Un Risveglio Brusco

Pq Warui Nise

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     Like  
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Suna's Ninja
    Posts
    633
    Location
    Campania

    Status
    Offline

    WARUI NISE

    [Paese del Fulmine, Kumo, Ospedale]
    Data: 20 d.Z/Alcuni giorni dopo l'attentato alle Accademie/Mattina


    Parlato-Pensato-Azione


    Quella mattina...



    Dalla finestra aperta, occlusa da una bianca, sterile tenda, filtrava timido, una raggio di sole caldo e intenso che apparteneva al sole del mattino. Pian piano percorreva tutta la stanza, man mano che il sole si spostava lungo la sua traiettoria, espandendo la sua luce e facendo arrivare calore in quella gelida stanza. Una leggera brezza smuoveva le tende, deformando il cono di luce e creando ombre sinuose sulle pareti e sul pavimento che davano l'impressione di imitare gli svolazzanti furisode di quelle giovani e allegre donne nubili che nei matrimoni di parenti e amici speravano di incontrare l'uomo della loro vita. I loro kimono floreali portavamo gioia e speranza, ma in un mondo governato dal terrore, forse è proprio la speranza a spegnersi per prima, i matrimoni affollati e pieni di vita e gioia per me erano solo rappresentazioni teatrali viste dall'esterno, perché di certo io, in tutta quella formalità e amore ero un estraneo, un punto che macchiava la grande tela bianca.

    Era forse quello il modo in cui i miei genitori si erano incontrati? Ricordavo che nell'inaccessibile stanza di mio padre avessi trovato un qualcosa di molto simile a quegli abiti, tenuto in perfetto ordine, pulito, sempre stirato e profumato come se stesse per essere indossato per un evento importante. Quando mio padre mi scopri ad osservarlo, come un critico osserva un'opera d'arte, decise di nasconderlo dove io non potessi trovarlo, geloso del suo tesoro, e da lì in poi fui privato della possibilità di osservarlo e percepire di nuovo il profumo di mia madre. Un profumo derivato dai petali di un fiore delicato, molto comune tra gli innamorati, che nel linguaggio dei fiori rappresentava l'amore, il rispetto e la prosperità: l'Ortensia



    L'ortensia era un fiore molto particolare, rappresentava il cambiamento, la varietà comune agli uomini, ma anche la loro forza d'animo. Fiori cangianti, che in base al colore rappresentano vari tipi d'amore: bianco, per un amore che sta nascendo, blu, per l'amore diretto a persone volubili che si amano nel profondo e, infine, quella rosa, che se regalata ad una donna rappresentava il passo più importante nella vita di ogni innamorato, l'ammettere che la donna amata era l'unica della propria vita. Un po' come quel mio genitore violento e disattento aveva dedicato tutto il suo amore verso la moglie, piuttosto che lasciarne un po' anche al figlio così desideroso di un po' di affetto paterno.
    I colori cambiavano a seconda di quanto fosse acido il terreno in cui si trovava la pianta, proprio a rappresentare quanto fosse potente quella forza che univa le coppie, che dal male faceva sbocciare bellissimo il bene.

    Un vaso di porcellana appoggiato alla finestra, ricolmo di umida terra, accoglieva al suo interno proprio quel delicato fiore di Ortensia, che mi richiamava alla mente tutti quei ricordi spiacevoli ma in qualche modo nostalgici. Esso colorava l'ambiente nel suo modo di presentarsi delicato, cangiante come le emozioni delle persone, e forte nel suo busto verdastro, andando in forte contrasto con la candida stanza in cui si trovava.

    La luce che filtrava dalla finestra, andò a posare il suo bagliore sul mio viso assonnato, lenendo il dolore alla testa che doveva avermi provocato la botta che avevo preso alla testa cadendo. Dopo aver constato, tastandomi la testa, che erano state applicate delle medicazioni, sentii la porta cigolare rumorosamente, provocando un rumore straziante che amplifico di mille volte il dolore che provavo alla testa in quel momento. Lentamente una donna fece ingresso nella stanza, abbastanza imbarrazzata poiché consapevole del rumore che aveva provocato involontariamente andando ad aprire una porta che probabilmente non veniva oliata da tempo immemore.



    Aveva un camice da infermiera lindo quanto la sua anima e reggeva stretta al petto una cartellina, probabilmente contenente i documenti che riguardavano il mio arrivo in quel luogo e il resoconto delle mie condizioni. Lunghi capelli neri come la pece erano legati in una coda alta, per evitare che i capelli andassero a impedire fastidiosamente la vista.
    Era una figura snella, allegra e dai grandi occhi bruni allegri e innocenti, proprio come qualcuno che avevo già visto in precedenza, ma in quel momento non mi veniva proprio in mente chi.

    -Buongiorno. Mi dispiace, non avevo intenzione di svegliarti così bruscamente.-

    Una piccola risata imbarazzata ebbe spazio sul suo volto, andando a denotare sempre più la sua spensieratezza quasi contagiosa. Sembrava radiosa, ma il suo buonumore non mi contagiò nel mentre attendevo steso sul letto, con un cuscino appoggiato sulla testa per evitare che quel rumore fastidioso mi trapanasse un timpano, una qualsiasi notizia in grado di spiegarmi perché mi sentissi come uno straccio usato, perché dopo quella fatidica esplosione non mi ricordassi più nulla, a parte le voci inquietanti che mi perseguitavano già da molto tempo.

