Il vento gelido dell'Ovest

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    Narrato | « Parlato Tatsuya » | - Pensato - | « Parlato Madre »



    Ormai non smetteva di piovere da giorni e quasi non sembrava provar fatica alcuna, anzi, continuava a cadere con una forza incredibile ed impetuosa, impattando sulle strade di quel lurido Villaggio che ospitava la mia tribù. Eravamo in numero modesto, né tanti né troppi. Quella fastidiosa pioggia battente picchiava prepotente sul vetro di una piccola finestra della mia stanza, provocando le mie furie e destabilizzando tutta la concentrazione che mettevo nello studio. Probabilmente ero fra i pochi che investivano tutte le proprie forze nello studio di un arte che alla nostra nascita, nemmeno parrebbe pensabile. Noi che nasciamo con delle deformazioni genetiche ben troppo visibili, in sostanza eravamo un popolo che sa come distinguersi dalle masse. Difatti nacqui ad Ishivar, il Paese delle Speranze e come tutti, possedevo delle mancanze. La mia nascita fu' particolare ed emozionante allo stesso tempo, unita poi a della pressante preoccupazione da parte di tutti coloro che attendevano un nostro grido. Non fu certo il miglior modo di presentarsi al mondo, giacché noi due - io e mia sorella - nascemmo prematuri e ciò compromise il nostro Destino. Gemelli eterozigoti, maschio e femmina, due esseri con caratteristiche differenti ma avevamo lo stesso cuore. Com'era possibile? Difatti era impossibile ma ella, era la cosa che più avevo di prezioso al mondo. Il mio secondo cuore. Fu lei che vidi quando riuscì a riaprire le palpebre, scrutandola attraverso una cupola di vetro posti sotto costante osservazione da diversi medici che spingevano la nostra salute a raggiungere il tetto massimo. Un braccio ed una gamba destrorsi, io. Un braccio ed una gamba manca, lei. Ciò rendeva la nostra storia ancor più buffa ed entusiasmante. L'uno completava l'altro.

    « Vuoi qualcosa da mangiare? »

    Ed ecco la seconda figura più importante della mia vita. Yuki, mia madre. Ella era la donna più affascinante che avevo visto in tutta la mia breve vita. Bella come l'alba vista dalle terre d'Ishivar. I suoi capelli corvini cadevano sulle sue spalle come cornice di un quadro, abbellendo ancor di più il suo viso angelico e perfetto in ogni sua linea e forma. Ruotai il capo non appena riuscì ad udire la sua soave voce, discostandolo da quella visione cosi deprimente che quel Villaggio sapeva indossare nei giorni di pioggia. Nacque un sorriso in volto mio, proprio mentre i nostri sguardi s'incrociarono.

    « Si grazie, meglio che faccia una pausa o altrimenti mi esplode la testa »

    Mossi teneri passi verso mia madre, spostandomi dalla piccola finestra verso la porta della mia camera e cosi fece anch'ella. Incrociammo le nostre figure al centro della stanza, proprio nei pressi di una modesta scrivania ove libri e quaderni vi erano sopra appoggiati, la mia personale fonte di conoscenze. Allungai entrambe le leve superiori verso quel delizioso piatto che accompagnava alcuni biscotti con sopra delle piccola scaglie di cioccolato. Amavo terribilmente tutto ciò che era dolce, quasi alla follia. Raccolsi con la stessa velocità di un feroce predatore la mia "preda", appoggiandola poi sulla scrivania, non prima di averle dedicato un piccolo spazio dove poggiarsi. Portai l'indice ed il pollice della man dritta verso uno dei numerosi biscotti, trattenendolo proprio nel bel mezzo delle due dita della mano e sollevandolo dal freddo piatto. Lo adagiai delicatamente sulle labbra e poi gli diedi un piccolo morso.

    « Buoni. Come sempre! »

    Le sorrisi nuovamente, quasi come se fosse l'unico Sole ad apparire quel giorno. Ne mangiai uno ed un altro ancora, nulla potevano contro le mie violenze. Diedi un rapido sguardo all'orologio affisso sulla parete destra della stanza e rimasi meravigliato quando mi accorsi dell'ora che quel dì aveva raggiunto. Erano precisamente le diciassette in punto ed avevo trascorso quasi l'intero giorno sui libri, senza nemmeno essermene reso conto. Forse questa particolarità era un difetto del mio essere, cercavo sempre la perfezione in tutto e quando ero fermamente convinto di raggiungere un obiettivo, nulla poteva farmi crollare. Sospirai, dando un attimo di riposo a quei dolci biscotti, sollevando poi leggermente le spalle verso l'alto come a voler far rilassare i muscoli superiori del corpo, specialmente le spalle ed il collo.

