Il Suono della primavera

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    Dadi Junsui
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    In quel momento, Dadi si trovava sopra un grosso carro che stava viaggiando verso Oto. Per quanto incredibile fosse quel pensiero, stava per tornare a casa. In realtà mancavano ancora diversi giorni alla fine del viaggio, ma doveva cominciare ad affrontare il fatto che avrebbe dovuto constatare la situazione del villaggio e dei suoi genitori. Quando pensava a loro, era in un misto di ansia e voglia di vederli. L'albina voleva che tutto andasse bene, ma nessuno in quel momento poteva dargli un po' di conforto, visto che come lei nessuno entrava dentro il Villaggio del Suono da mesi. C'erano diversi Chunin accanto a lei, assieme a qualche Jonin un po' più in disparte che sembravano raccontarsi qualche storia o avvenimento successo di recente. Si chiese quante battaglie avessero vissuto, quante esperienze avessero fatto per arrivare fino a lì. I loro volti solcati dalle rughe, le cicatrici che attraversavano il loro corpo ed il loro viso. Da quando si era svegliata, le sembrava di notare più queste cose. Una buca nel terreno che fece sobbalzare un po' tutti evitò di farla appellare come una maniaca, spostando la conversazione ad una protesta generale (quasi allegra) verso chi guidava il carro. Si trattava di un altro Chunin, che di risposta mandò tutti a quel paese. Facevano a turni ed era effettivamente un lavoro più solitario che stare in compagnia lì dietro od al massimo di guardia, ma vedendo il lato positivo si aveva decisamente più privacy. Il clima era abbastanza vivace tra quella combriccola di ninja, che non vedevano tutti l'ora di poter rivedere casa loro o le loro famiglie. Stranamente, a parte qualche parola nostalgica verso un particolare locale o parco della città, nessuno parlava direttamente di quello che avevano lasciato lì. Inizialmente Dadi pensava fosse solo un po' sconveniente parlarne, ma aveva capito dopo che lei non era la sola a temere di aver perso tutto quello a cui teneva. Il vento soffiava freddo sulle loro teste, ma erano tutti riscaldati da parole per incoraggiarsi e non pensare all'orrore della vita. Il paesaggio che vedeva ogni giorno l'albina variava molto, ma di quella stagione non c'era molto da vedere. La primavera sarebbe iniziata di lì a poco, ma sembrava che ancora la vita volesse dormire un po' sotto la coltre di neve e la secchezza degli alberi. Si vedevano pochi animali ed anche piccoli roditori erano una novità per gli uomini e le donne che viaggiavano. Si fermavano spesso lungo la strada, ogni tanto riposando in delle locande per le necessità naturali del corpo umano. Anche se la vista non era delle migliori, quel silenzio che si veniva a creare tra le radure ed i boschi le piaceva.
    Fu anche per questo che fu piacevolmente stupita quando vide una foresta di sempreverdi colorare i suoi occhi con la loro tipica sfumatura scura. Il profumo di pino aleggiava nell'aria ed era possibile sentire numerosi versi e richiami, che rendevano tutto quasi un luogo speciale. Il sole non poteva raggiungerli lì ed il freddo era sempre pungente, ma il vento sembrava quasi placarsi. Non aveva idea di dove si trovassero geograficamente in quel momento, ma le sarebbe piaciuto tornarci un giorno. Come quando aveva visitato quel campo di fiori vermigli a Kiri, i luoghi pieni di natura l'avevano sempre affascinata. Era arrivato il momento della pausa per tutti, facendo fermare il carro in una radura all'interno della foresta. Il sole illuminava l'erbetta verde che sembrava quasi emanare un'aura di quel colore, uscendo brevemente dalla coltre di nuvole che caratterizzava il loro viaggio da giorni ormai. Sembravano una brigata di avventurieri che si riposava dopo aver ottenuto un ricco tesoro, ma Dadi non poteva che essere nervosa in quel momento. Era importante fare pause, anche perché con le razioni che avevano non potevano permettersi di affaticarsi. Ma mentre era stesa al sole sull'erba, con la schiena appoggiata ad un albero ai bordi della radura, non poteva che ripensare a quello che era successo da quando era partita un anno fa.
