Accademia Sae Tsuruzono

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    Hey, Axel. You haven't forgotten? You made us a promise. That you'd always be there... to bring us back.

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    L'odore di caffè impregnava le pareti giallastre dell'aula, il rumore di pagine di giornale sfogliate che lasciavano impresse nella mente del sensei vecchie notizie accompagnavano ogni piccolo sorso di quell'uomo. I segni, che si sarebbero potuti notare ponendo particolare attenzione, sui bordi del giornale e lo stesso colore delle pareti denotavano un quotidiano trito e ritrito, letto e riletto più volte con attenzione. Chi fosse entrato in quel momento avrebbe potuto notare anche il luccicare degli occhi di Ju, l'esaminatore designato per promuovere quelle matricole che tanto si sono impegnate nel corso degli anni trascorsi in accademia. Il suo legame con l'ormai defunta Mizukage, Hoshi, non era nemmeno troppo vivido ed importante, tuttavia anche solo il riconoscimento nel senso del dovere di quella povera donna non avrebbe potuto far altro che stringere il cuore dei propri cittadini. Ju non riuscì ancora a superare quella notizia, era incazzato nero col mondo e nonostante fossero passati sei lunghi mesi, il rimorso di non essere riuscito a contribuire al suo salvataggio, in quelle missioni di ricognizione, torturavano i suoi pensieri. Per questo promise più e più volte a se stesso di essere disposto a tutto pur di aiutare il proprio paese. La sua mente, tuttavia, sarebbe stata distratta dall'ingresso dei suoi studenti. La mattinata dell'esame per diventare Genin si sarebbe svolta in modo diverso rispetto alla consuetudine, Ju di fatto odia i clichè.

    Buongiorno, ragazzi. Mi chiamo Ju ed oggi sarò il vostro esaminatore, per questo esame. Come ben sapete questo rappresenta il punto di partenza per la vostra carriera da ninja. Tuttavia, come avrete potuto sentire nel corso di questi ultimi mesi, tutto il mondo è in una brutta situazione. Quindi, flash forward ad oggi, vi dovrete guadagnare la promozione a Genin. Non ho intenzione di vedere persone demotivate o che sono qua per qualsivoglia motivo che sia differente dal voler aiutare il proprio paese. Bando alle ciance. Seguitemi.

    Lasciato il caffè e il giornale sulla cattedra, avrebbe condotto i ragazzi, ironicamente appena seduti, fuori dall'intero palazzo dell'accademia. Il sole estivo investiva l'area di allenamento limitrofa al palazzo, un quadrato di una trentina di metri quadrati in terra battuta che lasciava spazio solamente al puro combattimento fisico. Postosi al centro di quel quadrato, Ju riprese a parlare ai suoi studenti.

    Tsuruzono, Hoozuki, per favore avvicinatevi. Farete uno scontro, ecco a voi un kunai disse, mentre consegnò le armi ai due studenti - , le regole sono semplicissime. Il primo che sanguina, perde e viene bocciato. Potrete usare qualsiasi stratagemma, qualsiasi "colpo sporco", qualsiasi cosa. Quando volete, iniziate pure.

    Le grinze sul proprio volto ai più attenti avrebbero probabilmente fatto capire la stanchezza del sensei, segnato e provato da mesi pesantissimi per tutti.
     
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  2. Shoggoth_Marsala
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    Erano tempi bui per Kiri.
    I venti di guerra soffiavano sulle terre conosciute nella loro interezza, spazzando via tutto ciò che trovavano e lasciando di sé nient'altro che miseria e rovine.
    I più stolti e incoscienti avrebbero reputato impossibile che quelle raffiche furenti trovassero la loro via per le isole, attraverso la nebbia: sei mesi fa, anche questi avevano dovuto ricredersi.
    Il dodicesimo Mizikage era morto, lunga vita al tredicesimo.
    Alcuni tra veggenti, ciarlatani, studiosi di numerologia, veterani scettici e disillusi avevano urlato a gran voce, nelle taverne e per le strade, alla bieca malasorte che si celava dietro questo numero, o dietro la sconvolgente rapidità a cui si era arrivato ad esso.
    L'orecchio dotato di raziocinio aveva saputo vedersene bene dal dare conto a questi voci; ma anche questo, sei mesi fa, aveva dovuto accettare la dura realtà dell'impossibile e arrendersi ad essa.
    Sei mesi fa, il vento di guerra aveva soffiato ancora una volta, imperversando sul Villaggio nascosto della Nebbia e sulla sua accademia.

