Il viaggio del prigioniero

x Shaneh (special guests Stompo e Tisy)

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    Continua da qui.

    Quanto tempo serviva ad un uomo per capire di essere arrivato al capolinea? Quanto duravano e quanto contavano gli ultimi respiri d'aria fresca che un prigioniero faceva, spesso a sua insaputa? Difficile a dirsi, ognuno reagiva a modo suo, chi si pentiva delle sue azioni e finiva per disperarsi, chi si chiudeva in se stesso, chi impazziva, chi faceva di tutto per uccidersi, quasi non riuscendo ad accettare il loro funesto destino. Geralt camminava trascinando un passo dietro l'altro a fatica, aveva perso il conto di quanti ne avesse fatti da quando aveva lasciato quello che restava del tempio in catene, anzi per essere precisi in un ceppo di legno apparentemente normale che gli impediva di usare il suo chakra, come se aver perso litri di sangue e avere decine di fratture sparse in tutto il corpo non fosse sufficiente:

    "Fermiamoci un attimo, non credo che riesca ad andare avanti ancora per molto"

    Il Senju, il ninja che l'aveva catturato e ridotto in fin di vita ma che era allo stesso tempo l'unico vero motivo per cui il mukenin non si trovava sotto tre metri di terra:

    "Conosco abbastanza bene la zona, più avanti a questo sentiero roccioso si dovrebbe aprire una foresta che costeggia lateralmente la catena montuosa, ci basterà seguirla e sarà lei a portarci alla costa"

    Già, lui ed il suo compagno erano ninja di Kiri, i loro coprifronte del resto non lasciavano alcun dubbio. L'ex Samurai non poteva vedere il Senju negli occhi essendo alle sue spalle, riusciva a malapena ad inquadrare il suo compagno che gli stava a qualche metro di distanza:

    "Prima di raggiungerla però ci dovremmo fermare ad un villaggio, se non ricordo male ce ne dovrebbe essere uno proprio all'imbocco della foresta... lo so l'idea non fa impazzire neanche me, ma se un medico non ci mette mano non credo che riuscirà a passare la notte"

    Aveva ragione, aveva dannatamente ragione, diverse volte Geralt era arrivato ad un passo dal perdere i sensi per le fitte di dolore e più volte si era dovuto fermare per riposarsi:

    "Un'altra ora di cammino dovrebbe bastare, arrivati lì poi, se c'è rimasto qualcuno, lo faremo aiutare"

    Quel se non era così piccolo come sarebbe potuto sembrare, perché da come il gruppo aveva avuto modo di scoprire parlando con quello che restava di un distaccamento di njnja alleati che avevano incontrato lungo la strada, Kumo era in rotta, la sconfitta subita sulla costa nord aveva costretto tutte le truppe locali a ritirarsi in massa per sfuggire all'avanzata delle forze nemiche, era probabile che tutti i villaggi a cui fosse arrivata la notizia si fossero già svuotati da tempo:

    "E a dirla tutta mi è venuta anche una discreta fame..."

    tisy16
    ShaneH
    Bene eccoci qua, cominciate con il farmi un post in cui descrivete le ore di viaggio dal tempio a questo villaggio fermandovi al momento in cui cominciate ad intravederlo. Data la gravità delle ferite d Geralt dovremmo fare 6 post, quindi diamoci da fare :rosa:
     
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    Marciare trascinandosi dietro un prigioniero più morte che vivo risultò parecchio sconveniente. Atshushi e Jin erano in marcia già da ore quando il chuunin mezzo Uzumaki riconobbe la profonda gola per la quale si accedeva alla valle dove una volta sorgeva il villaggio di Shiho. Cosa ne era rimasto di quel villaggio? Un mucchio di ruderi fumanti e disseminati di cadaveri, il tutto adombrato dai resti mutilati del tempio che era stato ridotto ad una caotica catasta di pietre, più simile a una franata che a una costruzione.

    Il problema era che tra loro e quel villaggio e da quei mukenin spietati e, purtroppo, molto forti, avevano frapposto soltanto poche miglia. Atshushi camminava avanti facendo strada e dietro di lui lo seguivano il prigioniero e Jin.

    < Ci stiamo muovendo troppo lentamente. > Gli disse voltandosi. < Ma probabilmente te ne sarai accorto anche tu. Siamo già fortunati che sia ancora vivo. > Aggiunse con una scrollata di spalle, lanciando un’occhiata torva al prigioniero.

    Egli camminava, o meglio, si trascinava a fatica con la schiena piegata in avanti nello sforzo di sostenere l’imbracatura lignea con cui l’altro Chuunin di Kiri lo aveva limitato nei movimenti.
    Non avrebbero compiuto neanche la metà della strada prevista per quel giorno procedendo così e, probabilmente, il loro prigioniero sarebbe diventato un cadavere prima della prossima alba. Avanzavano in direzione sud est e il paesaggio intorno a loro cominciava a mutare. Timidi ruscelli irrigavano l’arida terra, permettendo a rade foreste di espandersi a macchie qua e là.

    Jin ordinò di fermarsi e cercò di fare il punto della situazione.

    < Ricordo anch’io la presenza di un villaggio non molto lontano da qua > gli confermò Atshushi.

    Davanti agli occhi gli si parò una tela a tinte macabre raffigurante il villaggio di Hoshi, distrutto con gli edifici in nero e grigio, impreziositi da pennalate scarlatte. Sputò a terra.

    < Sempre sperando che questo villaggio non abbia un bel tempio a fare gola a qualche banda di criminali. Altrimenti il caro dottore sarà piuttosto inutile da morto. > Fece quasi fatica a riconoscere la sua voce in quelle parole. Da quando era diventato così… cinico?

    Scosse la testa. < Scusami Jin, non volevo parlare così. > Guardò il mukenin, il volto deformato dal dolore che provava. "Dovevo avere la sua stessa espressione mentre mi trasportavano a Kiri."

    < Se non hai nulla in contrario, > riprese con rinnovato vigore < io andrei in avanscoperta a controllare che il villaggio… > le labbra si dischiusero mostrando un mezzo ghigno < non abbia millantato ricchezze ultimamente. >

    < Se invece hanno già provveduto a ripulirlo, di persone e di oro, eviteremo di avvicinarci al villaggio con lui. > Indicò il prigioniero. < In caso contrario, tornerò ad avvisarti per procedere. Tanto siamo vicini oramai. Che ne pensi? >
     
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    Shaneh son passati 3 giorni dai 3 giorni in cui avresti dovuto postare, non avendomi detto niente al riguardo ti do tempo fino al 28 maggio (cioé domani) dopo di che ti faccio perdere il turno con ciò che ne consegue.
     
