Gioia e Mistero

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    Narrato | Parlato | Pensato



    L'abnorme Giara di Sabbia donò al corpo un peso maggiorato e di conseguenza, le leve inferiori, batterono con più insistenza sul terreno di battaglia, seppur nessuno scontro si vide realizzarsi. In una mano strinsi la promozione mentre negli occhi un feroce dubbio continuava ad alimentarsi. Ogni passo ne generava qualcuno nuovo, ridondante, fastidioso. Deglutì per l'ennesima volta, tenendo serrate le labbra come come un cancello in ferro, armato e protetto da alcuni spuntoni acuminati. A me invece? Nei miei confronti non vi era protezione e quella finale confermò la regola. Mi sentivo come una semplice pedina, nient'altro che un burattino posto nelle mani di un estranea entità. Riuscivo ancora a sentire il corpo robotico di quell'androide riecheggiare nell'etere circostante, sovrastare ogni mia singola emozione e dominare nella zona più posta sotto pressione del cervello. Sembrò essere passata un eternità quando raggiunsi uno dei corridoi di quello stadio, ove arrestai il passo e donai un ultima occhiata a ciò che risiedeva alle mie spalle. Quel campo di battaglia, in quel momento, andò ad occupare una maggiore importanza. Si era appena chiuso un capitolo, un libro povero di contenuti che nessuno mai leggerebbe o che decanterebbe ai propri figli, magari in quelle notti tempestose ove tuoni e fulmini tengono delle giovani creature sveglie per la paura. La paura. Dolce sinfonia. Tremenda ma affascinante al tempo stesso, un arma, ella, capace di penetrare qualsiasi difesa, qualsiasi cuore. Facile, con il senno di poi, fu' capire ciò che scatenò una tale sensazione. In quel mare calmo e privo di onde atte a sfumare la sua tranquillità, nulla pareva poterlo destabilizzare, l'anima del mio essere. Due grandi massi caddero su quelle acque, scombussolando tutta quella pace eterna e trasformandola in un inferno in terra. Paura e disperazione, le due calamità che si batterono su un esile corpo, macchiato di un gene sanguigno che in passato era stato sempre messo sotto una perpetua luce, poi trasportato nell'oscurità. Un tale pensiero trascrisse dunque la parola fine e non mi restò altro che ruotare il capo in una nuova direzione, proprio verso quelle porte che s'aprirono - figurativamente - dinanzi la mia strada.

    Chissà se..

    Non appena il volto puntò in una nuova direzione, freschi pensieri nacquero come onde nel mare. Decisi di ritornare nel dormitorio assegnato a tutto il collettivo di aspiranti Chuunin - divenuti poi tali - senza indugiare oltre. Sperai che la ristretta cerchia di persone a me care stessero lì ad attendermi, gioire della vittoria conquistata e festeggiare un tal riconoscimento. Infondo solo i più adatti riuscirono ad ottenere il codesto grado, compiere un passo in avanti in quest'infausto mondo. Suna, tra l'altro, possedette il maggior numero di Genin promossi, risultando così il Villaggio che riuscì a preparare al meglio le giovani leve. Un qualcosa che credetti potesse rifocillare le alte cariche del Deserto, ma che a me personalmente, non donò nessuna sfumatura. Il quadro restò tale, senza nessun cambiamento, apparve solamente una piccola maturazione, un puntino nero sfocato in un mondo che par essere un enorme buco nero. Poco dopo mi ritrovai a stanziare in quella piccola camera, tutto era rimasto come lasciato, persino l'angusta finestra era rimasta spalancata, così come il futon restò dispiegato sul pavimento. Tali accorgimenti, tuttavia, non avevano importanza alcuna. Ciò che più m'importava era l'assenza di quella cerchia intima di persone, coloro che tenevano un comodo posto nel cuore, come se fossero un pezzo della mia anima.

    Non sono qui..

    Le labbra si distaccarono emettendo fievole parole capaci di rimbalzare su quelle nude pareti, risultando ampliate in potenza seppur lanciate con una forza tale da ridicolizzare l'intero mondo. Stetti per qualche attimo ad osservare ciò che mi circondava. Quello che doveva essere un momento di gioia impattò drasticamente contro un muro di solitudine. Esso m'impediva di urlare a squarcia gola, correre e abbracciare chi contava davvero in una patetica esistenza come la mia. L'unica fortuna che mi restava era la capacità di non mostrare, alcune volte, nessuna emozione, una piccola conseguenza di quel muro, unico riparo negli anni precedenti l'Accademia. La battaglia con Rhego andava a simularsi per l'ennesima volta nella mia testa, come se fossi ancora sotto l'effetto di quella simulazione. Il corpo, tuttavia, non ne voleva proprio sapere di continuare a lottare, anzi, desiderava solamente un comodo riposo. Spostai lo sguardo verso quel pallido futon e mi diressi verso di esso, come fosse un oasi nel Deserto. La Giara non fu' più un impedimento, giacché posta nei pressi dell'entrata di quel tenero nido. Il corpo, tutto, cadde come una foglia in autunno e andò ad poggiarsi delicatamente su quel tappeto. Le palpebre misero un punto finale a quel "glorioso" giorno, socchiudendosi e permettendo all'oscurità di avere il sopravvento.

    Nel mentre a Suna..



    La notizia volò frenetica, più veloce di un fulmine. Arrivò squarciando il mondo dei Suniani letteralmente in due. Le alte cariche rimasero quasi sconvolte dalla notizia, impallidendo dinanzi ad un tetro quadro realizzato da un contorto pittore. Il Torneo Chuunin aveva donato un aumento d'importanza bellica per il Villaggio nascosto dalla Sabbia ma era riuscito anche a portare alla luce una grande rivelazione. Renji Yomo, Jonin d'elite di Suna, se ne stava ritto in piedi in una grande sala. Dinanzi al uomo dal bianco crine vi erano alcune imponenti figure che l'osservavano con sguardo minaccioso, pregni di ardore, come se al posto degli occhi avessero delle affilate lame. Il silenzio era divenuta l'arma principale del Jonin che nulla riusciva a pronunciare a sua difesa, continuando ad essere bersagliato dalle assidue domande. Sembravano quasi per scoppiare in una longeva crisi, lanciando in aria i tanti fogli presenti su un unico grande tavolo. Ognuno dei presenti disse la sua mentre colui che era stato messo sotto accusa, nulla riusciva a fare, come se fosse un bambino, seppur sia un uomo con diverse battaglie sulle spalle.

    E con ciò? Dovremmo escludere tale ipotesi e basarci sulle tue parole Renji?

    Disse uno di loro, colui che era apparso leggermente più calmo rispetto agli altri. Diede un altra rapida occhiata al foglio tenuto nella man dritta e poi rialzò lo sguardo verso il Jonin.

    Ciò che ha mostrato è chiaro a tutti, non possiamo sottovalutare la cosa..


