[PQ] Nightmares

Sblocco III stadio Magan

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    Laboratorio
    Foresta di Kiri


    Puntai i piedi al terreno e con questi spinsi il mio busto all’indietro sollevando le gambe anteriori della sedia, mantenendomi in equilibrio su quelle posteriori. Portai le mani dietro la nuca e, dondolando leggermente, sbuffai tediato.


    Uff..Non caverò un ragno dal buco continuando di questo passo..


    Con uno slancio riportai la sedia nella posizione più consona al suo utilizzo, poggiando nuovamente le mie suole al terreno.

    La stanza era avvolta dalla penombra. L’unico fascio di luce che l’attraversava biecamente proveniva da una fenditura in un vecchio condotto di aerazione ormai in disuso. La scrivania era illuminata da una lampada ivi poggiata, la quale soffriva di irregolari cali d’intensità dovuti ad un impianto elettrico precario ed obsoleto. Quel rifugio, ricavato da un antro naturale nel sottosuolo della selva kiriana, non fu di certo scelto per comodità ma garantiva un discreto grado di riservatezza e tutto sommato l’atmosfera al suo interno mi conciliava lo studio. Da settimane leggevo e rileggevo diversi volumi che trattavano particolari sviluppi delle abilità degli shinobi ma, per quanto mi sforzassi a comprenderle, finivo con l’arrendermi alla frustrazione di un nulla di fatto. Per di più, affiancati alle righe dattiloscritte, degli appunti la cui paternità era attribuibile al nonno, del quale avevo imparato a riconoscere la calligrafia, non facevano altro che alimentare ulteriormente le mie perplessità. Così chiusi il tomo che mi trovavo davanti, il quale emise un leggero tonfo e liberò un piccolo soffio di polvere ai suoi lati. Come tutti i componenti di quella ambigua collezione, risentiva del mancato utilizzo negli anni; dopotutto quel posto era rimasto abbandonato per circa un decennio.

    Con un click dell’interruttore spensi la lampada. Mi alzai e guadagnai l’uscita, dopo essermi assicurato con una rapida occhiata che tutto fosse in ordine. Una volta all’aperto appurai che il sole stava per tramontare. L’estate stava giungendo al termine e le giornate prendevano ad accorciarsi. Oltretutto, all’interno del laboratorio, immerso nei miei studi, risultava pressoché impossibile tenere conto del tempo che passava e a volte, come in quell’occasione, dimenticavo persino di mangiare. Mi guardai intorno per assicurarmi di essere solo. Non so perché lo facessi, non avevo nulla da nascondere. La foresta di Kiri era piuttosto fitta e con l’avanzare del buio si faceva più tetra e apparente inospitale. Pareva quasi che non accettasse intrusi, se non gli abitanti del suo stesso ecosistema. Come darle torto. Infilai le mani nelle tasche anteriori dei pantaloni e mi incamminai verso casa. Passeggiavo guidato dall’abitudine, affidando la mente ai miei pensieri nel tentativo di riordinarli.


    Siamo alle solite..continuo a spendere energie per trovare risposte a domande che fondamentalmente non dovrei neanche pormi..mi porterò questo stupido vizio nella tomba, è più forte di me; anzi, è più probabile che sia lui a portarmici..


    Casa
    Lago Ibuse


    Arrivato sull’uscio di casa il sole aveva ormai congedato il nostro arcipelago lasciando l’egemonia del cielo ad una luna in fase calante, accompagnata dalle sue amiche stelle, le quali, grazie alla distanza dalle luci del centro cittadino, erano ben visibili e si rispecchiavano nelle fredde acque del lago Ibuse. I suoni della natura sembravano scandire il tempo in quell’angolo di mondo che avevo scelto come casa; flora e fauna unite come in un’orchestra: la mia, personale. Quello spettacolo che ogni sera mi si riproponeva non l’avrei mai dimenticato in vita mia.