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    Un basso e costante rumore accompagnava la traversata di quell'inusuale trio composto da due shinobi ed un criminale. Il criminale, catturato dal più forte dei due ninja, non era un comune criminale: era un ronin. Un samurai che, volontariamente, aveva compiuto l'atto più disonorevole per i soldati di Severa: abbandonare un compagno. E per questo era diventato un disertore, conscio di non essere più ben accolto dai suoi ex compagni e generali. Il suo nome era Geralt e poche ore prima si era macchiato di un crimine più che vergognoso. Come se non fosse stato sufficiente aver collaborato con un gruppo di terroristi, Geralt fece di più. Preso dalla brama di potere, dalla voglia di portare a termine la missione affidatagli, calò la lama su due donne ed un bambino... Uccidendoli. Sorpreso dai due ninja, il Senju lo ridusse in fin di vita, catturandolo insieme al suo fido compare.
    Geralt Aizawa non era un criminale folle e privo di senno. Proprio perché era tutt'altro che un pazzo poteva a lungo andare diventare pericoloso. Era ben conscio della situazione geo-politica del proprio paese e del continente, proprio per questo le sue ambizioni non si limitavano ai soli soldi. Ambiva ad acquisire influenza, una nomea a dirla tutta, approfittando magari della confusione che regnava sovrana nei vari paesi degli shinobi. Purtroppo per lui, però, durante il suo soggiorno a Kumo, compiette una serie di scelte terribilmente errate. Già poiché prima degli eventi accaduti poche ore prima, Geralt non era di certo un criminale né pericoloso né con grossi reati alle spalle. Magari un villaggio in difficoltà lo avrebbe anche re-integrato se fosse stato capace di dimostrarsi leale. Ma dopo aver causato la distruzione di un tempio, la morte dei fedeli presenti all'interno e l'aver assassinato un bambino... Insomma, il passo per essere bollato come un pazzo, un criminale senza scrupoli è molto breve. Geralt sarebbe stato giudicato dai capi degli shinobi che lo avevano catturato, probabilmente imprigionato e fatto marcire dentro una cella. Ad ogni passo, ingobbito per la fatica e la stanchezza, lo spettro della prigionia si avvicinava sempre più. Non poteva fuggire. Non poteva tornare indietro né fare ammenda. Si era spinto verso i limiti dell'umanità considerata "sana". Era un reietto ed in una società come quella in cui viveva; sapeva bene che i reietti se innocui ed anche manovrabili sopravvivono, mentre i cani sciolti, le teste pensanti e folli, no. Conosceva la sua sorte, ma per questo non voltava ad essa le spalle.
    Proseguiva il cammino scortato, finché, quando anche i ninja si accorsero che non potesse più proseguire, iniziò un lento e sofferente rantolio. La tosse era viscerale, profonda nel timbro e pesante come non mai. Un'enorme vena pulsante si manifestava ad intervalli regolari sul collo di Geralt, mentre il volto paonazzo né indicava lo stato di salute precario. Inoltre c'era il peso del legno che faceva pressione su di lui, affaticandolo non poco nel condurre anche dei semplici movimenti come il camminare. Ferito gravemente, non sarebbe potuto durare ancora a lungo. Ad un certo punto sentì la gamba sinistra cedergli. Per un istante la volontà del ronin vacillò. Essa però vacillò, ma non si ruppe, rimase salda come il salice fa con il vento. Il criminale fece per cadere in ginocchio, stanco come non mai, ma reagì con enorme forza di spirito, visto che oramai di forza fisica gliene rimaneva ben poca.

    Portatemi da un medico se non volete lasciarmi morire qui... S-siete dei bravi ninja no?

    Domandò, a voce bassa e tesa. I due già stavano meditando sul da farsi, ma un invito a procedere non faceva male in questi casi.

    Scusate il ritardo!


    Edited by ShaneH - 30/5/2019, 09:20
     
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    Jin ascoltò le proposte del suo compagno e ci pensò per un attimo su per un attimo, portare il prigioniero al villaggio senza avere la certezza che ci fosse il medico di cui avevano bisogno si sarebbe rivelato abbastanza inutile, ma allo stesso tempo era l'unica speranza per quell'assassino di arrivare al giorno dopo, quindi andare in avanscoperta o controllare prima non avrebbe fatto alcuna differenza:

    "Portatemi da un medico se non volete lasciarmi morire qui... S-siete dei bravi ninja no?"

    Il Senju si girò con sguardo duro verso il mukenin inizialmente senza degnarlo di una risposta, rimase semplicemente fisso sul tizio senza dire nulla, questo perché egli rivide nella sua mente la testa mozzata del bambino che gli rotolava davanti, il sangue sparso nella stanza, le monache morte, per un istante la rabbia tornò a fargli visite e per diversi secondi valutò l'idea di lasciarlo lì a macerare nel suo stesso sangue, ad aspettare che il suo polmone collassasse e che lo facesse annegare nei suoi stessi fluidi corporei, problema risolto no? Fu solo un frazione di secondo però, la rabbia nei confronti dell'assassino svanì rapidamente lasciando spazio al raziocinio ed al senso del dovere che era in lui:

    "In realtà penso che la maggior parte dei bravi ninja ti avrebbero finito lì sul posto, la tua fortuna è che io non sono come gli altri"

    Dopo aver risposto brevemente al mukenin il ragazzo si girò verso il suo compagno Kiriano:

    "Onestamente non abbiamo altre alternative, se qui non c'è un medico questo tizio è già morto e anche in quel caso avremmo comunque bisogno di mettere qualcosa di caldo sotto i denti, tanto vale andarci tutti e vedere chi o cosa troviamo"

    Finito di parlare Jin si avvicinò con rapidità al mukenin a terra e con un'agile mossa lo sollevò da dietro prendendolo in braccio, sapeva che quel movimento gli avrebbe causato notevoli dolori al costato, ma era il modo più rapido per trasportarlo data l'impossibilità dell'uomo di camminare per conto suo:

    "Fai strada e speriamo bene."

    L'inusuale trio si fece largo dentro al villaggio, constatando quello che dentro di loro già temevano: le strade erano vuote, in completo disordine e piene di ogni genere di oggetto, vasi, mobili, libri, ogni tanto si intravedeva persino qualche foto di famiglia; al loro arrivo nessuno, nemmeno le guardie vennero ad accoglierli, le case apparivano lasciate a loro stesse, alcune avevano persino le porte spalancate e le finestre rotte, come se i precedenti occupanti avessero deciso di lasciarle in fretta e furia senza curarsi del resto:

    "Sembra che siamo arrivati tardi..."

    La voce del ninja risuonò più basse e grave del solito, gli si leggeva in volto che vedere a cosa la guerra stesse portando non lo mettesse di buon umore, alla fine quelle che più di tutti ne facevano le spese erano proprio queste povere persone, costrette ad abbandonare il proprio villaggio, le case dove avevano vissuto per tutta la loro vita per colpa delle manie di onnipotenza e potere di folli despoti, l'essere umano al suo meglio. Il gruppo stava già per tornare sui suoi passi e cercare un'alternativa quando tutti avvertirono distintamente una melodia provenire dalla loro sinistra che da lontana si fece sempre più vicina e presente fino a palesarsi sotto forma di una minuta figura anziana che svoltava l'angolo canticchiando e fischiettando come se niente fosse:

    ezgif_22

    "Fiori di ciliegio, fiori di ciliegio
    nelle montagne selvagge, nei villaggi,
    fin dove la vista si estende.
    Nebbia? Nuvole?
    Nel sole nascente, profu..."


    L'uomo, sorpreso dell'incontro, interruppe la sua canzone e si rivolse ai nuovi arrivati con una voce bassa e a tratti gracchiante:

    "Benvenuti al piccolo villaggio di Tusa! Popolazione attuale...me! Mi chiamo Kaboto, cosa porta due ninja di Kiri in questo radioso posto baciato dal sole?"

    La domanda però non richiese una risposta, il vecchio infatti abbassando lo sguardo notò lo stato del Mukenin
    e soprattutto le scosse la testa:

    "Quello non sembra messo per niente bene...dai venite con me, vi faccio un tazza di te..."
     
