[PQ] Spes sibi quisque

20 d.Z.

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    I


    < E così ci dobbiamo salutare. >

    C’era un velo di tristezza nello sguardo di Artosi. Atshushi aveva finalmente scelto una casa da locare e si stava trasferendo lì, per iniziare una nuova vita nella piena indipendenza. Indipendente e solo, completamente solo. Ma almeno avrebbe potuto dormire in un letto, finalmente.

    < Artosi, io ti ringrazio per tutto quello che hai fatto per me. Sei stato come un vero fratello. > L’Uzumaki tese la mano verso il fratellastro e questi gliela strinse. < Siamo molto diversi. Sarebbe stato davvero ironico se fossimo stati realmente consanguinei. >

    Artosi abbassò lo sguardo, preoccupato. Atshushi sapeva quali pensieri lo turbassero. Anzi, il pensiero era soltanto uno. < Non sei triste per la mia partenza, vero? In fin dei conti mi sto solo spostando verso il centro, potremmo vederci quando vorrai. Stai pensando a Mizu, eh? >

    La ragazza dai capelli rossi era sparita non appena la guerra era scoppiata. La motivazione? Sconosciuta. Suo fratello aveva perso l’amore della sua vita e sembrava essere in pena per quello. “Quindi è così che si sta per amore?” La mente di Atshushi volò pindaricamente alla sua giovane allieva, con i lunghi e fluenti capelli dorati e gli occhi azzurri come il cielo in estate. Scacciò quel pensiero e tornò con i piedi per terra.

    < Stai tranquillo. Sono sicuro che si farà presto viva. Con questa guerra è un casino per tutti. Sarà stata molto impegnata. >

    Ora era uno special jounin e avrebbe potuto fare delle ricerche in merito. Che fosse dispersa in missione? Promise a sé stesso di investigare, ma ora voleva soltanto provare il suo nuovo letto. Così salutò definitivamente Artosi e andò via, con i bagagli al seguito.

    Kiri era stata letteralmente invasa dai profughi che gli stessi ninja della Nebbia si erano premurati di salvare dalla devastazione del continente. Di certo non si potevano lasciare vite umane alla mercè di schiavisti, briganti e stupratori, ma la situazione in cui ora verteva la nebbiosa isola non era di certo ottimale. Le bocche da sfamare erano raddoppiate; non c’erano abbastanza tetti per assicurare una dimora dignitosa a tutti; non c’era lavoro per dar loro la possibilità di provvedere autonomamente al proprio sostentamento. L’opinione pubblica era scissa in due: da un lato coloro che anteponevano il diritto alla vita di tutti gli esseri umani al proprio benessere personale; dall’altro chi sosteneva l’incapacità del Paese di resistere a lungo in queste condizioni, rischiando di sprofondare in un baratro di povertà e recessione dal quale non sarebbe stato facile uscire. Ognuno aveva i propri buoni motivi, ma nessuna delle due parti prevaleva sull’altra, così profughi dal continente continuavano ad arrivare, coadiuvati dalle forze ninja e da mercanti, avidi o benefattori.

    Atshushi aveva maturato una soluzione per questa problematica. La cosa più giusta sarebbe stata invadere il continente armati e ridare a quelle persone le case andate perdute, ma era un piano ambizioso e difficilmente realizzabile. Oltretutto, ci sarebbe voluto del tempo per epurare i paesi invasi da tutti i criminali che ora vi circolavano liberamente. Un’altra soluzione, seppure ancora più utopica, l’aveva concepita durante l’assedio alla torre di Qayin, il figlio maledetto del Caos. Quel folle bastardo aveva stabilito la propria base sulle rovine del Villaggio del Vortice, antica sede del Clan Uzumaki, abbandonate da secoli. Quel villaggio sorgeva su un arcipelago al largo delle Terre del Fuoco e, con la giusta manodopera e impegno comune, le rovine di altri tempi avrebbero potuto essere restaurate e far sorgere su di esse una cittadina dove poter accogliere tutti i profughi dal continente orientale. Sembrava essere un’idea funzionante, ma richiedeva una gran quantità di denaro che, in tempo di guerra e incertezza, nessun paese avrebbe mai elargito tanto facilmente. Forse ciò avrebbe anche riportato in auge il Clan Uzumaki. Tutti gli Uzumaki dispersi nel mondo avrebbero avuto un punto di riferimento, un faro nella notte. Forse, forse anche sua madre sarebbe tornata in quel luogo. E Atshushi l’avrebbe finalmente conosciuto. Avrebbe visto il viso della donna che lo aveva messo al mondo. Già, se solo lei fosse ancora viva. Come faceva a saperlo?

