La prova

Story mode - Atshushi Nasushimo

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    Il vecchio sbuffò:

    - Dici che il ragazzo è pronto?

    La moglie annuì con un cenno della testa. Da tempo non prendevano un nuovo studente, da troppo tempo non la tradizione dell’arte eremitica non veniva tramandata.

    - Ho visto anche io in lui delle notevole capacità ma...dovrà affrontare la prova.

    Il fruscio del vento accompagnava quelle parole. Era da molti anni che la prova non veniva effettuata ed oramai era ritenuta una sfida quasi superflua, già imparare a controllare il chakra eremitico era di fatto difficilissimo.
    Di solito coloro a cui veniva insegnata quest’arte erano scelti per le capacità dimostrate nella loro carriera ninja e per il loro spirito, ma il vecchio rospo aveva bisogno di un’ultima dimostrazione da Atshushi. La moglie comunque tentò un’altra volta:

    - Vuoi fare come quegli idioti dei serpenti? Sottoporlo a questa prova? Non ti rendi conto che è troppo pericolosa?! Da anni l’abbiamo abbandonata e sai perché. Forse perfino tu non riusciresti più a superarla! Idiota di un rospo.

    Il rospo si prese qualche momento per rispondere:

    - Una tempesta sta arrivando da ovest.

    Girò il capo verso il tramonto.

    - Un male che può annientare tutto e tutti. Se non sarà in grado di superare la prova, allora non sarà degno di utilizzare la modalità eremitica! Deve dimostrarmi di saper sopravvivere...devo sapere che il dono di quest’abilità non sarà sprecato, che possa essere un valore aggiunto durante la guerra che verrà, anzi che piomba su di noi.

    Aggiunse con un filo di voce spezzato:

    - Ho visto nel corso del tempo molti dei miei studenti venire uccisi...voglio che lui sia in grado di sopravvivere, che sia resistente, che non sia uno dei tanti, che sia migliore.

    - Ma ti rendi conto cosa è accaduto agli ultimi che l’hanno affrontata? Li hai più visti da allora?

    - No, ma hai detto che lui è pronto e perciò speriamo lo sia.


    -Faremo a modo tuo, ma avrà un aiuto.

    ***

    L’alba si stava alzando e iniziava ad illuminare tutta la regione del Monte Myoboku. Il giovane Kosuke si era appena svegliato ed era ancora intento nelle faccende mattutine quando gli fu recapitato un ordine: avrebbe dovuto recapitare un messaggio ad Atshushi Nasushimo, il neo cacciatore di taglie che aveva da tempo stretto un patto con loro. A causa della sua prorompente curiosità lesse il messaggio e ciò lo sconvolse.

    - La prova!? Beh meglio muoversi in fretta.

    In un semplice istante utilizzò una tecnica spaziotemporale per recarsi dal Kiriano. Appena trovato lo avrebbe interrotto e gli avrebbe detto con il tono più fiero che potesse avere:

    - Atshushi, sei convocato al Monte Myoboku, dove dovrai affrontare la prova. Se rifiuterai di venire con me non ti si ripresenterà più l’occasione.

    Poi si avvicinò di qualche metro e gli bisbigliò amichevolmente:

    - Ragazzo, la prova è mortale ma ti darà accesso alla possibilità di diventare un eremita. Onestamente non so cosa consigliarti di fare. Se dovessi rifiutarti non sarà problema....è da tempo che nessuno ne esce vivo. Anzi è da molto che questa usanza era stata abbandonata. Quindi dimmi, vuoi venire?

    Kosuke avrebbe aspettato un segno del ninja e poi sarebbe ripartito alla volte del suo paese natale. Se il ragazzo avesse accettato sarebbero partiti verso un’avventura che in un modo o nell’altro avrebbe cambiato la vita dell’Uzumaki celato.

    tisy16 Ecco l’evento, da come potrai aver letto dovrai sostenere una prova che consisterà in molta azione :)
    Ps: questo è il post introduttivo quindi basta che dici si o no, ovviamente al prossimo post ti verrà spiegato il funzionamento della prova e cosa dovrai effettivamente fare
     
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    La pioggia autunnale aveva ricoperto le tre tombe di teneri steli d'erba. La terra concimata dalla morte aveva ricoperto le ferite scavate dalla dure pale dei becchini. La pioggia scivolava sul mantello impermeabile del ninja in piedi al cospetto delle tre lapidi. Il volto celato dall'ampio cappuccio. Chissà se anche stavolta dai suoi occhi pioveva?

    Era appena tornato dalla missione nella Terra del Fuoco e aveva deciso di passare dal cimitero prima di ogni altor luogo. Aveva assicurato alla giustizia quel folle criminale conosciuto come Yu il Sadico riuscendo, per la prima volta, a portare a compimento una buona azione da solo, senza l'aiuto di nessuno. Ma ciò era un ben misera consolazione davanti all'altare del suo più grande fallimento. Sentiva un vuoto dentro incolmabile. Come una voragine profonda dalla quale di notte sbucava un mostro famelico che gli straziava l'animo con denti acuminati. Quella bestia immonde aveva un nome: depressione.

    Continuava a rivedere i volti di quei tre ragazzi ogni volta che chiudeva gli occhi. Quando c'era silenzio, invece, l'eco delle loro voci ancora puerili raggiungeva le sue orecchie e a nulla serviva coprirle con le mani. Quei rumori erano dentro di lui e non lo avrebbero mai abbandonato. I ricordi erano diventati il sentiero di carboni ardenti sul quale doveva camminare a piedi nudi.

    Aveva avuto un unico momento di pace da quando erano morti i tre genin. Mentre combatteva con Yu e la sua vita era in pericolo, aveva sentito la mente sgomberarsi da ogni pensiero, l'animo contrarsi fino ad espellere come umore negativo. C'era solo la battaglia tra la vita e la morte. Aveva deciso di diventare un cacciatore di taglie per ripulire il mondo dalla feccia, ma, forse, adesso avrebbe continuato a farlo soltanto per camminare su quella sottile corde sospesa tra la vita e la morte. Aveva già una vaga idea di chi sarebbe stato il prossimo obiettivo, o meglio, i prossimi obiettivi e sapeva benissimo che mettersi sulle loro tracce equivaleva ad abbracciare la morte.

    Mentre la mente di Atshushi si contorceva in siffatti pensieri, Kosuke apparve nel campo santo. La pelle del rospetto del rospetto era resa lucente dalla pioggia e parlò con tono concitato.

    CITAZIONE
    Atshushi, sei convocato al Monte Myoboku, dove dovrai affrontare la prova. Se rifiuterai di venire con me non ti si ripresenterà più l’occasione.

    Un mezzo sorriso si fece largo sul volto del ninja, ma il rospetto non potè vederlo e perciò si avvicinò per ammonirlo, non sapendo che già tempo prima aveva chiesto a Gama di poter vedere Fukasaku e Shima.

    CITAZIONE
    Ragazzo, la prova è mortale ma ti darà accesso alla possibilità di diventare un eremita. Onestamente non so cosa consigliarti di fare. Se dovessi rifiutarti non sarà problema....è da tempo che nessuno ne esce vivo. Anzi è da molto che questa usanza era stata abbandonata. Quindi dimmi, vuoi venire?

    Una promessa di un potere più grande e altissimo pericolo di morte. Era il connubio perfetto per il ninja in quel momento.

    < Kosuke, sei un raggio di sole in questa giornata piovosa. Non attendo che te per andare. >

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    Il ragazzo accettò l’invito senza far domande e Kosuke si stranì a codesta determinazione.

    -Ah umani...

    Spostò la sua zampa sulla gamba del Kiriano e in un batter d’occhio si ritrovarono in un posto leggendario: il Monte Myoboku.

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    Il clima era completamente differente da Kiri, infatti il caldo e l’umidità lo rendevano molto più simile ad un territorio tropicale, ma ciò che rendeva questo mitico luogo unico era la presenza di una tribù di rospi. Nessun umano era ammesso eccetto coloro che avevano realizzato un patto con i rospi shinobi.
    La tecnica spazio-temporale li aveva portati proprio al cospetto dei due saggi, Fukasaku e Shima. Kosuke, che non era stato altro che un semplice messaggero, si congedò.

    -Buona fortuna Atshushi!

    I due saggi squadrarono il ragazzo finché Fukasaku non prese la parola.

    -Ragazzo, oggi ti metteremo alla prova. Se ti dimostrerai all’altezza potrai accedere all’arte eremitica, ovvero un chakra molto potente che amplifica le capacità dell’individuo. Ti sei distinto in questo tempo, abbiamo visto che hai dimostrato il tuo valore, ma in virtù dei tempi che corrono ho bisogno di un’ultima dimostrazione.

    Shima intervenne e interruppe Fukasaku, il quale non mostrò nessun segno di irritazione, probabilmente si era abituato a ciò.