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    Alcuni istanti di silenzio seguirono la proposta di Atshushi. Jin, il suo compagno, stava riflettendo sul da farsi, il viso contratto in dure linee. Il prigioniero, caduto in ginocchio, boccheggiò rantolando fino a quando non riuscì a sputare fuori a fatica qualche parola. Atshushi fu quanto mai felice di non essere nei suoi panni in quel momento perché Jin lo guardò con un cipiglio minaccioso. Odio e rabbia ardevano nei suoi occhi e sembrava quasi che il suo sguardo lanciasse lingue di fuoco. Impiegò ancora qualche secondo prima di riuscire a prendere una decisione. L'idea di Atshushi venne scartata perché se non avessero trovato un medico nel villaggio vicino, il prigioniero sarebbe comunque morto, quindi non avevo senso tentare di risparmiare tempo mandando in avanscoperta il chuunin.

    Con una facilità quasi imbarazzante, Jin tiró su come un sacco di patate il mukenin, facendolo rantolare. Atshushi avrebbe aperto la strada e, dalla posizione avanzata sarebbe stato il primo a scoprire che quel villaggio non aveva avuto una sorte migliore di quello appena lasciato. Non era altro che un piccolo agglomerato di abitazioni circondato da piccoli campi coltivati, ora bruciati e abbandonati. Due strade si incrociavano formando la ridotta piazza al centro, sulla quale si affacciano diversi edifici a uno o due piani. Il villaggio dava l'idea di essere stato rivoltato da un tornado. C'erano ancora alcune bancarelle montate,un po'sghembe, ma degli abitanti nemmeno l'ombra, anzi, era rimasta soltanto l'ombra dei loro oggetti dispersi per strade come foglie al vento. Le case erano tristi simulacri della vita che avevano ospitato una volta, con le imposte sbattute dal vento, le porte spalancate e il lezzo maleodorante della pace in putrefazione avvolgeva tutto come una cappa.

    < Siamo proprio arrivati tardi. > Affermò Atshushi con un tono quanto più distaccato e atono possibile, guardandosi intorno. < Ma gli abitanti sembrano essere scappati prima che arrivassero a prenderli. > Aggiunse dopo una breve riflessione.
    Non c'erano tracce di sangue, né cadaveri tumefatti. A saccheggiare quelle terre erano principalmente schiavisti, ma gli uomini venivano quasi sempre uccisi e ad essere rapiti erano soltanto donne e bambini. Forse quegli abitanti erano stati tanto previdenti da abbandonare le loro case prima che arrivasse l'inevitabile, ma dove si sarebbero rifugiati? Kumo era caduta, come il resto del paese d'altronde, ma era distante almeno due giorni di marcia appiedata e una carovana di donne, vecchi e bambini, con pochi uomini a proteggerla, sarebbe stata un boccone fin troppo succulento per chiunque.

    Il destino del prigioniero sembrava ormai segnato, quando una voce giunse alle loro orecchie intonando una melodia un po' stonata e totalmente in contrasto per la sua gioisitá con il tetro ambiente circostante. Un vecchietto di piccola statura, dall'aria ridente sbucò da un vicolo. Due guance gonfie come pesche mature dondolavano a ogni passo in sintonia con una coppia di sottili e lunghi baffi bianchi che gli arrivano quasi all'ombelico. Anticipò i due ninja, riconoscendoli con furba occhiata ai loro coprifronti.

    < Io sono Atshushi e siamo di passaggio. Ma dove sono finiti tutti? > Era una domanda banale, ma la risposta del vecchietto sarebbe stata fondamentale. Aveva un'aria fin troppo strana con quel suo portamento ameno e l'aspetto bizzarro, specialmente perché era l'unico abitante rimasto in quel posto. Sarebbe potuto tranquillamente essere un maleintenzionato.
    Dopo aver adocchiato il prigioniero, l'ometto lì invitò per una tazza di tè. Jin aveva fame e anche Atshushi avrebbe desiderato qualcosa da sgranocchiare.

    < Sei un medico per caso? Avremmo bisogno di un dottore urgentemente. >
     
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    Ehi, fai piano... OUCH!!

    Il Senju, probabilmente infastidito dall'invito di Geralt, non badò molto per il sottile. Si caricò il mukenin sulle spalle, toccandogli nel mentre lividi e ferite presenti in più punti del corpo. Il ronin, stanco e ferito, non si lamentò più del dovuto, rendendosi conto della sua posizione. I morsi del dolore erano fin troppi, divincolarsi o chiedere maggiore cura nel trasportarlo non avrebbe migliorato le cose. I due shinobi, a detta di Geralt, erano ancora estremamente infastiditi dalla sua presenza, quindi non avrebbero acconsentito a migliorargli la vita. Perciò, soffocando il dolore, il ronin si ritrovò sulle spalle di Jin, senza poter fare alcunché. Mai nella vita Geralt si era ritrovato così legato "fisicamente" ad un'altra persona. La sua vita e sopravvivenza dipendevano esclusivamente dal Senju, che tra i due ninja era praticamente quello che prendeva le decisioni. Forse avrebbe potuto ammorbidirli un po', ma le convinzioni dei due apparivano molto salde e ferree. Provò, quindi, a dare un suggerimento corretto, al fine di migliorare il trasporto della sua carcassa.

    Senju... Perché non togli questo legno da qui?! Sicuramente miglioreresti il trasporto della mia persona. Tanto non posso andarmene da nessuna parte ed ho quasi esaurito il chakra.

    Ed era vero. Quest'ultima affermazione costò moltissimo a Geralt. Ammettere di essere stato totalmente dominato da un nemico fu, in quell'istante, un'ammissione dolorosa e molto sofferta. Strinse le palpebre, digrignò i denti, cercando di non emettere però alcun suono e di non far notare alcunché ai due. Voleva dare l'idea d'essere un prigioniero non sofferente della sua situazione, sperando magari di riuscire a cavarsela nel viaggio di ritorno grazie ad una svista dei due. Non aveva però molte speranze riguardo ciò. Era conscio della grave, gravissima situazione in cui si trovava, e di come si sarebbe risolta. Una triste e limitante prigionia in attesa della caduta di Kiri. Già, poiché i due erano ninja della Nebbia. Meglio loro che Tetsu, si disse Geralt. Per un ronin essere catturato dai suoi ex compagni equivale a morte certa. Se non altro, pensò Geralt, la prigionia può sempre interrompersi ad un certo punto per circostanze esterne. La morte no. Quella è tendenzialmente una condizione piuttosto definitiva della vita di un uomo. Perciò il samurai non si dava per spacciato. Certo, rischiava di starsene imprigionato per anni ed anni prima di tornare su un campo di battagli, ma d'altronde aveva errato ed osato troppo in quei giorni. Avrebbe dovuto ripulire Surgi del suo equipaggiamento, rivenderlo, e fuggire quando si trovava alle porte del villaggio. Pensava tutto ciò, Geralt, durante il trasporto. Pensò anche ad un piano b: domandare clemenza. Ma non una semplice clemenza. Geralt pensava sul come agire, facendo una serie di considerazioni. In silenzio, sopportando il dolore, meditava sul da farsi.

