[P.Q] Giorni felici

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    Narrato | Parlato Mizuki | Pensato Mizuki | Parlato Koichi Nakamura | Parlato Christa | Parlato Mikoto



    Sono passati due anni da quando sono riuscita ad ottenere questo grado e ciò che mi rendeva effettivamente un Genin. Ricordo ancora l’espressione che avevo quando le calde mani stringevano quel freddo Copri Fronte, mentre le azzurri iridi posavano sul simbolo impresso su di esso. Ricordo ancora il profumo di quei lunghi corridoi e di quelle aule. Ricordo ancora le facce dei Sensei e dei bidelli, dei miei compagni e di quelli che a me erano sconosciuti. Erano davvero giorni felici. Quello che mai verrà dimenticato è appunto il primo giorno di scuola, ove ansie e preoccupazioni mi accompagnavano passo per passo e ciò era chiaramente leggibile nei miei occhi. Quel giorno fu’ davvero indimenticabile. Avevo da poco compiuto undici anni e stringevo la calda mano di mio padre mentre camminavamo per il centro di Kiri, seguiti con fretta e furia da altri genitori, che per l’appunto portavano i propri figli in quella prestigiosa accademia, sperando che la loro progenie potesse scrivere la storia e portare in alto il nome della famiglia. Koichi Nakamura era uno di quelli. Mio padre era sempre stato un tipo premuroso nei miei confronti, anche se il suo grado lo costringeva ad allontanarsi di casa per giorni interi ma quando ciò avveniva, lasciava sempre dei compiti da portare al termine. Alcune volte era severo, donandomi giorni in cui mi rinchiudevo nel bagno di casa a piangere, rimuginare sulle sue parole e desiderare di cambiare vita. Alcune volte era l’uomo più gentile e generoso che avessi mai visto. Passavo la vita in quel modo, seguendo gli insegnamenti di un Jonin d’élite e ponendomi sotto i suoi duri allenamenti, non solo nel campo fisico ma anche in quello mentale. Voleva che fossi perfetta, che fossi superiore agli altri Ninja di Kiri eppure non avevo nemmeno raggiunto la maturità, anzi ero davvero lontana dal raggiungerla. Nonostante tutti quei momenti difficili, continuavo a testa alta affrontando ogni giorno come una nuova prova, supportata anche dall’amore di Frieda, mia madre. Era facile dunque intuire come fossero stati difficili quegli anni in accademia, essendo costretta a portare quel grande fardello sulle mie piccole ed esili spalle. Io - primogenita - dovevo portare in alto il loro nome e ricoprire di fama la mia famiglia, i Nakamura.

    Questo è il tuo primo giorno d’accademia...

    Sussurrò debolmente mentre continuavamo ad avanzare lungo quell’ampia via, stando attenti ad alcune pozze d’acqua lasciate dall’incessante pioggia battente del giorno prima. Alzai lo sguardo in sua direzione, con uno spiccato sorriso in volto e con gli occhi che sembravano risplendere e assomigliare a due bellissimi zaffiri.

    Non devi deludermi

    Non risposi. Mi limitai soltanto a tenere fermo lo sguardo su quella scura barba - curata nei minimi dettagli – e su quel suo giubbotto, ove teneva un pacco di sigarette nascosto in uno dei tanti taschini. Quel magico sorriso improvvisamente si spense mentre il capo puntava nuovamente verso l’accademia che si faceva sempre più vicina. Prendemmo infine posto tra la grande moltitudine di persone lì riunite, proprio dinanzi ai cancelli di quella grande struttura.

    Mizuki…

    S’inginocchiò lentamente verso di me, andando ad aggiustarmi alcune ciocche di capelli e facendo attenzione che tutto fosse apposto ed in ordine. Un loquace sorriso si fece strada attraverso quella barba, spezzando di netto quell’atteggiamento da duro che aveva avuto qualche attimo prima. I suoi occhi erano fissi sui miei e mai potrei dimenticare le sue parole. Si avvicinò con il capo, portando la bocca a toccare la mia fronte e donandomi un piccolo bacio.

