[Quest Medica] A feast for crows

per Seto Akame

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    Aido portò all'indietro con un fluente movimento della mano un ciuffo ribelle di capelli, liberando la bianca e ampia fronte. Aveva folti capelli biondi e due penetranti occhi color rubino.

    < Sembra una scocciatura. >

    Ogni sua parola era avvolta dal miele più dolce, il suo respiro profumava di pesca matura. La giovane segretaria non riuscì a controllare il battito del suo cuore e le guance avvamparono, irrorate di sangue caldo.

    Abbassò pudicamente lo sguardo. "Un dottore come lui puo' sentire il mio cuore esplodermi nel petto. Non devo essere stupida. Non se voglio restare a lavorare per lui."

    < Mei-kun > la chiamò inclinando la testa, nel vano di tentativo di incrociare gli occhi castani di lei. < Puoi ripetermi dove devo andare e cosa dovrei fare? Scandendo bene le parole questa volta. >

    < Ah, sì! Certo! Mi scusi per... se sono stata poco chiara! > Deglutì vistosamente e prese fiato. < Una richiesta è arrivata... > Si fermò di nuovo, interrompendo la frase. "Ma perchè vado sempre così in agitazione?"

    < Dalla sala d'ascolto è arrivata la richiesta di un ninja della sezione Yami. Richiede l'intervento di una squadra medica per recuperare i cadaveri di alcuni mukenin di alto rango. >

    Era riuscita finalmente ad assumere un atteggiamento più professionale e dignitoso per la sua persona. Sentiva addirittura le guance assumere una colorazione normale. Ma evitava in tutti i modi gli occhi cremisi del dottore. C'era qualcosa nel suo sguardo, qualcosa di magnetico, oscuro e segreto.

    < Pare che ci sia anche una mukenin gravemente ferita da medicare. >

    < Molto bene Mei-kun. Non mi sorprende che abbiano scelto proprio me per questo lavoro. > Si massaggiò il mento appuntito, privo di barba. < Di quanti cadaveri stiamo parlando? >

    < Ehm... > Stringeva al prosperoso seno un carpettina con dei fogli. Ne sbirciò il contenuto spostandola dal maglione di lana rosa. < Tre sono quelli importanti. Ma pare che ci sia anche un'altra cinquantina di morti. >

    < Abbiamo a che fare con un giustiziere allora. Sai chi è che ha inviato questa richiesta. >

    < Purtroppo non è stato specificato. >

    < Molto bene! > Aido si slanciò dalla sedie girevole, che ruotò impazzita alle sua spalle. Il corpo magro e affusolato era avvolto da morbido cashmere esotico. < Dov'è il luogo di questo massacro? >

    < Un... un'isola nel Golfo dell'Arpione, nel Mar delle Vipere. Abbiamo i dati GPS. Ma ci sarà una squadra composta da altri tre ninja con lei. >

    < Per proteggermi? > Le chiese il dottore.

    < No. Per... disseppellire i cadaveri. > Rispose lei, provando un brivido sulla schiena. Il solo immaginare quella scena, le faceva girare lo stomaco.

    *

    Dagli altoparlanti della navicella dell'OSU, una voce dal tono concitato diffondeva un avviso.

    < A tutti i chuunin liberi da altri incarichi. Recarsi immediatamente nell'atrio 2-A. Il dottor Aido vi sta attendendo. >

    Chiunque avesse aderito a quell'appello, avrebbe trovato Aido e Mei ad attenderli in una sala rettangolare, che conduceva alle infermerie della navicella. Le pareti erano spoglie e un tavolo ovale con dieci posti a sedere era l'unico ornamento della stanza. Aido era seduto dal vertice più lontano dall'entrata dal quale sarebbero giunti i ninja, mentre Mei era in piedi al suo fianco, con la fedele carpettina a nascondere le generose forme che il destino gli aveva affidato.

    Aido ,con la sua voce suadente, avrebbe spiegato rapidamente al suo team improvvisato in cosa consisteva la missione, per poi aggiornarli sul percorso da intraprendere.

    < Siccome stiamo sorvolando il Paese del Fuoco, la via più breve ci impone di scendere a terra da qui e dirigerci rapidamente a sud. Cercheremo una nave e, se non la troveremo, sarò costretto a presentarvi i miei viscidi amici per raggiungere celermente l'isola. La nostra è una corsa contro il tempo. Non avete idee di quanti tesori nasconda un cadavere fresco. >

    Questa è la quest medica ¬Seto . Sei libero di esordire come più ti pare, ma ricordati che devi convincermi a lasciarti intraprendere questa via. Poi sei libero di iniziare il viaggio con il medico (trovagli un prestavolto sulla base delle mie descrizioni se ti va) e con i tuoi due compagni di missioni (sui quali hai libertà di descrizione).
    Le informazioni che vi darà Aido sulla missione sono una sintesi di ciò che ha detto la sua segretaria. Sentiti libero di fargli tutte le domande che vuoi, ti risponderò nel prossimo post. Sto cercando di rendere la quest quanto più consona al tuo pg e a quello che vuoi fare di lui.
     
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    Seto Akame





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    Sospirai, prima di attivare il congegno. In un’infinitesima frazione di secondo mi ritrovai all’interno di una delle camere di dislocazione della Nova Shinigami.

    Non mi ci abituerò mai.

    Diedi una rapida sistemata al giubbotto e, una volta riconosciuto dal sensore, la porta automatica si aprì scomparendo nella parete, consentendomi l’accesso ad uno dei corridoi principali della base operativa dell’OSU. L’aeronave era il fiore all’occhiello della tecnologia: avveniristica nel design e dotata di ogni tipo di confort; il tutto a disposizione degli agenti. Questi ultimi sfrecciavano a destra e sinistra con aria indaffarata, qualcuno si fermava qualche istante a chiacchierare con un collega ed il brusìo che ne derivava non poteva che snervare un amante della quiete come il sottoscritto.

    Ad ogni modo ero lì per consegnare un pacchetto al dipartimento di analisi chimiche. Assolti i miei doveri, sarei tornato a studiare al mio laboratorio. I corridoi dell’aeronave erano lunghi ed ampi. Ogni percorso era segnalato da apposite targhe orientate. Tuttavia non era difficile perdersi. Per fortuna, vista la mia maniacale attenzione per l’orientamento, avevo studiato con cura la mappa di quel posto, arrivando a conoscerne ogni diramazione.

    Una scritta digitale scorreva sulla parte frontale della scrivania, confermandomi di esser giunto a destinazione. Mi avvicinai. Dall’altra parte del piano un ragazzo, con un camice bianco ed una targhetta sul taschino con su scritto il suo nome, mi accolse. Gli consegnai il pacchetto completando di fatto il passaggio di consegne per il quale ero stato incaricato e mi assicurai che avesse ben chiaro il da farsi. Mi congedai solo dopo aver comunicato l’esito della mia operazione all’Ufficio del Mizukage.

    Stavo muovendo qualche passo sulla via del ritorno quando l’altoparlante intervenne con la sua tipica acustica metallica.

    A tutti i chuunin liberi da altri incarichi. Recarsi immediatamente nell'atrio 2-A. Il dottor Aido vi sta attendendo.


    L’atrio 2-A..ma è qua vicino, nell’area del dipartimento medico-scientifico.

    Indugiai qualche attimo per pensare.

    Il dottor Aido..mai sentito nominare. Quella sala è giusto antecedente alle infermerie. Probabilmente ha a che fare con l’istituzione medica. Potrebbe essere la mia occasione. Che sia un segno del destino? Andrò a sentire di cosa hanno bisogno, per oggi gli studi possono aspettare.

    Così mi voltai, assecondando i miei istinti, e mi diressi verso il luogo della comunicazione. Da autodidatta avevo provato a consultare i numerosi e vecchi tomi ritrovati al laboratorio, leggendoli più volte, ma la medicina risultava ben più complicata di quanto immaginassi e forse proprio per questo era l’argomento che più mi intrigava. Per di più nella mia non lontana esperienza ad Otara, il sig. Osamu, esperto medico della Foglia, mi aveva rivelato di come attraverso la medicina era riuscito a donare una nuova vita alle sue due figlie.

    La sala in questione era piuttosto ampia. I faretti sul soffitto illuminavano un lungo tavolo ovale contornato da una decina di sedie; su una di queste, dal lato opposto all’entrata, siedeva un uomo dai tratti gentili con una lunga chioma bionda, risaltata ancor più dalla luce artificiale che li colpiva, e gli occhi di un colore incredibilmente simile a quelli di mia madre.

    Dev’essere lui il dottor Aido.

    Alle sue spalle, leggermente defilata, una ragazza di bell’aspetto, raccolta sulle spalle, che stringeva davanti a sé un dossier. Inoltre la prima sedia del lato longitudinale del tavolo, con l’inconfondibile abbigliamento da shinobi, era occupata da un ragazzo dalle lunghe trecce scure e una stramba bandana con su disegnato un dinosauro.

    Adocchiato dai presenti, mi incamminai verso di loro e una volta abbastanza vicino mi presentai.

    Buongiorno, mi chiamo Seto e sono un Chuunin di Kiri. Ho sentito l’annuncio ed eccomi qui.

    Un forte fragore proveniente dal corridoio dal quale ero arrivato mi impedì di continuare. Vi orientammo tutti il nostro sguardo e la scena che ci si presentava era tanto buffa quanto patetica. Un ragazzotto minuto dai capelli azzurri tastava il terreno alla ricerca della sua montatura da vista. Nella sua maldestra corsa si era scontrato con un carrello delle pulizie che nella dinamica dell’incidente non aveva avuto alcuna colpa, se non l’esser stato abbandonato in quel luogo. Dopo essersi rimesso in piedi riposizionò le scope al loro posto e facendo attenzione a non scivolare sul detersivo versatosi sul pavimento, entrò nell’atrio, visibilmente imbarazzato e ancora un po’ affannato per la corsa.

    ???: Chiedo scusa!! Scusate!!! Eheh..sono Ryu Yuki..appartenente all’omonimo clan eheh..

    Uno Yuki eh..? L’ultima volta che ne ho visto uno ero un Genin alle prime armi. Yuichi Yuki..ed era temibilmente in linea con l’immaginario che si ha dei membri del famoso clan..a differenza di questo scapestrato.

    Il dottor Aido prese parola, illustrandoci con la sua voce rilassata il motivo di quella riunione improvvisata. La sua assistente gli forniva supporto con i documenti relativi. Un agente della sezione Yami aveva inviato alla sala d’ascolto una comunicazione urgente. Questi richiedeva l’intervento di una squadra medica in un’anonima isola tra il Mare delle Vipere ed il Golfo dell’arpione, segnalando un ingente numero di morti, tutti appartenenti alle file nemiche. Tra questi vi erano un paio di mukenin d’alto rango mentre una di loro, ancora in vita, necessitava di un urgente intervento medico. Chi aveva ricevuto il messaggio non aveva riportato alla formosa assistente il mittente di quest’ultimo né tantomeno il contesto da cui era scaturito quel massacro. Mentre gli altri due Chuunin iniziarono a porre i loro interrogativi, cercai di elaborare le informazioni ricevute estraniandomi per qualche secondo dalla conversazione.