    Sae, come molti, perse qualcuno quel giorno.
    Kaerucchi, questo il nomignolo che Sae aveva attribuito a una sua compagna di classe, tale Kaeda Moeko.
    Una sedicenne un po' sovrappeso, con degli spessi occhiali a montatura quadrata e un volto butterato che la faceva rassomigliare alla rana il cui ideogramma era incluso nel suo cognome.
    Ma aveva cuore, una disposizione mite e gentile e una certa propensione ai Genjutsu che facevano da valido contraltare ai suoi difetti fisici, talmente valido da portare Sae a farla orbitare - almeno per un poco - intorno alla sua figura. Insomma, le aveva tacitamente garantito l'accesso nella sua esclusiva cricca.
    Si trattava di un affare temporaneo, almeno nella mente della Tsuruzono: un più che equo scambio tra un po' di conoscenza teorico-pratica sulle arti illusorie in cambio di una manciata di reputazione e qualche fotone di luce riflessa; e se Kaerucchi aveva interpretato tutto questo come il principio di un legame duraturo, o - il cielo non volesse - amicizia, peggio per lei.
    Ma Kaerucchi aveva cuore.
    Talmente tanto che, in quel fatidico giorno, si era offerta di tornare in classe a prendere un quaderno dimenticato da Sae.
    "Fasho in un lampo" aveva detto con la sua solita parlata da burina; dopodiché, aveva attraversato il corridoio, aveva oltrepassato la porta scorrevole che l'avrebbe portata in classe e nulla più.
    Sparita in un lampo, proprio come aveva detto.
    E in un lampo, insieme a lei, era sparita la classe, parte del corridoio e parte della vita di Sae e del villaggio intero.