    Se dovessi giungere a Kiri, potrei far leva sulle mie abilità per non venire messo in cella. Sono un valido guerriero, un valido spadaccino ed ho accumulato esperienza in battaglia. Potrei chiedere una libertà "vigilata". Essere accompagnato dal Senju durante le mie "uscite" da Kiri e ripagare per i miei crimini affrontando missioni mortali. Sarebbe l'unico modo per evitare una prigionia. Per quanto odi l'idea di lavorare per un villaggio, sarebbe l'unica soluzione per permettermi di uscire ogni tanto dalla cella. Nella penuria di ninja che c'è ora, con così tanti nemici intorno a sé, Kiri non può di certo permettersi di tenere in prigione gente in grado di combattere come me. Infondo sì, ho commesso reati deplorevoli, ma potrei far leva sul fatto di aver perso lucidità da dopo la battaglia del Golfo degli Squali e dell'essere stato senza una guida. Devo provare a guadagnarmi la fiducia di questi due, o comunque cambiare un minimo il loro giudizio su di me.

    Nel frattempo, mentre rifletteva, riuscirono a trovare un abitante del villaggio in cui si trovavano. Il villaggio sembrava esser già stato attaccato, anche se non vi erano segni di scontri o di lotte. Cos'era accaduto agli abitanti? Alla fine incontrarono un anziano che, una volta notate le condizioni fisiche di Geralt, invitò i tre a seguirlo. Geralt, destato dai suoi pensieri, osservò il vecchio, all'erta. Per quanto poteva saperne lui, quell'uomo avrebbe potuto essere anche un'esca per attirarli da qualche parte per conto degli schiavisti.

    Senju sta all'erta... Potrebbe essere una trappola...

    Avvisò sottovoce il ronin, cercando meschinamente di sembrare collaborativo, nonostante provasse odio per i due ninja. Doveva cercare di sembrare il più accondiscendente possibile, sperando di venir medicato al più presto.
     
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    "Ogni cosa a suo tempo giovane, prima entriamo di qua"

    Kaboto con passo insolitamente svelto per uno della sua età superò delle macerie cadute da un muro vicino ed entrò in una porta aperta sulla destra:

    "Benvenuti a casa mia, scusate il disordine e la polvere ma non ho ancora trovato il tempo di riordinare"

    La casa dell'uomo si presentava in realtà abbastanza bene messa, sia gli arredi che gli infissi apparivano in ordine e in casa si respirava un delicato aroma di vaniglia che da dei tronchetti posti vicino all'ingresso si faceva largo in un grande salone centrale dominato da un tavolo e due piccole sedie in legno. Il vecchio attese qualche secondo che i suoi tre ospiti entrassero all'interno per poi fare un cenno a Jin, che fino a quel momento si era mantenuto abbastanza silenzioso:

    "Tu ragazzo, leva quelle catene al tipo e stendilo sul tavolo che vedi più avanti mentre io metto su il thé, nello stato in cui si trova non penso che posso essere una minaccia, anzi è già un miracolo che sia ancora cosciente"

    Il Senju fissò con uno sguardo pensieroso prima il vecchio e poi il Mukenin, dopodiché mentre il primo gli aveva già dato le spalle in direzione della cucina abbassò gli occhi per un istante sui ceppi che si aprirono scattando come delle serrature e posò l'assassino nel luogo in cui era stato indicato:

    "Ottimo ottimo, datemi solo un altro secondo che arrivo..."

    Dalla cucina arrivarono diversi rumori di porcellana sbattuta da una parte e dall'altra, prima del suono del piano cottura che chiuse quel breve concerto:

    "Allora per rispondere alle vostre domane sì per vostra, anzi per sua fortuna sono un medico e quanto pare sono anche l'unico da essere ancora legato a questo villaggio, gli altri appena hanno saputo del pericolo se ne sono andati di gran carriera. Questa del resto è casa mia da sempre...anche volendo non avrei altro posto dove andare..."

    L'uomo si interruppe per un istante abbassando lo sguardo come se gli fosse venuto in mente qualcosa di triste prima di continuare:

    "Ad ogni modo raccontatemi chi è questo tipo e cosa ha fatto mentre svolgo i miei esami preliminari, date le catene immagino sia un mukenin che avete intenzione di far arrivare vivo a destinazione... "

    Il vecchio poi abbassò lo sguardo verso l'ex samurai e gli sorrise benevolo:

    "Tranquillo, quello che sto per fare non ti arrecherà alcun danno, cerca solo di rimanere immobile"

    Jin decise di lasciar parlare il suo compagno, da un lato perché non voleva perdere di vista il mukenin e dall'altro perché era notevolmente interessato ad osservare l'esecuzione delle tecniche mediche, lo affascinava il fatto che il chakra potesse essere usato non solo come arma per offendere ma anche per curare le ferite.
    L'uomo, mentre era intento ad ascoltare le risposte dei ragazzi, concentrò ad occhi chiusi il suo chakra nella mano destra che venne ricoperta da un'aura verde chiaro, poi con dei movimenti lenti cominciò a passarla su tutto il corpo di Geralt rimanendo a due dita di distanza. Dopo poco più di un minuto Kaboto riaprì gli occhi e scosse la testa:

    "È messo persino peggio di quanto mi aspettassi, oltre alle numerose fratture delle coste, al leggero trauma cranico e ai danni tendinei delle ginocchia questo ragazzo è venuto a contatto con ingenti quantità di radiazioni che aggravano ulteriormente il quadro già poco roseo..."

    A quel punto l'anziano signore si girò verso Atshushi:

    "Ho bisogno che tu vada nel negozietto di erboristeria che si trova in fondo alla strada principale del villaggio e mi prende due piantine di un'erba dalle foglie verdi ed una delle foglie rosse, non è importante quale basta che il colore sia quello"

    Poi si girò verso Jin prima di rivolgersi al ronin:

    "Tu invece mi servi qui ragazzo, quello che gli farò adesso non sarà indolore e ho finito da tempo le scorte di antidolorifici, quindi cerca di tenerlo fermo il più possibile. Quanto a te...mettiti in bocca questa fibbia di cintura e resisti più che puoi..."
     
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    III


    Kaboto oltrepassò i due ninja e si avvió fin troppo velocemente tra le case abbandonate, i baffi che ondeggiavano come vessilli al vento. Le sue corte gambette sembravano un vortice mentre sgattaiolava via oltre un cumulo di macerie. " Che senso può aver avuto distruggere abitazioni vuote?" Atshushi si decise a chiederglielo non appena ci sarebbe stata occasione.
    La casa del vecchietto appariva integra, almeno esternamente, e quando varcarono la soglia trovarono un modesto ambiente mantenuto decorosamente e con umiltá. Un piacevole odore avvolse Atshushi non appena si affacciò nel piccolo abitato, seguito dai suoi compagni di viaggio. Kaboto diede indicazioni su dove e come sistemare il prigioniero e, senza degnarsi di rispondere, andò in cucina a preparare il tè.

    < Che strano tipo. > Sussurrò Atshushi a denti stretti.

    Quando rientrò, egli spiegò di essere un dottore e di non aver voluto seguire i suoi compaesani, i quali sono fuggiti non appena hanno saputo del triste destino che sarebbe toccato ai villaggi isolati e indifesi. "Molto saggio da parte loro." Non poté fare a meno di riconoscere il chuunin.