    La maggior parte delle isole che si trovano in quel tratto di mare sono così insignificanti da non esser nemmeno raffigurate nelle cartine più comuni. La loro conformazione è prevalentemente rocciosa e non offrono risorse tali da giustificare un insediamento. Certo si trovano in uno snodo marittimo in cui i traffici commerciali dovrebbero essere piuttosto intensi. Scarterei l’opzione di un incontro casuale e sono portato a pensare che i nostri agenti siano andati a trovali proprio dove si nascondevano. Eppure hanno parlato di un solo shinobi della Yami. Che sia l’unico superstite della sua squadra? La numerosità delle vittime mi fa pensare ad una battaglia su larga scala.

    Indugiai ulteriormente.

    L’intervento richiesto al dottor Aido è di tipo medico e noi lo accompagneremo più per un supporto al suo lavoro che per altro. Quindi, a meno che non siano state inoltrate ulteriori richieste, le ostilità laggiù dovrebbero essere terminate.

    Alzai dunque lo sguardo per intercettare le iridi del dottore. Iniziai dunque a porre gli interrogativi che, integrate le relative risposte alla mia analisi, avrebbero delineato un quadro più chiaro nella mia mente.

    Avete parlato di un solo agente, colui che ci ha contattato. Ci sono altri shinobi con lui?
    L’ingente mole di nemici deceduti mi fa pensare ad un’organizzazione. Sappiamo di cosa si tratta? Per di più nella comunicazione all’altoparlante non ci avete richiesto capacità in ambito medico, dobbiamo aspettarci ulteriori scontri al nostro arrivo?


    A quel punto mi sarei aspettato delle delucidazioni quanto più veritiere possibili. Esortato dalla curiosità ed in parte dalla noia di quelle giornate che continuavano a scorrere tutte uguali, tra studi ed allenamenti, mi ero spinto ad ascoltare i motivi di quella convocazione. Decisamente scettico sui risvolti di quell’istintiva scelta, dovetti ricredermi. La situazione appariva quanto mai interessante. Non solo avevo la possibilità di entrare in contatto con la realtà medica dell’OSU, avrei avuto l’opportunità di vedere con i miei occhi le ripercussioni di un’operazione incredibilmente delicata quale quella che ci era stata presentata. L’ardore del sapere che via via stava andando spegnendosi nel mio animo si ravvivò all’improvviso, ricordandomi quanto quella sensazione amplificasse il mio io. Il mio sguardo reagì di conseguenza tornando a bramare nuove e suggestive visioni in quel mondo così vasto di cui ancora poco avevo scoperto.

    Mentre sorvolavamo le grandi nazioni ninja, ormai pronti e decisi ad intervenire in favore del nostro collega, Aido ci impartì le sue prime indicazioni sulla nostra missione. Il primo obbiettivo era chiaro: trovare celermente una nave che ci portasse sull’isola designata in modo da intercettare i cadaveri nel miglior stadio possibile del loro processo biologico. Non impazzivo all’idea di dover cooperare nuovamente con dei miei pari rango, per di più a me sconosciuti. In tutte le occasioni mi ero ritrovato a dover ricorrere agli straordinari per rimediare ai colpi di testa di uno o dell’altro membro della squadra. Le prime volte pensai che fossi stato semplicemente sfortunato nell’esser capitato con ragazzini dalle manie di protagonismo o che questi non fossero sufficientemente preparati ma il regolare riproporsi di tali comportamenti mi fece maturare, in un secondo momento, un pensiero diverso. Il mito di alcuni shinobi-eroi non aveva fatto altro che alimentare l’ego di tanti miei coetanei e il loro desiderio di spiccare tra gli altri; un sentimento senz’altro importante se canalizzato nella maniera corretta. A volte pensavo che la mia capacità innata di captare le emozioni e le intenzioni altrui fosse in realtà una condanna. Decisi dunque di precisare il mio punto di vista prima di abbandonare la Nova Shinigami.

    Io non ho amici, non lo diventerete voi laggù né tantomeno quando ritorneremo a casa. Quando sarò sulla terra ferma agirò solo in funzione della nostra missione. Mi auguro che voi facciate lo stesso.


    […]


    Atterrammo sulla costa meridionale del Paese del Fuoco. Non bisognava certo essere esperti di geopolitica per immaginare quanto fosse importante quel lembo di terra per la sua nazione. Il via vai di marinai, commercianti, civili e shinobi era impressionante. Il porto appariva più frequentato di quello di Kiri, questo era tutto dire. Per una mente poco acuta trovare una nave in quella zona poteva sembrare una passeggiata, effettivamente ve n’erano a decine. Questo era corretto in parte poiché la vera difficoltà non stava nel trovarla ma nel convincere il capitano ad interrompere il suo tragitto per lasciarci scendere in un’inutile isola. Le tempistiche, per gli affari commerciali, sono tutto. Avremmo dovuto trovare i giusti mezzi per garantirci quello di cui necessitavamo. Un Akame di certo sapeva meglio di altri quali tasti andavano toccati per smuovere un uomo. Avanzai dunque una proposta alla mia squadra.

    Ogni porto che si rispetti ha la sua taverna. Di solito ci bazzicano i più spavaldi e loschi marinai, ognuno impegnato a far credere all’altro di avercelo più lungo. Si sentono tutti forti e potenti ma sono solamente dei gran ciarlatani. Conosco un paio di trucchetti per aggraziarsi i loro favori, vi chiedo di concedermi un tentativo.

    Così ci saremmo diretti verso la taverna più vicina. Era quasi ora di pranzo e non ci volle modo ad individuarla. Una gran folla vi stazionava davanti, chi fumava, chi tracannava la sua bottiglia di vino e chi si scambiava battute dalla dubbia ilarità con i propri compari. Più ci si avvicinava e più l’odore di calde vivande si faceva spazio tra le narici. Zuppe con un’accozzaglia di ingredienti che non erano di certo il meglio della cucina ma soddisfacevano alla grande il proprio compito.

    Aspettatemi qui. Tra una scarsa decina di minuti sarò di ritorno.

    Come da programma la locanda pullulava di marinai e tra le sue mura neppure il più intenso aroma di quelle zuppe poteva nascondere la puzza di pesce, sudore e salsedine. Non di certo un gran galà dell’umanità ma l’ambiente perfetto per i miei scopi. Mi avvicinai al bancone facendomi spazio tra un paio di moribondi. Aguzzai il mio raffinato udito per cercare di captare le conversazioni nei dintorni. Non mi ci volle molto per individuare la mia preda.

    ???: La mia nave è la più veloce di questo porto! Non ce ne sono di più svelte! Vuoi scommettere? Ti ripulisco vecchio bifolco! Nessuno ha battuto la mia nave come nessuno mi ha mai battuto ai dadi!

    Il gioco dei dadi era tra i più in voga in posti come quello. Semplice, veloce e dannatamente rischioso. L’alcool faceva il resto. C’erano poche cose che colpivano l’orgoglio di un marinaio come faceva il gioco d’azzardo, alcuni di loro preferivano una sonora scarica di botte ad una sconfitta ai dadi. Staccai quindi le braccia dal bancone e mi avvicinai a quell’uomo e alzai la voce per farmi sentire da tutti.

    Nessuno ti ha mai battuto ai dadi..prima di me. Vengo da Nord, ho sentito parlare della tua nave e lo dicono tutti, è la più veloce dei mari. Io ed i miei tre amici abbiamo bisogno di un passaggio. Che ne dici di concedermi questa misera opportunità?

    Agguantai sullo sgabello al suo fianco il bicchiere che conteneva i due dadi e glielo agitai rumorosamente davanti. Il capitano, un po’ stupito, gonfiò il petto da classico maschio alfa e rispose leggermente stizzito.

    Mmm sì, è ovvio che anche a Nord si sia sparsa la voce..ad ogni modo mi stai simpatico ragazzo. Ti concederò una chanche ai dadi ma se perderai dovrai raggiungerla a nuoto la tua meta ahahahah

    Mi si avvicinò all’orecchio con voce intimidatoria in modo che fossi l’unico ad ascoltarlo.

    Nessuno mi ha mai battuto ai dadi..perchè è impossibile. Sono truccati e solo io so come azionarli.

    Sorrisi di gusto. Non c’era più grande soddisfazione di assecondare le emozioni altrui per poi tradirle. Desideravo ardentemente arrivare a quel punto e ci ero riuscito.

    Il mio avversario di gioco si assicurò della stabilità dello sgabello e lo posizionò su un tavolo di legno decisamente provato dalle incisioni di coltello e le botte ricevute. Prese due sedie e mi invitò a prender posto. Mi accomodai di fronte a lui e afferrai il bicchiere. Lo agitai vigorosamente e in pochi secondi lo ribaltai sul tavolo. Quando lo sollevai tutti si avvicinarono per osservare il risultato del mio lancio. 2 e 4. La fortuna non mi stava di certo assistendo. Intorno a me tutti mugugnarono delle risate ed il marinaio truffaldino sorrise pregustando la sua vittoria. Questi raccolse i dadi e li inserì nuovamente nel bicchiere e con uno strano movimento prese a scuoterlo. Quando lo poggiò sul tavolo poggiai rapidamente la mia mano sulla sua e nel frattempo diffusi nell’aria parte del mio chakra nel tentativo di innescare la mia illusione. Avrei utilizzato la tecnica del falso ambiente per alterare la percezione dei presenti modificando i dadi sotto le nostre mani. Sussurrai al mio avversario avvicinandomi viso a viso.

    Alza leggermente il bicchiere e vedrai che hai perso vecchio mio. Tuttavia oggi mi sento buono e non intendo umiliarti nella tua taverna. Posso ancora cambiare quei dadi se voglio e farti vincere ma devi adempiere alla mia richiesta iniziale senza fiatare. Consideralo uno scambio di favori tra gentiluomini.

    Sollevando il boccale si sarebbe accorto che sulle facce superiori di entrambi i dati v’era un solo pallino ciascuno, un totale di 2. Nel frattempo, sotto al tavolo, avrei appoggiato la mia mano sulla sua coscia e facendo confluire la giusta quantità di chakra l’avrei modificata trasformandola in uno snello serpente che strisciante si sarebbe insinuato minaccioso sotto la sua sudicia maglia.





    Nel post ho sfruttato le mie conoscenze orientative e geografiche. In più ho utilizzato nella taverna la Tecnica del Falso Ambiente per modificare i dadi del capitano e l'ombra del groviglio di serpi per "minacciarlo". Visto che mi hai detto che non ci sarebbero stati combattimenti, non tengo conto dei calcoli ma se vuoi che li aggiunga insieme allo specchietto lo farò.