    Premetto che non ho ancora la scheda aggiornata ma il pg è Chuunin a tutti gli effetti, quindi l'ho inviata per non perdere ulteriore tempo. Poi per la parte finale del primo post, c'è una postilla che interessa il tipo di gioco che voglio portare per il mio pg e che spero possa funzionare. Se è un problema aver mosso cosi qualche carica "importante" del Villaggio della Sabbia basta contattarmi e modificherò
     
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    Mi sentì come pervaso da un senso di pace assoluta, come se nessuna traccia d'odio e dolore fosse presente al mondo. Una visione che avevo sempre sperato potesse giungere un giorno, seppur sembrava allontanarsi di continuo dalla mia strada. La cruda realtà si era presentata alla mia porta, senza portare regali di nessun genere ma infrangendo quelle innocenti caratteristiche ancorate al puro animo che mareggiava dentro di me. Fu' in quella notte che un nobile maturamento avvenne, proprio come un bruco che diviene una bellissima farfalla. Al risveglio tutto cambiò, mise radici in altre terre portandomi ad intraprendere cosi un nuovo sentiero. Cosa mi attendeva? Proprio non lo sapevo ma potevo presupporlo, immaginarlo. Finora avevo incontrato solamente qualche ammasso di ferraglia e ciò mi bastava. Quella pioggia di sangue fusa con le urla strazianti di certo non avevano aiutato il fanciullo che era in me, traumatizzandolo non poco e costringendolo a morire insieme alle tante persone li riunite ad osservare lo scontro mortale. La prova del torneo tuttavia restò una simulazione, ultimo sollievo per quel fanciullo prima di chiudere definitivamente le palpebre, mentre un fievole e romantico sorriso apparve sul suo volto. Un lutto da portare per sempre, elevata da quella fascia nera posta al braccio; ennesima simulazione. Il Dio del Sonno quella notte fu' clemente. Egli mi accarezzò il volto con un tocco fine, pari a quello di una donna. Sorrisi a tal pensiero, ripensando a colei che avrei voluto tenere fra le mie braccia in quel preciso momento. Mi rigirai per qualche volta in quel caldo futon, rintanandomi sotto di esso come se potesse difendermi da qualsiasi cosa, aspettando dunque il giungere dell'alba che non tardò ad arrivare, o almeno cosi mi sembrò.

    « ... »

    L'alba giunse spazzando via quella fastidiosa pioggia del dì precedente, portando Konoha a risplendere come non mai aveva fatto fino a quel momento. Alcuni raggi colpirono il mio volto, terribilmente assonato per le tante ore poste nelle braccia di Morfeo. La man dritta si mosse in automatico cercando di creare un riparo che tuttavia non avvenne, almeno in parte. Sul muso, infatti, si dipinsero alcuni affascinanti effetti ombra e luce mentre le nocciola iridi faticavano ad aprirsi. Impiegai qualche secondo in più a riprendere completo controllo delle facoltà in mio possesso, aizzandomi dal futon e incamminandomi verso quella piccola finestra. Alcune pozze d'acqua erano ancora presenti sul suolo e l'umidità sembrava poter attraversare il vetro e penetrarmi nelle ossa. L'udito catturava perfettamente ogni singolo rumore generato nelle prossimità, fungendo da eccellente radar percettivo. Sentivo delle figure passare accanto all'edificio in cui stanziavo. Sentivo alcuni rapaci volare alti nel cielo e sfoggiare la loro incredibile libertà, quasi li invidiavo. Sentivo perfino qualche risata di tanto in tanto. Konoha si era ripresa, ribellandosi a quel infausto avvenimento che appena un anno prima aveva piegato l'intero mondo. Rimasi affascinato da una tale forza d'animo, continuando a sentirmi come se fossi a casa ed in parte era cosi, proprio a causa di quel gene presente dentro di me. Il Mokuton. Il Controllo del Legno che diede proprio vita a questo Villaggio e che la storia portò a risplendere nel tempo.

    « Si torna a casa.. »

    Sollevai appena le spalle nude, portando il volto a mostrare un tenero sorriso, un movimento appena percettibile. Successivamente distolsi lo sguardo dal Villaggio e iniziai a preparare tutto ciò che avevo portato con me in questo fantastico viaggio, ricco di ricordi ed emozioni, gioie e dolori. Indossai i soliti abiti, giacché non ne avevo portati molti, e raccolsi la Giara di Sabbia collocandola sulle spalle e m'incamminai verso l'uscita, dirigendomi al punto di ritrovo organizzato fra noi ninja di Suna. Per le strade si sentiva chiaramente un aria diversa, decisamente più fresca e inebriante. Attraversò le narici e s'infiltrò nei polmoni come una perfetta spia sotto copertura, rendendo il corpo ancor più sereno ed attivo. Quell'aria era un toccasana, qualcosa che mai riuscì a provare nel caldo deserto di Suna, facendomi immaginare come fosse la mia vita in questa nuova terra. Tal pensiero s'insidiò come una sanguisuga, rilevando come stessi dannatamente bene in un tal ambiente. Il sangue ribolliva, sapeva che mi trovavo nel suo habitat naturale e quella voce che riuscì ad udire contro Rhego, si fece presente nuovamente, come se fosse il Mokuton a parlarmi. Lo sguardo vagava da sinistra verso destra, osservando alcuni piccoli negozi posti ai lati della strada. Alcuni vendevano strani utensili utili in casa, altri vendevano affascinanti fiori, mentre altri ancora commerciavano armi e protezioni. Uno in particolare donava ad una piccola strada stretta un dolce profumo, che letteralmente mi attirò ad esso come una calamita. Vi entrai e potei ammirare quelle che erano le loro creazioni, poste al caldo su un piccolo banchetto d'acciaio. Quei teneri e gustosi triangoli bianchi altro non erano che dei semplici Onigiri. L'aspetto e la fame mi spinse ad acquistare qualcuno, lasciando al proprietario alcuni ryo sul bancone. I bianchi denti, successivamente, poggiarono su uno di loro, donandogli un piccolo morso e mandando giù quel boccone. Avevo già mangiato in precedenza tal portata, proprio a Suna ma questo, era decisamente più buono.

    « Buongiorno » sorrisi loro, avvicinandomi maggiormente al duo neo Chuunin che mi attendeva « Avete preso tutto? » lo sguardo si fermò maggiormente sulla figura di Kyoshi, giacché non portava l'enorme Giara di Sabbia sulle sue spalle ma al suo posto era presente un grande rotolo, quasi delle stesse dimensioni, cinto orizzontalmente alla parte bassa della schiena « Sei sempre pieno di sorprese. Immagino che la Giara sia li dentro, giusto? » attesi una sua risposta, che arrivando, confermò esattamente quello che fu' il mio pensiero. Kyoshi era migliorato, si leggeva nei suoi occhi e nella sua capacità di confinare la Giara dentro quel grande rotolo ed dentro di me nacque la voglia di confrontarmi nuovamente con lui. Scambiate le solite chiacchiere innocue, ci apprestammo a ritornare verso Suna, senza indugiare oltre dato che ci attendeva un lungo viaggio.
     
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    Il mezzo usato per viaggiare era sempre lo stesso, basato e creato dall'elemento più familiare: la Sabbia, secondo solamente al Mokuton. Con essa sentivo di possedere un grande collegamento, un unione che va oltre quel nucleo familiare in cui mi ero stabilito e che era riuscito ad accrescere l'amore che provavo per loro. Ordinai quindi ad una porzione di gialla polvere di compattarsi sotto i miei piedi, creando cosi una densa nuvola di sabbia, pronta a reggere il mio peso corporeo, cosi come i tanti pensieri che giacevano nel calmo mare della mia mente. Gran parte di essi furono donati a coloro che più amavo, rallegrando cosi quel viaggio che per certi momento risultò dominato da un agghiacciante silenzio mentre in altri ricco di emozioni e risate. Per la prima volta non fui tormentato da oscuri presagi, potendo cosi gustarmi appieno tutto ciò che mi circondava, fotografare tutto attraverso le castane iridi e marchiare tutto a fuoco. I ricordi non sono altro che il nostro più prezioso tesoro, momenti da tenere segreti al mondo esterno e da rivedere nei dolci sogni, coccolati ed accuditi da morfeo in persona. Fra tutto quello che passava dinanzi ai miei occhi, ciò che sapeva conquistarmi erano le sensazioni che mi donava Konoha e che provavo sin dal giorno dell'arrivo. La pelle s'accapponava al sol pensiero ed ogni singolo momento che passavo in quel verde Villaggio faceva si che sentissi come un vuoto, precisamente un buco nel petto. Esso crebbe cosi tanto che il petto sembrava per esplodere, come se avessi mangiato un riccio che con i suoi aculei stava lacerando dall'interno le mie carni. Ciò che più mi spaventata era quello che si celava dietro tale sensazione. La consapevolezza. Si perché sapevo benissimo da cosa era generata quella dannata sensazione e più il tempo passava e più ne ero convinto. Schioccai la lingua e scossi il capo, come a volermi riprendere e rendermi partecipe in quel viaggio di ritorno. Tuttavia, l'ombra di quella consapevolezza era ancora lì presente, nascosta dietro un angolo oscuro e pronta a mostrarsi nuovamente. Era qualcosa di cui mai mi sarei liberato. Come potevo? Essa scorre nel mio sangue, fa parte di me, scorre dentro di me. Poco dopo ci ritrovammo a varcare uno dei cancelli di Konoha, schizzando letteralmente su quelle nuvole di sabbia e volando verso l'infinita Foresta di Konoha.