    -Beh a quanto pare dovrò parlare da sola se il signorino non ha voglia di rispondere.-

    Ero ancora troppo stordito per riordinare i ricordi degli ultimi avvenimenti che avevano scosso la mia vita: i sogni, l'incendio, l'esplosione, le morti e l'odio avevano ormai saturato la mia vita. Anche gli angoli più bui e interni, gli angoli più nascosti dei miei ricordi erano pregni, inzuppati di sangue, e, perfino nel buio che generava l'ombra del cuscino sopra la mia testa, riuscivo a vedere degli occhi pregni di dolore delle persone che mi avevano circondato fino ad ora.



    Fu come aprire una crepa su una diga. Lacrime amare caddero dai miei occhi, nel mentre cercavo di sopprimere i singhiozzi di un pianto liberatorio, combattevo contro quelle visioni come le mie peggiori nemiche. Alla fine la pressione che generava quel pianto sul mio cuore fu talmente insostenibile che decisi di togliere il cuscino dalla faccia. A cosa era dovuto tutto ciò? Tutte le persone che fino a quel momento mi avevano circondato erano deboli anime cieche, incapaci di vedere i mondo dal mio stesso punto di vista, come ad esempio l'infermiera di fronte a me: parlava, ma senza arrivare al punto, mi osservava, ma non guardava dentro di me, non percepiva il mio distacco da quella situazione. Illustrava l'entità del danno ricevuto al cranio dalla caduta, ma i miei pensieri viaggiavano altrove, lasciandomi come in uno stato di trans che per l'infermiera, stranamente, era come impercettibile, invisibile. Lei vedeva quello che mi era successo come un incidente, quindi che motivo avevo di piangere in quel momento. Così come lei, tutti gli altri non avrebbero dovuto toccarmi nel profondo, come aveva fatto mia madre che non avevo neppure conosciuto ma che, appunto, mi aveva lasciato un ricordo indelebile solamente dal suo profumo e dai suoi fiori.
    Quindi cos'era quell'oppressione al cuore? Possibile che avessi dei rimorsi legati all'incendio? Che abbia deluso me stesso abbandonando quelle povere anime al loro destino?

    Il letto si smosse, nel mentre la mia mente viaggiava: l'infermiera si era seduta su di esso e mi guardava mentre ero perso tra i miei pensieri. Sperava in una qualche risposta che io non gli diedi. Ma i suoi occhi erano diversi, per la prima volta notavo qualcosa in lei di nuovo, così come lo avevo fatto con l'esaminatore durante il mio esame da Genin. Forse, anche lei in qualche modo stava cecando di capirmi? Forse, scrutandomi, stava cercando di capire quale pensiero mi tormentasse.

    -Mi dispiace se in questo momento non riesco a capirti. Probabilmente l ferita che hai subito non ti provoca neanche un quinto del dolore che hai provato nel vedere esplodere la tua terra natale, la tua casa. Avevo intenzione di evitare il discorso finché le acque non si fossero calmate, ma dal tuo sguardo e dal modo in cui sei completamente indifferente alle mie parole, penso di aver capito che quell'immagine sia ben stampata dentro di te.-

    Annuii. Non avevo la forza di parlare in quel momento quindi la lasciai trarre le sue conclusioni senza interruzioni.

    -Qui fuori ci sono dei ninja. Sono loro che ti hanno portato qui, dopo averti trovato vicino Red'Nuh. In quel momento le tue condizioni non erano troppo instabili, quindi, visto che non potevano aggravare ulteriormente la situazione del villaggio, hanno deciso di portarti qui. Ma ora gli è stato ordinato di fare rapporto e volevano che gli spiegassi per quale motivo ti trovassi lì poco dopo la distruzione delle accademie. Non penso sospettino di te, ma forse tu puoi sapere qualcosa.-

    Mi fermai per qualche secondo. Era una decisione importante quella di rivelare l'accaduto a dei ninja che ancora non avevo mai visto quindi volevo prendermi tutto il tempo che mi serviva per far riaffiorare i particolari di quel momento: gli sguardi vuoti, il calore e i vetri rotti erano come pezzi di un puzzle sconnesso che andava ricomposto.

    -Se non te la senti posso chiedergli di andar via. Ritorneranno quando avrai le idee chiare.-

    Annuii ancora, aveva capito perfettamente la situazione. In quel momento qualcuno ce l'aveva fatta, mi aveva letto nel profondo del cuore...

    Così dopo una veloce chiacchierata unidirezionale, se ne andò lasciandosi dietro i miei nuovi vestiti puliti.

    Continua...(1/6)
     
    .
  2.     Like  
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Suna's Ninja
    Posts
    633
    Location
    Campania

    Status
    Offline

    WARUI NISE

    Parlato-Pensato-Azione


    4b1420b5863840a130396e4ca36ce6e3
    Prima di alzarmi, persi qualche minuti a rimurginare su quanto successo in quelle ore: l'immagine dell'onda d'urto scatenatasi da Red'Nuh aveva lasciato un segno indelebile nella mia mente e dovevo ancora realizzare ciò che era successo. Ricordavo ancora tutte le urla strazianti che mi circondavano, ma soprattutto il dolce sapore di sangue che colava dal corpo per metà carbonizzato del mio esaminatore, che per un breve momento mi aveva portato all'estasi. Solo al pensiero di aver provato sensazioni positive in quella situazione mi faceva rabbrividire e mi chiedevo se non fosse tutta colpa mia, se io fossi davvero un mostro delle storie più ferali, un cannibale.
    Quel pensiero, però, era alquanto assurdo, non potevo essere nulla dio tutto ciò. Probabilmente l'adrenalina liberatasi nel mio corpo in quella situazione pericolosa mi aveva dato alla testa... si, forse era quello. Ma il dubbio ormai si era insinuato nella mia mente tormentata, trovando riposo in un angolino del mio subconscio, pronto per tornare all'attacco.