     
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    Seto:
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    Avete parlato di un solo agente, colui che ci ha contattato. Ci sono altri shinobi con lui?
    L’ingente mole di nemici deceduti mi fa pensare ad un’organizzazione. Sappiamo di cosa si tratta? Per di più nella comunicazione all’altoparlante non ci avete richiesto capacità in ambito medico, dobbiamo aspettarci ulteriori scontri al nostro arrivo?

    Dei tre ragazzi, quel Seto gli era parso da subito il più sveglio. Il dottor Aido non poteva trattenersi dal diventare empatico quando vedeva negli occhi di qualcuno la stessa scintilla che sentiva di avere anche lui. Brillante, intelligente, elegante e paziente. Questo era Aido. Ma era anche taciturno, dannatamente serio, meteoropatico e solo. Disperatamente solo, ma non tale da soffrirne. Perchè Aido odiava la compagnia. Non sopportava le persone vuote o poco interessanti e quella navetta era piena di persone così.

    < Le tue domande sono lecite, Seto-kun. > Rispose dopo aver guardato per un paio di secondi l'Akame. Adorava l'effetto che facevano i suoi occhi cremisi sulle persone. < Non ho assoluta certezza sul numero di ninja laggiù, ma pare che si tratto di un solo individuo. E no, non sono previsti altri combattimenti. > Sorrise, denti bianchi come la neve apparvero tra le sottili labbra rosa. < Ma se dovessero esserci, per la mia incolumità dovrei sperare che quello stermina mukenin sia ancora in grado di combattere. Diciamo che ho avuto scorte migliori della vostra. Ad ogni modo, voi non dovrete fare altro che disseppilare un po' di morti. Mi auguro che nessuno di voi abbia tendenze necrofile. >

    Si avviò, seguito dalla sua segretaria, verso la porta che si aprì automaticamente non appena avvertì la presenza del dottore. Si fermò sull'uscio strofinandosi il mento con un dito. < Oh, magari se siete deboli di stomaco, restate qui e trovatevi un cambio. Non ho intenzionate di maneggiare cadaveri sporchi di vomito. >

    *

    Il vento accarezzava con le sue dita invisibili i morbidi capelli del dottore. Era babordo, con le mani poggiate sul parapetto di piccola e pulciosa nave. Seto era riuscito a vincere un passaggio giocando ai dadi. Forse era davvero sveglio come sembrava. Il capitano della nave non era stato per niente felice di offrire loro quel passaggio gratuito, ma Aido aveva come l'impressione che il malumore del lupo di mare era dovuto non tanto dalle spese sostenute per il viaggio quanto per l'orgoglio ferito.

    Fatto sta che arrivarono rapidamente sull'isola. C'erano almeno altre due ore di sole, quindi avrebbe dovuto dire ai tre ragazzi di sbrigarsi. Li chiamò a raccolta quando il capitano annunciò che l'isola era una sagoma scura all'orizzonte.

    < Abbiamo poco più di due ore di luce ancora ed è mia intenzione levare le tende prima che cali la notte. Ho come l'impressione che l'eco di quella battaglia si sia sentito fino al profondo ovest. Essere braccato da cyborg assassini non era tra la liste delle cose da fare di stamattina. Fate i bravi chuunin, parlate poco e tanto olio di gomito. Dobbiamo disseppellire un mucchio di cadaveri. Ci sarà carne umana ridotta in poltiglia e non sarà un lavoro per signorine. >

    Detto ciò, si apprestò a scendere dalla barca, seguito dai suoi tre aspiranti becchini per dirigersi sull'isola con l'aiuto del chakra.

    Il seras con il quale erano tutti equipaggiati rivelava chiaramente la posizione di due esseri viventi in prossimità del punto più alto di quell'effimero sputo di terra. "Eppure ora questo scoglio inospitale diventerà una pagina dei nostri libri di storia." Pensò Aido mentre scorgeva il ninja che aveva scritto quella storia.

    < Sono il dottor Aido. > Si presentò con un lieve cenno del capo. < E queste sono braccia aggiuntive per coadiuvarmi nel mie compito. > Fece un gesto evasivo con la mano. < I loro nomi non sono importanti. >

    < Il mio nome è Atshushi. > Il ninja dell'Osu vestiva un mantello e sotto di esso una strana armatura a scaglie di un colore a metà tra il rosso del sangue e il nero della notte. Mentre si presentava, le scaglie che gli ricoprivano la testa si ritrassero con un movimento secco e deciso, lasciando fluire lunghi capelli neri sulle spalle.

    < Pensavo che questa qui avesse bisogno di cure, ma sembra in grado di curarsi da sola, pur essendo priva di sensi. > Ai suoi, supina, giaceva una donna priva di sensi.

    < Atshushi-san, sapresti dirmi esattamente cosa è successo? >

    Il jounin della Nebbia si strinse nelle spalle. < Gli ultimi rimasugli dei Lealisti erano nascosti in una grotta. Lo scontro è stato più duro del previsto e per colpa di questa piratessa sono stato costretto a tirare giù tutta la caverna, non riuscendo a catturarne nessuno vivo. >

    Tutto il paesaggio circostante era una devastazione di sassi e macerie che formavano un fitto reticolato di canali entro cui scorreva acqua sorgiva. Un tempo c'era una cascata in quel luogo, ma ora il fiumiciattolo fluiva in maniera così frammentata tale da non riuscire più a gettarsi unitamente in mare.

    < Molto bene. > Aido annuì con il capo. < Quindi quanti sono i mukenin che meritano di essere recuperati? >

    Atshushi alzò una mano chiusa a pugno e alzò tre dita. < Sono tre. Gli ultimi tre capi dei lealisti. Due uomini e una donna. Alla donna e al metamorfo scorpione la testa non è più attaccata al corpo. >

    Uno strano sorriso illuminò il viso del dottor Aido. < Ti sei proprio divertito qui. >

    < Non mi sono divertito affatto. > Fu la secca risposta del jounin. < Come ho detto, non è stata una battaglia facile e sono stato costretto a non poter usare mezze misure. O loro o me. >

    < Non volevo di certo offenderti. Perdona la mia impudenza. > Ma quelle scuse, dette con il tono di voce del dottore, parvero parole di scherno.

    < Fate quello che siete venuti a fare. Io resterò di guardia. >


    Molto bene Seto. Potete iniziare a fare ciò che siete venuti a fare. Puoi sempre porre domande al dottor Aido su cosa state facendo e perchè o su qualcosa altra cosa tu voglia chiedergli. Puoi anche fare domande ad Atshushi.
     
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    Mentre le onde accompagnavano sinuosamente lo scafo su quel letto d’acqua salato, isolatomi dal resto della squadra in cerca della giusta concentrazione per assolvere ai miei doveri, osservavo quell’azzurro cielo. Mi trasmetteva serenità. A quel tempo la vita non aveva particolare valore. Ti svegliavi per consegnare un pacco e ti ritrovavi pochi istanti dopo a navigare verso sud per raggiungere un’isola, diventata un cimitero a cielo aperto, per disseppellire chissà quanti cadaveri. La morte era intorno a noi, stavo imparando a conviverci. Il dottor Aido, narcisistico nelle movenze, era un uomo di poche parole ma riusciva a fare dell’ironia anche in quella situazione. Evidentemente per lui maneggiare corpi privi di vita era di routine ma mi domandai fugacemente se quell’atteggiamento non fosse un po’ irrispettoso. La risposta che mi diedi chiuse sul nascere qualsiasi ulteriore riflessione.

    Non è affar mio.

    Benchè ne avessi un esponente in famiglia: la mia dolce madre Anko, non mi era ancora chiaro quale fosse lo spirito dell’istituzione medica. Sentivo che quel mondo così vicino al concetto di vita stesso in qualche modo mi appartenesse. In un’adolescenza atipica, passata sui libri e sostanzialmente priva di rapporti umani degni di nota, avevo imparato a guardarmi intorno ed a concentrarmi sulle mie priorità. Conoscere le più recondite sfaccettature dell’animo umano ed abbattere le inibizioni che attanagliavano la società erano i miei veri obbiettivi di vita. Covavo in me la convinzione che nello sviluppo della persona umana ci fosse ancora tanto di incompiuto. L’intensivo e sempre più frequente utilizzo della tecnologia non faceva altro che distogliere l’attenzione dall’uomo, minacciando il suo ruolo nell’intero ecosistema. Fury con le sue macchine non era altro che la più insana deriva. Se da una parte ripudiavo con tutto me stesso il suo operato, dall’altra rappresentava il lapalissiano esempio di come l’abbattimento delle barriere morali che vincolavano lo sviluppo delle scienze portasse ad un’evoluzione senza precedenti. Incompreso e tacciato di follia, le sue rivoluzionarie idee erano probabilmente cadute nell’inebriante vortice dell’ego, trasformandosi in un’oggettiva minaccia per l’umanità. I grandi paesi, con le loro istituzioni bigotte, erano incapaci di assecondare l’estro delle menti più espansive; tutti troppo preoccupati a mantenere i propri equilibri. Per comodità o forse per stupidità sradicavano quei pochi istinti che sfuggivano alla rigidità delle loro leggi come fossero erbacce. Fu proprio a causa di quel modus operandi che, inconsapevolmente, diedero vita al loro nuovo e più grande nemico.

    Il capitano di quella nave non mi aveva staccato gli occhi di dosso nemmeno per un istante. Annunciò a tutto l’equipaggio l’avvistamento dell’isola. Aguzzai lo sguardo oltre il legno della battagliola e iniziai ad intravedere la nostra meta. Prevalentemente rocciosa e dalle ripide scogliere, assomigliava tremendamente a Nanakusa, solo molto più ristretta. In quell’isola avevo trovato l’amicizia di una libera piratessa, qui mi aspettavano solo cadaveri e macerie oltre ad un inaspettato e beffardo scherzo del destino. Il dottor Aido approfittò di quei minuti antecedenti allo sbarco per darci ulteriori indicazioni sul nostro mandato.

    Dott. Aido: Abbiamo poco più di due ore di luce ancora ed è mia intenzione levare le tende prima che cali la notte. Ho come l'impressione che l'eco di quella battaglia si sia sentito fino al profondo ovest. Essere braccato da cyborg assassini non era tra le liste delle cose da fare di stamattina. Fate i bravi chuunin, parlate poco e tanto olio di gomito. Dobbiamo disseppellire un mucchio di cadaveri. Ci sarà carne umana ridotta in poltiglia e non sarà un lavoro per signorine.

    Ancora una volta un discorso tanto sintetico quanto efficace. Le direttive erano chiare: concentrazione e velocità. Annuì e diedi una rapida occhiata ai miei due compagni. Il ragazzo con la bandana sembrava pronto ad agire mentre lo Yuki tremava come una foglia.

    Atterrammo in una piccola caletta rocciosa. Mi guardai intorno mentre una leggera brezza accarezzava la mia lunga chioma e mossi i primi passi su una finissima sabbia biancastra. Davanti a noi un sentiero in salita si faceva spazio tra due alture. Il Seras segnalava due presenze a qualche centinaio di metri da noi. Il sig. Aido cominciò ad incamminarsi nella loro direzione e noi dietro di lui. Il tragitto era tutt’altro che agevole a causa del terreno ripido e sconnesso. Cercai di stare il più vicino possibile al dottore e lo incalzai per togliermi qualche curiosità.