    Edited by tisy16 - 23/6/2020, 08:18
     
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    II


    L’odore di cenere e sale copriva ogni altra sensazione. Vento che soffiava impetuoso. Gli occhi ardenti rossi come tizzoni. Il mare ribolliva schiumando, straziato da onde alte come colline. In lontananza una nave bruciava già ridotta a una nera crisalide. Hisashi, Moroi e Katsumi si strinsero alle spalle di Atshushi, il loro sensei, tremando come foglie scosse dal vento. Erano terrei in viso e Moroi era spossato dal mal di mare. Si trovavano sulla tolda di un ampio mercantile con un ventre largo e pesante. Tre agili velieri puntarono la goffa imbarcazione proveniente da Kiri, con le vele gonfie e tese, mentre il vento soffiava da poppa a prua, permettendo loro di lasciarsi velocemente dietro i resti della nave appena razziata.

    < Maledetti corsari. > A denti stretti, Atshushi dovette ammettere di essere in serie difficoltà.

    Su quelle navi pirata c’erano almeno trenta uomini per ognuna di essa, arrivando a un totale di novanta persone.
    Invece a difesa del mercantile c’erano soltanto quattro ninja, uno special jounin e tre genin ancora troppo inesperti.

    < Statemi vicino. > Atshushi tentò di rassicurare i suoi allievi. < Se non vi allontanerete da me riuscirò a difendervi. Vi riporterò sani e salvi a casa. Potete starne certi! >

    La nave di Kiri aveva il vento contrario, mentre i velieri pirata schizzavano sull’acqua come delfini. In breve tempo li avrebbero raggiunti. L’unica possibilità di salvezza consisteva nell’affondare i pirati prima che li abbordassero.
    “Se andasse tutto come previsto, sarà finita ancor prima di cominciare.” Ritto in piedi sulla prua mentre spruzzi di acqua salita che lo bagnavano da ogni lato, Atshushi osservava i pirati ridurre velocemente la distanza che li separava. Doveva soltanto attendere che le navi fossero abbastanza vicine da potergli permettere di usare uno dei suoi jutsu e farli sparire. Il mare era un continuo aprirsi di nere bocche fameliche che si richiudevano schiamando per poi spalacanrsi nuovamente. Sembrava un'entità dotata di vita propria, desiderosa di inghiottire qualsiasi cosa fosse capitata a tiro.

    < Capitano! > Atshushi dovette consumarsi la gola per sovrastare i rumori e il mare roboante per far arrivare la sua voce al comandante dell’imbarcazione che teneva il timone a poppa. < Faccia immediatamente rotta verso quei velieri. > A chiunque quelle parole sembrarono il verbo di un folle. < Si fidi! Faccia come dico! >

    Il corpulento marinaio fece girare il timone e la prua del pesante mercantile virò fino a puntare le navi corsare in lontananza. “Soltanto un altro po’ e poi farò inabissare quei pirati.”

    La situazione non era poi tanto drastica. Se su quelle navi non c’erano nemici in grado di utilizzare tecniche del livello di Atshushi, egli non avrebbe avuto molte difficoltà ad affondare i loro scafi dalla distanza. Valutò l’opportunità di far ricorso ai suoi amici rospi, ma non voleva disturbare i suoi autorevoli compagni in una situazione tanto complicata. Un rospo della taglia di Gamabunta sarebbe stato un facile bersaglio per i cannoni di bordo dei pirati e forse si sarebbe risentito ad essere usato come esca per i loro colpi. Tuttavia, proteggere i tre genin era più importante dei sentimenti del capo dei rospi e, forse, era anche più importante della missione stessa, ma nonostante ciò Atshushi credeva di potercela fare da solo, senza alcun ausilio esterno. Inoltre far apparire un essere di quelle dimensioni avrebbe causato un ulteriore aggravio al già precario equilibrio della nave sulla quale viaggiavano i quattro shinobi. Il mare si era ingrossato, le onde si alzavano e si abbassavano formando cupe voragini pronte a inghiottire il pesante mercantile. L’imbarcazione partita da Kiri era stata caricata più del massimo consentito e la chiglia era di molti più metri in profondità, costringendo la nave a navigare quasi inabissata.