    « Non dovresti passare tutto questo tempo sui libri »

    « Lo so ma sai come sono fatto. Non voglio far sfigurare Raden »

    « Raden è molto orgoglioso di te, lo sai. Capisco cosa provi ma non devi assolutamente trascurare la tua salute »

    Mi accarezzò d'improvviso i capelli, agitando la sua man dritta in un modo tenero e romantico. Sorrise e quell'unico gesto, diede valore a quella giornata. Vederla felice e sorridente rendeva giulivo anche me stesso. Non era facile vivere in quel Villaggio per la mia tribù. Certo non vi erano attentati alle nostre vite ma era comunque imparagonabile la nostra attuale esistenza con quella libera e fiera d'Ishivar. Tuttavia vi erano alcuni miei coetanei che proprio non sembravano amare quelli come me, andando a rappresentare una fetta di popolazione che faceva della stupidità la sua arma. Non era facile nemmeno contrapporsi a quelle violenze, giacché mi superavano in numero e subivo i loro colpi anche per non rendere posizione difficile al capo tribù, Raden.

    « Ciò mi rende molto felice, per questo non voglio creargli nessun problema ed inoltre voglio diventare forte come lui. Anzi, un giorno lo supererò e farò in modo che il nostro popolo ritorni alle sue terre »

    Quelle parole non erano dettate da un ragazzino saccente e stupido. Credevo fermamente in quello che sostenevo e avrei messo tutto me stesso per raggiungere un tale obiettivo. Volevo assolutamente far tornare le cose come prima, liberando le mie amate terre da quel lurido folle che le aveva occupate e trasformate in un inferno. Ishivar era, per me, come il paradiso. Come la mia salvezza, una fortezza e la mia pace assoluta.
     
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    Ricordo ancora i giorni felici e spensierati di quelle terre, anche se in parte, furono anch'esse difficili da sopportare per un ragazzino nato con delle malformazioni. Dalle nostre parti era una cosa normale nascere con delle diversità, ma non lo era conviverci. Per via della mia nascita prematura e quasi mal riuscita, non potei fin da subito istaurare un rapporto con la tanto famosa Protesi Auto-Chakra. Eravamo controllati anche a distanza di anni ed osservare la felicità degli altri bambini nel riuscire a manovrare quegli arti cosi abilmente, gli stessi che mancavano alla loro nascita, lasciava dentro di noi una ferita aperta. Nessuno pensava che fossimo in grado di superare i cinque giorni di vita, giacché un pulcino appena nato possedeva più forza di noi gemelli ed era messo anche meglio in fatto di salute. Eppure, ogni tanto, i miracoli avvengono. Forse fra tutti gli Dei in cui il mio popolo crede, uno di loro, dall'alto della sua saggezza, ha provato compassione nei nostri confronti ed ha voluto darci questa grande possibilità. Difatti superammo ogni aspettativa, ringhiando al mondo intero con tutte le forze in corpo, seppur - in due - non era paragonabile a quella di un animale in punto di morte. Le nostre vite vennero accolte dagli Dei, potevamo banchettare con loro e ringraziarli di gran cuore una volta morti. Fummo catapultati in questo caotico mondo in un tempo che aveva tradito le aspettative dei più esperti ma l'essere differente, può avere i suoi privilegi. Fummo marchiati in quello stesso giorno e da allora, sapevamo che molte sfide ci attendevano ma le avremmo affrontate con la stessa forza con cui abbiamo stretto le nostre vite, impedendo a chiunque di ostacolarci.

    « Per il momento faresti bene a pensare solamente alla tua salute. Piuttosto, come va con la protesi? Ti fa ancora male? »

    Ricordo ancora la prima volta che essa venne a contatto con la mia pelle e le mie ossa. Probabilmente non dimenticherò mai quella sensazione e quell'incredibile dolore che quasi cercava di farmi uscire il cuore dal petto. Avevamo esattamente quattro anni quando, io e mia sorella, fummo pronti per l'innesto. Passammo tutti i giorni della nostra vita visitando una volta al giorno le tende adibite al lavoro dei medici e con gioia, potevamo osservare i nostri corpi riprendere la forma perfetta. Con una vivacità immane, affrontammo quel dì cosi speciale e quasi ci sembrò nascere per una seconda volta. Il dolore che sopportammo fu solamente un piccolo sacrificio da pagare ma quello che ottenemmo, fu meraviglioso oltre ogni limite. Finalmente possedevamo entrambi due braccia e due gambe. Finalmente potevamo sentirci uguali agli altri e non permettere all'invidia d'invadere i nostri cuori.