    Rimasi sul letto per un paio d'ore, a contemplare il soffitto nel mentre la mia mente si tormentava su quegli argomenti nefasti. Non potevo far a meno di notare che la stanza, estremamente sterile nel suo presentarsi, mi portava a pensieri che neanche io avrei potuto pensare di immaginare. Forse quel vuoto mi stava condizionando, dovevo uscire da quella stanza altrimenti sarei impazzito.

    Cominciai a vestirmi lentamente, poiché la testa mi provocava ancora qualche dolore e muovermi troppo mi dava un lieve giramento di testa che mi scombussolava il senso dell'equilibrio. Ogni volta che giravo di scatto la testa, sentivo come un rigurgito risalire dallo stomaco, pronto per essere eiettato via dalla mia trachea, tanto che dovetti rigurgitare molti bocconi amari prima di riuscire a mettermi in piedi senza rischiare di sporcare il pavimento della mia stanza.

    Visto che a malapena mi reggevo in piedi, mi fu portata una stampella da un altro infermiere che era passato per assicurarsi che tutto andasse bene. Me la feci appoggiare al letto e quando usci dalla stanza, decisi che era il momento di usare il bagno per distruggere ogni traccia di germe su quella stampella. Non volevo assolutamente toccare qualcosa che non ero sicuro fosse stato lavato accuratamente. Per fortuna quei vestiti che indossavo sembravano nuovi, altrimenti avrei dovuto lavare anche quelli.
    Trascinai i piedi fino alla porta del mio bagno, anche se camminare tenendo lontana da se la stampella era alquanto complesso e scomodo. Il bagno non era molto dissimile dal resto dal resto della stanza: era molto bianco e pulito, con un pavimento fatto di piastrelle sterili, prive di qualsiasi decorazioni, diverse solo nel colore per dividere i due ambienti della stanza. Era molto spoglio e mancavano molte cose, come se chi fosse stato in quella stanza prima di me fosse scappato in fretta e furia portandosi più cose possibile via sena pensarci troppo.
    Mancavano tende, gli armadietti del bagno erano completamente vuoti se non per qualche asciugamano mal ridotto dal tempo. Alcune vecchie saponette, o ciò che ne rimaneva, erano appoggiate in una scodella vicino al rubinetto tristemente mal ridotto ma per lo meno sembra tutto abbastanza pulito per fortuna.

    Mi poggiai sul lavandino, aprii l'acqua e mi sciacquai la faccia con la poca acqua che usciva dal rubinetto, per risvegliarmi dopo quel periodo di riposo forzato. Guardandomi allo specchio notai un volto stanco: lunghe borse sotto gli occhi, volto pallido, occhi stanchi e socchiusi e capelli sfatti. Solo un sorriso forzato si stagliava stonando sul mio volto stanco, un sorriso che probabilmente avevo usato nei confronti della dottoressa entrata poco prima.



    Era parecchio inquietante, tanto che dovetti distogliere lo sguardo. Probabilmente era un atro sintomo dello stress ma potevo percepire che quella persona non ero io, sentivo che quella faccia mi era estranea, qualcosa di penetrante che mi afferrava l'anima solo con lo sguardo. Cominciai a grattare le bende, che mi coprivano i polsi, freneticamente poiché esse cominciarono a prudermi così intensamente che pensai che qualcosa mi stesse camminando sotto la pelle, uno strano formicolio che viaggiava sul braccio e poi per tutto il corpo tornando di nuovo indietro. Le ferite sotto le bende forse si stavano riaprendo, ma non mi importava, dovevo far terminare quel prurito.


    Il sangue tornò a sgorgare, bagnando le bende che mi coprivano le braccia. Vedendo cosa stava per accadere riempii il lavandino di acqua calda e vi immersi le braccia, constatando che il prurito pian piano si attenuava e l'acqua si arrossava del liquido roseo che sgorgava nelle mie vene. Era una sensazione rilassante, mi sentivo di nuovo rinvigorito e pronto a uscire dalla stanza ma per scrupolo riguardai il mio volto nello specchio: finalmente quel sorriso era scomparso, così come ogni mia sensazione di ansia, scivolando via come il sangue.

    Ne approfittai anche per disinfettare la stampella, che ad una seconda occhiata mi sembro molto polverosa e con la pelle consumata per le varie persone che ne avevano fatto uso. Il solo sapere che qualcun altro l'avesse toccata mi creava un certo fastidio, così svuotai il lavandino e cominciai a lavare quelle stampelle stando attento a non far bagnare le parti in pelle, per evitare di rovinarle più di quanto non fossero già rovinate.

    Una volta messomi a posto e asciugate le bende, mi decisi ad uscire dalla stanza. Con un po' di inesperienza nell'usare quell'aggeggio e tante difficoltà motorie cominciai a guardarmi attorno. Si poteva notare che i lavori per il recupero della struttura erano ancora in corso, ma ero parecchio confuso: eppure, da quel che ricordavo, Kumo era in mano nemica, possibile che mi fossi perso così tanto in soli 3 giorni?

    Continua...(2/6)
     
    .
  3.     Like  
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Suna's Ninja
    Posts
    633
    Location
    Campania

    Status
    Offline

    WARUI NISE

    Parlato-Pensato-Azione


    4b1420b5863840a130396e4ca36ce6e3
    La sala di attesa odorava di un misto di odori particolari: disinfettante, medicine e un ultimo ingrediente ce ancora non mi era ben chiaro. Era una larga sala bianca, dove un grosso tabellone segnava dei numeri e delle lettere, corrispondenti a quelli degli sportelli, che occupavano la lunga parete della sala. Davanti ad essi, erano rivolte un numero scarso di sedie che davano un impressione molto spartana alla stanza, ed esse erano gremite di persone, molte più di quante ne potesse contenere a sala in realtà in realtà.
    Erano per lo più anziani o operai con ferite poco gravi. Questi ultimi, nonostante fossero in un numero impressionante, sembravano non essere colleghi ma ognuno cercava di dare il suo per rallegrare la permanenza degli altri e attenuare i sensi di colpa di non poter essere all'esterno a aiutare o semplicemente se ne stavano soli, tenendosi qualche braccio lussato, qualche ferita che rendeva la loro pelle rossastra.