    Se avesse fatto apparire Gamabunta o un suo pari, non che nessuno potesse essere definito tale, ma quanto meno un rospo grande quasi quanto lui, l’onda d’urto generata dalla sua apparizione avrebbe potuto far ribaltare il mercantile kiriano. Invece quella nave doveva arrivare sana e salva a destinazione, portando aiuti alle popolazioni vittime della guerra. Ed anche i tre genin sarebbero dovuto tornare a Kiri integri. Tutto dipendeva da Atshushi. La missione era stata valutata male e non era un compito adatto a tre genin e a uno special jounin da poco promosso. La disparità numerica era di un ninja ogni venti pirati e l’unica speranza di salvezza degli shinobi stava nell'inettitudine al combattimento di quei bucanieri e nella quantità di alcol di bevuto. Uno scontro - quello con la nave ridotta a un relitto in fiamme - già era stato vinto, quindi avevano bevuto prima dell’assalto per caricarsi e trovare il coraggio e poi avevano bevuto ancora per compiacersi del successo ottenuto. Probabilmente erano già ubriachi fradici. Questo avrebbe potuto essere d’aiuto alla causa dei quattro ninja, ma avrebbe reso ancora più feroci i pirati qualora avessero preso il sopravvento.

    La nave mercantile continuava ad essere sbalzata dalle onde mentre il capitano tentava inutilmente di dirigerla verso il nemico. Dall’altro lato, i velieri dei corsari cavalcavano le onde con leggiadra maestria, avvicinandosi a velocità impressionante. Atshushi fece qualche passo avanti verso la prua. Scendere in acqua era fuori questione. Il mare era nero e gonfio, le onde alte come palazzi. Sperare di restare in equilibrio mentre si eseguivano per di più tecniche di livello S era pura utopia. “Soltanto un altro po’ più vicini.”

    Ormai era possibile anche vedere le bandiere rosse sugli alberi maestri. Pezzi di stoffa lacerati dalle intemperie con ossa sbiancate dal tempo disegnate su di essi. Dal cielo arrivò una scrosciata d’acqua e un fulmine aprì una ferita lucente tra le nuvole nere.

    < Ci siamo! State indietro! >

    I genin alle spalle dell’Uzumaki arretrarono senza esitare, stringendosi per darsi coraggio. Persino Hisashi, il più coraggioso e spavaldo, era pallido come le ossa sulle bandiere dei corsari. Atshuhsi unì i palmi delle mani e cominciò a raccogliere il chakra al centro del petto. In un attimo, quei tre velieri sarebbero finiti inghiottiti dal mare.

    < Suiton! >

    Urlò ad occhi chiusi, immerso in una profonda concentrazione. Un altro lampo squarciò il cielo, si fermò proprio sopra la nave kiriana raccogliendosi in un globo di pura energia. Una piccola luna dipinta su una nera tela.

    Quell’istante fu come un marchio a fuoco nella mente di Atshushi: indelebile ed eterno. Eppure durò poco meno di un battito di ciglia. Il ponte di coperta si sbriciolò sotto i piedi dei ninja e poi la nave esplose in una miriade di schegge.
     
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    III


    “Guardati intorno, il mondo sta bruciando.”

    Atshushi riemerse in superficie vomitando acqua. A gattoni, con il chakra a mantenerlo a galla a fatica su un mare agitato come acqua in ebollizione. Era stato sbalzato oltre il parapetto di un’imbarcazione che ormai non esisteva praticamente più, se non per un castello di poppa deciso a resistere alle onde sferzanti. Dove non lo colpiva l’acqua, il legno era attaccato dalle fiamme.

    Il ninja aveva rischiato di annegare poiché, a causa del forte impatto con l’acqua a seguito dell’onda d’urto dell’esplosione, aveva perso conoscenza. Quando aveva riaperto gli occhi e i polmoni, l’acqua si era riversata dentro di lui copiosamente passando per la bocca spalancata. Soltanto grazie alle sue doti di manipolazione di quell’elemento tanto benefico quanto mortale era riuscito a riemergere per tempo. Sarebbe stato davvero ironico morire a causa dell’elemento naturale al quale si è più affini, non trovate?