    « Per prima cosa, la fuga da Oto. Quel pirata che si è messo in mezzo al mio kunai. Spero di ottenere il perdono prima o poi. » - Quell'uomo era sicuramente un nemico, ma Dadi non se lo era mai dimenticato. Anche se non sentiva un vero e proprio rimorso, visto che aveva salvato un suo compagno, si sentiva triste nel pensare che quella morte poteva essere evitata. Se fosse stata più attenta e precisa, avrebbe evitato di ucciderlo quando poteva immobilizzarlo e basta. In alcuni paesi celebravano persino la loro prima uccisione, ma lei non era così. Era stata una morte stupida e non necessaria, inutile. Sospirò, guardando il doppio simbolo sulla propria mano sinistra. Un velo di malinconia si fece sul suo viso, guardando di lato. Rimestare nei ricordi a volte faceva proprio male.
    « Tutti i ninja che sono passati da Iwa...Shin, Hakuro...» - Guardò alcuni Chunin fare pratica a deviare la traiettoria dei propri Shuriken l'uno con l'altro. Nessuno la stava notando, per fortuna. « ...Shusui. » - L'Uchiha era morto all'interno di quel palazzo. Lo aveva scoperto poco prima di partire, quando avevano annunciato le vittime di Qayin. Non sapeva che fosse lì, da tutt'altra parte. Una persona che aveva conosciuto in modo così veloce ma che gli aveva lasciato una tale impressione...anche con il suo Sharingan, non era riuscito a sopravvivere ai mali del mondo. Nonostante non potesse veramente prendersela con la metà del criminale che risiedeva dentro di lei, non avrebbe mai perdonato al Mukenin di averlo ucciso. Non poteva dire che fosse suo amico, ma lo aveva sentito parlare dei suoi sogni e delle sue aspirazioni. Era gentile e delicato come quelle campanule che avevano ospitato il suo corpo piangente a Kiri. Dadi lo aveva giudicato come una persona molto particolare, ma le piaceva pensare che fosse semplicemente solo un po' diretto. Si pentiva di averlo giudicato un po' duramente quelle poche volte che lo aveva visto e pensava che se fosse capitata con lui, forse avrebbe potuto salvarlo. Sentì un peso nascerle in gola, ma lo fece tornare al suo posto. Non voleva attirare l'attenzione facendo la piagnucolona in mezzo a tutti. Avrebbe portato un giorno i fiori tipici di Oto alla sua tomba a Kiri, per ringraziarlo di averla guidata fino a lì. Non lasciò scorrere lacrime, ma i ricordi continuavano a viaggiare come se collegati l'uno con l'altro. Erano come le continue note di un violino che si propagavano nell'aria, impossibili da fermare. Guardò nuovamente i doppi diamanti dell'oscurità sulla propria mano. Da quando si era svegliata all'ospedale, aveva sentito piano piano il proprio potere crescere. In quelle settimane si era allenata duramente per poter manifestare in modo completo il suo potere, nonostante si trattasse maggiormante di un lavoro di meditazione e concentrazione. Il controllo del suo chakra, dopo l'applicazione del sigillo, era aumentato in maniera tale da farla progredire fino a quel punto. Non aveva ancora testato con certezza gli effetti di quel secondo (o terzo?) simbolo, se lo era tenuto per sé.