    Ti voglio molto bene

    Ero felice come una pasqua. Nuovamente tornai a sorridere e un visto rossore si dipinse sulle guance. Ero terribilmente imbarazzata ma mai volevo lasciare le sue braccia. Mi sentivo davvero al sicuro, lontana da qualsiasi pericolo. Mi stringevo sempre più al suo petto, socchiudendo le palpebre e gustandomi quel abbraccio caldo come la lava di un Vulcano. Quell’uomo era davvero un mistero e capirlo fino in fondo, mi era ancora decisamente difficile. Infine mi staccai e mi avviai con il resto degli altri studenti, salutandolo con la piccola mano destra tenuta verso l’alto, sperando che potesse riuscire a capire dove fossi anche se ero ben avvolta da una folta scia di ragazzini. Era davvero iniziata una nuova avventura. Entrammo tutti nella grande accademia di Kiri, seguendo alcuni di quelli che scoprì essere dei Sensei. Uno in particolare, piuttosto slanciato e di corporatura abbastanza muscolosa, con dei capelli corvini raccolti in una lunga cosa di cavallo; ci chiamò uno ad uno, dividendoci poi nelle rispettive classi. Ero stata collocata nella 1-C e invitata a seguire quelli che dovevano essere i miei compagni. Mi sentivo spaesata da tutto ciò e difficile è descrivere come potessi sentirmi in quel momento. Ricordo soltanto di essere rimasta in silenzio per la maggior parte del tempo, seguendo per filo e per segno tutto ciò che mi veniva dettato, forse anche per non voler deludere quella misteriosa figura paterna. Stringevo con ambedue le mani quella grande cartella, priva di qualsiasi decorazione e fatta di una tonalità assai scura, nera come il carbone e con qualche striscia di rosso accesso qua e là. Dentro di essa vi erano dei quaderni su cui prendere appunti ed ovviamente i tanti libri richiesti per le varie lezioni. Lo sguardo volava in ogni direzione, posando delicatamente su quegli innumerevoli quadri fissi sul muro di quello stretto corridoio mentre lentamente stavamo per arrivare alla classe a noi assegnata.

    Ci siete tutti?

    Una donna era appoggiata alla grande cattedra. I suoi capelli cremisi scendevano lisci lungo la sua schiena, arrivando quasi a toccarle il fondoschiena. Aveva una pelle candida, con una carnagione assai chiara e degli occhi che sembravano rispecchiare il grande fiume di Kiri. Un fisico decisamente slanciato il suo, con dei lineamenti molto femminili e con un viso che quasi sembrava una creazione divina. Con un piccolo cenno della mano mancina m’invitò ad entrare, essendo rimasta l’ultima della fila.

    Prendete posto

    Ogni alunno iniziò a prendere posto e solamente un piccolo banco vuoto - posto più vicino alla cattedra - era rimasto libero. Strinsi le bretelle della cartella, avanzando con timore verso la vecchia sedia e poggiando poi sul pavimento quello stesso porta libri. La donna scrutava ogni alunno presente in quella stanza, staccandosi poi dalla cattedra e muovendosi verso una grande finestra, posta sul fianco destro dell’aula. Silente, lasciando solamente a quei suoi neri stivali – che arrivano a toccargli le ginocchia – di produrre suoni e rumori, capaci di rimbombare su quelle quattro pareti. Seguivo i suoi movimenti intrecciando le mani come a voler pregare mentre la mente era dominata da un mare di ansie e timori.
     
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    Si fermò a pochi centimetri dalla finestra che dava su Kiri, avvolta da una fievole nebbia e da un Sole che debole doveva dominare nei cieli. La pioggia incessante dei giorni addietro fortunatamente non si era ancora fatta vedere, lasciando a noi tutti un sereno inizio. La donna restava ancora in silenzio, facendo precipitare l’aula in un denso alone di mistero e dubbio, come a chiedersi se aveva tutte le rotelle a posto e se fosse veramente idonea al suo ruolo. Pochi attimi dopo eccola che spalanca parte della finestra, permettendo ad un freddo gelido di penetrare con violenza nell’aula, per poi voltarsi nuovamente alla classe. Il suo sguardo era impenetrabile e i suoi occhi avevano una strana luce.

    Sentite questo freddo!

    La sua voce squarciò in due quella fredda aria.

    Abbracciatelo perché questo freddo sarà vostro compagno ogni giorno della vostra vita

    Iniziò ad incamminarsi verso il centro dell’aula, portando lo sguardo ad osservare ogni volto presente nell’aula e portare il petto all’infuori, proprio come un perfetto militare.

