Il viaggio del prigioniero

x Shaneh (special guests Stompo e Tisy)

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    Atshushi non potè fare a meno di concordare con Jin. Restare era pericoloso, ma andare via sarebbe stato come sentenziare la morte del mukenin e allora tanto valeva ucciderlo al tempio di Hoshi. Gli sarebbe piaciuto capire come funzionava la medicina magica usata dai ninja medici, ma, dopo un breve momento di attenzione, la sua mente fu trascinata versi altri pensieri.

    Jin lo sorprese portandolo in disparte, lontano dal vecchio che stava ancora giocando gravemente al dottore con il corpo immobile del criminale.

    < Mi sento bene, Jin. > Rispose Atshushi con esitazione.

    Quella domanda lo aveva colpito come una frecciata alla schiena. Improvvisamente si sentì nudo e debole, come se i timori e le insicurezze che lo logoravano dall’interno si fossero palesati chiari come acqua cristallina al suo compagno.

    < Sta soltanto succedendo tutto troppo in fretta. > Sospirò evitando lo sguardo di Jin. < Meno di un anno fa ero quasi annoiato dal mondo, Credevo che avrei continuato a passare da una missione all’altra in un circolo vizioso senza fine. Non avrei mai pensato di vivere durante un periodo di crisi mondiale. Sai, alla collettività viene imposto una visione ottimistica del domani, perchè il presente in cui si vive è già fin troppo amaro per non essere addolcito dalla speranza.>

    < L’attacco a Kiri è stato come un temporale estivo: improvviso e violento. Stavo ancora cercando una risposta per giustificare i morti di quel giorno quando le sirene hanno rotto il mio sonno. Nell’arco di una notte fui spedito su un’isola lontana dalla nostra, sapendo soltanto che avrei dovuto combattere contro un invasore straniero. Ad essere onesto, non ero neanche molto spaventato. Non fino a quando fino a quando non cominciò davvero. La guerra.>

    Mentre parlava le immagini di quella giornata sfilavano dietro i suoi occhi, con i dettagli più crudi messi orridamente in risalto dal filtro del disgusto.

    < Al campo rimasi solo con altri genin. >
    Stava ricordando il giorno della battaglia del Golfo degli Squali. < Erano tutti nervosi ed io tentai di difendere uno di Konoha da uno dei nostri che faceva il prepotente. Ebbi appena il tempo di farmi dare un pugno di faccia prima che la lama di un pirata gli aprisse un varco nel petto. Ero in balia della mia rabbia. Fu allora che uccisi il mio primo uomo. A cui ne seguì subito un secondo in realtà. >

    < La cosa più orrenda fu scoprire che era morto anche il ragazzino che avevo tentato di difendere. Chi ero riuscito effettivamente a difendere quel giorno? Nessuno! Quando arrivò la morte di vestita di bianco… >

    Al pensiero di quel mukenin con la cresta vestito di drappi bianchi il sangue smise di scorrergli, anch’esso teso ad ascoltare quel racconto.

    < Non potei fare nulla se non arrendermi per lasciare che prendesse la mia inutile anima. Ma lassù devono avere altri piani per me, perchè una luce divina venne a salvarmi. Anche se non è proprio corretto parlare di salvataggio. Piuttosto dovrei dire che distrusse ogni cosa nel raggio di chilometro. Tutto e tutti, eccetto me. >

    Atshushi non era molto loquace e non gli piaceva essere estroverso con le persone, ma con Jin aveva molto in comune, Non l’avevano soltanto pensata allo stesso modo per il trattamento da riservare al mukenin, ma avevano anche rischiato la vita insieme per difendere tutte quelle povere persone. E sebbene avessero fatto squadra, erano comunque morte tutte o divenute schiave.

    < Mi sono salvato per un assurdo scherzo del destino. A Kiri la convalescenza non è stata facile. > Ripensò a Nomosi che lo rapiva e studiava il suo corpo e un brivido di odio lo fece tendere come una corda.