    « Per finire la storia, il palazzo di Qayin e questo sigillo. L'altra Dadi...chissà cosa sta facendo adesso. » - L'avvenimento che aveva cambiato la sua vita era stato entrare in quel maledetto luogo. Quella stanza piena di bambole e così disseminata di elementi casuali che pensarci le faceva venire il mal di testa. La bambola che aveva distrutto la gamba di Kaito, la risata che veniva ripetuta in modo assordante. Poteva ancora sentirla, assieme al rumore della pelle di Genesi che si spezzava. Quell'essere tra l'artificiale ed il naturale era ancora un'incognita per Dadi, nonostante si fosse fusa all'interno delle pareti del palazzo. In quei momenti Dadi voleva ucciderla ed aveva scatenato contro di lei ogni singola tecnica nel proprio arsenale. Non avevano vinto e forse la fortuna era stata dalla loro parte. Nonostante fossero avvenute da poco, quelle situazioni erano tra le più confuse nella sua mente. Ricordava il volto di Qayin, così matto e disperato. Ricordava il suo arrendersi al mondo e alla morte. E ricordava il dolore che la faceva tremare ancora adesso se ci pensava. Ma era tutto così a pezzi che a volte si chiedeva se non si fosse immaginata tutto. L'incontro con il proprio alter ego e la sua alleanza con esso, che l'aveva consolata e convinta di non essere totalmente sola al mondo. A volte nei suoi sogni la rivedeva, ma non diceva niente. Non era veramente lei, ma solo ricordi. Quella Dadi corvina era molto più reale, come una persona vera che abitava all'interno del suo corpo. Aveva anche uno spiccato senso dell'umorismo, se doveva aggiungere qualcosa su di lei. Non aveva ricevuto alcuna domanda sul suo sigillo, cosa che la sollevava ma allo stesso tempo la faceva pensare male. Che avessero paura a nominarlo? Oppure era per rispetto nei suoi confronti? Teoricamente ora era una Chunin e forse qualche Genin le avrebbe portato la riverenza che lei dava ai suoi superiori in passato. Era ancora giovane e aveva moltissimo da imparare, ma era stata promossa per il suo coraggio e per le sue abilità. Non voleva deludere nessuno e si sarebbe messa a studiare ancora di più per capire sul mondo ninja e su chi doveva affrontare. Non sapeva chi era il nemico che avrebbe dovuto sconfiggere la prossima volta, ma non avrebbe permesso ad Oto di crollare di nuovo. Si chiedeva se avrebbe prima o poi partecipato ad una missione che non richiedesse un altissimo pericolo di morte, visto che l'unica era risultata quasi letale. Quel potere nuovo la spaventava, non poteva negarlo. Però si sentiva abbastanza al sicuro in quel momento, con la Negazione presente e tutto. Avrebbe preferito non attivare mai il sigillo sul petto, per evitare di perdere sé stessa. Ma sapeva che in quel mondo violento non bisognava escludere nulla.
    C'era un ultimo fattore che rimaneva senza una risposta chiara. Kurosawa Guren, l'ex-ninja che l'aveva aiutata a sopravvivere agli orrori della torre del caos. Senza di lui sarebbe probabilmente morta almeno 3 volte. Ma quelle parole che le aveva rivolto l'avevano fatta riflettere innumerevoli volte. Perché l'utilizzatore di cristallo aveva abbandonato il villaggio? Era veramente così corrotto il sistema, tanto da sacrificare dei semplici Genin? E dove era finito? Lo aveva visto vivo accanto a lei, ma era completamente sparito dal campo di battaglia. Questo la rassicurava del fatto che se la fosse cavata, anche se non doveva provare sollievo per un criminale.
    « Vorrei parlargli. Vorrei capire come sta, vorrei dirgli quel che è successo. Potrei aiutarlo, potrei provare a ridurre la sua pena. Non ha fatto nulla di male se non tradirre il villaggio, quindi... » - Non sapeva perché voleva far tornare il Guren dalla parte della legge. Ma sapeva pure lei che provare a comunicare con lui significava rischiare la prigione. Non voleva attirare troppe attenzioni su di sé dopo quello che era successo, ma voleva capire se era ancora possibile salvarlo. Portò la mano al mento, pensando ad una soluzione. Forse avrebbe potuto rivolgersi a qualche rete di comunicazione illegale, oppure avrebbe potuto cercare di catturarlo in modo privato. I suoi ragionamenti furono interrotti da una voce maschile, appartenente ad un Chunin dai lunghi capelli corvini chiamato Ikari Guren. Era piuttosto magro e non ci aveva parlato molto, ma il suo viso era attraversato da un'espressione calma e rilassata. Si ricordò subito dopo che era il nocchiero di quel giorno e che guidava i cavalli abbastanza male.
    « Oi, Dadi-san. Tutto bene? » - Pronunciò, incrociando le braccia tra di loro.
    « Oh...sì, ero solo un po' sovrappensiero. Hai bisogno di qualcosa, Ikari-san? » - Era poco abituato a quell'onorifico, ma le faceva piacere essere chiamata così. Tolse la mano dal viso e si alzò in piedi, pronta a scattare con espressione seria.
    « No. Volevo solo dirti che tocca a te guidare il carro domani. Riposati o finiremo in qualche burrone. » - Avrebbe detto, prima di salutarla. Dadi non aveva mai guidato il mezzo finora e toccava finalmente a lei. Era abbastanza nervosa riguardo a quel semplice fatto, se doveva essere sincera. Si alzò, andando a vedere a cos'altro si stessero sfidando i ninja. Erano problemi di domani, per ora, pensò sospirando.

