Rimettersi a nuovo

Infermeria Yuichi Yuki

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    La prima cosa che fecero i due Spadaccini, appena tornati in patria, fu consegnare a chi di dovere il corpo di Moshi e portare il povero Yuichi in ospedale, malgrado infatti il giovane fosse riuscito a stabilizzarsi, grazie alla sua abilità innata, aveva comunque perso gran parte del lato destro del suo corpo, una situazione che se non risolta non gli avrebbe permesso di continuare la sua carriera da ninja. Arrivati alla clinica, lo stato di salute del ragazzo fece preoccupare notevolmente le infermiere dell'accoglienza che concitate chiamarono le loro colleghe, due giovani ragazze in divisa che caricarono Yuichi su di una barella e, malgrado non fosse in pericolo di vita, lo portarono celermente in una stanza dove potesse essere esaminato in vista di un'inevitabile operazione. La stanza dove il ninja venne lasciato era abbastanza piccola e spoglia, quattro mura dipinte di celeste chiaro con una sola piccola finestra ad ad illuminarle, l'unica nota di colore era una verde pianta dall'alto stelo che era stata sapientemente posizionata ad un lontano angolo rispetto alla porta d'ingresso; malgrado la fretta con cui vi venne depositato, il kiriano attese diversi minuti in solitudine prima di poter interagire con il suo chirurgo che si sarebbe dovuto occupare del suo caso, tempo che gli permise di rimuginare e ripensare a tutto quello che gli era successo, a quello che avevano appena compiuto e a tutte le persone che malgrado gli sforzi non erano riusciti a tornare a casa. Il suo flusso di pensieri ad ogni modo sarebbe stato interrotto dallo sbattere della porta contro la vicina parete:

    "Dannazione di nuovo! Queste porte sono davvero troppo leggere..."

    Fece il suo ingresso un omone con un grande camice bianco che sembrava quasi non bastare a coprire il suo corpo definito quasi all'eccesso:

    "Ad ogni modo io sono il dottor Sibushi e mi prenderò a cuore la tua situazione, che a giudicare da quello che posso vedere non è molto rosea..."

    Il medico si avvicinò al lettino e con sguardo clinico cominciò ad osservare il giovane:

    "Cavolo ragazzo, ne devi aver passate delle belle! Perché non mi racconti quello che è successo dall'inizio?"

     
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    I lunghissimi nove giorni consueti di viaggio che passammo viaggiando come sbandati tra Ame e Kiri furono un inferno. I dolori che la notte mi facevano svegliare di soprassalto, accompagnati da un mal di testa spaccapietre, rendevano ancor più difficile la convivenza con la consapevolezza di aver visto la vita quasi scivolarmi via di dosso come olio su uno strato d'acqua. Il dolore per aver perso Moshi, nonostante lo conoscessi ben poco, appena sotto il dolore per non aver avuto la possibilità di uccidere il monaco: il contentino di vederlo esplodere di fronte a me fece passare qualsiasi rimorso o misera pena abbia mai avuto per lui. Riuscii a strappare qualche parola dalla bocca cucita di Soru. Il suo viso, cupo per ogni minuto del viaggio, era sempre tendente al terreno, lo sguardo malinconico e guance segnate da solchi riconducibili a pianti stremati. Non riuscivo ad immaginare il vero dolore che provava, il mio era considerabile irrisorio se paragonato al suo, per aver perso un amico, un compagno. Immagino le gambe tremanti nel vedere i brandelli del suo corpo (oltre che alle sue Zanne del Fulmine) sparsi per la stanza, immagino la difficoltà nel mantenere la compostezza, ma il dolore per aver perso una persona cara è, ahimè, inarrivabile ed inconcepibile se non lo provi sulla tua pelle. Nel momento in cui rientrammo nel Paese della Pioggia, trovai la forza di aprir bocca, forse anche solo per una minima mancanza di rapporto umano. Ero sdraiato di fronte a Soru, che immancabilmente colpiva le pareti con il suo sguardo vitreo.

    Soru... mi dispiace per Moshi.

    Non puoi farci niente. Rispose, quasi sfacciato.

    Lo so, ma volevo solamente dirti che sono vivo grazie a lui. Mi ha salvato il culo più di una volta. Gli devo la vita e farò di tutto per onorare la sua morte. ribadii con tono piuttosto serio. Certo, ci impiegai un attimo a riuscire a prender fiato, però mi sforzai di essere il più chiaro possibile. Aggrottata la fronte, Soru si alzò in piedi, osservando i miei capelli - in parte bruciati - contornarmi il viso.

