto come un aquila. Lo scontro vide favorirci, almeno inizialmente. Eravamo riusciti a respingerne circa una decina, ferendoli ed uccidendone qualcuno. La mia Hurricane Sword ebbe il piacere di assaggiare il sangue di qualche bastardo, che comunque era riuscito a mettermi in difficoltà. Iniziai a sentire l'adrenalina scorrermi in ogni punto del corpo, proprio mentre altri nemici salivano sulla nave ma questa volta, in un numero ben più superiore al precedente. Circa venti uomini ci mostravano e puntavano le loro armi, sfoggiando ghigni divertiti noncuranti dei loro compagni finiti all'oltretomba.

    « Fuuton, Tatsu no Ooshigoto!! »

    Il vento era il secondo elemento che il tempo mi fece conoscere ed apprendere. Ciò accadde quando terminai l'Accademia Nautica, proprio grazie ad uno dei tanti maestri Corsari ch'ebbi fortuna di seguire. Il suddetto elemento mi fu di grande aiuto nelle tante e varie occasioni e non potevo desiderare di meglio per la vita che avevo scelto d'intraprendere. Per un Corsaro il vento era come una seconda madre. Cercai quindi d'imparare ad utilizzarlo, esercitandomi a tagliare corde oppure a lacerare alcuni pezzi di vestiti. Ricordo che non mi fu affatto semplice riuscire a richiamare il secondo elemento conosciuto, giacché ero continuamente predisposto ad invocare il primo che avessi mai sbloccato. Mi ci vollero diversi mesi per riuscire a capire quale metodo utilizzare per realizzare tutto ciò e a distanza di anni, riuscivo perfettamente a manifestarlo e domarlo. L'attacco che scatenai in quel momento fu la prova di tale ricordo. Difatti la Hurrican Sword improvvisamente si aprì nella sua interezza, potendo cosi liberare tutta la forza repressa e tenuta nascosta agli occhi di quei bastardi. Feci in modo che, l'ormai diventato, il Ventaglio Gigante attaccasse tutti i nemici con ampie folate di vento, precisamente dando origine ad uno spaventoso uragano che dall'alto verso il basso piombò sui corpi inermi degli sconosciuti esseri. Nulla poterono contro quel potere che tanto li sbalzò via fuori dalla nave, donando ai loro corpi un aria decisamente martoriata.

    « Uh uh.. vedo che fra di voi c'è qualcuno che valga davvero la pena catturare. Bene bene. Che ne dici se facciamo un gioco? »
     
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    « Un gioco? Per te, tutto questo, è un fottuto gioco?! »

    Ormai la nave era libera dalle ombre dei nemici, tutti spazzati via dall'uragano scatenato qualche attimo prima. Tuttavia altri erano rimasti ancora in piedi e grazie alla mia Capacità Innata, non potevano in nessun modo sfuggirmi. Il Sonar era ancora attivo ed ancora m'indicava la posizione esatta dei loro corpi, anche se erano tutti ormai a vista. Corsi verso il parapetto, richiudendo poi la Hurrican Sword e riportandola alla sua custodia. Feci un piccolo balzo, fermandomi proprio sul parapetto e lanciando sguardi infuocati verso il bastardo che pareva essere il capo di quella combriccola. Le sopracciglia s'arricciarono e i denti si strinsero fra loro, come se la rabbia mi stesse esplodendo in corpo. La goccia che fece traboccare il vaso, fu la risata isterica di quel verme che ad ogni tonalità diventava sempre più odiosa. Avrei tanto voluto fargli scoppiare il cranio e strappargli le budella fuori dal ventre, trafiggendogli il petto con una mano imbevuta di Chakra Raiton.

    « Sei uno spasso ragazzo. Certo che è un gioco! E devo ammettere che non mi divertivo tanto da parecchio tempo.. »

    Quando lui parlava, nessun altro osava muovere un muscolo. I suoi compari parevano avere una paura tremenda nei suoi confronti, forse proprio a causa della sua instabilità mentale o forse perché deteneva un potere che andava ben oltre la mia immaginazione.

