[P.Q] Una nuova generazione di Shinobi

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    Avevo mosso un primo passo in quel grande mondo diventando così uno Shinobi a tutti gli effetti. La mia vita accademica era ormai conclusa e una nuova generazione di Ninja stava per nascere. Ricordo bene quel gran numero di persone che erano lì presenti a congratularsi con quelle giovani leve. Probabilmente appartenevano allo stesso nucleo familiare. Ricordo con grande dolore, che per me non c’era nessuno. Le mie iridi andavano alla ricerca di qualche persona dal volto conosciuto ma niente, nessuna presenza lì presente doveva essere per me. Le parole di quei Padri, di quelle Madri erano come un pugnale nel cuore. Era questo il vuoto che sentivo, questa sensazione di essere privo di contenuto, come se fossi svuotato dall’interno. Ciò nonostante avevo al mio fianco coloro che potevo definire come una famiglia, ma allora cosa cambiava? Questa domanda ormai mi tormentava da troppi anni, praticamente da tutta la mia vita. Avevo appena completato quel capitolo di storia, ero indubbiamente felice ma mancava qualcosa. Tuttavia ho sempre vissuto con quel vuoto e ormai c’avevo fatto la pelle. Ero conscio della crudeltà del mondo e della disparità nella società odierna e chi non possedeva nulla poteva solamente contare su di se per riuscire a sopravvivere in quella grande arena piena di leoni. Stranamente questo mio pensiero mi avvicinava alla persona che più mi era antipatica in principio. Quella persona non era altro che il Sensei che seguì la mia classe dall’inizio del suo percorso Accademico. Solamente diversi anni e soltanto alla fine riuscì a capirlo davvero, ad avvicinarmi al suo pensiero di vita fino a condividerlo in pieno. Tutto sommato era un ragazzo a cui dover portare rispetto, con una storia che probabilmente ci accomunava. Non avevo ancora avuto modo di poter parlargli fuori da quella grande struttura ma speravo che ciò potesse capitare quanto prima. Suscitava un mio interesse, volevo capire la sua visione della vita. Io che mi ritrovo ancora a domandarmi cosa significhi quella parola. Posto in bilico fra la Luce e le Ombre. Con il cuore placato da quelle dure visioni e l’animo sedato dai miei soliti pensieri, era arrivato il momento di tornare in quella specie di abitazione che chiamavo casa. Il Sole, quel grande cavaliere di fuoco, era ancora presente in cielo. Non ci si abitua mai a quei potenti raggi solari eppure ero nato il quel grande Villaggio, praticamente avevo vissuto da sempre in quel luogo eppure mi risultava difficile reggere quel caldo bestiale. Di tanto in tanto dovevo cercare un piccolo riparo, oppure sfruttare la mano dominante ponendola a mo’ di tetto sulla fronte. La “casa” era abbastanza distante dalla mia posizione di partenza e in un mio ennesimo tentativo di trovare riparo, notai quel piccolo chiosco che era solito vendere alcune bevande fresche. Sorrisi a quella vista. Ricordai i tempi della mia infanzia, dove insieme ai miei “fratelli” rubai proprio da quel chiosco per poter placare il nostro bisogno di sete. Non era cambiato negli anni: soliti dettagli, solito proprietario. Ciò nonostante, la mano del tempo era presente. Quel uomo ormai era invecchiato, cosi come quel suo piccolo chiosco. Probabilmente non mi avrebbe riconosciuto, infondo quanti anni sono passati? Otto? Forse dieci. Nemmeno ricordo più quando tempo era passato ma rammento perfettamente ciò che ci spingeva a fare tutto ciò, come una cicatrice profonda difficile da cancellare. I miei passi lenti e pesanti mi spingevano ad avvicinarmi a quel venditore, sperando che veramente non mi riconoscesse.