    « A volte. Non spesso come prima ma ogni tanto torna a fare male »
    « Va bene, riposa che domani hai una visita di controllo e ricorda di non strafare. Buonanotte »
    « Si non preoccuparti. Notte »

    Ricordo, inoltre, la prima volta che riuscì a manifestare un fievole controllo del chakra, proprio grazie ai nuovi doni ricevuti. Le nuove protesi calzavano a pennello ed ero cosi felice che quasi dimenticai gli infernali anni precedenti. Fu precisamente in un caldo giorno, proprio mentre eravamo soliti seguire gli insegnamenti di Raden. Le parole dell'uomo conquistavano i nostri cuori e riempiva le nostre menti che tanto amavano fantasticare ed immaginare cosa effettivamente si celava nel mondo. Più seguivamo le sue lezioni, più diventava semplice capire cosa realmente fosse il chakra, quell'energia presente in tutti noi ma che solo grazie a quelle protesi potevamo manifestare. Ed io riuscì ad ottenere un successo. Fu piuttosto strano, giacché sentì dapprima un pressante formicolio provenire dalla protesi al braccio destro, poi vidi sollevarsi nell'aria una piccola sfera d'acqua, poco più grande della mia mano originale. Raden rimase sbalordito, cosi come mia sorella che invece non riuscì a manifestare nulla. Fra noi piombò un silenzio imbarazzante e quasi mistico mentre io guidavo con la protesi quella sfera, facendola compiere piccoli cerchi nell'etere. Era divertente, forse troppo.

    « Spero tu stia bene.. »

    Quel pensiero venne indirizzato tutto verso mia sorella, Hitomi. Erano anni che non la vedevo e nemmeno sapevo se fosse viva o morta. Perdemmo le sue tracce quando Raden ci portò in salvo, trascinandoci via da un Ishivar ormai perduta. Il suo ricordo era ancora ardente dentro di noi, specialmente per mia madre che alcune sere scoppiava in lacrime. Ormai non festeggiavamo nemmeno più il mio compleanno, giacché andava festeggiata anche Hitomi. Fu cosi che il giorno della mia nascita, divenne il giorno che tanto speravamo non arrivasse mai. La pioggia intanto continuava a cadere ed io, preda della solitudine, me ne stavo chiuso nella mia stanza, seguendo il caro consiglio di mia madre e portando la man manca a chiudere il libro che stavo leggendo un attimo prima. Successivamente, mossi qualche passo in direzione del letto, poggiando delicatamente i glutei su di esso e posizionando la man dritta proprio dinanzi al mio sguardo. Seguì con l'indice dalla man manca le venature poste sulla protesi, facendo poi dei movimenti con la finta mano come a chiuderla ed aprirla. Sospirai, distendendomi interamente sul letto ed osservando il bianco soffitto mentre l'orologio proseguiva a svolgere la sua mansione.


    Edited by » JeT - 18/7/2021, 15:42
     
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    Giunse infine la notte, proprio mentre quel bianco soffitto attraeva il mio sguardo come una calamita. Le palpebre si chiusero di loro spontanea volontà, spingendo il corpo fra le nude braccia di Morfeo. La pioggia, che dapprima - prepotente - batteva incessantemente sul vetro della finestra, sembrò essersi placata oppure, semplicemente, non riuscivo più a percepire la sua forza. Essa infatti continuò a capitolare su quel infausto Villaggio mentre il mondo si spegneva attorno a me. L'oscurità s'innalzò dal ligneo pavimento, proprio come una biscia nel suo habitat naturale. Strisciò fino a giungere in prossimità del mio letto, per poi iniziare ad accerchiarmi come un esercito di famelici guerrieri, pronti a combattere per la vita e per la morte pur di ottenere una succulenta vittoria. Infatti balzò sulle mie carni nude, colpendomi con quanta più forza riuscisse a maturare in quel singolo colpo, spingendomi ancor più nelle sue profondità. Ed io, accolto e cullato in un sonno tranquillo, non potei far altro che sopperire sotto una tale forza. Mai sottovalutare, tuttavia, il nemico. Fu in quella notte che mi accorsi quanto ancora era debole il mio corpo e quanta emozione tenevo repressa nell'animo. Difatti, quelle stesse tenebre, giunsero a portare doni e sofferenze. Alcune di esse s'insidiarono in quel delicato sonno, incupendo ed intristendo i sogni che la mente creava e che l'animo viveva. Vidi, dopo tanto tempo, Hitomi..

    « Sor.. sorella! »

    .. la mia dolce e cara sorella. Eravamo in un immensa zona di terra, priva di vegetazione ma ricca di rocce ed altri minerali neri come la pece. Ella era seduta proprio su uno di essi, immobile e con lo sguardo rivolto verso il basso. La distanza fra noi era pari a poco più di una ventina di passi ma era come se il tempo si fosse fermato. Non vi era nessun uccello che scorrazzava libero nell'aria. Non vi era nessun suono captato dal mio udito. Urlai infine. Urlai con tutta l'aria che possedevo nei polmoni e con tutta la grinta che mai prima d'ora avevo messo in mostra. Tuttavia, nulla cambiava. Non mi rispose né fece un singolo movimento e ciò, mi fece quasi accapponare la pelle. Urlai per la terza volta ed anche per la quarta.