    Queste voci..

    Lo sguardo vagò a cercare la fonte di quelle soavi canzoni, quelle lodi cosi entusiasmanti che costrinsero il corpo a muovere alcuni muscoli facciali, dipingendo su di esso un piccolo sorriso. Più avanzavamo e più frequentemente riuscivo ad udirle, proprio come un eco che si ripeteva nella mente. Si congratulavano con me pronunciando parole di confronto, smuovendo quel calmo mare dell'anima a ribollire d'emozioni e riempirsi di gioia, una delle poche volte. Il mistero sembrò avvolgere inspiegabilmente la mia figura. Ero forse impazzito? Spostai lo sguardo verso Kyoshi e Kaito, l'altro Chuunin di Suna promosso. Assottigliai lo sguardo quando mi resi conto che sembravano non riuscire ad udire quelle parole cantate con cosi tanto amore. Nei loro volti non leggevo un briciolo di dubbio, di tormento, stavano bene. Si fece più grande, quindi, l'ipotesi della pazzia. Possibile che quella simulazione avesse avuto un cosi grave impatto sulla mia mente? Morsi il labbro inferiore e chiusi le braccia in un forte intreccio, come se volessi difendermi in qualche modo ma quelle parole non smisero di riecheggiare. Ci fu' un sussulto, una pausa e una spiegazione. Era la voce della foresta, di quegli alberi e quelle foglie che si presentarono al mio cospetto. La foresta sembrò prendere vita, forse più di me in quel momento. Il sorriso che giaceva sul mio volto si trasformò in una smorfia decisamente dubbiosa. Come riuscivo ad udire tali cose? Che fosse un potere nascosto dei Senju? Tante furono le domande che mi ponevo ma di risposte, proprio non sapevo dove ricercarle.

    Cosa mi sta succedendo?

    Era ciò che mi ripetevo più spesso. La simulazione forse centrava qualcosa e temei per la mia salute. Sperai di raggiungere presto il Villaggio che mi crebbe, in modo da potermi sottoporre a qualche visita, giusto per esserne sicuro. Fortuna volle che lentamente, man mano che ci allontanavamo da Konoha, quelle voci si facevano sempre più sottili, più deboli e meno frequenti. I tormenti sembrarono abbandonarmi proprio con quelle insistenti parole, lasciati anche loro sotterrati in una piccola zolla di terreno. Sospirai per l'ennesima volta, mentre conquistavamo sempre più metri. La foresta ormai era un punto distante posto dietro le nostre spalle e proprio come un perfetto viaggiatore, il mio sguardo, non tornò indietro nemmeno una singola volta. Puntava verso l'orizzonte ansioso di ammirare l'infinito Deserto, porto sicuro della mia nave.

    Eccoci...

    Sembrò come ritornare bambini quando le nocciola iridi finirono per scorgere le mura di Suna. Il mio volto sembrò emulare in tutto e per tutto un bambino felice di aver ricevuto il suo primo regalo, seppur avevo condotto una vita ben lontana dall'essere felice. Quella visione mi permise di dimenticare tutto ciò che era successo in quella foresta. Sollevai appena le spalle, posizionando meglio la Giara di Sabbia con la man dritta e sbuffando animatamente. Ero pronto. Si apriva quindi un nuovo capitolo della mia vita ed ero ansioso di poter leggere ciò che era stato scritto per il secondo capitolo. Ormai ci separavano pochi metri dalla destinazione e ciò che vide Kyoshi in lontananza, si presentò con un ancor più grande stupore. Posti dinanzi al cancello di Suna, vi erano alcune figure a noi importanti. Per Kyoshi vi era la sua famiglia, cosi come per Kaito. Fu' in quel momento che ritrovai me stesso. Ad attendermi vi era Shizuka, faro e luce della mia vita. Fu' in quel momento che mi accorsi di come la distanza aveva influito sui miei sentimenti. La guardai e sorrisi. Era bellissima. Il suo viso splendeva grazie ad alcuni raggi solari che impattavano sulle sue forme e sui suoi lineamenti, su quegli occhi che sembravano due smeraldi. La nuvola di sabbia tremò come il mio corpo, il cuore batteva all'impazzata, sembrava come un cielo ricco di fulmini e tuoni. Scesi dalla sospensione del deserto, richiamandola nuovamente dalla Giara e mi avviai verso ella. Non feci nemmeno in tempo ad avvicinarmi che subito dovetti reggere il suo corpo per non rischiare di cadere all'indietro. Finimmo per abbracciarci come mai prima d'ora. Più la stringevo e più sentivo il cuore impazzire. Ne ero convinto, ella era il mio punto zero, il centro di tutto.
     
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    Parlato Shizuka | Parlato Renji Yomo


    Sentivo perfettamente il calore del corpo di Shizuka attraversarmi la pelle, scorrere lungo gli arti superiori e giungere in luoghi a me sconosciuti. Era la prima volta che ci fu' un cosi lungo abbraccio e quella potente emozione si mosse come a sgretolare il mondo sotto i miei piedi. Era come se tutt'intorno fosse avvolto dall'oscurità più totale, mentre un doppio strato di luce ci proteggeva da un codesto male minaccioso. I suoni e le persone lì presenti vennero divorate da quelle tenebre, permettendoci di restare soli dopo diverso tempo. La lontananza era stata breve ma sembrò essere passata un eternità. La strinsi sempre più, immergendomi in quel dolce profumo di lilla misto a della fresca malva, tipiche piante presenti nel grande Orto Botanico del Villaggio. La sua candida pelle si scontrò con la mia e potei tastarla attraverso una tenera curiosità mentre in volto mi si dipinse un denso rossore. Ero imbarazzato, ciò nonostante, non desideravo altro. Avevo sempre provato qualcosa per l'angelica fanciulla ma fino a quel momento pensai fosse qualcosa di superficiale, una cotta passeggera. Purtroppo ne ignoravo la potenza giacché al tempo ero troppo chiuso in me per accorgermene e forse, troppo stupido ed estraneo alla società. La crescita portò tutto il corpo a svilupparsi, rendersi maggiormente più maturo, cosi come la mente che sembrò aver raggiunto un più alto livello. Ero più attento a tutto ciò che mi circondava, più analitico nelle varie situazioni che si presentavano dinanzi alla mia figura, pronto ad abbattere ogni ostacolo che mi si sarebbe parato contro. Sembrava che nulla potesse ostacolarmi ma ella, una semplice figura che per me incarnava la perfezione, mi rendeva come un fiammifero acceso nel bel mezzo di un acquazzone. Nessuna potenza fisica e nessuna conoscenza magica sembravano elevarmi a ruolo maggiore dinanzi al suo cospetto. Mi sentivo come un bambino e nient'altro. Le donne hanno un potere straordinario e riuscì a capirlo in quell'esatto momento.

