[P.Q] A tales of an Orphan PT.2

P.Q + Sblocco I Stadio Innata

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    Narrato | «Parlato» | -Pensato- | «Parlato Akutagawa»



    Un giorno dalla partenza di Shizuka
    Ora 8:53


    «Hey Haru»

    Il ragazzo che parlava era uno dei miei fratelli. Ormai ero abituato a chiamarli cosi, anche se non vi era un effettivo legame di sangue; loro non erano la mia vera famiglia ma era la cosa che più si avvicinava a definirla tale. Akutagawa Ryonosuke. Questo era il nome del ragazzo, alto e dal fisico abbastanza allenato e slanciato. I suoi capelli corvini, decorati da quelle punte argentee gli donavano un aria da saggio, quasi un esperto della vita. In lui vi era una grande gioia di vivere, inferiore soltanto a Shizuka stessa. L'angelo era la figura che più spiccava in quella sorta di nucleo familiare, un qualcosa nato dalla mente di un vecchio uomo che con il suo cuore e il suo amore, portava avanti un vecchio desiderio, una passione mai sopita negli anni. Non è facile delineare il carattere di Aku, o per meglio dire, questo ebbe alcune trasformazioni del corso degli anni. Ricordo ancora i momenti divertenti dell'infanzia, dove loro si divertivano, inondando l'aria di una felicità stravolgente; mentre io ero solito restare sulle mie ad imitare gli altri miei piccoli fratelli. L'anello fragile, ecco cos'ero. Uno di quei bambini che viene relegato in fondo al gruppo, a compiacersi nel proprio misero essere. Aku era diverso, il completo opposto del mio patetico essere. Lo ammiravo in un certo senso, osservandolo con occhi sempre attenti a qualunque sua parola o muscolo mosso in causa.

    «Cosa?»

    L'aria infernale del Deserto già albergava in quelle prime ore del giorno, il quel dì di Suna dove la vita pacata e serena continuava il suo corso. Come un fiume in corrente che con le sue dolci rapide avanza verso la foce del Mare, pacifico e calmo le acque avanzano non trovando nessun ostacolo a porsi d'innanzi al suo cammino. Un piccolo e vecchio orologio segnava le nove circa, mentre quel ticchettio risuonava per l'intera stanza. Mi trovavo in piedi, posto accanto a quella tenera finestra con lo sguardo puntato verso ciò che mostrava.

    «Vieni con me»

    Limitai la mia presenza al silenzio, annuendo semplicemente alla sua richiesta. Mossi la carcassa, appesantita da costanti pensieri, verso il corpo di quello che chiamavo fratello. Il corvino faceva strada, dettando un passo calmo e quieto, con quel suo vestiario leggero ma dettato pur sempre dal suo colore preferito. Il nero dominava sul suo corpo, mentre quegli indumenti nascondevano un fisico ben asciutto e proporzionato. Poco loquace nel mentre lasciavamo l'abitazione, silente negli attimi successivi. Intanto tutt'intorno era intento a vivere, a sentir scorrere quell'energia naturale che li circondava. Dare un senso a quello che facevano anche se il tutto veniva ripetuto più e più volte, proprio come in un ciclo continuo, destinato a terminare solo con la morte stessa.

    CITAZIONE
    «Dai Haru combattiamo»

    Ero solito lottare insieme a lui, in delle giornate estremamente afose dove il Sole cocente proprio non dava tregua. Giorni stranamente divertenti, che decoravano e dipingevano una sorta di luce perpetua in quell'oscurità profondo che albergava in me. Ricordo perfettamente i momenti passati insieme a lui, a quelle piccole esercitazioni fatte da lotte continue, confronti perenni, gioie e delusioni, anche se le ultime superavano di gran lunga le misere consolazioni. Due piccoli pulcini che si dimenavano e comportavano da adulti, ignari di ciò che il mondo gli riservasse loro. Vivevamo quegli attimi con la serenità, lontani da ansie e paure, preoccupazioni e angosce. Erano i miei attimi di fuga, ciò che riusciva a farmi evadere dalla prigione che avevo creato; delle solide mura per proteggere la mia anima.