    « HITOMIIII !! »

    Cercai di avvicinarmi verso la di lei figura ma, ogni singolo passo, pesava come un macigno. Fu difficile anche solo alzare la gamba e poggiarla nuovamente al suolo ma dovevo accostarmi a lei, stringerla e non lasciarla mai più andare via. Più mi avvicinavo, più sentivo il corpo divenire stanco. Ad ogni passo sentivo il Chakra scorrermi via da entrambe le protesi, fino a farle divenire nulle ed insignificanti. La gamba si bloccò ed il braccio crollò per la forza della gravità. Mi ritrovai piegato sulle ginocchia ad un passo dall'obiettivo e fu proprio in quel momento che Hitomi, iniziò a prendere vita. Ella si alzò dal macigno su cui erano poggiati i suoi glutei, si girò verso di me con una lentezza immane e finalmente, potei vedere il suo viso. Erano passati troppi anni dal nostro distacco ma continuava a possedere il corpo di una bambina, proprio come l'ultimo giorno in cui la vidi.

    « MA... CHE CAZZ... HITOMI.. NOOO !! »

    Balzai dalle tenebre in cui ero rinchiuso, svegliandomi d'improvviso e tirandomi fuori da quella cupa situazione. Il volto quasi cambiò tonalità, divenendo d'un fitto bianco, proprio come le nevi di Tetsu. La protesi al braccio destro iniziò a formicolare più del solito ed inoltre, un forte tremolio accompagnò quella orrenda sensazione. Continuava a tremare in preda al panico, senza voglia alcuna di arrestare il suo corso. La man manca, invece, si andò a poggiare proprio al centro del petto, giacché quasi mi mancò il respiro. Dovetti distendermi nuovamente sul letto, stringendo sempre più la man manca mentre dagli occhi iniziarono a colare fiumi d'acqua, simili a quella pioggia incessante del dì precedente. Il corpo divenne improvvisamente freddo, riuscivo a sentirlo proprio attraverso il tocco della man manca sul nudo petto. Tuttavia, seppi resistere ad un tale sbalzo di temperatura, anche se non riuscivo a comprendere il come.

    « Che hai Tatsuya?! »

    Non fui capace di udire la presenza di Raden, ritrovandomelo improvvisamente proprio accanto a me. L'espressione che aveva sul viso mi fece capire quanto fosse grave la sua preoccupazione, forse più grande della mia. Poggiò la sua man dritta sulla mia fronte, provando a capire se fossi vittima della febbre ma non era quello che aveva causato un tal male. Ciò che diede il via a tutto fu proprio quel sogno. Difatti ciò che vidi fu marchiato a fuoco nella mia mente e quasi mai sarei riuscito a farlo andare via. Ciò che vidi fu terrificante e devastante al tempo stesso.

    « Hito... »
    « Hitomi? Tua sorella? »

    Le labbra cercarono di farfugliare qualcosa ma la stanchezza prese improvvisamente il sopravvento. Le forza mi mancarono, forse proprio a causa di quel freddo gelido che mi attraversava il corpo e che quasi ero riuscito a contrastare. Caddi in un sonno ancor più profondo ma questa volta, si rivelò essere piuttosto innocuo. Quando riuscì a riaprire le palpebre, Raden e Yuki - mia madre - erano proprio accanto a me.

    « Piccolo mio stai bene? »
    « Si madre.. grazie.. »

    « Sicuro di stare bene? Prima eri gelido e non so come tu possa essere ancora vivo »
    « Si, non preoccupatevi.. piuttosto.. ho visto Hitomi.. »

    « Hitomi? Non può essere Tatsu.. lei è.. »
    « E' viva madre, l'ho vista! Solo che c'era qualcosa.. il suo volto.. non so come dirlo.. »

    « Parla figliolo, racconta.. »
    « Il suo viso era pallido ed i suoi occhi erano diversi. Uno era viola come la lilla, mentre l'altro.. l'altro non c'era e al suo posto vi era un occhio che sembrava robotico. Anche parte del suo viso sembrava essere fatta di metallo, cosi come il suo braccio sinistro e la sua gamba mancina.. Non sembrava più umana.. »

    Restarono tutti in silenzio, facendo piombare la stanza in un freddo glaciale misto ad una inquietudine ancor più gelida.