    Durante la cena, in solitudine come di consueto, come spesso mi capitava in quell’ultimo periodo, pensai ai miei genitori, partiti in missione da ben più di qualche settimana. L’equilibrio tra le parti, per lo più mantenuto dalla necessità di studiarsi e prepararsi, sembrava pronto a spezzarsi da un momento all’altro. Qualcosa si muoveva nell’ombra. Non avevo mai messo in dubbio le possibilità di rientro dei miei ma con il passare del tempo anche le mie convinzioni cominciavano a vacillare. Nonostante mi lasciassi andare molto raramente in sentimentalismi, sentivo il bisogno di riabbracciarli. Di quel mio umore, di certo non dei migliori, risentiva il mio appetito, così come gli allenamenti ed il sonno. Lasciai a metà quel pasto e, dopo aver passato una buona mezz’ora a contemplare la natura sotto il piccolo porticato di casa, rientrai per tuffarmi sul mio letto. Necessitavo seriamente di riposo. Un incubo ricorrente tormentava le mie notti. Chiusi gli occhi con la speranza di trovare un po’ di pace.





     
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    *COUGH* *COUGH*


    Carponi, con i capelli che mi accarezzavano le guance fino ad adagiarsi su un terreno falcidiato da chissà quali brutalità, ansimavo smarrito, completamente fradicio e con gli occhi colmi di lacrime, tanto da non riuscire a trattenerle. Era notte e la pioggia scendeva regolare. Una forte sensazione di impotenza mi opprimeva il petto. Un odore nauseabondo di interiora umane in putrefazione accompagnato da altrettanto disgustose note di zolfo mi penetravano le vie respiratorie. Alzai lo sguardo e davanti mi si presentava uno scenario apocalittico raccapricciante. La strada sulla quale poggiavo mani e ginocchia, che a stento riconobbi come la via principale di Kiri, era letteralmente ricoperta di cadaveri squartati le cui viscere sguazzavano nel fango e su quel poco di ciottolato che non era saltato via.


    C-cosa s-succede? Co-come sono finito qui?!?! Piagnucolai.


    Urla strazianti di dolore e disperazione iniziarono a martoriarmi i timpani. Provenivano da tutte le direzioni e mi sentì costretto a tappare con forza le orecchie, scuotendo il capo disperato. Alcuni di quei corpi presero a muoversi, trascinando le budella sanguinanti al loro seguito, aiutati soltanto dalla forza delle braccia. I loro occhi, in preda alla paura, mi supplicavano sin più delle loro voci. Pervaso dal senso di impotenza che mi impediva ogni movimento mi lasciai andare ad un lamento quasi disumano.


    ..non riesco a ricordare..c-chi ha potuto?!..fare tutto questo..


    Sbattei i pugni sul terreno rabbiosamente. Non riuscivo a capire come fossi finito in quella situazione e per questo mi sentivo in qualche modo responsabile. Alzai lo sguardo per la prima volta più in su della strada. Gli alti palazzi del centro cittadino di Kiri erano al collasso. Lunghe e dense colonne di fumo nero fuoriuscivano dalle numerose finestre infrante. Le fiamme ardevano illuminando la notte e mettevano seriamente in crisi la solidità di quelle strutture. Alcune di loro avevano già ceduto, altre stavano per farlo. L’intero villaggio era in ginocchio. Ma chi era il responsabile? E dov’erano i miei compagni?

    Rimasi ulteriormente sbigottito quando mi accorsi che, oltre i grattacieli, una serie di androidi con le braccia conserte, l’uno a fianco all’altro, troneggiavano sulla capitale della Nebbia con un ghigno malefico stampato sul volto. La loro mole era spropositata e alimentavano vertiginosamente la mia sensazione di impotenza. Era come se il destino di Kiri fosse stato irrimediabilmente tracciato verso un triste epilogo. I cyborg. Dunque erano loro i responsabili di quell’attacco. Avevano avuto la meglio sugli shinobi? Possibile che fossi l’unico sopravvissuto?