    -Bando alle ciance, seguici.

    I due anziani si incamminarono loro un percorso che lì portò al fianco del monte, verso un’enorme caverna illuminata da alcune torce. In fondo ad essa vi era una porta con incastonate delle rune, che brillavano ad intermittenza.

    -Vedi quella porta? Dovrai entrarci e poi verrai trasportato in una prigione di alcuni nemici dei rospi, alcuni di essi ce ne siamo occupati noi stessi. Dovrai sopravvivere finché quella porta non si aprirà nuovamente. Tutto ciò che incontrerai sarà potenzialmente tuo nemico.

    -Dovrai fare molta attenzione e sfrutta tutte le tue abilità, qualsiasi cosa ci sia lì dentro cova rancore nei nostri confronti e perciò anche nei tuoi. Ti auguro di sopravvivere.

    I due rospi si avvicinarono alla porta e infusero del chakra in essa. Le rune cambiarono il loro colore passando dal blu al giallo e la porta si aprì di scatto. I presenti potavano vedere solamente una luce abbagliante e nient’altro oltre la soglia. La prova poteva avere inizio.

    Ai prossimi post prometto che sarò un po’ più rapido, così diamo un buon ritmo all’evento :)
    Comunque ti tocca ruolare ciò che vedi ed entrare dentro la porta, ti aspettano degli scontri quindi mi raccomando stai attento ai vari consumi, se ti bruci tutto subito son dolori! :asd:
     
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    Monte myoboku.
    Atshushi aveva desiderato tanto vedere quel luogo con i suoi occhi. Aveva letto diverse descrizioni di quel posto, visto molte rappresentazioni anche a colori, ma l'esperienza diretta spazzava via tutti i ricordi artificiali. Gli era bastato toccare la pelle umida e viscida del piccolo Kosuke per abbandonare il campo di morte di Kiri, ritrovandosi in un luogo incontaminato dall'uomo, pieno di vegetazione fitta e selvaggia, dall'aria carica di odori. Le piante e gli arbusti parevano vivi mentre cicale e uccelli tessevano la loro melodia indisturbati ben nascosti dal fogliame rigoglioso.

    Da cornucopie calcaree sgorgavano getti d'acqua pura e il terreno era disseminato di stagni punteggiati ovunque da ninfee fiorite. Dal pelo dell'acqua ogni tanto emergevano due grossi occhi rotondi, gli stessi che Atshushi aveva visto più volte sul volto paffuto sei suoi amici rospi. Le molteplici coppie di peculiari iridi rettangolari lo osservano curiose e disturbate da quell'invasione umana in un luogo tanto sacralmente dedicato alla natura e agli animali.

    Kosuke aveva portato il ninja nel mezzo di quella vegetazione tropicale, al cospetto di due regali figure. Ilragazzo fu subito costretto a spogliarsi del mantello. Il caldo umido del posto e il vestiario pesante provocarono ben presto una fastidiosa sudorazione. L'armatura dell'omega centipede calzava alla perfezione sul corpo asciutto di Atshushi, ma il mantello felpato all'interno ed impermeabile all'esterno lo faceva avvampare come una stufa. Lasciò che le protezioni del capo si liquefacessero fino alla base del collo, scoprendo i neri capelli e il pallore del suo viso. "Ora capisco perché Gama odiava tanto Kiri e la sua nebbia." Rifletté passandosi il dorso della mano sulla fronte sudata. Era lì da poco e sentiva già la pelle del viso pizzicare sotto il battere del sole.

    Kosuke si congedò, lasciando Atshushi solo di fronte a Fukasaku e Shima, i due sommi saggi dei rospi. Mentre un imbarazzante silenzio era interrotto soltanto dal gorgoglio dell'acqua e dal richiamo delle cicale, nella mente del ninja tornarono a galla i ricordi di un giorno lontano. Il ninja si stava allenando quando un piccolo rospo arancione chiese il suo aiuto per aiutare la sua anfibia sorellina. Il ninja aveva avuto a che fare con cunicoli pericolanti e ragni lanciafiamme, ma era riuscito a trarre in salvo i due rospi. Pochi giorni dopo, un rospo ben più grande era venuto a bussare alla sua porta. Sotto gli occhi stupefatti del ninja, aveva srotolato un rotolo molto largo. C'erano diversi nome scritti con un inchiostro di un rosso molto scuro, quasi nero e sotto ogni nome l'impronta di cinque polpastrelli. Il rospo lo aveva invitato a scrivere il proprio nome in uno spazio vuoto e di firmare con la propria mano. Atshushi, che non era per niente stupido, capí che i suoi predecessori non avevano usato inchiostro, ma avevano siglato il patto uomo-animale con il proprio sangue. Egli fece lo stesso.

    Finalmente, Fukasaku ruppe il silenzio per spiegargli il motivo della sua convocazione. Il rospo sembrava rude e Shima lo interruppe diverse volte denotando una certa fretta, come se avesse avuto una gran voglia di sbrigare subito quella noiosa faccenda.

    < Per me è un grande onore aver ricevuto la vostra fiducia e aver avuto l'opportunità di incontrarvi. > Sì limitò educatamente a rispondere.

    Fu condotto davanti a una grande porta ed ammonito circa la pericolosità della prova. Come aveva già capito da tempo, Atshushi non era più spaventato di morire. Sarebbe già dovuto morire almeno due volte e in entrambi i casi l'aveva scampata. Se tutto è già scritto nel destino di un uomo, avere paura del futuro è privo di senso. Una cosa capiterà quando sarà il momento che si verifichi. Eppure, se fosse stato più forte, ora i suoi tre Genin non sarebbero sotto tre metri di terra.

    Le indecifrabili rune sulla porta mutarono colore sotto l'influsso del chakra dei due rospi e il varco si schiuse lentamente con un pesante cigolio. Atshushi coprì il capo con la sua armatura nera dai riflessi rubicondi. Aveva un rotolo sulla schiena e un altro sulla gamba. Portaoggetti sull'altra coscia e sacche lungo la cintura. Sopra di esse un fodero al cui interno era riposta una wakizashi. Ma la vera forza del ninja era interamente risposta nella sua conoscenza del chakra.

    < Sono pronto. >




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    Quella porta era, come si era già potuto intuire, un portale. Le rune e le incisioni non erano altro che una fusione di capacità magiche, funjutsu e le abilità di un fabbro sconosciuto che probabilmente era oramai trapassato a miglior vita. Ciò che era sigillato era un piccolo ecosistema separato dal resto del mondo. Una piccola sfera di vetro con all’interno una prigione popolata da mostri.

    Una volta oltrepassata la soglia la luce investì e inglobò totalmente il ninja, costringendolo a chiudere i suoi occhi e a sigillarli. Un fischio assordante lo penetrò nelle orecchie, costringendo Atsustshi a riflettere se difendere con le mani gli occhi o i timpani. Qualunque fosse stata la sua scelta dopo qualche interminabile secondo la luce diminuì la sua intensità fino a raggiungere la normalità e il fischio terminò, lasciandolo parzialmente stordito.
    Il nuovo ambiente che circondava il kiriano era completamente diverso da ciò che aveva appena lasciato. Agli occhi di una qualunque persona sarebbe apparsa come una semplicissima foresta, ma agli occhi di un ninja, per di più di alto livello, sarebbe stata.....unica.

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    Le foglie non erano di quel verde brillante, quel fantastico colore che ad esempio rendeva il paese del fuoco inconfondibile, ma morenti, prive della loro linfa vitale; le radici degli alberi erano altrettanto decrepite ed un olezzo nauseabondo pungeva il naso del ninja. La stessa aria che si poteva respirare era più pesante del normale e in qualche secondo il ninja si sarebbe accorto che l’aria rallentava perfino i movimenti per quanto era maledettamente “fitta”, similmente ad uno strato d’olio che permeava tutto ciò che era presente. Il terriccio era scuro e umido e di quando in quando si potevano intravedere dei frammenti bianchi. Era un posto realmente spettrale che avrebbe potuto incutere timore a chiunque.
    D’un tratto un suono avrebbe attirato l’attenzione del ragazzo, uno schiocco secco alle spalle. Nell’oscurità due piccole fessure rosse luccicanti guardavano il kiriano. La fugura scura pareva nascondersi in mezzo ai rami di un albero ad una ventina di metri di distanza dal ninja. Presto il ragazzo si sarebbe reso conto che gli occhi che lo fissavano erano molti di più. Circa cinque creature avevano circondato il ragazzo e si muovevano con cautela studiandolo. Il ragazzo non avrebbe potuto vederne le fattezze perché oscurate dal buio, visto erano pochi i raggi di luce che filtravano in quella foresta, ma poteva essere sicuro di una sensazione: non avevano buone intenzioni. Tutti e cinque iniziarono ad emettere suoni gutturali che si unirono in unico coro. Una delle creature abbandonò il suo velo di oscurità e si mostrò ad Atsutshi, sfidandolo apertamente. A suo seguito decine di quelle piccole creature dalle fattezze malvagie e tutte sembravano fameliche.