    «E anche questa volta ho vinto io. AHAHAH»

    «Ma non vale...»

    «E' il risultato che conta»

    «La prossima vinco io»

    Un fievole flashback riemerse nella mente, mostrandomi quei ricordi cosi chiari e lieti alla mia vista. Erano poche le volte in cui potevo affermare di aver vissuto realmente e quel ricordo mostrava nitidamente un episodio del genere. Un dolce sorriso giaceva sul mio di volto mentre lo sguardo era poggiato sulla schiena di Akutagawa; il fisico, invece, lo seguiva passo per passo, andando a superare i numeroso negozio presenti lungo la strada principale del Villaggio. Conoscevo bene quelle strade, le stesse che da bambini percorrevamo per sopravvivere in quel caos, trovare qualcosa da mangiare e non dare troppo peso sulle spalle all'ormai, vecchio Kazuhiko.

    «Perché siamo qui?»

    Eravamo giunti, infine, alla destinazione. La morte dominava quell'ambiente, ove quelle lapidi scure e grige erano erette sul intero campo. Nomi di fieri e valorosi guerrieri si presentavano sul "paradiso in terra", in quella distesa dove la storia poggiava la sua mano solenne, unica forza distruttrice al mondo. Dunque, avevamo raggiunto il Cimitero. Volgevo lo sguardo a destra e a manca, osservando con uno strano sguardo tutto ciò che mi circondava. Vite fin troppo giovani per essere state strappate al mondo, che sempre più assumeva una colorazione più scura nella mia mente. Perché erano morte? Tuttavia qualcosa incuriosiva la mia attenzione ed erano proprio alcune donne, accasciate proprio accanto ad alcune lapidi poste una affianco all'altra. Piangevano, quasi sommerse dalla disperazione. Ragazzi e uomini che si erano sacrificati per il loro bene. Ma perché morire? Perché costringere la propria famiglia a vivere in quel continuo oblio? Tutto ciò era strano, non capivo perché qualcuno dovesse spingersi a tal punto.

    «Eccoci arrivati...»

    «Mmph??»

    Ginsuke Ryonosuke e Himori Ryonosuke. Potevo chiaramente leggere i nomi su quella dura pietra, curata nei minimi particolari e abbellita con dei piccoli fiori. Era la famiglia di Aku, la prima volta che ne sentivo parlare. Rimasi completamente pietrificato, senza sapere dove sbattere il capo o quale parola pronunciare per l'occasione. Le guardavo impassibile, digrignando i denti e stringendo le mani in un poderoso pugno. L'oscurità era tornata a sovrastare tutto il mio spirito, ad offuscare i miei pensieri e a bloccarmi lì, d'innanzi a quelle tombe.

    «Questo mondo... è sbagliato»
     
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    Le parole di Aku riecheggiavano nella mente innumerevoli volte, in quel piccolo spazio dove quel fievole pensiero si dimenava facendola da padrone. D'innanzi a quelle due lapidi scure e nere come la pece, non seppi proferire parola, permettendo al suo animo di spaccarsi ulteriormente. Da tempo il ragazzino vivace e felice che conoscevo non esisteva più. Quei ricordi erano solo un lontano miraggio. Akutagawa era cambiato con il tempo forse maturato troppo in fretta, eppure non sapevo che fare oppure cosa dire. La nostra visione del mondo, in un certo senso, combaciava l'una con l'altra e quelle parole, le stesse che io ripetevo, squarciarono l'aria stessa e cosi anche una piccolissima parte del suo cuore. I suoi genitori erano dunque morti, lasciando il giovane ragazzino a vagare da solo in un mondo completamente mascherato. Un mondo raffigurato da una mela d'oro, certamente di bell'aspetto; ma marcia all'interno, come il più oscuro degli uomini.

    «Vuoi sapere perché ti ho portato qui?»