    Cosa..?


    L’aeronave dell’OSU. Volteggiava lentamente, come suo solito, nel cielo sopra la mia testa. Cosa ci faceva lì? Sembrava ignorare la situazione; come se nulla fosse accaduto.

    Dovevo reagire. Con le gambe che tremavano mi misi in piedi e barcollando per qualche metro sbraitai, con la voce rotta dalla sofferenza, verso quel velivolo.


    EEEEEHHII!!! EEEEEEEEEHI!! AIUTOOOOOO!!!!! FATE QUALCOSA!!!!!!


    Barcollavo. Quel senso di impotenza mi annichiliva. Un sentimento così grande che mi impediva di ospitarne altri. Rancore, odio, paura, senso di colpa. Tutti egualmente legittimi in quella situazione. Dai miei occhi iniziarono a sgorgare lacrime di sangue. I poteri demoniaci si attivarono autonomamente. Intorno a me sentivo solo disperazione.



    Non può finire così..



    Mi svegliai di soprassalto. Sudato, con un battito cardiaco decisamente accelerato e in iperventilazione. Impiegai una ventina di secondi a ristabilirmi. Guardandomi intorno constatai che tutto era in ordine nella mia stanza. Il solito incubo. Tormentava regolarmente le mie notti da quasi una settimana. Sempre lo stesso. Ingigantiva il mio tormento interiore, mettendomi a nudo davanti a quello scenario apocalittico. Il mondo onirico, per quanto non ne conoscessi le meccaniche, tentava ancora una volta di dirmi qualcosa, di spingermi a riflettere. Le risposte erano in qualche modo dentro di me, lo sentivo. Kiri, i cyborg, l’aeronave ed i civili innocenti, avevano tutti il proprio ruolo all’interno del mio universo.


    Non diventerà mai realtà. Non lo permetterò mai.


    Sotto un gelido getto d’acqua, che dava ristoro ai miei pensieri e al mio corpo, trovavo finalmente un po’ di relax. Il suono del campanello intervenne inaspettatamente non appena misi piede fuori dalla doccia.





     
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    Appoggiai addosso l’accappatoio annodando la cintura all’altezza del busto e dopo aver dato una rapida sistemata alla mia fluente chioma di capelli, mi precipitai al piano inferiore per accogliere il mio visitatore. Quando aprii la porta venni investito da un’emozione travolgente che mi riempì il cuore.

    I miei occhi si spalancarono ed al loro interno le iridi si ingrossarono, sorprese e compiaciute per la visione configuratasi dinanzi. Dall’altra parte, infatti, con un tenero sorriso, contornata dello splendido paesaggio mattutino di quella naturale oasi, ove il lago Ibuse trovava dimora con le sue acque, si trovava la mia dolce mamma Anko.


    Mamma-seto-Miyako-Matsuoka




    I miei familiari erano le uniche persone al mondo per le quali riuscivo a provare sentimenti che mi smuovevano l’animo. I loro recenti impegni li avevano tenuti lontani. Mi gettai tra le sue braccia, appoggiando il mio capo tra i suoi capelli rossicci e nelle mie narici si insinuò l’inconfondibile profumo della sua pelle. Delle note di vaniglia e albicocca, calde e intense che potrebbero scaldarti l’animo persin nel più glaciale degli inverni. Mi sentivo al sicuro. Il mio temperamento freddo e distaccato si sgretolava di fronte a quella donna. Allontanandomi presi le sue spalle con le mie mani e guardai i suoi occhi cremisi, visibilmente emozionati. Ad un sorriso che sembrava contenere tutta la comprensione e l’affetto del mondo, seguì la sua candida voce.

    Anko: Ciao Seto. Mi sei mancato. Caspita! Sei cresciuto.. e vedo che hai deciso di farti crescere i capelli.