    < Ed ora tutto questo. Gli abitanti del villaggio che non siamo riusciti a salvare dalla schiavitù. Il tempio crollato e tutti gli accoliti sepolti tra le sua macerie. Quell’infante con tutta una vita davanti decapitato davanti ai nostri occhi. Ma allora, Jin, > gli scoccò un’occhiata commossa. < che senso abbiamo noi di esistere? Criminali, ninja o uomini. Non fa differenza quale ruolo si giochi in questa farsa da guitti, perchè non c’è un finale. La storia si ripete con lo stesso schema da quando abbiamo memoria. Guerra e pace. Pace e guerra. La storia di questo mondo è scritta col sangue di chi lo ha calpestato e sembra proprio che una pace duratura sia irrealizzabile, come il giorno senza la notte.>

    < E allora Jin, io non sto bene. Ma non sto neanche male. Non voglio la pace e non voglio la guerra. Voglio qualcosa che spezzi i rigidi schemi che reggono la nostra società. Non so bene di cosa stia parlando ora, ma cercherò di scoprirlo. Dovrà pur esserci una soluzione al male che logora le nostre vite. >


    Quando il dottore ebbe finito con il mukenin, preparò un medicinale con le piantine che gli aveva procurato. Con quelle e con le cure di fortune, forse avrebbero riportato il loro prigioniero a Kiri vivo. Non dovevano far altro che attraversare una terra stravolta dalla guerra.

    Scusatemi tanto per questo lungo travaglio
     
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    Il Sole di Mezzogiorno splendeva alto nel cielo, mentre mi aggiravo di nuovo libero nel villaggio del Paese del Fulmine. Avanzavo lentamente, guardingo, conscio di poter essere scoperto da un momento all'altro. Percorsi la strada che percorsi per osservare la battaglia sulla piazza, entrando nella casa che dava proprio sul piazzale. Da lì, avrei potuto ripercorrere tutti gli attimi della battaglia.
    Entrai senza spingere la porta, non ce ne fu bisogno poiché già aperta, ed osservai per istante lo specchio che dava di fronte a me. A stento trattenni un grido nell'osservare quella che era la immagine. Ero vecchio, vecchio come non mai, stanco ed ombre pesanti cadevano sulle palpebre. Sembravo un altro, un fantasma di ciò che ero stato. Osservai ancora lo specchio, avvicinandomi tremante ad esso, per poi vedere un'altra immagine all'interno. C'ero sempre io, da giovane però, in piedi contro un muro, all'interno di una cella. Osservavo, da un piccolo spiraglio, la luce entrare ed accarezzarmi il viso. Dopo qualche istante sedevo, silenzioso, vittima dell'ombra di quel luogo. Fu una visione breve, un ricordo lontano che si confondeva con quelli che erano i miei sentimenti del momento. Proseguii la traversata, fuoriuscendo sulla piazza. Vidi ancora quel che vidi anni prima. Vidi quel Senju venire colpito a morte, vidi il folle potere Surgi all'opera e vidi la barriera. La barriera che attraversai così impunemente, senza pensare alle conseguenze. Un solo errore avrebbe gettato al vento la mia vita, i miei sogni e le mie speranze.

    Quanto vorrei tornare lì, tornare in quella stanza per avvertirmi del pericolo, quanto vorrei poter fermare la mia mano...

    Ed accadde. Accadde vivido e reale. Mi ritrovai nella stanza buia, mentre ascoltavo le donne parlare. Parlavano, parlavano, e di fianco a me c'era il me stesso di parecchi anni fa. Ingobbito com'ero in quel momento sentii la schiena dolermi, ma non ci badai. Allungai una mano e dissi a voce impercettibile.

    Non farlo Geralt, sei ancora in tempo per redimerti...