    Sae se la cavò, in un certo senso.
    Il punto dove si trovava era relativamente lontano dall'epicentro, e il lampo e il boato dell'esplosione le fecero perdere i sensi prima che potesse rendersi conto che il soffitto stava crollando su tutti loro.
    Sulla sua cartella clinica figurarono solo un braccio rotto e alcune costole incrinate, per una prognosi di due mesi da trascorrere in una residenza di montagna, gentilmente offerta dai piani alti della famiglia Yuki.
    Dal punto di vista psicologico, solo il tempo avrebbe potuto svelare - in ogni suo aspetto - lo spettro e l'impatto che questi eventi avevano avuto sulla ragazza.
    Quello che si può dire è che, incredibilmente, la Sae Tsuruzono che era stata dimessa dall'ospedale, si era sottoposta a riabilitazione, aveva ripreso a frequentare le lezioni in quel che restava dell'accademia e che ora si apprestava ad affrontare l'esame per diventare Genin, appariva come perfettamente normale.
    E come poteva essere altrimenti?
    Lei era Sae Tsuruzono, l'eletta a cui il cielo aveva garantito il sangue e il potere del clan Yuki.
    Lei era Tōha-no-mikoto, la "signora dell'onda di ghiaccio", la dea che aveva gelato le acque e salvato una vita, nel cui nome gli abitanti della sua isola natìa avevano eretto un santuario.
    Nemmeno per un istante, da sei mesi a questa parte, la sua mente aveva messo in discussione la sua sopravvivenza, la sua guarigione, il suo trionfo su questa calamità, non più di quanto si mettesse in discussione il sorgere del sole dopo il calar della notte.
    Ma, al netto di tutte le vittime, dei funerali pubblici, dell'aumento dei senzatetto, dei feriti e dei derelitti, del crollo del morale del villaggio, un tarlo si era insinuato nella sua mente, livi aveva fatto il nido e non dava cenno di voler uscire:
    Kaerucchi.
    La sua morte era stata...irritante, per dirne una.
    Kaerucchi era stato un utile strumento per compensare una lacuna, una tollerabile palla al piede e, alle volte, un piacevole diversivo con cui scambiare qualcosa di più di un semplice pettegolezzo. Nel suo essere così mondana, era stata un curioso ninnolo da custodire nel portagioie della sua vita, qualcosa di cui Sae si sarebbe dimenticata alla fine dell'accademia, salvo poi ritrovarlo dopo tanti anni ancora lì, pieno di polvere, ma anche di qualche simpatica memoria su cui rimuginare. Ma era arrivata la guerra, era arrivato il demonio, il ladro, che si era preso quel balocco e se lo era portato via.
    Si era presa il suo balocco, e se lo era portato via.
    Sae aveva preso questo pensiero e lo aveva pungolato senza tregua né ritegno, proprio come fino a due anni prima si tartassava i brufoli sulle guance. L'occasionale pizzico si fece regolare frizione; la frizione mutò in un graffio; il graffio divenne un intenso e irrefrenabile scavare - attività, questa, che la portò a trascorrere non poche notti insonni; finché, quattro mesi più tardi, non riuscì ad arrivare alla radice del suo malessere:
    la realizzazione che la guerra non si era portata via solo Kaerucchi, ma anche il suo concetto di ordine.

    Sae amava l'ordine, e amava il controllo.
    Amava la logica, amava i codici, le leggi, i sistemi e tutto ciò che, per quanto strano potesse essere, aveva una sua coerenza interna. Apprezzava l'improbabile, fintanto che fosse possibile prevederlo.
    Quello che non poteva tollerare era quel tipo di guerra.
    Non poteva tollerare il fatto che un ladro fosse entrato a casa sua e le avesse rubato il suo ninnolo;
    non poteva assolutamente tollerare il pensiero che lo stesso ladro potesse rientrare e prenderle i sandali, un portachiavi, il vaso pacchiano della nonna, un borsello bucato o qualsiasi altra cosa volesse, in qualsiasi momento, restando per giunta impunito.
    Questo era inaccettabile.
    Kaerucchi era morta, morta perché il destino non le aveva sorriso, morta perché non tutti potevano avere un dono del cielo che avrebbe sicuramente permesso loro di sopravvivere persino ad un'esplosione; e Sae sapeva che era compito suo - di lei, che era viva e miracolata - riportare l'ordine a casa sua.

    Per questo motivo il discorso dell'esaminatore le fece provare una sorta di calore nel petto: una risonanza, la sensazione che i loro obiettivi coincidessero perfettamente, anche se il suo sguardo - e le voci di corridoio - facevano intedere che lui avesse perso ben più di un trastullo.

    «Tsuruzono, Hoozuki, per favore avvicinatevi.»
    Sae obbedì al comando, e afferrò con la destra il kunai che le venne offerto.
    L'esame non sembrava star prendendo la solita piega: e l'atmosfera, gli sguardi confusi, il fatto che si fossero spostati al campo d'addestramento e soprattutto gli scintillanti kunai la portarono a intuire che qualcosa non andava, e a concedersi tre metri di distanza dallo Hoozuki.
    «le regole sono semplicissime. Il primo che sanguina, perde e viene bocciato. Potrete usare qualsiasi stratagemma, qualsiasi "colpo sporco", qualsiasi cosa. Quando volete, iniziate pure.»

    Hoozuki.
    Un eletto, come lei.
    Nel ergere indice e medio della sinistra verso di lui, ed effettuare così il sigillo del confronto, si chiese se si sarebbe dimostrato abbastanza superiore da costringerla a ricordarsi il suo nome.
    Nel dubbio...