    Tra essi mi sentivo un pesce fuor d'acqua, scottato da una presa di coscienza recente per colpa di una brutta caduta che non aveva potuto evitare. Loro erano degli onesti lavoratori che, chi più chi meno, sputavano sangue ed erano ancora lì a tirar su i compagni, io invece ero un neo-promosso shinobi ancora inesperto del mondo fuori Red'Nuh, pronto a far capire al mondo cosa voglia dire essere un vero protettore della patria slegato da qualsiasi costrizione, che al momento si trovava lì per una semplice caduta. Una caduta di stile non da poco a dirla tutta.



    Nel mentre trattenevo il riso per la freddura squallida che avevo appena fatto, mi guardai intorno alla ricerca dell'intenso profumo che avevo sentito appena arrivato nella stanza.

    Proprio affianco alla porta d'ingresso, notai un vaso modesto che sembrava fatto apposta per quella sala, poiché si sposava benissimo con l'ambiente in cui si trovava, un dono probabilmente finemente lavorato per dare importanza al fiore che ne abitava la terra contenuta e si aggrappava, attraverso le sue radici, sempre a quest'ultima ma anche per rendere la facciata dell'ospedale molto più gradevole alla vista per non far sentire a disagio i suoi ospiti. Il fiore poco fa citato non era altro che il bucaneve, un fiore simboleggiato dalla nascita, dalla nuova vita. Un fiore molto suggestivo per il luogo in cui ci trovavamo poiché probabilmente era un augurio per una istituzione fondamentale in un mondo fatto di guerre, infatti l'ospedale era la casa per i feriti o gli ammalati pe via di queste ultime, e una città senza sanità è qualcosa di impensabile poiché negherebbe la possibilità di essere curati a chi ne avesse bisogno e quel fiore probabilmente augurava a questa struttura di rinascere nel migliore dei modi.
    Quel fiore dal fusto eretto e delle foglie molto carnose e dal fiore di colore bianco, come le pareti di quella stanza sterile ma accogliente er il calore dimostrato dai loro abitanti temporanei, con tre petali interni sfumati di verde, rappresentava la volontà stessa del popolo di Kumo di rialzarsi dalle proprie ceneri e, nonostante odiassi quella tenacia, quell'attaccamento alla vita tanto forte da sorpassare qualsiasi cosa, non potevo far a meno di sorridere di fronte alla scena che mi si presentava davanti.

    Eppure, nonostante fossi attirato dalle storie che potevano raccontarmi tutti quei lavoratori, nonostante cercassi con tutto me stesso di riuscire a capire cosa li sostenesse, cosa li portasse a difendere la loro patria e aiutarla a riprendersi invece di andarsene e rimanere nelle loro case, al sicuro dal pericolo dei cantieri pericolanti esterni, a parte il sostentamento monetario che gli veniva offerto, c'era altro che attirava il mio interesse maggiormente: i miei perché dovevano trovare risposta.

    Mi guardai intorno, preoccupato di aver attirato qualche sguardo curioso rimanendo lì immobile ad osservare quel luogo particolarmente benevolo e familiare, per poi cominciare a girare all'interno dell'edificio. I vari corridoi della struttura, a parte qualche angolo nascosto che stava venendo ancora ristrutturato, era quasi perfetto e non molto dissimile dalla sala grande. Numerose finestre permettevano alla intensa luce esterna di quella soleggiata giornata invernale di permeare l'interno edificio, riscaldando un minimo i freddi corridoi e rischiarando gli allegri ma indaffarati volti degli infermieri, delle infermiere o dei semplici pazienti che fastidiosamente mi rivolgevano saluti cordiali, saluti di circostanza, probabilmente, che nascondevano la preoccupazione di non riuscire a rispettare le aspettative del proprio popolo. Probabilmente alcuni erano anche shinobi o veterani, reclusi in quel posto per chissà quale motivo, che non aspettavano altro di servire ciecamente il loro paese ma che invece non potevano farlo.

    Nel mentre camminavo, scrutavo i loro visi, sognanti del giorno in cui potranno tornare alle loro normali mansioni, al lavoro che tanto amavano e li teneva vivi, e quella visione mi incantò talmente tanto che non mi accorsi di dove stavo camminando. La mia faccia andò a sbattere contro qualcosa, qualcosa di non duro, ma morbido, come il petto di qualcuno o qualcosa del genere. Frastornato, mi tirai indietro tenendomi la testa che per l'arresto improvviso aveva ricominciato a farmi male ma sentii una voce che non mi aspettavo di sentire provenire dall'individuo contro cui ero andato a sbattere.

    -Ahia, che male!-

    La voce che avevo sentita non era per niente quella di un uomo, anzi mi ero familiare. Ancor più confuso di prima alzai lo sguardo per scrutare la figura contro cui avevo sbattuto e un pensiero alquanto malizioso mi passo per la mente, fugace ma abbastanza palese da farmi sorridere almeno internamente.

