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PQ - Dadi Junsui (Delin)

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    ◆DADI JUNSUI◇


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    La sua pallida mano sinistra era protesa verso l'alto, mentre riposava la schiena sul materiale morbido e pregiato del futon. Il suo respiro era l'unico rumore che il soggiorno solitario ospitava, anche se le finestre in legno non si erano fatte scrupoli a farsi trapassare dalla luce del mattino, filtrata debolmente dalle tendine bianche. Rigirava la mano sinistra, guardandone prima il dorso poi il palmo bianco macchiato da quei due diamanti grezzi di sangue. Ci passò sopra l'indice, avvertendo con il polpastrello la solita superficie diversa dal resto della pelle. Secondo i più esperti medici di Oto non era una cicatrice o una voglia normale, ma quasi come se fosse causata dall'interno. Avevano ipotizzato che si fosse formata tramite qualche mutazione dei condotti del chakra, ma nessuno si era sentito coraggioso abbastanza da effettuare una vivisezione. Dopotutto, rovinare un potere così puro e gentile sarebbe stato un peccato capitale.
    Tutti avevano timore nell'avvicinarsi a qualcosa di così poco conosciuto e studiato, come se stessero operando su una fragile ed effimera farfalla. Lei era lì. Sarebbe stata una ninja anche senza ciò che il suo sangue gli avrebbe offerto.
    Dadi sbuffò, rigirandosi sul fianco ed osservando il pavimento e la porta di carta. Non voleva ammetterlo, ma si sentiva un po' invidiosa dei suoi compagni di classe che già riuscivano a fare cose straordinarie. Più che altro, invidiava le loro origini. Ognuno di loro aveva un clan con una lunga discendenza nel mondo ninja. Iburi. Nidoki. Kinchou. Le persone di quelle famiglie erano veramente strane, ma almeno loro potevano dire di essere strani tutti insieme. Lei aveva quel segno sulla mano come suo padre, ma lui non se ne era mai interessato. Forse a causa della guerra o forse perché proprio era uno scansafatiche, ma nessuno aveva mai indagato su quel simbolo strano sulla mano destra del genitore. Probabilmente era ignoranza, considerati i racconti dei suoi genitori. Prima Otokagure era molto diversa da come è tutt'oggi: non c'era l'elettricità per quasi la totalità della popolazione, le case erano completamente in legno e non esisteva un villaggio vero e proprio, ma più un insieme di case e covi. Ancora al giorno d'oggi la città era indietro rispetto agli altri villaggi più moderni, efficienti e produttivi. Il Villaggio delle risaie si basava appunto sull'agricoltura e alla classe medio-alta appartenevano appunto coloro che lavoravano in quel campo (o campi). Per quanto fossero indietro, Dadi non poteva di certo disprezzare la ricchezza materiale che portava nella sua famiglia. Si chiedeva ogni tanto cosa avrebbe fatto se non fosse riuscita a fare carriera come ninja, se il suo destino sarebbe stato collegato a portare avanti l'azienda di famiglia come unica erede.
    Beh, mamma e papà sono ancora in tempo a fare un altro figlio maschio...Rise fra se e se, scacciando poi quel pensiero sciocco. Già non riusciva a prendersi cura di se stessa, figurarsi dare amore ad un fratello piccolo. Era meglio per ora occuparsi del diploma, poi avrebbe pensato a tutto il resto. In tutta onestà, non vedeva l'ora di lasciare quella scuola ma allo stesso tempo aveva paura per il futuro. Forse rifletteva troppo, ma si sentiva come se da un momento all'altro l'avrebbero presa e buttata in un campo di battaglia fangoso e sporco di sangue. Si immaginava uomini e donne tirarsi le peggiori maledizioni dietro, che si materializzavano grazie al chakra nella realtà. Era però contenta di poter finalmente andarsene da quella classe. Non che i suoi compagni la maltrattassero, ma non li aveva mai sentiti come amici suoi. Dopotutto, chi avrebbe voluto stringere un rapporto con una come lei? Che emanava stranezza già dai capelli e i vestiti? Aveva provato a coprire le stranezze sulla mano con un paio di guanti, ma semplicemente aveva alimentato voci sul fatto che avesse il terrore dei germi. Aveva provato a cambiare look, ma non migliorò la situazione. Si sentiva dentro di lei lontana dagli altri, forse per sua semplice convinzione. Qualcuno di gentile con lei c'era ma forse non voleva vederlo, oppure non ci riusciva. Era una ragazza che si faceva troppi problemi, troppo chiusa nell'immagine che aveva di se. Per lei era meglio restare soli, piuttosto che affrontare l'imbarazzo di un fraintendimento, di un fallimento. Già lei lo era nella sua essenza, quindi era meglio non peggiorare la situazione. Provava però ad essere simpatica comunque, a parlare con gli altri ogni tanto. Quei brevi momenti di felicità però si guastavano appena arrivava un silenzio, oppure non riusciva più a parlare con quella persona.