    Edited by » JeT - 18/7/2021, 15:58
     
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    Quel ingombrante silenzio persistette ancora per diversi minuti e nessuno in quella stanza, sembrò riuscire a muovere un singolo muscolo dopo le mie parole. Nemmeno io fui più capace di riuscire a guardarli in faccia, spingendo le palpebre a tenere uno sguardo fisso sulle leve inferiori, specialmente su quella protesi auto-chakra che stanziava al posto della mia gamba destra. La rivelazione non ebbe i risultati che speravo potesse far scatenare anzi, essi vennero amplificati oltre ogni mia immaginazione. Non volevo dar loro peso di una tale mostruosità o far avvolgere anche i loro pensieri da quella stressante oscurità che stringeva i miei. Ancora non concepivo cosa effettivamente era diventata mia sorella né lo accettavo. Era veramente lei? E cosa diavolo erano quelle cose robotiche attaccate al suo corpo?

    « Mi.. mi dispiace.. »

    Dovevo assolutamente rompere il ghiaccio e non mi venne in mente nessun altra parola che potesse aiutarmi. Dovevo riuscire ad alleviare i loro pensieri, almeno quelli di mia madre. Non volevo che soffrisse ancora per la sorte di mia sorella e forse, averle raccontato quel maledetto sogno non era stata una mossa cosi giusta. Imprecai in me stesso, stringendo poi la falsa man dritta. Sollevai appena il volto, caricandomi del giusto coraggio, quando..

    « Mad... »

    .. improvvisamente venni colto di sorpresa dal suo corpo e dal suo abbraccio che diede il via libera a tutte quelle emozioni contenute e fermate proprio come fa una diga. Non seppi resistere e cadde il castello che teneva al sicuro il mio animo, seguito da tutte le mie più forti convinzioni che un uomo doveva incarnare. Per me un uomo non doveva piangere. Per me un uomo non doveva mostrare emozione alcuna, quasi freddo come il ghiaccio. Tuttavia, bastò quel semplice abbraccio a far volare quelle convinzioni come fossero polvere al vento. Passai, in un secondo, dal tenere le mie emozioni segretate a mostrarle in tutta la sua foga. Condivisi quindi quel dolce e triste momento con la donna che mi diede al mondo, piangendo insieme a lei fiumi di lacrime, forse troppo amare per ciò che il Destino aveva previsto per noi. Quell'abbraccio durò appena dieci secondi ma quei pochi attimi sembrarono avvicinarsi all'eternità. Il tempo sembrava provar compassione per la nostra situazione, rallentando il suo corso e dandoci tutto il suo appoggio morale. Infine, ci separammo. Il corpo di mia madre si staccò delicatamente dal mio, mostrando come prima cosa uno splendido sorriso in volto, che quasi poteva dare forza e coraggio nei cuori dei più depressi. Amavo quella donna. Amavo la sua forza d'animo e la voglia di continuare ad andare avanti superando ogni possibile ostacolo che si poneva sulla sua strada e forse, questo tratto, fui capace di ereditarlo.

    « Va tutto bene.. »

    Tuttavia avevo imparato a leggere tra le sue menzogne e quella era bella grossa come una casa. Mi accarezzò nuovamente il capo e ogni lacrima che mi scendeva dagli occhi, interruppe il suo corso, cessando il continuo fluire. Si alzò aggiustandosi i vestiti ed asciugandosi il viso, per poi andare via senza nemmeno dire più una parola. Provai a fermarla ma fui interrotto dalle movenze di Raden, che successivamente mi donò una fugace occhiata, come a volermi far ricredere sulle intenzioni che volevo muovere.

    « Lasciala stare per un po' »
    « Ma è sconvolta, te ne sarai accorto anche tu »
    « Tua madre è la donna più forte che io conosca. Dalle tempo e saprà riprendersi, non è facile ascoltare un tale racconto e non provare nulla »
    « ... »

    « Tu invece, come ti senti? »
    « Come potrei sentirmi? E' colpa mia se mia madre è sconvolta.. »
    « Hai bisogno di uscire un po'. Forza vestiti e vieni con me »
    « Scusa Raden, ma non me la sento oggi.. »

    « Non era un invito ragazzo. Sei una sentinella d'Ishivar ed io il Capo Branco di questa tribù. Ti aspetto fuori »
    « Si.. »

    [...]