    -Pensavo che fosse più morbido il petto di una ragazza.-

    Quei pensieri, ovviamente, non sarebbero mai usciti dalla mia testa, per nessun motivo. Era fin troppo aver pensato ciò di una donna, seppur piatta quanto la sottoscritta, che a quanto pare era proprio colei la quale avevo avuto il piacere di conoscere poco prima nella mia stanza.



    Se ne stava lì, con le guance rosse dall'imbarazzo di esser stata toccata, in un punto non proprio consono, dalla mia faccia. Io invece non avevo avuto tutta questa reazione, alla fine era comunque una persona ed in ogni caso non mi sarei di certo imbarazzato per essermi scontrato involontariamente contro di lei, non ero quel tipo di persona, differentemente da lei. Nonostante riconoscessi il mio essere introverso, il contatto con una donna non mi dispiaceva ne mi sconvolgeva fino al punto di non poter continuare a parlarle normalmente.

    -Mi dispiace, non l'avevo vista, ero troppo concentrato a...-

    Non ebbi il tempo di finire di parlare che fui subito interrotto da lei.

    -Ma allora sai parlare! Sei davvero un maleducato allora!-

    Una leggera risata si fece spazio sulle sue labbra sottili.

    -Non fa nulla per quello, davvero. Penso di non essermi presentata a te, comunque, quindi lo farò ora. Molto piacere di conoscerti, sono Momoko Ayame, e tu dovresti essere Warui Nise da quanto so attraverso le schede che ti riguardano.-

    Continua...(3/6)


    Edited by Tenshi-1 - 20/2/2021, 14:36
     
    .
  4.     Like  
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Suna's Ninja
    Posts
    633
    Location
    Campania

    Status
    Offline

    WARUI NISE

    Parlato-Pensato-Azione


    -Schede eh, a quanto pare sono stato qui in precedenza.-

    Come sospettavo, trovare i miei fascicoli in quell'ospedale non era una cosa che doveva sorprendermi. Effettivamente quello doveva essere l'ospedale che aveva dato luogo alla mia nascita. Quella notte era un immagine sfocata nei miei ricordi, mi riportava alla mente l'immagine di mia madre. La notte della mia nascita era un qualcosa di misterioso, ne mio padre ne nessun altro componente del clan aveva voluto parlarmene prima, anzi se provavo a chiedere c'era chi scoppiava in lacrime, chi cominciava a chiamarmi mostro e questa fu la stessa storia ogni volta da quando avevo solo 5 anni.

    Ero curioso di quanto fosse accaduto la sera in cui dopo la mia nascita era morta. E se fosse stata colpa mia in qualche modo? Ricordavo, nell'inaccessibile spazio della mia mente che ora era destinato ai miei ricordi più tristi, che quella sera nessuno piangeva di gioia. Quella sera sembravano tutti così tristi e nel guardarmi avevano solo facce infuriate. Da quella di mio padre ai miei nonni. Ma io che colpa potevo avere? Ero solo un povero bambino nato in un mondo crudele. Avessi trovato un modo di non far accadere quella tragedia per loro non l'avrei fatto? Non avrei cercato di salvare la vita della mia stessa madre? Di colei che mi amava più di ogni altra cosa e aveva sofferto per il sottoscritto perché nascessi sano, che crescessi sano e forte, e che diventassi un adulto responsabile sempre pulito. Ogni volta sempre le stesse domande mi si riformano nella mente, ogni volta che ripesco quei ricordi, ogni volta che si rifanno pressanti e accrescono il mio senso di colpa nei confronti del mio clan.

    -Hey, è tutto apposto? Non sembri star bene.-

    No, non stavo bene. Ero rimasto imbambolato per alcuni secondi e questo poteva averla fatta preoccupare. Era strano stare con lei, non era come qualsiasi altra persona del mio clan. Non osservava i miei tatuaggi con quello sguardo tra lo sdegno e lo stranito che era tipico dei bambini, dei ragazzi o degli adulti facenti parte del mio clan. Non sembrava spaventata da me, ma sembrava sinceramente imbarazzata. Probabilmente quella domanda non si riferiva neanche ad un mancamento fisico ma ad mancamento psicologico. Probabilmente si era accorta del fatto che non stavo ascoltando ciò che stava dicendo ma mi ero perso tra i miei pensieri.

    -Si, penso di star bene... penso-

    Mi guardava con uno sguardo apprensivo, aveva capito benissimo che c'era qualcosa di strano in me. Ormi pensavo di esser diventato bravo a nascondere i miei sentimenti, ma quella ragazza sembrava destabilizzarmi, portarmi ad aprirmi. Non perché provassi qualcosa per lei in particolare, ma lei sembrava realmente interessata alla mia situazione. Forse però era solo una deformazione professionale e mi stavo illudendo ma non sembrava. Il suo sguardo sembra molto sincero, il suo atteggiamento mi faceva intuire che gli stavo simpatica, niente in lei faceva presagire che quello che faceva con me era un abitudine per lei, anzi per lei sembrava un piacere preoccuparsi per me.

    Anche se sembrava palesemente preoccupata, lasciò passare e continuò a parlarmi di alcune delle regole del ospedale. Il suo sguardo turbato mi sembrava molto tenero, la compativo. Quando si tiene a qualcuno che sta male e non vuol rivelarti il motivo di questo suo strazio interiore si prova un dolore forse anche superiore al suo, e la compativo perché anche io mi ero ritrovato in quella situazione. Rivedevo le scene di mio padre, chiuso in se stesso, che senza rivolgermi mai la parola si occupava di me nelle retrovie per quanto potesse. Ed io povero piccolo mi chiedevo cosa lo rendesse triste, perché fosse così arrabbiato con me in quella maniera, tanto da togliermi il saluto, da togliermi le parole affettuose di un padre che vedevo dare dai padri degli altri ai propri figli, senza accorgermi della situazione in cui versava, della depressione che lo corrodeva internamente e che gli impediva di vivere serenamente la propria vita.