    Ruotò leggermente lo sguardo verso di me, mostrando in parte il suo volto quasi demoniaco. Quegli occhi quasi mi pietrificarono, mentre la sua aura andava ad ingigantirsi sempre più. Le sue iridi erano capaci di penetrare nell'animo. La sua faccia era capace di dominare e rendere schiava la mia figura, che immobile stava lì, proprio a qualche metro da lui. Incapace di pensare o addirittura comandare al corpo di muoversi.

    «Cambierò tutto questo. Spezzerò queste catene d'odio, ma ho bisogno di più potere»

    Mai avevo visto Aku in quello stato, lui che era sempre felice e vivace, completamente l'opposto di com'era in quel momento. Una determinazione che in parte albergava dentro di me, un mostro che aspetta solamente d'impossessarsi del corpo del malcapitato e soggiogarlo al suo volere. Il mio dolce fratello era estremamente convinto di ciò che aveva appena detto, andando ad alimentare quella sua grande ambizione, quel suo volere che a primo ascolto pareva assai nobile ma che nascondeva un destino terribile.

    «Non può esserci pace se questo mondo è cosi dannatamente confinato nell'odio. Devo farlo...»

    Con quelle stesse parole, capaci di farmi provare un brivido lungo la schiena, il cielo quasi rispose alla sua chiamata, oscurandosi in parte con delle cupe nuvole grigiastre. Era sempre più convinto di ciò che sosteneva e una fievole aria di sorpresa galleggiava nel mare d'emozioni che provavo in quel momento. Il suo pensiero era collegato al mio, come due gemelli dopo il parto. Abbassai leggermente il capo mentre il peso della realtà, nuda e cruda, poggiava sulle mie spalle, già appesantita da vari fardelli. Non eravamo più dei semplici ragazzini costretti a rubare per poter sopravvivere, ora eravamo uomini capaci di segnare il nostro destino e Aku, sembrava aver percorso la sua strada. Ero stanco dei continui pianti dovuti al lutto familiare. Ero stanco dei continui soprusi a danno dei più deboli. Volevo un mondo in pace, ben lontano da ciò che è diventato adesso. Le mie pseudo risposte andavano a dare conferma al giovane che a stento riconoscevo ma che ero molto affezionato. Il mio silenzio stava parlando più della mia bocca.

    «Hai ragione...»

    Deboli parole, troppo fievoli per essere udite.

    «Cosa? DEVI PARLARE PIU' FORTE LO CAPISCI?»

    Il mostro sembrava essersi impossessato del corpo del mio dolce e vivace fratello, giocando con la sua figura e ponendolo sotto occhi indiscreti di tanti passanti. Lo guardavano. Lo fissavano con aria decisamente schifata, pieni di rabbia e rancore verso quel ragazzo che con quell'urlo aveva disturbato il momento di pace eterna dei loro cari.

    «COSA C'E' DA GUARDARE? MERITATE LA STESSA SORTE DEI VOSTRI CARI»

    Le urla continuavano ad alimentare sul fuoco d'odio che lentamente consumava i presenti, aizzandoli contro Aku, che ormai aveva perso il controllo del suo corpo, della sua anima. Mai lo avevo visto in quelle condizioni e mai potevo riconoscere la figura di mio fratello in quel demonio. Il cielo iniziava sempre più a scurirsi, come se volesse piovere da un momento all'altro anche se non ricordo nemmeno l'ultima volta che capitò un evento del genere. La situazione stava sempre più a complicarsi e una forte tensione albergava nell'aria, mentre una forte morsa al cuore mi rendeva impossibile ogni movimento desiderato. Lo guardavo negli occhi, mentre il demone mostrava il suo pieno controllo. L'incrocio di sguardi infiammo quella tensione e per un attimo Aku sembrava essere tornato in se, controllando il suo essere interiore, abbassando il capo successivamente. Seguirono attimi di silenzio, con il corvino che non era affatto mortificato da tutto quello che era successo anzi, potevo intravedere un malefico sorriso sul suo volto, mentre quel involucro umano iniziò ad avanzare, abbandonandomi lì sul posto.
     