    Non sto dicendo questo. Hai dimostrato di saper tenere duro e questa missione, in confronto a quelle dell'OSU, era tre spanne sopra nella difficoltà. Abbiamo cancellato dall'esistenza la Neo Akatsuki, ti rendi conto? La reincarnazione del male di duecento anni fa. Moshi è sempre stato in prima linea a combattere al mio fianco. Moshi, assieme a te, Shinichi, io e in un certo senso anche il Kurama abbiamo onorato una causa, quella degli Shinobi. Non è cosa da poco. Ora riposa, ne hai bisogno, tra poco arriveremo in centro a Kirigakure e ti porterò immediatamente in ospedale. I miei jutsu medici ti hanno a malapena evitato l'infezione.




    Nemmeno il tempo di ringraziare, farsi scappare un mezzo sorriso, ed ecco che mi addormentai nel sonno più profondo. Non sognai nulla, solamente un maledettissimo telo nero che lasciava spazio alla più fantasiosa delle immaginazioni. Riaprii gli occhi solamente una volta giunto in ospedale, esattamente all'entrata. Shinichi e Soru mi stavano sorreggendo sulle loro spalle ed io feci abbastanza fatica a realizzare ciò che stava accadendo. Infatti, ancora rincoglionito come non mai, mi vidi caricato su di una barella, scomodissima ma nelle mie condizioni qualsiasi cosa avrebbe giovato, e portato in una stanza che dava l'impressione di essere una cella per ragazzini. I minuti passavano lenti, con una pesantezza scandita dal ticchettio di quel stramaledetto orologio a forma di gatto che quant'è vero Yamashita (<3) se fossi stato in condizione l'avrei distrutto in una frazione di secondo. Stanco da tutto ciò che mi stava accadendo, con molta fatica portai la mano sinistra verso la tasca dei pantaloni e riuscii a prendere una sigaretta e lo zippo, miracolosamente intatto dopo tutto ciò che successe. Feci per accendermela, quando il rumore della porta d'entrata spezzò il pathos creato in quel momento. Nemmeno una sigaretta riuscii a fumare. Nemmeno una.

    Dannazione di nuovo! Queste porte sono davvero troppo leggere... Ad ogni modo io sono il dottor Sibushi e mi prenderò a cuore la tua situazione, che a giudicare da quello che posso vedere non è molto rosea...

    Direi, sono quasi morto... dissi nascondendo tra le righe un'ironia fin troppo facile da cogliere. Riposi la sigaretta e lo zippo nella medesima tasca, mentre il chirurgo pelato biondo alto cose strane iniziò a fare la tipica analisi di chi ne capisce molto. Avrebbe potuto dirmi qualsiasi cosa, qualsiasi malattia, l'avrei accettata: sono totalmente ignorante in materia.

    Cavolo ragazzo, ne devi aver passate delle belle! Perché non mi racconti quello che è successo dall'inizio?

    Tutto cominciò ventun'anni fa, quan- ah. Scusi, forse non è il momento di scherzare. - mi schiarii la gola simulando un leggero colpo di tosse e vergognandomi per le parole fin troppo fuori luogo. - Mi chiamo Yuichi Yuki. Sono un ninja di Kiri, appartenente all'OSU. Io, tre spadaccini ed un Mukenin siamo andati ad Ame per provare a fermare una pericolosa organizzazione. L'obiettivo è stato portato a termine, con successo non troppo. Ho visto morire Moshi Raiasu, leggendario Spadaccino e Shaka Kurama, il Mukenin che ci ha portato dall'organizzazione in questione. Per il resto, mi sono visto esplodere un qualcosa, un condensato di Chakra puro sul lato destro del corpo e la situazione, beh, è questa. Se posso esserle d'aiuto, ho provato anche a fermare l'emorragia con il ghiaccio, essendo un manipolatore di quest'elemento. Il risultato è solo un effetto placebo, ho rischiato l'infezione considerando che siamo partiti da Ame nove giorni fa. Beh, si può fare qualcosa?
     
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    Il dottor ascoltò con aria seria il racconto del giovane ninja, spostando più volte il suo sguardo sulle tumefazioni e, in alcuni casi, sulle vere e proprie parti mancanti del corpo. Appena lo Yuki terminò di parlare, l'uomo si sistemò il camice e si fece per qualche secondo pensieroso, guardando in modo intenso quello che restava del lato destro del corpo del ragazzo:

    "Non ti mentirò ragazzo, la situazione non è rosea, da quello vedo l'esplosione ha fatto danni ingenti, bisognerà innanzitutto eliminare del tutto il rischio di setticemia e poi bisognerà provvedere ad metterti degli impianti cibernetici per sopperire agli arti mancanti ai quali dovrai abituarti per bene prima di poter tornare operativo..."

