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Dadi Junsui do you still love me? Narrato | « Parlato » | « Pensato » | « Altri » In quel momento, Dadi si trovava sopra un grosso carro che stava viaggiando verso Oto. Per quanto incredibile fosse quel pensiero, stava per tornare a casa. In realtà mancavano ancora diversi giorni alla fine del viaggio, ma doveva cominciare ad affrontare il fatto che avrebbe dovuto constatare la situazione del villaggio e dei suoi genitori. Quando pensava a loro, era in un misto di ansia e voglia di vederli. L'albina voleva che tutto andasse bene, ma nessuno in quel momento poteva dargli un po' di conforto, visto che come lei nessuno entrava dentro il Villaggio del Suono da mesi. C'erano diversi Chunin accanto a lei, assieme a qualche Jonin un po' più in disparte che sembravano raccontarsi qualche storia o avvenimento successo di recente. Si chiese quante battaglie avessero vissuto, quante esperienze avessero fatto per arrivare fino a lì. I loro volti solcati dalle rughe, le cicatrici che attraversavano il loro corpo ed il loro viso. Da quando si era svegliata, le sembrava di notare più queste cose. Una buca nel terreno che fece sobbalzare un po' tutti evitò di farla appellare come una maniaca, spostando la conversazione ad una protesta generale (quasi allegra) verso chi guidava il carro. Si trattava di un altro Chunin, che di risposta mandò tutti a quel paese. Facevano a turni ed era effettivamente un lavoro più solitario che stare in compagnia lì dietro od al massimo di guardia, ma vedendo il lato positivo si aveva decisamente più privacy. Il clima era abbastanza vivace tra quella combriccola di ninja, che non vedevano tutti l'ora di poter rivedere casa loro o le loro famiglie. Stranamente, a parte qualche parola nostalgica verso un particolare locale o parco della città, nessuno parlava direttamente di quello che avevano lasciato lì. Inizialmente Dadi pensava fosse solo un po' sconveniente parlarne, ma aveva capito dopo che lei non era la sola a temere di aver perso tutto quello a cui teneva. Il vento soffiava freddo sulle loro teste, ma erano tutti riscaldati da parole per incoraggiarsi e non pensare all'orrore della vita. Il paesaggio che vedeva ogni giorno l'albina variava molto, ma di quella stagione non c'era molto da vedere. La primavera sarebbe iniziata di lì a poco, ma sembrava che ancora la vita volesse dormire un po' sotto la coltre di neve e la secchezza degli alberi. Si vedevano pochi animali ed anche piccoli roditori erano una novità per gli uomini e le donne che viaggiavano. Si fermavano spesso lungo la strada, ogni tanto riposando in delle locande per le necessità naturali del corpo umano. Anche se la vista non era delle migliori, quel silenzio che si veniva a creare tra le radure ed i boschi le piaceva. Fu anche per questo che fu piacevolmente stupita quando vide una foresta di sempreverdi colorare i suoi occhi con la loro tipica sfumatura scura. Il profumo di pino aleggiava nell'aria ed era possibile sentire numerosi versi e richiami, che rendevano tutto quasi un luogo speciale. Il sole non poteva raggiungerli lì ed il freddo era sempre pungente, ma il vento sembrava quasi placarsi. Non aveva idea di dove si trovassero geograficamente in quel momento, ma le sarebbe piaciuto tornarci un giorno. Come quando aveva visitato quel campo di fiori vermigli a Kiri, i luoghi pieni di natura l'avevano sempre affascinata. Era arrivato il momento della pausa per tutti, facendo fermare il carro in una radura all'interno della foresta. Il sole illuminava l'erbetta verde che sembrava quasi emanare un'aura di quel colore, uscendo brevemente dalla coltre di nuvole che caratterizzava il loro viaggio da giorni ormai. Sembravano una brigata di avventurieri che si riposava dopo aver ottenuto un ricco tesoro, ma Dadi non poteva che essere nervosa in quel momento. Era importante fare pause, anche perché con le razioni che avevano non potevano permettersi di affaticarsi. Ma mentre era stesa al sole sull'erba, con la schiena appoggiata ad un albero ai bordi della radura, non poteva che ripensare a quello che era successo da quando era partita un anno