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    Hai il turno d’attacco. I mostriciattoli sono tanti, quindi rifletti bene sulla tua strategia. Se hai domande scrivimi :)
     
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    III


    Dal varco aperto, non trapelò nulla. La porta sembrava essersi aperta su una stanza buia e silenziosa. Pur sforzando la vista, Atshushi non riuscì a scorgere nulla se non un muro nero come la pece. L'atteggiamento dei due saggi faceva intendere che non ci sarebbero state ulteriori spiegazioni e tergiversare sull'uscio di quel magico portale avrebbe soltanto fatto gonfiare l'ansia nel petto del ninja. Essere convocato nel Monte Myoboku per un allenamento diretto e coordinato da Fukasaku e Shima non era era di certo un'occasione che capita più di una volta nella vita. Pertanto, Atshushi non poteva permettersi di fallire. Se in gioco c'era anche la sua stessa vita, così come aveva prospettato il saggio rospo col pizzetto bianco, ciò avrebbe semplicemente aiutato a rivestire della giusta importanza gli eventi di quel giorno.

    Con questi pensieri, lo Special Jounin di Kiri varcò il portale e si lasciò inghiottire da quella barriera di tenebre. Anche la luce alle sue spalle sparì e per un attimo Atshushi fu privato della vista. Poi un bagliore folgorante di luce bruciò le iridi scure del ninja, rendendolo forse davvero cieco. Un sinistro stridio metallico gli riempì il cervello assordandolo costringendolo a stringersi la testa tra le mani col capo incassato nella cavità del collo e gli occhi serrati per tentare inutilmente di proteggersi da quell'attacco sonoro e visivo. Fortunatamente, il rumore che gli grattava le pareti del cranio diminuì d'intesità e la luce che premeva contro le sottili palpebre divenne più fioca fino a quando non svanirono entrambi. Mentre Atshushi riprendeva l'utilizzo dei propri sensi, intorno a lui si stendeva un paesaggio tetro e decadente.

    Una foresta era apparsa attorno al ninja o forse era stato lui a comparire nel mezzo del bosco. Per una persona che aveva da poco viaggiato tra le sterminate foreste del Paese del Fuoco, quella vista era ben lontana dal concetto stereotipato di "insieme di piante". A Konoha gli alberi erano alti e robusti, con cortecce spesse le fronde erano avvolte di foglie simili a smeraldi. Il sole faceva fatica a filtrare attraverso quel fitto tetto di fogliame, ma i suoi raggi riuscivano comunque a passare donando un'aura di serenità e magia al sottobosco. Lì invece gli alberi erano avvolti da corteccia scura e marcia. Le foglie erano rade e di un colore brunito. Lì dove sarebbero dovuti crescere arbusti e cespugli di more c'era soltanto terriccio marrone. Non c'erano rami frondosi a coprire il cielo, ma non c'era nemmeno alcun astro lucente nel cielo. L'aria era viziata, come quella di una stanza che non arieggia, e l'odore di decomposizione faceva rivoltare le budella.

    Il ninja stava ancora cercando di familiarizzare con il luogo, chiedendosi se fosse stato vittima di un genjutsu dei due rospi o se avesse davvero varcato una varco tridimensionale. "Sono ancora nello stesso mondo dov'ero un attimo fa?" Arrivò giustamente a chiedersi. Altri problemi vennero presto a scacciare questi dubbi. Tra gli alberi ancora i piedi dai tronchi divelti e marci, cominciarono ad accendersi piccole lumini rosse. Prima due, poi quatto, otto, quattordici fino a quando Atshushi non riuscì più a contarli. Un olezzo di carne putrefatta e escrementi invase l'area e mentre i lumi rossi aumentavano, alcuni di essi cominciarono ad ondeggiare nell'oscurità. Dal velo di tenebre presero forma piccole teste con alte orecchie a punte. File di denti gialli e aguzzi si allargavano coppie di occhi iniettati di sangue. Quelle teste mostruose sormontavano corpi dall'aspetto piuttosto tonico e compatto. Quattro artigli a mano e tre a piedi più diversi spuntoni ossi sul capo rendevano il loro aspetto ancora più minaccioso. In un attimo, circondarono il ninja.

    Non era la prima volta che si ritrovava in una situazione analoga a causa dei suoi amici rospi. Aveva già salvato due piccoli anfibi dalle grinfie di orribili ragni sputafiamme. Ora doveva soltanto sperare che quella schiera di goblin non fosse l'avanscoperta di mostri più grandi e più terribili. Erano tanti e lo avevano circondato, ma Atshushi sapeva molto bene come colpirli tutti senza perdere troppo tempo.

    < Questa foresta fa davvero pena. >

    Scherniti gli avversari e il loro habitat, Atshushi avrebbe richiamato modeste quantità di chakra nella bocca. Il formicolio delle mucose sarebbe stato sintomatico di una corretta concentrazione dell'energia e, senza l'ausilio di alcun sigillo, avrebbe mutato l'immateriale forza del suo corpo in vento soffiandolo dolcemente dalle labbra in direzione dei nemici davanti a sè. Per quanto potesse sembrare innocuo quel gesto, in un arco di tempo brevissimo, il soffio si sarebbe allargato fino a creare una cupola di almeno quindici metri di ampiezza all'interno della quale raffiche di vento avrebbero dilaniato ogni oggetto vivo o inanimato che fosse. Per essere certo di eliminarli quanti più possibili, Atshushi avrebbe ripetuto l'operazione voltandosi di spalle in modo tale da seminare distruzione e morte a trecentosessanta gradi, o quasi, in tutta la foresta. Se anche qualcuno di quegli esseri avesse avuto scampo dai jutsu del ninja, avrebbe avuto ancora il coraggio di combattere dopo aver visto i cadaveri dilaniati dei suoi simili?

    Scheda
    Resistenza: 800
    Stamina: 800-18-18=764

    Azioni:
    Tecnica della Repressione (Atsugai) Frontalmente
    Tecnica della Repressione (Atsugai) dopo aver turnicato di 180 gradi
     
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    Atshushi mostrò le sue capacità e il suo arsenale tecnico sfoderando un jutsu dalla portata ampia e dalla notevole capacità distruttiva. Gli alberi e le creature, che pregustavano il loro nuovo bocconcino, furono spazzate via senza sforzo. Lo stesso ambiente fu parzialmente modificato, dando un rinnovato aspetto alla zona circostante.
    Che fosse tutto qui ciò che quella foresta nascondeva?
    Che non fosse esattamente una foresta qualunque il kiriano lo aveva già parzialmente compreso; ma la verità era probabilmente ben al di là delle fugaci considerazioni iniziali.
    Le creature che videro i loro simili dilaniati dalle sferzate di vento decisero di fuggire in preda al panico. In pochi attimi i riflessi rossi, che avevano attorniato il ninja fin dal primo momento che aveva messo piede in quel luogo, sparirono e lo lasciarono solo. Delle piccole grida accompagnarono quel fuggi fuggi generale.

    Passarono i minuti e niente si avvicinò ad Atshushi. Infatti sembrò tutto perfettamente immobile, eternamente bloccato in una stasi immutabile. In qualunque angolo l’odore era lo stesso, quel fetore nauseabondo era impregnato in tutta la foresta. Anche gli altri sensi avrebbero provato lo stesso immobilismo e una sensazione forte di dejavu, eccetto un senso: l’udito. In effetti il ninja avrebbe udito un flebile suono, che pian piano si sarebbe fatto più forte alle sue orecchie. Dopo qualche secondo si sarebbe distinta una voce, cioè la voce di un ragazzo che il Kiriano conosceva bene. A quella stessa voce se ne sarebbero aggiunsete in coro altre due, soavi e distanti. Quelle voci provenivano dal passato, eppure erano il presente di Atshushi. Gli ex-membri del team del ninja lo stavano chiamavando con il suo nome. Imploravano il suo aiuto, il suo soccorso, forse don lo stesso tono che avevano usato nei loro ultimi momenti.

    -Atshushi! Atshushi! Aiuto! Per favore...

    Seguendo quelle voci avrebbe attraversato quella foresta per qualche miglio. Infine avrebbe raggiunto qualcosa che forse non si aspettava di trovare così velocemente: ovvero un’enorme porta, costruita dalle radici, con simboli simili alla stessa porta che aveva precedentemente attraversato.

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    La maniglia della porta si illuminò d’un tratto e le voci smisero simultaneamente di parlare.
    L’intera foresta trattenne il respiro in attesa della decisione del ninja. Qualcosa lo aveva attirato lì, qualcosa lo voleva esattamente in quel punto. Aveva difronte a lui la possibilità di tornare nel mondo che aveva lasciato, ma il kiriano lo avrebbe fatto? Scelte no? Cos’era la vita se non una somma di decisioni?