    Dottore, per quale motivo ha scelto la via medica? Vede...il vostro mondo mi affascina. Sono venuto a conoscenza di alcuni piccoli interventi che al momento non sono visti di buon occhio dall’istituzione ma che potrebbero darci una grossa mano in guerra...

    I puntini sul Seras si facevano sempre più intensi e di lì a poco fummo in grado di riconoscerne le figure. Un sole sempre più timido illuminava le spalle di un guerriero facendo luccicare di riflessi rossastri la sua preziosa armatura. A pochi passi da lui, priva di sensi, una figura femminile giaceva prona sul suolo. Accanto a loro un cumulo di massi dalle svariate forme e dimensioni, l’uno sopra l’altro, evidenze di un crollo di quella che era un’altura non indifferente, ora monca di gran parte della sua struttura originaria. Tra gli ammassi di roccia si faceva spazio con tenacia un piccolo corso d’acqua, il quale si frammentava tra gli spazi liberi perdendo sempre più vigore nella sua discesa.

    Un momento!

    Quando riportai lo sguardo sulla donna esanime, un sussulto dell’anima mi angosciò il cuore. Riconobbi quegli inconfondibili indumenti. Quelli che lasciai liberi e svolazzanti,li ritrovavo inermi e divelti.

    Lìf..

    La giovane e libera piratessa dalla strana dialettica era stata in qualche modo coinvolta in quella sanguinosa battaglia. In quel momento fui incapace di controllare la mente che, facendosi spazio tra i ricordi, rievocò l’istante in cui incontrai la mukenin dai capelli rossi. Con le gambe penzoloni mentre sedeva sul ramo di un albero solitario, con lo sguardo crucciato mi redarguì seriosa. A ripensarci era così buffa.

    Cosa ci fai qui?!

    Le parole dello shinobi che aveva richiesto il nostro intervento mi riportarono in un lampo alla realtà.

    Atshushi: Il mio nome è Atshushi.

    L’armatura che indossava, forse sollecitata da qualche tipo di meccanismo, si ritirò dal suo capo esponendolo all’aria aperta e mostrandoci i lineamenti del suo viso. Fui particolarmente colpito dalla sua inespressività. I suoi occhi nocciola apparivano freddi come quelli di un crotalo.

    Ma certo. Chi altri se non il famigerato Jonin della Nebbia. Ci sono pochi shinobi in circolazione in grado di compiere atti come questo; lui è sicuramente uno di quelli. Mette i brividi solo a guardarlo.

    Un vento tiepido continuava a soffiare portando alle nostre narici l’odore dell’erba selvatica che cresceva qua e là sull’isolotto. Rimasi in silenzio mentre il mio compatriota ci forniva preziose informazioni, sollecitato dalle domande del dottore.

    Sebbene non conoscessi a fondo la stravagante piratessa, quella situazione stonava decisamente con il nostro fortuito incontro in quell’isolotto delle Cremisi. Colei che si era preoccupata di bacchettarmi in favore della salvaguardia delle acque, spendendo ‘sì belle parole per la natura e criticando allo stesso tempo il bellicoso intento degli uomini, proprio lei aveva causato il crollo di quella caverna durante una sanguinosa battaglia?

    Dannazione perché sei qui, Lìf?!

    Mi guardai intorno mentre Atshushi e Aido terminavano la loro chiacchierata dai toni sempre più stizziti. Il sole era piuttosto basso, tanto che il raggiungerci dei suoi raggi proiettava delle ombre bislunghe sul suolo. Decisi di prendere l’iniziativa per rompere gli indugi ed impedire al buio, pronto ad avvolgere quelle terre, di ostacolarci nel nostro compito.

    Se non ho capito male ci sono 3 corpi prioritari rispetto agli altri, per quanto sia assurdo porla in questi termini ora che sono passati a miglior vita. Dovremmo individuarli e sviluppare una strategia. Mentre proveremo a recuperarli, disseppelliremo anche il resto. Nel frattempo, penso sia doveroso per lei, sig.Aido, constatare le condizioni di quella donna e prendersene cura.

    Misi in moto il mio flusso di chakra e ne richiamai la giusta quantità per avvolgere i miei bulbi oculari. Una volta risvegliato il loro potere quello che vidi mi lasciò senza fiato. A qualche metro dai miei piedi, sepolti sotto un paio di metri di roccia, più di una ventina di corpi giacevano privi di vita. La maggior parte di essi appariva mutilata, frammenti di ossa e pezzi di carne ricoperti di sangue disseminavano la zona, una vera e propria carneficina. Il mio essere solitario sviluppava in me una profonda apatia. Sapevo bene quanto potessero essere disgustosi gli esseri umani, per quello non mi aspettavo nulla dagli altri e non provavo nulla quando morivano.

    Mi resi conto che non sarebbe stato semplice identificare qualcuno in quella situazione.

    Con i miei occhi riesco a vedere oltre questi massi. Là sotto è un vero casino. Iniziamo da quelli più in superficie. Io farò da navigatore al ragazzo con la bandana; sposterà con la sua forza i massi che gli indicherò di volta in volta. Preleveremo i cadaveri e li consegneremo allo Yuki che insieme al dottore si occuperà di assicurarne la conservazione. Non ci sono molte donne e lo scorpione decapitato non sarà difficile da scovare, potremmo avere un po’ di problemi con l’altro.
    Atshushi, ti chiedo di restarmi vicino. Quando riconoscerai qualcuno di loro e saprai darci informazioni sulle sue generalità ti prego di segnalarcelo.


    Determinato e pronto a mettermi al lavoro mi avvicinai all’ormai distrutta caverna. Passai al fianco di Atshushi ed incrociai il suo freddo sguardo. Il Magan mi rivelò l’inquietudine che provava, come se stesse mettendo in dubbio un suo compagno. Lìf centrava qualcosa in quel sentimento.

    Se avesse avuto intenzione di ucciderla l’avremmo trovata morta. Vorrei aiutarla ma rischierei fraintendimenti troppo grossi, in questo momento ho le mani legate. Mi terrò vicino ad Atshushi e proverò a fargli qualche domanda per capire cos’è successo.

    Iniziai a dare le prime indicazioni al mio compagno ed i primi corpi vennero alla luce. Il sangue aveva ormai assunto un colore più scuro e le carni iniziavano a liberare odori nauseabondi che rendevano l’aria pesante. Il pallore di quei corpi, conseguenza della cessata funzione dell’apparato circolatorio, ci indicava il grado di decadimento di ognuno di loro. Quelli più in superficie, godendo di una migliore ossigenazione, versavano nelle condizioni migliori; queste peggioravano man mano che scendevamo più in profondità: corpi gonfi, violacei, con mutilazioni più gravi e tumefazioni più serie dovute alla maggior pressione delle rocce. Il nostro compito risultava più duro del previsto. Mantenere la concentrazione maneggiando e osservando quegli orrori non era di certo una passeggiata e, complice il mio vestiario inadeguato per quelle temperature, iniziai a sudare. Decisi quindi di intrattenermi con il mio concittadino. Ero curioso di conoscerlo e di scoprire se quanto riferito al dottor Aido in merito agli eventi accaduti su quell’isola fosse la verità.

    Lìf Arnbjørg. Fa parte anche lei di questi Lealisti? Mmm…no, non mi sembra il tipo. Da quando l’ho riconosciuta continuo a chiedermi cosa ci faccia qui. Sai, posso vedere quello che le persone sentono, le loro intenzioni. Per me non ha più senso discernere tra buoni e cattivi, giudicarci a vicenda. Quando ho conosciuto Lìf ho visto in lei libertà e l’ho sinceramente invidiata. In te vedo inquietudine..cosa ti turba?

    Avrei atteso una sua risposta per poi proseguire.

    Cosa ne sarà di lei?




     
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    Dottore, per quale motivo ha scelto la via medica? Vede...il vostro mondo mi affascina. Sono venuto a conoscenza di alcuni piccoli interventi che al momento non sono visti di buon occhio dall’istituzione ma che potrebbero darci una grossa mano in guerra...

    < Seto-kun, usa di più la materia grigia che ti riempie la testa prima di parlare. Una buona mente filtra le parole prima di pronunciarle e tu stai dimostrando di avere una pessima mente. Se un buon medico dell'OSU avesse sentito questa tua inusuale affermazione, avrebbe subito fatto rapporto segnalandoti come incompatibile con la via medica o con qualsiasi altra sua implicazione. >

    Un'ombra gli passò sul viso.< Ma per fortuna io non sono un buon medico. Altrimenti non sarei qui a profanare tombe. >
    *
    Gli occhi cremisi brillavano come due fiammiferi accesi. Il volto travolto da un'espressione arcigna. < "Penso sia doveroso" e bla bla bla. > Mimò con la mano una bocca che si apriva e chiudeva come il becco di un'oca.
    CITAZIONE
    Se non ho capito male ci sono 3 corpi prioritari rispetto agli altri, per quanto sia assurdo porla in questi termini ora che sono passati a miglior vita. Dovremmo individuarli e sviluppare una strategia. Mentre proveremo a recuperarli, disseppelliremo anche il resto. Nel frattempo, penso sia doveroso per lei, sig.Aido, constatare le condizioni di quella donna e prendersene cura.

    < Chi sei tu per dirmi cosa è "doveroso" per me fare? >

    < Volete muovervi o devo sopportare i vostri siparietti ancora a lungo? > Atshushi, il jounin guerriero dell'Osu

    Il dottor Aido battè le mani. < Su su, portatemi un po' di carne di fresca. > Congedati i tre chuunin, si chinò sul corpo privo di sensi della piratessa.