    Sorrisi e nel frattempo il mio sviluppato udito captò l’avvicendarsi di passi lungo il perimetro della mia abitazione. Mi affacciai sul porticato e, nel giro di pochi secondi, vidi la figura di Noburo Akame, mio padre, sbucare dall’angolo. Portava un poncho nero che non avevo mai visto da cui uscivano solamente parte degli arti superiori ed inferiori. Abbigliamento decisamente inusuale, pensai.

    Noburo: Ehi campione! Mi hanno detto che ti sei fatto valere ultimamente! Sorrise ammiccando.

    Ero veramente felice di rivedere i miei genitori, tornati sani e salvi dalla missione in cui erano stati coinvolti, e sospirai come se la mia coscienza si fosse liberata da un peso.

    Noburo: Allora?! Ci fai entrare o dobbiamo rimanere qua fuori?!

    Spinsi la porta per concedere un più agevole accesso per l’ingresso. Anko mi superò per prima, così alzai il braccio invitando il mio vecchio ad un simpatico gesto di fratellanza che evitò abbassando la testa e proseguendo oltre. Ebbi come l’impressione che l’avesse fatto di proposito e mi suonò come un atteggiamento alquanto ambiguo. Si dice che due indizi sono una coincidenza ma mi aspettavo il terzo di lì a poco. Ad un attento osservatore come il sottoscritto non potevano sfuggire tali particolari, soprattutto se questi riguardavano mio padre, con il quale avevo condiviso 15 anni della mia vita.

    Ci accomodammo nella mia ampia cucina. Portai a bollore l’acqua per poi versarla in una teiera di ghisa. Appoggiai tre tazze sul tavolo insieme ad una selezione di infusi che avevo acquistato accuratamente da un bazar del centro.

    Sono contento che siate qui. Mi aspettavo un messaggio per il vostro ritorno..

    Mio padre, Noburo, prese la parola in risposta, sfilandosi i guanti e mostrando le sue braccia che erano completamente avvolte da una vistosa fasciatura. Ecco il terzo indizio a far la prova.

    Noburo: Hai ragione Seto. Ebbene..io e Anko siamo rientrati prima del previsto. Come saprai non posso rivelarti i dettagli della missione né il contesto nel quale operavamo con la nostra squadra. Ad ogni modo è giusto che tu sappia..

    Afferrò la teiera e iniziò a versare l’acqua bollente nella sua tazza, nella quale aveva precedentemente poggiato una bustina di thè, la quale iniziò a sprigionare il suo aroma.

    Noburo: Ci trovavamo in una posizione delicata e siamo caduti vittima di un’imboscata. Un androide ci ha attaccato. Uno di noi non ce l’ha fatta mentre noi altri ci siamo difesi e siamo riusciti a metterlo in fuga. Come vedi porto questa fasciatura che mi copre tutto il corpo.

    Si sfilò il poncho ed il bendaggio, dapprima visibile solamente fino agli avambracci, in realtà proseguiva fin sotto al suo giubbotto tattico. Ascoltavo le sue parole con apprensione ed in rispettoso silenzio per far si che proseguisse.

    Noburo: Il nostro assalitore è un esperto in tecniche di sigillo e durante il combattimento si è avvalso di una tecnica a noi attualmente sconosciuta che mi ha prosciugato le riserve di chakra. Il supporto medico di tua madre è stato fondamentale per me. In un primo momento, quando ci siamo liberati di lui, pensavamo che con del riposo e delle cure tutto sarebbe tornato come prima. In realtà il mio sistema circolatorio pare inibito e non c’è stato verso di farlo riprendere. Siamo arrivati a Kiri un paio di giorni fa e sono stato visitato dalla più preparata equipe dell’istituzione medica. Potrò proseguire la mia vita in tranquillità..ma non potrò più utilizzare il chakra..per il momento.

    Quella notizia mi scosse profondamente. Una sensazione di angoscia mi attanagliò i sensi.