    “Merda! Dove sono i ragazzi?” Hisashi, Moroi e Katsumi, i suoi tre allievi. Erano alla prima missione insieme e non poteva di certo perderli così. Si rimise in piedi e cominciò a gettare lo sguardo oltre il mare tempestoso che, tra un’onda e un avvallamento, gli impediva da ogni lato la vista. Ecco Moroi, sulla poppa semidistrutta, bagnato fradicio e con un kunai stretto in pugno. Poco più in basso Hisashi impegnato nel risalire il ponte della nave spezzato in due per raggiungere il compagno. La nave stava lentamente colando a picco ed era un miracolo se le onde non fossero ancora riuscite a ribaltarla. Dallo scafo distrutto erano caduti in mare i colli con i rifornimenti per l’isola di Ouzu. Era inutile sottolineare il fallimento della missione ed era utopico anche solo sperare di raggiungere l’isola. L’unica preoccupazione di Atshushi ora era riportare tutti vivi a Kiri. Della ciurma della nave non c’era già più traccia, ma la sua mente era rivolta soltanto ai suoi allievi. Sentiva il cuore rimbalzargli in petto sempre più freneticamente, mentre non riusciva a trovare Katsumi. Hisashi e Moroi erano momentaneamente al sicuro su ciò che restava dell’imbarcazione, ma di Katsumi neppure l’ombra. Pezzi di nave galleggiavano sul pelo frastagliato dell’acqua, casse di legno navigavano fra di essi, ma Katsumi non era da nessuna parte. Poi improvvisamente sfrecciarono accanto al ninja due velieri, le vele nere e una bandiera con uno scheletro senza testa bianco su sfondo rosso li rendevano inconfondibili.

    “Pirati!” Atshushi saltò sul fianco del veliero senza esitare, arrampicandosi con l’ausilio del chakra. Il modo in cui avevano affondato la nave con la quale stava viaggiando non lasciava dubbi sul fatto che ci fossero utilizzatori di arte magiche di un certo livello tra i ranghi dei corsari. Superò i cannoni sporgenti oltre la murata e si slanciò oltre il parapetto piombando nel mezzo del ponte di coperta. Una schiera di pirati vestiti di stracci mal assortiti lo accerchiarono con le spade sguainate.

    < Levatevi di mezzo! > Gli urlò contro Atshushi cominciando a girare su stesso, espellendo chakra da ogni poro: doveva trovare immediatamente Katsumi senza perdite di tempo. La trottola umana si trasformò repentinamente in un tornado acquatico, come se di acqua non ce ne fosse già stata abbastanza in quel posto. Il vortice dell’Uzumaki investì tutti i pirati, scagliandoli in mare, ma l’impeto della tecnica del ninja fu tale da spezzare anche l’albero maestro, originando una serie disastrosa di eventi che portò la nave pirata a imbarcare acqua scura finchè non si rovesciò su un fianco. Nel frattempo, Atshushi era già fuggito via, privandosi del brivido di vivere un secondo naufragio quel giorno. Sfruttando un’altra tecnica, aveva evocato uno squalo d’acqua grazie al quale si era proiettato come un missile verso il veliero vicino. Come il precedente, aveva un albero di mezzana, uno di prua e un ultimo a poppa. Lo scafo era snello e allungato, il castello di poppa appena accennato. Qui i pirati erano già pronti a riceverlo. Memori della sorte dell’imbarcazione loro compagna, non appena ebbero posato i loro sguardi ebbri di razzia e vino scadente inveirono contro il rispettabile ninja di Kiri.

    Gli si lanciarono contro tra urla e schiamazzi, come iene su una carcassa. Atshushi snudò la propria wakizashi e la intrise di chakra fuuton. Un uomo con una folta barba nera gli era già lanciato contro la scimitarra pronta a colpire, ma l’avambraccio si separò dal braccio all’altezza del gomito, reciso di netto dalla lama del ninja. Atshushi gli affondò un piede nello stomaco spedendolo oltre il parapetto tra le fauci del mare. Dal cielo cadevano scrosciate pesanti di acqua, l’aria era permeata da energia elettrica e il rombo dei tuoni non cessava mai di percuotere l’atmosfera. Sembrava di combattere al ritmo di un gigantesco tamburo e Atshushi sembrava conoscere alla perfezione quel ritmo. Anzi, amava quella danza di morte. Aveva già ucciso pirati tanti anni prima. Non solo! Le sue mani si erano lordate per la prima volta in assoluto del sangue di quella feccia sputata dal mare. Accadde sull’isola di Ouzu, nel giorno in cui Kiri perse due terzi del suo esercito, per lo più giovani genin incoscienti e impreparati. Quel pensiero, unito alla preoccupazione per i suoi allievi, fece montare l’adrenalina nel ninja.

