[P.Q] A tales of an Orphan PT.1

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    Narrato | «Parlato» | «Parlato Shizuka» | -Pensato-


    Sunagakure no Sato, ore 22:34
    Diario di Haruki, prima pagina


    La vita da neo Genin procedeva tranquilla, anche se mi era davvero difficile definirla in quel modo. Avevo da poco ottenuto quel grado e seppure, quella che chiamavo famiglia era davvero felice, in me non vi era quello stesso sentimento. Dentro di me non divampava un incendio fatto di emozioni, anzi. Non ero come gli altri ragazzini che felici festeggiavano con il loro amici, io ero solo, chiuso in me stesso. Chiuso in quella quattro mura, create da me nel corso della mia esistenza. Una fortezza, un riparo verso quel mondo tanto crudele. Non sapevo nemmeno cosa significasse poter festeggiare con gli amici. Ciò nonostante, una piccola festa venne organizzata in onore di quel passaggio di grado, in quella modesta abitazione povera ma assai ricca d'amore. Fu' la prima volta che sul mio volto giaceva un sorriso, un sforzo muscolare mai provato in vita mia. Erano tutti lì riuniti, a festeggiare il mio piccolo traguardo. Era quindi questo che significava avere una famiglia? Poter condividere quei momenti felici con loro? In quella sera, proprio mentre osservavo la Luna nella sua intera fierezza, qualcosa in me stava cambiando. Passarono giorni, fatti da vari studi nella Biblioteca d'Accademia, posto che per anni aveva rubato molto del mio tempo e dove potei sviluppare questa mia passione verso la lettura. Cercavo di diventare più forte, più abile. Ricordo ancora lo scorrere delle iridi su quelle pagine, riga per riga, mentre i polpastrelli tenevano il segno di quelle parole consumando quegli stessi scritti. Era in quei momenti che riuscivo a trovare un po' di pace, rimettere a posti i miei pensieri oscuri e dare un senso a tutta la mia esistenza. Passavo molte ore su quei libri, su quella sedia posta ad un banco proprio in fondo alla Biblioteca, nuovamente da solo. Quella, era la mia pace, uno stato di solitudine dove non vi era pensiero alcuno, dove malvagità non regnava. Fu' proprio in uno di quei giorni, particolarmente caldi e afosi, che conobbi quello che poi diventerà il mio miglior amico. Un ragazzo poco più alto del metro e settanta. Kyoshi Jiki, questo era il suo nome. L'incontro fu' davvero insolito e non so ancora spiegarmi come sia avvenuto. Era il mio primo amico, un piccolo passo verso il vero mondo e non quello creato nella mia mente. Un amicizia che potrebbe portare una nuova prospettiva di vita dentro di me, trascinandomi fuori dall'oscurità in cui sono presente ormai da sempre. Un abisso talmente profondo da non vedere alcuna luce. Potrebbe essere lui la mia ancora?

    [...]



    Poggiai la penna dolcemente sul tavolo, mentre le palpebre rileggevano lentamente il contenuto del mio scritto. Per ragioni ignote iniziai a scrivere quel diario, forse spinto dall'incredibile passione per la scrittura, che quella Biblioteca seppe inculcarmi. Una piccola candela, appoggiata su quel banco poco più piccolo del metro di larghezza, illuminava l'aria circostante con una fievole fiamma. L'ora tarda aveva portato sul villaggio il buio, mentre la dama lucente brillava alta nel cielo, accompagnata dalle sue solite damigelle che brillavano quasi quanto lei. Un senso di serenità attanaglia l'aria, accompagnato da quella solita sabbia pungente che solamente quel deserto infinito sapeva donare. La stessa pace era presente in quella stanza, dove tutti i miei fratelli erano già nei loro letti, fatta eccezione per un paio di membri. Voltai il mio sguardo verso loro, osservandoli con l'attenzione di un genitore verso il proprio figlio. Una figura materna che tiene sotto stretta osservazione il suo cucciolo, andando a proteggerlo da qualsiasi minaccia a lui presente. Una figura paterna che guida il proprio figlio, inculcandogli la disciplina che più ritiene corretta, crescendolo con sani principi. Era questo che significava essere dei genitori, o almeno era quello che avevo potuto leggere dai libri letti. Sorridevo nel guardarli, pensando poi alla sfortuna di essere un orfano e vedendo ciò che avevo ora. Mossi il mio corpo, staccandolo dalla sedia e cercando di ridurre al minimo il rumore in modo da non destabilizzare il loro dolce sogno. Passi leggeri e lenti sancivano il mio passo, che mi portò a incamminarmi verso quella che era la cucina. Una leggera canottiera bianca nascondeva la parte superiore del mio corpo, spoglio di quelle solite bendature che in un certo senso proteggevano il dolce involucro. La mano destrorsa era posta nella tasca di quel pantalone corto fino alle ginocchia e nero come la pece. La mano mancina, invece si muove libera nell'aria, andando prima a scostare quei lunghi capelli, che a volte quasi m'impedivano la vista. Le gambe si muovevano in una specie di marcia militare, mentre i piedi nudi andavano a poggiarsi su quel freddo pavimento.