    Il messaggio arrivò al me del passato, mentre cambiai posizione. Mi spostai in alto, come un ragno spettatore di quel momento così importante.
    Geralt, cioè io da giovane, si fermò. Per un istante, quelle parole lo colpirono nel profondo. Non furono parole illuminanti, né così elaborate, ma qualcosa accadde. Se moltissimi anni fa, quel giorno la mano di Geralt esitò per un solo istante, quelle parole riuscirono a bloccarlo totalmente. Le parole lo fermarono, lo fecero rinsavire, bastarono a fermargli il colpo. Le donne continuarono a chiacchierare, mentre Geralt rimase immobile. Giunsero poi i due shinobi, che subito interrogarono il me del passato. Ed incredibilmente, non fuggì. Rimase lì, a trattare coi ninja da pari a pari e non da sconfitto e prigioniero. Quell'immagine fu l'ultima che vidi di quel luogo.

    Tornai alla realtà, alla mia vecchia e logora abitazione, alla mia vecchia katana poggiata su di una credenza ed agli avanzi della sera prima. Lì osservai maledicendoli, maledicendomi, senza però poter fare più nulla. Gli ottant'anni arrivavano e si facevano sentire tutti. La cicatrice sul costato era ancora lì, viva e più profonda che mai. Ma mai quanto i rimpianti del mio cuore.

    Quando me ne andrò non rimarrà memoria di me. E pensare che sarebbe bastato così poco...

    E per un istante la vidi. Vidi un'immagine chiara di me accovacciato su di un gruppo di ragazzi, spiegargli ed insegnargli l'arte della spada. Vidi una seconda immagine di un figlio a mia somiglianza, intento a padroneggiare la Velocità in un modo così sorprendente da lasciarmi attonito. Quanto avrei voluto essere lì ora. Essere quel Geralt e non la carcassa ambulante che ero. Ero solo, vittima dei rimorsi e delle mie scelte. Quando scendeva la notte, spesso, un bambino veniva a bussare alla mia porte. Piangeva, straziante, e scompariva quando si ritrovava di fronte a me. I sensi di colpa non se n'era andati affatto, conviverci sarebbe stato impossibile oramai.
    Rimasi quindi lì, seduto in cucina su di una sedia di legno vecchia e mangiata dalle termiti. Dondolante, continuai a guardare la luce proveniente dalla finestra, attendendo la fine. La prigione oramai era mentale e non solo fisica. E lo era da circa sessant'anni.

    E' na robbba
     
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    Jin ascoltò lo sfogo del Genin senza dire nulla, sapeva che non sarebbe stato saggio interrompere il ragazzo in un momento come quello e quindi decise di rimanere in silenzio, ragionando di volta in volta su quello che sentiva.
    Come il Senju aveva intuito, Atshushi era profondamente turbato dai recenti eventi, cavolo ne era rimasto colpito anche lui, ma fu quando comincio ad accennare l'episodio della guerra e del raggio che comprese fino a che punto si spingesse il disagio del giovane. Finito il discorso, Jin si prese qualche secondo per ragionare sulla risposta, poi si rivolse al suo compagno:

    "Perché esistiamo...beh credo che a questa domanda non potrebbe rispondere nessuno, a meno di credere all'esistenza di divinità o robe simili. Però hai ragione, guardando la storia sembra che una pace duratura non sia realizzabile e forse è veramente così, ma se smettessimo di provarci, se non combattessimo in quello che crediamo giusto non otterremmo nulla. L'unica cosa che possiamo fare è continuare a lottare ogni giorno, ricacciando in gola il dolore, la rabbia, il risentimento, la delusione, la paura, perché Atshushi è impossibile stare davvero bene a tutto tondo, siamo in un eterno limbo e l'unico modo per provare ad uscirne è continuare a scavare, continuare a lottare facendo quello che si ritiene giusto. Al momento non so se esista davvero una soluzione per tutto questo, ma continuerò ad impegnarmi ogni giorno per trovarla e ti consiglio di fare altrettanto."