    Ci ritrovammo a vagare per le bagnate strade del Villaggio, che per quel giorno non erano più preda di quella stressante pioggia. Difatti si poteva godere d'un, seppur triste, affascinante cielo, cosparso di alcuni nuvoloni grigi che tuttavia non sembravano essere minacciosi. Raden era proprio dinanzi a me, distante circa tre passi. Lo seguivo come un cane con il suo padrone, silente ed immerso nei miei pensieri. Sapevo che quelle sue dure parole erano state scagliate contro la mia figura con un intento del tutto pacifico e bonario, cercando quindi di tenere occupato il mio tempo e di donarmi qualcosa su cui pensare. Qualcosa di diverso da quei tristi pensieri. Dovetti assecondarlo, giacché l'ordine imponeva rispetto verso la di lui figura, cosi come la situazione creata dalla vita stessa. Dovevo tutto a Raden, per cui, disobbedirgli o complicargli la vita era fuori questione. Ad ogni singolo passo, lo sguardo, cadeva verso i lati della strada, osservando e ricordando la netta differenza che un anno fa giaceva in quel Villaggio. Quest'ultimo, seppur non mi piacesse particolarmente, era soggetto della mia ammirazione ed in particolare, elogiavo alcuni cittadini ed i loro sforzi nel riprendersi le proprie vite. Amegakure era stata colpita duramente dallo stesso folle che ebbe la presunzione di conquistare il mio amato paese, anche se in cuor mio, le due cose non erano minimamente paragonabili. Difatti io, a differenza loro, non possedevo più una casa ma potevo affermare di detenere una maggior speranza. Ciò poteva rendermi un essere presuntuoso ed egoista ma ciò che subivo in quel Villaggio, proprio non mi rendeva possibile amarlo.

    « Eccoci arrivarti sentinella »
     
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    Arrivammo in un ampio spiazzale, ove solitamente alcuni Genin venivano ad allenarsi, posto in una delle zone centrali del Villaggio. Quando giungemmo in quel campo, diversi ragazzi combattevano fra loro, facendo a gara su chi fosse il più preparato nelle arti magiche e in quelle fisiche. Alcuni lanciavano Shuriken a degli innocenti manichini in legno, riuscendo perfino a centrare ogni singolo lancio, mentre altri fallivano miseramente. Alcuni, invece, sfoggiavano il proprio controllo del chakra, generando copie di se stessi attraverso la basilare "Moltiplicazione del Corpo"; mentre altri, si trasformavano in dei strani oggetti utilizzando la "Tecnica della trasformazione del corpo". Tutti quei semplici trucchetti non mi entusiasmavano affatto né erano capaci di conquistare la mia attenzione. La loro, invece, venne interrotta dal nostro arrivo ed i loro sguardi, tutti, vennero catapultati verso le nostre figure. Ecco cosa odiavo di quel Villaggio. Ecco cosa non mi permetteva di amarlo. Ad ogni occhiata, normalmente, seguiva qualche pensiero ed alcune volte - quegli stessi pensieri - si trasformavano in violenze fisiche e verbali. Cercai di passare oltre, focalizzandomi solamente sul corpo di Raden, che intanto indossava i panni di Capo Branco. Gli feci un piccolo cenno, come a voler attendere una sua parola.

    « Penso sia arrivato il momento per te di svolgere questo particolare allenamento »

    Infine, arrivò il tanto atteso giorno. Spingevo la mia mente ed il mio corpo - con estrema volontà - al limite ogni singolo giorno, con la chiara intenzione di migliorare sempre più e divenire più abile nel poter gestire quel potere donatomi dalle Protesi. Ormai quasi non ricordavo più quanti giorni della mia vita avevo speso sulla teoria e sulla pratica, aiutato anche dalle varie situazioni che proprio non mi facevano desiderare vivere un giorno normale. Il mio obiettivo era chiaro e, proprio come mia madre, non avrei permesso a nessuno di ostacolare la mia volontà. Rimasi impassibile dinanzi alla figura del Capo Branco, dimostrandogli quanta maturità riuscì a costruire nel tempo e quanto meritassi quel grado.

    « Il primo elemento.. »

    Sorrise Raiden, facendo pendolare il peso del corpo da una gamba all'altra, portando poi man dritta verso il borsello cinto sul fondoschiena.

    « Perspicace come sempre, ottimo »

    Da esso estrasse uno di quei fogli capaci d'impregnarsi di Chakra e di mostrare qual era l'elemento con cui possedevo più affinità. Lo osservai curioso, facendo scomparire tutti quei ragazzi presenti in quel campo, lasciando che la mente si concentrasse solamente su noi due. Esso, a prima vista, poteva sembrare un piccolo foglio quadrato, senza utilità alcuna. Tuttavia, esso nascondeva un potenziale incredibile. Quasi mi sentivo come quel foglietto, debole a prima vista ma con un futuro interessante. Ciò che gli dava una tale importanza era la sua provenienza e la sua capacità.

    « Immagino saprai l'origine di questo foglietto e la sua particolarità »

    Feci un piccolo cenno con il capo, stanziando in volto quanta più serietà possibile. Raden reggeva quel foglietto fra l'indice ed il medio della man dritta, tenendo le altre dita chiuse.