    « Haru.. »
    « Mi sei mancata sai? »

    Nessuno dei due sembrava volersi liberare dell'altro, stringendo ancor più quell'intreccio isolato e forse troppo romantico. Riaprì lentamente le palpebre degli occhi, osservando con maggior insistenza quel suo crine d'oro, raccolto in una stretta coda chiusa da un chignon posto sopra al capo, mentre qualche chioma ribelle ondeggiava nel caldo etere. Il suo viso era uno delle più belle cose mai viste al mondo e quei suoi occhi, che sembravano due perfetti smeraldi, ne risaltavano i lineamenti, rendendola ancor più femminile e di bell'aspetto. La osservai per altri piccoli secondi, paralizzato dinanzi a tal divina visione e poi le donai un sorriso carico di sentimenti e d'amore. Ella ricambiò lo sguardo e il dolce sorriso. I nostri volti erano vicini - troppo - ed entrambi cademmo nel baratro dell'imbarazzo.

    « Anche.. tu »

    Una voce timida accompagnò le sue parole, trasportandole debolmente verso le mie orecchie. Non risposi ma mi limitai a sorridere nuovamente, ritornando ad abbracciarla per l'ennesima volta. Proprio non volevo distaccarmi dal suo corpo.

    « Come stanno gli altri? »

    Di certo non mi aspettavo che fosse presente tutta la famiglia ma ritrovarmi solamente Shizuka, lasciò dentro di me un dubbio sospetto. Questo mi portò ad indagare oltre, piegare il busto leggermente sulla destra e sporgere cosi il capo nella stessa direzione. Nulla ma proprio nulla. Dov'erano gli altri? Dov'era Kazuhiko? Dov'erano i miei fratelli? Tornai a guardarla nuovamente.

    « Stanno bene, sono impegnati a fare altre cose » mi guardò con un malizioso sorriso in grado di celare ciò che era realmente il pensiero nato in quel momento. Mi chiesi per un attimo cosa stessero organizzando e quale fosse la vera motivazione di tale assenza. Tuttavia, nei suoi occhi, riuscivo a leggere qualcos'altro. Era come se fosse presente un velo oscuro, pregno di insidie e malvagità, la stessa che avevo intravisto negli occhi del Genin di Kumo affrontato nella prima prova, una traccia che risultò inferiore a quella stessa impronta. Shizuka, dunque, stava indossando una maschera che però non calzava perfettamente con la sua personalità. Mai l'avevo vista in quello stato né tantomeno udito una sua menzogna.

    « C'è qualcosa che ti turba? » più i secondi passavano e più grande si fece quella sensazione, ormai chiara scoperta del mio intuito « No tranquillo, non è nulla.. » chinò leggermente il capo e quello fu' un chiaro segno « So che mi stai mentendo » un silenzio agghiacciante giunse a contrapporsi fra noi « Te ne parlerò dopo, adesso goditi il tuo momento » infine ci separammo mentre la vidi fare qualche passo indietro e guadagnare qualche metro.

    Iniziavo già ad odiare il ritorno, giacché non mi donò nient'altro che un forte senso d'amarezza. Con una forza immane, la portai ad un piano inferiore, nascondendola sotto quella ritrovata felicità che mi aveva accompagnato per tutto il viaggio. Venni chiamato in disparte da Renji Yomo, accompagnato dalla più recente aggiunta del nostro ex team di Genin, Izumi. Le leve inferiori si mossero in automatico, portandomi proprio a qualche passo da loro. Eravamo nuovamente tutti riuniti ed era tremendamente buffo osservare quanti progressi avevamo compiuto. Divertito ma al tempo stesso soddisfatto. Fu' quest'ultima sensazione a dominare sulle altre, proprio in quel preciso momento. Lo sguardò si porto ad osservare con più attenzione il viso dei miei compagni, fermandosi poi sulla figura della fanciulla a noi inferiore in grado. Il suo incidente non le permise di partecipare al Torneo Chuunin ma ero sicuro che la scelta di Renji non fu' superficiale. In lei aveva scovato un grande potenziale e proprio come un fedele canide quadrupede, stetti a seguire la visione del mio maestro e ciò fu' l'ennesima testimonianza della imponente importanza che quell'uomo aveva sulla mia vita. Ella iniziò a parlare, sventolando ad ampia voce la sua più grande ambizione, il suo più grande desiderio. La migliore ninja di Suna, ecco cosa voleva diventare. Non si può dire certo che i nostri desideri coincidevano, dato che a me non interessava affatto essere il più potente ninja del Villaggio ma ciò che più m'interessava era la salvaguardia delle persone e la loro salute, riuscire a debellare ogni forma di male da questo caotico mondo.

    « Bene. Complimenti per la promozione a Chuunin, ora si fa sul serio » le parole di Renji non portarono nessuna novità ma l'impatto che aveva era diverso da qualsiasi altra voce « Visto che Kyoshi ne ha già uno, questo è tuo Haruki » mi consegnò il giubbotto da Chuunin e distesi entrambe le leve superiori come ad afferrarlo, lo raccolsi e lo tenni stretto. « Ho bisogno di parlarvi, quindi una volta sbrigate le vostre faccende venite a quest'indirizzo » ci consegnò un piccolo foglietto bianco, piegato un paio di volte su se stesso. Gli diedi un rapido sguardo e lessi cosi l'indirizzo trascritto su di esso « Accompagnate Izumi in ospedale, deve farsi controllare la gamba. Ora devo andare »
     
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    La figura di Renji scomparve e al suo posto giunse una piccola coltre di fumo bianco, pallido come le menzogne di Shizuka che restava tuttavia una questione ancora da risolvere. Tenni ben stretto il giubbotto che dichiarava al mondo intero ciò che ero diventato, il grado che tanto avevo meritato ed ottenuto durante l'esame. Ero a tutti gli effetti un Chuunin di Suna. Sollevai la Giara di Sabbia con entrambe la mani, poggiandola delicatamente sulla sabbia del Deserto e successivamente indossai quel giubbotto con un aria terribilmente soddisfatta. Diedi su di esso due piccoli colpetti, proprio sul petto, non ricevendo nessun segnale da parte del corpo, segno che tale protezione svolgeva il suo lavoro in modo perfetto, reggendo cosi la ragione per cui è stato realizzato. Una nuova difesa quindi andava a portarsi dalla mia parte, l'ennesima dopo le tante capacità in mio possesso e le numerose tecniche difensive che con il tempo avevo imparato a padroneggiare. Rialzai nuovamente lo sguardo, facendo roteare di pochi gradi la spalla manca e lasciando al giubbotto la possibilità di aderire ancor più perfettamente ai lineamenti del busto. Allungai la man dritta nuovamente sulla Giara di Sabbia e feci in modo che la robusta cintura trasversale fosse capace di contenere ancora una volta il suo peso, ritornando ad essere un tutt'uno, proprio come due poli magnetici contrari che si attraggono fra loro. Aizzai lo sguardo verso l'orizzonte, proprio sulla figura di Kyoshi che eretto era rimasto al suo posto. Indossava già il suo giubbotto mentre l'altra Genin del team, Izumi, mi guardava con una velata curiosità in volto, come se aspettasse una mia indicazione o una mia parola.