    Jin non rispose al vecchio ed Atshushi lo osservò mentre il silenzio aleggiava greve nelle stanza. Forse Jin avrebbe preferito che fosse il compagno più giovane a fare da interlocutore. Ad ogni modo, sarebbe stato meglio essere il più vago possibile.

    < Chi è costui? > Prese l’iniziativa e spezzò il sillenzio, scoccando un'occhiataccia a quell'uomo, loro prigioniero, a un passo dal trapasso. < È un uccisore di donne e un carnefice di infanti. > Per un attimo tutti trattennero il fiato. < E sarebbe meglio che resti tale senza ricevere l’assoluzione della morte. > Lanciò uno sguardo eloquente al vecchietto baffuto. < I cadaveri puzzano e sono difficili da trasportare. >

    Faceva quasi fatica a riconoscere come sua la voce autrice di quella parole. Aveva assistito a troppe testimonianza di crudeltà, di ferocia e di spietatezza. Aveva osservato le empietà di cui sono capaci gli uomini ed, infine, aveva scoperto quanto potesse essere un umano essere disumano. Quale immonda bestia ucciderebbe mai un neonato?

    Eppure quell’assassino veniva adagiato su un tavolo, liberato dalla sue manette di legno, e il vecchio con fare esperto cominciava a visitarlo. C’erano molte cose che non quadravano nel profilo di quell’uomo.

    < Come mai il villaggio presenta segni di danneggiamento se gli abitanti sono andati via che arrivassero dei saccheggiatori? > Cominciò col chiedergli il kiriano. < E lei come ha fatto a uscirne indenne? Quella è gente senza scrupoli. Anche la sua casa sembra essere stata inspiegabilmente risparmiata. >

    Un manto di chakra di verde appena percettibile si dipanava dalle mani dell’anziano ometto e, spostandole su tutto il corpo dell’inerme paziente, assunse un cipiglio corrucciato. La diagnosi che ne seguì non ne fu delle più rosee e, probabilmente, il prigioniero sarebbe morto. Ma anche Atshushi non sarebbe dovuto sopravvivere all’esplosione che lo aveva investito durante la difesa dei domini di Kiri, eppure era lì e respirava.

    < Va bene. Farò il prima possibile. > Prima di uscire si accostò volontariamente al suo compagno. < Jin > gli sussurrò < Non abbassare la guardia. >
    Atshushi sarebbe tornato senza troppi problemi sulla strada principale che tagliava in due il villaggio. Kaboto gli aveva di cercare l'erboristeria verso il fondo di quella strada, quindi immaginó che si trovasse verso il limitare più lontano da dove era sbucato lui. Mentre si incamminava in quella direzione, poté osservare le porte sfondate, le finestre rotte, gli oggetti della vita di tutti i giorni sparpagliati a terra. Le case erano ormai vuote e buie, le strade silenziose, i negozi saccheggiati e abbandonati.
    L'erboristeria si presentò come uno degli altri tanti locali e si distingueva soltanto per l'insegna e le ceste di fiori appassiti davanti le vetrime spaccate. Probabilmente all'interno ci sarebbero state altre piante, non molte perché era pur sempre un paese remoto nascosto da alte montagne e dalle folte chiome di alberi, ma Atshushi era certo che avrebbe trovato un settore per le piante con proprietà mediche, in uno scaffale dietro il bancone o, comunque, separate dagli altri arbusti. "Due fogli verdi ed una rossa, non importa di quale piante" aveva detto lo strano dottore dai lunghi e sottili baffi. Non sarebbe stato difficile reperirle e tornare indietro.
     
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    Seguimmo il vecchio fino a casa sua, incolumi.
    Una volta entrati nell'abitazione, qualcosa mi prese di sorpresa. Il mio olfatto, che fino a quel momento mi aveva comunicato solamente l'odore del sangue e del sudore, percepì ben altro. Un delizioso profumo mi avvolse dipingendomi, per un solo, brevissimo, istante, un sorrisetto soddisfatto.

    Ancora esistono odori simili tra guerra e morte...

    Mi dissi, respirando a pieni polmoni. Forse osai un po' troppo mentre il sentore di vaniglia penetrò nelle narici, poiché percepii un forte dolore al costato seguito da altrettanto forti colpi di tosse.

    Nonostante il dolore ne è valsa la pena...

    Continuai il monologo con me stesso.
    Mii guardai attorno, osservando la fonte di quel fragrante odore che, per un istante, mi riportò indietro nel tempo a quando mia madre mi faceva trovare proprio un gelato alla vaniglia sul tavolo. Quando tornavo dall'accademia militare, un dolce per allietare le fatiche mi veniva fatto sempre trovare in tavola. Era bello a quel tempo essere in servizio. Nessun vero e proprio dovere se non quello di imparare al meglio. Buffo no? In un posto freddo come Tetsu mangiare del gelato era un abitudine più unica che rara. Ma il gelato alla vaniglia era qualcosa di intimo tra me e mia madre, una tradizione perduta vista la situazione in cui mi trovavo.

    Tu ragazzo, leva quelle catene al tipo e stendilo sul tavolo che vedi più avanti mentre io metto su il thé, nello stato in cui si trova non penso che posso essere una minaccia, anzi è già un miracolo che sia ancora cosciente

    Quel vecchio sembrava sapere il fatto suo. Aveva già compreso senza alcuna difficoltà le mie condizioni fisiche. Il Senju eseguì gli ordini come il bravo soldatino che era, mentre il vecchio continuava a monopolizzare la scena.
    Sembrava anche lui, come del resto anch'io, aver patito gli orrori e le difficoltà della guerra. Nonostante ciò e nonostante le parole che usò in certi momenti quel giorno, casa sua era ben messa e pulita. Non era per nulla un'abitazione in rovina, distrutta dalle circostanze di degrado che viveva l'intera regione.

    "Ad ogni modo raccontatemi chi è questo tipo e cosa ha fatto mentre svolgo i miei esami preliminari, date le catene immagino sia un mukenin che avete intenzione di far arrivare vivo a destinazione...

    A rispondere, dopo una domanda che temevo sarebbe stata posta, fu il ragazzo più giovane e debole tra i due:

    È un uccisore di donne e un carnefice di infanti.

    Sentenziò. Un montare di rabbia mi pervase. Sentenziò su di me con una superficialità ed una facilità estrema! Ero solo questo? Un assassino? Povero idiota. Sembrava essere in vena di esprimersi, continuò quindi con tale andazzo.

    E sarebbe meglio che resti tale senza ricevere l’assoluzione della morte.

    Quel ragazzo era un povero idiota.

    I cadaveri puzzano e sono difficili da trasportare.

    Non ho mai sentito tante cazzate in vita mia.

    Mormorai, faticando a trovare fiato per parlare.

    Voi mi riportate indietro poiché moralmente in quanto assassino io possa venir giudicato. Non vi ho attaccati, ho commesso dei crimini, ma uccidermi sarebbe stato solamente un modo codardo di affrontarli. Un attimo...

    Conclusi, deglutendo a fatica e respirando pian piano.

    Voi mi giudicate con tanta facilità, ma non sono né un assassino né un nemico. Ero proprio come voi, ma purtroppo la vita, il caos o un Dio mi ha messo di fronte a situazioni più grandi di me. In un mondo simile, dove esistono tutte queste guerre, come si può remar dritto? Come puoi remar dritto vivendo all'ombra di finti idealismi mentre le società in cui viviamo vanno in malora? Se finirò imprigionato, sperate di trovarvi dal lato giusto quando le cose cambieranno... Anzi lo stanno già facendo. No vecchio?