    Hai attaccato bene, diversamente ti saresti incasinato la vita. Ora devi scegliere se aprire quella porta o non farlo.
     
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    IV


    Il jutsu usato da Atshushi era di altissimo livello. Esseri di quella specie forse non sarebbero stati degni di morire per mezzo di una tecnica del genere, ma essendo numerosi avevano reso necessario eseguire un’offensiva su larga scala. Il filo d’aria uscito dalle sottili labbra del ninja si era tramutato in un vortice dalla dimensione abbastanza ampia da abbattere una buona parte di foresta. Sia gli alberi marci sia quelli ancora in forza, furono divelti brutalmente dalla forza del vento e fatti in frantumi. Sorte analoga subirono i mostri verdi dalle orecchie a punta, dei quali non rimase altro che chiazze di sangue sparse alla rinfusa quasi indistinguibili sul terriccio scuro.

    Come previsto dal ninja, i pochi superstiti scapparono presi dal panico di finire presto ridotti a poltiglia fetida, facendo ritorno negli anfratti tenebrosi dai quali erano venuti fuori. Atshushi sperava che oltre ai nemici, la sua tecnica allontanasse anche il nauseabondo tanfo che aleggiava in quella tetra foresta. “Tutto questo vento avrà favorito la circolazione dell’aria?” Evidentemente, aver smosso tanta terra e sbriciolato parecchi alberi aveva semplicemente acuito quell’odore indecifrabile che ora ricordava la muffa, ora organi in decomposizione, ora… la morte.

    “Il vecchio Fukasama ha detto che qui sono rinchiusi vecchi nemici dei rospi. Non posso credere che si trattasse soltanto di questi goblin maleodoranti. Devo restare concentrato.”

    Ma da quando i mostriciattoli verdi si erano ritirati tra versi acuti e grida nevrotiche, un irreale silenzio regnava in quella stana foresta. Di che posto si trattava? Che fosse il prodotto di un particolare sigillo? Era plausibile pensare che i rospi avessero creato una dimensione parallela nel quale rinchiudere tutti i loro avversari più pericolosi.

    “Ora cosa dovrei fare?” In fin dei conti Atshushi non aveva idea di dove andare né di chi o cosa cercare. I goblin lo avevano trovato mentre stava cercando di orientarsi, ma era stato solo un caso? Lì, tra gli alberi morti o morenti sotto un cielo senza sole, si sentiva la preda perfetta. Era come se fosse una selvaggina grassa e giovane circondata da ogni lato da lupi famelici. Il problema era che non vedeva né sentiva i suoi predatori. Poteva soltanto attendere che si facessero avanti per ghermirlo oppure avanzare alla cieca in quel deprimente angolo di mondo.



    Per quanta foresta era stata distrutta dalla tecnica del ninja Uzumaki, oltre gli alberi divelti e i rami spezzati, si stendeva fino a perdita d’occhio una grigia distesa di vegetazione morta o morente. Anche per un esploratore come Atshushi, orientarsi risultava difficile: il muschio cresceva ovunque, aiutato dall’umidità e dall’assenza di luce solare ed il cielo era un muro di cemento impenetrabile alla vista. Sarebbe stato impossibile determinare dove calava o sorgeva il sole ogni giorno. D'altra parte, se quel luogo era l’ambiente immaginario contenuto all’interno di chissà quale sigillo era lecito accettare il venir meno delle leggi fisiche e bionaturalistiche che governano il mondo reale.



    Mentre l’indecisione rendeva esitante Atshushi, un suono lontano richiamò la sua attenzione i suoi sensi. Voci… voci puerili scivolano tra i rami spogli e superavano i tronchi scuri. Il ninja cominciò a muoversi a passi incerti verso l’origine di quelle voci e lentamente iniziò a distinguerne i timbri e la parole. Erano richieste di aiuto, sconnesse e disperate. Le voci maschile sembravano essere preponderanti, ma c’era un timbro femminile. E poi, le voci impararono il suo nome perché presero ad invocarlo e lo sgomento sul volto coperto fu impossibile da contenere. Quelle voci erano familiari alle orecchia del ninja, ma nel momento stesso in cui pronunciarono il suo nome, sensazioni fenomiche e ricordi si collegarono e fu subito evidente: Moroi, Katsumi e Hisashi! I suoi tre allievi erano da qualche aprte in quella fortesta e lo stavano implorando di correre in loro aiuto. Stavolta avrebbe potuto salvarli e… Ma non aveva già fallito come sensei? Non aveva già assistito impotente alla loro morte? Proprio quella mattina non era davanti alle loro lapidi e sul terreno scavato di recente non era già cresciuto un manto erboso?



    Non lo sapeva. Non sapeva cosa pensare, ma ormai aveva già iniziato a correre, percorrendo l’irregolare terreno che si alzava in piccoli rilievi e poi risprofondava in prossimità del letto di un fiume fangoso. Si schizzò il mantello di schizzi marrone, il fango lordava le scaglie della sua armatura fino alla vita. Se i rospi avevano deciso di giocargli un brutto scherzo soltanto per metterlo alla prova, gliel’avrebbe fatta pagare. Pensò a un milione di modi diversi per valutarlo, ma loro avevano scelto il peggiore. Ma forse poteva anche essere l’inganno di un nuovo nemico, non poteva saperlo. Era soltanto sicuro che avrebbe voluto mai più rivivere un momento come quello. Vedere morire tre ragazzini, della cui vita si era il solo e unico custode, era un trauma durissimo da affrontare. Avrebbe voluto soltanto ricordare ed invece stava per riviverlo. Avrebbe avuto la forza necessaria per scansare quel nefasto epilogo, anche se si trattava soltanto di un’illusione? ,



    Giunse, infine, in una spiazzo, al cui centro sembravano convergere le radici dell’intera foresta. Esse si intrecciavano e salivano verso l’alto, formando un alto portale a sesto acuto sormontato da un cappello di fogliame scuro. Le voci continuavano a martellargli le orecchie, rimbombandogli in testa e sembravano provenire dall’altro lato quel varco. Lungo le radici che delimitavano il portale erano incise le stesse, o forse erano molto simili, rune rappresentate sulla porta aperte dai Fukasaku e Shima. Se quella era la sua prossima prova, Atshushi l’avrebbe affrontata.

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    "Apro la busta" e varcherei il portale
     
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    La maniglia della porta non si smosse. Neppure con la forza di cento uomini si sarebbe aperta quella porta. Però accadde comunque qualcosa. Dei piccoli filamenti di legno si avvinghiarono alla mano del ninja e lo infilzarono con potenza inaudita. Penetrarono la pelle arrivando in profondità. Lo tirarono attraverso la porta e il legno lo inglobò. Il paesaggio attorno ad Atshushi mutò nuovamente, probabilmente doveva averci fatto l’abitudine.
    Egli fu catapultato su una nave nel bel mezzo di una tempesta. Ci sarebbe voluto solo qualche attimo prima che il ragazzo si rendesse conto di cosa stesse accadendo e di dove si trovasse. Era quella maledetta nave, lì dove aveva perso i suoi studenti, dove aveva fallito e dove era nato il suo rimorso, il suo mostro interiore.
    Guardandosi attorno avrebbe notato che non vi era nient’altro oltre la nave e quel mare sconfinato. La tempesta si abbatteva con forza e i fulmini saettavano con vigore nel cielo. Nessuna presenza dei pirati e nessuna testimonianza su come fossero scomparsi. Comunque una voce tuonò dopo qualche secondo dall’arrivo del Kiriano, minacciandolo:

    -Sei venuto qui dove hai fallito! Non troverei altro che morte qui...questo è ciò che ti aspetta. Questo è ciò che ti meriti! Tu, traditore!

    La nave fu sballottata di una decina di metri e un’onda anomala inzuppò il ninja. Alle sue spalle si mostrò una creatura che sbucò dall’oceano. Si erse con tutta la sua maestosità fino a toccare il cielo.

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    Aveva le squame d’oro e tre mostruose teste. Due ali come quelle di un pipistrello che avrebbe oscurato perfino il sole. Ognuna delle teste aveva il viso deformato dei ragazzi morti quel giorno. Ognuna delle tre voleva disperatamente uccidere Atsushi. Un fischio terribile provenne dalla creatura e tutte spalancarono le loro mascelle.

    -Muori sensei!