    « Dammi solo un momento »

    Lei annuì, permettendomi di liberarmi per un attimo da tutta quella situazione mentre le nocciola iridi seguivano la figura di Kyoshi che ritornò dalla sua famiglia. Sorrisi quando l'amore familiare si mostrò dinanzi a me ma per la prima volta non ero minimamente geloso. Ormai sapevo di poter contare su alcune persone che nel corso degli anni divennero importanti, quasi come una famiglia anche se nessun legame sanguineo ci legava. Ruotai poi il corpo verso Shizuka, avvicinandomi a lei con passi felpati, seppur il peso della Giara faceva in modo che le leve inferiori s'insabbiassero più del normale.

    « Quindi? Vuoi dirmi cosa ti turba? » ella mi guardò come un cane bastonato « Riguarda Kazuhiko.. » sospirò e poi aggiunse « Sembra aver contratto una grave malattia che lo sta lentamente.. » si arrestò mentre i suoi occhi iniziarono a bagnarsi di lacrime « Cosa? » in un certo senso avevo già capito il messaggio ma proprio non volevo credere di aver centrato il punto « Lo stiamo perdendo Haru.. è sempre più debole giorno dopo giorno » rimasi immobile, bloccato e paralizzato come se fossi sotto l'effetto di un potente Genjutsu « Stai scherzando vero? » fu' la prima cosa che mi venne in mente di dire. Non poteva accadere davvero, non potevo né volevo perderlo. Gli occhi si sbarrarono ma il viso di Shizuka confermò esattamente ogni mia previsione e fu' come se il mondo mi crollò addosso e quella volta nessuna dannata simulazione riuscì a salvarmi. L'aperta discussione cadde in un profondo silenzio, perfino i muscoli smisero di rispondere ai vari comandi inviati dal cervello, anch'esso privati delle proprie funzioni cognitive. « Che hanno detto i medici? » un intensa tristezza era chiaramente leggibile fra le mie parole, risultando deboli proprio come le forze in corpo « Sembra che non ci sia molto da fare.. » imprecai a labbra serrate.

    « Haruki sei pronto? »

    Giunse a salvarmi, invece, la figura di Izumi. Ella interruppe quel triste momento, uno di quelli che non t'aspetteresti mai e che non vorresti mai giungere. La vita tuttavia non è tutta rosa e fiori e quella non faceva parte dell'eccezione. Ruotai il capo seguendo la traccia delle sue parole, fermando lo sguardo esattamente sulla Genin ed annuendo leggermente con il capo, senza proferire parola alcuna.

    « Sistemo questa faccenda e arrivo, ne riparliamo a casa » dissi diretto verso Shizuka « Certo.. » rispose lei. Strinsi i le mani in poderosi pugni mentre mi avviai verso il centro del Villaggio, con direzione l'Ospedale della Sabbia, accompagnato da colei che era rimasta ferita e che ancora portava il danno sul corpo. Il viaggio fu' uno dei più silenziosi. Izumi parlava ma io non udivo nessuna delle sue parole, ero completamente in un altro mondo, isolato da tutto il resto. Giungemmo presto all'Ospedale o almeno cosi sembrò. Non feci altro che seguire le indicazioni della mia ex compagna di squadra, senza nemmeno accorgermene di dove fossi capitato o quale piano avessi raggiunto. Non sapevo nemmeno in quale stanza fossi entrato.

    « Mmph »

    Annuivo ad ogni singola frase lanciata in una piccola stanza, pregna di medicinali su un piccolo armadietto e dal classico profumo degli ospedali. Percepì una voce chiamare insistentemente il mio nome ma il recupero totale dell'intelletto giunse quando mi furono donate alcune pacche sulla spalla manca. Lo sguardo, dapprima spento, ritornò ad essere vivo. Lo rialzai e potei notare come l'ambiente fosse cambiato e dinanzi a me vi era un uomo che indossava un bianco camice, capelli brizzolati al vento e una folta barba curata. Poteva avere intorno i quarant'anni, qualcuno in più, qualcuno in meno. Iniziai ad ascoltare le sue parole, facendo un cenno con la man dritta come a voler mettere firma della mia presenza, rendermi quindi partecipe e discostarmi per un breve attimo da ciò che veramente mi affliggeva.

    « Quindi in pratica, Izumi, continua cosi e potrai tornare a svolgere allenamenti e missioni » la voce del medico risuonò nella stanza « Ma continua a fare attenzione mi raccomando e prendi queste, ti aiuteranno » le diede alcune medicine e poi si rivolse a me « Da quello che ho capito sei suo amico. Assicurati che non superi i suoi limiti e che continui con le cure » risposi annuendo, posizionandomi meglio su quella comoda sedia ed iniziando poi ad aprire le labbra « Certo » sorseggiò un po' di caffè e poi ritornò nuovamente a parlare mentre io continuavo ad escludermi dal mondo. Al tempo stesso tuttavia, più tempo passavo ad ascoltare quell'uomo e più cresceva in me qualcosa, un cambiamento che sentivo sempre più vivo. Era come se tutti quei discorsi rinforzassero alcune mozioni assopite con il tempo.


    Edited by JeTClouD - 30/4/2021, 16:40
     
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    Quella sensazione era cosi dannatamente familiare. Mi riferisco a ciò che si prova quando ti senti estraneo al mondo, presente in qualcosa di assente, un controsenso vivente che sfortunatamente vive e respira, divorando ogni sentimento che si agita nell'anima. Mi sentivo, insomma, come un piccolo punto nero in un quadro ancor più nero. Un albero che cresce in un arido deserto. Sbuffai animatamente mentre le linee squadrate dell'ospedale venivano distanziate dai passi battenti. Al mio fianco vi era ancora Izumi, che come suo solito, continuava a parlare del più e del meno. Ero sicuro di aver udito qualche parola del Torneo Chuunin ma ero cosi concentrato sui miei problemi personali che quei discorsi sfuggirono come delle perfette prede rincorse da feroci predatori. La man manca prese riparo nella tasca del pantalone, mentre l'altra penzolava nell'etere nel suo solito movimento, seguendo quelli che inscenavano le leve inferiori. Non avevo nessuna locazione precisa da raggiungere, semplicemente percorrevo la traccia dell'ombra lasciata da colei che dovevo assistere. Altra responsabilità che si aggiunse alle già presenti. Dopo alcuni minuti di cammino, ci fermammo dinanzi a quella che doveva essere la sua abitazione.

    « Siamo arrivati » sorrise Izumi mentre io non avevo proprio voglia di farlo « Mmh » mugugnai invece e sembrò quasi essere tornato agli anni più duri della mia vita, quelli dell'infanzia « Ce la fai a rientrare da sola? » le domandai ancor più serio di prima, appoggiando il peso del corpo sulla gamba destra e ruotando maggiormente il corpo in direzione della ragazza « Si tranquillo.. » dipinse nuovamente uno spiccato sorriso in volto, mostrando come quella sua principale caratteristica fosse cosi affascinante e innocente « Grazie per avermi accompagnato, anche se avevi la testa da un altra parte » rise per qualche attimo e in volto mio comparve un sottile imbarazzo « Era cosi evidente? » spostai lo sguardo altrove, cercando di allontanarmi da quella situazione e salvarmi in qualche modo « Era chiaro come il giungere del Sole » ci fu' una pausa nella quale mi guardò attentamente, come se provasse compassione per i tormenti che mi affliggevano lo stato psicologico « Non so cosa ti preoccupi cosi tanto ma se vuoi parlare sai dove abito, la porta è sempre aperta » ruotai il capo nuovamente sul viso di Izumi, serrando le labbra giacché parlare, in quel momento, era assai lontano dalle mie voglie « Lo apprezzo molto ma penso sia meglio che adesso ritorno a casa » dovetti dunque ritrattare, muovendo un singolo passo indietro « Va bene, sai dove trovarmi. Ci vediamo » infine ci salutammo.