     
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    Conoscevo Noburo come le mie tasche. Avevo sempre ammirato il suo senso del dovere ed il suo forte spirito di attaccamento verso il villaggio. Per lui il lavoro, la famiglia ed il villaggio erano tutto. Non riuscivo neanche ad immaginare quanto questo evento avrebbe impattato sul suo animo. Uno shinobi esperto nelle arti magiche come lui privato delle sue arti magiche. Pensai che probabilmente avrebbe preferito morire in quel momento piuttosto che subire quanto gli era accaduto. Mia madre, in quanto ninja medico, intervenne per spiegare meglio la questione.

    Anko: Il punto è che non si riesce a capire quali siano i meccanismi che impediscano al sistema circolatorio di riprendere la sua attività. Qualsiasi forma di aiuto esterno viene consumata prima che faccia effetto. Solitamente, quando si conosce il funzionamento delle tecniche subite, si cerca di innescare un processo inverso. Vien da sé che non conoscere la particolare tecnica utilizzata dall’androide sia il nostro più grande ostacolo.

    Passeggiai nervosamente intorno al tavolo. Cercai di immagazzinare quanto avevo sentito e provai ad elaborare un mio pensiero a riguardo. La situazione, così come mi era stata posta, era piuttosto chiara e decisamente complicata. Mi fermai alle spalle di Anko e le appoggiai una mano sulla spalla. Ritrovai la calma e la lucidità delle quali spesso mi avvalevo.

    È chiaro che ci troviamo davanti ad un nemico che non si fa scrupoli. Ma di questo ne abbiamo avuto contezza già in precedenza. Il punto però è un altro. È altrettanto vero che questi cyborg, così come le loro abilità, sono il frutto di un processo di ricerca e sperimentazione avanzatissimo. Mi viene da pensare che al momento i nostri sforzi non sono sufficienti. Ho scelto la Yume per avere la possibilità di capire cosa si nasconde dietro la follia di Fury. Per quanto in tutta questa storia ci siano numerosissimi lati oscuri, dobbiamo sfruttare quei pochi punti positivi. L’ignoranza, sacrosanta, anche in campo medico, che ci impedisce di aiutare mio padre è un pretesto per migliorarci. Sto studiando molto ultimamente. E sono giunto alla conclusione che dobbiamo disfarci dei troppi vincoli morali, ormai arcaici, che ci impediscono di sviluppare le nostre arti. Penso che la liberalizzazione del sapere possa portarci a combattere ad armi pare; viceversa saremmo monchi.

    Noburo, che aveva ascoltato attentamente il mio discorso, sorrise amaramente e recplicò.

    Noburo: Parli proprio come tuo nonno..*mpff* Quelli che tu chiamo vincoli sono in realtà regole che ci hanno permesso di mantenere un equilibrio in tutti questi anni. Non ci metteremo al loro squallido livello. La nostra forza è proprio questa. Finchè saremo uniti ci saranno tantissimi altri shinobi a prendere il mio posto e io non vedo l’ora di farmi da parte per dar loro modo di difendere con onore quanto io ho sempre difeso in questi lunghi anni di servizio. Certo continueremo ad evolverci, ad imparare, anch’io lo ritengo fondamentale. Ma il modo in cui ne parli non mi piace per niente, te l’ho già detto più volte.

    Lo interruppi per ribattere, stizzito.

    Unione?! Credi che io possa credere a questa farsa?!?! Sono stato anch’io là fuori. Ti sei mai reso conto di quante ingiustizie commettiamo nel nome del “bene”?! Pensi che se e quando usciremo da questi conflitti, non torneranno a uccidersi l’un l’altro per i propri interessi?! Probabilmente lo stanno ancora facendo..Se pensi che permetterò che le cose si ripetano con gli stessi errori di sempre ti sbagli di grosso..Il nonno ha dato la sua vita per il cambiamento, per aprire le vostre menti; l’avete trattato come un appestato. E adesso? Cos’è cambiato?! Non fatemi ridere..