    «Salve, vorrei una bibita per favore»

    Proprio come pensavo anche la mente dell’uomo era invecchiata o magari il motivo vero è che nel tempo quello cambiato risultavo io. Afferrai quella bibita sorseggiandola lentamente, rinfrescando la gola e il corpo. Gradualmente le temperature andavano a abbassarsi mentre quella enorme stella di fuoco procedeva a calare. Mi sentivo molto più a mio agio in quella condizione termica. Più leggero nel corpo, quasi per nulla impossibilitato a compiere le azioni che volevo. Ripresi dunque a incamminarmi vero casa mentre la vita del villaggio continuava attorno a me. Stava per giungere l’ora in cui i venditori iniziavano a disfare le loro bancarelle per poi tornare nelle loro abitazioni e godersi un meritato riposo dopo un duro giorno di lavoro. Quasi non mi accorsi che arrivai a mia volta d’innanzi a quella che chiamavo casa. La mia povera mente era assalita dai ricordi e dai pensieri, che mi accompagnarono per tutto il ritorno alla dimora. Arrivato alla porta potevo udire parecchie voci provenire da dentro. Non ricordo un altro episodio del genere e tutto ciò in un certo modo m’insospettì. Non appena toccai quel freddo pomello, quasi all’unisono quelle voci cessarono cadendo in un silenzio tombale. Che fosse successo qualcosa? Che dei ladri fossero giunti in quel orfanotrofio? Stupidi pensieri che vennero subito cancellati dalla mente: chi mai avrebbe pensato di rubare in un orfanotrofio?

    «SORPRESAAAAAAAAAA!!!!!!!!!!»

    Aprì la porta violentemente potendo così capire cosa davvero stava succedendo. Quella strana famiglia era tutta lì riunita e con voci strillanti e piene di felicità, mostravano cosa avevano progettato le loro menti. Una festa in mio onore. Una celebrazione per quel mio grande traguardo raggiunto. Non sapevo cosa dire, rimasi solamente pietrificato da tale visione. Di certo non mi aspettavo tutto ciò e forse non meritavo il loro tempo e i loro sforzi. Le mie iridi si erano in qualche modo ingrandite mentre dentro di me circolava una sensazione nuova, mai provata fino a quel momento. Avevano davvero pensato a tutto. C’erano dei palloncini di vario colore; dei cartelloni con varie scritte che variavano da quelle originali a quelle più allegre. C’era perfino una torta, o almeno così sembrava.

    «Gr.. grazie»

    Con tono esile uscirono dalla mia bocca quelle semplici parole. Non sapevo proprio cosa dire. Per la prima volta in vita ero stato messo alle strette, in difficoltà evidente senza nemmeno avere una via d’uscita. Avanzai verso il tavolo dove erano presenti le persone che più consideravo care e che in un certo senso mi facevano capire cosa significasse, in piccolissima parte, vivere. Abbozzo un piccolo sorriso sul mio volto mentre tutti si complimentavano per il successo ottenuto.

    «Prendine una fetta su»

    Il vecchio m’incitava ad assaggiare quella specie di torta anche se non aveva un bel aspetto. Un dolce che era fatto da tre strati. Il primo, la base, sembrava fatto da dei biscotti ridotti poi in polvere e mescolati con qualche altro prodotto. Il secondo strato, quello centrale, invece era di un colore bianco, difficile capire di cosa andava a comporsi ma sembrava quasi gommoso. L’ultimo strato infine, era di un colore rosso acceso con delle curiose macchie nere presenti qua e là. Un aspetto non molto invitante se devo essere sincero. Afferrai quel piatto offertomi dal vecchio e con l’ausilio di una posata portai alla bocca un piccolo boccone, assaporandolo e mangiandolo infine. Era buono. Il mio timore iniziale era sparito. Morso dopo morso, quella fetta di torta ebbe una vita corta mentre una voce angelica catturava la mia attenzione.

    «Ti piace? L’ho fatta io»

    Quasi arrossì nel udire cosa avesse fatto per me. Da un po’ di tempo non la guardavo più con gli stessi occhi, non la ritenevo più una sorella. Mi sentivo strano quando era presente anche lei ma cosa stava accadendo? Quella mia visione pessimistica della vita mi impediva di attaccarmi però alle persone, forse era più un problema di subconscio. Avrei sopportato un nuovo abbandono? Avrei sopportato di essere di nuovo solo? Non potevo rischiare. Non volevo. Eppure quel suo viso angelico stava cambiando qualcosa in me. Era poco più grande di me, qualche mese circa. Quei suoi occhi blu come gli zaffiri incantavano al primo sguardo. Si presentava come una ragazza poco più alta del metro e sessanta, con dei folti capelli biondi. Lunghi, raccolti poi in una grande treccia. Era molto abile nel combattimento e soprattutto nel controllo del Chakra. Il suo nome era Shizuka. Aveva perso i genitori in un tragico incendio appiccato da diversi ladri.