    Era parole che il Senju sentiva sue e sperava che potesse aiutare anche il suo compagno in difficoltà, sia perché comprendeva il disagio che il giovane stesse vivendo in quel momento vivendo, sia perché malgrado la momentanea situazione di calma sapeva che la strada da percorrere per tornare a casa fosse ancora parecchio lunga e avrebbe avuto bisogno della sua piena concentrazione.

    [...]

    "Bene ecco fatto, adesso il mukenin è fuori pericolo di vita, certo rimarrà fortemente debilito per un bel po' ma se riceverà altre cure adeguate in futuro potrà recuperare completamente e passare una tranquilla e felice vita dietro le sbarre. Quando siete pronti e volete andare ditemelo che lo faccio svegliare."

    L'uomo terminò la frase prendendo in un vicino scaffale una boccetta che conteneva un liquido scuro come la pece e dal quale arrivava un odore molto forte ed intenso:

    "Grazie mille, non so davvero come potremo ringraziarla, sicuro che non vuole venire via con noi? Presto o tardi i pirati o dei banditi verranno a setacciare il villaggio e se dovessero trovarla..."

    Il Senju non volle nemmeno terminare la frase, del resto tutti i presenti sapevano come sarebbe finita quella storia, solo che a differenza dei due ragazzi solo uno aveva davvero decisione in capitolo:

    "Ti ringrazio ma declino di nuovo l'invito, se avessi voluto me ne sarei andato tempo fa, lì fuori per me non c'è più niente, sono contento di avervi potuto aiutare, di aver potuto adempiere al mestiere che mi sono scelto per l'ultima volta, ma ormai ho preso la mia decisione"

    Il vecchio parlò con una voce calma e tranquilla, come di chi era convinto della sua decisione, Jin sapeva che se avesse voluto avrebbe potuto portarlo via con la forza, ma si rese conto che così facendo avrebbe solo fatto uno sgarbo a quel pover uomo che li aveva aiutati senza chiedere nulla in cambio e che a modo suo aveva trovato la pace. Senza aggiungere altro il Senju concentrò una parte del suo chakra nella sua mano destra e modellando a suo piacere fece fuoriuscire dall'arto una specie di tentacolo di legno che si andò ad attorcigliare intorno alle mani del mukenin trasformandosi nello stesso ceppo che il giovane aveva usato per bloccare il mukenin in precedenza:

    "Proceda allora, non la disturberemo oltre, grazie ancora"

    A quel punto Jin portò le mani lungo i fianchi salutò Kaboto in modo rispettoso portando il busto in avanti, un saluto formale che i suoi genitori gli avevano insegnato tanti, tanti anni prima. L'uomo ripeté il gesto, poi allungò la boccetta con il fluido scuro passandola sotto il naso del Mukenin che si risvegliò di soprassalto:

    "Buongiorno! Sarai felice di sapere che non sei più in pericolo di vita, se sarai curato a dovere in futuro potrai rimettermi completamente in sesto, ma ti sentirai comunque fiacco, stanco e spossato per tanto tempo, comincia già ad abituarti all'idea..."

    Poi si girò verso i due ninja:

    "Buon viaggio ragazzi e fate attenzione, è stato un piacere!"

    Il vecchio fece nuovamente un inchino ad un giovani prima di vederli uscire dalla porta di casa seguiti dal mukenin che ormai poteva quantomeno camminare in modo normale. Di nuovo da solo, a Kaboto venne da sorridere pensando a quello che gli era appena capitato, tutto si sarebbe aspettato meno che dover assistere dei ninja per salvare la vita ad un mukenin. A lenti e stanchi passi l'uomo si avviò verso la sua camera da letto, si avvicinò al comodino e vi prese da sopra una foto di una giovane ed avvenente donna dai capelli castani:

    "Mira non indovinerai mai che cosa mi è successo oggi, ho conosciuto due ragazzi che ti sarebbero piaciuti davvero tanto, mi hanno fatto tornare in mente il nostro Kiso... lo so lo so che sei impaziente, adesso ti racconto tutto..."