    Sono fatta troppo male per avere amici probabilmente... Gli occhi erano rimasti socchiusi, uno sguardo che cercava di guardare oltre quelle pareti. Sfilò le gambe magre dalle lenzuola bianche, per poi mettersi seduta con i gomiti sulle ginocchia. Guardò l'orologio mentre portava di lato i capelli ribelli. Erano le otto del mattino e tra poco sarebbe dovuta andare a dare una mano ai suoi genitori. Quello in realtà era il suo giorno libero dall'Accademia, ma odiava passarlo senza fare nulla o perdere ore preziose del mattino per dormire un po' di più, anche se i suoi sbadigli mostravano come il suo corpo fosse contrario alla cosa. Oltre che all'attività vera e propria che si trovava fuori città, avevano un negozietto aperto da poco dove rivendevano il riso che non era stato acquistato dalle altre attività di Oto o dei paesi limitrofi. Lei ogni tanto aiutava a mettere a posto della merce, a spostare degli scatoloni oppure a fare le consegne del servizio a domicilio. Per quanto potesse essere fragile nel fisico, odiava stare con le mani in mano.
    Yawn... Si tirò su, stirandosi all'indietro sentendo qualche osso fare la pessima imitazione di un orologio che fa tac. Doveva essere lì in mezzora, il che non era un problema considerato che il negozio era a 5 minuti a piedi, poteva dunque prendersela con calma. Camminò a piedi nudi fino al bagno, le piante dei piedi che si scontrarono prima con la morbidezza del tatami e poi con il freddo pungere delle piastrelle bianche. Arrivata davanti al lavandino e al grande specchio sovrastante si lavò la faccia con l'acqua fredda, notando che i suoi capelli si stavano cominciando ad allungare e presto avrebbero avuto bisogno di una spuntata. Li preferiva corti, erano più comodi e meno ingombranti durante l'attività fisica. Era piuttosto convinta che gli stessero bene, per quanto sua madre le dicesse che erano meglio lunghi fino alla schiena come quando era una bambina. Era meglio evitare, secondo lei. Dopo essersi asciugata e lavata per non puzzare come una stracciona che non ha un bagno, andò in camera sua ancora in pigiama, aprendo i cassetti dell'armadio per scegliere qualcosa da mettere.
    Meglio i pantaloni lunghi, c'è un po' di vento oggi... Pigramente tirò fuori dei pantaloni beige che le stavano un po' larghi e per questo recuperò una cintura nera dal fondo del cassetto. Prese anche una maglia bianca a maniche corte, pensando di poter sopportare almeno il freddo alle braccia. Togliendosi il pigiama si guardò allo specchio, chiedendosi se valesse la pena mettere un reggiseno. Considerata la possibilità di dover andare in giro a consegnare qualcosa ed incontrare parecchia gente, valeva decisamente la pena anche se non ne aveva proprio voglia. Ne prese uno chiaro, giusto per evitare che da sotto il tessuto chiaro si vedesse una terribile macchia scura all'altezza del petto. Prese un paio di calzini bianchi e pensò di indossare un paio di scarpe del color dei pantaloni per provare ad abbinarli, nel tentativo di avere un po' di stile. Guardandosi nuovamente allo specchio, non stava malissimo, anzi era piuttosto soddisfatta. Prese il pettine che aveva nel cassetto e sistemo con cura i capelli con vari ciuffi che ormai gli arrivavano sugli occhi. Era decisamente arrivato il momento di tagliarli.
    Scendendo di sotto, aprì il frigorifero cercando qualcosa da mangiare che non fosse troppo impegnativo e la obbligasse ad apparecchiare. C'era ancora abbastanza roba al suo interno, ma alla fine decise di prendere un solo bicchiere di latte freddo. Non aveva molta fame, anzi sentiva quasi la nausea. Probabilmente il suo stomaco l'avrebbe fatta pentire di aver mangiato così poco, ma si lavò velocemente i denti senza pensare di dover prendere altro. Davanti all'ingresso c'erano le sue scarpe marroncine e dopo averle messe, prese le chiavi di casa ed uscì. Forse avrebbe dovuto fare il letto prima di andare, ma pensò che sarebbe tornata dopo prima dei suoi. Mise il piede sulla strada ben costruita, il sole che splendeva ma come un fuoco magico passava pochissimo del suo calore. Sentiva l'aria un po' rigida, ma non si stava malissimo. Incamminandosi, pensò che probabilmente quella sarebbe stata una bella giornata.