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    « A-ah...quindi devo tenere le redini tra le dita...per frenare con la destra, ma bisogna tenere con la sinistra? » - La ragazza albina stava timidamente chiedendo al nocchiere di ieri indicazioni, perché non aveva mai guidato un carro con due cavalli. Dadi aveva visto spesso quegli animali tra i campi coltivati, a trainare aratri per rendere la coltivazione più semplice e veloce, girando lesti come il vento tra una semina e l'altra. Ora teneva tra le dita le briglie di colore scuro, al tocco molto più morbide di quanto mai si sarebbe aspettata. Sentiva tirare il muso dell'animale e ne era un po' intimorita, anche se probabilmente il cavallo era molto più docile dei nemici che aveva affrontato finora. Ikari, l'uomo che possedeva dei capelli che facevano invidia pure alla ragazza per quanto erano ben curati, forse notò che non era proprio sicura di essere in grado di portarli a casa. Forse era stupido fermarsi in quel modo dopo che aveva affrontato mille insidie, ma non era tanto la possibilità di ribaltarsi a spaventarla. Il fatto che quei due animali non fossero creature intelligenti ma fossero in un modo così tanto collegate a lei le faceva venire una certa ansia che non si riusciva a spiegare del tutto. Avrebbe tirato uno strattone ai cavalli, facendo un po' innervosire quello di destra, irrigidendo i muscoli per la sorpresa. Era abbastanza ignorante del mondo contadino in sé e forse la sua aspettativa che entrambe le bestie procedessero allo stesso ritmo era decisamente folle. Avrebbe normalmente tenuto quei pensieri per sé, cercando di non farsi notare, ma per sua disgrazia il Chunin con molta più esperienza di lei era in grado di notare qualcuno che era totalmente incapace in una certa disciplina.
    « Sigh, dammi quella di destra. Tu pensa a tenere quella di sinistra senza tirare troppo. » - Avrebbe pronunciato Ikari sistemandosi più comodamente accanto a lei al posto di guida, prima di farsi passare la briglia da un'esitante Dadi che sarebbe arrossita per l'imbarazzo. Con il viso dipinto da quel colore sembrava un'altra versione alternativa di sé stessa. Era vero, era una frana nei lavori manuali. Ma quello le sarebbe dovuto venire facile, no? Era pur vero che non era salita spesso in un carro, però si sentiva così inadeguata.
    « Grazie, Ikari-san. Non so perché, mi sembra quasi di essere sempre sul punto di cadere qui sopra. » - Avrebbe detto a sguardo basso, cercando di non sembrare una fragola non del tutto matura mischiando il rosso col bianco. Lui non rispose, cosa che fece pensare all'albina che stesse sbagliando qualcosa e che fosse immensamente infastidito nel non potersi riposare con gli altri ninja poco più dietro. Passarono i primi imbarazzanti minuti, con l'uomo che ogni tanto faceva muovere sia la briglia che i capelli del medesimo colore scuro facendo frenare brevemente i cavalli. Il tempo cominciò a scorrere più veloce, anche perché Dadi impegnava la propria mente nel stare concentrata sulla strada. Dopo tutto quel tempo su quel carro, il paesaggio non la stupiva quasi più. Mancava poco all'arrivo ad Oto ed ogni pensiero era fisso lì. L'intero Villaggio del Suono era racchiuso dentro un'enorme paradosso di Schrödinger che rendeva la giovane sempre più ansiosa. Mentre andavano su e giù per il carro, pensava a cosa avrebbe trovato arrivata lì. Si era ripromessa partendo che non avrebbe avuto più paura di tornare a casa, ma in quel momento si chiedeva se qualche villaggio più piccolo non avesse bisogno di una mano così da tenerla occupata. La sua casa era ancora in piedi o era crollata? L'accademia ninja era ancora un luogo onorevole o era stato violato? I santuari e gli altari possedevano con le loro sacre statuette o anche quelli avevano perso ormai ogni valore? Gli amici che aveva conosciuto in quegli anni e tutti i suoi conoscenti, stavano bene oppure aveva perso chiunque non avesse rivisto ad Iwa. E soprattutto, il suo mondo, quello che era il centro gravitazionale dei suoi pensieri, i suoi genitori, il suo stesso sangue. Erano vivi? Erano sopravvissuti? I pirati, gli schiavisti, chiunque fosse stato, li avevano trattati con riguardo o avevano fatto loro del male? Strinse la pelle delle briglie quando pensava che qualcuno avesse potuto ferirli. Se fosse stato così avrebbe trovato il responsabile e gli avrebbe fatto passare i peggiori momenti della sua vita. Avrebbe tagliato ogni singolo arto non vitale con il suo vento, lo avrebbe bruciato lentamente e piano facendolo soffrire con il fuoco. E lo avrebbe poi privato lentamente del chakra fino a quando non avrebbe esalato il suo ultimo respiro tra i dolori peggiori che poteva immaginare. E successivamente, avrebbe strappato via coi propri denti ogni singolo rimasuglio di...