    Permasi ancora lì dinanzi a quella casa, tenendo ancor fermo lo sguardo sulla figura di Izumi. Fu' solamente quando ella rientrò in casa che finalmente potei muovermi e come prima cosa, ruotai l'intero corpo in direzione della mia di casa. Nel tragitto ebbi il modo di pensare alle parole di Shizuka e a tutto ciò che stava succedendo. Ripensai inoltre ad alcuni episodi archiviati nella mente, proprio a quelli dove Kazuhiko era presente. Sapevo che gli dovevo tutto, seppur nulla desiderava in cambio anzi, sperava solamente che i propri "figli" potessero gioire della vita. Per alcuni era cosi, mentre per me tutto sembrava contorto, nato dalla mente di un folle che si diverte a giocare con le persone, facendole risultare nient'altro che semplici fantocci nelle sue mani. Era questa la visione che più mi mandava in bestia, che faceva affondare il mio corpo in delle sabbie mobili e più cercavo di uscirne, più sprofondavo in un oscuro oblio. Volevo a tutti i costi abbattere questa visione pessimistica, distruggere ogni fonte di male presente in questo mondo e raggiungere quel folle che aveva piani diabolici per ogni persona presente al mondo. Dovevo solamente acquistare maggiore forza, divenire più sicuro ma ciò che si presentò sul mio cammino era un ostacolo insormontabile. La visione pessimistica si scontrava con una possente ambizione, un fuoco che ardeva dentro di me con immensa foga. Tuttavia, la questione di Kazuhiko, eliminava quel fuoco facendolo scomparire come polvere nell'etere, agiva come uno stratega eliminando ogni fonte di ossigeno.

    « Sono tornato »

    Arrivai a casa con la testa che quasi scoppiava, pregna di pensieri e preoccupazioni. Socchiusi lentamente la porta alle mie spalle, allungando lo sguardo verso il soggiorno vuoto e silenzioso, proprio il contrario della mia testa. Portai le leve inferiori a muoversi, compiendo piccoli passi felpati e stando accorto a non incappare in nessun ostacolo. Sentivo come qualcosa di strano nell'aria, seppur l'udito non captava nessun rumore. Tutto taceva, proprio come in quelle calme notti di luna piena o come le pacifiche acque del Lago Ibuse. Più avanzavo e maggiore diventava quella sensazione.

    « SORPRESA! »

    Sull'ultimo passo mi si aprì una nuova visione. Erano tutti lì riuniti attorno alla tavola, sorridenti e felici come non mai, come se nulla fosse successo e rimasi imbambolato come una pera cotta. Gli occhi si sbarrarono, le parole mancarono e il respiro venne a calare. Che stava succedendo? Proprio non lo capivo.

    « Forza vieni »

    La voce di Kazuhiko ruppe i miei tormenti e permise al cuore di ritornare a battere normalmente. Non sembrava afflitto da nessun male e nei suoi occhi leggevo come una profonda ammirazione. Il suo sorriso era la ciliegina sulla torta, la cornice di un perfetto quadro realizzato dal miglior pittore in circolazione. La mente analizzò tutto ciò che stava accadendo e dopo pochi secondi, mi avvicinai a tutti loro lì riuniti, pronti a festeggiare come mai avevano fatto.
     
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    Narrato | « Parlato Haruki » | - Pensato Haruki - | « Parlato Kazuhiko » | « Parlato Kunikida »



    L'incredulità regnò sovrana sul popolo dei sentimenti e il corpo divenne una semplice pedina nelle sue mani. Era riuscita ad ottenere il controllo dei miei sensi, dei muscoli e dei pensieri. Rimasi di stucco dinanzi quella visione, come se avessi visto un fantasma o addirittura un Dio sceso in terra. Non sapevo minimamente cosa dire e neppure quale emozione mostrare. Non riuscivo nemmeno a lasciarmi andare, godere di quel momento, perdermi nelle meravigliose sfumature del mondo. Solo un passo mi separava da coloro che amavo, seduti su delle comode sedie in legno e appoggiati ad un tavolo il cui tempo era diventato il suo nemico. Kazuhiko era al suo solito posto, quello più distante da me e proprio dritto verso le ore dodici. Sembrava che nulla fosse successo, come se le parole di Shizuka fossero delle luride menzogne. Ciò non poteva che mandarmi in bestia ma dubitavo fortemente che un tale angelo potesse mai mentire su un tale argomento ed inoltre, la conoscevo troppo bene e mentire non era proprio da lei. Stetti per qualche secondo ad osservarli tutti, squadrando i loro visi e cercando di oltrepassare i loro sguardi, leggere cosi le loro anime che con il tempo avevo imparato ad amare.

    « Sembra che tu abbia visto un fantasma »

    Kazuhiko fece una grassa risata e dopo portò la man manca dinanzi alle roche labbra, coprendo dei piccoli cenni di tosse. Era malato eppure se ne stava lì seduto in quel giorno ormai divenuto dannatamente strano. Nessun'altro osava proferire parola ma tutti osservavano il capo famiglia con intensa preoccupazione. Non erano bugie quelle raccontatomi da Shizuka e fu' proprio in quel momento che me ne accorsi. Mossi un passo verso una delle sedie lasciate vuote, abbandonando quel inattivo ed apocalittico stato in cui ero affondato, cercando di mantenere un sano controllo della psiche. Non volevo dare ulteriore peso all'uomo che tanto mi aveva donato, non potevo rendere i suoi giorni ancor peggiori. Poggiai i glutei sulla sedia, tenendo poi una posizione quanto più comoda possibile e spostando il capo verso la di lui figura.