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    L'acqua scorreva veloce abbandonando il rubinetto, emancipata dalla prigione in cui era, ora posta in libertà. Fredda, come mai in quel giorno. Il Sole battente sui condotti dell'acqua, difatti, ponevano quel liquido a uno stato di stress continuo, andando sempre a scaldarla. Limpida come l'animo di una creatura appena nata, ancora inconscia del mondo che lo attende. Pulita come solamente un cuore puro e gentile può presentarsi. Purtroppo, quello spirito libero avrebbe dovuto appacificarsi nuovamente da lì a poco. Il veloce scorrere del fluido va a riempire il bicchiere di verto che tenevo nella mano mancina. Il piccolo momento di libertà terminò, stroncando difatti la sua spensieratezza con un semplice movimento del pomello, sancendo nuovamente la sua carcerazione in quella prigione che era la sua casa. Sorsi lenti mi rinfrescavano la gola, mentre lentamente assaporavo quella dolce acqua. Era davvero l'unico momento della giornata dov'era possibile trovarla fredda.

    «Haru?»

    Una voce nella notte spezzò quella pace quasi eterna. Una voce che riecheggiava nel aria, arrivando alle mie orecchie e ponendo il cervello in uno stato d'allerta. Una voce che solamente all'udirla scaldava il mio cuore tenebroso, allontanava l'oscurità che era in me ponendomi un ancora di salvataggio. La guardai sorpreso, ma allo stesso tempo sorridente e felice, proprio come un animale quando rivede il suo padrone. La bionda ragazza diventava sempre più una donna. La sua folta chioma e quelle iridi azzurre zaffiro le donavano un aspetto quanto più simile agli angeli. Avevo chiaramente un infatuazione per la giovane damigella, tuttavia quel mio essere cosi chiuso in me, m'impediva di agire, di dichiararmi e porre un fine alle mie sofferenze.

    «Shizuka... anche tu sveglia?»


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    Quella divina presenza era lì, posta d'innanzi a me a qualche metro più in la. Shizuka, l'unica ragazza in quella curiosa famiglia. Il suo fisco, slanciato e snello, è nascosto solamente da una lunga vestaglia da notte, fatta in un lino finissimo e quasi trasparente. Potevo vederne quasi le sue forme, mentre un fievole rossore nasceva sul mio volto innocuo come quello di un ragazzino. I lunghi capelli biondo platino della ragazza, ormai diventata una donna, sono liberi di muoversi, mentre quegli occhi le donano un aria dannatamente angelica. Il cuore inizia a pulsare più veloce, quasi a voler uscire dal petto e congiungersi con quello di ella. Iniziavo lentamente a provare dei sentimenti per lei, anche se tutto ciò era a me sconosciuto. Quel mio dannato destino aveva creato un muro d'innanzi a me, lo stesso che m'impediva di vivere appieno la vita. Neppure sapevo cosa significasse averne una.

    «Come mai sei sveglio?»

    «Non riuscivo a prendere sonno...»

    Le mentì, forse perché troppo imbarazzato per raccontarle il motivo. I miei pensieri ora non tenevano una linea d'ordine, tutti sparsi in maniera casuale causandomi non pochi problemi. Cercavo di mantenere un ben saldo profilo ma la presenza dell'angelo me lo rendeva assai difficile. Con lei intorno tutto mi era difficile, parlare ed ascoltare, addirittura pensare. Erano davvero pochi i momenti in cui eravamo soli e in quel preciso momento, non sapevo minimamente cosa fare.

    «Vuoi un po' d'acqua?»

    «Si grazie Haru»

    Sorrise. Per un attimo mi bloccai vedendo quella meraviglia palesarsi d'innanzi a me, mai avevo visto un tale spettacolo. Mosse alcuni passi procedendo verso di me, con un andatura quasi feline mentre le sue perfette forme mostravano ancora più dettagliatamente il suo saper essere donna. Quel rossore quasi mi stava trasformando in un ortaggio, un peperone per l'appunto, mentre con dei sospiri lievi cercavo di placare il mio animo. Riuscì, per fortuna, a riempire un secondo bicchiere d'acqua, allungandolo poi verso Shizuka. I nostri sguardi s'incrociarono per un attimo, mentre la mano della donna toccò la mia quando afferrò il bicchiere, e una piccola vibrazione viaggiò lungo tutto il mio corpo.