fa. « Per prima cosa, la fuga da Oto. Quel pirata che si è messo in mezzo al mio kunai. Spero di ottenere il perdono prima o poi. » - Quell'uomo era sicuramente un nemico, ma Dadi non se lo era mai dimenticato. Anche se non sentiva un vero e proprio rimorso, visto che aveva salvato un suo compagno, si sentiva triste nel pensare che quella morte poteva essere evitata. Se fosse stata più attenta e precisa, avrebbe evitato di ucciderlo quando poteva immobilizzarlo e basta. In alcuni paesi celebravano persino la loro prima uccisione, ma lei non era così. Era stata una morte stupida e non necessaria, inutile. Sospirò, guardando il doppio simbolo sulla propria mano sinistra. Un velo di malinconia si fece sul suo viso, guardando di lato. Rimestare nei ricordi a volte faceva proprio male. « Tutti i ninja che sono passati da Iwa...Shin, Hakuro...» - Guardò alcuni Chunin fare pratica a deviare la traiettoria dei propri Shuriken l'uno con l'altro. Nessuno la stava notando, per fortuna. « ...Shusui. » - L'Uchiha era morto all'interno di quel palazzo. Lo aveva scoperto poco prima di partire, quando avevano annunciato le vittime di Qayin. Non sapeva che fosse lì, da tutt'altra parte. Una persona che aveva conosciuto in modo così veloce ma che gli aveva lasciato una tale impressione...anche con il suo Sharingan, non era riuscito a sopravvivere ai mali del mondo. Nonostante non potesse veramente prendersela con la metà del criminale che risiedeva dentro di lei, non avrebbe mai perdonato al Mukenin di averlo ucciso. Non poteva dire che fosse suo amico, ma lo aveva sentito parlare dei suoi sogni e delle sue aspirazioni. Era gentile e delicato come quelle campanule che avevano ospitato il suo corpo piangente a Kiri. Dadi lo aveva giudicato come una persona molto particolare, ma le piaceva pensare che fosse semplicemente solo un po' diretto. Si pentiva di averlo giudicato un po' duramente quelle poche volte che lo aveva visto e pensava che se fosse capitata con lui, forse avrebbe potuto salvarlo. Sentì un peso nascerle in gola, ma lo fece tornare al suo posto. Non voleva attirare l'attenzione facendo la piagnucolona in mezzo a tutti. Avrebbe portato un giorno i fiori tipici di Oto alla sua tomba a Kiri, per ringraziarlo di averla guidata fino a lì. Non lasciò scorrere lacrime, ma i ricordi continuavano a viaggiare come se collegati l'uno con l'altro. Erano come le continue note di un violino che si propagavano nell'aria, impossibili da fermare. Guardò nuovamente i doppi diamanti dell'oscurità sulla propria mano. Da quando si era svegliata all'ospedale, aveva sentito piano piano il proprio potere crescere. In quelle settimane si era allenata duramente per poter manifestare in modo completo il suo potere, nonostante si trattasse maggiormante di un lavoro di meditazione e concentrazione. Il controllo del suo chakra, dopo l'applicazione del sigillo, era aumentato in maniera tale da farla progredire fino a quel punto. Non aveva ancora testato con certezza gli effetti di quel secondo (o terzo?) simbolo, se lo era tenuto per sé. « Per finire la storia, il palazzo di Qayin e questo sigillo. L'altra Dadi...chissà cosa sta facendo adesso. » - L'avvenimento che aveva cambiato la sua vita era stato entrare in quel maledetto luogo. Quella stanza piena di bambole e così disseminata di elementi casuali che pensarci le faceva venire il mal di testa. La bambola che aveva distrutto la gamba di Kaito, la risata che veniva ripetuta in modo assordante. Poteva ancora sentirla, assieme al rumore della pelle di Genesi che si spezzava. Quell'essere tra l'artificiale ed il naturale era ancora un'incognita per Dadi, nonostante si fosse fusa all'interno delle pareti del palazzo. In quei momenti Dadi voleva ucciderla ed aveva scatenato contro di lei ogni singola tecnica nel proprio arsenale. Non avevano vinto e forse la fortuna era stata dalla loro parte. Nonostante fossero avvenute da poco, quelle situazioni erano tra le più confuse nella sua mente. Ricordava il volto di Qayin, così matto e disperato. Ricordava il suo arrendersi al mondo e alla morte. E ricordava il dolore che la faceva tremare ancora adesso se ci pensava. Ma