    «Davvero buono complimenti»

    Dissi sorridendo. La ragazza sembrava felice nel vedere che quel suo tentativo veniva apprezzato molto, tant’è vero che di quella torta non ne rimase nemmeno una briciola. Quella specie di festa continuò per tutta la notte mentre diverse discussioni attraversavano le varie stanze. Solamente a notte fonda, presi dalla stanchezza, l’evento poté terminare. Venni richiamato dal Vecchio, come se avesse qualcosa da dirmi in privato. Quel uomo mi aveva accudito da sempre eppure mai una volta l’avevo chiamato per nome. Non ero abituato a farlo anche se apparivo molto legato a lui, come a quella grande e buffa famiglia. Il suo nome era Kazuhiko. I miei passi erano pesanti, forse avevo esagerato nei festeggiamenti. Arrivammo nella sua stanza, posta a diversi metri dall’entrata principale. C’era una piccola finestra che dava su quel infinito deserto mentre la Luna era alta nel cielo, piena come non mai e forte nel suo splendore. Provai un certo senso di serenità per quella visione.

    «Haruki, questo è per te»

    Una piccola scatola marroncina, composta praticamente in legno. Strana nei particolari e nei dettagli. Era fatta da un tipo di legno che non avevo mai visto, un qualcosa di diverso da quello comune. Provai felicità nel ricevere quel dono, mai avevo ricevuto qualcosa da quel vecchio se non un riparo nella sua dimora. Tentai di aprirla potendo infine osservare cosa fosse al suo interno. Una collana, semplice nei dettagli eppure vi era uno strano simbolo, mai visto prima d’ora.



    «Spero ti piaccia»
    «Si molto... grazie»

    Non pensavo minimamente che quel simbolo fosse collegato al mio destino. Che appartenessi proprio a quel Grande Clan. Inconsciamente la mia avventura ebbe un drastico punto di svolta ma non potevo ancora comprendere tutto ciò. Quel dono avrebbe aperto ferite profonde nel mio cuore travagliato perennemente dal dolore.



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    Il giorno seguente la testa quasi mi scoppiava. Ricordo che i festeggiamenti ci tennero occupati tutta la notte finché la stanchezza non ebbe la meglio. Un giorno davvero speciale. Mai avevo provato un tale senso di felicità e forse lentamente quella mia visione pessimistica della vita stava cambiando. Forse stavo considerando di più quel gruppo di persone come ad una vera famiglia. Condividere momenti felici con le persone che più si hanno a cuore. E’ questo il significato di possedere una famiglia? Sentivo che c’erano dei cambiamenti nella mie mente, cosi come nel profondo del mio cuore eppure non avevano la potenza di farmi scegliere da che parte schierarmi. Luce o Ombre? Quel giorno, inoltre, fu speciale perché ricevetti quello strano dono che da lì in poi avrei sempre portato con me, nascosto a tutti come un tesoro di cui mai mi sarei privato. Lo strano simbolo era quello che più minacciava la mia mente. Non avevo mai visto quell'emblema ed ero quasi certo che non provenisse dal Villaggio in cui ero ma bensì che giungesse da qualche altra parte. Eppure mi sembravano pensieri stupidi, corretti poi nel tempo fino a giungere ad una conclusione. Probabilmente era un cimelio di guerra del vecchio, Kazuhiko. Decisi ci accantonare l’idea di capire da dove derivasse quel regalo e dedicarmi finalmente ad ampliare il mio arsenale di Jutsu e armi Ninja. Avevo una gran somma di denaro accumulata dopo aver ottenuto il grado di Genin, ragion per cui potevo e dovevo spendere quelle cifra al meglio che potevo. Anzi, non volevo affatto consumare tutti quei soldi in quel modo bensì volevo consegnarne una parte al uomo che mi aveva cresciuto da sempre ma le sue parole, fiere come la sua persona, mi dirottarono verso una diversa prospettiva. Fu proprio lui che m’invogliò a diventare uno Shinobi a tutti gli effetti e stette lui l’artefice delle mie azioni in quel giorno. Il Sole era già alto nel cielo mentre l’orologio, posto alle mie ore tre proprio su quel comodino in legno, segnava quasi le nove e mezza. Le temperature come al solito erano già elevate e una domanda mi invadeva la mente:

    ~ Riuscirò mai ad abituarmi a questo caldo? ~

    M’alzai dal letto, sedendomi sul bordo che dava sulla mia mano dominante. La testa era ancora pesante a causa del giorno precedente mentre potevo udire chiaramente che nessuno era sveglio. Tutti troppo stanchi; avevamo decisamente esagerato. Perfino Kazuhiko, il vecchio, si era lasciato andare con qualche bevuta di troppo. Lui che era solito alzarsi presto per accudire le sue amate piante, proprio come i suoi piccoli orfani. Ci fu un piccolo sospiro da parte mia, mentre la mano manca era posizionata al viso come a coprire l’occhio del medesimo lato. Troppo stanchi per aprirsi. D’un tratto una voce poté essere udita in lontananza. Sembrava quasi che stesse cantando. Riuscì ad alzarmi seppur con grandi difficoltà e a muovere piccoli passi verso quella dolce melodia. Dovevo essere accorto nei movimenti o avrei finito con lo svegliare tutti i maschi della famiglia. Già perché vivevamo in camere separate, maschi e femmine. Ormai ero a pochi metri da quella dolce voce, potendo così capire chi fosse a cantare. Shizuka. Era lei la proprietaria di quella voce cosi dannatamente dolce e gentile. I suoi lunghi capelli erano raccolti nella classica treccia che copriva tutta la sua schiena e finendo sul fondo schiena. Negli anni le sue linee del corpo erano decisamente cambiate, raggiungendo quasi la perfezione. Rimasi quasi imbambolato nel vederla lì, eretta in piedi ad accudire quelle piante, tanto amate dal suo caro nonno. C’era una parentela che legava la ragazza al vecchio Kazuhiko, motivo per cui alla morte dei suoi genitori venne affidata alle sue cura. La sua voce m’ammaliava, mentre un brivido mi percorreva lungo la schiena. Un piccolo passo, più pesante degli altri, fece rivelare la mia posizione mentre quell'angelo in terra, s’accingeva a voltarsi guardandomi dritto negli occhi.

    «Ahm.. scusa… non volevo disturbarti»
    «Scusami tu se ti ho svegliato»


    Ero quasi imbarazzato, non sapevo cosa dire. Immaginai di dirgli tutto, che aveva una voce bellissima e dolcissima, che alla sua presenza qualcosa in me cambiava. Eppure non riuscivo a farcela, troppo preso dalle emozioni. Odiavo quella mia infanzia e quel mio profondo stato mentale che mi bloccava. Mi limitai solamente a compiere un piccolo sorriso.

    «No.. figurati ero già sveglio. »
    «Scusami ancora. Ah quasi dimenticavo, poco fa hanno portato questo biglietto per te.»


    Disse allungano la propria mano verso di me. Teneva ben saldo un biglietto ma chi mai mi scriverebbe? Protrassi la mano dominante verso la sua per catturare quel foglio bianco, ma non appena lo raggiunsi ci fu una toccata leggere della sua mano. Sentì quasi come una scossa di fulmine mentre il rossore era chiaro sul mio volto. L’angelica fanciulla ebbe la stessa identica reazione: che provasse anch’ella qualcosa? Speravo fosse cosi, con tutto il cuore. Ripetevo nella mente che un giorno sarei riuscito a capire cosa provavo per lei, a dichiararmi magari ma non era quello il momento. Afferrai quel biglietto portandolo a me, aprendolo di conseguenza e osservando ciò che vi era all’interno.

    Haruki Sato, sei stato convocato per le dodici in punto nel Cortile dell’Accademia. Ti consiglio di non tardare e di non mancare all’appuntamento. Per te è in servo un Allenamento Speciale.