    < Lif Arnbjorg... non avrei mai pensato di trovarla in queste condizioni. Atshushi-san, ci sei andato giù pesante. Quello che hai fatto qui oggi non è un'azione che passerà inosservata. Tre mukenin livello S dei Lealisti e una piratessa che pubblicamente sputato sull'Osu e su tutto ciò che rappresentate. Ti sarai fatto un nome fino all'altro capo del mondo e chissà che qualcuno non voglia provare a riscuotere la taglia che ti pende sulla testa.>

    "Rappresentate" Particolare che non sfuggì alle orecchia del ninja. "Che razza di persona hanno inviato?" < Che faccia pure. Non temo la morte più di quanto non tema vivere. Potrebbe quasi essere un sollievo chiudere gli occhi e non doverli riaprire più. >

    < Una singolare filosofia la tua. > Replicò il dottore con ostentato disinteresse. Si inginocchiò accanto alla piratessa e le poggiò un dito sull'addome, chiudendo gli occhi. < Vivrà. E anche senza la mie cure. >

    Mosse la mano lungo il corpo della piratessa fino all'altezza della spalla. Un sottile velo di chakra si condensò sul dito del medico e i vestiti si lacerarono rivelando una ferita causata dal crollo del grotto. Al centro della chiazza rossastra, c'era una macchia nera dalla forma allungata. Aido la prese tra l'indice il e il pollice e la sollevò fino al viso. Piccole zampette si agitavano isteriche. < Aburame. Lo avevo sentito dire, ma faticavo a crederci. Non riesco proprio a immaginare il corpo di una donna come il nido di una colonia di insetti. >
    Schiacciò l'insetto guaritore tra le dita e si rimise in piedi. < Sigillala pure nel tuo rotolo, Atshushi-san. Sarà più facile da trasportare. >

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    Con i miei occhi riesco a vedere oltre questi massi. Là sotto è un vero casino. Iniziamo da quelli più in superficie. Io farò da navigatore al ragazzo con la bandana; sposterà con la sua forza i massi che gli indicherò di volta in volta. Preleveremo i cadaveri e li consegneremo allo Yuki che insieme al dottore si occuperà di assicurarne la conservazione. Non ci sono molte donne e lo scorpione decapitato non sarà difficile da scovare, potremmo avere un po’ di problemi con l’altro.
    Atshushi, ti chiedo di restarmi vicino. Quando riconoscerai qualcuno di loro e saprai darci informazioni sulle sue generalità ti prego di segnalarcelo.

    Seto aveva deciso di diventare il leader della squadra profanatrice e rivelò a tutti il suo particolare segreto. Gli occhi rossi degli Akame erano alquanto rari, ma il chuunin fece l'onore di mostrarli a tutti i presenti. Atshushi vide ciò come un dono dal cielo: prima finivano, prima sarebbe tornato a casa. Una doccia calda e un po' di silenzio per riflettero. Per Aido invece, su oltremodo affascinante. Non aveva mai visto gli occhi di un Akame, ma aveva letto molte cose su di loro.

    < Sbrigatevi. > Si limitò comunque a dire.

    Grazie al lavoro cooperativo dei due chuunin, ben presto diversi corpi vennero disseppelliti. < Smettetela di cercare lì. > Ordinò loro Atshushi. < Seto-kun, dovresti riuscire a indiviudare due corpi più lontani degli altri, ma vicini tra loro. Giusto? Sono i due senza testa. Tirate fuori prima loro. >

    Grazie alle indicazioni del guerriero della Nebbia, i cadaveri decapitati di Detsu e Akane tornarono a vedere la luce del sole. La testa della donna non poteva essere prelavata, poichè ridotta a poltiglia sotto un grosso masso grigio. La testa di Detsu aveva perso la mandibola e quasi tutti denti, ma era ancora salvabile. < Ben fatto. Ora dovresti riuscire a vedere altri due corpi, ancora un po' più in là. Sono Killia e Anzai. >

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    Lìf Arnbjørg. Fa parte anche lei di questi Lealisti? Mmm…no, non mi sembra il tipo. Da quando l’ho riconosciuta continuo a chiedermi cosa ci faccia qui. Sai, posso vedere quello che le persone sentono, le loro intenzioni. Per me non ha più senso discernere tra buoni e cattivi, giudicarci a vicenda. Quando ho conosciuto Lìf ho visto in lei libertà e l’ho sinceramente invidiata. In te vedo inquietudine..cosa ti turba?

    Seto parlò mentre guidava il suo parigrado verso i cadaveri dei due mukenin. Atshushi lo squadrò inarcando un sopracciglio.

    < Cosa ti fa credere che io sia inquieto? E come avresti fatto a conoscere una ricercata di livello A?> Gli domandò a sua volta. < Ad ogni modo, no. Lif non era una lealista e pare che sia venuta qui per catturarli. Il fatto che tu la pensi esattamente come lei mi insospettirebbe, se solo non fosse un pensiero così banale e minimalista. Impara soltanto una cosa, Seto-kun: la libertà vista come Lif, come totale assenza di controllo, è pericolosa. Puo' facilmente diventare un pretesto per compiere qualsiasi genere di azioni e giustificarsi invocando il proprio diritto alla libertà. La mia libertà finisce dove comincia la tua. >

    Poi esitò un attimo, fissando un punto indefinito, come se stesse scavando nella propria memoria. < Dovunque l'uomo si unisca in società abbandonerà le leggi di natura e assumerà le leggi degli uomini, così che la società nel suo insieme prosperi. > Sospirò. < Questo pensiero è un po' astratto, ma a volte riesco a trovare un significato concreto a queste parole. >

    CITAZIONE
    Cosa ne sarà di lei?

    Atshushi si strinse nelle spalle. < Ciò che sarà di tutti i criminali che catturo vivi. Verrà imprigionata e giudicata per i propri crimini. >

    *

    Il sole stava per sparire oltre l'orizzonte all'ovest e il cielo era un incendio di colori caldi, dalle tonalità vivide. Si diceva che al termine di una battaglia il sanguinosa seguiva un tramonto rosso sangue. Quel crepuscolo sembrava confermare tale diceria. Il dottor Aido aveva ai suoi piedi i resti dei mukenin. I corpi erano martoriati dalla frana e cominciavano a mostrare segni di gonfiore per la putrefazione. Gli arti erano già rigidi come i rami di un albero.

    < Molto bene. > Si inginocchiò a terra e, da un rotolo estratto dal taschino, richiamò una valigetta. La aprì e subito cominciò ad alzarsi un lieve vapore dal suo interno. < Giovane Yuki, non avrò bisogno del ghiaccio dei tuoi geni speciali per conservare i filamenti di DNA di questi mukenin. La mia valigetta criogenica non ghiaccia i tessuti umani e quindi non rovina in alcun modo le cellule. Sapete tutti che un sbalzo termico che va dai cinquanta gradi ai meno venti arreca danni irreparabili alle cellule? >

    Cominciò a separare lembi di pelle, di cuoio capelluto e di denso sangue nero dai quattro cadaveri. Ognuno di essi trovava posto in una pipetta da laboratorio, sul quale veniva applicata una targhetta con il nome del corpo d'origine.

    < Dovrebbero chiamarti dottor necrofilia. > Fu il commento acido di Atshushi.

    < Oh oh oh... sono stato chiamato così, un tempo. Purtroppo non sono libero di giocare con il DNA di questi fantastici ninja, ma mi limiterò a caricarne le caratteristiche nei database dell'OSU. Non hai idea di quanto sia importante per i nostri capoccioni raccogliere quante più informazioni possibili. >

    Infine eseguì una serie di sigilli e per un attimo non accadde nulla. Poi tutti i cadaveri furono ammantati da una fiamme blu. Il fuoco li ricoprì totalmente, come se fossero stati immersi nell'olio di rospi. Di fronte allo sbigottimento generale, quei cadaveri si tramutarono in cenere nell'arco di pochi secondi, mentre il dottor Aido sistemava con noncuranza la sua valigetta.

    Atshushi annuì con la testa: si aspettava qualcosa di simile. Il dottor Aido si premurò di spiegare ai tre chuunin il motivo di quell'azione. < Il corpo di un ninja è una miniera di informazioni. Genetiche e non. Non si lascia mai incustodito il cadavere di uno shinobi. > Si tirò su enfatizzando uno stanco stiracchiamento. < Bene, possiamo tornare sulla nostra base volante. >

    Perdona il ritardo. Puoi procedere anche con questo post. Sei libero di ruolare tutte le reazioni del tuo pg a ciò che assiste e hai carta bianca per il rientro in sede. Come per i post precedenti, contattami pure dove vuoi.
     
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    narrato - parlato - pensato - parlato altrui




    Se c’era qualcosa che avevamo in comune io, Atshushi ed il dott. Aido era il fatto di non avere peli sulla lingua. Le mie brame mi spingevano continuamente a cercare le risposte di cui avevo bisogno, pulsioni istintive, morbose oserei dire. Girare intorno al punto non era da me, prediligevo un dialogo diretto, assumendomi il rischio di esser frainteso in più di qualche occasione. Non mi interessava risultare simpatico né antipatico, nemmeno sfacciato, l’unica cosa di cui m’importava veramente era ricevere quelle risposte.

    Rapporto, segnalazione, incompatibile..stronzate. Chi si sottrae al dialogo per timore può essere definito un buon medico? Preferirei non esserlo allora. Ad ogni modo quest’uomo si sta rivelando più interessante del previsto, forse in un altro momento ed in un’altra sede..

    L’enigmatico dottore, infatti, mi diede l’impressione di non voler chiudere quel discorso in via definitiva. Assecondando dunque le sue volontà, tutto sommato soddisfatto da quello scambio di battute, accantonai momentaneamente quel discorso.

    Mentre io ed il ragazzo con la bandana disseppellivamo i primi cadaveri, Aido andò a sincerarsi delle condizioni di Lìf. Ne seguì un siparietto curioso tra lui ed Atshushi. Singolare fu la scelta dialettica del narcisistico coordinatore di quella spedizione ma quanto più mi catturò fu la risposta, fredda e apatica, del Jonin della Nebbia.

    Atshushi: ..Non temo la morte più di quanto non tema vivere. Potrebbe quasi essere un sollievo chiudere gli occhi e non doverli riaprire più.

    Un pensiero incredibilmente malinconico. Quel ragazzo dall’espressione imperturbabile doveva avere grosso modo la mia età. Il grado che gli era stato assegnato e le gesta che lo avevano reso famoso però indicavano un evidente divario di esperienza tra di noi. Eppure, mi rivedevo in quella malinconia. Mi domandavo spesso se tutti i miei sforzi per migliorarmi e per cercare, un giorno, di migliorare la società non fossero in realtà un inutile spreco di energie. Fino ad allora mi ero scontrato con il giudizio, con le incomprensioni, rintanandomi nel mio mondo per sopportarne il peso. L’unica che era riuscita ad andare oltre a quel velo di apatia di cui mi circondavo fu proprio la stravagante Lìf.


    […]


    Guidare il mio compagno, il quale doveva seguire diligentemente le mie istruzioni per evitare che i corpi subissero ulteriori traumi, non era affatto semplice. Io ero i suoi occhi, lui le mie mani. Fortunatamente la conformazione delle rocce di quell’area geografica giocava a nostro favore; risultavano piuttosto solide e non sembravano risentire dei vari spostamenti. Quello che iniziava invece a darci fastidio, man mano che sgombravamo l’area, era il corso d’acqua, il quale trovando via via meno impedimenti tornava ad acquisire vigore. Osservandolo per qualche secondo, mormorante nei suoi serpeggiamenti, un’idea mi saettò in mente.

    Ehi ragazzo..Ryu, giusto? Sei uno Yuki, no?! Puoi deviare e ghiacciare quel ruscello? Arresteremo momentaneamente il suo corso, così non ci creerà problemi. Quando avremo finito lo lasceremo libero di scorrere dove meglio crede.