    Sae sarebbe scattata in avanti poco dopo la reazione del compagno, nel tentativo di colmare nel minor tempo possibile i tre metri che aveva frapposto tra loro poc'anzi.
    Kunai stretto nella destra in posizione inversa, con l'anello rivolto verso il suo avversario. Braccio destro portato ad altezza spalla, il sinistro in posizione rilassata, a bilanciare il resto del corpo.
    Avrebbe cominciato con qualcosa di semplice, onde saggiare le prestazioni dell'avversario e cercare di analizzarne forze e debolezze.
    Era un duello al primo sangue, dopotutto:
    non poteva permettersi di caricare il nemico alla cieca.

    Avrebbe provato a sferrare due colpi: il primo, un ampio arco da destra verso sinistra, dall'alto verso il basso, mirato a tagliare diagonalmente il tronco dello Hoozuki;
    il secondo, una naturale - seppur debole - prosecuzione della mossa precedente, un roverso atto a tagliare all'altezza dello stomaco, da sinistra verso destra.

    Poi, uno stacco - sei rapidi passi all'indietro, che avrebbero cercato di portare la ragazza a cinque metri di distanza - una lunghezza ritenuta più che sufficiente per preparare tutte le contromisure del caso.



    Azioni Sae:

    1) Attacco con kunai [-1]
    2) Secondo attacco con kunai [-1]
    3) Spostamento all'indietro di 5 metri [-1?]*

    Stamina: 100/100
    Resistenza: 97*/100 (*Se lo spostamento consuma punti res)

    Angolo delle domande stupide (non sapevo se farle per MP o meno):

    1) Ho messo 5 metri di spostamento all'indietro, ma non so se il regolamento lo consenta effettivamente (se così non fosse, mi scuso in anticipo). Esiste un numero di metri massimi percorribili per turno? Si usa la stessa regola della distanza per le schivate?

    2) Altra domanda scema scema: quando si ha in mano un kunai (o qualsiasi arma di dimensione ugualmente piccola) non si possono usare le mani per eseguire jutsu, giusto?

    Grazie in anticipo per le risposte!
     
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  3. Shoggoth_Marsala
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    Ju a primo impatto rimase impressionato dalle abilità dei due. I capelli della giovane Yuki si mossero con grazie assieme al movimento del corpo, ne seguivano e ne delineavano la leggiadria così come un'impressionante agilità, per una ragazza alle prime armi, dopotutto. Anche l'Hoozuki se la cavò fin troppo egregiamente: il primo attacco della ragazza venne sventato con un calcio, precisamente con il piede destro, che andò a colpire l'avambraccio della propria sfidante. Il colpo subito, tuttavia, non lasciò il segno in alcun modo se non un piccolo fastidio nella zona del gomito, la parte colpita interessata. il successivo fendente dell'esaminata, un classico fendente che squarciò l'etere, si vanificò sulle vesti del giovane - povera sua madre, chissà quanto ha dovuto lavorare per comprarlo - lasciando un taglio netto ad altezza addominale. Per poco non avrebbe rilasciato le interiora del suo avversario. Quasi l'esaminatore prese ad intervenire, ma non appena si molleggiò sui talloni per scattare in direzione dei due, lasciò continuare il corso degli eventi. Da tanto non vedeva uno scontro così appassionato, si vedeva il fuoco nelle pupille di entrambi, così come la scintilla apparentemente creatasi tra i loro compagni, succubi di uno spettacolo che, per quanto ridotto, aizzò comunque la massa. Il suo sguardo si pose sull'Hoozuki, più alto della sua avversaria di una quindicina di centimetri, apparentemente goffo ma abbastanza agile da riuscire a pareggiare la velocità della rossa. Lo osservava mentre, con la bava alla bocca, ringhiava parole confuse, quasi impercettibili: sicuramente era fin troppo incazzato per la propria maglietta da riuscire a ragionare correttamente. Forse stava proprio qua la differenza tra i due. Di tutta risposta, l'Hoozuki partì all'attacco, mimetizzandosi in mezzo ad altre tre copie pregne di puro chakra. La tecnica della moltiplicazione lasciò spazio ad una nuvola bianca, compatta, che si dissolse nel momento in cui due copie avanzarono con fare minaccioso verso la Yuki; la terza, l'ultima, continuò l'effetto sorpresa saltando sopra la testa delle sue compagini, mimando un affondo con un Kunai diretto al torace della giovane. Il vero Hoozuki, contrariamente a quanto pensato dal sensei, adottò una strategia che in un momento così caotico avrebbe potuto fruttare ottimi risultati. Lanciato il Kunai in alto, dandogli una curva parabolica in modo da far finire l'arma alle spalle della sua sfidante, non avrebbe fatto altro che correre verso le tre copie simultaneamente al loro attacco, per poi sostituirsi con lo stesso Kunai in modo da finire esattamente alle spalle della ragazza: lì avrebbe cercato di colpire con una gomitata la schiena della Yuki, in modo da provare a scaraventarla a terra e provare a ferirla, essendo stato lui ferito nell'orgoglio.