    Conclusi stanco come non mai per aver parlato così tanto. Volevo dar l'idea d'essere più sicuro di quanto in realtà non fossi. La prigionia mi terrorizzava, ma non potevo sbandierarlo a quei due avvoltoi.

    Tranquillo, quello che sto per fare non ti arrecherà alcun danno, cerca solo di rimanere immobile.

    L'uomo mi sorrise, trasmettendomi tranquillità. Doveva sapere il fatto suo come medico. Improvvisamente, poi..

    se dovessi riuscire a curarmi, potrei avere uno di quei tronchetti come regalo per il viaggio di ritorno? Mi hanno riportato alla mente ricordi molto belli.

    Domandai con improvvisa innocenza. Non avrei voluto chiedere un qualcosa di simile, mi riproverai silenziosamente per questo, ma oramai il danno era fatto. Il vecchio continuò con la sua diagnosi, esaminandomi con cura e perizia.

    È messo persino peggio di quanto mi aspettassi, oltre alle numerose fratture delle coste, al leggero trauma cranico e ai danni tendinei delle ginocchia questo ragazzo è venuto a contatto con ingenti quantità di radiazioni che aggravano ulteriormente il quadro già poco roseo...
    Ho bisogno che tu vada nel negozietto di erboristeria che si trova in fondo alla strada principale del villaggio e mi prende due piantine di un'erba dalle foglie verdi ed una delle foglie rosse, non è importante quale basta che il colore sia quello.
    Tu invece mi servi qui ragazzo, quello che gli farò adesso non sarà indolore e ho finito da tempo le scorte di antidolorifici, quindi cerca di tenerlo fermo il più possibile. Quanto a te...mettiti in bocca questa fibbia di cintura e resisti più che puoi...


    Concluse l'anziano. Trasalì un attimo, rendendomi conto di ciò che sarebbe accaduto. Probabilmente un dolore lancinante mi avrebbe attraversato ogni fibra del corpo di lì a pochi secondi. Deglutii ancora, per poi domandare:

    Promettimi uno dei quei tronchetti se sopravvivo...

    Mormorai, rassegnato al da farsi.


    Ho avvertito che non sarei riuscito a rispettare sempre i 3 giorni di post nel topic riguardante le assenze ed anche a Stompo privatamente, soprattutto se i post avvengono nel weekend mi viene molto difficile rispondere.
    Detto questo, non sparisco tranquilli
     
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    Colui che è e si spera sarà

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    Il Mukenin, sentendo le parole che il Chunin di Kiri gli rivolgeva, decise di prendere la parola. Non fu cosa semplice, cavolo nelle sue condizione era difficile perfino respirare, ma il ronin fece comunque uno sforzo immane per dire la sua:

    "Voi mi giudicate con tanta facilità, ma non sono né un assassino né un nemico. Ero proprio come voi, ma purtroppo la vita, il caos o un Dio mi ha messo di fronte a situazioni più grandi di me. In un mondo simile, dove esistono tutte queste guerre, come si può remar dritto? Come puoi remar dritto vivendo all'ombra di finti idealismi mentre le società in cui viviamo vanno in malora? Se finirò imprigionato, sperate di trovarvi dal lato giusto quando le cose cambieranno... Anzi lo stanno già facendo. No vecchio?"

    Il vecchio non disse nulla e lì per lì quell'uscita sorprese pure Atshushi, fu però un altro a parlare, anzi ridere in un primo momento, il ragazzo che fino a quel momento aveva deciso volutamente di rimanere in silenzio ed ascoltare:

    "Sei un codardo. La vita, il caos, persino un divinità sei arrivato a citare, tutto pur di scaricare ogni responsabilità delle tue azioni. La vita ci mette continuamente davanti a delle scelte, spesso alcune sono più facili di altre, ma chi decide da che parte andare siamo sempre noi e noi ne paghiamo le conseguenze. Tu hai scelto la via più semplice, quella più egoistica, quella più comoda, hai rinnegato un villaggio che avevi giurato di proteggere, ma cosa ancora più grave hai tradito loro..."

    Disse indicando il vecchio medico:

    "...quelli che avevano riposto in te come in ogni altro ninja le loro speranze, i propri sogni, la propria fiducia. Se lasciamo alla guerra la possibilità di divorarci, di far crollare tutto quello che faticosamente abbiamo costruito in questi decenni di pace saranno loro i primi a pagare, i primi a morire e sarà colpa nostra perché invece che opporci al caos ci saremmo lasciati trasportare, ci saremmo arresi perché più facile... "

    Il Senju fece qualche passo per avvicinarsi al mukenin:

    "Tu non sei come me e non lo sei mai stato, uno di noi dovrà convivere ogni giorno della sua vita con con la consapevolezza di aver visto morire un bambino in fasce, mentre l'altro dovrà svegliarsi ogni mattina sentendo il peso di quella colpa. Lascio a te intuire quale di questi due passerà la vita in una cella."

    Il tono grave delle sue parole spense rapidamente il discorso, nessuno lì per lì disse altro. Fu Kaboto a rompere il ghiaccio, tranquillizzando il Mukenin e rispondendo alle successive domande di Atshushi:

    "Mi dispiace ragazzo, ma n'è rimasto solo uno e non ho più modo di riprenderli, te li farai portare quando sarai in cella, non penso che avranno molto da dire al riguardo. Per rispondere a te invece dirò solo una parola, paura. Gli abitanti del villaggio in preda al panico hanno cercato di portare nella loro fuga tutto quello che riuscivano a trasportare, senza badare a quello che lasciavano per strada o alle cose che si rompevano strada facendo, la fortuna è stata che si sono limitati a prendere le loro cose e non quelle degli altri, almeno per quello che mi riguarda..."

    Il vecchio poi, dopo aver dato indicazioni al Chunin e dopo averlo visto uscire in cerca delle piante, si sarebbe avvicinato al mukenin bloccato a forza dal Senju:

    "Cominciamo..."

    Kaboto avvicinò al costato del giovane le sue mani ricoperte di chakra color smeraldo e non appena le portò in contatto arrivò il dolore, forte, intenso e deciso come il Mukenin non l'aveva mai provato, avrebbe avuto senza dubbio l'istinto di urlare, di muoversi, di dimenarsi, di fermare quella sofferenza mentre sentiva le sue costole rimettersi lentamente al loro posto, ma la prese salda di Jin gli avrebbe permesso a malapena di strusciare la schiena sul tavolo. Dopo un lungo minuto di quella tortura Geralt avrebbe perso i sensi per via del dolore, cosa avrebbe permesso al medico di muoversi con più rapidità senza troppe preoccupazioni. Quando Atshushi tornò con le erbe richieste trovò ancora Kaboto ad armeggiare sul corpo del Mukenin, con il Senju che osservava con interesse la scena ad un paio di passi di distanza dal "tavolo operatorio":

    "Ottimo ottimo ragazzo, poggiamele sul tavolo in cucina cosicché io possa preparare un infuso che riduca un minimo il livello di radiazioni, altrimenti qualche costola rotta sarà l'ultimo dei problemi di questo mukenin..."

    Kaboto terminò quindi di curare la gamba, staccò le mano del corpo esanime di Geralt e con passo celere si spostò in cucina tornando ad armeggiare con la porcellana, purtroppo sapeva che il suo lavoro era appena cominciato.
     