    [...]

    Il resto viaggio del disparato trio fu privo di emozioni, oltre a qualche carovana di civili in fuga dai villaggi minacciati dalla guerra i tre non incontrarono nessuna minaccia e con il mukenin in grado di camminare autonomamente, tra un colpo di tosse e l'altro, i giovani riuscirono ad arrivare a quello che, a loro insaputa, era l'ultimo porto sicuro che gli alleati avevano in quella regione. Raggiunta l'entrata del posto i tre vennero fermati da due ninja che portava il coprifronte di Kiri:

    "Alt! Identificatevi!"

    "Sono Jin, Chunin di Kiri, io ed il mio compagno abbiamo catturato durante una missione questo mukenin e lo stiamo trasportando al villaggio affinché venga processato e chiuso in una cella."

    Le due guardie squadrarono per qualche secondo prima i due ninja, poi il mukenin, soffermandosi sulle particolari manette che stava portando:

    "Va bene procedete oltre, salite sull'imbarcazione che vedete in fondo a sinistra, appena l'avremmo riempita di civili la faremo salpare"

    Il trio venne indirizzato verso l'imbarcazione prescelta, passando affianco ad un lunghissima fila di persone dallo sguardo stravolto che lentamente salivano a bordo carichi di borse valigie, probabile tutto quello che erano riusciti a portare via dalle loro case. Faceva male vedere tutto quel dolore e quella tristezza dipinta sui loro volti, innocenti individui che pagano per le colpe di altri. A pochi metri dall'imbarcazione Jin notò una ninja che teneva per mano un bambino di non più di nove anni in lacrime, la ragazzo cercava di farlo ridere, gli diceva di guardare il mare che si infrangeva sulla banchina, ma il pargolo non sembrava riuscire a smettere di piangere, continuava a tenere stretto in mano un orsacchiotto di peluche tutto sporco e logoro a cui mancava un occhio chiedendo dove fossero sua madre e suo padre, risposta che però la Chunin non sembrava in grado di darle. Quell'immagine si stampò nella mente del Senju, quel pianto triste e sconsolato riassumeva con una crudezza impressionante il significato della parola guerra; anche quando salparono e l'acqua li distanziò da quel porto ferito Jin continuò a sentire il pianto di quel bambino, una richiesta d'aiuto senza fine che riecheggiava nell'immenso blu del mare.

    Bene ultimo post e poi vi do l'exp chiudiamo l'evento.
     
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    Uno strano odore mi riportò alla realtà. Riaprii gli occhi di soprassalto, trovandomi davanti il vecchio medico.

    Buongiorno! Sarai felice di sapere che non sei più in pericolo di vita, se sarai curato a dovere in futuro potrai rimettermi completamente in sesto, ma ti sentirai comunque fiacco, stanco e spossato per tanto tempo, comincia già ad abituarti all'idea...

    Per un istante sgranai gli occhi, per poi rendermi conto di quanto le parole dell'anziano fossero veritiere. Respirai, dimenticandomi dell'odore sconosciuto che avevo percepito in precedenza, per poi rendermi conto di come fossi molto meno provato fisicamente rispetto a prima.

    Mi sento molto meglio. E' pazzesco... Grazie...