    « Certo » Sospirai « Esso è chiamato "Foglio Capta-Chakra" e si dice provenga da un albero antico quanto il tempo stesso, capace di possedere un misterioso legame con il Chakra. Inoltre, tenendolo fra le mani e facendo in modo che parte del proprio Chakra scorra in esso, è possibile osservare la natura dei propri elementi »

    La spiegazione sembrò essere piuttosto piacevole, giacché Raden restò in completo silenzio. Si limitò solamente ad ascoltare le mie parole e compiere qualche cenno con il capo. Successivamente incanalò parte del suo Chakra in quel foglietto ed esso, iniziò a bruciare.

    « Ottima spiegazione. Come potrai capire, il mio elemento primario è il Fuoco ed infatti, il foglio si è bruciato. Sai che esistono cinque tipi di elementi ed alcuni riescono a manipolarne anche due. I più abili, inoltre, riescono a manipolarne tre ed alcuni anche quattro. Io per esempio, oltre al Fuoco riesco a manipolare anche il Vento »

    Katon e Fuuton. Una combinazione davvero incredibile e micidiale. Uno potenziava l'altro ed ero quasi sicuro che non potesse esistere una combinazione più letale. Fu in quel momento che la mia ammirazione per Raden, crebbe ancor di più. Ciò rendeva ancor più difficile superarlo in abilità ma amavo terribilmente le sfide.

    « Fuoco e Vento sono fra gli elementi con più potere distruttivo, tuttavia scarseggiano in difesa. Certo, si possono combinare fra loro ma ad essere sincero preferisco la Terra. Penso che sia l'elemento migliore fra i cinque, visto la grande resistenza che possiede e la grande potenza d'attacco. Tornando a noi.. »

    Prese una piccola pausa, raccogliendo un nuovo foglio capta-chakra dal borsello e consegnandomelo.

    « Adesso tocca a te. Come hai visto, se il foglio brucia vuol dire che possiedi il Fuoco. Se si bagna possiedi l'Acqua. Se si sgretola possiedi la Terra. Se si divide in due possiedi il Vento e se si accartoccia possiedi il Fulmine »

    Allungai la mano verso il foglietto, trattenendolo delicatamente fra l'indice ed il medio, proprio come fece Raden qualche attimo prima. Sapevo perfettamente cosa fare, quindi, non persi ulteriore tempo. Tenevo il foglio proprio con la mano della protesi, con cui mi era più facile fare sfoggio del mio controllo del Chakra. Cercai quindi di far fluire una piccola quantità di Chakra verso di esso, come se fosse un ruscello calmo e pacato, pronto a scorrere nel suo canale. Bastarono pochi secondi per capire qual era esattamente la natura del mio Chakra. Infatti il foglietto si bagnò completamente e ciò poteva indicare solamente una cosa.

    « Acqua »
     
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    Fu quasi un piacere scoprire la natura del mio primo elemento. Anch'io, proprio come Raden, preferivo la Terra come elemento ma anche l'Acqua aveva il suo perché. Esso era un elemento versatile e avrei sicuramente trovato un modo per renderlo efficiente come quello di Terra. Lasciai che il foglio capta-chakra, ormai bagnato fradicio, cadesse al suolo. Nemmeno questa volta mostrai emozioni, anche se volevo sorridere per il primo traguardo ottenuto. Stavo compiendo altri passi verso il mio obiettivo, anche se, tuttavia, la strada da percorrere era ancora tanta. Fu anche divertente scoprire come il mio primo elemento fosse di natura superiore a quello di Raden. Difatti l'Acqua era superiore al Fuoco ed in uno scontro fra Jutsu, avrei probabilmente avuto la meglio contro qualcuno alla mia portata. Le cose, intanto, si facevano sempre più serie ed interessanti per la mia "carriera". Dopo quel breve attimo di felicità interiore, riportai lo sguardo nuovamente su Raden.

    « Ottimo lavoro sentinella. L'acqua è un elemento diciamo bilanciato. Possiede Jutsu potenti ed offre ottime difese. Inoltre, ha anche un grande utilizzo nel campo strategico »

    Quando sembrava essere finita, ecco che Raden muove qualche passo verso la mia figura. Portò la man manca verso il mio polso sinistro, afferrandolo con una presa ben salda. Successivamente, mi guardò in volto e ciò, mi fece preoccupare e non poco.

    « Adesso imparerai una delle particolarità del tuo elemento. Con esso, infatti, hai la possibilità di poter lenire bruciature e ferite poggiandovi una mano sopra, permettendo al tuo elemento di fare il resto. Adesso vedrai come »

    Improvvisamente sentì come se il polso iniziasse a bruciare, proprio nel punto in cui vi era poggiata la mano di Raden. Capii in pochi attimi che il tutto era dovuto alla sua azione e dalla sua volontà. Difatti esso fece scorrere il suo Chakra di tipo Fuoco nel suddetto arto, generando alcune piccole fiammelle dal palmo della mano, spingendo l'epidermide del polso ad ustionarsi. Digrignai i denti ed arretrai di qualche piccolo passo, tirando con una violenza inaudita il braccio manco.