    « Oi, Junsui! Fai attenzione! » - Dadi sarebbe tornata alla realtà a causa di uno strattone che la fece quasi balzare via dal carro. Ikari aveva violentemente fermato i cavalli, visto che la strada era stretta e doveva passare un altro carro simile al loro. L'uomo che lo guidava, una delle facce più comuni che Dadi avesse visto, la guardò stranito e quasi spaventato, prima di superarli velocemente come se avesse appena visto un fantasma. Dadi era paonazza in viso e quasi sibilando chiese scusa all'uomo che guidava con lei, anche lui con un'espressione che all'albina sembrò quasi disgustata. Aveva perso il controllo di sé stessa mentre pensava a quelle cose orribili? Non aveva nemmeno mai pensato che la tortura funzionasse e sicuramente non era una sadica che si divertiva a fare del male alle persone. Poteva dare la colpa di tutto ciò ad una possibile influenza di Qayin? O era semplicemente lei stessa quella di cui si doveva spaventare. Il viaggio proseguì di nuovo, con Dadi che teneva gli occhi fissi e spalancati sulla strada come se avesse timore di poter restare da sola con sé stessa. In quel momento avrebbe preferito che il viaggio non finisse mai, ma a metà giornata dovettero fermarsi per far riposare sia i cavalli sia i ninja che li seguivano a piedi. Si mise come a suo solito a mangiare da sola la sua razione, che le ricordava così tanto i bento che si portava all'accademia quando era ancora un bambina innocente e pasticciona. Si aspettava quasi che Ikari andasse da lei per insultarla o dirle di smetterla di guidare, ma quello era più che altro un sogno che non si sarebbe realizzato per tutta la durata della pausa. Non lo vide nemmeno, quindi probabilmente non lo avrebbe rivisto accanto a sé.
    Ripresero a viaggiare e contro le aspettative della giovane, Ikari c'era. Si mise accanto a lei, anche se la ragazza ormai aveva più o meno capito come tenere entrambe le briglie ed avanzavano piano piano verso la loro meta. Ci furono diversi minuti di silenzio, con la ninja che ogni tanto gettava un'occhiata fulminea sui suoi capelli scuri, l'unica cosa che riusciva a vedere. Ad un certo punto l'uomo parlò, quasi stupendo Dadi che sentiva da quasi un'ora solo i suoi compagni parlottare.
    « Senti. Stiamo andando lentissimi e stai tenendo i cavalli in tensione. Non vedi come fanno passi quasi esitanti? E non ti scusare, ti prego. » - La ragazza fu quasi presa alla sprovvista da quella situazione ed il suo meccanismo di difesa si attivò automaticamente, venendo però intercettato da quello d'attacco di Ikari. Non sapeva cosa dire. Doveva fare le cose in modo diverso? Sapeva che aveva sbagliato prima ma non sapeva come migliorare, non aveva tempo di pensare alle tecniche di guida proprio mentre guidava. « Non sarò un terapista, ma non è difficile capire che stai quasi male qui sopra. Non vuoi andare ad Oto? O c'è qualcosa che non ti piace del carro? So che non sarò bellissimo ma... » - L'uomo sorrise pietosamente di sé stesso a quella battuta auto-ironica, contagiando in parte anche l'albina. Il Chunin prese comando del carro, facendola rimanere a mani vuote. Già. Forse erano i pensieri dell'altro giorno che la stavano distraendo e rallentando. Però...quel carro le ricordava anche altro.