    Borbottai, tastandomi il costato. Lì, presente e ben visibile, una bella cicatrice. Non ebbi altri secondi per ringraziare il vecchio, poiché coloro che mi avevano catturato sembravano impazienti di ripartire. Lanciai un ultimo sguardo fugace all'uomo, chinando il capo in segno di rispetto.
    La guarigione mi aveva riportato alla realtà. Fu come se mi risvegliai da uno stato d'ipnosi, in cui i lati peggiori di me erano venuti fuori senza bilanciarsi con le mie qualità. La ragione, forse, mi aveva abbandonato al tempio. Ripensai a quel che commisi, provando, forse, per la prima volta, un po' di rimorso. La medicazione mi tolse quell'armatura di noncuranza e follia che si era impadronita di me. Mi resi conto, pian piano, di quel che avevo intorno. Quando uscimmo al di fuori dall'abitazione del vecchio potei osservare meglio la desolazione di quel villaggio. Sospirai, conscio che quella desolazione, seppur in piccola parte, era frutto del mio operato. Però di ciò non mi sentivo affatto in colpa. Se ero diventato un fuorilegge, la colpa era da ritrovare nel mio villaggio d'appartenenza che mi aveva mandato allo sbaraglio in quella missione suicida. Travolto dagli eventi, proprio come disse il Senju, scelsi sì la via più facile, ma quella più giusta per me in quel momento. Non la migliori e giusta moralmente, ma solo la più facile e giusta per ME. Mi resi conto, mentre iniziammo la traversata, di come fosse strano il mio comportamento. Ero sì venuto a contatto con la realtà rigida di Tetsu, che fece emergere tutto il mio egoismo, ma probabilmente questo lato di me sarebbe comunque emerso anche se fossi cresciuto altrove, magari in una maniera meno accentuata.
    Durante il viaggio di ritorno, in silenzio, mi ritrovai a pensare, dopo parecchi giorni, a mia madre. Mi sarebbe piaciuto rivederla prima della fine. Non tanto per spiegarle, ma per dirle che la colpa non era affatto sua. Ero così: egoista, nichilista e soprattutto con una voglia matta di non rischiare. Tre caratteristiche pessime per un qualsiasi ninja o militare che si rispetti. E la guerra, gli orrori vissuti, le avevano accentuate.

    Una volta giunti in un avamposto di ninja, tutti sapranno cos'ho fatto. Sicuramente le notizie arriveranno anche a Tetsu.

    Mi dissi, rabbrividendo. Come avrei potuto guardare negli occhi mia madre? Come avrei potuto dirle che non avevo scelta?! Durante tutto quel tempo in silenzio, da solo, accompagnato da due guardiani stanchi e silenti, ebbi tempo per metabolizzare il tutto. Feci ordine nella mia testa, ci provai al meno, provando un rimorso fisso per ciò che avevo compiuto all'interno del tempio. Mi pentii? Sì, ovviamente. Chiunque si sarebbe pentito vista la pena verso cui andavo in conto. Ma qualcos'altro scattò. Fu come morire.. Credo.
    Tutti gli attimi, i momenti e le azioni compiute fin da bambino mi tornarono in mente quando mi accorsi di essere diretto verso Kiri. Di nuovo quel maledetto paese, le cui battaglie avevano sconvolto una miriade di vite. Tra cui la mia. Ripensai, quindi, a ciò che accadde prima di quella missione: la promozione a chunin, i primi scontri di livello, l'aver imparato a padroneggiare il jinton e l'enorme soddisfazione di mio zio. Tutti eventi lieti, che cozzavano con i restanti: l'abbandono del mio capitano al Golfo degli Squali, l'assassinio di quei due ninja ed infine l'essermi alleato con dei criminali. Ricordai infine la lama che cadeva sul capo del bimbo, provando ancora rimorso. Non era quindi un sentimento passeggero, ma qualcosa di presente in me. Non avevo la mentalità del killer freddo e spietato, ero solo tanto egoista. Ma in cuor mio, mi dispiaceva per le morti che avevo causato. Tutto per sopravvivere! Sporcare la propria esistenza, per sempre, solo per sopravvivere! Per poi arrivare a che? Ad essere imprigionati per le proprie azioni.

    Di essere imprigionato me lo merito..