    -Akira Tanaka



    Era lo stesso ragazzo, o meglio Sensei, che guidò la mia classe verso la promozione a Genin. Dunque avevo un appuntamento, un Allenamento Speciale diceva. Avevo ancora un’ora di tempo ma decisi di iniziarmi a preparare per quella prova, rimandando al domani la conversazione che ebbi con Shizuka. Chiuso nuovamente quel foglio, me la ritrovai inaspettatamente a pochi centimetri dal volto, con il suo solito sorriso sul volto. Diventai più rosso d’un peperone, colto alla sorpresa da quella sua azione.

    «Che cos’era?»
    «Ah.. nulla sono stato convocato per un Allenamento Speciale»
    «Ma è fantastico. Congratulazioni.»


    [...]


    Uscì dunque di casa, con indosso una semplice T-Shirt nera come la pece e dei pantaloncini simile al grigio; per concludere i soliti sandali Ninja. Avevo con me, inoltre, quel simbolo che raffigurava ciò che ero diventato: quel Copri-fronte sul quale era raffigurato il Villaggio della Sabbia. Indossavo poi, quella collana donatomi dal vecchio. Ero convinto che portasse fortuna ma in questo mondo è l’unica cosa che contava poco. Mancavano quasi dieci minuti quando arrivai al luogo indicato e lì presente vi era già quella figura ormai familiare.

    «Akira...»
    «Haru-kio eheheh»

    Quasi mi si storse il naso a sentire nuovamente il mio nome venir sbagliato nella pronuncia. Grattai leggermente il capo con la mano dominante mentre dei sospiri profondi uscivano dalla bocca. Eccoci di nuovo insieme, con quel Sensei che per anni avevo odiato profondamente ma che solo alla fine seppi cogliere la sua personalità. Non era un cattivo insegnante, anzi, in qualche strano modo voleva il massimo per il suo Villaggio promuovendo solamente chi meritava quel grado. Il Genin non è solo il rango iniziale di Shinobi, no. Rappresenta invece, l’inizio della vita stessa, l’appartenenza a quel determinato Villaggio come se dovesse proteggerlo in tutti i modi possibili. Questo non vale per tutti certo ma tutti i puri di cuore amavano il loro stesso paese d’origine e con onore avrebbero portato quel Copri-Fronte.

    «Vedo che non è cambiato affatto…»
    «Non perdiamoci in chiacchiere. Ti ho convocato per un tipo di Allenamento in cui non ti sei mai praticato. »

    Disse mentre portava la mano destra ad appoggiarla sull'anca mentre la leva inferiore mancina andava ad allargarsi cercando una postura comoda per poter continuare il suo discorso. Cosa mai poteva essere quella prova? Quella domanda mi tormentava in continuazione e perché proprio in quel momento?

    «Ti spiegherò tutto quindi fa’ molta attenzione. Lo vedi questo? Questo non è altro che un semplice foglio bianco con un piccolo dettaglio che li distingue da altri. E’ fatto da un legno particolare molto sensibile al Chakra. Come tu ben sai esistono diverse proprietà elementali e ognuno di noi ha alcune particolari affinità con questi elementi. Non devi far altro che prendere questo foglio e immettervi del Chakra all’interno. Nulla di più semplice no?»