    Proprio come questa Nebbia nasconde e protegge Kiri, così dovrete fare voi. La strada che avete scelto non è affatto facile, tenetelo bene a mente. Dovrete sopportare tante insidie e tanti pericoli. Dovrete avere cura del vostro corpo e della vostra mente. E cosa più importante…

    Prese una piccola pausa, gonfiandosi il petto e aggiustandosi i lunghi capelli.

    Difendete il Villaggio anche al costo della vita!

    Nessuno sembrava saper rispondere a tali parole. Nessuno sembrava mostrare emozione alcuna. Tutti gli occhi erano puntati sulla donna, oltremodo perplessi e scossi per ciò che stava succedendo. Quelle parole erano cariche d’esperienza e di un atroce verità. La donna era stata chiara e diretta, portando noi tutti a cambiare la sdolcinata visione che avevamo del mondo. Si mosse infine, andando ad avvicinarsi alla sua sedia, per poi poggiare delicatamente i glutei su di essa. Utilizzò la mano destra per aprire il registro della classe e iniziò a leggere i nomi di tutti i presenti.

    Nakamura…

    Giunse il mio momento e con un peso carico di tensione, mi alzai dalla sedia caricandomi sulle leve inferiori e tenendo la schiena quanto più eretta possibile.

    Presente!

    Risposi con decisione, riuscendo a fatica ad attraversare quel mare d’emozioni che irrequieto si muoveva nel mio petto. Presi posto poi, come tutti i miei compagni. La donna si presentò successivamente con il nome di Mikoto Hoozuki. Ella faceva parte di una grande casata e il suo atteggiamento, misto alle sue parole, facevano ben intendere la sua forte personalità e la sua incredibile determinazione. La lezione prosegui tranquilla, lasciando che quel primo avvenimento sia soltanto un ricordo prezioso da tenere in un piccolo cassetto. Quelle parole erano un monito, ci incoraggiavano a dare il massimo in ogni situazione e affrontare qualsiasi prova a testa alta.

    Sapete dirmi cos’è il Chakra?

    Guardò l’intera stanza, sperando che qualcuno le desse la risposta che cercava.

    Nessuno?

    Alzai la mano destra verso l’alto, come a voler chiedere parola. Mikoto, la Sensei, fece un piccolo cenno confermandomi che potevo prendere iniziativa.

    Il Chakra è una forma di energia naturale…

    Giusto. In sostanza è ciò che hai detto ma non si ferma soltanto a quello. Il Chakra è una forma di energia che vi scorre dentro. Attraversa ogni parte del vostro corpo. Con essa è possibile realizzare grandi cose attraverso l’utilizzo di alcuni sigilli...

    La lezione prese a continuare ad un ritmo più pacato, decisamente più normale. La donna iniziava a diventare sempre più importante nella mia mente, occupare quindi un piccolo posto in quello spazio angusto anche se non capivo bene il perché. Forse erano i suoi modi così femminili ma allo stesso tempo da vero guerriero. Forse erano le sue parole, capaci di inculcare in quelle giovani leve grandi sentimenti e responsabilità. Ero talmente concentrata da non lasciare nulla al caso. Trascrivevo ogni singola sua parola su un piccolo quaderno, in modo che potessi tornare a casa e rileggerli durante la sera. Alcune parti mi erano già chiare, dato le continue lezioni ricevute da mio padre. Alcune invece erano un completo mistero. Lentamente iniziava a farsi chiara la strada che dovevo intraprendere e ciò che volevo diventare. Il piccolo sorriso che ebbi quando udì le parole di mio padre, ritornò nuovamente a farsi vedere ma in dimensioni ben più grandi. Ogni mio respiro. Ogni battito di ciglia era accompagnato da quel solito sorriso, che tanto faceva parte della mia persona. Ero davvero felice e purtroppo, mai lo sarei stata di nuovo.