    Ottimo post, niente da dire.

    Per quanto riguarda le schivate/movimenti sì, devi far riferimento al regolamento delle schivate. Ovviamente non c'è un limite per i metri percorribili in un post, varia in base all'utilizzo e alle statistiche di riferimento per calcolare la distanza.

    Esattamente, a meno che tu non abbia l'abilità "Jutsu ad una mano" :sisi:

    Ora devi difenderti dagli attacchi, hai a disposizione, oltre al Kunai, le tre tecniche base dell'accademia (Moltiplicazione, Sostituzione e Trasformazione). In più non sai quale è l'originale, ma se elabori una buona strategia e mi fai un buon post (come questo che hai fatto) ti premierò. Ti prendi 10 danni per il calcio al braccio, comunque :sisi:
     
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  5. Shoggoth_Marsala
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    Nel corso di quel breve scambio e di ciò che ne seguì, Sae ottenne alcune delle informazioni che cercava.
    Lo Hoozuki era bravo nel Taijutsu, probabilmente più di lei.
    Lo Hoozuki era anche piuttosto agile...forse quasi quanto lei.
    Aveva capito queste due cose quando il piacevole sibilio emesso dal kunai aveva smesso di essere, dissolto dal più sordo tonfo tipico di un calcio alto che impattava su un bicipite, ed il gemito di lei che ne seguì – un verso che si fece largo forzosamente tra due file di denti serrati – era stato il marchio a fuoco che aveva impresso definitivamente in lei tali nozioni.

    Lo Hoozuki era una testa calda.
    Questo lo aveva realizzato poco dopo aver lacerato i suoi indumenti, e con essi parte del suo orgoglio.
    Nel vedere quei densi rivoli di bava biancastra fuoriuscire dalla bocca di quello studente di cui nemmeno ricordava il nome, il volto di lei si era dischiuso in un sorriso, e un leggero suono nasale aveva lasciato trapelare la sua indole da ape regina.
    Si era gongolata su quel penoso teatrino indegno di un ninja, ignorando volutamente il fatto che, a parti inverse, avrebbe reagito non allo stesso modo, ma con un emozione di egual misura, e che l’unica, vera differenza tra i due era stata che lei, onde saggiare il suo avversario, aveva accettato l’idea di poter essere colpita e l’aveva inclusa nel suo grande disegno.