    CITAZIONE

    6465523b553f44e3246164794c7011a2

    Una bianca luna illuminava l'interno della casa, nell'aria un freddo vento invernale accarezzava le fronde degli alberi invitando tutti a chiudersi nei loro rifugi per evitare malanni. Tutto sembra silente, difficile immaginare che ore prima si sia combattuta un'aspra battaglia psicologica all'interno di quelle quattro mura casalinghe. Nessuno ha voglia di passeggiare in mezzo alle macerie di un rapporto andato in pezzi, nessuno a parte un piccolo ragazzino dai capelli bruni che gira spaventato per la casa tranquilla, troppo tranquilla, di uno dei quartieri della fredda Red'Nuh. Ora evita un muro di silenzio, ora salta un buco nel cuore del malcapitato, si muove con timore esitando ad ogni passo. Ad un certo punto si ferma, davanti a uno specchio, si guarda, guarda l'errore che pensa di essere, cerca di scrutare cosa ci sia di sbagliato in se per cercare di eliminarlo, tagliarlo via. Guarda la sua pelle, all'epoca ancora pulita, candida, senza i tipici tatuaggi della adolescenziale età.
    Il suo sguardo è dolce e triste, ma non sembra uno sguardo pronto al pianto, è solo vuoto e malinconico. Sembra essere appena tornato da una passeggiata, è uscito da solo come ogni giorno da quando ha appena 6 anni. Fugge da quella casa ogni giorno, poi si sente in colpa e una volta capito il suo errore torna dal padre.



    -Da quando sei qui ad aspettarmi?-

    Una voce innocente esce dalle labbra del piccolo che si trattiene dallo spavento dopo aver visto la sagoma del padre seduto al tavolo di casa. Si tratta di una figura ingobbita, trasandata e puzzolente. Un odore misto tra fumo e alcool permea la stanza gracchia e pizzica il naso del piccolo a cui comincia a colare il naso di sangue. Dopo aver tirato su il naso, un fazzoletto comincia a volteggiare nella sua direzione e dalla direzione sembra esser stato lanciato da dove il padre siede, assorto nei suoi pensieri.

    -Grazie... per favore puoi parlarmi papà?-

    Continua...(4/6)


    per la foto di cowboy bebop voglio un bonus cultura :asd:
     
    .
  5.     Like  
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Suna's Ninja
    Posts
    633
    Location
    Campania

    Status
    Offline

    WARUI NISE

    Parlato-Pensato-Azione


    CITAZIONE
    Non ha resistito, gliel'ha dovuto chiedere per l'ennesima volta e sa che la pagherà cara per questa richiesta, dovrà di nuovo vederlo piangere e gli si struggerà il cuore nel non poter far nulla per aiutarlo. La voce li per lì rimane silente, quasi a voler sottolineare il suo disappunto, poi continua con un tono freddo e impersonale:

    -Torna in camera tua e vai a dormire, sei tornato tardi oggi.-

    Il bambino si portò istintivamente la mano sull'avambraccio sinistro, cominciando a grattare nel suo tipico modo di consolare il suo cuore infranto e per sfogare la sua tristezza. Le cicatrici del giorno prima gli indolenzivano un po' il braccio e le facevano ancora male. Gli occhi erano gonfi e rossi. Senza emettere un fiato buttò il fazzoletto e guardo un ultima volta il padre intento a riflettere.

    59f3656cfceed4e16d24057e5b4aab42



    -Muoviti, sei in ritardo di 20 secondi... 21... 22... 23...-

    Appena sentite queste parole non aspettò ad allungare il passo, quando papà faceva così erano guai seri, molto seri, e se non si fosse mosso le cicatrici sul braccio non sarebbero state le uniche sul suo corpo. Salì le scale uno scalino alla volta, senza fare troppo rumore, per non infastidire il padre ubriaco, camminò per il corpo corridoio che lo divideva dalla sua camera e si chiuse in camera in retta e furia continuando a grattarsi il braccio. Se qualcuno li stesse spiando in quel momento avrebbe potuto giurare di averlo visto sparire nel nulla per la concentrazione che ci metteva nel fare silenzio quando il padre lo richiedeva. Meno di un minuto dopo si trovò ad osservare la stanza intorno a se con il braccio sanguinante per poi prendere un fazzoletto e asciugare il sangue copioso.
    Era una stanza così ordinata, pulita che non rispecchiava per nulla quello che aveva dentro. Possibilmente quel ragazzo sfogava le sue mancanze sulla sua stanza. Quella stanza rispecchiava il sogno di avere una vita serena, esattamente uguale a quella degli altri.

    Dopo essersi pulito si diresse sul balcone senza emettere un suono, scostando la tendina leggermente aperta. Era solito ritrovarsi lì la notte ad osservare il cielo e guardandolo non riuscì a non sorridere. Dall'ultima volta che lo aveva visto, con la speranza che la madre tornasse a trovarlo, era parecchio cresciuto. Gli dispiaceva non poter passare il suo compleanno in sua compagnia.
    Sul balcone aveva anche poggiato un vaso con all'interno il tipo fiore che la madre gli aveva donato da piccolo, una margherita. Effettivamente la madre era una vera esperta di fiori se gli aveva donato proprio quello. Esso rappresentava la purezza e l'innocenza tipica dei bambini. Sfortuna vuole che, purtroppo, il sangue non faccia distinzioni, persino con delle creature tanto incantevoli e forti come le madri.