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    Dadi Junsui | Studentessa





    Edited by ¬Delin - 7/11/2018, 23:55
     
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    ◆DADI JUNSUI◇


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    Il sole era quindi brillante del cielo, splendido come un fiocco di neve ma in pratica della stessa temperatura. Una brezza che in altri giorni più miti sarebbe stata piacevole in quel momento le sferzava fastidiosamente la pelle. Il tempo ad Oto non era mai stato dei migliori e decisamente non faceva invidia agli altri villaggi. L'unica cosa positiva è che non ci fosse mai un inverno veramente rigido, ma il cielo preferiva versare sugli abitanti delle risaie continue piogge. Ancora poco e non si sarebbe più potuta permettere di andare in giro così scoperta. La casa di Dadi dava quasi direttamente sulla strada, a differenza delle sue vicine. C'era un piccolo gradino di legno che separava la sua abitazione dal mondo esterno e scendendo appoggiò le suole delle scarpe sul solido percorso. La ragazza non poteva di certo dire di abitare in periferia, anche se la sua casetta semimoderna non poteva di certo fare invidia alle ville che si trovavano vicino al palazzo dell'Otokage. Quelle avevano uno stile molto più antico e pregiato, un legno che aveva bisogno di continue riparazioni ed aggiornamenti, decisamente troppo per una persona comune. Dove abitava le piaceva però alla fine. C'erano persone simpatiche, più che altro anziani e coppie di mezza età, che si facevano gli affari propri. Ci aveva messo anni a conoscerli tutti e la maggior parte per lei erano ancora un mistero. Conosceva la signora davanti a casa sua, la quale la salutava spesso quando la mattina si recava in accademia. Stava sempre ad annaffiare le sue ortensie, i suoi fiori dai colori ricercati. Dadi non era sicura se fosse un hobby oppure partecipasse a qualche gara, visto e considerato che vedeva ogni tanto delle sessantenni entrare in casa sua tutte vestite eleganti. Forse partecipava a qualche tipo di club del fiore. Oggi però, l'anziana non c'era.
    Glie lo dovrei chiedere...quando avrò un coprifronte la costringerò a confessare il suo commercio illegale di fiori. Sorrise mentre si incamminava verso il Palazzo dell'Otokage. La sua meta non era quella, ma si sarebbe dovuta fermare un po' prima. Passando accanto ai soliti bassi muretti e i cancelli, la ragazza vide questi tramutarsi in una strada ben più larga adatta a trasportare merci. Andando dritti si finiva nella zona periferica e continuando ancora si andava per le risaie. Il suo obbiettivo si trovava però a destra nascosto da un palo e da un muro di ciottoli; appena svoltò si trovò davanti l'area commerciale che precedeva il cuore del villaggio. Era relativamente presto per chi non si occupava di quelle attività ma quello era un giorno particolare per il villaggio. Il suo giorno libero coincideva con il mercato comunale, dove persone di tutti i tipi vendevano e compravano i beni per la settimana. Gli agricoltori erano tutti rossi in viso, cercando di trattare con furbe donne su un carico enorme di cavoli. C'era chi vendeva oltre agli alimentari oggetti di uso comune, dai pettini alle prese elettriche. Dappertutto però le persone interagivano le une con le altre, muovendosi come i sassi che scorrono nel mare. La ragazza albina pensò che quella era decisamente la parte più bella e colorata di Oto, forse un po' di parte perché figlia di commercianti. Ammirava però il senso economico di quelle persone ed in un'altra vita avrebbe di sicuro fatto la venditrice, forse di riso. Sollevò gli occhi per trovare la familiare insegna della riseria dove aveva passato gran parte dell'infanzia, Riseria Junsui. I caratteri della sua famiglia erano lì da ormai anni ed anche se a primo impatto sembrasse un negozio di riso, era più che altro un luogo dove gli ordini minori venivano spediti per il villaggio. I grossi acquisti avvenivano fuori città, dopo essersi messi d'accordo con l'acquirente nell'ufficio all'interno. La struttura era semplice, una casetta in legno singola acquistata alcuni anni prima dopo un lungo tempo in cui era in affitto. Dadi ricordò che suo padre era molto contento di averla finalmente comprata e le aveva anche detto che se avesse voluto un giorno sarebbe stata sua.
    Non succederà mai...giusto? Con questo dubbio mise piede sul pavimento in legno, venendo accolta dalla figura di suo padre e dei sacchi di riso sullo scaffale. Il primo stava leggendo un libro e dopo qualche secondo alzò gli occhi e la mano, quasi per salutare un cliente, ma riconoscendo la figlia spalancò gli occhi e le sorrise, facendo apparire un insolito numero di rughe sul suo volto.
    Ah ciao Dadi, non dovevi venire, è il tuo unico giorno di vacanza dopotutto! Una proposta interessante, ma non era quello che sua madre le aveva detto.
    Ah...no, preferisco non perdere la mattina dormendo. Si grattò la testa, ripensando al fatto che ieri sera sua madre l'aveva quasi fatta sentire in colpa per non aiutarli in negozio. Come al solito, le scelte e le opinioni dei suoi parenti prendevano strade molto differenti.