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    Il giorno stesso
    Ore 23:53

    CITAZIONE
    «Vedi fratello? E' questo ciò di cui ti parlavo»

    Una scia di sangue partiva dai suoi piedi, mentre il mostro eretto se ne stava sulle sue gambe con quegli arti inferiori posti sui corpi martoriati di tante persone a me sconosciute. Intorno non vi era altro che distruzione e macerie, dolore e morte. Il sangue dipingeva i muri circostanti a me, mentre ai miei piedi vi era un lungo tappeto fatto proprio dal corpo di quelle povere anime. Le mani del corvino erano insanguinate dei loro fluidi sanguigni mentre le anime degli innocenti chiamavano aiuto, imploravano al tristo mietitore di placare la sua ferocie ira. Un sorriso demoniaco giaceva sul suo volto pallido, decorato dal sangue degli innocenti proprio come segni di guerra. Una guerra portata avanti da anni, infiammata da quello stesso demonio che aveva ormai controllato e soggiogato il povero uomo.

    «TU SEI UN FOLLE! GUARDA COSA HAI CREATO»

    Le mie urla cercavano di arrivare a quel dolce ragazzino che conoscevo, sperando che anche lui non fosse presente in quei corpi tristemente uccisi e devastati dalla sua furia omicida.

    «SEI DIVENTATO UN DANNATO MOSTRO»

    «AHAHAHAHA» lentamente lasciò quei corpi freddi e s'incammino verso di me, con un passo che incuteva terrore negli occhi di semplici persone. «Tu non capisci. Questo potere mi permetterà di portare la pace che tanto desidero»

    «QUESTA LA CHIAMI PACE? SEI DIVENTATO PAZZO E GIURO CHE TI FERMERÒ' CON LE MIE STESSE MANI»

    Dovevo rimediare a tutto quell'inferno, placare il dolore in quelle sofferenti anime e mettere fine a tutto quella devastazione. Ero l'unico che poteva farlo e dovevo farlo. Il cuore era diviso a metà fra il bene e il male. Adoravo quel ragazzo, amavo quei momenti vissuti con lui ma odiavo oltre ogni modo ciò che era diventato. Dovevo fermarlo...

    Un incubo si appropriò della mia mente. Un sobbalzo interruppe la tanto agognata fase REM, quel dolce sonno che seppe diventare in un attimo triste e pieno di dolore. Fiumi di lacrime invadevano il mio dolce e candido viso, mentre gli occhi erano ormai diventati completamente rossi dallo sfogo. Scoppiai in un continuo piangere d'emozioni, mentre con lo sguardo osservavo intorno. Nessun corpo, niente sangue sparso sui muri o sul pavimento stesso. Non vi era dolore o pene d'angoscia se non quelle che albergavano in me in quel preciso momento. Lo straziante dolore nel vedere quelle immagini mi lacerava all'interno. Non potevo credere a ciò che avevo visto: Aku posto in piedi su una fila di corpi martoriato da lui stesso. Era diventato pazzo, offuscato dalla sua visione di potere. Il demone lo aveva conquistato e aveva fatto di lui ciò che più desiderava.

    «Aku...» mi esibì con un fievole sussurro mentre lo guardavo dormire beato nel suo letto «Era soltanto un incubo...»

    Speravo fermamente nelle mie parole. Speravo che fosse davvero soltanto un incubo e niente più. Cercavo lentamente di controllare il respiro, velocizzato dal trauma subito. Un silenzio tombale regna nella piccola stanza e un fiume di lacrime in piena continuava a bagnarmi il volto. Provavo a fermarle con le mani, ad arrestare quell'incessante pianto che lentamente mi consumava gli occhi. Alla fine mi accasciai nuovamente sul letto, coprendo il capo da un leggero lenzuolo e riparandomi dall'oscurità che vi è all'esterno. Nascosto da quelle paure che ora si facevano sempre più forti e da quei pensieri talmente preoccupanti da disturbarmi nel sonno. Non potevo fare altro che ripensare al corvino, a quel ragazzo con cui ero cresciuto così drasticamente cambiato in quella mia visione. No, non era lui. Non poteva esserlo.

    [...]