    Il Chunin dai capelli blu, imbarazzato dal suo scarso impiego fino a quel momento, balbettò nervosamente in risposta alla mia richiesta. Sembrava però sollevato per la considerazione ricevuta. Dunque, ci superò con passo sicuro e avvicinandosi al piccolo corso d’acqua impose le mani verso di esso. L’acqua prese a cristallizzarsi a partire dal punto più vicino allo Yuki per poi proseguire quel processo fino alla sua fonte. Si interruppe quindi il suo corso e con lui anche lo sciabordio che ne derivava. Era ammaliante vedere l’Arte del Ghiaccio all’opera. Condividevo con quel ragazzo le medesime affinità elementari ma ciò che ci differenziava, ovvero i geni innati, ci dava accesso a due poteri completamente diversi. Questo era uno degli aspetti più affascinanti del mondo degli shinobi.

    Atshushi, che ci osservava con attenzione, intervenne autoritario. Mi indicò una certa zona da scandagliare con i miei occhi demoniaci alla ricerca delle salme dei due decapitati. Prontamente eseguii il suo ordine muovendo qualche passo in quella direzione ed accertandomi che il terreno sotto i miei piedi non mi giocasse brutti scherzi. Il raggio della mia vista era limitato ad una cinquantina di metri; pertanto, portarmi nella posizione ottimale per rintracciare i nostri principali obbiettivi risultava di fondamentale importanza. Mi ci volle qualche secondo prima di individuare quello che rimaneva di Detsu e Akane. I due si trovavano vicini, proprio come ipotizzato dall’Uzumaki ma recuperarli non appariva affatto semplice. Percorsi a ritroso nella mia mente quella trentina di metri che mi separava da loro in modo da tracciare il percorso più sicuro e veloce per il mio compagno. Una sorta di Tetris al contrario, solo con una posta in ballo decisamente più concreta. Quando il ragazzo con la bandana da dinosauro agguantò i due, mi passai il braccio sulla fronte per asciugarmi del sudore e tirai un sospiro di sollievo. Passammo poi a Killia e Anzai, operando con la stessa cautela, ormai forti di un’intesa verbale collaudata.

    Mentre il mio collega li riportava in superficie continuai ad intrattenermi con Atshushi, il quale mi incalzò sulle mie affermazioni. Ascoltai con attenzione il suo monologo dove mi espose le sue nobili idee prendendosi una pausa di tanto in tanto. Si trattava di una situazione delicata ed io non dovevo perdere la concentrazione su quello che stavo facendo. Diedi fondo a tutte le mie energie per poter mantenere un lucido equilibrio mentale. Poteva servirmi da allenamento.

    Esitai qualche secondo per riflettere. Ero pienamente cosciente del fatto che dalle mie parole potevano scaturire fraintendimenti ma dopotutto non avevo fatto nulla di male. Incontrai casualmente quella ragazza, proprio come avrei potuto incontrare chiunque altro. Ebbi modo di condividere con lei interessanti spunti di riflessione, né più né meno di quanto stavo facendo in quel momento con il mio compatriota.

    Ho incontrato Lìf in un isolotto dell’arcipelago delle Cremisi. Ovviamente fu un incontro casuale il nostro; entrambi cercavamo un po’ di pace da quelle parti. Troverete contezza di quello che affermo tra le diapositive del suo monocolo fotografico. In quell’occasione ho temuto in un primo momento per la mia vita ma vivere nel timore non m’appartiene per cui ho deciso di fidarmi di lei. Avrebbe potuto uccidermi, semplicemente per evitare che ne segnalassi la posizione, cosa che tra l’altro mi risultava impossibile visto che non avevo il Seras con me. Ebbene, non l’ha fatto. Volete sapere invece cos’ha fatto? Ha condiviso con me alcuni suoi pensieri, come fa un’amica o una sorella. Sì, Lìf Arnbjørg è una ricercata; una criminale? Probabilmente sì. Ma Lìf Arnbjørg è prim’ancora una donna coraggiosa, leale ed integerrima, come poche se ne trovano al giorno d’oggi. Grazie al potere dei miei occhi ho avuto modo di guardare nell’animo di numerose persone: criminali, semplici civili, compagni shinobi, superiori. Riesco a vedere anche il tuo in questo momento. La purezza che ho intravisto in quella donna è unica.

    Chiusi gli occhi per un istante e respirai profondamente. Quelle parole mi uscivano sincere e nel pronunciarle mi accorgevo di quanto la frenesia e la scia di terrore che ci coinvolgeva tutti, direttamente o indirettamente, portasse a combatterci gli uni con gli altri. Sospirai prima di continuare.

    Atshushi-senpai..credo che io e lei ci assomigliamo sotto qualche aspetto. Questa è un’osservazione che farò solamente in luogo al rispetto che sento di doverle. Ci saranno tante cose di cui si sarà pentito e di cui si pentirà.. consegnare una farfalla a chi metterà dei chiodi alle sue ali, busserà alla sua coscienza ogni qualvolta guarderà dentro sé stesso.

    Tenni un tono serioso e pacato per tutto il discorso. Il mio interlocutore aveva agito secondo le sue logiche, mosso dai suoi motivi. Non v’era un colpevole tra noi, eppure ero così arrabbiato, neanche so con chi. Il mondo non era un posto giusto. Sottoporre nuove e diverse prospettive era forse la chiave per limitare il perpetrarsi di ingiustizie, soprattutto in quella situazione dove era scorso solamente troppo sangue. Ma dopotutto ero solamente un Chunin e ancora nulla avevo visto di quel vasto mondo che abitavo. Di una cosa però ero certo: la mente umana era più semplice di quanto la gente pensasse. Ci limitavamo ad assecondare i nostri istinti, mangiare quando avevamo fame, mentire quando volevamo farlo e uccidere quando ne sentivamo la pulsione. Qualcuno divideva stupidamente le scelte tra il cuore, cervello e l’anima, attribuendo a quest’ultima un valore più elevato. Gli esseri umani avevano la tendenza a dare più importanza alle cose che non potevano vedere. Io ero in grado di scorgerla, l’anima, non aveva nulla di speciale.


    […]


    Portammo a termine il nostro compito appena in tempo per ammirare il congedarsi del sole dietro le appena visibili coste del Paese del Vento. Gli ultimi timidi raggi rinnovavano quello spettacolo che la natura giorno per giorno ci metteva a disposizione. Bastava fermarsi un attimo ad osservare, a contemplare un tripudio di caldi colori in armonia fra loro. Su quell’isola però non tutti ebbero la fortuna di poter assistere a quel tramonto. Sul terreno, infatti, giacevano i corpi dei mukenin privi di vita, da noi recuperati. Il loro processo degenerativo cellulare era ancora accettabile per gli interventi del dott. Aido, il quale non perse tempo e chinandosi sugli stessi richiamò la sua valigetta da un rotolo e con una leggera pressione delle dita la aprì. Da questa si liberò un piccolo fascio di luce bianca, accentuata dall’ormai scarsa luce naturale, ed un tenue e fresco vapore. Dichiarò si trattasse di una valigetta criogenica, utile quindi alla conservazione dei tessuti.

    Aido: Sapete tutti che uno sbalzo termico che va dai cinquanta gradi ai meno venti arreca danni irreparabili alle cellule?

    Eravamo dunque giunti al momento clou. Finalmente il dottore dai folti capelli biondi stava per mostrarci le sue capacità. Sicura e ferma la sua mano teneva il bisturi, il quale guidato dal braccio e attraverso la pressione del dito indice affondava le carni. Al suo passaggio i corpi si scucivano e con l’aiuto di alcune trasparenti pipette da laboratorio Aido ne prelevava i materiali: sangue, pelle, capelli, tessuti interni. Mi sentivo come un bambino che osservava il fratello maggiore mentre giocava al suo gioco preferito. La voglia di essere nei suoi panni era tanta seppur fossi consapevole che di strada da fare ne avevo ancor molta. Applicarmi nello studio non era mai stato un problema per me, anzi. Adesso, tramite il narcisistico dottore, potevo essermi guadagnato l’accesso alle conoscenze che tanto desideravo acquisire. Atshushi interruppe quel silenzio colmo di stupore.

    Atshushi: Dovrebbero chiamarti dottor necrofilia.

    Aido, che mai lasciava agli altri l’ultima parola, rispose divertito.

    Aido: Oh oh oh... sono stato chiamato così, un tempo. Purtroppo non sono libero di giocare con il DNA di questi fantastici ninja, ma mi limiterò a caricarne le caratteristiche nei database dell'OSU. Non hai idea di quanto sia importante per i nostri capoccioni raccogliere quante più informazioni possibili.

    Ancora una volta la sua scelta dialettica mi appariva singolare. Il fatto di non ritenersi libero di “giocare” con il DNA presupponeva che ne fosse in grado, proprio come il vecchio Osamu. Non tutti i medici erano specializzati nelle medesime branchie ed io ero sempre più convinto che quella voce metallica che mi aveva portato ad esser lì in quel momento non fosse altro che la materializzazione del mio destino.

    Ogni pipetta fu adeguatamente catalogata all’interno della valigetta, applicandovi sopra un’etichetta adesiva che riportava il nome dell’uomo o donna dal quale il materiale era stato prelevato, il tipo di materiale, il gruppo sanguigno della vittima e la data di quel giorno. Quando Aido si rialzò in piedi compose una serie di sigilli e dopo alcuni secondi i cadaveri furono avvolti da delle aure blu, come vampate, e presero ad incenerirsi lentamente. Guardai quei corpi perder pian piano materialità. Il leggero venticello che soffiava portava con sé i residui di cenere che scomparivano nell’aria dopo pochi attimi. Il triste epilogo degli uomini. Non v’era più giudizio che incombeva su di loro, lo sterminatore di mukenin aveva emesso la loro ultima sentenza.

    Aido: Il corpo di un ninja è una miniera di informazioni. Genetiche e non. Non si lascia mai incustodito il cadavere di uno shinobi. Disse giustificando il suo gesto.

    La storia ce l’aveva insegnato, dopotutto.

    Aido: Bene, possiamo tornare sulla nostra base volante. Chiosò alla fine mentre si stiracchiava.

    Così il nostro compito su quell’isola giungeva al termine. Guardai verso il cielo, ormai imbrunito. Gli ultimi sprazzi di luce ci impedivano di veder le stelle. Ero stremato, fisicamente ed emotivamente. Fu una delle giornate più intense della mia vita. Persino per un Akame come me fu difficile decifrare le emozioni contrastanti che provavo in quel momento. Mi serviva del tempo per metabolizzare.

    Aido, comandante di quella spedizione, contattò la base operativa dichiarando concluso il nostro intervento e fornendo alcune rapide indicazioni sommarie. In risposta il funzionario in collegamento lo avvisò che un’imbarcazione motorizzata ci avrebbe raggiunto, alla baia sulla quale eravamo approdati qualche ora prima, per riportarci sulle coste del Paese del Fuoco. Fu così che, una volta raccolto tutto il necessario, ci incamminammo verso il punto designato. Adottai un passo più lento dei miei compagni, distanziandomi leggermente dal loro gruppetto. Inspirai a pieni polmoni per immagazzinare le fragranze naturali di quell’antro naturale che per scelta dell’uomo era stato teatro di crudeltà, liberandomi del nauseabondo e persistente olezzo dei cadaveri maneggiati. Mi presi quel momento per meditare su quanto avevo vissuto. Imprevedibile, cruda e vivace, la vita ci poneva dinanzi ad un ventaglio di situazioni variegato; a noi e solo a noi spettava reagire a codeste. La sottile linea tra giusto e sbagliato si era fatta ‘si indelebile nel mio animo che curarmene non ne avevo più l’intenzione, liberandomi finalmente di un fardello che fin troppo mi aveva logorato.