    Dov'è mamma? Gli chiese sorriendo, mentre pendendo da un lato cercava di controllare se la capigliatura corvina di sua madre spuntasse dalla porta dietro suo padre che dava all'ufficio, trovando solo gli archivi. Solitamente era lei che si occupava degli affari, riuscendo ad imporsi molto di più dell'altro nelle discussioni. Non che quest'ultimo avesse meno senso commerciale, ma la donna era decisamente molto più diretta. Caratteristica che la rendeva una madre meravigliosa e allo stesso tempo terrificante.
    È uscita a parlare con un cliente, credo...è andata via con il suo solito "Vado, a dopo!" Gli rispose suo padre, che con quell'ultima frase tentò una pessima imitazione femminile e del gesto che sua madre ripeteva sempre, ovvero mettersi in ordine i capelli. Se fosse stata lì in quel momento, dietro la porta come in un fumetto comico, l'uomo probabilmente si sarebbe preso un sonoro colpo in testa.
    Ah, ok...c'erano consegne da fare? Superando la tentazione di guardare dietro di se, Dadi si avvicinò al bancone facendo il giro per controllare se dietro di esso ci fosse qualcosa accumulato. In teoria non dovevano essere lì, ma spesso a causa della fretta venivano appoggiati di lì. Questa volta però la ragazza fu delusa, poiché erano stati diligenti e c'erano solo carte e moduli.
    In teoria sì...ma non le devi fare se non hai voglia! L'uomo agitò le braccia davanti a se, mentre i capelli bianchi come quelli di Dadi si muovevano al suo scuotere la testa. La ragazza lo squadrò, chiedendosi se lui pensasse che si sforzasse troppo. Forse erano pensieri troppo complicati e lei si stava immaginando tutto, ma era come se il genitore considerasse quello che faceva troppo per lei.
    Ma no, faccio io! Dimmi solo dove devo portarlo, farò solo un paio di giri. Forse lo aveva detto in modo troppo esuberante, ma non voleva stare con le mani in mano. Porto la mano sinistra sul polso destro, cercando energicamente qualcosa da tirare ma trovando solo l'aria tra i suoi polpastrelli. Ecco cosa aveva dimenticato, i guanti. Probabilmente si era detta che li avrebbe messi dopo colazione e non ci aveva fatto troppo caso, visto che non seguiva la solita ruotine per andare a scuola. Mentre si dannava internamente, suo padre tirò fuori da sotto il bancone un'agendina bianca, dove scarabocchiati erano scritti vari nomi. Non era di certo una lista di ricercati, ma guardando la frequenza settimanale riconobbe che si trattava di ordini. Il genitore le squadrò per un attimo le mani, forse intuendo cosa la crucciasse, per poi cominciare a leggerle ciò che era scritto. Dadi poteva intravedere la cicatrice ormai quasi invisibile sulla mano sinistra di suo padre. Vederla la interrogava sempre su cosa avrebbe fatto se fosse diventato un ninja. Qualcuno da guardare con rispetto?
    Non ci sono molte persone oggi, sei fortunata. Il riso è nel magazzino. Suo padre ridacchiava mentre le consegnava il foglietto strappato dal quaderno. Dadi lesse velocemente i nomi, concentrandosi più che altro sul primo.
    Takane Sangi...chi era questa? In effetti le ricordava qualcosa, c'era una sensazione collegata a questo nome. Non aveva idea di quale fosse il ricordo associato, ma immaginò che da lì a poco lo avrebbe scoperto. Aprendo con la chiave appesa accanto, Dadi aprì la porta del magazzino ricontrollando la quantità desiderata fu stupita dal sapere che voleva ben 5 confezioni da 2 chilogrammi. Forse non lo sarebbe dovuta essere, considerato che quello era l'alimento base per quasi tutti gli abitanti di Oto, ma non fu comunque contenta di dover fare più giri per una sola per una sola persona. Prese due buste di iuta le quali dotate di manici l'avrebbero aiutata a trasportarli, caricando in una tre sacchi e nell'altra due.
    Vado, torno dopo per gli altri! Uscendo dalla stanza un po' a fatica, salutò il padre senza neanche girarsi. Non voleva dirglielo, ma quei sacchi di riso le sembravano decisamente pesanti, soprattutto i tre che la sinistra doveva reggere. Non poteva di certo però mostrarsi affaticata per dei sacchi di riso; cosa avrebbero pensato gli altri vedendo un'aspirante ninja in difficoltà contro un cereale? Era ciò che si ripeteva nella testa per andare avanti, spingendo i piedi verso l'indirizzo scritto sul foglio. Non era molto lontano, ma nelle sue mani il bianco e il rosso si mischiavano ad ogni passo. Fortunatamente, tra la confusione generale nessuno avrebbe fatto caso ad una ragazza che portava un paio di buste.