    Lo Hoozuki era prevedibile.
    Questo lo pensò nel momento in cui vide i due sbuffi di fumo innanzi a sé e le relative copie al suo diradarsi – salvo poi ricredersi svariati momenti più tardi.
    Inizialmente, la ragazza non si scompose a fronte del nuovo stato di cose: tra allenamenti e quei pochi, pochissimi esami che aveva visto svolgersi secondo la medesima modalità, aveva maturato la nozione che il bunshin no jutsu fosse un cliché, una tappa obbligata per la quale dovevano passare tutti.
    Sapeva che era solo questione di tempo, prima che accadesse.
    Se avesse avuto più tempo, se le cose fossero andate completamente come previsto, Sae si sarebbe presa il suo tempo, affinando i sensi e, rammentando quella che la sua mente aveva catalogato come “la storia del coniglio”, avrebbe volto lo sguardo verso i piedi dei due Hoozuki, e cercato di capire chi tra loro non si sporcasse di fango e non lasciasse impronte sul terreno fangoso di Kiri.
    Purtroppo, non ebbe più tempo, e le cose non andarono affatto come previsto.
    Ai due avversari in avvicinamento se ne aggiunse un terzo, il cui attacco in salto fu riconosciuto dalle percezioni di lei come un’immediata minaccia.
    Tentò di scansarsene, serrando il kunai tra i denti, abbassandosi e buttandosi alla sua sinistra, in quella che sarebbe dovuta essere una rotolata tale da mettere un metro di distanza tra lei e i tre.
    Si sarebbe resa definitivamente conto della futilità del suo gesto non appena udito il tipico suono che aveva accompagnato i precedenti sbuffi di fumo, e lì capì di esserci caduta con tutte le scarpe.
    Che fare?
    Doveva chiamare a sé il Chakra, e in fretta.
    Spostarsi in una posizione di vantaggio, dove poter ripensare a una nuova strategia.
    Agganciò con lo sguardo un tronco per il tiro al bersaglio che giaceva sulla terra battuta a circa dieci metri di distanza – sempre che la tensione non le avesse fatto calcolare male le distanze.
    Poi visualizzò la marea, la risacca forte delle scogliere di Igō che ritrae quanta più acqua possibile per ciò che verrà. Cercò d’immedesimarsi in quella risacca, di rivedersi come ogni volta nei tempestuosi flutti che la corrente richiamava a sé per poi sguinzagliarli senza misura né ritegno alcuno, e mandarli a infragersi verso la parete di roccia.
    Provò a fare tutto questo, ma capì subito che non sarebbe stato abbastanza – doveva fare di più.
    Acque maggiormente ritratte, correnti più forti, un vento di tempesta proveniente da sud e l’urlo dei gabbiani; cercò di visualizzare di più, visualizzare meglio, e di accumulare quanto più velocemente quanta più energia possibile presso il plesso solare.
    Sarebbe stata abbastanza veloce? O era già troppo tardi?
    Lo avrebbe saputo a breve; anche se, in ogni caso, corpo e spirito furono adamantini nella loro risposta, e dichiararono quello il momento giusto.
    L’onda si alzò, un’imperscrutabile massa blu si abbatté sulla roccia frastagliata.
    Il chakra fu rilasciato, e l’occhio della mente si adoperò nell’immaginarlo proiettato verso il tronco, sottoforma di una miriade di lunghi e sottilissimi fili.
    Le mani si mossero, nel tentativo di comporre i sigilli appropriati e nella giusta sequenza:
    Pecora, Cinghiale, Bue, Cane, Serpente.



    Scheda: click

    Azioni Sae:

    1) Stringere il kunai tra i denti ( per avere le mani libere)
    2) Schiva l'attacco della copia rotolando via da lui per un metro di distanza [-1]
    3) Tecnica della sostituzione con sforzo extra [-5 base, -25 per sforzo extra]

    Stamina: 70/100
    Resistenza: 86/100

    --
    Niente da dire, se non "Hoozuki l'ha propio fregata" xD.
    Ho immaginato che "riporre" il kunai contasse come azione, non so se ho fatto bene. Spero anche di aver fatto bene i calcoli, sono ben lungi dall'essere una cima in matematica.
     