    Sibushi fece una pausa, guardando la sigaretta che il ninja teneva in mano:

    "Fumare qui dentro è vietato, per di più non è molto consigliato nelle tue condizioni..."

    L'uomo era da sempre stato contro il fumo, da giovane era molto più intransigente con i suoi pazienti al riguardo, poi però con il tempo si era addolcito, soprattutto con coloro che avevano subito gravi infortuni, motivo per cui la sua uscita con il ragazzo suonò più come un consiglio che un ordine:

    "Ad ogni modo direi che possiamo cominciare, questa prima parte non dovrebbe essere troppo dolorosa, mi assicurerò che le tue ferite si siano chiuse correttamente e che non vi siano importanti infezioni batteriche in corso, dopodiché procederemo con lo studio delle tue protesi."

    Finito di parlare, il medico si concentrò per qualche secondo, unì le mani davanti al petto e cominciò ad infondervi un'importante quantità di chakra fino a far comparire intorno ad esse un'aura verde che trasmetteva un benefico calore; lo Yuki osservò poi il dottore avvicinare le sue mani al suo corpo e avvertì una delicato tepore che iniziò ad irradiarsi da quel punto in tutto il corpo, sensazione che andò ad espandersi secondo dopo secondo. L'operazione che stava compiendo l'uomo non era particolarmente complessa, apparentemente gli era richiesto solo di passare le mani sopra al paziente, ma quello che risultava meno intuitivo era la necessità del medico curante in questione di passarle in ogni precisa sezione possibilmente infetta, scordarsi anche solo un piccolo avrebbe potuto significare un rischio batteriologico per il paziente in questione e non era qualcosa di accettabile. La procedura ad ogni modo avrebbe richiesto circa un'ora, durante la quale il giovane avrebbe avuto senz'altro modo di rivolgere al dottore le sue perplessità, che probabilmente sarebbe state tante vista la scoperta di doversi impiantare nuovi arti, ma era ancora presto per parlare di quello.

    Yamashita sempre nel cuore :cry:
     
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    Tutto ciò che mi stava succedendo aveva un qualcosa di mistico, onirico, irraggiungibile per qualcuno come me. Mi sarebbe piaciuto imparare a fare ciò che quel medico mi stava facendo, è una cosa maledettamente utile, mi sarebbe stata maledettamente utile se solo l'avessi conosciuta ad Ame. Mi avrebbe evitato questa maledetta seccatura in ospedale. Fatto sta che il tepore quasi mi sballò, i miei polmoni si liberarono da ogni malanno, il dolore nella zona vicina alla necrosi, il mio cuore che prima era affacciato alla finestra del subconscio ed ora dal battito regolare e privo di paura. Mi sentii pervaso da una forza che non avrei mai pensato di riacquistare. Tuttavia il braccio mancante fu ciò che più mi spaventò. Un deficit del genere mi fece tornare la voglia di fumarmi la sigaretta rimproveratami dal medico, ma la coscienza prevalse e mi lasciai "operare", informandomi su ciò che sarebbe derivato dall'utilizzo della protesi.

    Sono abbastanza ignorante in materia, quindi vorrei chiederle alcune cose riguardo alla protesi. Primo: conosco un ragazzo, ricordo che fosse di Ishivar ma per qualche motivo, l'ultima volta che l'ho incontrato, aveva il coprifronte del nostro villaggio. Beh, dicevo, lui ha una protesi. Non gli ho mai chiesto il funzionamento perché, in tutta onestà, non avrei mai pensato di ritrovarmi in questa situazione. Da quel poco che so, quella protesi ha la capacità di convogliare il chakra: mi chiedevo se la protesi di cui dovremo parlare sia una simile a questa. Mi potrebbe servire, se non addirittura essere indispensabile per la mia "carriera"...