    Con la wakizashi stretta nella destra, balzò all’indietro evitando una stoccata. Con una piroetta decapitò senza fatica il pirata alle sue spalle per poi accasciarsi sulle ginocchia evitando all’ultimo un fendente mirato alla gola. Si rialzò mirando al busto dell’uomo che aveva tentato di sgozzarlo e gli aprì un profondo solco rosso dall’ombelico fino alle scapole con facilità, come se fosse stato un panetto di burro malfermo. Neanche il tempo di tornare in posizione di guardia che già altri tre gli erano addosso, le lame a un palmo suo corpo difeso alla meglio dalla giubba chuunin e da alcune placche metalliche. Negli occhi di pirati c’era già il luccichio della vittoria. Un lampo sembrò spaccare in due il cielo. BROOOOAM. Le lame dei pirati volarono via a metri di distanza, i loro possessori paralizzati sotto scariche di pura corrente. L’eco del tuono stava ancora percuotendo l’aria, mentre Atshushi, avvolto da un globo di fulmini provvedeva a rendere loro il favore. Stanco di quell’inutile combattimento e conscio di aver lasciato indifesi Moroi e Hisashi troppo a lungo si allontanò velocemente verso la prua con alcune sostituzioni che lasciarono disorientate quella feccia. Ogni volta che poteva lasciava scivolare lo sguardo su ogni asse spezzato, su ogni cassa in bilico tra le onde, sui resti frammenti del relitto in lenta scomparsa, ma Katsumi restava introvabile.
     
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    IV


    Qualcosa non quadrava. Dov’erano gli utilizzatori di ninjutsu? Dovevano esserci, ma Atshushi non li aveva ancora incontrati. “Hisashi, Moroi!” I due genin erano in pericolo. La prua del veliero puntava al relitto del mercantile. Atshushi, si fermò sulla prua intagliata a forma di testa di drago. Moroi e Hisashi stavano difendendo la nave semidistrutta, circondati da almeno quindici pirati. Il terzo veliero aveva fatto il giro largo e preso alle spalle ciò che restava dell’imbarcazione kiriana in cerca di un facile bottino. Quei pirati avevano trovato due ragazzi pronti a dar loro del filo da torcere, ma non avrebbero potuto resistere a lungo a quell’inferiorità numerica. Atshushi li aveva presi sotto la propria ala e aveva cercato di trasmettergli la sua esperienza. Loro imparavano in fretta e dimostravano di avere la stoffa per diventare degli ottimi ninja. Sopra di loro la vela di trinchetto era completamente bruciata e le fiamme avevano assalito il legno dei supporti e non parevano volersi spegnere nemmeno sotto la pioggia incessante, costringendoli a battersi sotto una pioggia mista di acqua e detriti ardenti. Più in basso, il mare era scuro e schiumava come una bestia infernale ogni volta che si infrangeva sul legno delle navi.

    Atshushi si sentì per un attimo vuoto, in balìa degli eventi. Sembrava che tutto fosse successo a velocità triplicata ed ora non si sentiva più in grado di star dietro a quel ritmo. La testa si fece improvvisamente leggera e per poco non perse l’equilibrio, rischiando di finire in quell’oceano color pece.

    < No! > Azzannò l’aria fredda e bagnata mentre si riscuoteva. < Non fallirò, non oggi! >

    Si rimise in piedi sulla prua che puntava dritta alla posizione dei suoi due allievi con l’intenzione di speronare amici e nemici in unico colpo. “Vili pirati senza onore.” Pensò mentre spiccava un balzo verso i suoi protetti. Con la spinta magica che si era dato avrebbe dovuto farcela a raggiungere il ponte semidistrutto del mercantile. Mentre era sospeso a mezz’aria si esibì in una piroetta, prendendo di mira il veliero pirata sul quale aveva disseminato cadaveri sanguinanti. Chiuse gli occhi, focalizzando il centro della tolda della nave. Le macchie di sangue lasciate dai cadaveri venivano spazzate dalla pioggia battente, degradata, in quel frangente, a un mozzo con il compito di tenere il ponte di coperta lucido e pulito. Sentì l’energia scivolare via dalle sue membra come olio tra le dita. E poi…

    < Kazekiri! >

    Il vento che spazzava l’aria parve acuirsi intorno al legno della nave corsara. Con un sonoro e secco rumore di ossa spezzate l’imbarcazione si divise in due all’altezza dell’albero di mezzana. In un attimo l’esile scafo venne sopraffatto dalle onde ruggenti, sparendo nelle profondità dell’oceano.

    Atshushi stava completando la sua piroetta, pronto ad atterrare sulle travi disseminate ovunque intorno ai resti della nave kiriana, quando qualcosa, forse un proiettile, forse un missile, lo investì a una velocità spaventosa.
    Il colpo fu durissimo e lo spedì come un dardo in acqua, ma neppure l’attrito del mare riuscì a fermarlo e finì con l’infrangersi contro i resti già sommersi della prua dell’imbarcazione kiriana, incagliata su una secca che, a quanto pareva, impediva alla poppa di raggiungere la sua altra metà negli abissi. Atshushi spalancò la bocca e fiotti di sangue si mischiarono all’acqua salmastra davanti ai suoi occhi sbarrati per il dolore. Una fitta acutissima gli pervase tutto il corpo, facendolo annaspare in cerca di aria. I polmoni gli si riempirono di acqua mentre le mani cingevano un ferro acuminato che gli sporgeva dal fianco destro. Era ancora viscido del suo sangue e lo aveva trafitto dalla schiena perforando la giubba chuunin. Le dita si allentarono intorno al ferro e il mondo intorno a lui si fece ancora più buio.