    Per oggi abbiamo finito. Prendete questi e completateli una volta tornati a casa. Ci vediamo domani

    Erano circa le quattordici ed era finito il primo giorno d’accademia. Il ritorno fu’ davvero piacevole, non solo perché mi aveva donato grandi emozioni e tante - davvero troppe informazioni - ma anche perché al mio fianco vi era Frieda, mia madre. Lei era la donna che più ammiravo, non solo perché ricopriva il ruolo di Medico ma anche perché era una donna di grandi valori e molto abile in combattimento, a detta dell’uomo che aveva sposato. Eravamo davvero simili. Difatti avevo ereditato molte caratteristiche dalla donna, come quel lungo crine cremisi e quegli occhi che tanto assomigliavano a due zaffiri, come quei lineamenti femminili e dall'infinita energia in corpo. Durante il tragitto le raccontavo ogni minimo particolare, ogni parola dettata dalla Sensei e tutte le emozioni che avevo provato. Mi sentivo come un mare in tempesta, unito ad un cielo ricco di nubi scure e di fulmini pronti a scagliarsi al suolo. Sprizzavo energie da tutti i pori, vogliosa di raccontare tutto una volta tornato a casa e osservare le reazioni dei restanti familiari. Morivo dalla voglia di narrare questo giorno epocale alla mia piccola sorellina, Christa. La mia dolce e piccola sorellina, altra gioia in quella piccola e ristretta famiglia. La amavo con tutta me stessa e avrei fatto qualsiasi cosa per lei.
     
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    Continuamente nascosta sotto quella densa Nebbia, continuavamo a camminare lungo la strada principale di Kiri, superando alcuni negozi posti ad entrambi i lati di essa. Il Villaggio era più vivo che mai in quel periodo, anche se la sua posizione la rendeva una metà piuttosto complicata da raggiungere, specialmente in caso di tempesta. Tutti quei visi familiari si stavano tenendo pronti a riprendere le loro attività commerciali, mandando avanti le proprie finanze al meglio che potevano. Sorridevo e salutavo tutti gli anziani - uomini e donne - mentre saggiavamo il terreno umido di Kiri, avvicinandoci sempre più alla nostra abitazione. Non vi fu' momento ove la mia bocca non smise di parlare, riempiendo così la testa di mia madre di chiacchere infantili, che tuttavia pareva felice di ascoltarle e rispondere. Avevo un ottimo rapporto con lei e ciò mi rendeva assai felice. Sapevo di poter contare su di lei, d'altronde era mia madre, la donna che mi aveva partorito e dato al mondo. La donna che per prima mi tenne stretta al petto e dal quale si sarebbe strappata via il cuore pur di vedermi felice. Arrivammo infine in quella modesta abitazione, pregna dello stesso profumo di mia madre. Per ogni parete era affisso un piccolo quadro e su ogni piccolo mobile vi erano tante decorazioni o oggetti portati dal Jonin di casa. L'arredamento era merito della donna, che tanto amava quelle quattro mura. Non era grande eppure non riusciva a contenere tutto quel amore e quei sentimenti, che prepotenti facevano a scontro con le pareti, quasi a volerle sfondare e lasciare a quella debole luce di penetrare. Liberai l'esile schiena da quel grande peso, poggiando dunque la cartella al suolo proprio accanto alla porta d'ingresso. Sul volto era impresso quel solito sorriso, mentre con lo sguardo cercavo di trovare la piccola luce dei Nakamura. Vagai per qualche istante per l'intera casa, trovandola poi nella mia stanza. Sorrisi nuovamente quando appoggiai lo sguardo sul suo viso mentre ella era caduta in un sonno profondo, rintanata nel mio letto sotto un fitto lenzuolo.

    Christa..

    Mi avvicinai tenendo le labbra quanto più serrate possibili e cercando di non provocare nessun rumore. Non volevo svegliarla ma farla godere quel dolce e caldo riposo. Nella mano destra stringeva un piccolo quaderno e un pennarello era stato lasciato a cadere sul comodo letto. Con tutta la delicatezza del mondo allungai la mano mancina verso il quaderno, provando a staccarlo dalla forte presa e osservarne poi il contenuto. C'erano quattro figure con fattezze e dimensioni diverse ed ognuna con caratteristiche proprie. Non impiegai molto tempo a capire che quello era una specie di ritratto di famiglia. Trattenni le risate, socchiudendo le rosea labbra e accarezzando la fronte di Christa con la mano destra, con fare molto delicato mentre iniziavo ad entrare sotto quelle coperte, portandomi proprio al suo fianco. Il quaderno era stato lasciato su un armadietto, posto proprio accanto al letto. Il braccio mancino andò poi a stringerla; il capo invece si appoggiò sulla sua schiena. Gli occhi si socchiusero lentamente e un tenero respiro andava a mischiarsi all'aria presente nella stanza. Pochi secondi dopo mi ritrovai ad addormentarmi al suo fianco. Volevo tanto che quei momenti non finissero mai, che durassero per tutta la vita ma purtroppo quella dolce e tenera figura mi è stata sottratta troppo in fretta.