    Dannazione...non posso fermarmi, perché diamine due sacchi di riso sembrano così pesanti? Perché gli altri ce la fanno come se non fosse niente? Quella lì non aveva niente di meglio da fare che ordinare 10 chili di riso? Cercava di tenere un'espressione neutra e seria, mentre in mente voleva posarli per terra e spostarli a calci fino a quella maledetta signora. Strinse i denti. La forza fisica non era mai stata il suo forte. Preferiva molto di più le lezioni in cui si lavorava con il chakra. Non sapeva perché, forse per il suo sangue, ma gli veniva piuttosto semplice eseguire tutto ciò che riguardava controllare l'energia interiore. Non era mai riuscita però ad arrivare al livello degli altri studenti rispetto alla lotta e agli esercizi di potenza veri e propri. La sua costituzione minuta non la aiutava di certo in queste attività. In verità, sarebbe stata molto più semplice portarne quattro alla volta senza busta. Però, forse per pigrizia di pensiero o per una convinzione personale, aveva scelto il metodo più scomodo e che le sfregava i palmi contro gli ormai sottili palmi di iuta.
    Ci sono, ci sono... Stringendo i denti e corrugando le sopracciglia, dando immagine del suo sforzo, arrivò quasi correndo a passi pesanti davanti a casa Sangi. Era in una zona piuttosto lontana dal centro, forse quasi in periferia. Lo si poteva notare dai materiali comuni usati e dal fatto che fosse piuttosto alto come edificio, simbolo che molte persone ci abitassero. Scuotendo le mani rosse per riattivare la circolazione sanguigna, avvicinò il viso al citofono cercando il pulsante giusto a cui suonare. Lo trovò in fondo all'elenco degli abitanti del condominio e suonando, dopo circa una decina di secondi di attesa, una signora anziana spuntò dalla finestra dell'ultimo piano, chiedendo a gran voce chi fosse.
    Sì, salve...sono qui per consegnare il riso! La signora Sangi, giusto? Mise una mano sulla fronte per coprirsi gli occhi, mentre inorridiva guardando dove si trovasse la vecchia. Ecco perché se la ricordava. Era perché abitava al terzo piano, senza ascensore.
    Va bene! Scendo subito! Detto ciò, la signora cominciò ad allontanarsi dalla finestra, con l'intenzione di scendere. In quella frazione di secondo, la cortesia di Dadi e (secondo le braccia) la sua stupidità le fecero dire una cosa che si sarebbe potuta tranquillamente evitare.
    Aspetti! Salgo io! A quella proposta, la signora Sangi fece un gesto all'insù con il pollice ed il suo braccio rugoso, sorridendo. Certamente sorrideva, si era appena tolta la fatica di aiutarla a portare su il riso. Facendo un lungo respiro, accompagnato dal rumore metallico del cancello che si apriva, Dadi riprese in mano i sacchi e complice l'aver riposato per un attimo i muscoli se la fece tutta di corsa fino all'inizio della rampa di scale, mettendoli di nuovo per terra.
    Ok...devo farle tutte di fila, ce la posso fare. Impugnando i manici come se fossero la più forte di tutte le katana, Dadi cominciò la sua scalata verso la signora Sangi. Sentiva il peso del riso spingerla a terra ad ogni gradino e i muscoli del braccio e dell'avambraccio erano visibilmente contratti. Sapeva che per molti questo era un gesto inutile, forse un po' ridicolo. Però avere queste piccole sfide la aiutava a sentirsi soddisfatta in qualche modo. Contava gli scalini di ogni rampa, era arrivata alla terza. Ancora tre, ancora tre. Sentiva i palmi bruciare, che facevano attrito alla stoffa che ormai era così sottile che le tagliava il palmo in due. Arrivando a fatica alla quarta, pensò di fermarsi un attimo per riposare. Ma non ci riusciva, era più forte di lei. Come se le sue gambe si muovessero da sole, tirò dritto verso i gradini sforzando ormai anche il collo in quella salita.
    Uno, due, tre, quattro... Si ripeteva sottovoce, mentre finiva di arrivare al pianerottolo corretto. Vide in cima alle scale la figura angelica della signora Sangi, che la aspettava appoggiata alla cornice della porta. La luce della finestra era luminosa e celestiale, come quella di un disperato che vede l'alba. Era finalmente arrivata a destinazione. Superato l'ultimo gradino, quasi butto le buste davanti all'ingresso dell'appartamento.
    Mi spiace averti fatto fare tutta quella strada cara...tieni! Forse la donna si era accorta che aveva faticato parecchio, considerato che Dadi ormai sentiva le ascelle e la nuca sudate. Il ciuffo di capelli che teneva sempre ben curato le si era afflosciato sulla fronte e quindi con la mano lo puntò all'indietro. Ciò che la signora intendeva era una piccola mancia di pochi Ryo. Era modesta, ma la ragazza la apprezzò molto comunque. Fece un piccolo inchino, un po' col fiatone.