    “Chiudi gli occhi, Atshushi. Basta soffrire. Hai vissuto in un mondo di sofferenze e ingiustizie.” Il suono soave e sconosciuto di una voce femminile lo cullò in un etereo abbraccio di effimero calore. “Lasciati andare. È ora che tu riposi. Vieni qui, mio bambino.”

    < Katsumi! Finalmente ti ho trovato. > Con occhi ciechi per il dolore, il ninja credette di vedere la sua adorata allieva fluttuargli davanti, come uno spirito marino venuto a soccorrerlo.

    Le braccia del ninja oscillavano come alghe, inermi e prive di vita. Gli occhi chiusi, i lineamenti rilassati. Un’espressione di serenità accompagnava la tragica uscita di scena dell’Uzumaki da quel mondo nefasto.
    Un’altra immagine gli passò dietro le palpebre chiuse, scacciando ogni pensiero. Era in un grande ambiente arieggiato, un profumo silvestre di fiori ed erba umida filtrava dalle finestre. A terra c’erano dei takami e sulle pareti varie attrezzature; Al centro della stanza tre ragazzi avevano l’aria impaziente di chi attende qualcuno. Uno era alto e slanciato e uno basso e con dei capelli orrendi. La terza era una ragazza con il viso a forma di cuore, i capelli biondi e due labbra color pesca. Avrebbe tanto volute rubarle un bacio se solo… se solo…

    Edited by tisy16 - 24/6/2020, 23:47
     
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    < NO! NO! NOOOO! >
    La vita pareva aver abbandonato il suo corpo, ma un’energia ancestrale prese a scorrergli dentro più forte di un fiume che spezza gli argini. Doveva salvare Hisashi e Moroi e ritrovare Katsumi. Non sarebbe morto fino ad allora.
    Piantò i piedi e braccia contro il legno della nave e spinse con tutte le sue forze. Mentre il ferro si sfilava dal suo corpo martoriato, un urlo privo di suono lasciò la bocca del ninja con un getto di bolle d’aria. Repentinamente, prese a nuotare verso la superficie e, non appena emerso, si ritrovò addosso l’individuo che lo aveva colpito poco prima. Era un uomo alto, con dei lunghi capelli rossi raccolti sopra la nuca. Portava una katana al fianco e vesti di pelle nera.

    < Sei tu il bastardo che ci ha attaccati? > Gli ringhiò contro Atshushi tossendo l’acqua salmastra bevuta a causa sua.

    < Voi ninja diventate sempre più stupidi. Coglione! Non vi insegnano più a contare nelle vostre preziose accademie? NOI vi abbiamo attaccati. Io e la MIA ciurma siamo gli artefici di tutto ciò. E visto che mi avete fatto perdere una nave, io ora vi ucciderò brutalmente. >
    Atshushi cercò la wakizashi dietro la schiena, ma non riuscì a trovare il manico dell’impugnatura. “Maledizione, devo averla persa prima.” Lo sguardò si spostò oltre le spalle del suo avversario, verso i suoi sottoposti. Erano riusciti ad eliminare quattro dei quindici pirati, ma Hisashi sembrava ferito a un braccio e Moroi era arrivato al limite.

    < Ah, ah. > Lo riprese il corsaro agitando la katana in aria come fosse un dito indice in senso di diniego. < Devi guardare me, pezzo di merda! >

    In un attimo quel corsaro gli fu addosso, la katana a un palmo dal fianco già ferito di Atshushi. La lama crepitava ricoperta di fulmini e avrebbe tagliato in due il ninja se non si fosse sostituito con una cassa poco distante. Il fendente la aprì in due, seminando in acqua medicinali e bendaggi. Nuovamente il pirata si scagliò con rapidità felina contro il ninja, provando lo stesso fendente di prima. Atshushi attivò un meccanismo all’interno del braccio e un kunai gli scivolò in mano. Ricoprendolo di chakra fuuton lo mandò ad incrociare la lama di fulmine del pirata. I due elementi stridettero fra loro, ma infine fu il vento a vincere sul fulmine, così come voleva madre natura e il kunai del ninja recise di netto la katana del pirata che arretrò imprecando.