    «Grazie»

    Sorrise nuovamente, mostrando quel suo animo gentile e puro. Forse al mondo non c'era solo cattiveria e malvagità. Forse il mondo non era completamente sommerso dall'oscurità, ma c'erano persone come lei, gentili, sincere. La Luce quindi lottava contro l'Oscurità, in una lotta infinita tra il Bene e il Male. Ricambiai quello sforzo muscolare, mentre tutto il mio passato per un attimo venne dimenticato, quasi resettato in quel preciso momento.

    «Allora, come procede la vita da Genin?»

    «Non affatto male. Sto iniziando a muovere dei passi, piccoli ma comunque importanti, tu invece?»

    La giovane e bellissima donna era anche lei una Shinobi, portata più al combattimento con le armi bianche, precisamente con una lunga e sottile Katana. Lentamente iniziavo a trovare le parole giuste per parlarle, ma ciò era tutto merito del dolce angelo, che forse capì le mie insicurezze. Si avvicinò lentamente, andando a poggiare quel bicchiere sul lavello, sfiorando di poco la mia persona. Quel dolce profumo di lilla emanato dai suoi capelli e dalla sua pelle, un essenza che mai abbandonerà i miei ricordi.

    «Io domani devo partire per una missione»

    Aveva pochi più anni di me ma era già una Kunoichi molto affermata nel villaggio, ricoprendo appunto il grado di Chunin.

    «Devo partire per Kirigakure no Sato»

    La osservavo attento mentre ascoltavo le sue parole. Erano molte le volte che la donna mancava dalla modesta casa, ma i miei sentimenti non erano cosi dannatamente forti prima. Lasciarla partire e non poterla vedere per diverso tempo straziava il mio povero cuore, quasi come se una mano invisibile lo stringesse in una forte presa. Abbassai lo sguardo leggermente, cercavo in tutti i modi di abbattere quel dannato muro e dichiararmi a lei, ma non ci riuscivo.

    «...»

    «Non dici nulla?»

    «E' che io... sai...»

    Quella mano stringeva sempre più il mio povero cuore, bloccandomi a quelle parole che non avevano un senso logico e nemmeno una volontà. La distanza fra noi era davvero poca e la presenza della giovane donna si faceva sentire sempre più, mentre quel profumo di lilla ormai mi aveva circondato, invadendo le mie narici e ammaliandomi sempre più.

    «Sono davvero felice per te ma...»

    «Ma?»

    «Solo sta attenta...»

    Sul mio volto giaceva una cupa aria di preoccupazione, mista a quell'ansia che mi tormentava, quella sensazione di non poterla rivedere per giorni lacerava in due il mio povero cuore pulsante. Sorrise ella, forse osservando quel fievole rossore dipinto in volto, mentre giaceva ancora lì, eretta in piedi a poca distanza dal mio corpo. Sapevo di non volerla perdere, non potevo sopportare una nuova mancanza in quella mia dannata esistenza. Lei era il mio appiglio, la mia sola ed unica via verso la Luce.


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    Le palpebre erano fisse su di lei, come a voler dipingere le sue forme estremamente divine su un quadro. Un dipinto da custodire con gelosia e tenere al sicuro da quel mondo tanto oscuro. Era davvero bellissima e quel viso cosi perfetto nei lineamenti, mi confondeva la mente. Quelle mura che avevo creato attorno a me furono spazzate via dalla sua presenza, ponendo d'innanzi a me una fievole luce, un aura che proteggeva il mio corpo da quell'oscurità malsana che voleva a tutti i costi stringermi in un candido abbraccio. Per anni avevo considerato, quella stessa oscurità, una parte di me. Una vita che non valeva la pena vivere. Un esistenza che non era degna del suo nome. Uno scherzo della natura, uno sbaglio partorito e messo al mondo. Quelle mura erano state create proprio per questo motivo, custodire e salvaguardare la mia persona, aspettando in un futuro migliore ma questa era solamente una folle utopia. Fu' lei, quella bellissima donna a spazzare via tutti i miei pensieri, a ribaltare il mio mondo e dare un senso a quest'inutile esistenza, a dare un significato ad un corpo vuoto, collocato in mezzo a tanti mostri.

    «Vieni»

    Le nostre mani si toccarono e come due poli opposti al tocco, una fievole scossa viaggiò lungo i muscoli del avambraccio, per poi proseguire verso i deboli pettorali e da lì spargersi per l'intero corpo. Era chiaro che le nostre due anime erano attratte l'uno dall'altra, proprio come Kami e Tengu. La loro storia aveva incuriosito la mia mente facendomi sprofondare in un amore profondo per i due amanti. Kami e Tengu erano, un donna ed un uomo, destinati all'amore eterno. Le loro anime viaggiavano di era in era, alla continua ricerca della loro anima gemella. Un amore, il loro, in grado di unire il mondo stesso portando la tanto agognata pace. Avevo letto innumerevoli volte delle due anime gemelle, accompagnando sempre la lettura con un dolce sorriso, uno sforzo muscolare che iniziavo a fare una mia principale caratteristica.