    Pensai, mentre cominciammo a salire sull'imbarcazione diretta a Kiri. Mi venne poi in mente mio padre, lontano e distante. Non mi mancava, non lo conoscevo neppure, ma mi chiesi che idea si sarebbe fatto del proprio figlio. Nessuna, forse, magari neanche gli sarebbe arrivata la notizia, mi dissi.
    Venni fatto sedere su uno spiazzo, in silenzio. Poi, qualcosa mi distrasse, come distrasse anche il Senju. Un lamento ed un pianto forte e bambinesco arrivò alle mie orecchie, ricordandomi ancora quel che accade nel tempio. Per un istante ne fui di nuovo fiero: l'adrenalina e la potenza che sprigionai in quegli attimi di follia mi fecero di nuovo perdere il contatto con la realtà. Poi, però, mi guardai le mani. C'era ancora del sangue secco su di esse. Erano le mani di chi aveva infangato la propria esistenza.

    Io non combatterò mai per qualcun altro che non sia me stesso. La mia indole è questa, non posso cambiarla, e probabilmente pagherò per i miei crimini. Ma quel che è accaduto al tempio non si ripeterà mai più.

    Mi ripromisi, osservandomi ancora i palmi. Infine, feci un lungo respiro, questa volta sorridendo. Non ero in pace con me stesso, ero molto turbato. Temevo di poter cadere di nuovo in tentazione, temevo di affrontare un processo che mi avrebbe condannato su tutta la linea e di vedere il nome di mia madre infangato per sempre. Ma in quell'istante breve di pura semplicità qualcos'altro subentrò. L'aria entrò a piena polmoni, rinfrescandomi il costato. L'umidità era fin troppa, ma non mi infastidii affatto. Respiravo l'aria da uomo non ancora ufficialmente in prigione. La respiravo da uomo, da individuo, non da criminale pluriomicida. Diedi un ultimo respiro chiudendo gli occhi: ero pronto ad incontrare il mio destino.


    Ebbene signori, non sapendo quale sarà il destino di Geralt mi son lasciato andare a quello che potrebbe essere tranquillamente il suo post di morte o di testamento per via della prigione.

    Che dire se non che è stato bellissimo giocare con questo personaggio e con coloro con cui ha avuto a che fare. Se continuerà a vivere ne sarei contento, anche se non vedo come potrebbe farlo lol

    Detto questo, visto che mi sembra di capire che Tisy è un po' impegnato, non si potrebbe almeno contattarmi o dirmi che fine farà Geralt dopo questo post?
     
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    Come sarebbe andata a finire?

    Atshushi era tormentato da questa domanda da quando avevano lasciato il villaggio e, forse, lo aveva sempre accompagnato inconsciamente. Il mondo era sconvolto da mutamenti improvvisi ed inaspettati e sembrava prossima l’apocalisse che avrebbe per sempre spezzato le deboli fondamenta del diritto e delle regole. Sarebbe cominciata un’epoca buia di anarchia e violenza? O era venuta l’ora dei grandi governi dispotici dal pugno d’acciaio. O ancora una volta i Villaggi e i loro ideali avrebbero avuto la meglio riaffermandosi come un’indissolubile istituzione giuridica capace di ordinare e regolamentare la società, impedendole di collassare su sé stessa? Per quanto fosse tormentato dalla ricerca di una risposta e, nonostante, si sforzasse con elaborati processi mentali, egli non giungeva ad alcuna risposta. In realtà, a volte odiava sé stesso per preoccuparsi di tali cose. Come puo’ un quindicenne pretendere di risolvere i problemi creati dal mondo degli “adulti”? A quell’età dovevano essere altri pensieri a infastidire la mente adolescenziale di Atshushi: cotte giovanile, amicizie, rivalità, incertezza, dubbi e voglia di evadere. Invece mai come in quel viaggio di ritorno, il quindicenne si sentiva come uno stupido soldato capace soltanto di eseguire gli ordine. E neanche troppo bene per giunta.