    -Domani dovrò dirgli qual'è il mio sogno, devo andare in Accademia così potrò sfuggire da questa prigionia.-

    Passò una mano sopra la testa in ansia per quel momento, scostando i suoi bruni capelli che si infilavano tra le dita sottili.

    06f44d214632b6b793cec8d410dcac5f


    La luce, che filtrava dalle finestre del corridoio della struttura, andò a posare il suo bagliore sul mio viso destandomi dai miei ricordi di quelle sere, riscaldando il mio viso spento e pensieroso.

    -... e quindi stavo pensando che vistoo che non hai nessuno dove andare potresti rimanere qui e magari dare una mano coì che il direttore non ti cacci via, che ne pensi?-

    Dopo aver constatato di essermi perso gran parte della sua discussione la guardai stranito. Rimanere lì? A che pro? Anche se non era proprio la migliore delle scelte, la sincerità era la cosa migliore in quei momenti. Quindi portandomi la mano dietro la testa, imbarazzato, cominciando a grattarmi.

    -Scusami- dissi con voce imbarazzata -Penso di essermi perso l'ultima parte della discussione. Dicevi?-

    Alla mia risposta lei mi guardo stranamente. Sembra un tantino spizzata dalla mia risposta e anche un po' annoiata da quella mia mancanza di attenzione. Aveva ragione ad essere arrabbiata, non avevo sentito una singola parola di ciò che aveva detto e, anche se profondamente, un po' me ne rammaricavo. Dopo uno sbuffo stizzito e molto tenero mi guardo con uno sguardo tra la rassegnazione e la felicità di aver incontrato una persona tanto assorta nei suoi pensieri da perdere la concezione di spazio e tempo.

    -E va bene, allora te le farò breve, vediamo da dove posso cominciare... ah si. Ti stavo parlando del fatto che la tua ferita che hai alla testa non sembra che sia troppo grave, stavo appunto per venire a riferirti il risultato devi vari controlli che abbiamo fatto nel mentre eri svenuto visto che ci sono stati degli accertamenti che non ho potuto riferirti direttamente nella tua stanza. La tua permanenza qui potrebbe durare meno del previsto, forse solo qualche settimana nell'attesa che quella ferita alla testa si rigeneri.
    Il fatto è che sappiamo entrambi qual'è il motivo per cui tu sia qui e tornare a Red'Nuh non ti porterebbe alcun beneficio visto che in molti si stanno ritrasferendo nelle proprie città e... magari potresti scoprire qualcosa su tua madre restando qui.
    -

    -Aspe, tu come fai a... oh, ora capisco.-

    -Già... diciamo che ho un spulciato nello schedario e ho trovato un po' di cose sul tuo conte. Ma ti prego non dirlo ai miei superiori, non capirebbero. Pensavo di poterti aiutare e poi...-

    Sospirai rassegnato. Qualunque scusa inventasse sarebbe sta inutile, poiché non avevo alcuna intenzione di dire tutto ai suoi superiori, anche se ero profondamente offeso dalla sua mancanza di rispetto nei miei confronti. I ficcanaso non mi erano proprio simpatici, ma non avrei mai potuto infamarla in tal modo di fronte ai suoi superiori.

    -Non ti preoccupare Momoko-Sama, è tutto apposto. Non lo farei mai. E poi ormai ho già deciso...-

    Continua...(5/6)
     
    .
  6.     Like  
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Suna's Ninja
    Posts
    633
    Location
    Campania

    Status
    Offline

    WARUI NISE

    Parlato-Pensato-Azione


    -Cosa farai?-

    Pensai per qualche secondo alla mia risposta. Revisionai il mio passato, la mia casa, la mia sicura e confortevole stanza candida e completamente lontana dai germi, i ricordi di mia madre che mio padre custodiva gelosamente. Ma tra tutte quelle cose belle, il male si insinuava: l'alone di sangue rappreso sulla parete dove il corpo di mio padre era stato ritrovato, la casa completamente distrutta, la mia città esplosa, tutti i ragazzi dell'accademia morti, il nostro villaggio sconfitto per l'ennesima volta.
    Il confronto tra pro e contro non aveva neanche di essere valutato, a Red'Nuh non avevo niente che mi ancorasse ancora a quella città, anche se un giorno ci sarei tornato volentieri per capire in che modo l'avrebbero ricostruita.
    L'infermiera reggeva stretta al petto la sua cartellina, fremendo nell'attesa di quella risposta che tanto gli stavo facendo pensare per avere. I suoi lunghi capelli neri si stavano attorcigliando attorno alle dita per l'attesa.

    -Non a caso l'ho chiamata maestra. Penso che rimarrò qui per quanto mi servirà e per quanto voi mi potrete accogliere, per vari motivi sarei comunque voluto venire qui e ti ringrazio della premura. Però, visto che non voglio essere ne d'intralcio, ne un peso, penso che dovrò tirarmi su le maniche e rendermi utile per essere accolto all'interno dell'ospedale fino a quando non avrò una mia casa qui a Kumo. Che ne pensa? Potrei imparare qualche segreto del mestiere e magari un giorno potrebbe perfino piacermi... avere rapporti con i malati....-