    Spero che ordinerà di nuovo da noi! Le sorrise, mentre sentiva ormai le braccia leggere per lo sforzo. Si voltò e dopo aver ricevuto un gentile inchino come risposta, si fiondò sulle scale per scendere ed uscire da quel condominio.
    Sì, come no... In tutta verità l'albina avrebbe preferito che quella lì non ordinasse più da loro, o perlomeno lo facesse quando lei non c'era. Sperava veramente che quella vecchiaccia smettesse di invitare degli immaginari nipoti per pranzo, così da evitare da portarle una tonnellata di riso ogni volta.
    E questa era la prima... Mormorò mentre tornava sui suoi passi per andare a prendere gli altri ordini. La giornata era appena cominciata e già desiderava che queste mansioni finissero.



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    Dadi Junsui | Studentessa





    Edited by ¬Delin - 4/11/2018, 15:52
     
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    ◆DADI JUNSUI◇


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    Dopo quella che era stata come la scalata del monte più alto del continente, la consegna successiva non non si prospettava essere così complicata. Dadi era tornata al negozio frettolosamente, sentendo le braccia leggere e le mani infreddolite. Era rimasta qualche secondo prima dell'incrocio che da una parte andava a casa sua e dall'altra portava al negozio, indecisa sul da farsi. Era molto tentata di andare a casa, ma le consegne da fare erano così poche che sarebbe stata una perdita di tempo prendere i guanti. Poteva farne a meno, così come era riuscita a portare quel riso alla vecchia poteva stare mezz'oretta senza metterli.
    Spero di non incontrare nessuno che conosco...Non sapeva perché non gli piaceva che quella cicatrice fosse mostrata. Un po' forse era perché non voleva sembrare un'ostentatrice di quel simbolo, un po' perché le dava fastidio che tutti lo guardassero e traessero le proprie conclusioni personali. Se li immaginava, mentre parlottavano di quella ragazza dai capelli bianchi che aveva uno strano segno sul palmo della mano. Quel pensiero la innervosiva molto ed istintivamente mise prima solo la sinistra, poi entrambe le mani nelle tasche dei pantaloni. Era una giornata pessima, da tutti i punti di vista. Tornata quindi al negozio, trovò suo padre al bancone alle prese con un cliente ed anche se lui la salutò interrompendo la sua conversazione, lei rispose con un semplice cenno della mano. Non c'era bisogno di andare per le lunghe, sarebbe tornata una terza volta lì dopotutto. Rientrò nel magazzino e scendendo di un nominativo, trovò il prossimo luogo da consegnare. Due sacchi di riso, Mitsuharu Ookawa, abitazione a due passi da lì per fortuna. Quel nome se lo ricordava bene, anche perché ogni volta che ordinava qualcosa Dadi si faceva la stessa identica domanda.
    Ma visto che abita dall'altra parte del mercato, perché non viene qui e compra direttamente che paga anche meno? Si stupiva del comportamento dell'uomo, che le faceva anche un po' ridere. Aveva all'incirca una trentina di anni, quindi non aveva la scusa di essere anziano. Molto probabilmente non aveva figli di cui occuparsi, viste le dimensioni ridotte di casa sua. Era piuttosto sicura non fosse nemmeno un ninja, visto che non lo aveva mai visto in giro con il coprifronte o la divisa indosso, o in giro in generale.
    Che sia uno di quelli che se ne sta tutto il giorno in casa? Rimuginò sulla condizione di Mitsuharu mentre si metteva il riso tra le braccia, abbracciandolo quasi come un bambino e sostenendolo da sotto con gli avambracci. Tenendo i gomiti attaccati al torace tirò una ginocchiata alla porta per aprirla e tirando dritta verso l'ingresso della riseria uscì fuori continuando nella stessa direzione. Come una madre che portava in giro il proprio bambino Dadi fece attenzione a non distruggere il precario equilibrio dei sacchi sulle sue braccia, evitando tombini e venditori di pesce che tentavano di rifilargli creature marine di tutti i tipi. L'intenso odore di mare e di pesce gli attraversò le narici, la fragranza di acqua salata che veniva portata fin lì dai pescatori. Il Villaggio del Suono non era esattamente vicino al mare, ma tentando di arrivare alla costa più vicina ci si metteva poco più di tre ore a piedi e un'oretta con un carro. Non era esattamente il posto migliore per fare il bagno, troppo freddo per essere gradevole, ma ci era passata un paio di volte ad ammirare le navi commerciali e i pescherecci. Aveva letto una volta in un libro che nei mari freddi i pesci prosperavano, quindi era più che naturale che quel commercio fosse prosperoso. Fu così che mentre navigava in quei pensieri marini, arrivò davanti alla casa giusta. Era come già detto piccolina e composta da materiali da costruzione comuni, con una mano di colore tra l'arancione e il mattone. Era molto simile alle case accanto, ma più si scendeva più le minute abitazioni venivano nuovamente sostituite più grandi. Ricordando che non c'era un campanello elettronico, Dadi resse per qualche secondo il riso col braccio sinistro, bussando non troppo forte alla porta in legno tre volte. Dopo circa un minuto di attesa, nel quale Dadi fu molto tentata di bussare ancora, proprio quando stava avvicinando le nocche al legno l'ingresso si aprì parzialmente, trattenuto da una catenella. Quel sistema di sicurezza era una novità.