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    Non v'erano rumori su quel campo d'addestramento, si poteva sentire solo il respiro alternato dei due combattenti che stavano sfoggiando ciò che potevano in una situazione così concitata. L'unione delle conoscenze base apprese in quello sprazzo d'accademia mischiate alla morale ed i principi dei due studenti lasciò comunque ben sperare al sensei, pieno d'orgoglio ma mai scomposto. Il suo animo si stava scaldando al punto giusto, l'ardore negli occhi di entrambi i partecipanti attori principali di questo esame, gli ricordò i suoi primissimi tempi da Genin e tutto ciò che ne seguì. La nuvola di fumo della moltiplicazione dell'Hoozuki si diramò nel momento in cui l'originale ritrovò la propria posizione alle spalle della giovane Yuki, che tuttavia rispose prontamente con una sostituzione, dedita ad evitare la gomitata del proprio avversario. Il gomito dell'Hoozuki, pregno di rabbia motivata in quel momento ben preciso, andò a conficcarsi nel tronco con la quale la propria avversaria si era appena sostituita. Il legno secco, simil deteriorato, sancì di fatto la fine dell'incontro. Sfortunatamente per lui, il gomito andò ad impattare sulla corteccia: essa quasi si disintegrò, spezzandosi in modo trasversale, lasciando cadere trucioli a terra che ondeggiavano seguendo i pochi sibili di vento che di tanto in tanto soffiavano su Kiri. L'impatto generò sì un botto, tipico di un tronco tranciato, ma lasciò anche il segno sulla felpa e, soprattutto, sulla pelle dell'Hoozuki. Una goccia di sangue impregnò ciò che rimase del vestiario del ragazzo, già squarciato in precedenza dal kunai di Sae, prontamente ripulita con un lembo di stoffa. L'Hoozuki iniziò a sudare, freddo probabilmente, mentre cercava il contatto visivo con l'esaminatore. Questo, senza scomporsi, iniziò ad applaudire.

    Niente male, ragazzi, niente male. Ma le regole sono regole, Sae vince lo scontro ed è promossa a Genin. Ho visto il sangue, Kiro, mi spiace.

    Detto ciò si avvicinò al centro del campo d'addestramento, ove il terreno era segnato dai molteplici spostamenti dei due. Ansimante, l'Hoozuki si sedette a terra col capo rivolto verso il maestro. Aveva un'espressione di tristezza in volto che spogliò il ragazzo dalle vesti del cliché "grande, grosso, incazzato".

    Non preoccuparti. Sei promosso anche tu. Per uno della tua stazza è difficilissimo muoversi nel modo in cui ti sei mosso contro la tua compagna e questo ti fa onore. Puoi limare senza problemi ciò che devi e vedrai che farai molta strada.

    Detto ciò tolse dal borsello i primi due coprifronte trovati, per poi consegnarli ai due esaminati. La loro vita ninja poteva finalmente iniziare.


    Bene, abbiamo finito! Fammi il post conclusivo e poi ti assegno l'exp e tutto ciò che guadagni dalla promozione :rosa:
     
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  7. Shoggoth_Marsala
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    Mentre il suo corpo si scambiava istantaneamente di posto con quel mezzo tronco, Sae formulò una nuova strategia. Quando avvertì nuovamente l’erba sotto i piedi e avvistò il vero avversario in mezzo a tutti quei cloni, fece del suo meglio per richiamare nuovamente a sé il chakra e visualizzare nuovamente il mare in tempesta. Addentò il kunai con maggior forza nel tentativo di scacciare quel senso di spossatezza improvvisa che la stava cogliendo e, con mani rigide, formò il sigillo della pecora.
    Si bloccò a quel modo, la sua concentrazione rotta dal ritmico impattare delle mani dell’esaminatore.
    Eh?
    La sua mente, ancora inebetita dall’adrenalina, dapprima faticò a processare le immagini trasmesse dagli occhi, a legare l’applauso di quelle due secche mani alla stasi dello Hoozuki e al repentino cambiamento dell’atmosfera che, fino a quel momento, aveva pervaso il campo d’addestramento.