    Tre giorni dalla partenza di Shizuka

    Era da giorni che sentivo il corpo strano, un continuo formicolio invadeva la mia figura, provocandomi non pochi fastidi. Il tutto conduceva ad un continuo prudere dato dagli arti superiori. Non ne capivo il motivo e quelle sensazioni si ripetevano sempre più spesso. Erano passati esattamente tre giorni da quando l'angelo era partita via per la sua missione ed era in dirittura d'arrivo. Il Deserto, intanto, era sempre più caldo in quelle prime ore mattutine, ove un ardente vento di Scirocco soffiava nelle strade del Villaggio. La temperatura ardente era accompagnata quindi da quel dannato vento caldo che non donava attimi di tregua. Tuttavia, ero riuscito a trovare un posto lontano da tutto ciò, in quella struttura dove avevo passato gli anni più tranquilli della mia povera vita: la Biblioteca del Villaggio. Leggevo una storia, un libro che narrava di due ragazzi, amici separati poi dall'odio e dalla ricerca di una vendetta da parte del secondo ragazzo. Una storia che in parte descriveva appieno ciò che quel dannato incubo mi aveva mostrato e poggiando le iridi su quelle parole, ne rimasi estremamente entusiasta e quasi innamorato da tale racconto. Continuai la giornata accanto a quel piccolo banco, fin quando il Sole non raggiunse il mezzo dì, segno che dovevo rientrare a casa e rifocillarmi insieme agli altri componenti della famiglia. Un passo lento e calmo sanciva la mia andatura, mentre nella mente ripensavo a quella storia. Lo stress era un fattore davvero costante in quel piccolo periodo della mia vita, ma dovevo sapermi adattare alle circostante, questo era voler diventare uno Shinobi di grande fama. Raggiungi infine la modesta abitazione.

    «Haru»

    La voce dell'angelo dai capelli dorati alleviava ogni mio pensiero oscuro.

    «Shizuka. Sei tornata quindi»

    Sorridente la guardavo, ammirandola dall'alto in basso, ripensando a quel piccolo bacio.

    «Felice?»

    Ricambiò il sorriso e il suo volto s'accese di una luce splendente. Era lei il mio appiglio alla vita stessa, ne ero sicuro. Ero estremamente felice di rivederla e tutto quello stress accumulato nel tempo sembrava lentamente scomparire.

    «Mmhp»

    Le annuì con un fievole rossore in volto anche se quel bacio aveva in qualche modo fatto in modo di rafforzare il nostro legame. Il suo viso mostrava chiaramente la stanchezza della missione e del duro viaggio. Le feci segno di entrare, permettendole quindi di riposare e rimandare le tenere chiacchiere a dopo, in un momento più opportuno. L'unica ragazza della famiglia venne accolta in maniera eclatante, proprio come quando viene eletto un Kage. Era l'anima della casa, colei che mandava avanti tutto anche se Kazuhiko, l'uomo che aveva accudito tutti noi, era posto a capo famiglia. Finalmente sorridevo, la felicità e la calma giaceva sulla mia figura. Finalmente sembrava che tutto stesse per tornare al suo posto.
     
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    Orto Botanico
    Ore 18:00

    Il ritorno di Shizuka aveva portato le acque agitate a tornare calme nel suo corso, a scorrere fluide lungo il loro cammino. Quasi avevo dimenticato ciò che avevo visto attraverso l'incubo della notte, quella presenza faceva davvero uno strano effetto su di me. Ciò nonostante, dovevamo parlare di alcune cose, di quel bacio ad esempio. Lasciammo da un pezzo l'abitazione, proseguendo il cammino verso uno dei luoghi più piacevoli al gentil sesso, ovvero l'Orto Botanico. Un incredibile stesa di verde, di piante e di piccoli alberi. Shizuka era solita passare molto tempo lì dentro, armata dalla sua possente passione per quella natura che tanto spiccava nell'infinito Deserto. Le due essenza, la natura e la donna, si trovavano estremamente collegate l'uno all'altra, proprio come due anime gemelle.

    «Allora? Com'è andata in missione?»