    « Uh...Ikari-san, tu come sei arrivato ad Iwa? » - Avrebbe cominciato la ragazza, rispondendo ad una domanda con un altro quesito. L'uomo fece una faccia stupita, ma poi riprese a guardare la strada. Si stavano decisamente velocizzando sotto il suo comando.
    « Sono scappato poco dopo il primo gruppo, anche se abbiamo perso dei nostri compagni lungo la strada. Perché? » - Avrebbe detto il corvino, passandole di nuovo la palla del discorso.
    « No...so che può sembrare stupido, ma io sono stata una delle prime ad arrivare. Ci abbiamo messo una decina di giorni ed eravamo su un carro e...non so, stare qui mi ricorda la paura e lo sconforto di quei giorni. Sento come se potessimo morire da un momento all'altro e... » - Avrebbe iniziato, accorgendosi dopo che stava parlando tantissimo per una che doveva essere la regina del ghiaccio dell'accademia. Che figura, mostrare agli altri i propri traumi e le proprie debolezze. Aveva sbagliato un'altra volta, perché ogni volta che mostrava quella debolezza finiva sempre per farsi male. I ninja non potevano e non dovevano avere traumi, sentimenti o altri pensieri per la propria testa quando si trattava di fare il proprio lavoro. Era quasi strano pensare che le facesse più pressione tornare a casa e tornare su un mezzo di trasporto.
    « Capisco. Ti potrei dire di essere forte, anche perché ora sei una Chunin e dovrai dare l'esempio ai novellini... » - Lo sapeva, Dadi lo sapeva cosa doveva fare. E sapeva che Ikari aveva ragione, anche se non voleva più sentire quei consigli. « ...ma non ignorare troppo ciò che senti. Anche perché faresti decisamente paura ai ragazzini in accademia con quel viso di prima, visto che sembravi pronta a squartare quel vecchio. Se ci saranno problemi al villaggio o durante il viaggio, ricorda che non sei sola. » - Un battito del cuore che quasi fu saltato al sentire l'opposto, a sentirsi rincuorata un'altra volta. Era come quando aveva abbracciato il suo Alter Ego nella sua mente, sentendosi capita e compresa. Qualcuno dice che solo noi possiamo capirci appieno, ma Dadi aveva rinunciato a conoscersi del tutto considerati i sentimenti contrastanti che albergavano la sua esistenza sin dalle origini. Però...il sapere che quei ninja erano come una famiglia per lei, che si sarebbero aiutati a vicenda in ogni caso, la faceva quasi emozionare. Sapeva che quel lavoro era ricco di pericoli e di visioni orrende. Però quel gesto di fratellanza la rese per la prima volta nella sua vita di essere entrata nel corpo militare del villaggio.
    « Sicuro di non essere portato per fare almeno lo sciamano? Potrei chiederti una divinazione o due, nel tempo libero... » - Avrebbe scherzato l'albina, mentre appoggiava sorridendo le mani sul mento. Lui semplicemente alzò gli occhi al cielo, senza rispondere a quelle parole sciocche. « Grazie, però. Se, se vuoi parlare anche tu... » - Avrebbe provato ad intavolare il discorso, come per restituirgli il favore, incrociando tra di loro le dita. Lui fece una faccia visibilmente e teatralmente disgustata, prima di guardarla provare ad essere altruista.
    « Per favore. Tu mi porteresti al suicidio, con quell'aria da depressa. » - Dadi scoppiò a ridere senza un preciso motivo. Era una battuta orrenda probabilmente, ma sentirsi presa in girò così dopo tutta l'aria di serietà che cercava di mantenere ogni minuto. Forse era così veramente, una persona abbastanza cupa che però in realtà cercava solo di mantenere un aspetto decoroso.
    Avrebbe ripreso le briglie in mano, un po' più rilassata di prima. Forse anche i cavalli lo intuirono, visto che non sembravano così desiderosi di buttarla giù dal campo. Dadi aveva ancora paura di quello che la aspettava, ma aveva trovato un senso di appartenenza che non possedeva prima. Sarebbe rimasta tra loro anche per aiutarli come meglio poteva. Poteva essere una pessima terapista, ma valeva qualcosa come ninja. La notte calò un'altra volta, mentre il grande giorno si avvicinava.

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