    « Ma la prossima volta che ti rivolgi cosi a me, farò in modo che i tuoi compagni soffrano le pene dell'inferno fino a supplicarmi di ucciderli. Ora sta zitto ed ascoltami. Il gioco consiste in un semplice scontro: io e te. Se vincerai, libererò i tuoi amici e mi consegnerò a voi. Se perderai invece, ti consegnerai a me e vedrai sprofondare nelle acque gelide i tuoi compagni. Accetti? »

    Sorrise mostrando una smorfia tremendamente divertita. Quel mostro era davvero tanto sicuro di se stesso, che nulla sembrava potergli fargli cambiare idea. Non potei far altro che assecondarlo, non prima di aver invitato qualche mio compagno a controllare l'equipaggio di Xavier Morgan, descrivendogli l'aspetto del fratello di Makoto e chiedendo una conferma della sua presenza. Successivamente mi lanciai dal parapetto, investendo i piedi di un alone bluastro che mi avrebbe permesso d'atterrare sulle spesse lastre di ghiaccio senza riportare danno alcuno. Mi ritrovai in un cerchio fatto da schiavisti ed al centro di esso, io ed il bastardo eravamo intenti a guardarci negli occhi. Decisi di non attendere oltre ed iniziai a richiamare Chakra Fuuton nella man dritta, ricordando le parole di colui che mi spiegò esattamente come focalizzarmi su un elemento preciso. Con un movimento fulmineo del braccio armato di quello stesso elemento, una specie di falce partì dalla mia posizione ed avanzò come un predatore verso le carni del nemico. Provai a sfruttare il Palmo dell'Onda della Bestia, un jutsu decisamente offensivo che avrebbe potuto decretare la morte di quel mostro seduta stante.

    « Questo è tutto quello che sai fare? »

    La falce impattò rovinosamente contro un piccolo tornado formato giusto un attimo prima che l'attacco sortisse il suo effetto. La difesa riuscì quindi perfettamente, disperdendo l'offensiva e rendendola un nulla di fatto. Fu in quel momento che capì quali fossero le reali capacità di quel pazzo. Avevo un ipotesi nella testa, giusta circa al novanta percento. Sapevo dell'esistenza di individui capaci di dominare il Vento, piegarli al loro volere creando e sfruttando gli uragani. Essi erano ben superiori al semplice Fuuton, in tutto e per tutto. Improvvisamente, l'aria intorno al Boss degli schiavisti si fece ancor più fredda e veloce. La vidi roteare tutta intorno a lui come se stesse lì a difenderlo, per poi crescere d'intensità fino a raggiungere i quindici metri d'altezza e in ampiezza. Non vi era molta distanza tra me e quel mostro, tant'è che fuoi coinvolto da quell'uragano che mi risucchiò al suo interno, sollevandomi poi verso l'alto e facendomi roteare al suo interno e guidando il mio corpo dritto verso una piccola montagna di ghiaccio. L'uragano s'abbatté su di essa distruggendola in mille pezzi ed io finì per sbattere violentemente con la schiena verso quella struttura cosi dannatamente dura. Rivoli di sangue macchiarono il bianco perenne che mi circondava, come fosse una sfumatura di un pittore.

    « QUESTO era un attacco! Forza rialzati, il divertimento non è ancora finito »

    Provai a rialzarmi con tutte le mie forze ma il danno subito era eccessivo. Le gambe mi tremarono mentre la mente collassò nel caos e nel panico. Con fatica ed uno sforzo immane, riuscì a rialzarmi in piedi e ad estrarre la Hurrican Sword. Respirare era diventato terribilmente difficoltoso ma dovevo provare di tutto per fermare quel mostro. Provai a socchiudere gli occhi, immaginando due singole sfere distinte e separate: una il Raiton, l'altro il Fuuton. Questi erano due elementi di per se contrastanti, cui uno di loro annullava l'altro. Era impossibile per gli Shinobi o i Corsari che erano in grado di utilizzare il Chakra, anche solo pensare di poter combinare quelle due forze. Tuttavia ero riuscito a trovare il modo di poter realizzare una tal combinazione, grazie anche al mio particolare DNA. L'Inputon, l'arte degli impulsi. Ormai mi era diventato naturale combattere con il suo ausilio ma se ripenso quanta fatica dovetti impiegare anche solo per riuscire a sbloccare questa mia particolarità, quasi impallidisco al sol pensiero. Ma quando utilizzavo quel potere, mi sentivo capace di tutto. Lo sentivo scorrere dentro i miei muscoli, nel mio ventre, nelle mie gambe e nelle mie braccia. Era in ogni parte di me, perfino nel cervello. Con il tempo imparai anche ad attivare tale potere anche nelle armi che impugnavo, potendo rendere i miei fendenti ancor più pericolosi. Mi mancava davvero poco per schiattare, quindi dovevo chiudere presto i conti e deciso di farlo proprio affidandomi ad un singolo fendente. Prima di attaccare, tuttavia, dovevo attirare l'attenzione del bastardo..