    Combattevano sul pelo dell’acqua, con il chakra a mantenerli sospesi sull’acqua che pareva essersi calmata. Le onde avevano smesso di ruggire e di sollevarsi fino a raggiungere il cielo e la pioggia aveva rallentato il suo ritmo martellante.

    Atshushi era zuppo, i capelli neri come inchiostro appiccicati sulla fronte. Scrutò il proprio avversario e scovò nei suoi occhi un barlume d’incertezza. Forse si aspettava di finirlo velocemente: si sbagliava! Senza pensarci troppo, gli tirò contro il kunai ancora potenziato dal suo chakra, mirando al petto. Il bastardo fu rapido e tentò di deviarlo con la lama spezzata, ma non aveva ancora imparato la lezione e la katana si spezzò ulteriormente. Tuttavia, riuscì a deviare l’arma lanciata dal kiriano quel tanto che bastava per evitare di prendergli il cuore. Il kunai lo trapassò comunque da parte a parte all’altezza del polmone destro, facendolo crollare in ginocchio mentre sangue sgorgava in egual misura dalla ferita e dalla bocca, mischiandosi all’acqua.

    Atshushi lo superò velocemente, con una mano si teneva il fianco ferito, lasciandosi alle spalle il patetico stagno di sangue nel quale quel corsaro stava per perire.

    < Hisashi! Moroi! Resistete! Sto arriv…>

    < COGLIONE! Sono ancora vivo. > La voce spezzata dalla tosse del pirata morente era comunque tonante e minacciosa. Si era riuscito a voltare in direzione del ninja ed ora, anche Atshushi si era fermato per osservarlo. Teneva un braccio sul petto nel vano tentativo di arginare il sangue, l’altro teso verso il cielo con il palmo aperto e ricoperto di energia elettrica.

    “Che tecnica è?” Non ebbe il tempo di darsi una risposta, perché temette il peggio, memore dell’esplosione che li aveva portati a vivere quella situazione disperata. Riprese a correre verso Hisashi e Moroi nel disperato tentativo di raggiungerli per tempo, ma riuscì soltanto ad arrivare alla scalinata che collegava il ponte del castello di poppa al ponte della nave che vide una colonna di fulmine scendere dal cielo. Stavolta, l’esplosione spazzò via ciò che restava della nave, incenerendo pirati e ninja su di essa. Atshushi fu sbalzato via, una pioggia di schegge che lo bersagliò forandogli in più punte le carni dolenti, ma egli nemmeno le percepì. La sua mente, così come il suo corpo, affondarono in abissi più oscuri della morte stessa.

    Edited by tisy16 - 24/6/2020, 23:46
     
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    Figure nere con i capi chinati sotto un velo di pioggia su una collina erbosa, disseminata di pietre levigata, come una bassa e fitta foresta di arbusti inanimati. Era una scena alla quale Atshushi aveva già assistito anni prima, quando era ancora un genin incapace di concepire la morte. Stava vivendo un dejavù? Lo avrebbe desiderato ardentemente, ma le spalle più larghe, le gambe più lunghe e i lineamenti più marcati e taglienti lo ancoravano alla presente realtà con catene d’acciaio pesantissime. Pesanti come il rimorso, il rimorso che gli stringeva il cuore con i neri artigli della depressione.

    La pioggia gli rigava il viso. O forse erano lacrime a scorrere sulle sue lisce guance? Il vestito nero era diventato colla liquida sul suo corpo sotto il battere incessante di una pioggerellina primaverile che non sembrava intenzionata a fermarsi. Nessuno parlava tra i presenti, ma il silenzio veniva sistematicamente rotto dai singhiozzi e dai gemiti di dolori delle madri dall’animo spezzato, dai più cari rimasti orbi di un affetto importante.

    Tra bare nere erano state sistemate davanti ad altrettante fosse nel terreno. Dietro di esse, tre lapidi grigie con inciso il simbolo del villaggio della Nebbia e tre nomi, tre nomi che ferivano Atshushi come lame affilate ogni volta che lo sguardo si posava su di essi.

    Hisashi Hideoyaga.Katsumi Aoki. Moroi Okada



    Tre piccole fiamme si erano spente. Tre vite erano state spezzate prematuramente. Le bare furono lentamente calate nel terreno. Quel gesto tanto semplice quanto scontato, procurò una nuova ondata di lamenti tra gli astanti. Con studiata solennità, tre uomini vestiti di nero misero mano alle pale e cominciarono a tirare zolle di terreno umido sulle bare. Quando le fosse furono colme, rettangoli di umida terra scura risaltavano duramente sul prato ben curato del cimitero del Villaggio della Nebbia. Come a voler cancellare il segno di quello spiacevole evento, una alla volta i presenti si avvicinarono per lasciar cadere un fiore bianco. Quando ebbero finito, tre letti di candidi petali coprivano le tombe dei tre genin.