    In qualche modo avevo capito. Sapevo delle affinità elementali che vi erano, ovvero quei cinque grandi elementi che caratterizzavano il mondo: Fuoco, Acqua, Terra, Fulmine e infine Vento. Mi avvicinai al Sensei, allungando la mano verso quel foglio afferrandolo, per poi tornare alla mia posizione di partenza. In effetti era completamente uguale ad un comunissimo foglio. Che fosse davvero possibile capire in quel modo quale elemento ero capace di utilizzare? Mi fidai delle parole del più esperto e portai quel Foglio Capta-Chakra nel palmo della mano sinistra, per poi posizionarci sopra quella destrorsa e chiuderlo in una stretta morsa. Cercai dei respiri profondi, le palpebre erano chiuse mentre cercavo di concentrarmi e abbandonare il mondo. Tutt’intorno era avvolto dall’Oscurità intanto immaginavo Due Sfere, una posizionata all'altezza del capo mentre l’altra all'altezza del Plesso Solare. In quella più elevata racchiudevo tutte le convinzioni, le emozioni e infine i desideri. Quella Sfera era chiamata Forza Psichica e ad ella attribuì un colore Blu, proprio come il cielo infinito. L’altra Sfera, posizionata più in basso era chiamata Forza Fisica e in essa vi rinchiudevo la forza posseduta e l’animo indeciso da che parte schierarsi. A questa, invece, davo un colore Rosso proprio come un fuoco ardente. Queste due Sfere dovevano poi ruotare, una in senso orario e l’altra in senso antiorario. Le immaginai inoltre, avvicinarsi e infine ad unirsi in una sola Sfera. Quella era la Sfera del Chakra. Verde come la speranza. Forte come il fuoco e calma come il cielo. Sentivo quella forza scorrere in me e la diressi verso quel foglio bianco, ma prima doveva scorrere lungo i muscoli del braccio e del avambraccio, sentendo quasi una scossa lungo la leva superiore mancina. Aprì d’improvviso gli occhi sentendo qualcosa cambiare nella mia mano. Sollevai lentamente l’arto superiore destro potendo così osservare gli effetti che ebbe quella mia azione.

    «Sei strano ragazzo... come vedi quel foglio si è sgretolato quindi significa che possiedi l’elemento Terra. In realtà la gran maggioranza di chi nasce a Suna possiede quello del Vento eppure tu possiedo tutt'altro elemento. Sono curioso di vedere cosa saprai farne. Ricorda però, questa volta ho voluto aiutarti ma da ora in poi dovrai cavartela da solo. Come ti ho già detto devi essere tu il Faro che illumina il tuo cammino»

    Non seppi rispondere a tali parole. Era tutto giusto. Quello che era certo è il mio Elemento dominante, ovvero la Terra. Un elemento di base molto difensivo, con il quale era possibile rafforzare i propri muscoli andando così ad indurirli. Ma ero sicuro che ci fosse dell’altro, che quell’elemento mi avrebbe concesso grandi soddisfazioni e che grazie ad esso avrei sicuramente ampliato il mio arsenale di Jutsu. Ormai la giornata era passata la metà delle sue dodici ore e avevo ancora del tempo per completare alcune cose che avevo intenzione di portare al termine.


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    La prima parte di giornata era appena terminata e diverse furono le conoscenze che potei acquisire. Avevo ancora altro da fare mentre le mie iridi erano fisse sul palmo della mano manca. Guardavo quel foglio di carta mentre andava a sgretolarsi metabolizzando nella mente quello che avevo appena appreso. Possibile che ero riuscito ad ottenere quell’elemento tanto diverso dalla mia terra natia? Altre domande si aggiungono a quella piccola ma grande scatola dei miei dubbi. Solo il tempo avrebbe posto chiarezza nei miei pensieri. Ruotai il palmo della mano di circa quarantacinque gradi intanto che quel foglio, ormai sgretolato, andava a poggiarsi al suolo. L’Allenamento era terminato e ora potevo completare le mie faccende. Mi ritrovai da solo al centro di quel cortile dell’Accademia. Lontano da tutti. La prima cosa che potevo fare ora era recarmi alla Biblioteca del Villaggio, dove avrei potuto ampliare il mio arsenale di Jutsu. Impiegai poco tempo a raggiungere il ventre dell’Accademia, posto dove avevo speso una parte dei miei anni atti a svilupparmi nelle abilità e nelle conoscenze basi per questo mondo tanto crudele. Come suo solito era affollato, nei corridoi potevano vedersi tante giovani leve che come avevo fatto io, studiavano per divenire Shinobi. La mia destinazione però era quella Biblioteca infinita, accessibile con l’ausilio di alcune scale che mi permettevano di salire al secondo piano. Entrai dunque, una grande Aula ricolma di rotoli e libri. Ricordo perfettamente quei banchi e quelle sedie, cosi come il profumo che c’era nell’aria. All’entrata vi era la solita ragazza che arrivava circa ai trent’anni di vita. Una ragazza abbastanza alta ed esile, con dei lunghi capelli corvini, gli occhi del medesimo colore e le labbra color rocco cremisi. Quel pomeriggio era vestita in un certo modo particolare, forse aveva un appuntamento post lavoro con qualche spasimante. D’altronde era una bella ragazza e sicuramente il numero degli spasimanti era un multiplo di cinque.