    «Tutto bene alla fine. Non abbiamo corso troppi pericoli»

    Si trattava di una Missione classificata come Livello C, una di tante appese sulla bacheca vicino all'Accademia, dove noi Shinobi potevamo visionarle, leggerne i dettagli e in caso accettare di parteciparvi.

    «Tu invece? Quando parteciperai ad una missione?»

    Soffermai i pensieri a quella semplice domanda, anche se ero da poco un semplice Genin. Non avevo ancora avuto modo di compiere un primo passo in quel mondo caotico. Quella domanda mi fece riflettere decisamente e se volevo aumentare in abilità e non lasciarmi distanziare di molto dai miei fratelli, dovevo in ogni modo percorrere la strada scelta.

    «Mi sono preso il tempo necessario. Credo che a breve controllerò la Bacheca»

    Arrivammo dunque a quello che Shizuka definita l'osai in mezzo al Deserto. Il volto della donna cambiò radicalmente, diventando sempre più splendente man mano che ci addentravamo nell'Orto. Erano giorni che non vedeva quelle sue amate piante ed ero felice di poterla accompagnare in quell'occasione.

    «Devo parlarti di una cosa... riguarda Aku»

    «Che ha fatto?»

    Quali parole mi avrebbero aiutato a descrivere al meglio ciò che stava succedendo al corvino? Sospiri profondi sancivano il mio respiro, controllato e fievolmente calmo. Le iridi castane andavano a poggiarsi sugli occhi innocenti della donna, incosca di ciò che stava succedendo al suo fratello. Cercai di stringere i pungi e prendere quel coraggio necessario a raccontarle tutto nei minimi particolari.

    «Credo che Aku stia cambiando...Qualche giorno fa eravamo al cimitero, proprio d'avanti alla tomba dei suoi genitori ed ha iniziato ad urlare a destra e a manca»

    «Capisco.. vieni fai come me»

    C'inginocchiammo d'innanzi a un piccolo albero, che lei stessa aveva accudito nei momenti liberi. Con un lento movimento delle mani, andò a replicare quello che sembrava un sigilli magico, quello del Serpente. Il suo uso però non era destinato all'utilizzo dell'arte magica, ma ad una semplice preghiera voluta dalla donna per pregare appunto sulla sua famiglia. La osservavo curiosa, mai l'avevo vista pregare in quel modo e ciò mi affascinava in un certo modo. Replicai le sue mosse, andando a congiungere le mani e ad intrecciare le dita, proprio come il sigillo del Serpente.

    «Ora chiudi gli occhi»

    Le palpebre si socchiusero e lentamente l'oscurità prese il sopravvento. Respiravo in maniera assai calma e pacata, cercando di rilassare tutto il corpo e a sentire maggiormente l'energia naturale del Chakra fluire dentro di me. Ripensavo a quell'incubo. A quei corpi martoriati dal mio adorato fratello. A quella donna posta d'innanzi a me, che giorno dopo giorno era sempre più una scoperta. Una stesa infinita di verde ci circondava mentre la preghiera s'intensificava sempre più, cosi come la concentrazione che impiegavo in essa. Il Chakra fluiva sempre più veloce e più denso. Quasi involontariamente densi fili di Chakra uscirono da alcuni pori del mio corpo, andando a collegarsi a quel piccolo albero facendo crescere un ramoscello da esso. Questi divenne grande circa tre metri di lunghezza per uno spessore di due metri.

    «HARU? SEI STATO TU?»

    Aprì lentamente gli occhi, osservando ciò che era stato appena fatto. Incredulo lo sguardo era fisso su quella creazione, su quella nuova nascita di vita che era stata appena compiuta. Com'era possibile? Come potevo aver fatto? Grazie al mio Chakra ero riuscito a creare un ramoscello da quel piccolo albero e i dubbi incalzavano la mia mente. Non sapevo cosa fare e nemmeno cosa dire, d'altronde non era mai capitato.

    «Non lo so... per adesso non dire niente a nessuno perfavore»
     
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    "Chi sia io non è importante - è il mio messaggio ad esserlo."

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    Per me puoi prendere 28, magari un mod però ha qualcosa da dire sullo sblocco.
     
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