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    «Non è magnifico qui?»

    La visione celestiale di quella Luna splendente era seconda solamente all'angelo affianco a me. Le nostre mani erano ancora congiunte, strette in una dolce e candida presa, non volevo minimamente lasciarla andare via. Quel cielo stellato sembrava guardarci dall'alto della sua fierezza, deliziandoci la vista con quel disegno pittoresco fatto di luminose stelle e da una dama lucente. Il silenzio dominava l'intero Villaggio, mentre quel infinito Deserto lo teneva al sicuro e nascosto tra le sue Sabbie, proprio come una madre con il proprio figlio. La calma era padrona dell'aria e i miei pensieri riecheggiavano nell'aria più rumorosi che mai, un eco quasi assordante. Stessi per un attimo in silenzio, cullandomi nell'atmosfera che si era venuta a creare. Quella stretta, quel dipinto stellato e quell'angelo al mio fianco, tutto sembrava un sogno. Il meccanismo pulsante del corpo umano batteva sempre più, facendo circolare sempre più intensamente il sangue nei vasi sanguigni. Il capo ruotò leggermente verso ella, immaginandola come la reincarnazione di Kami in persona. Il suo sguardo era fisso verso le stelle, con un sorriso sul volto a perfezionare il suo già magnifico portamento. Un dolce e debole vento si muoveva fra la Sabbia, andando ad accarezzare la sua candida pelle mentre quel profumo di lilla riempiva l'aria attorno a me.

    «Hai ragione...»

    Le mie parole erano riferite alla sua di bellezza, a quel aspetto che ormai era diventato un faro, un porto sicuro dove poter tornare. Una debole scintilla fece nascere una fievole fiamma dentro il mio corpo, che lentamente andava sempre più ad ingigantirsi e a scaldare l'animo di Tengu. Speravo di poter vivere la loro storia d'amore, di far parte di qualcosa più grande del mio essere. Questa mia inutile esistenza poteva avere finalmente un senso e tutto ciò era possibile solamente grazie a lei.

    «Che c'è?»

    «Mmm.. no nulla...»

    I suoi occhi andarono a scontarsi con i miei, creando una specie di legame mentre alla sua domanda non seppi rispondere, arrossendo infine e abbassando leggermente il capo. Sorride la giovane donna, conscia del mio essere e della mia debole personalità, ma ciò non sembrava turbarla o annoiarla. Tutt'altro. Con un lento scatto andò ad avvicinarsi verso il mio volto, poggiando quindi le sue rosea e candide labbra sulla mia guancia. Quel gesto quasi mi fece pietrificare, sobbalzandomi dai miei soliti pensieri. Il suo corpo si era attaccato al mio, potevo sentire le forme del suo petto contro il mio. Quella piccola fiamma intrappolata all'interno del mio corpo, s'ingrandiva sempre più, quasi a diventare un incendio incontrollabile. Non sapevo cosa fare, cosa dire. La mente era offuscata da quel suo profumo e dagli innumerevoli pensieri. Si staccò infine, mentre le mie iridi andavano ad osservarla dritta in volto, sorridente e serena proprio come quella dama lucente su nel cielo.

    «Shizuka...»

    «Domani devo partire»

    Un aria di sconforto si palesò sui volti della reincarnazione di Kami e Tengu. Le due anime s'amavano e questo era davvero palese. Restai immobile, ammaliato da tutti quei sentimenti e quelle sensazioni. Lo sguardo della donna tornò nuovamente ad osservare l'orizzonte, spostando la sua attenzione su di me e nascondendo l'aria cupa che albergava sul suo volto. Abbassai lo sguardo, per poi muovere un debole coraggio che mi portò ad abbracciarla e tenerla stretta a me. Era la prima volta che prendevo l'iniziativa nella società umana, un gesto dettato forse dalla reincarnazione di Tengu, dalla sua voglia di ricongiungersi con la sua amata Kami. L'abbraccio fu' ricambiato, appagando l'animo e sollevandolo dalle innumerevoli preoccupazioni.

    «Sta attenta te ne prego»

    Annuì dolcemente, mentre il tempo continuava a scorrere. Nessuno dei due voleva staccarsi dall'altro, continuando a stringerci in quel dolce momento. Purtroppo la separazione era vicina, Shizuka non poteva tardare visto i suoi impegni per il giorno successivo. Dunque, le due anime gemelle si staccarono mentre i nostri sguardi erano fissi a guardarsi, mostrando un reciproco sorriso.

    «Ora sarà meglio tornare di sotto»

    «Mmmph»


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    puoi prendere il max :sisi:
     
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