    « Congratulazioni per la promozione a Chuunin » Il suo sorriso iniziò ad essere sempre più inquietante « Gr.. grazie » Gli risposi provando ad indossare una falsa maschera fatta anch'essa di velati sorrisi e di sentimenti che in quel momento proprio non sentivo miei « Adesso si fa sul serio » La voce di Kunikida, fortunatamente, ruppe quel imbarazzante conversazione « Sei riuscito a diventare Chuunin un anno prima di me, non male sai? » Con la man manca si aggiustò gli occhiali, osservandomi poi dritto negli occhi « E' stato.. strano » Presi una piccola pausa, sospirando e facendo spallucce cercando di trovare le migliori parole possibili « Di certo non mi aspettavo quel finale anche se in un certo senso è stato emozionante affrontare quel Cyborg » Iniziai a raccontare quella che era la mia visione « Era solo una simulazione ma ciò che vedevo sembrava dannatamente reale e tutte quelle morti.. » « Ti capisco. Penso sia stato piuttosto crudele da parte dei Kage ma è servito a farvi capire cosa stiamo combattendo. Peccato che Ryunosuke non sia qui. Lui saprebbe dirti qualcosa in più, infondo ha molta più esperienza di me » Mossi il capo verso il basso annuendo alle sue parole, come potevo dargli torto « E' ancora in missione? » Colui che mancava era Anbu del Villaggio e primo genito di casa Sato « Ormai manca da quasi un mese ma sai com'è fatto » Il ricordo del ragazzo quasi svaniva in realtà. Mugugnai « Ritornerà anche questa volta sano e salvo e con una missione compiuta » Tutti sapevamo delle sue notevoli doti magiche e tutti eravamo certi dei suoi risultati, come se fosse un Dio immortale, un guerriero coperto di lodi e di encomi, con un esperienza sulle spalle da fare invidia al mondo intero. Fu' Kazuhiko ad intervenire in quel momento, deliziandoci con i suoi colpi di tosse che riportarono tutti a tenere alte preoccupazioni ed ansie « Forse è meglio se vai a riposarti vecchio.. » Mai l'avevo chiamato per nome, anche se sembrava piacergli il modo in cui usavo quel termine « Va tutto bene. Purtroppo sono cose che possono capitare a chiunque » Fece un nuovo colpo di tosse mentre il mio sguardo andava a stringersi sul suo volto « Ti hanno già informato vero? » Risposi annuendo con il capo « E' tutto vero, sono malato. E' la stessa malattia che ha colpito mia moglie e che è riuscita a portarmela via » Abbassai lo sguardo e morsi il labbro inferiore mentre in volto andò a dipingersi un aria da cane bastonato « Non crucciarti, fa parte della vita. Posso dire di essere riuscito a coronare il desiderio della mia sposa e vedervi crescere è stato un grande onore » Le nocciola iridi iniziarono a bagnarsi come un mare in piena. Non volevo perderlo e non accettavo un altro abbandono nella mia vita. « Non piangere, ormai sei un uomo e sei anche un Chuunin di Suna. Non dimenticarlo mai » Prese un piccolo sospiro, mostrando quanta fatica facesse quando iniziava a parlare « Ciò è rivolto a tutti voi. Non dimenticate chi siete e da dove venite » Mi alzai in piedi sollevando il corpo da quella sedia e mi avviai verso Kazuhiko unendo le mani a formare il sigillo del Serpente. Creai poi un piccolo bastone in legno grande quanto metà del suo busto, tenendolo nella man dritta mentre quella manca si portava sul suo fianco sinistro « Si è fatto tardi. Forza andiamo, ti porto a letto »

    Cercai di aiutarlo ad alzarsi in piedi, dandogli come appoggio quel bastone creato grazie a quelle doti intrise nel mio gene sanguigno. Shizuka intervenne a supportarmi, fiancheggiando Kazuhiko sul lato sinistro mentre io ero su quello destro. Lo accompagnammo nella sua stanza e lo adagiammo lentamente sul letto, entrambi visibilmente coinvolti emotivamente per le sorti dell'uomo più importante delle nostre vite. Sospirai mentre l'ammalato si adagiò lentamente fra le braccia di Morfeo, muovendo i muscoli del viso a comporre l'ennesimo sorriso ed io, osservandolo, rimasi stupido dalla sua forza d'animo e dal suo coraggio con cui affrontava tutto ciò che gli stava succedendo. La vita gli stava scivolando fra le dite e lui era lì disteso nel suo letto a sorridere e a godersela.

    - Ti voglio bene.. -



    Edited by JeTClouD - 10/5/2021, 08:08
     
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    Vederlo in quello stato mi straziava il cuore, come se fosse incatenato e ad ogni sua reazione - quelle catene - si stringevano con più forza, facendolo quasi scoppiare dal dolore. La fatica gli era dipinta in volto e nemmeno il sonno pareva dargli tregua ma era cosi testardo da voler continuare a nascondere tutto sotto una spessa maschera, standosene ritto sul letto con un ampio sorriso stampato in volto. Odiavo quel suo atteggiamento ma allo stesso tempo apprezzavo la sua spiccata volontà e la grande forza d'animo. Buffo come nel momento peggiore della sua vita riuscisse ad indossare una possente corazza e trasformarsi in un guerriero feroce ed imbattibile, capace di sostenere una lunga guerra di trincea e di abbattere più di mille soldati tutti da solo. Nessun nemico frontale sembrava poterlo distruggere ma purtroppo, il problema era interiore. Il suo avversario era invisibile, forse piccolo, forse di poco conto ma comunque presente e capace di provocargli gravi danni. Fu' quel momento che mi fece capire la debolezza dell'essere umano. Fu' in quel momento cha capì quanto possiamo essere stupidi ed egoisti. Poco importava se eri ricco o povero, se eri un vecchio decrepito o un giovane pimpante, siamo nulla al cospetto del mondo, unico vero sovrano dell'esistenza. La man dritta si mosse verso il volto di Kazuhiko e lo sfiorò appena, proprio mente il suo corpo cadde finalmente nel sonno più profondo, segno che quella turbolenta malattia si era calmata per un attimo come se volesse dargli tregua. Poteva riposare, riprendere le forze per il giorno seguente e Dio solo sa quanta speranza cercavo di trasmettergli. La speranza di poter vivere quel dì in più e godersi di altri momenti, arricchendo cosi la sua vita. Il Sole ormai era sparito da un pezzo, lasciando spazio ad un ciel stellato e ad una regina sovrana: la Luna. Chiusi delicatamente la porta alle mia spalle, stando ben accorto a non generare nessun rumore fastidioso e abbandonando cosi quella stanza. Mi dirigo nuovamente verso il restante della famiglia, seppur alcuni di essi già si erano dileguati e diretti a loro volta al riposo.

    « Si aggrava sempre di più.. »

    Trovai Kunikida già in piedi e con in mano un bicchiere d'acqua. Bevve a grandi sorsi, come se volesse affogare le sue preoccupazioni grazie all'aiuto di quell'acqua fredda. Sarebbe riuscito a perseguire il suo desiderio? Speravo che almeno lui fosse capace di evadere da quei tormenti mentre io ormai ero piuttosto abituato a stare in quella situazione. Difatti quella solitudine e quelle ansie non mi erano nuove anzi erano dannatamente familiari, fin troppo aggiungerei. Il biondo si mosse in mia direzione, fermandosi non appena la sua spalla mancina fosse parallela alla mia.

    « Saranno giorni bui.. »

    Serrai le labbra non riuscendo a trovare risposta alcuna, lasciando cosi scorrere via Kunikida mentre ormai ero rimasto solo in quella stanza vuota. L'udito riusciva a catturare rumori di sottofondo, più nello specifico erano chiacchiere quelle che sentivo e provenivano tutte da una delle camere. Probabilmente qualcuno era ancora sveglio, pronto a discutere su ciò che stava accadendo alla famiglia Sato ma io non né avevo proprio voglia, sentivo il bisogno d'isolarmi, affondando in quei pensieri oscuri cercando di trovare un faro, una luce che potesse guidarmi. Poco dopo mi ritrovo sul soffitto della casa, seduto ad incrociare le gambe e con la schiena poggiata ad un piccolo masso di legno creato grazie al Mokuton. Alzai lo sguardo verso la Luna, ammirandola nella sua piena forma e rimanendo di stucco anche per l'ennesima volta. Sospirai, cercando di liberarmi da quei tanti pesi che mi portavo dietro. Volevo urlare al mondo, gridare con tutta la forza che avevo in corpo o almeno fin quando le corde vocali mi avrebbero concesso la loro potenza. Ero cosi deluso e cosi furioso che avrei potuto distruggere Fury in persona, togliergli la falsa corona e quel falso titolo che con tanto folle ardore era riuscito ad indossare ed ottenere. Strinsi i pugni e le unghie quasi affondavano nelle carni dei palmi delle mani. Strinsi la mandibola e i denti stridettero al contatto fra loro, decantando alcune note che volarono nell'etere spinte da un tenero vento. Esse si persero poi nell'infinita bellezza di quel ciel stellato, seguendo alcune stelle e sperando di essere accolte nelle loro grazie. Morfeo, invece, non voleva giungere alla mia di corte, restando piuttosto restio, indossando poi un lungo mantello bianco e standosene lontano ad osservarmi. Raccolsi con la man manca un piccolo libro che mi ero portato appresso e distesi il busto facendo in modo che la schiena poggiasse sul tetto della casa. La gamba destra si accavallò su quella manca mentre gli arti inferiori tenevano una salda presa su quello che era divenuto una fonte d'intrattenimento, un semplice passatempo con cui poter condividere una nuova esperienza, seppur sia alquanto tragica. L'unico momento felice della mia vita sembrò apparire come un miraggio, scomparendo poi come polvere al vento.