    Che vuole...ah, Junsui! Sei venuta per il riso? Il volto paffuto e gli occhi piccoli di Mitsuharu erano apparsi tesi e contratti, quasi fosse stato disturbato in un momento importante. Dopo però l'iniziale aggressività il suo viso si rilassò, forse un po' imbarazzato di averle risposto bruscamente, guardando in direzione dei sacchi che aveva in mano. Aveva sicuramente un ottimo intuito. Lo conosceva da quando aveva cominciato a fare consegne, ma la chiamava per cognome sempre con un tono strano, quasi "Junsui" fosse una marca che il modo in cui si riferiva a lei. Effettivamente Mitsuharu era un tipo un po' strano, ma Dadi non ci faceva mai troppo caso a come si comportava.
    Sì, signor Ookawa. Due, giusto? Così come non gli importava molto come la chiamasse, non gli aveva mai dato troppa confidenza. Forse faceva male ed aveva un po' di pregiudizi verso di lui a causa del suo aspetto, ma non è che lui fosse così amichevole. E soprattutto, non dava mai mance. L'uomo con un gesto che non riuscì a vedere tolse la catena dall'ingresso, allungo le grasse braccia verso il riso e Dadi fu felice di liberarsi di quel peso. Dopo averlo consegnato, si voltò subito verso la strada. Non voleva vivere quel momento di imbarazzo dove uno aspettava che l'altro si congedasse, guardandosi tra di loro con espressioni ebeti. Tanto valeva andarsene subito senza rimpianti e il suo interlocutore fu ben d'accordo, visto che l'albina sentì la porta chiudersi dietro di se.
    Avaro... Dadi abbassò la testa e si mise a controllare l'ultimo nome della lista prima di tornare da suo padre. Il nominativo scritto era familiare ma la stupì molto. Masonori Enji, ovvero il suo professore all'accademia. O perlomeno, era molto probabilmente il suo professore d'accademia considerato che la consegna era per un indirizzo quasi accanto al palazzo del Kage. Poteva anche essere un altro con lo stesso cognome, non era poi così poco comune, però la ragazza non credeva di certo alle coincidenze. Che avesse ordinato apposta da loro oppure non sospettava nulla? Lo aveva fatto perché credeva che la avrebbe incontrata? O forse si aspettava uno sconto perché era suo maestro. Cancellò quest'ultimo pensiero dalla mente, l'uomo era troppo integro moralmente per fare una cosa del genere. Il suo maestro era effettivamente un uomo severo, di poche parole ma decisamente bravo ad insegnare e a spronare gli studenti. Dadi era piuttosto sicura che al momento degli esami, nessuno sarebbe stato bocciato. Però alla fine era sempre un cliente, no? Magari voleva provare qualcosa di nuovo e all'occhio gli era spuntata la riseria di una sua alunna. Era una consegna normale, oltre che l'ultima. Non è che fosse nervosa al pensiero di incontrarlo, dopotutto lo vedeva quasi tutti i giorni, però non lo aveva mai guardato come una persona che potesse esistere al di fuori della scuola. Lo vedeva sempre e solo in aula e per il suo cervello metabolizzare di interagire con lui in una situazione non scolastica. Era entrata in negozio con questi pensieri, guardando il padre ancora una volta a parlare con una cliente, una signora bassa vestita di viola. Questa volta non la saluta ma la salutò alzando leggermente la mano, neanche superando la spalla. Lei ricambiò con un sorriso e ricontrollò l'ordine entrando per l'ennesima volta nel magazzino. Un sacco di riso nero. Molto semplice, probabilmente viveva da solo. C'era da dire che il riso nero costava di più di quello normale, quindi magari aveva famiglia e voleva risparmiare. Non aveva idea di che stipendio avessero gli insegnanti o se semplicemente ricevessero un supplemento per le lezioni oltre che al normale salario di ninja. Un solo sacco di riso caro non è che potesse determinare il tenore di vita di una persona. Prese dunque la merce da in fondo al magazzino e tenendola con la sinistra, uscì dal negozio e svoltò a destra. Prese la strada che continuava dritta fino al palazzo dell'Otokage, la casa di Masonori era proprio nella piazza principale. Non ci volle molto, forse tre quattro minuti. Durante la strada vide il quartiere trasformarsi, passando dai mercati comunali ai primi negozi più costosi. Armerie, la farmacia del villaggio, uno studio fotografico...erano poche e qualunque servizio al loro interno costava un occhio della testa, motivo per cui Dadi ci era entrata solo un paio di volte nel corso della sua vita, anche perché a lei non interessavano molto. C'erano comunque dei clienti al loro interno, più che altro ninja. Chissà se anche lei avrebbe passato le giornate dentro quei locali dopo essersi diplomata. Non era una grande utilizzatrice di armi, quindi con tutta probabilità no.