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    Frugando oltre il bancone della piccola erboristeria di quello sperduto villaggio ai margini dell’ex Paese del Fulmine, Atshushi riuscì a trovare quello che stavo cercando. Sistemate ordinatamente su un piccolo scaffale in legno, erano poggiate diverse piccole piantine con larghe foglie di vario colore: ce n’erano di verdi, di gialle, di rosso e di varie sfumature di quegli stessi colori mischiati tra loro. Al chuunin, però, servivano soltanto quelle rosse e quelle verdi.
    Ripensando alle parole del mukenin, realizzò come fosse rimasto impotente, incapace di controbattere alle sue affermazioni. Immaginò di vedere se stesso con le parole ancora incastrate nelle bocca semiaperta, con un’espressione intontita sul volto. Fortunatamente, Jin era corso in suo soccorso confutando le tesi che il criminale aveva portato a giustificazione dei suoi orrendi crimini. Quando Atshushi era andato via, aveva continuato a pensare a quell’episodio, rivivendolo più e più volte nella sua mente, sforzandosi di trovare le parole giuste per risparmiarsi la figura da pesce lesso. Eppure, per quanto volte la scena si fosse ripetuta, non sarebbe stato in grado di mettere insieme una risposta soddisfacente. Quando aveva parlato il mukenin era quasi arrivato a credere che avesse ragione, che in fin dei conti l’uomo è il prodotto del mondo circostante, il figlio della società malata e non esiste il bene o il male in assoluto, ma soltanto relativi punti di vista. Ma quando Jin aveva preso parola, ogni dubbio era stato spazzato via e la testa del neonato aveva ripreso a rotolare davanti i suoi occhi. Per atti del genere non potevano esistere giustificazioni.

    Sotto il bancone trovò una cornice di legno e, incuriosito, la prese tra le mani guantate. Soffiò via il grosso della polvere e apparve l’immagine di una donna che stringeva tra le braccia una bambina di non più di sei anni. Fissò la foto sentendo sbocciare dentro di sè una strana sensazione, una sorta di malinconia per un qualcosa di sconosciuto. Cos’era l’amore materno? Lo aveva avuto, ma da quando aveva scoperto che la donna dalla quale l’aveva ricevuto non era la sua vera madre lo aveva irrimediabilmente ripudiato, sentendosi vittima di un vile inganno. La sua vera madre… non l’aveva mai conosciuta e forse mai avrebbe potuto. Guardava la donna nella foto e la immaginava come lei anche se sentiva nel suo cuore che non le somigliava per niente. Eppure si chiese se, anche sua madre, un giorno avrebbe messo dietro il bancone della sua bottega una foto simile a quella, mentre lo abbracciava con occhi carichi d’amore. Lasciò cadere a terra la cornice e il vetro andò in frantumi.

    Tornò a casa del vecchio dottore attraversando la strada deserta che tagliava in due il villaggio. Gli mostrò le piantine per assicurarsi che fossero quelle giuste e le poggiò su un tavolo indicatogli. Il mukenin non sembrava stare molto meglio. Aveva deciso cosa dirgli? No, non voleva neanche sprecare fiato con uno come lui. Atshushi guardò Jin.

    < Jin, > lo chiamò sottovoce < quanto pensi che dovremmo restare qui? Non possiamo rischiare di attardarci troppo tempo in questo posto. Se venissimo attaccati rischieremmo di non essere in grado in fuggire con quel moribondo al seguito. >


    mi scuso per il forte ritardo, non è dame
     
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    Quel Senju rappresentava perfettamente l'antitesi di ciò che ero. Terribilmente sicuro della sue idee, certo che le cose girassero tutte secondo il suo punto di vista, incrollabile dalle sue convinzioni. Pensavo che chiunque, anche il più puro, avrebbe potuto corrompersi e perdere il senno se manipolato nel modo giusto. Poi, sfortunatamente, incontrai quel Senju. Appariva fiero ai miei occhi, privo di insicurezze nelle sue parole e per un momento lo invidiai. Invidiai la sua capacità di vedere tutto così semplice, di essere incorruttibile.

    ...quelli che avevano riposto in te come in ogni altro ninja le loro speranze, i propri sogni, la propria fiducia. Se lasciamo alla guerra la possibilità di divorarci, di far crollare tutto quello che faticosamente abbiamo costruito in questi decenni di pace saranno loro i primi a pagare, i primi a morire e sarà colpa nostra perché invece che opporci al caos ci saremmo lasciati trasportare, ci saremmo arresi perché più facile...

    Digrignai i denti, mostrando un sorriso ironico che mi causò non poca fatica. Feci per rispondere, ma mi arrestai improvvisamente. Non ne avevo più ormai. Perciò non feci altro che pensare, riflettei, ribollendo di rabbia per le parole del ninja.

    Lo invidio sul serio. Come diavolo può avere così fiducia in sé stesso, nelle persone, nel mondo?! Ha davanti un traditore, eppure si abbandona a discorsi come: "lottare per qualcuno". Come si può lottare per qualcuno che non si conosce neppure? Cosa può fregarmi di un medico, vecchio ed in malora dall'altra parte del paese? Nulla, mi sembra ovvio. Eppure questo ragazzo, questo pazzo, crede davvero a ciò che dice! Non riesco a capacitarmene, non riesco a trovare della logica nelle sue parole. Non riesco a comprenderne le scelte né l'incrollabile morale che lo ha portato a non uccidermi.

    Dannavo in quegli istanti, provando a sviscerare la follia del mio, oramai prossimo, rivale. Non potevo non essere più in disaccordo, fiero e conscio del mio egoismo. L'individualismo, la bramosia e la voglia di ottenere il meglio senza troppa fatica erano parte del mio carattere. Non sapevo bene cosa volere dal mondo. Non avevo reali obiettivi concreti. Sapevo solo di voler ottenere una certa indipendenza dal villaggio che avevo giurato i proteggere, soldi per finanziare i miei sogni e potere per scegliere autonomamente per la mia vita. Non volevo di certo dominare sugli altri, sul prossimo. Solamente essere libero a modo mio. Libero di muovere la lama contro chi mi ostacolava se necessario. Nell'attimo successivo a tali pensieri, esplose nuovamente un fremito rabbia in me. Osservai di nuovo il Senju, rendendomi conto di come fossimo così irrimediabilmente diversi. Feci di nuovo per dire qualcosa, avrei potuto dirla, ma lasciai perdere. Non avrebbe compreso, pensai, e rimasi in silenzio.

    Ci penserà la vita a trasformarlo in un qualcosa di vero proprio come me. Io sono un debole e proprio perché sono debole esisto e sono reale. Lui no, vive e tiene su di sé un idealismo fin troppo... Idealizzato! Non mi ritengo migliore, ma mi ritengo, nelle mie contraddizioni, umano...


    Cominciamo...


    Cos...