    [...]



    Passarono alcune ore e al risveglio, Christa era ancora lì con quel viso che assomigliava a qualcosa di divino. Quel giorno proseguiva e manteneva ancora lo stesso livello, restando uno dei più felici della mia vita. Tutta quell'energia accumulata il mattino non si era ancora assopita anzi, ardeva ancor di più, quasi a sembrare un grande incendio. Alzai il busto aiutandomi con l'avambraccio destro, portando le azzurre iridi a notare l'orologio posto sul armadietto. Erano circa le 18. Sospirai, alzandomi dal letto e cercando di svegliare la più piccola dei Nakamura.

    Christa.. forza alzati. Ti porto al Lago.

    La piccola quasi si svegliò all'istante quando udì quel nome. Nuotare infatti era la sua più grande passione ed io, ero felice di accompagnarla e vivere con lei quelle incredibili esperienze. Qualche istante dopo ci incamminammo per il grande Lago Ibuse, posto nei pressi di una piccola zona di terra coperta da dell'umido terriccio e da alberi cupi e quasi grigi. Tuttavia le acque restavano cristalline seppur quella densa Nebbia copriva l'intera aria. Il freddo presente nell'etere non era un problema per noi, nate e cresciute in quel Villaggio così ben nascosto e protetto da quel curioso elemento. Christa sorrise quando i suoi occhi si posarono su quelle acque e vedere il suo stato, faceva si che il mondo non importasse, come se fossimo distanti da qualsiasi problema e dal male che albergava nel genere umano. Nulla poteva disturbarci. Eravamo solo noi due, Mizuki e Christa, inseparabili.

    Onee-san com'è stata l'accademia?

    Quella voce ancora risuona nella mia mente di tanto in tanto, donandomi ricordi felici ma struggenti al tempo stesso. La guardai con uno spiccato sorriso in volto e con quegli occhi piedi di luce.

    E' stato fantastico Christa. Ho conosciuto tanti amici e amiche...

    Iniziai a raccontarle tutto ciò che era successo mentre i vestiti venivano poggiati su qualche piccola roccia. Ero precisa nel racconto, senza tralasciare alcun dettaglio. Volevo che lei sapesse cosa significava per me quell'esperienza e magari avere un punto d'appoggio saldo quando sarebbe arrivato il suo momento. Purtroppo era solo una folle utopia. Prosegui con il racconto e contemporaneamente iniziavamo ad immergerci nel Lago. La nostra era una passione comune, qualcosa che ci legava ancor di più e che rafforzava maggiormente il nostro legame.

    Ho conosciuto una Sensei, Mikoto-san. E' una donna incredibile e con tanta esperienza. E' stato un giorno incredibile e voglio assolutamente continuare ad andarci

    Era facile intuire tutto il mio entusiasmo, non solo attraverso le parole ma era anche leggibile in quegli occhi. Quelle azzurre iridi splendevano di luce propria, un colore che pareva quasi assomigliare al bagliore della Luna stessa. Nuotammo per qualche metro, distanziandoci quindi dalla terra ferma per poi immergerci per qualche piccolo secondo. Il Lago era limpido, pulito e quasi puro. Pesci curiosi si affiancavano e nuotavano accanto, rispondendo a quelle forme che tanto avevano sconfinato nel loro territorio. Restammo ore in quelle acque, quasi non volevamo tornare a casa. Tanti furono i discorsi e tante furono le risate. Il ricordo di quel giorno felice purtroppo termina in quell'istante, nel preciso momento in cui uscimmo dalle acque e ci asciugammo. Non riesco a ricordare oltre, forse è la mente che non vuole e che intende solamente conservare quei momenti felici. Purtroppo la mia vita cambiò radicalmente e quel giorno, è uno dei pochi ricordi felici che mi rimangono.
     
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