    Le teste caricarono il chakra nelle loro bocche e spararono un raggio elettrico sincronizzato verso il ninja. Questa tecnica brutale appariva terribilmente potente.
    Intanto il dolore alla mano causato dalla porta si intensificò ed iniziò ad immobilizzare l’arto. I polpastrelli sarebbero apparsi come pietra agli occhi del ragazzo. Il povero Atsushi si sarebbe chiesto cosa diavolo stesse accadendo...probabilmente non avrebbe avuto alcuna più pallida idea.
    Una voce distante e appena udibile gli avrebbe fornito un consiglio, probabilmente fondamentale:

    Raggiungi lequilibrio, combatti il rimorso e non avrai più limiti.

    ***
    Al di fuori di quel mondo, ritornando al Monte Myoboku due rospi cantavano sincronizzati mentre Atsushi era steso a terra. Fukasaku rovesciava l’olio dei rospi sulla mano del giovane e sperava che egli raggiungesse l’equilibrio. Tutta la prova non era altro che una ricerca nel subconscio di Atsushi, se non avesse raggiunto l’equilibrio dentro se stesso non avrebbe mai controllato il chakra naturale. Ed ora era difronte al suo passato, al suo fallimento, al suo più grande rimpianto. Ma la vita scorre in una sola direzione, in un unico verso. Possiamo solo andare avanti, possiamo solo continuare a vivere.

    Perdonami per l’attesa. In pratica siamo arrivati alla parte centrale, quindi più importante dell’evento. Deevi difenderti dall’attacco della creatura e in più devi raggiungere un equilibrio mentale (per gli eventi che ha vissuto il tuo pg nel corso del tempo). Hai carta bianca su come lo vuoi raggiungere. Comunque, da come avrai probabilmente capito, stai affrontando uan manifestazione del rimorso. Se hai domande o dubbi scrivimi su wa o per mp
     
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    V

    Dalla maniglia lignea partì una scarica di dolore che fece vacillare Atshushi. Spine sottili come aghi gli martoriarono la mano non appena egli cercò di abbassare la leva che avrebbe dovuto aprire il misterioso portale fatto di radici. Tentò di separarsi da quella trappola dolorosa, ma la porta resse inamovibile agli strattoni del ninja. Stava ancora cercando di gestire il dolore quando la maniglia lo attirò verso la porta dove altre radici sporgenti si avvolsero intorno al suo corpo schiacciandolo contro il portale. Per un attimo, non sentì più nulla: né il dolore alla mano, né il contatto con il legno della porta. E nell'attimo successivo si ritrovò con i sandali sul legno della tolda bagnata di una nave. Lo scafo che ondeggiava come in una giostra mentre il ribollire del mare si faceva a sentire a babordo e a tribordo, sotto la chiglia e sopra, spruzzando acqua oltre il parapetto. Dal cielo nero e gonfio si riversavano secchiate d'acqua gelata: sembrava notte piena tant'era scuro e spesso il muro di nuvole sulla testa dell'Uzumaki. Soltanto i fin troppo ricorrenti fulmini che aprivano crepe lucenti nel coperchio nero di quel mare furioso riuscivano a donare un po' di luce e visibilità. Ma subito veniva un tuono a risucchiare via quella effimera spruzzata di luce, con un rombo così potente da far pensare che il cielo fosse sul punto di infrangersi e precipitare in mare. Stava davvero rivivendo l'incubo di quel giorno? Fukasaku e Shima lo avevano davvero posto di fronte a una sfida così ardua? O aveva soltanto incontrato un nemico comune dei rospi in grado di scavargli nel profondo nell'animo e di gettarlo in pasto ai mostri del proprio passato meschino?

    Dov'erano le tre navi pirati e dov'erano tutti? Atshushi era solo su una nave sbalzata da un mare fatto soltanto di onde alte come palazzi. Sentiva il cuore martellare nel petto, mentre i ricordi già dimenticati riaffioravano. Il suo subconscio aveva tentato di proteggerlo nascondendo in un angolo remoto della sua testa le memorie di quell'evento, ma ora una forza maggiore lo aveva costretto a rivivere, come un dejavù, gli stessi avvenimenti. Ma allora dov'erano tutti, pirati e marinai? E Moroi, Katsumi e Hisashi?

    Una voce sovrastò i rumori del mare, giungendo alle orecchie del ninja. Sembrava arrivare da lontano, da oltre l’orizzonte ultimo di quell’infinita distesa di acqua. Parole piene di astio e di rancore, grondanti vendetta. Il timbro di voce era simile a quello che aveva trascinato il ninja fino a lì: le stesse voci che prima invocavano il suo aiuto, ora gli promettevano morte.

    Un gorgoglio violento lo fece voltare verso la poppa della nave. Un rumore fortissimo, di acqua risucchiata, come se un mostro gigantesco avesse appena spalancato la bocca inghiottendo in un momento solo tonnellate di acqua. Il mare parve prosciugarsi, gorghi e vortici attirarono la nave senza equipaggio verso l’abisso, ma poi una forza misteriosa e inarrestabile spinse via l’imbarcazione, travolgendola con un’onda alta almeno sei metri. Atshushi fu travolto e perse il contatto con il legno, sbattendo sul parapetto che, perlomeno, gli evitò un tuffo tra i fiotti violenti. Dal punto in cui l’acqua aveva cominciato a vorticare, si era innalzata una figura così imponente da rompere la tridimensionalità della realtà. Il triplice capo superava senza sforzo in altezza le onde anomale e si elevava fino a sfiorare le nuvole. Il corpo avrebbe potuto contenere almeno cinque volte la nave del ninja e le due ali innestate su di esso si spalancarono nascondendo l’intero orizzonte dietro le membrane scure. Scaglie dorate rivestivano il mostro e sarebbe parso una figura divina se il sole avesse fatto risplendere il giallo della sua corazza, ma era una giornata senza luce per cui l’oro delle squame rimase spento e cupo.

    Tre lunghi colli ondeggiavano sotto la cupola nera del cielo, ognuno sormontato da una testa di umane fattezze: tre volti di ragazzini. Due maschi e una femmina. I tratti visibilmente distorti e storpiati da un’avanzata decomposizione non riuscivano a rendere del tutto irriconoscibili quei volti puerili. “Ma cosa sta succedendo?” Si sarebbe chiesto senza fiato Atshushi. Quell’Idra di mare era un mostro salito dagli inferi per presentare al ninja il conto della sua incapacità come ninja e come sensei.

    < Moroi… Katsumi… Hisashi… > Mormorava Atshushi mentre il suo sguardo si spostava sulle tre teste del mostro. Era davvero reale tutto ciò? Ma la sua mente non cercava davvero una risposta a questa domanda, succube com'era di quelle memorie ormai perdute. Rivide Moroi e quell’orribile taglio a caschetto mentre si sforzava con le labbra serrate per la concentrazione nel tentativo di trasformare la propria energia in vento lacerante. Hisashi sempre imbronciato e distaccato, ma animato da una forza di volontà con la quale sarebbe riuscito a spaccare in due una montagna a forza di pugni. Katsumi, con i fluenti capelli biondi e quel viso a forma di cuore. Dotata di un’umiltà e una delicatezza fuori dal comune, sempre pronta a sorridere e ad incoraggiare. Tre ragazzini così diversi tra loro, ma accomunati soltanto dallo stesso stile di vita e da un fato crudele che gli aveva riservato un sensei come Atshushi.

    Cos’era Atshushi? Un ninja? Un Uzumaki? Un Nasushimo? Chi era? Quanto valeva?

    Il mostro dalle sembianze di drago agitò le ali tra mare e cielo. I volti deformi dei ragazzini puntarono gli occhi carichi di odio verso l’uomo che era stato incapace di difenderli, nonostante avesse promesso di riportarli sani e salvi a casa. Spalancarono le bocche in maniera quasi innaturale, come se le mascelle non fossero fissate al resto del cranio. In ognuna di esse una luce blu illuminò le profondità umide della gola, intensificandosi di secondo in secondo, fino a quando non si proiettò verso l’esterno. Tre raggi di elettricità lasciarono le fauci spalancate in direzione di Atshushi. Al ninja la mano ferita dalla maniglia continuava a prudere terribilmente e pareva avesse anche perso la sensibilità alle dita. Inoltre, sembrava non voler evitare il colpo del drago. Quel mostro era apparso lì per redimerlo dai suoi peccati e finalmente liberarlo da quel mondo crudele e ingiusto in cui era nato.