    « ARHH »

    Il dolore fu improvviso e tremendo. La parte colpita cambiò radicalmente colore e non potei far altro che chiedere al corpo una maggiore reattività. Ed infatti, proprio come un fulmine a ciel sereno, portai la man dritta sulla ferita causata dal Capo Branco, seguendo perfettamente le sue parole precedenti. Lasciai scorrere il Chakra Suiton nella man dritta, iniziando poi a sentire la ferita generare sempre meno dolore, fino a sparire del tutto. Fu un sollievo quando tutto quel dolore sparì all'improvviso, proprio come era giunto alla mia corte. Se in un primo momento dannai Raden, in quello dopo lo ringraziai per ciò che mi aveva insegnato. Presi qualche attimo per ripensare a tutto ciò che era successo e successivamente, aizzai lo sguardo verso la di lui figura.

    « Sei stato davvero bravo, reattivo ed analitico al tempo giusto. Ottimo lavoro »
    « Ti ringrazio ma ho una domanda da porti.. »

    « Dimmi pure, sono qui per questo »
    « Hai detto che puoi manipolare due tipi di elementi. Ma esattamente come riesci ad isolare il primo dal secondo? »

    Incrociò le braccia al petto, prendendo qualche secondo per pensare alla risposta.

    « Ottima domanda. Sostanzialmente penso al mio primo elemento come ad una sfera presente nel mio corpo, cui viene collegata al mio Chakra quando ne ho bisogno. Provo ad immaginare una seconda sfera, magari di un colore diverso oppure di un altra forma. In essa cerco di far confluire il Chakra di tipo Vento e proprio come con il Fuoco, creo un collegamento con il Chakra con essa. Cosi mi è più facile separare i due tipi di elementi »
    « Capisco.. se fosse possibile vorrei riprovare con il foglio Capta-Chakra »

    « Hai appena scoperto il tuo primo elemento, non è nemmeno certo che tu possa manipolarne un altro. Sei sicuro di volerlo fare? »
    « Assolutamente. Non voglio fermarmi, devo diventare sempre più forte »

    Come se volessi mostrare a tutti quegli stupidi ragazzini, che mi bersagliavano con offese e violenze, che finalmente dovevano rispettarmi ed avere timore di me.

    « Va bene. Tieni »

    Mi diede l'ennesimo foglietto ma invece di tenerlo nella man dritta, esso era poggiato sul palmo della man manca. La destra, invece, andò a posizionarsi sopra di esso, come a chiuderlo in una forte presa. Socchiusi le palpebre e cercai di immaginare il corso del Chakra presente nel mio corpo, seguendo un filamento di esso fino a giungere in prossimità dalla "sfera" dell'elemento Suiton. Cercai di scavare nelle sue prossimità, immaginando l'esistenza di una seconda sfera, proprio come aveva suggerito Raden. Provai a far generare una sfera di dimensioni pari alla mia man manca, bianca come la luce di un faro acceso nelle notti più buie. La feci vorticare, come a voler richiamare tutta l'attenzione su di essa e tentai di spingere un filamento di Chakra ad unirsi ad essa, cosi da creare un ponte di collegamento con tale forza mistica. Successivamente, le ordinai di concedermi un po' del suo potere, in modo da farlo fluire attraverso i miei arti superiori, specialmente lungo la Protesi Auto-Chakra. Infine, tentai di giungere ad un nuovo successo con quel metodo insegnatomi dal Capo Branco. Non dovevo far altro che riaprire le palpebre e sollevare appena il braccio destro, cosi da osservare esattamente il risultato di tale azione.

    « Si è.. »
    « Tagliato!? »

    Anche Raden sembrò sbalordito, lo capii dallo sguardo che aveva in viso. Il foglietto di era tagliato per metà, mostrandomi che vi era la possibilità che riuscissi a manipolare un secondo tipo d'elemento. Il Vento.

    « Eccezionale davvero. Pochi di noi riescono a controllare due tipi di elementi cosi presto. Hai un grande potenziale, sfruttalo a dovere. Adesso però, penso sia meglio tornare a casa »

    Difatti la sera stava per giungere e quei nuvoloni grigi, iniziarono, infine, a mostrare prepotenza e forza. Abbandonammo quel campo ancora increduli ma carichi di speranza e d'orgoglio. Avevo conosciuto cosa si nascondeva esattamente dentro di me e la voglia di diventare più forte, raggiunse un limite che dovevo spingere sempre più. Volevo solamente tornare a casa ed esercitarmi con questi due particolari elementi e studiarne le particolarità e le utilità.
     
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