    Atshushi aveva con sè tre crisantemi bianchi, dalle corone ricche di petali. Li reggeva per gli steli, ma non si avvicinò al corteo funebre per depositarli sui tumuli dei suoi allievi. Rimase fermo, immobile in mezzo alla folla, con lo sguardo perso nel vuoto, oltre quel reale e doloroso momento. I pugni stretti fino a spezzare gli steli dei fiori. Era sua responsabilità difendere quei tre genin, ma non era riuscito a fare nulla per i suoi tre allievi.

    Non era riuscito a difenderli dai pirati e non era riuscito a eliminare il capitano prima che facesse esplodere il relitto sul quale si trovavano Hisashi e Moroi con un drago di fulmini caduto in picchiata dai cielo livido. Invece Katsumi era già stata inghiottita dalle onde quando la prima deflagrazione aveva spezzato in due il mercantile. Anche Atshushi era stato investito dall'esplosione e si era svegliato sull'isola di Nagi, su una bassa costa sabbiosa, circondato da detriti e cadaveri. Riconobbe il capitano pirata morto dopo aver sferrato l'ultimo, letale attacco. Poi, la marea gli consegnò i corpi blu e gonfi dei suoi allievi. Katsumi era l'unica ad aver conservato integro il suo corpo nella mote. Hisashi e Moroi erano stati cotti dalle scariche elettriche e ad entrambi mancavano o questo o quell'arto. Atshushi ebbe appena la forza di trascinarli sulla terraferma, poi un senso di vuoto e spossatezza butto giù il suo spirito a colpi di ariete. Lo stomaco gli si rivoltò e rimise bile amara sulla sabbia scura. Poi perse i sensi.

    Con altrettanta lentezza, sotto una pioggia che con la sua solerzia il corteo iniziò a defluire. Un fiume nero che scorreva attorno ad Atshushi, unico scoglio in quel rivo. Gli ultimi a voltare le spalle alle tre tombe furono le tre coppie di genitori dei tre prematuri defunti. Atshushi sentì l'agitazione riempirgli il petto ed abbassò lo sguardo mentre questi gli passavano accanto. Cosa avrebbe dovuto fare? Scusarsi? Cosa avrebbe potuto lenire il dolore di un genitore che ha sepolto il proprio figlio? Questa è un'anomalia del cerchio della vita, un prodotto innaturale del mondo contemporaneo fatto di guerre e atrocità. Se Atshushi avesse trovato il coraggio di parlare a quei tre padri e a quelle tra madri, sarebbe riuscito a pronunciare parole in grado di sollevarli dal peso della morte dei loro amati figli di cui erano tanto orgogliosi? Esistevano parole in grado di fare ciò? Se anche fossero esistite, non bussarono mai la mente del ninja.

    L'unico merito di Atshushi era derivato dall'essere riuscito a riportare a Kiri i corpi senza vita dei suoi tre allievi. Dopo aver ripreso i sensi, in quella spiaggia deserta, aveva mandato uno dei suoi rospi al Villaggio, affinchè qualcuno andasse a recuperarli. La missione era stata fallita, ma a pesare sulle spalle dello special jounin era la morte dei suoi allievi. Aveva finalmente iniziato a maturare un sincero e profondo affetto verso quei tra ragazzini. Si era addirittura rallegrato per l'incarico di sensei affidatogli, credendo ingenuamente di essere davvero in grado di educare e proteggere tre ninja più giovani e più inesperti, ma invece, come sempre finora, aveva fallito miseramente.

    Era rimasto solo nel prato del cimitero. Solo davanti a tre lapide bagnate di pioggia. Fortunatamente aveva smesso di piovere e Atshushi sollevò il capo verso il cielo cupo. Le leggera e fitta pioggerellina che aveva accompagnato il funerale era ormai cessata, ma le guance del giovane continuavano ad essere irrigate da rivoli salati. La tempesta di sentimenti del suo cuore doveva ancora finire.


    FINE. Spero che vi piaccia. L'episodio influirà non poco sul povero Atshushi.
     
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    Questa citazione a Virgilio mi solletica :asd: [56 primi 3 post + 62 secondi 3]
     
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    Thanks mille. Chiudo
     
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