    Sazierò la mia sete di conoscenza, guarderò il mondo dalla mia prospettiva, esplorerò laddove è inesplorato. Solo quando avrò trovato la mia luce potrò scacciare le tenebre che oscurano le menti.

    Osservai la figura del dottore, riconoscendo in lui un possibile mentore. Poi guardai Atshushi, indomito e risoluto, ambasciatore di potere; in lui riconobbi un’orma da seguire. L’ultimo pensiero andò a Lìf la quale, ingenua e sognatrice, aveva pensato di cambiare il mondo porgendo l’altra guancia.

    Non sapevo quando e se avrei rivisto nuovamente lo shinobi della Yami, così lo congedai a modo mio.

    Le sue gesta raggiungeranno ogni angolo di questo pianeta. La acclameranno, l’ameranno, le affibbieranno pomposi titoli. Gli stessi che giudicheranno, insulteranno e condanneranno la sua prigioniera. Nessuno di loro si curerà di comprendere chi è veramente Atshushi.

    Indugiai per un attimo sul ponteggio che ci era stato lanciato.

    Buona fortuna, senpai.

    Saltai dunque a bordo della nave che ci attendeva alla baia e passai tutto il viaggio a contemplare il firmamento, inibendo i miei pensieri e spaziando tra le stelle che lo puntinavano. Mi addormentai. All’alba fui svegliato dalla sirena che ci segnalava la costa in vista. Scendemmo e senza perder tempo ci avviammo verso Konoha. Fummo scortati al Palazzo dell’Hokage e di lì alla camera di dislocazione. Il solito tremendo meccanismo ci trasferì sulla Nova Shinigami.



    Un post che sento veramente tanto e devo ringraziare te, tisy, che hai toccato i punti giusti. Spero sia di gradimento per chi avrà il piacere di leggerlo. :rosa:



     
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    IV


    Seto:
    CITAZIONE
    Ho incontrato Lìf in un isolotto dell’arcipelago delle Cremisi. Ovviamente fu un incontro casuale il nostro; entrambi cercavamo un po’ di pace da quelle parti. Troverete contezza di quello che affermo tra le diapositive del suo monocolo fotografico. In quell’occasione ho temuto in un primo momento per la mia vita ma vivere nel timore non m’appartiene per cui ho deciso di fidarmi di lei. Avrebbe potuto uccidermi, semplicemente per evitare che ne segnalassi la posizione, cosa che tra l’altro mi risultava impossibile visto che non avevo il Seras con me. Ebbene, non l’ha fatto. Volete sapere invece cos’ha fatto? Ha condiviso con me alcuni suoi pensieri, come fa un’amica o una sorella. Sì, Lìf Arnbjørg è una ricercata; una criminale? Probabilmente sì. Ma Lìf Arnbjørg è prim’ancora una donna coraggiosa, leale ed integerrima, come poche se ne trovano al giorno d’oggi. Grazie al potere dei miei occhi ho avuto modo di guardare nell’animo di numerose persone: criminali, semplici civili, compagni shinobi, superiori. Riesco a vedere anche il tuo in questo momento. La purezza che ho intravisto in quella donna è unica.

    Atshushi rimuginò sulle parole del chuunin Akame prima di rispondere.

    < Dovresti soppesare di più le tue parole in futuro. Impara anche a discernere meglio su chi spendere belle parole.> Il suo tono era più freddo del torrente appena ghiacciato dallo Yuki. < Nel suo animo possono anche esserci arcobaleni e fate, ma per quelli che ci danno da mangiare e da vestire è una ricercata. E fintanto che continuiamo a fregiarci del loro simbolo, abbiamo un obbligo di fedeltà e obbedienza nei loro confronti. > Con un pollice indicò il coprifronte che portava a mo' di foulard. < Rinunciando ad esso, si diventerebbe dei disertori e avremmo una schiera di persone alle calcagne. C'è molta meno libertà di quanta se ne millanti in questo mondo.>

    Seto:
    CITAZIONE
    Atshushi-senpai..credo che io e lei ci assomigliamo sotto qualche aspetto. Questa è un’osservazione che farò solamente in luogo al rispetto che sento di doverle. Ci saranno tante cose di cui si sarà pentito e di cui si pentirà.. consegnare una farfalla a chi metterà dei chiodi alle sue ali, busserà alla sua coscienza ogni qualvolta guarderà dentro sé stesso.

    Ancora una volta, Atshushi si strinse nelle spalle. < Sai cosa scriverò sul mio rapporto? "In ottemperanza a quanto disposto dalla Signoria Vostra..." Per cui io sono come il braccio del boia che impugna l'ascia. Eseguo gli ordini che mi vengono impartiti e, come un pendolo, non posso oscillare al di fuori delle tracce che sono state solcate per me. Quindi non mi pento di nulla. >

    Seto:
    CITAZIONE
    Le sue gesta raggiungeranno ogni angolo di questo pianeta. La acclameranno, l’ameranno, le affibbieranno pomposi titoli. Gli stessi che giudicheranno, insulteranno e condanneranno la sua prigioniera. Nessuno di loro si curerà di comprendere chi è veramente Atshushi.

    Il jounin rimase in silenzio. "Come se mi importasse essere compreso."

    Seto:
    CITAZIONE
    Buona fortuna, senpai.

    < Avremo bisogno di tanta fortuna per la guerra che verrà. >

    *
    Atshushi rimase sull'isola, da solo. Nessuno gli fece domande. D'altra parte era un jounin veterano e in pochi avrebbero potuto dargli ordini. Quanto a Lif, venne anch'essa affidata al dottore, che la sedò con una dose di sonnifero abbastanza potente da stendere un elefante. Quando ritornarono alla base, la prigioniera venna affidata prontamente ai carcerieri, così da permettere al dottor Aido di congedare la sua squadra.

    < Non avete fatto casini e avete lavorato in silenzio. Quindi non posso lamentarmi. Considerate l'incarico portato a termine con successo. Se ve lo dovessero chiedere, il dottor Aido rilascia feedback positivi su di voi. Siete stati bravi. > Allungò il braccio verso il trio e alzò il pollice verso l'alto. Un sorriso equino stravolse la seriosità del suo viso, spazzando via quell'aurea di mistero e furbizia che lo aveva accompagnato per tutto il tempo. Li stavo prendendo in giro? Impossibile dirlo.

    Ritrasse il braccio, nascondendo la mano nella tasca. < Bene, sparite ora. >

    I chuunin stavano per congedarsi, quando il dottor Aido, con il suo tono di voce suadente, parlò ancora. < Avrò bisogno di aiuto per catalogare meglio questi reperti. Seto Akame, hai impegni per le prossime tre ore? >

    < Temo che la formosa assistente si sia già ritirata nelle sue stanze e se anche la chiamassi ora, impiegherebbe due ore per pettinarsi e sciacquarsi prima di essere qui. Maledetta vanità.>

    Seto e Aido raggiunsero l'ufficio di quest'ultimo. Una scrivania ben ordinata, una grossa libreria alle sua spalle piena di tomi e rotoli, diversi poster del corpo umano e di alcuni organi nel dettaglio sulla destra, un giradischi con diversi dischi e un mobile in metallo con diversi strumenti medici esposti.

    < Accomodati pure.> C'erano due sedie di fronte la scrivania. Scelse un disco e lo fece girare. [X]

    < Mi sembri un ragazzo sveglio.> Disse sedendosi dall'altro lato della scrivania. < I tuoi occhi leggono il mio animo, ma la mia mente capisce le persone meglio di qualsiasi arte magiche. Ti piace ciò che faccipo, vero?>

    Attese una risposta, poi riprese.

    < Quando avevo la tua età, ero molto simile a te. Ho imparato a mie spese come alcune branche della medicina non vengano ben viste dai più. Ma io ero giovane, incosciente e ambizioso. Col tempo ho imparato che la grandezza è un'esperienza transitoria e inconsistente. Essa è legata all'immaginazione umana che crea i miti. Ho sperimentato la grandezza, ma non percepivo il mito che la circondava. Così ero davvero convinto di poter diventare un luminare apprezzato in tutto il mondo per le mie ricerche. Forse avrei creato un super dna con cui permettere a tutti di avere accesso a quelle abilità a cui solo pochi eletti possono accedere. Ma questa smania di grandezza è stata la mia rovina e ora faccio il necrofilo per l'Osu, perchè nessuno si fiderebbe mai a farsi curare da me. Posso lavorare soltanto con i morti, perchè non possono muovere obiezioni. Come se davvero rubassi materiali genetico dai pazienti per creare un ninja zero con tutte le kekkei gentai del globo.>

    Fece un gesto con la mano, come a voler spazzare via una mosca. < Ma purtroppo in questo mondo siamo costantemente passati al microscopio della moralità comune, permeata dall'invidia collettiva verso il genio, e questo ci limita. Io voglio che tu non compia i miei stessi errori, pertanto, se lo vorrai, ti segnalerò a un mio collega medico. Egli ti prenderà sotto la sua ala e ti insegnerà a diventare un ninja cura ferite. Lo desideri? Promettimi solo di seguire la retta via medica e di non cacciarti nei guai. Fallo e diventerai un medico di serie B come me.>
     
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    A feast for crows
    Seto Akame





    narrato - parlato - pensato - parlato altrui



    Fu così che conobbi Atshushi Nasushimo, discendente degli Uzumaki, Jonin della Nebbia, da allora “Sterminatore di Mukenin”. Incrollabile nelle sue convinzioni, pragmatico e risoluto nel dialogo quanto nelle sue gesta. Accantonai nel cassetto dei ricordi il suo freddo sguardo, serio ed imperscrutabile. Non ne custodivo molti. Selezionavo con cura i frammenti di vissuto da tenere con me e l’inesorabile scorrere del tempo, come un setaccio, li raffinava ulteriormente, attribuendo maggior valore a quei pochi – meritevoli - superstiti.

    In un’anonima isola tra il Golfo dell’Arpione ed il Mar della Vipera, che per un gioco del destino aveva cambiato le sorti delle vite di tutti coloro i quali v’avevano messo piede quel giorno, toccai con mano la morte. Fredda la pelle dei corpi. Nauseabondo l’odore che assillava le narici. Brutale la visione delle carni. Dentro me non v’era compassione. Mi domandai in un attimo fugace se avessi dovuto averne, poi mi limitai semplicemente a prenderne atto.