    « Raiton, Denpō Sekka! »

    ..il piano consisteva nell'esecuzione del Telegramma Fulminante, Jutsu a base Raiton che mi avrebbe permesso di sorprendere l'avversario facendo scorrere una grande quantità di Chakra in quelle lastre di ghiaccio, per poi sparire alla vista del nemico ed apparire sotto i suoi piedi. Lasciai cadere la Hurrican Sword, componendo nel mentre i sigilli della suddetta tecnica ed iniziandola nel momento esatto in cui la spada colpì la lastra di ghiaccio. L'offensiva, fortunatamente, ebbe il risultato sperato. Difatti il mostro venne paralizzato, facendogli risultare impossibile ogni movimento. Fu quello il momento esatto in cui afferrai la Hurrican Sword e applicai il Chakra Inputon in quell'arma, per poi scagliarmi a tutta velocità contro il bastardo. Il fuoco che ardeva dentro di me fece si che il corpo provasse a superare i suoi limiti, chiedendo sempre di più. Caricai la spada verso il fianco sinistro e mi apprestai a colpire il mio avversario dritto al petto con un fendente diagonale da sinistra verso destra. Sfortunatamente, forse a causa della troppa fatica o forse perché il danno ricevuto alla schiena non era cosi di lieve importanza, il fendente riuscì a colpire solo metà fianco.

    « AAARGHH! CAZZO CHE DOLORE »

    Dopo l'attacco caddi sul ghiaccio ma riuscì a porgere un ginocchio in mio soccorso, portando tutto il peso del corpo su di esso. Ruotai il capo verso il nemico, ormai steso a terra e con mezzo busto lacerato. Ansimava furioso, tenendo una mano sulla ferita che non faceva altro che grondare sangue. In men che non si dica fui accerchiato dagli altri schiavisti che mi puntarono contro le loro armi, pronti ad uccidermi seduta stante.

    « Fermi inutili vermi. E tu Rosso, hai dell'ottimo potenziale. Mi hai fatto divertire tanto oggi ma come vedi né io e nemmeno tu siamo in grado di continuare a lottare e probabilmente morirai prima che i tuoi compari vengano ad aiutarti. Considero la cosa come un pareggio, puoi prenderti i tuoi amici e portarli via. Un giorno sappi però che verrò a cercarti e non finirà bene per nessuno dei due »

    Fu dopo quella frase che le forze mi abbandonarono e caddi con la faccia sul ghiaccio. Fui solamente capace di vedere gli schiavisti andare via da quel luogo glaciale mentre i miei compagni mi si avvicinarono, prima sincerandosi delle mie condizioni, poi alzandomi in spalla e portandomi sulla nave, che in un modo o nell'altro fu liberata. Di quel giorno non ricordo oltre, giacché caddi in un profondo sonno quando il mio corpo fu poggiato su un caldo letto, pronto a tornare finalmente a casa ove mi avrebbe aspettato la dolce e bella Makoto. Ma del suo amato fratellino?...


    Fine, continua alla prossima :cribbio: Ho voluto provato a scrivere uno sblocco alternativo ai classici fogli capta-chakra, inserendo qualche flashback nella pq ed indicando lo sblocco del vento e dell'inputon. Spero vi piaccia :ans:


    Edited by » JeT - 4/11/2021, 04:48
     
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