    In quel frangente dissi qualcosa. Preso di sorpresa dal vecchio, non mi resi conto di essere vicino ad essere "operato". Operato senza anestesia, purtroppo. In quell'istante, non appena le mani avvolte dal chakra verdastro dell'uomo toccarono la zona del costato, tutto si spense. Fu come se mille chiodi penetrassero nella mia carne tutti assieme, girando su loro stessi, torturandomi come nel più sadico degli spettacoli. Provai ad emettere un suono, non vi riuscii, ma l'istinto mi fece subito caricare in avanti sul vecchio. Non avevo nessuna intenzione di urlare, ma solo di mettere fine a quella sofferenza. Una pulsione enorme, indescrivibile, animò il mio corpo. Gli avrei morso la giugulare probabilmente, avrei provato ad ucciderlo seduta stante se il Senju, di nuovo, non me lo avesse impedito. Con forza e controllo mi teneva con la schiena sul lettino, trattenendomi ed impedendomi qualsiasi reazione. L'uomo continuava a lavorare con determinazione, mentre cominciai ad avvertire una forte sonnolenza. Le forze mi stavano rapidamente abbandonando, segno che probabilmente sarei svenuto di lì a pochi istanti. Per un ultimo secondo fissai negli occhi il Senju, trasmettendogli il mio odio. Tutto quel che stavo vivendo era colpa sua, prima o poi gli avrei restituito il favore... Ne era diventata oramai una questione personale.
    Dopodiché, sopraggiunse il buio e tutto si spense intorno a me.
     
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    Colui che è e si spera sarà

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    Completata la missione che il medico di fortuna gli aveva affidato, al Chunin di Kiri non rimase molto da fare, dopo i primi minuti di silenzio sopraggiunse la noia seguita dall'ansia che da un momento all'altro qualcosa potesse andare storto, che qualcuno potesse entrare con cattive intenzioni da quella porta o che peggio il fronte potesse raggiungerli. Per scaricare un po' la tensione il giovane si avvicinò al Senju che dopo lo svenimento del mukenin si stava occupando di tenere sott'occhio sia il corpo esanime che le pratiche mediche del dottore:

    " Jin, quanto pensi che dovremmo restare qui? Non possiamo rischiare di attardarci troppo tempo in questo posto. Se venissimo attaccati rischieremmo di non essere in grado in fuggire con quel moribondo al seguito."

    Il ninja parve pensarci su per qualche secondo, poi annuì lentamente prima di rispondere al suo compagno:

    "Non te lo so dire di preciso, non mi intendo di medicina, malgrado sia d'accordo con te non possiamo fare altro che aspettare la fine quantomeno delle medicazioni urgenti, le altre gliele faranno quando saremo già a Kiri."

    Jin sembrò come sul punto di aggiungere qualcosa, poi allungò un attimo lo sguardo verso Kaboto e vedendolo intento a lavorare si allontanò di qualche passo insieme ad Atshushi per non disturbarlo troppo:

    "Fino adesso non ti ho voluto dire niente perché non abbiamo mai avuto un attimo di riposo, per non parlare della presenza dell'assassino che non permetteva chissà quale tipo di dialogo, ad ogni modo volevo chiederti come stai, come ti senti? So che non ci conosciamo da molto ma posso immaginare come tu ti debba sentire in questo momento, se hai bisogno di parlarne puoi farlo senza problemi, ho l'impressione che non la cosa non finirà molto presto..."

    [...]

    Kaboto impiegò diverse ore per uscire il mukenin dal pericolo di morte, le fratture multiple, le varie emorragie interne e soprattutto la notevole perdita di sangue causata da quelle esterne lo costrinsero a delle intense sessione di cura che lo stancarono pesantemente, al loro termine infatti l'uomo, sudato e con un evidente fiatone, si lasciò cadere sfinito su di una sedia vicina al tavolo dove giaceva il mukenin ormai solo addormentato:

    "Fiu, erano anni che non mi dovevo impegnare così tanto... per lo meno il mukenin è fuori pericolo, ci vorrà parecchio prima che possa tornare al cento per cento dal punto di vista fisico, soprattutto per colpa dell'incredibile quantità di radiazioni con cui è venuto a contatto, sarei davvero curioso di sapere che cosa gli sia successo..."

    Il vecchio fece un attimo un pausa, come se da un lato sperasse di avere qualche delucidazione in merito, poi si limitò semplicemente a fare un paio di respiri profondi per riprendere fiato prima di continuare:

    "Quello che posso fare io è preparargli un infuso con le erbe che mi hai gentilmente portato, ridurrà il carico sulla tiroide e le altre grandi ghiandole del corpo, ma il grosso del danno ormai è stato fatto, troppo dovrà passare prima che il suo corpo riesca a smaltire le razioni che ha assorbito"

    A quel punto fu Jin a prendere la parola, avvicinandosi all'uomo:

    "La ringrazio infinitamente per il suo aiuto, senza di lei non avrebbe avuto speranze, possiamo in qualche modo ripagare i suoi servizi..."

    Il Senju cominciò a cercare nel suo borsello per dei Ryo, ma fu prontamente fermato da Kaboto che scosse vigorosamente la testa:

    "No no ragazzo non ci provare, non voglio sapere niente di denaro o altro, era mio dovere aiutare dei ninja in difficoltà, piuttosto vorrei sapere una cosa: ai miei tempi, non molto belli sotto certi punti di vista lo ammetto, non provavamo nemmeno a guarire o salvare mukenin in fin di vita, come mai quindi tu ti stai impegnando tanto per questo assassino? Ha delle informazioni sensibili che deve rivelarvi?"

    Quella domanda parve più che lecita a tutti, anche lo stesso Jin se l'era più volte fatta da quanto erano finiti in quella situazione; il ninja di Kiri spostò lo sguardo prima sul mukenin, poi di nuovo su Makoto e disse quello che in quel momento gli stava passando per la testa:

    "No, o almeno non so cosa sappia, magari qualcosa legato ai suoi complici, ma non è per questo che sto facendo di tutto per tenerlo in vita. L'ho visto fare qualcosa...qualcosa di indicibile, di innaturale, di inumano, non so onestamente se quest'uomo si sia ancora davvero reso conto di cosa abbia fatto, per questo deve essere giudicato e portato in cella, deve passare la sua vita cercando di capire la gravità di quello che ha fatto, ucciderlo gli impedirebbe di rendersene conto, gli impedirebbe di capire, gli impedirebbe di salvarsi e di ritrovarsi..."

    Al ragazzo venne per un attimo da ridere prima di continuare:

    "Non lo so, forse sono io ad essere troppo idealista, ma penso che non otterremmo nulla se lasciamo alla guerra la possibilità di farci diventare come loro, ucciderlo non mi avrebbe reso meglio di lui..."


    Jin a quel punto smise di parlare, cosa che fece cadere un lungo silenzio in tutta la casa; fu Makoto a romperlo, tossendo leggermente prima di aprire bocca:

    "Capisco capisco, nobili sono i sentimenti che ti muovono ragazzo, spero solo tu possa non cambiare mai e continuare a pensarla così nonostante tutto, sono pochi ormai quelli che la pensano come te..."

    L'uomo annuì lentamente per poi fare forza con le braccia sulle gambe alzandosi di scatto:

    "Ok direi che il momento di pausa sia finito, ora gradirei molto se voi giovani poteste darmi una mano per schiacciare le erbe, non ho più la manualità di una volta..."

    Il vecchio non aspettò nemmeno la risposta dei ragazzi e senza indugio si diresse a passo svelto verso la cucina per prendere tutto il necessario.

    Bene, per questo penultimo post Shenh te la giocherai dormendo, se vuoi descrivi un sogno, fatti un monologo interiore, stupiscimi :rosa:


    Edited by Stompo - 27/6/2019, 20:19
     
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