    « Niente male, ragazzi, niente male. Ma le regole sono regole, Sae vince lo scontro ed è promossa a Genin. Ho visto il sangue, Kiro, mi spiace.»
    Eh?
    Il suo io interiore non poté fare a meno di esprimere nuovamente incredulità, mentre la nebbia dell’ignoranza andava pian piano diradandosi e i punti si univano in un chiaro disegno dell’accaduto.
    Aveva vinto.
    Aveva vinto per un tecnicismo.
    Gli occhi di lei registrarono i movimenti dello Hoozuki, il suo portarsi a terra, il suo volto contrito – ma lei era lontana.
    La poteva davvero definire vittoria?
    Era a tutti gli effetti una vittoria, nessun dubbio al riguardo. Sae era già abituata a scenari simili, alle frotte di barcaioli che, nel corso degli anni, si erano lamentati con suo padre per tasse doganali più alte, restrizioni più stringenti sulle merci trasportabili e quant’altro salvo poi scoprire di non poter far altro che imputare la colpa a loro stessi per non aver letto regole e contratti in ogni minuzia.
    Era una vittoria, nessuno poteva dire il contrario.
    Una rapida introspezione sull’esame l’avrebbe convinta di come, agli occhi di tutti, lei era apparsa come la combattente calma e composta, e di come lo Hoozuki – dall’inizio alla fine – si era mostrato sì forte, ma altrimenti privo di autocontrollo.
    Considerando anche il di lei temperamento e la condotta tenute negli anni precedenti, non aveva dubbi che quello scontro le avrebbe portato una certa reputazione, una di cui, a posteriori, sarebbe andata fiera. Sì, in cuor suo già sapeva che avrebbe ricordato con un certo orgoglio la classe mostrata nel portare il nemico a colpirsi da solo.
    Eppure...
    eppure non poteva definirsi soddisfatta.
    Checché gli altri avessero avuto a dirne, il suo compagno era alla pari per scioltezza nei movimenti e la surclassava per forza fisica e perizia tattica; ergo, a dispetto delle apparenze e delle regole di quella battaglia, una parte di lei sapeva di aver vinto per pura e sfacciata fortuna.
    Ore più tardi, una più lenta e rilassata introspezione l’avrebbe portata a rimuginare su quanto poco si fosse impegnata nella sua carriera accademica, di quanto avesse fatto del suo ligniaggio un comodo bastone su cui appoggiarsi, col quale imbellettare quelle che, a tutti gli effetti, erano attitudini non più spiccate di quelle di un qualsiasi allievo.
    Eppure, lei sapeva.
    Sapeva che, al prossimo incontro, Kiro Hoozuki sarebbe stato più forte e più veloce. Sapeva che, anche con quell’indole da cane rabbioso – perché le sue lacrime di coccodrillo non l’avrebbero impressionata – l’avrebbe stracciata. Senza dormire sugli allori dati da quel cognome, si sarebbe allenato, avrebbe vinto il prossimo incontro e dimostrato quello che, magari, già aveva immaginato.
    E questo non poteva permetterlo.
    Tirò fuori il suo sorriso più diplomatico, si avvicinò ai due e, con misurata modestia, prese dalla mano dell’esaminatore il lucido e freddo coprifronte.
    Li sentiva chiaramente: oltre lo scroscio di applausi dei compagni e al di là dell’umida aria stagnante avvertiva chiaramente il fragore delle onde di Igō, le sferzate dei venti di guerra e il retrogusto acre dell’orgoglio e del rancore, che già si faceva rogna.

     
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    Hey, Axel. You haven't forgotten? You made us a promise. That you'd always be there... to bring us back.

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    Ti prendi 33 punti esperienza e tutto ciò che guadagni col passaggio a Genin! :rosa:
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