    Avrebbe dovuto difendersi? Farlo sarebbe stato l’ennesimo tentativo di restare aggrappato a una vita fatta di fallimenti e delusioni. Atshushi era stato abbandonato dai suoi veri genitori: un padre scomparso in missione chissà dove; una madre costretta alla fuga sotto il segno di una maledizione tramandata dai propri avi. Un fratellastro che lo ha trattato come cavia da laboratorio e che lo avrebbe portato alla morte a furia di esperimenti se ne avesse avuto la possibilità. Aveva giurato di vendicarsi e di assicurare alla giustizia quell’essere immondo, ma non era stato in grado di trovare una pista valida per arrivare a lui. E poi venivano una serie infinita di insuccessi in missioni, portate a termine soltanto per merito di compagni ben più forti di lui. Eppure la vita continuava a graziarlo dalla morte, a dargli ricompense che non meritava. Il villaggio lo rivestiva sempre di maggiori responsabilità fino a ad incaricargli l'addestramento di quei tre ragazzi. Ci aveva impiegato poco meno di due mesi per portarli a risosare sotto tre metri di terra. Era stato sufficiente il primo incarico come sensei per dimostrare ad Atshushi e al resto del mondo quanto poco affidabile fosse come leader e come ninja. Era partito verso il sud con una nave carica e tre allievi ed era tornato con qualche cicatrice in più, come naufrago, con tre ragazzini sulla coscienza e tre famiglie distrutte dal lutto. A coronazione di quel fallimento, il ninja non era riuscito nemmeno a scusarsi o quanto meno a tentare di lenire il dolore di quei genitori che avevano dovuto vedere i propri figli gonfi e lividi a causa dell'annegamento.

    Atshushi aveva fatto tutto il possibile per provare a proteggerli, ma ancora una volta si era rivelato inadeguato alla situazione. Il desiderio infantile di diventare un ninja imbattibile era stato abbandonato definitivamente in favore di un sogno di più facile portata: aveva cominciato a dare la caccia ai mukenin, convinto di poter espiare la propria colpa se avesse contribuito ad epurare il mondo da qual male incontrollabile, incurante dei rischi connessi a tale attività. Avrebbe tanto desiderato mettere le mani su Torma e Surgi, due pericolosi mukenin che avevano fatto strage di un intero villaggio sotto gli occhi di un Atshushi irrimediabilmente impotente e incapace di fermarli. Di secondaria importanza era quel Ryuga, un mukenin incontrato casualmente nel deserto di Suna, contro il quale aveva lottato e vinto. Stupidamente lo aveva lasciato libero, convinto che fosse un mukenin in grado di fare del bene, come Shaka Kurama. In effetti, loro tre avrebbero dovuto collaborare per salvare gli innocenti dai malvagi, ma poi Shaka Kurama era morto mentre aiutava Kiri ad annientare la Neo-Akatsuki e di Ryuga non c’erano state più notizie. Sarebbe davvero interessato ad Atshushi sapere se egli avesse mantenuto la promessa di perseverare la lotta contro l’ingiustizia pur essendo stato etichettato come criminale.

    Ed Atshushi? Si sarebbe finalmente arreso davanti alla più grave delle sua mancanze rinunciando così a quel compito tanto solenne di portare giustizia e libertà per i deboli? Quel drago a tre teste era sbucato dagli inferi per giudicarlo, con le vesti riadattate di un Minosse opportunamente rivisitato. Difendersi dall’attacco lanciato dalle teste dei suoi allievi aveva un significato ben specifico. Se si fosse difeso, avrebbe accettato e riconosciuto definitivamente i propri errori, ma al contempo avrebbe sancito definitivamente la sua volontà di andare oltre, di diventare finalmente qualcuno capace di portare a termine i propri obiettivi, di difendere chi gli sta intorno. Non era forse quello il motivo per il quale aveva deciso di affrontare quella prova? Tirarsi indietro ora sarebbe stato ridicolo oltre che vergognoso.

    Il triplice raggio di chakra elettrico si unì in unico fascio a metà strada tra le teste del drago e la posizione di Atshushi, fendendo l’aria rapido e letale come solo il raiton poteva fare. Il ninja tentò di accedere alle proprie riserve di chakra, convogliandole dal petto alle braccia, fino alle mani. Tuttavia, il dorso, il palmo e le dita della destra parevano non rispondere, ancora atrofizzate per il contatto doloroso con la maniglia. Socchiuse gli occhi nel tentativo di capire cosa fosse in atto all’interno del suo corpo e gli parve di sentire il proprio chakra scontrarsi contro un muro di pietra nella discesa verso la mano destra. Si concentrò ulteriormente su quel punto di blocco, cercando di capire la natura di quella strana reazione, fino a quando non avrebbe percepito una presenza estranea. Tentò di spingerla via con il proprio chakra e riaprì gli occhi su quella scarica elettrica che stava per investirlo.
    Se ci fosse riuscito, avrebbe accumulato il chakra nei palmi delle proprie mani tenuti premuti uno contro l'altro all'altezza del petto, dove lo avrebbe compresso fino a farlo sparire, o quasi. Infatti, slanciate le mani in avanti, avrebbe visto espandersi dai palmi aperti un vortice imponente di vento che sarebbe entrato in collisione con il raggio di fulmini sparato dalla bestia. Mentre le tecniche sarebbero entrate in collisione, ancora con le braccia tese e con gli occhi umidi, avrebbe mormorato al vento.

    < Moroi… Katsumi… Hisashi… Mai più permetterò a nessuno di essere migliore di me. Mai più accadrà che non sarò all’altezza della situazione. Mai più chinerò il capo arreso. Siete il mio più grande fallimento e per questo non vi dimenticherò mai. Siete stati un errore al quale non potrò mai riparare, neppure salvando mille vite. Il minimo che possa fare ora è continuare a lottare per chi non ha la forza di difendersi da solo dalla angherie di questo mondo crudele.>


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    Vortice di vento della montagna

    Note:
    Nell'ultimo passaggio ho cercato di introdurre il primo "contatto" con il chakra naturale che sta affluendo nel corpo di Atshushi grazie all'olio spalmato dai rospi. Spero di non aver sbagliato.
    Inoltre mi scuso per i gli errori grossolani del precedente post, facilmente risolvibili con una riletta che ho dimenticato di fare.
     
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    Ai confini del subconscio di Atsushi era iniziata una battaglia tra un ninja e un mostro, un’idra che non era altro che il dolore del kiriano, ed era il suo rimorso ed era anche il suo stesso passato. Il discorso del ninja si sarebbe perso come lacrime nella pioggia perché era rivolto a se stesso, nessun altro lo avrebbe ascoltato, nessun avrebbe saputo di ciò che stava accadendo. Neanche i rospi che cercavano di tenere sotto controllo gli effetti del chakra naturale sapevano ciò che stava realmente succedendoo, però speravano per il meglio, credevano nelle possibilità che il ragazzo ce la facesse.

    Il raggio di pura elettricità si schiantò contro il jutsu di vento. Ma, come anticipato, questa non era una semplice lotta tra le abilità di un ninja e la potenza di un mostro. Era un lotta interna. I due jutsu comunque si abbatterono l’uno sull’altro con una violenza inaudita. Il vento tagliò il raggio, lo rallentò e lo fermò.

    -Credi di poter fuggire da noi?! Credi di poter pensare al futuro?! Credi di poter ambire ad un FUTURO?!

    Le tre teste forzarono altra energia e il raggio riprese la sua avanzata schiantandosi sul ninja e distruggendo la nave che esplose in mille pezzi. Lo schianto dell’energia elettrica fu così forte che causò un boato tremendo. Il ninja sarebbe caduto in acqua svenuto e sarebbe stato risucchiato da un vortice che, visto dall’alto, avrebbe preso una forma particolare, una spirale che rappresentava il villaggio del vortice.

    ***

    Dopo una quantità di tempo indefinita egli sarebbe stato trascinato su una spiaggia, dove un giovane ragazzo lo avrebbe risvegliato con qualche schiaffo sulla faccia ancora fradicia d’acqua. Una volta posati gli occhi sullo sconosciuto sarebbe stato come guardarsi allo specchio per Atsushi, ma un unico particolare era notevolmente differente, il coprifronte era rigato.

    -Io sono te, o meglio, in questo esatto momento sono chi saresti stato se avessi accettato di entrare a far parte dell’organizzazione di Ryuga e Shaka. Ho sconfitto criminali, ho salvato vite innocenti e nessuno è morto per causa mia. Vieni, ti voglio mostrare qualcosa.

    Lo accompagnò a dei cumuli di sabbia che si trovavano a un centinaio di metri da dove si erano incontrati. Mentre camminavano il viso e gli indumenti del doppleganger, così come il coprifronte sarebbero cambiati ad un ritmo esponenziale. L’Uzumaki avrebbe potuto riconoscere in quella copia tutte le conseguenze di scelte diverse da quelle che aveva fatto e ponderato durante la sua vita.

    -Vedi...quella sulla sinistra è la tua tomba, ovvero la tomba scavata dopo la battaglia del golfo degli squali. Quella al centro è stata scavata dopo l’incontro con gli jashinisti. Mentre quella sulla destra dopo l’incontro con la progenie di Qayin. Sei sopravvissuto e quindi nessuna di queste tombe è propriamente la tua. Ma proprio sotto i tuoi piedi si trova veramente la tua. Il chakra che hai sul braccio ti sta soggiogando e ti ucciderà se non trovi un modo per impedirglielo. È un veleno che si sta spargendo, guarda tu stesso.