    L’ampia disparità di vedute tra l’esperto shinobi di Kiri e la stravagante Lìf non faceva altro che confermarmi quanto la caotica situazione geopolitica in cui ci trovavamo condizionasse le nostre vite. Entrambi, forti delle loro esperienze, portavano avanti le loro idee. Sindacare la rettitudine dell’una o dell’altra mi risultava illogico, laddove tutto sembrava ricondursi alla più primitiva delle leggi: quella del più forte. Così l’assurda minaccia che incombeva fagocitava giorno per giorno le sfumature dell’io, caratteristiche di una società evoluta, restringendo il cerchio ad una mera opposizione tra il bianco ed il nero.

    Quando il flusso di energia ci materializzò in una delle stanze di dislocazione della Nova Shinigami un paio di funzionari, vestiti di un’insolita uniforme dai colori spenti, le quali emanavano un fastidioso odore polveroso, ci attendevano in loco. Non mi fu difficile ipotizzarne la mansione. Trasportavamo con noi, in qualità di prigioniera, la ricercata piratessa ed uno di loro reggeva tra le mani una pesante catena di nero ferro, in parte arrugginito, alle cui estremità v’erano due anelli. Questo si avvicinò facendo rimbombare l’ingombrante rumore metallico per tutta la stanza e nello stesso momento il dott.Aido, il quale reggeva il corpo sedato della ragazza, gli si fece incontro. Con non poca difficoltà si occupò di esporre i polsi della prigioniera mentre sorreggeva il suo peso morto ed Il funzionario, alzando le catene, curante più dell’efficacia che del garbo, li ammanettò. Un macigno che neanche il setaccio del tempo avrebbe potuto trattenere mai. Mi sentivo complice di una profonda ingiustizia. L’incapacità di porre in qualche modo rimedio a quell’increscioso errore mi fece sprofondare dentro me stesso, come se la pressione di quella visione mi costringesse ad annullarmi, come se quelle manette fossero state imposte anche a me. Contrariato, quasi estraneo nel mio corpo ed assente in quella stanza, non ricordo cosa accadde negli attimi successivi. Fui richiamato alla realtà solamente quando Aido pronunciò il mio nome.

    Seto Akame, hai impegni per le prossime tre ore? Temo che la formosa assistente si sia già ritirata nelle sue stanze e se anche la chiamassi ora, impiegherebbe due ore per pettinarsi e sciacquarsi prima di essere qui. Maledetta vanità.

    L’avvilente inerzia del momento mi fece pensare che assecondare la proposta del vanesio dottore fosse l’unico appiglio al quale aggrapparmi per non cedere al malessere pronto ad inghiottirmi. Con un sorriso appena accennato, di circostanza, accettai il suo invito.

    Nessun impegno, resto a sua disposizione.

    Presi a seguirlo per i corridoi illuminati artificialmente da lunghi neon posti sul soffitto. La mia mente spaziava ben oltre i limiti materiali dell’avanguardistico velivolo in capo all’OSU. Sospirai nel tentativo di alleggerirmi, almeno in parte, del peso di quei pensieri.

    Nell’area della Nova Shinigami destinata alle istituzioni mediche, a pochi passi dalla sala in cui lo conobbi, una porta ospitava una targhetta con su inciso il nome del dottor Aido. Questi estrasse una carta magnetizzata dal suo taschino ed appoggiandola al dispositivo di lettura apposito sbloccò la serratura e spingendo la porta, con un cenno di ospitalità, mi invitò a precederlo. Appena entrai fui subito allietato da un profumo dolce ed agrumato, merito di un diffusore di aromi posto su un mobiletto vicino all’ingresso. I vari poster affissi sulle pareti e le varie strumentazioni chiarivano inequivocabilmente la destinazione d’uso di quella stanza. Per di più, l’ordine e la pulizia regnavano tra gli scaffali della libreria, sul paino di lavoro della scrivania posta al centro della stanza e così per tutta la stanza, decisamente in linea con la figura dell’aitante medico ed aggiungendosi alla lista delle cose che avevamo in comune.

    Accomodati pure.

    Afferrai una delle due sedie posizionate di fronte alla scrivania e mi sedetti. Mentre Aido azionò il giradischi ed aggirava la scrivania per trovar posto al lato opposto, mi incalzò incuriosito.



    Mi sembri un ragazzo sveglio. I tuoi occhi leggono il mio animo, ma la mia mente capisce le persone meglio di qualsiasi arte magiche. Ti piace ciò che faccio, vero?

    Certo l’attenzione con la quale seguivo il suo operato non poteva passare inosservata. Quel tipo si era guadagnato il mio rispetto dunque decisi di concedergli un dialogo diretto e trasparente.

    In questi tempi difficili la vita umana assume sempre meno valore. Gli omicidi sono sempre più frequenti, non v’è più alcun remore verso coloro i quali si frappongono tra noi ed i nostri obbiettivi. Non sono fatto per giudicare le persone; rispondono ai loro istinti e la paura è uno dei motori più pericolosi. Vuole sapere di cos’ho paura io? Del tempo. Ogni secondo che passa ci avvicina inevitabilmente alla nostra morte. Non ci è dato sapere quando, sappiamo solo che è lì ad aspettarci. Per scoprire tutto quello che ci offre la vita non basta un’esistenza..forse neanche due..o tre. Io vivo per la scoperta, per la conoscenza, ne sono ossessionato, ne ho bisogno come l’aria che respiro. Potrei dirle che mi piacerebbe salvare gli altri, alleviare le loro sofferenze..la verità caro dottore è una sola: io non voglio morire.

    La verità era proprio quella. Non ero speciale, non ero migliore o peggiore di altri. Il mio interlocutore, che sembrava piuttosto coinvolto nella conversazione, dopo aver ascoltato le mie parole, proseguì.

    Quando avevo la tua età, ero molto simile a te. Ho imparato a mie spese come alcune branche della medicina non vengano ben viste dai più. Ma io ero giovane, incosciente e ambizioso. Col tempo ho imparato che la grandezza è un'esperienza transitoria e inconsistente. Essa è legata all'immaginazione umana che crea i miti. Ho sperimentato la grandezza, ma non percepivo il mito che la circondava. Così ero davvero convinto di poter diventare un luminare apprezzato in tutto il mondo per le mie ricerche. Forse avrei creato un super dna con cui permettere a tutti di avere accesso a quelle abilità a cui solo pochi eletti possono accedere. Ma questa smania di grandezza è stata la mia rovina e ora faccio il necrofilo per l'Osu, perchè nessuno si fiderebbe mai a farsi curare da me. Posso lavorare soltanto con i morti, perchè non possono muovere obiezioni. Come se davvero rubassi materiali genetico dai pazienti per creare un ninja zero con tutte le kekkei gentai del globo.

    Ma purtroppo in questo mondo siamo costantemente passati al microscopio della moralità comune, permeata dall'invidia collettiva verso il genio, e questo ci limita. Io voglio che tu non compia i miei stessi errori, pertanto, se lo vorrai, ti segnalerò a un mio collega medico. Egli ti prenderà sotto la sua ala e ti insegnerà a diventare un ninja cura ferite. Lo desideri? Promettimi solo di seguire la retta via medica e di non cacciarti nei guai. Fallo e diventerai un medico di serie B come me.


    Si rifece al breve dialogo che interrompemmo sull’isola, probabilmente intuendo attraverso la sua esperienza il mio pensiero a riguardo. Il suo discorso non faceva una piega ed il fatto che avesse vissuto quell’esperienza in prima persona avvalorava maggiormente il concetto. Nel seguire quella sorta di flusso di coscienza aggiunsi ulteriori tasselli al mosaico soggettivo che costruii della personalità di quell’uomo. Appresi come le sue manìe di grandezza l’avevano spinto ad un decadimento professionale ripercuotendosi probabilmente sull'uomo stesso. Indugiai un attimo per riflettere, soprattutto sulla richiesta formulata al finire del suo toccante ragionamento. Riorganizzai così le mie idee, stimolate dalle sue parole, per poi riprendere parola mentre mi alzavo dalla sedia per curiosare qua e là nella stanza con discrezione.

    Devo ringraziarla signor Aido. Considero un privilegio la sua decisione di condividere con me la sua storia. Vede, capisco perfettamente lo scetticismo e lo spirito conservativo delle istituzioni, davvero. Tuttavia se ognuno di noi si limitasse ad una visione che potremmo definire conformistica, non vi sarebbe spazio per l’estro, se non nelle accezioni ammesse. L’ambizione certo non mi manca ma non ho la presunzione di voler essere riconosciuto in futuro come un luminare né tantomeno un esempio. Allo stesso tempo non posso non seguire quello che sento e quello che sono. È ora di guardare in faccia la realtà. Il sig.Osamu, di cui avrà sicuramente sentito parlare, non solo ha salvato le sue figlie da un tremendo destino ma è riuscito a garantirgli un futuro tra le mura dei nostri villaggi ed a donargli un potere superiore. Continuare a guardare la scienza con una benda davanti agli occhi ci ha portato a dover affrontare le conseguenze dei nostri stessi errori, gli androidi ne sono un esempio. Per queste ragioni, con la massima umiltà e franchezza, non posso prometterle quanto mi chiede. Qualora la “retta via medica” significhi rimanere ancorati ad un’ottica retrograda e ottusa allora non sarà quella la mia via.

    Mi avvicinai alla scrivania cercando di attirare lo sguardo del biondo dottore guardandolo fisso negli occhi e appoggiai le mie mani sul fresco piano della scrivania caricando leggermente il mio peso su di essa.

    Ad ogni modo se ha capito il mio modo di essere, e penso che lo abbia capito, saprà anche che inseguirò le conoscenze di cui ho bisogno a qualsiasi costo. Questo significa che le sarei grato qualora decidesse di introdurmi a queste sotto la sua supervisione e potrà lei stesso impedirmi di cacciarmi nei guai. Ma se ciò non accadrà vi troverò accesso in altro modo. A questo punto sono io a farle una domanda: è disposto a fare di me un medico di serie A?






    Edited by ¬Seto - 6/12/2021, 14:56
     
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    Il dottore si alzò in piedi e girò intorno la scrivania.
    < Forse non sono stato abbastanza chiaro >
    Il suo tono era freddo e duro come la lama di una katana
    < Io non posso avere allievi ma soltanto segretarie dalla testa vuota. Questo è un altro tra i tanti prezzi che ho dovuto pagare per i miei errori. >
    Fece una pausa e sospiró.
    < Seto > riprese < non rovinarti per un capriccio giovanile. Sii migliore di me. Ti raccomanderò a quel mio amico e già da domani potresti essere convocato. >
    Si avvicinò alla porta e la aprì.
    < Ora vai >
    Quando il chuunin gli passò avanti, aggiunse: < Non deludermi.>
    Esame superato. Perdona per il ritardo, soprattutto perché si trattava di fare due righe visto che non mi aspettavo nemmeno di dorverle scrivere.
    Prendi il Max exp ed entri nella divisione medica
     
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    max anche per te è via
     
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