    «Ciao serve aiuto?»

    Il mio sguardo seguì quelle parole, mentre le mie iridi erano ora concentrate verso i suoi occhi. In effetti, anche se avevo passato molto tempo in quell’Aula non sapevo affatto dove potevo trovare i rotoli che mi servivano e quindi decisi di optare per quell’aiuto prezioso.

    «Ehm si grazie... vorrei sapere dove posso trovare i rotoli dei Ninjutsu e dei Sunajutsu»
    «Si. Vedi quegli scaffali infondo a sinistra? Poco più avanti dovresti trovare i rotoli che cerchi. Dovrebbero essere ordinati tutti per livello quindi non dovresti avere problemi. In caso contrario vieni da me!»

    Disse compiendo un curioso e tenero occhiolino. Non feci molto caso a tale gesto anche perché avevo altro per la testa. Mi diressi dunque dove indicato e non impiegando tanto tempo, riuscì a trovare ciò che volevo. Nella mente avevo già alcune tecniche che mi sarebbero servite in combattimento, la prima in assoluto era la Moltiplicazione Oboro. Con la mano manca impugnavo il rotolo mentre con la destra lo aprivo lentamente durante tutto ciò, le mie iridi andavano a leggerne il contenuto.

    «Proprio come la moltiplicazione semplice… questa tecnica crea delle copie intangibili del proprio corpo, ma in gran quantità e soprattutto impossibili da distruggere in quanto incorporee. »

    Sapevo che quella tecnica mi sarebbe stata molto utile, soprattutto la parte del “gran quantità”. Avevo già in mente come utilizzarla al meglio, magari unendola in combinazione con qualche altro Jutsu. Cercai il Jutsu chiamato “Scudo dell’Eco”. Una tecnica tanto subdola quanto efficace. Mi avrebbe permesso di emulare la mia voce, cercando di confondere il nemico ottenendo così un possibile effetto sorpresa. La terza tecnica che mi serviva era la “Sospensione del Deserto”. Un Jutsu a basa di Sabbia. Qualsiasi ninja nato a Sunagakure no Sato era capace di controllare e manipolare la sabbia per utilizzare determinate tecniche e io ero fra quelli. Avevo terminato la mia sessione di “studio” ma un piccolo particolare era decisamente saltato ai miei occhi. Mancava un componente essenziale per poter sfruttare le tecniche dei Sunajutsu: la Giara di Sabbia.

    «Grazie mille, ho finito. Se può aiutarti ho messo tutto a posto»
    «Grazie sei stato gentilissimo»

    Sembrava essere tornata in un certo senso normale. Nessun occhiolino, nessuna parole con un doppio senso. Feci spallucce e m’incamminai verso l’Armeria del Villaggio, dove avrei comprato l’occorrente necessario.

    «‘Sera. Mi servirebbe una Giara di Sabbia»
    «Si un attimo solo»


    Mai ero stato in quell’Armeria. Devo ammettere che non me l’aspettavo così grande anzi ma forse era la mia idea sbagliata, d’altronde doveva rifornire l’intero Villaggio. C’erano davvero tanti tipi d’armi e ognuna aveva le sue particolarità. Ognuna aveva un proprio scopo. Dovetti attendere diversi minuti prima che il venditore si presentò a me con una Giara che era praticamente alta quanto lui.

    «Allora sono cinquecento ryo, in più devi acquistare questa fascia per poterla portare. In tutto fanno mille ryo.»


    Praticamente ero già finito all’lastrico. Fatta le dovute compere e senza più un soldi in tasca, ritornai a casa mentre ormai il Sole iniziava a calare. Le temperature finalmente ritornavano accettabili, o almeno sopportabili per le mie capacità. Ora mi attendeva un mondo d’avventura, di lotte, di missioni e tanti avvenimenti. Luce o Ombra, quale sarà il mio destino?



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