    Atsushi, abbassando lo sguardo, avrebbe notato che ben metà del suo corpo era totalmente divenuto pietra, non era più solamente il suo braccio, ma anche le sue gambe e fino alla vita era divenuto dura roccia. Rialzando gli occhi avrebbe notato che tutto era totalmente sparito. Lo sconosciuto, la sabbia e anche l’oceano. Era circondato solamente dalle tenebre. Era solo e in procinto di morire.

    -Io mi sono sempre aggrappato a qualcosa per sopravvivere...e tu?

    Bene, mi è piaciuto molto il tuo post, complimenti :rosa:
    Però ora veniamo al dunque, il tuo pg ha raggiunto un equilibrio ma ancora non controlla il chakra eremitico e perciò devi trovare un modo per sopravvivere e di fatto controllare il chakra naturale. Come per il post prima hai assoluta libertà, se hai domande o dubbi mp o whatsapp, come preferisci
     
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    VI


    Lo scontro tra Atshushi i suoi mostruosi rimorsi parve finire in parità. Il suo vento vanificò totalmente la scarica di fulmini lanciata dall’idra a tre teste, ma quell’apparente vittoria durò soltanto un attimo. Un’altra scarica di diversa natura, di rabbia e non di elettricità, presagì un imminente secondo attacco. Stavolta il ninja non fece in tempo in difendersi. Fu investito da una pioggia di saette che mandarono in frantumi la nave sulla quale stava navigando. Sentì la tolda sparire sotto i suoi piedi, il suo corpo farsi leggero e un attimo dopo l’acqua gli riempiva la bocca e i polmoni. La mostruosa reincarnazione dei suoi allievi continuava a lanciare le proprie maledizione nei suoi confronti, asserendo che non avrebbe avuto alcun futuro. E mentre una spirale di acqua lo trascinava sempre più giù, con i polmoni pieni di acqua salmastra, Atshushi iniziò a credere che avessero ragione.

    ***

    Fu il rumore del mare a risvegliarlo. Non il reboante e furioso oceano che lo avevo inghiottito, ma il placido e ritmico sciabordare delle onde. Era disteso con un lato della faccia a contatto con la sabbia di una spiaggia vuota e piatta. L’altra guancia pizzicava come se fosse stata appena colpita da qualcosa. E quel colpo si ripetè ancora con più forza, come il tenace ariete percuote un cancello così quel “plack” continuava a tentare di aprirsi un varco nelle tenebre che avvolgevano il ninja. Finalmente aprì gli occhi e con il destro riconobbe una figura umana che lo prendeva a sberle con il dorso della mano. Solo allora capì che a svegliarlo non era stato il mare, ma quell’anonimo disturbatore. Sentiva la testa pesante, come se avesse dormito per troppo tempo.

    Atshushi si erse a fatica, sedendosi a gambe incrociate. Squadrò la persona che si stagliava sopra di lui e vide nel suo sguardo un certo fastidio: “forse era da molto che tentava di svegliarmi” ne dedusse. Ma a sorprenderlo furono la familiarità dei lineamenti di quel ragazzo. Il viso appuntito, gli zigomi lisci e poco marcati, la carnagione chiara. E gli occhi color nocciola e quei capelli così folti e ribelli tenuti a bada soltanto dalla fascia del coprifronte di Kiri. Quel ragazzo era identico ad Atshushi. Non c’era un solo elemento somatico differente tra i due. Ma agli occhi del ninja non potè passare inosservata la profonda e cupa riga che divideva in due la placca metallica del coprifronte, dividendo orizzontalmente le quattro incisioni che riproducevano il simbolo di Kiri. “Un mukenin?”

    < Tu… tu chi sei? > Riuscì a chiedere mentre si metteva in piedi sulle gambe traballanti. Aveva la bocca secca e bruciata dal sale.

    CITAZIONE
    Io sono te, o meglio, in questo esatto momento sono chi saresti stato se avessi accettato di entrare a far parte dell’organizzazione di Ryuga e Shaka. Ho sconfitto criminali, ho salvato vite innocenti e nessuno è morto per causa mia. Vieni, ti voglio mostrare qualcosa.

    Guardandolo meglio, quell’Atshushi rappresentava davvero il rovescio della medaglia del naufrago appena arrivato su quella spiaggia. L’Atshushi ninja non indossava più l’armatura dell’Omega Centipeda, ma aveva brache di lana blu, un maglione scuro e portava la giubba chuunin di colore grigio scuro del suo villaggio. L’Atshushi mukenin, invece, si drappeggiava le spalle con un mantello marrone con un cappuccio, senza alcun segno particolare. Non indossava la giubba del villaggio, ma un anonimo corpetto di pelle conciata e calzoni neri.

    Aveva detto poche parole, ma quanto bastava per aprire una voragine all’interno della mente del ninja. “Dunque sarei stato una persona migliore se avessi voltato le spalle al villaggio?” I dubbi e i rimpianti per quelle decisioni non prese tornarono a rodergli l’anima come instancabili pulci.

    Mentre lo seguiva, il mukenin gli dava le spalle e quindi gli era impossibile scorgere il suo viso, ma ad ogni passo la sua figura pareva cambiare. Ora non indossava più il mantella, ma soltanto un gilet nero sopra il busto scoperto e un grosso shuriken legato sulla schiena. Un attimo dopo aveva diverse protezioni, prese da diverse armature: paracosce da samurai, placche di metallo arrugginito sulle spalle, addirittura la giubba un chuunin di Konoha. Al fianco portava due armi, la corta pareva una wakizashi e la lunga una katana con un fodero abbellito da deliziosi paesaggi bucolici. Probabilmente era tutto frutto di saccheggi e furti. Ma a chi aveva rubato tutto ciò? A persone innocenti o ai criminali che aveva sconfitto?

    Giunsero in punto della spiaggia non molto distante da dove si era arenato Atshushi. C’erano tre cumuli di sabbia alti almeno un metro e mezzo. Atshushi e il suo alter ego si fermarono al centro del triangolo formato dai tre tumuli.

    CITAZIONE
    -Vedi...quella sulla sinistra è la tua tomba, ovvero la tomba scavata dopo la battaglia del golfo degli squali. Quella al centro è stata scavata dopo l’incontro con gli jashinisti. Mentre quella sulla destra dopo l’incontro con la progenie di Qayin. Sei sopravvissuto e quindi nessuna di queste tombe è propriamente la tua. Ma proprio sotto i tuoi piedi si trova veramente la tua. Il chakra che hai sul braccio ti sta soggiogando e ti ucciderà se non trovi un modo per impedirglielo. È un veleno che si sta spargendo, guarda tu stesso.

    Atshushi abbassò lo sguardo e vide la propria metà inferiore del corpo trasformata in nuda pietra grigia. Improvvisamente, cominciò a percepire nuovamente il fastidioso senso di insensibilità alla mano destra. Cosa stava succedendo?

    < Che cosa vuol dire ciò?! > Urlò all’Atshushi che aveva scelto di tracciare da solo la propria strada, diventando un criminale che combatte i criminali. Ma quello era già svanito, nell’aria fredda della spiaggia era rimasto soltanto un tiepido sussurro che raggiunse la mente del ninja.

    “Io mi sono aggrappato a qualcosa per sopravvivere… e tu?”

    “E io?” Si chiese Atshushi. A cosa si sarebbe aggrappato? Avevo trovato un senso da dare alla propria vita? Mentre affrontava i mostruosi ricordi del suo passato aveva trovato una motivazione per andare avanti, lasciandosi il passato alle spalle. Era successo soltanto pochi attimi prima e come poteva ora essere già privo di qualsiasi ragione per tirare avanti e superare quell’altra sfida? Forse aveva dormito per anni su quella spiaggia e non se ne era resa conto. Forse era già morto e stava soltanto vivendo un incubo dal quale non poteva sfuggire.

    Cos’era la morte? Nessuno era mai tornato indietro per spiegare ai vivi cosa vivesse lo spirito quando lasciava le membra di un corpo freddo ed esausto. Sarebbe dovuto morire così tante volte, ma ogni volta se l’era cavata. Al Golfo degli Squali, contro Torma e Surgi, nella torre del terrore di Qayin, ma anche contro Azibo molti anni prima di questi avvenimenti. Su quella spiaggia mancava una tomba: sarebbe dovuto morire già contro quell’ishivariano tanto tempo addietro. Quel suo alter ego non sapeva nulla di lui e della sua vita. Era soltanto un subdolo inganno e ciò che stava vivendo non era reale.