    Anko posò una mano sulla mia e intervenne.

    Anko: Basta così. Non voglio sentire mai più questi discorsi in famiglia. L’importante è che tuo padre ora stia bene e che ci siamo riuniti. Affronteremo le difficoltà uniti, come sempre.

    L’aria in quella stanza si era fatta effettivamente troppo tesa. Era evidente come la disparità di vedute tra di noi finisse per rovinare i nostri momenti di convivialità, in ogni occasione. Non mi sentivo compreso e allo stesso tempo giudicato. Forse mi sbagliavo davvero ma ero così convinto delle mie idee che mi sarei spinto ovunque pur di inseguirle con o senza l’approvazione della mia famiglia. Sentivo di non poter più sopportare il peso dell’omologazione indotta dal finto perbenismo della società. A volte pensavo che fosse più facile per me pensarla in quel modo; per accettare le mie ossessioni e le mie turbe. Forse ero un debole. Semplicemente invidiavo l’ideale di libertà che la piratessa Lìf mi aveva fatto scoprire e non intendevo colpevolizzarmi per questo. Vivere una vita per farsi accettare dagli altri o viverla assecondando i propri istinti più reconditi. Questo era il vero dilemma. Un’idea me l’ero fatta.




     
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    Adesso? Ti farai davvero da parte?

    Noburo iniziò a sorseggiare il suo thè, dopo aver soffiato più volte sulla bevanda.

    Noburo: Per il momento resterò a disposizione dell’ufficio del Mizukage e darò una mano qui a Kiri. Qui al villaggio c’è bisogno di portare avanti tutte le attività che ultimamente vengono date un po’ troppo per scontate vista l’alleanza. Nel frattempo rimarrò sotto l’osservazione dell’istituzione medica in attesa di eventuali risvolti.

    Continuò a sorseggiare e nella stanza calò un imbarazzante silenzio. Certo non era il ricongiungimento familiare che ognuno di noi si aspettava. La vita ci metteva di fronte a continue prove, via via più dure, in un cammino sì ricco di insidie ma indubbiamente meritevole d’esser percorso con orgoglio.

    Noburo: Ma veniamo a te ora. Sei un Chunin adesso e so che ti sei cimentato in qualche missione ultimamente.

    Si alzò dalla sua sedia e si diresse verso il corridoio che portava alla porta d’ingresso. Una volta sul posto si voltò nella mia direzione e con un sorriso irriverente mi invitò a seguirlo.

    Noburo: Perché non usciamo fuori e mi mostri quello che sai fare? Pensi che dopo quello che è accaduto tu possa riuscire a sconfiggermi? Dubito fortemente..ma nel caso tu voglia dimostrarmelo..prego, accomodati.

    Non mi erano mai piaciute le sfide. Se pure ero solito punzecchiare i miei interlocutori, ed evidentemente avevo ereditato quel tratto di carattere proprio dal mio vecchio, mi lasciavo difficilmente influenzare delle provocazioni. Ciò nonostante, un po’ di allenamento non mi avrebbe di certo fatto male e dopotutto potevamo finalmente render più piacevole e divertente quella situazione. Prima di raggiungerlo all’esterno rassicurai la dolce Anko, nel tentativo di strapparle anche un sorriso.

    Tranquilla, non finirò l’opera che quei pezzi di latta hanno iniziato.

    Seguii dunque Noburo all’esterno; si stava sgranchendo le gambe nello spiazzo erboso che separava la mia abitazione dalle acque del lago. Il combattimento era già iniziato, almeno dal punto di vista dialettico, così risposi a tono.

    Sei ancora in tempo per ritirarti e goderti la pensione. Però se vuoi un ultimo giro di giostra..non sarò di certo io a negartelo.