era tutto così a pezzi che a volte si chiedeva se non si fosse immaginata tutto. L'incontro con il proprio alter ego e la sua alleanza con esso, che l'aveva consolata e convinta di non essere totalmente sola al mondo. A volte nei suoi sogni la rivedeva, ma non diceva niente. Non era veramente lei, ma solo ricordi. Quella Dadi corvina era molto più reale, come una persona vera che abitava all'interno del suo corpo. Aveva anche uno spiccato senso dell'umorismo, se doveva aggiungere qualcosa su di lei. Non aveva ricevuto alcuna domanda sul suo sigillo, cosa che la sollevava ma allo stesso tempo la faceva pensare male. Che avessero paura a nominarlo? Oppure era per rispetto nei suoi confronti? Teoricamente ora era una Chunin e forse qualche Genin le avrebbe portato la riverenza che lei dava ai suoi superiori in passato. Era ancora giovane e aveva moltissimo da imparare, ma era stata promossa per il suo coraggio e per le sue abilità. Non voleva deludere nessuno e si sarebbe messa a studiare ancora di più per capire sul mondo ninja e su chi doveva affrontare. Non sapeva chi era il nemico che avrebbe dovuto sconfiggere la prossima volta, ma non avrebbe permesso ad Oto di crollare di nuovo. Si chiedeva se avrebbe prima o poi partecipato ad una missione che non richiedesse un altissimo pericolo di morte, visto che l'unica era risultata quasi letale. Quel potere nuovo la spaventava, non poteva negarlo. Però si sentiva abbastanza al sicuro in quel momento, con la Negazione presente e tutto. Avrebbe preferito non attivare mai il sigillo sul petto, per evitare di perdere sé stessa. Ma sapeva che in quel mondo violento non bisognava escludere nulla. C'era un ultimo fattore che rimaneva senza una risposta chiara. Kurosawa Guren, l'ex-ninja che l'aveva aiutata a sopravvivere agli orrori della torre del caos. Senza di lui sarebbe probabilmente morta almeno 3 volte. Ma quelle parole che le aveva rivolto l'avevano fatta riflettere innumerevoli volte. Perché l'utilizzatore di cristallo aveva abbandonato il villaggio? Era veramente così corrotto il sistema, tanto da sacrificare dei semplici Genin? E dove era finito? Lo aveva visto vivo accanto a lei, ma era completamente sparito dal campo di battaglia. Questo la rassicurava del fatto che se la fosse cavata, anche se non doveva provare sollievo per un criminale. « Vorrei parlargli. Vorrei capire come sta, vorrei dirgli quel che è successo. Potrei aiutarlo, potrei provare a ridurre la sua pena. Non ha fatto nulla di male se non tradirre il villaggio, quindi... » - Non sapeva perché voleva far tornare il Guren dalla parte della legge. Ma sapeva pure lei che provare a comunicare con lui significava rischiare la prigione. Non voleva attirare troppe attenzioni su di sé dopo quello che era successo, ma voleva capire se era ancora possibile salvarlo. Portò la mano al mento, pensando ad una soluzione. Forse avrebbe potuto rivolgersi a qualche rete di comunicazione illegale, oppure avrebbe potuto cercare di catturarlo in modo privato. I suoi ragionamenti furono interrotti da una voce maschile, appartenente ad un Chunin dai lunghi capelli corvini chiamato Ikari Guren. Era piuttosto magro e non ci aveva parlato molto, ma il suo viso era attraversato da un'espressione calma e rilassata. Si ricordò subito dopo che era il nocchiero di quel giorno e che guidava i cavalli abbastanza male. « Oi, Dadi-san. Tutto bene? » - Pronunciò, incrociando le braccia tra di loro. « Oh...sì, ero solo un po' sovrappensiero. Hai bisogno di qualcosa, Ikari-san? » - Era poco abituato a quell'onorifico, ma le faceva piacere essere chiamata così. Tolse la mano dal viso e si alzò in piedi, pronta a scattare con espressione seria. « No. Volevo solo dirti che tocca a te guidare il carro domani. Riposati o finiremo in qualche burrone. » - Avrebbe detto, prima di salutarla. Dadi non aveva mai guidato il mezzo finora e toccava finalmente a lei. Era abbastanza nervosa riguardo a quel semplice fatto, se doveva essere sincera. Si alzò, andando a vedere a cos'altro si stessero sfidando i ninja. Erano problemi di domani, per ora, pensò sospirando.
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