    Ma quel senso di fastidio alla mano pareva provenire da un’altra dimensione, rompeva la tridimensionalità di quel mondo e lo trafiggeva con tutta la sua cruda realtà. Sapeva che avrebbe dovuto fare qualcosa o sarebbe diventato una statua di pietra su quella metafisica spiaggia fuori dal mondo. Chiuse forte gli occhi mentre lacrime cominciavano a scendere lungo le guance. Aveva giurato che non avrebbe più pianto, ma ancor auna volta i suoi sentimenti lo travolgevano.

    Ah, quante questioni avrebbe ancora dovuto risolvere! Avrebbe dovuto catturare Torma e Surgi. Avrebbe dovuto cercare vendetta nei confronti di suo fratello Nomosi e porre fine ai suoi folli esperimenti. Sarebbe voluto morire cercando di dare forma al suo utopico desiderio di dare una casa a tutti gli sfollati di guerra che avevano invaso Kiri o che soffrivano in altri paesi. Magari nelle terre abbondante del Vortice o in qualsiasi altro luogo, pur di creare un’oasi felice dove le persone potevano vivere tranquille. Ma sicuramente non voleva morire in quel modo, senza lasciare alcuna traccia del suo passaggio su questo mondo.

    Un profumo mellifluo gli riempì le narici e il tocco caldo e morbido di una mano gli solleticò la guancia che prima era stata schiaffeggiata. Aprì di colpo gli occhi e vide Mizu. La sua sensei con i capelli rossi e lunghi era ora evanescente come un fantasma. Candida e trasparente, l'unico tocco di colore era nei capelli, vivi come fiamme. Il corpo aleggiava nell’aria come se fosse privo di peso, ma Atshushi percepiva chiaramente il tocco caldo e amorevole della sua mano sulla sua guancia.

    < Mizu… > sussurrò con le guance ancora umide per il pianto. < Allora stai bene… >

    < No, mio tesoro. > Rispose la donna, con una voce che pareva un coro di angeli castrati. < Mizu non sta bene perchè non è mai esistita. Io sono tua madre. >

    < Madre… > Quella parola lasciò meccanicamente le labbra del ragazzo. Quella parola che aveva perduto ogni significato per lui da quando aveva scoperta la verità sulle sue origini. Fece per dire qualcosa, ma la donna gli poggiò un indice morbido sulle labbra dischiuse.

    < Shh… non perdere la concentrazione. Stai per compiere un passo importante verso verità che nemmeno immagini. Ti prego, figlio mio, smettila di sottovalutarti. Sei sangue del mio sangue e questo sangue scorreva nelle vene dei più grandi ninja della storia. Non dimenticarlo mai. E ora… > Il suo corpo si fece più trasparente, cominciando a svanire.

    < No… ti prego… > Invocò invano un disperato Atshushi.

    < E ora apriti a questo nuovo potere. Concentrati e lo sentirai scorrere dentro di te come un fiume in piena. Non respingerlo, ma domalo con una carezza e imparerai a controllarlo. >

    La visione si perse nell’aria grigia, lasciando Atshushi solo con una paralisi quasi totale del proprio corpo. Richiuse gli occhi umidi e richiamò a sè il proprio chakra, ligio ai comandi impartiti da quella madre mai conosciuta. Non era quello il momento di farsi troppe domande: era stato un momento così toccante e prezioso che anche solo rivivendolo nella propria mente, c’era il rischio di corromperlo e rovinarlo. Atshushi lo avrebbe custodito come se fosse stato il più fragile dei cristalli.

    Richiamando il proprio chakra, avrebbe sentito una forza esterna affluire nel proprio corpo, tramutando in pietro ogni cellula che incontrava. “Non respingerlo, ma domalo con una carezza…” E così Atshushi avrebbe mandato il proprio chakra a incontrare quella strana energia che fluiva dentro di lui, come quando le ambasciate di due eserciti si incontrano su quello che sarà il campo di battaglia prima che inizino gli scontri. Le negoziazioni avranno successo o del giovane Uzumaki non resterà che un blocco di pietra?



    Scheda
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    Usa il bastone! Usalo prima che sia troppo tardi!

    Queste furono le parole che Shima urlò a Fukasaku.
    Il ragazzo si stava trasformando in pietra e sembrava un processo irreversibile. Una giovane vita che si spegneva fossilizzandosi in una statua. Tutto il contrario di ciò che i rospi avevano sperato quando avevano organizzato questa sfida.

    I due rospi avevano passato molto tempo a pianificare il tutto in previsione di un futuro allievo. La promessa di un potere, la sceneggiata dei fantomatici nemici imprigionati e infine la trappola posta sul sigillo sulla porta per far perdere conosceva allo studente. Ovviamente, altrettanto decisivo, il canto dei rospi e una serie di funjutsu preventivamente posizionati che avrebbero permesso alla mente dell’umano di esplorare l’interno di se stessa. Più tempo l’umano ci avesse passato e più sarebbe sceso in profondità.
    Ma gli anziani non avevano preventivato la possibilità di perdercisi, la possibilità che il subconscio fagocitasse la mente e l’anima dell’individuo. Se di norma una banale ipnosi non può provocare significativi danni, una supportata dal chakra e soprattuto dal chakra naturale poteva avere risvolti fatali. Ma Fukasaku, anche se non lo aveva direttamente mostrato, credeva nelle possibilità di successo di Atshushi. Aveva percepito in lui un legame che forse andava al di là dello spazio e del tempo. Un legame forgiato dal sangue e dall’eredità che pesava sulle spalle di un Uzumaki.
    L’obbiettivo fondamentale della prova era testare la volontà del ragazzo, affinché, viaggiando dentro se stesso, dimostrasse il suo carattere. Ovviamente il viaggio era finalizzato affinché Atshushi diventasse in grado di padroneggiare il chakra naturale, ma era anche un modo per gli stessi rospi di imparare a conoscere quel giovane kiriano.
    Il chakra naturale aveva delle caratteristiche uniche che lo distinguevano dal normalissimo chakra diffuso in tutto il mondo. Solo in pochi erano in grado di utilizzarlo e dovevano rispettare alcuni requisiti fondamentali. Dovevano essere fisicamente pronti e sufficientemente resistenti, ad esempio una persona con una modesta riserva di chakra non sarebbe mai diventato un eremita. Ma ciò che veramente distingueva gli eremiti dalle persone comuni era l’equilibrio mentale che possedevano. Solamente una persona equilibrata, in grado di mantenere la calma e il sangue freddo poteva imparare a controllare il chakra eremitico. E Atshushi poteva essere un eremita? Poteva controllare quel flusso incontrollabile? Poteva far suo il potere della natura stessa?

    Atshushi stava realmente morendo. Ogni singola cellula del corpo stava smettendo di compiere le sue funzioni vitali e rallentava il suo movimento fino a trasformarsi in roccia. Era un processo doloroso e innescato dal chakra naturale fuori controllo. Inevitabile per chiunque non fosse in grado di padroneggiarlo. Difronte alla morte il giovane Uzumaki pensò alla madre e al soffice e delicato tocco della sua mano. Quel carezza gentile e così unica al mondo accelerò il movimento delle cellule che iniziarono a riprendere vita! Ognuna di esse tornò a compiere le proprie funzioni, anzi moltiplicò la velocità e la potenza delle stesse. Il legame tra una madre e figlio andava ben al di là di qualsiasi limite e questa era la forza del ninja.

    Intanto Fukasaku stava per colpire il kiriano con il suo bastone speciale, perché non voleva che quel giovane morisse, non voleva un’altra statua di pietra e lo avrebbe salvato con un tocco della sua arma magica. Ma la stessa Shima lo fermò, bloccandogli la zampa con una rapida mossa di taijutsu. Entrambi si girarono verso l’Uzumaki e osservarono il prodigio. Si abbracciarono e rimasero passivamente a testimoniare la nascita di un nuovo eremita.

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    -Ragazzo....ti spiegheremo tutto. Ora rialzati e vieni a mangiare qualcosa con noi.

    Atshushi avrebbe riaperto gli occhi dopo quelle parole, rinato e con una forza nuova scorrergli attraverso il corpo. Avrebbe percepito il mondo esterno e lo avrebbe fatto come se fosse la prima volta. Non avrebbe ancora saputo accumulare il chakra naturale ma, un passo alla volta, avrebbe perfezionato il suo nuovo potere.

    Allora sblocchi la sennin mode. Mi sei piaciuto nell’evento e per questo ti becchi il max. Ti considero l’evento di livello A, visto che, se avessi ruolato male, saresti rimasto una bella statuina :asd: perciò ti prendi 115 exp, spero ti sia divertito e alla prossima :rosa:
     
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    Non mi ero mai divertito così nel gdr. Hai rivoltato il mio pg come un calzino. I tuoi post sono stati fonte di tanta ispirazione, senza non so se avrei passato l'evento indenne. Puoi prendere il massimo anche tu, ma ti becchi anche i miei complimenti
     
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14 replies since 6/9/2020, 14:23   341 views
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