    La situazione risultava molto controversa nei miei pensieri. Ero sicuramente elettrizzato dalla possibilità di tornare ad allenarmi con il mio vecchio ma d’altro canto non potevo non considerare le sue condizioni. Impossibilitato ad utilizzare il chakra, fonte delle sue più grandi abilità, mi trovavo di fronte ad un avversario ben al di sotto delle sue potenzialità, e questo mi infastidiva.

    Ci studiammo per qualche secondo dopodichè partii all’attacco lanciandomi frontalmente verso il mio vecchio. Partì una colluttazione e dopo un rapido scambio di colpi venni investito da un calcio molto potente che mi fece ruzzolare a terra. Utilizzai la Tecnica del Velo di Nebbia così da testare il livello dei nostri sensi, escludendo di fatto la vista. Impugnai un kunai e fui in grado di intercettare una serie di spiedi, coadiuvato dal mio udito sviluppato. Con un balzo all’indietro indirizzai il mio flusso di chakra verso le piante dei miei ed una volta atterrato sulla superficie acquatica del Lago Ibuse vi rimasi in piedi. Camminai con cautela verso il centro del lago. Chiunque avesse messo piede su quelle stesse acque non sarebbe sfuggito al mio udito.

    Noburo: Sei molto astuto..devo ammetterlo.

    Captai la direzione di quelle parole ma non feci neanche in tempo a organizzare un’offensiva che, esattamente dalla direzione opposta, cioè dietro le mie spalle, il Jounin di Kiri mi soffiò tra i capelli e con una gomitata al centro della schiena mi spezzò la guardia e con lei il flusso di chakra ai miei piedi. Affondai quindi nelle acque del lago e fui subito raggiunto dall’inconfondibile filo metallico del kobashot il quale mi si avvinghiò sul busto bloccandomi anche le braccia. Mi avvalsi della Tecnica della Sostituzione Acquatica per sfuggire a quella presa e tornai allo stato solidio una volta sulla superficie.

    Noburo: Se continui ad aver pena di me prenderai solamente tanti schiaffi.




     
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    Sapevo che mio padre fosse uno shinobi dalle indubbie qualità e che, proprio come me, prediligeva le arti magiche. Non mi sarei mai aspettato che fosse altrettanto preparato nello scontro fisico come si dimostrò in quell’occasione. Forse stava proprio lì la differenza tra un ninja esperto come lui ed uno che di strada ne aveva ancora da fare come me.

    Iniziai a sentire dentro di me un fuoco ardere. Rabbia, vendetta e apatia si unirono per dar vita ad un sentimento prorompente. Non riuscivo ad accettare il fatto che Noburo Akame si arrendesse a diventare nient’altro che un comunissimo dipendente dell’ufficio del Mizukage. Per assurdo, era come se stessi decidendo di prendermela con lui stesso per quello che gli era capitato. Irrorai i miei bulbi di chakra, questa volta con più intensità, legando quel profondo sentimento a quella stessa azione. I miei occhi demoniaci risposero all’impulso e si attivarono, concedendomi un potere di gran lunga superiore al solito. Vidi negli occhi di mio padre del sollievo e lessi nel suo animo la sua intenzione a spronarmi per tirar fuori tutta la mia energia.

    È questo che vuoi?!?! E adesso cosa vuoi che faccia?!?! Vuoi che metta fine alle tue stupide sofferenze?!?!

    Richiamai nuovamente la nebbia intorno a noi, dopodichè sfruttai la Tecnica del dissolvimento floreale per nascondere ancor più la mia posizione. Con i sigilli di Cinghiale, Cane e Pecora sollecitai un’ingente mole d’acqua dal Lago Ibuse per richiamare un Torrente Distruttivo e indirizzarlo verso un inerme Noburo, ormai ben identificato dal potere dei miei occhi. Lo vidi saltare all’ultimo ma, avendo preventivato la sua mossa, allargai la mia bocca verso la sua direzione e da questa partirono più di un paio di lunghi serpenti che lo catturarono in volo avvinghiando entrambe le braccia e le gambe. Avvicinai i palmi delle mie mani l’uno all’altro e vi concentrai all’interno una buona quantità di chakra, servendomi dell’elementalità del Fuuton. Quando fui pronto le protesi verso il mio bersaglio.