    Il cuore si spezzò, mentre i miei occhi continuavano a seguire il profilo smeraldo che contornavano le mani del chirurgo. Il rimorso di non essere riuscito a salvare Moshi mi fece sudare, mentre il battito continuava ad accelerare nonostante il tepore simile ad un abbraccio dopo tanto tempo di lontananza. L'immagine del suo corpo ridotto a brandelli sarebbe rimasta nelle mie memorie per tutta la vita, un combattente leggendario come lui, maledettamente troppo giovane per morire così, cancellato nel giro di pochissimi secondi. Io? Fortunatissimo ad uscirne così. Si potrebbe dire che ne uscii indenne, considerando il risultato finale. Soru, Shinichi, l'Amekage sicuramente su un altro livello. Io, sicuramente, non ne sarei uscito vivo se non fosse stato per quelle tre leggende. Lì per lì mi sentii veramente giù di morale, perso nella morsa delle aspettative che mi creai quando affrontammo le missioni dell'OSU come passeggiate in montagna. Mentre ascoltavo le parole del medico, mi lasciai trascinare dalla tristezza, lasciando che qualche lacrima solcasse il mio volto. Ero veramente distrutto.
     
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    Il dottore ascoltò le domande e le perplessità del giovane, ma decise di non rispondervi subito per evitare di interrompere la sua concentrazione, preferendo portare a termine il suo delicato lavoro. L'uomo portò a termine il suo lavoro in poco meno di due ore, chiudendo tutte le ferite che il giovane presentava, facendo riassorbire gli edemi intracutanei, riparando le costole rotte, rigenerando la pelle laddove si era bruciata, lacerata, insomma un lungo e preciso lavoro di ricostruzione che costò al medico una fatica immensa. Fatti gli ultimi controlli infatti Yuichi lo lasciarsi andare andare su di una vicina sedia, il volto paonazzo e sudato, il respiro veloce ed affannato, l'uomo si massaggiò più volte le mani prima di cominciare a parlare con evidente fatica:

    "Ecco fatto... ora non sei più a rischio..."

    Un altro respiro profondo, stavolta più lungo del precedente, che permise al dottore di parlare più normalmente:

    "Per rispondere alle tue perplessità no, noi al momento non abbiamo delle protesi Ishivariane a disposizione, dopo quello che gli è successo è diventato assai difficile reperirle. Quello che possiamo fare è metterti delle protesi meccaniche di ottima qualità, poi se mai dovessi essere in grado di trovare quelle un meccanico che possiede quelle ad Autochakra o un locale in grado fabbricartele vedremo di impiantartele, mi dispiace..."

    Il medico era visibilmente dispiaciuto per non poter assecondare la richiesta del ragazzo, ma quello che aveva detto era la triste verità, con Ishivar a pezzi e con i pochi sopravvissuti al sicuro sotto la protezione della Kazekage, recuperare quel particolare equipaggiamento medico era diventato quasi impossibile:

    "Quando vuoi ad ogni modo siamo pronti per spostarci in sala operatoria, dimmi se hai qualche sensazione strana in qualche parte del corpo o se provi dolore in qualche punto, altrimenti chiamo l'infermiera per farti trasferire..."

    L'uomo attese che il giovane gli parlasse di suoi eventuali problemi, in teoria il trattamento a cui l'aveva sottoposto avrebbe dovuto eliminare qualsiasi tipo di dolore o fastidio, ma era sempre meglio essere sicuri:

    "INFERMIERA!"

    Una donna bionda sulla trentina entrò pochi secondi dopo con un barella, evidentemente il dottore doveva già averla informata prima di visitare il giovane:

    "Porti il ragazzo nella sara operatoria numero cinque..."

    Poi spostò lo sguardo sullo Yuki:

    "Non si preoccupi, non la lascio solo per molto, giusto il tempo di prepararmi adeguatamente e sarò subito da lei..."

    Il ninja venne quindi trasferito sulla barella e portato senza troppi convenevoli alla sua destinazione, un luogo in cui avrebbe passato parecchie ore ma che a lui sarebbero volate in un attimo: fu proprio il suo dottore, rientrato con il tipico vestito verde, il copricapo e la mascherina di protezione, a spiegarli come tutta l'operazione sarebbe avvenuta con il paziente in anestesia, insomma rapido, indolore e con in teoria uno stupendo risveglio.

    Bene, fammi il post finale in cui ti becchi l'operazione in una romanica anestesia poi ti do l'exp.