    Il prigioniero che scortava con il suo compagno era la rappresentazione più tangibile che avesse di quella società prossima al collasso, dove non esistono più regole o valori e tutto è consentito purchè arrechi vantaggio al singolo. Jin, invece, era lo stereotipo del ninja forte e sicuro di sé e della dottrina del villaggio. Ma chi era Atshushi? Non era né l’uno, né l’altro. Non era sicuro che il suo villaggio, o qualsiasi villaggio, non potessero compiere o sbagli o, soprattutto, agissero sempre in virtù del bene comune. Ma non poteva nemmeno accettare, né lontanamente tollerare, le azioni di un essere spregevole come quel prigioniero.

    E poi c’era suo fratello che gli dava la caccia e non poteva sapere quando avrebbe colpito di nuovo. Mizu era diventata una sorta di sensei per lui, ma non la vedeva più da quando era scoppiata la guerra. Non sapeva neanche se fosse ancora viva. Nella sua vita mancavano molte figure: non aveva mai avuto un vero istruttore che lo introducesse nell’universo ninja e tutte le persone che credeva fossero suoi familiari, in realtà erano soltanto persone che si erano occupate di lui per compassione e per dovere nei confronti di una loro amica, sua madre. I suoi genitori erano soltanto nomi senza faccia e il suo fratello adottivo, colui al quale era così affezionato, era soltanto uno pseudo scienziato pazzo che voleva i suoi geni. E poi c’era quella sua discendenza misteriosa… Uzumaki. Una linea di sangue che partiva da un passato arcaico e si perdeva nel tempo fino al leggendario Naruto per poi disperdersi come sabbia la vento fino ad Atshushi. A volte aveva quasi paura di sé stesso a causa di una discendenza altisonante, come se si sentisse il dovere di onorare i suoi antenati compiendo alte gesta, salvando l’umanità da sé stessa.

    Atshushi, Jin e il prigioniero lasciarono il continente dall’ultimo porto sicuro nella Terra del Fulmine. Fu l’ultimo lascito della brutalità della guerra. Un’orda scomposta di donne sporche, vecchi storti, bambini urlanti e pochi uomini feriti o disperati affollavano le banchine gremite. Erano tutti vestiti di stracci o di abiti strappati a causa della precipitosa fuga verso l’ultimo bastione di sicura legalità del Continente Orientale. Per lo più erano scalzi, senza niente al di fuori di ciò che avevano addosso, ma erano tutti accomunati da quello sguardo vacuo, così stravolto dalla tragedia da non riuscire più a trasmettere emozioni se non una rassegnata angoscia per aver perso tutto: casa, familiari e identità. A Kiri quella massa famelica di rifugiati sarebbe stata un problema difficile da gestire e gli isolani gli avrebbero visti come numeri. C’era il rischio che ben presto sarebbero sorti i primi di segni di intolleranza verso quei profughi e quando il cibo avrebbe cominciato a scarseggiare anche per i Kiriani… Atshushi salì sul traghetto spingendovi sopra il prigioniero allontanando quei pensieri: sarebbe stato meglio non pensare cosa avrebbe potuto causare la disperazione sostenuta dalla carestia.
     
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    Per l'exp prendetevi il max-3 per il vostro rango su di una pq a 6 post. Shaneh il tuo personaggio dovrà soffrire per 5 eventi (pq eslcuse) di un malus alle stat del 20%, oltre a questo come ti ho già scritto in passato al momento il tuo personaggio dovrà essere trasportato a Tetsu tramite pq(solo tre post a questo giro non vincolanti tra l'altro) ed aspettare un evento dedicato per poter conoscere il proprio destino, fino ad allora risulta in carcere.
     
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    Per quanto riguarda Stomp', 60*2.
    Post non particolarmente articolati, ma ogni tanto c'era dell'introspezione. Ed in generale la "storia" raccontata non è particolarmente avvincente. Comunque scritti bene. Però potevate fare una LPQ, i dialoghi sarebbero stati molto più belli ed importanti :ehm:
     
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