    Kami Oro..

    Proprio mentre stavo per scagliare uno dei miei attacchi più distruttivi, si innalzarono dal terreno due sezioni di terra, le quali congiungendosi mi catturarono. I miei serpenti furono spezzati e di conseguenza si smaterializzarono, lasciando la presa sul Jounin il quale atterrò senza problemi. Mi resi conto in quell’istante che avevo perso il controllo delle mie azioni, accecato dal risentimento. Fortunatamente Anko aveva posto rimedio a quella situazione, come sempre del resto. Prima di tornare a vedere la luce, cioè negli istanti prima che la Tecnica della Bara di Roccia venne rilasciata, tornai alla lucidità.

    Noburo: Allora non sei solo astuto.. dichiarò mentre con un sorriso si grattava la nuca.

    Indispettito dalla piega che aveva preso quella giornata, necessitavo di solitudine per poter riflettere. Così senza mezzi termini ribattei.

    Tu invece sei solo uno stupido ottimista. Comunque io torno dentro, ho delle cose da sbrigare.

    Mentre camminavo verso l’ingresso mia madre mi si rivolse.

    Anko: Il mondo non è un posto giusto Seto! Persino noi che siamo i tuoi genitori non lo siamo in qualche occasione. Ma non ti servirà a nulla covare dentro di te le frustrazioni. La famiglia, il villaggio, l’OSU, servono anche a questo.

    Chiusi la porta alle mie spalle, mi diressi al piano superiore e mi tuffai sul letto spingendo la faccia sul cuscino.

    Aiuterò il mio vecchio. Tornerà ad essere un grande shinobi.

    […]

    Quella notte, stremato dalle fatiche psicologiche della giornata, mi addormentai con l’aiuto di un infuso. E durante il sonno..


    Subconscio
    Mondo onirico


    Continuavo a sentire la disperazione. Fiamme, sangue, carne e calcinacci. Sentendomi osservato mi voltai alla mia sinistra. All’ingresso di un vicolo una figura conosciuta.

    Tu..

    Il ninja misterioso. Quel vigliacco che aveva approfittato della bambina per ingannare me e il mio caro ordine dei serpenti. Con la sua maschera in viso ed il suo sguardo tagliente mi fissava. D’un tratto si girò su se stesso e prese a correre, scomparendo dietro un angolo.

    Non mi scapperai questa volta!!

    Iniziai a rincorrerlo. Grazie ai poteri del Magan mi era più facile tenerlo d’occhio. Un sibilo si insinuava nelle mie orecchie ad ogni svolta. Come se un enorme serpente mi stesse affiancando. Rimasi concentrato sul mio obbiettivo e dopo un estenuante inseguimento, nel quale evitammo roventi massi in caduta dai palazzi e corpi striscianti al suolo, ci ritrovammo in un vicolo cieco.

    Ti ho in pugno farabutto!

    Il sibilo si fece più intenso fin quando non lo sentì chiaramente avvicinarsi a gran velocità alle mie spalle. Mi sentì travolto da un’energia inquantificabile, tanto che il mio corpo sembrava non riuscire a contenerla. Allargai le braccia e spalancai occhi e bocca. L’energia si liberò come fasci di luce da questi e investì tutto quello che gli si trovava di fronte. Il ninja misterioso, i cyborg e l’aeronave si dissolsero ma non solo. Le strade tornarono a ricomporsi, così come i palazzi; nessuna traccia di cadaveri o di sangue.

    Cos..cos’è successo??


    To be continued..







    Edited by ¬Seto - 4/11/2021, 22:21
     
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