    CITAZIONE
    [...] Lo salutò con un ampio sorriso in volto mentre i suoi occhi si bagnarono di lacrime. Il bianco crine, mosso dal vento, si ribellava contro un infausto Destino ma ormai nulla più poteva fare. Perse cosi l'ennesimo amico e un altro pezzo del suo cuore venne a strapparsi via. Le gambe gli tremavano, cosi come le braccia. Il Kunai gli cadde dalla man dritta, conficcandosi poi nel pavimento ligneo. Lo sguardo sbarrato su quel corpo esanime, freddo e privo della sua anima. Quel suo compagno era ciò che gli restava di più caro ma ormai aveva perso tutto. Non possedeva più una madre né tantomeno un padre. Non aveva più amici né tantomeno una casa. Un uomo rotto, spezzato dalla forza del Destino e da quel mondo cosi dannatamente crudele. Una fievole luce tuttavia è ancora presente dentro quell'uomo, pronto ancora a schierarsi contro le forze del male e continuare a lottare per i valori in cui crede. Eccolo lì adesso, raffigurato su una lunga montagna di volti ove il suo viso e il suo nome è legato ad altre precedenti figure.

     
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    Narrato | « Parlato Haruki » | - Pensato Haruki - | « Parlato Kazuhiko » | « Parlato Kunikida » | « Parlato Shizuka »



    Se nelle ore diurne le temperature non rendevano la vita facile, in quelle serali permetteva di godersi un meraviglioso clima. Certo il freddo non giungeva mai ma era completamente diverso. L'etere diveniva più leggero, penetrando nei polmoni delicatamente come il candido tocco della mano di un infante ed era in quei momenti che la mia attività, nei momenti di riposo, era decisamente super attiva. Anche se ormai non v'era più traccia alcuna dei momenti in cui potevo godermi un sano riposo. Scorrevo con gli occhi su quelle parole trascritte nel libro mentre una piatta Luna tendeva ad osservarmi come fossi un prigioniero, qualcuno condannato a morte certa o semplicemente il suo amante. Quelle parole entrarono nella mia mente con un passo talmente felpato che quasi non ricordavo cosa avessi letto qualche istante prima. Ero nel posto che più amavo al mondo, poggiando la schiena contro quel tetto della casa che ha avuto la fortuna di vedermi crescere, eppure, lo spirito vagava oltre. Fu' come se avesse abbandonato l'ammasso di carne in cui è solita rintanarsi, volando verso altri confini e destreggiandosi verso un mare di problemi, non il massimo che ci si aspetti da una vacanza. La vita sa essere dura, colpire con forza e piegarti in due. Lo stavo vivendo sulla mia pelle. Sentivo il mondo crollare sotto i miei piedi e ciò mi spaventava e mi rendeva come il più patetico essere al mondo. Tutto ciò in cui credevo, tra cui i valori che mi furono trasmessi, stavano svanendo insieme alla vita di Kazuhiko. Volevo aiutarlo, lo desideravo più di ogni altra cosa al mondo, persino della mia incontrollabile voglia di portare pace nel mondo. Ma non sapevo come fare e più ci pensavo, più sbattevo la testa contro il muro.

    « E questo cos'è? »

    Non appena spostai leggermente la gamba sinistra, potei sentire come un curioso rumore provenire dall'interno della tasca. Chiusi il libro adagiandolo sul pavimento e con la mano libera cercai di prendere quello che vi era nascosto, afferrandolo poi titubante ed estraendolo come se fosse una spada conficcata nella roccia. Era un piccolo biglietto di carta, bianco come alcune delle rose presenti nell'Orto Botanico. Lo aprì e in pochi secondi mi fu' chiaro cosa esattamente significasse il suo contenuto. Difatti vi era scritto un semplice indirizzo, facendomi tornare in mente qualcosa che dovevo fare in quello stesso giorno ma che avevo completamente dimenticato. Incontrare Renji Yomo - Diamine - Imprecai alzando di netto il busto dal pavimento e incrociando le gambe fra di loro. Avevo totalmente dimenticato gli impegni che dovevo portare a termine ma gli eventi che colpirono il mio Destino riuscirono ad avere la supremazia, vincendo quella dura battaglia che con tanta fatica affrontavo. Ormai il danno era fatto, dovevo solamente riposare e combattere il dì seguente. Trasportai il corpo verso la mia camera, lasciando poi cadere il corpo contro il letto, ove avrei potuto finalmente tentare d'incontrare il sonno.

    [...]


    Il mattin seguente fu' uno dei più torridi mai affrontati e dovetti asciugarmi il viso dal sudore che bagnava ogni parte di esso. Il caldo era tremendo, segno che l'Estate era giunta alle porte di Suna. Il letto divenne come una fornace e la pelle nuda quasi sembrava essere incollata ad esso. Un piccolo orologio, posto su un comodino segnato dal tempo, segnava le sette in punto e quasi mi spaventò l'idea di pensare a quanti gradi vi erano all'esterno. Con un colpo di reni m'alzai dal letto, rintanandomi nel bagno di casa e godendo di una sana doccia. L'acqua fredda impattava sul viso e sul petto nudo, facendo scivolare via il sudore presente sul mio corpo. Potei finalmente riprendere fiato ed iniziare finalmente la giornata. Poco dopo mi ritrovai ad indossare i miei vestiti, adagiando sul capo un sottile mantello di lino, portando cosi il viso a tenere una piccola protezione dai violenti raggi di quel cavaliere lucente. Varcai la soglia del soggiorno, quando il mio sguardo incontrò quello di Shizuka e di Kazuhiko. Li salutai entrambi ed insieme ci lasciammo la casa alle spalle, avviandoci verso l'ospedale del Villaggio.

    « Come ti senti? » Sembrai quasi uno sciocco a chiederglielo ma la preoccupazione era visibile nei miei occhi « Sto bene ragazzo, davvero, non preoccuparti » Mentiva, lo sentivo dall'interno. Aveva ancora la forza di sorridere e l'ammirazione che provavo nei suoi confronti crebbe a dismisura « Voi due invece.. » Ci guardò entrambi con un interessante e corposo sorriso in volto, quasi malefico a dire il vero « Quand'è che confesserete i vostri sentimenti? » L'imbarazzo piombò lungo la strada verso l'Ospedale ed in volto mi si dipinse uno spiccato alone rossastro, quasi divenni come un peperone « AHAHAHAHAH » Scoppiò in una terrificante risata, richiamando l'attenzione su di noi di quei pochi passanti. Ci guardarono tutti ed entrambi, me e Shizuka, volevamo sprofondare nel terreno e forse non esistere più « Dovreste vedere le vostre facce » I suoi occhi iniziarono a bagnarsi, forse per il divertimento, forse per la cruenta realtà che si palesò dinanzi al suo sguardo. Kazuhiko era un uomo forte, ormai l'avevo capito ma quel unico momento sembrò come spezzarlo in due « Godetevi la vita, vivete il momento e non lasciate che nessun rimpianto vi distrugga l'animo » Un brivido mi percorse l'intero corpo. Non avrebbe più potuto osservarci crescere..

    « Siamo arrivati.. »
     
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