    Edited by Stompo - 10/3/2020, 17:59
     
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    La sensazione di sconforto che pervase il mio corpo fu talmente forte da lasciarmi in stato di shock per qualche manciata di secondo. Il terrore di non poter utilizzare il braccio per un tempo indeterminato fece scattare una sorta di meccanismo di difesa nel mio cranio; la percezione distorta attorno a me soffocava l'irrefrenabile istinto di urlare il mio dolore al dottore, i brividi sottocutanei mi facevano tremare come se fossi l'ultima foglia di un albero a provare a rimanere attaccata al proprio ramo in una bufera. Un misero arto meccanico, senza alcuna proprietà benefica al mio fine, avrebbe sostituito ciò che rimaneva dal mio braccio. Non avrei più sentito il chakra vibrare in quei percettori che s'allungavano dalla spalla alle punte delle dita e il senso d'appagamento dato dal trattamento del chirurgo non faceva altro che da effetto placebo per cercare di non lasciarmi il tempo di accorgermi di tutto ciò che sarebbe successo da lì in poi. Sciocco. Mi ero già messo il cuore in pace. Non avrei potuto far niente se non lasciarmi trascinare dal baratro delle conseguenze che sarebbero derivate in seguito ai fatti di Ame. Sì, vittoriosi, ma sicuramente le ferite sarebbero rimasti come tatuaggi nella mente di chi le ha vissute in prima linea. La guerra è maledettamente irritante. Sei solo una pedina in mezzo a tanti. Non ci sarà mai una fine.

    Dottore... grazie.

    Capii pressochè poco di quel che successe, in quanto l'anestesia iniziò a fare il proprio dovere. Immagini sfocate di una donna che mi accompagnò sul lettino si susseguivano nel tragitto che mi portò in sala operatoria. Ringraziai il chirurgo con un cenno del capo che, probabilmente, visto da fuori avrebbe fatto ridere considerando che metà dei miei capelli erano stati bruciati e le bende lasciavano spazio all'unica lunga chioma rimasta, pendente verso il lato destro del mio corpo. L'ultimo ricordo che ebbi prima di lasciar spazio al vuoto più totale fu la vista della mascherina che proteggeva il buffo baffo biondo del chirurgo, strappandomi un sorriso nel vedere il ciuffo ricciolo sbucare sulla sua fronte.

    CITAZIONE
    8950f8c6f6b399ec3ad5bcfe249dc52a

    Una volta ho detto ad un Ninja che sarebbe diventato forte. Sarebbe diventato forte perchè a questo mondo devi sopravvivere: o diventi capo di te stesso, o gli altri lo saranno per te. Quello stesso Ninja è riuscito a diventare il più forte di tutti i tempi. Spero che tu abbia sentito parlare di Naruto Uzumaki, la Volpe a nove code. Non ha mai mollato, ha sempre avuto la forza di andare avanti nonostante tutto. E' questo che vuoi, oppure vuoi rassegnarti alla mediocrità più banale? UH!? Yuichi, per certi versi mi ricordi Kisame-Sama. I miei occhi hanno perso l'anima nel momento in cui ho smesso di crederci. Sono stato trattato come un burattino. Il mio cuore, tuttavia, si è messo in contatto con il tuo. Sento il calore del tuo cuore, la bontà del tuo animo. Tu diventerai forte, un giorno. Non scordarlo mai.

    [...]



    Aprii gli occhi lentamente, impiegando un paio di secondi prima di rimettere a fuoco la stanza da letto in cui mi trovavo. Una singola, che fortuna. Bianca, pallida quanto il latte. A fatica riuscii a sollevare il braccio meccanico, stranamente in quel frangente non mi diede alcun fastidio alle articolazioni. Certo, un minimo di difficoltà nel provare a muovere le dita della mano, ma tutto sommato in qualche breve rotazione riuscii ad adattarmi. M'ero messo il cuore in pace da tanto tempo e i soffusi ricordi di quel sogno, sicuramente riconducibile all'anestesia, pian piano diradavano la nebbia dei miei pensieri, le perplessità e le ansie che si cumularono in quell'intervento tanto delicato per me e il mio futuro. Notai il chirurgo passare di fronte alla mia stanza per controllarmi. Si fermò sull'uscio, guardandomi compiaciuto e con un sorriso soddisfatto che solcava il suo viso: lo guardai, dritto negli occhi, con la tenerezza di chi deve la vita a qualcuno. Sorrisi e mi voltai, affondando la guancia sul cuscino. La neve iniziò a cadere, probabilmente una delle ultime dell'inverno. Un sussulto al cuore mi fece scendere una lacrima, che bagnò il cuscino. Respirai profondamente, per svuotare la paura dai polmoni.

    Haku, stai... piangendo?


    Grazie mille Stampolo, puoi prenderti il max :rosa:
     
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    max Exp pure a te, andiamo in pace :hat:


    Edited by Stompo - 2/4/2020, 13:48
     
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