    Quella parola mi fece venire i brividi, restare lì significava avere a che fare con germi e malattie di ogni tipo che avrebbero potuto infettarmi in qualsiasi momento. Certo non ero ipocondriaco, ma quel sentore di sporco e malato mi provocava un certo disappunto, per non dire schifo, nei confronti dei suddetti con quelle caratteristiche. Ma il gioco valeva la candela, ed era una candela molto costosa visto che non avevo un soldo.
    Inoltre quella situazione poteva anche girare a mio favore, poteva perfino giovarmi: avevo la possibilità di stare a contatto con il luogo della mia nascita e in cui avevo visto mia madre per la prima e ultima volta. Non sapevo come, quando o perché fosse morta, ma quale altro posto migliore per scoprirlo? Dopotutto un ospedale aveva tutte le informazioni di coloro che ne avevano fatto visita per una qualsiasi operazione o parto quindi magari conteneva anche le informazioni di un eventuale decesso. Ma quelle informazioni non erano deperibili per tutti, tanto meno per un'infermiera qualunque, quindi avrei dovuto sudarmi il loro rispetto e approvazione per potervi accedere.
    Qualunque informazione o occasione per conoscere meglio chi amavo era fondamentale, sarei persino diventato uno dei ninja medici dell'ospedale se questo fosse utile alla riuscita delle mie intenzioni e di certo delle conoscenze in più nel mio curriculum vitae non avrebbero fatto schifo, tutto poteva tornarmi utile nel perseguire il mio obbiettivo.

    -Si, in effetti lavorare con i pazienti di un ospedale può essere molto faticoso sia fisicamente che psicologicamente per i principianti ma ci farai l'abitudine, Warui-kun. Ti farò da faro in questa tua nuova esperienza e spero di poterti aiutare a diventare uno dei nostri migliori medici. Per il momento c'è ancora molto da fare per quanto riguarda la parte strutturale dell'edificio, quindi cerca di dare una mano ai vari inservienti nel ripristinare le zone più distrutte dai precedenti occupanti dell'edificio, che non si sono risparmiati dal lasciarci l'edificio completamente distrutto. In ogni caso, dopo che avrai dato una mano potrei darti delle lezioni serali. All'accademia non danno tutti questi gran insegnamenti di botanica e visto che per i ninja medici è importantissimo conoscere le piante e i medicinali con cui lavorano, ti sarà estremamente utile saperlo. Ovviamente tutto ciò non sarà gratuito quindi vedi di dare una mano o potrei chiederti uno stipendio.-

    Rise di gusto a quella sua affermazione ironica ma con un fondo di verità. Per chissà quale motivo si stava occupando di me come se fossimo vecchi amici, come se già mi avesse preso a cuore e per quanto fossi consapevole di non conoscerla c'era qualcosa di familiarmente piacevole in lei, mi sentivo particolarmente a mio agio quando le parlavo e non sembrava trattarmi come uno strano personaggio triste di un romanzo da lasciare da solo. Qualsiasi cosa che facesse, era per genuina generosità nei miei confronti ma non capivo il motivo, cosa avevo di così speciale.

    Non la ascoltare... lei mente... guardali come ti guardano... tu non sei gradito lì...



    Ancora quelle voci, erano tornate ancora e questa volta erano state più loquaci. Quei bisbigli quasi impercettibili che mi intasavano la mente e mi impedivano di vivere in pace, che nei silenti si facevano assordanti, che erano alla pari di una folata di vento d'autunno, che spazza via le foglie della ma tranquillità.
    Le ascoltai senza pensarci, mi guarda intorno maledicendomi per tutto ciò che stavano facendo, per il fatto che le avessi ascoltate. Mi portavano solo dolore eppure sentivo che ciò che dicevano era un consiglio, seppur maligno. Gli occhi dei passanti, degli infermieri, erano tutti puntati sul sottoscritto, seppur mi passassero di fianco impegnati nelle loro faccende. Anche se di sfuggita potevo sentirli e mi pugnalavano con il loro modo crudele di giudicare il diverso, perché era quello che ero, il diverso, quello pieno di tatuaggi, quello spaventoso.



    Quanto mi faceva incazzare quel loro modo di guardarmi, lo avevo subito fino ad allora e proprio quanto mi sentivo accettato da qualcuno, ecco che quelle voci mi riportavano alla realtà, lei era l'eccezione, questione di statistica, ma non rappresentava la realtà: io non ero gradito neanche in quel luogo, il mio aspetto non me lo permetteva e non volevo illudermi i ciò, volevo ce l'illusione di quelle poche ore fosse la realtà e quel desiderio era talmente forte da farmi stringere i pugni. Sentivo le unghia affondare nella pelle dei palmi delle mani, il sangue che pian piano fuoriusciva dai tagli, gocciolando sul pavimento candido.



    -Beh allora ci sentiamo dopo. E mi raccomando, non ascoltare le voci, qui sei al sicuro.-

    -Le voci?!?-

    Alzai ancora lo sguardo verso di lei, cercando di scrutare nei suoi occhi il senso di quelle parole, per capire cosa intendesse in quello che sembrava un chiaro riferimento ai bisbigli che avevo appena sentito, ma ella era già sparita chissà dove, e per andare a fare chissà quale faccenda.

    -Bah... chissà cosa intendeva. Ad ogni modo, ha ragione non dovrei pensare a queste cose, finirò per impazzire. Ora sarà meglio darsi da fare.-

    Fine...(6/6)


    Finalmente la pq è finita, mi sono fatto attendere. Una precisazione prima di concludere:
    Le conoscenze dei fiori così precise gliele ho fatte avere perché la maestria legata alle tecniche coi fiori, che dovrebbe concederle, sarà la prima cosa che prenderò con l'exp e quindi ho voluto fargli già avere di background queste conoscenze giustificate dal suo background. Spero non sia un problema.
     
    .
  7.     Like  
     
    .
    Avatar


    Group
    Masters
    Posts
    8,066
    Location
    Io vengo dalla luna che il cielo vi attraversa e trovo innopportuna la paura per una cultura diversa

    Status
    Anonymous
    Molto bella. Puoi prendere il massimo del tuo grado.
     
    .
6 replies since 18/2/2021, 01:44   146 views
  Share  
.