    Ecco...dovrebbe essere quella casa lì? Più che una casa, era uno dei palazzi più nuovi di Oto. Lo stile era comunque antico, simbolo che si volesse uniformare il tutto agli edifici più storici, ma costruito con materiali migliori. Che il maestro vivesse lì tutto da solo? Gli sembrava piuttosto improbabile, anche perché decisamente lo spazio era troppo per una sola persona. Il piano terra era circondato dai tipici muri di carta orientali, ricordando la struttura di un dojo. Il tetto era a punta e c'era un sistema che faceva scendere l'acqua, probabilmente per evitare che le numerose piogge facessero accumulare acqua lì sopra. C'era un piccolo giardinetto che, delimitato da una staccionata in legno, percorreva tutto il perimetro dell'edificio. Avanzò di qualche passo, salendo i pochi gradini che portavano alla porta scorrevole di carta. Non aveva idea se fosse il caso bussare, anche perché non poteva far rumore con quel materiale. Di campanelli non c'era neanche l'ombra, quindi Dadi riflettendo pensò che la cosa migliore da fare fosse entrare. Afferrando la cornice di legno con la destra, fece scorrere il muro verso sinistra, facendo entrare un po' più di luce al suo ingresso. L'albina vide ciò che non si sarebbe mai aspettata: invece di un ingresso oppure di un soggiorno, un'enorme stanza semivuota accoglieva direttamente gli ospiti. Il pavimento era morbido ma elastico, tipico di quello delle palestre e il silenzio avrebbe regnato se non per un rumore di colpi provenire dal fondo della stanza. Portando gli occhi verso quell'area Dadi vide un uomo in tuta esercitarsi con un manichino in mosse di arti marziali assestando una serie di pugni e calci all'oggetto. La ragazza aveva aperto la porta completamente e il legno contro il legno avevano generato il tipico "tac", cosa che attirò l'attenzione dell'uomo e lo fece girare verso di lei. Era proprio il sensei Masonori, dai capelli neri cortissimi e a spazzoli, i tratti del viso appuntiti e spigolosi come la sua personalità. Gli occhi neri dell'uomo erano stati sorpresi per un attimo vedendola, ma da un altro manichino accanto a lui afferrò un asciugamano e passandoselo velocemente sulla testa, si avvicinò lentamente a Dadi.
    Junsui...sono sorpreso di trovarti qui. Glie lo disse con un tono che sembrava sincero, anche se la ragazza era ancora sospettosa. Non si aspettava il riso o comunque non lo aveva visto che lo aveva in mano entrando? Inoltre aveva ordinato proprio da loro, ma forse la sorpresa si riferiva al fatto che lei faceva consegne.
    Ah...sono qui per darle il riso, sensei Masonori! La ragazza tese il braccio sinistro in avanti, avvicinando il sacchetto all'uomo. Questo dopo un attimo di confusione fece un'espressione di rivelazione, come se lo avesse ricordato in quel preciso istante di aver ordinato quella roba. Non lo aveva mai visto fare un'espressione diversa da "serietà assoluta" e le venne quasi da ridere, mentre il maestro prendeva con le sue grossi mani il sacco come se fosse un acino d'uva.
    Grazie mille, Junsui. Oggi non hai i guanti? Dadi aveva cominciato a sorridere, quando la domanda così diretta del sensei la stupì. Effettivamente, neanche lei ricordava un giorno di scuola in cui non li avesse messi. Nessuno le aveva mai fatto problemi sul suo averli sempre addosso, forse perché erano intesi come guanti da allenamento o semplicemente perché nessuno aveva mai avuto in mente di farle storie. Alla fine era solo un capo d'abbigliamento, no?
    No...me li sono dimenticati. Si grattò la nuca e socchiuse gli occhi mentre rideva, non sapendo cosa altro aggiungere se non una risata imbarazzante. L'aveva presa come una domanda fatta giusto per conversare, oppure per esprimere la novità nel suo aspetto. Nulla di strano.
    Capisco... L'uomo guardò di lato, come se stesse rimuginando su qualcosa. Posso vedere la tua mano? L'espressione dell'uomo non mutò, rimanendo quella di sempre, mentre Dadi alzò istintivamente le sopracciglia. Era una richiesta...particolare. Non glie lo chiedeva quasi nessuno (per fortuna) e quando capitava non gli piaceva moltissimo mostrare il diamante rosso che aveva sulla pelle.
    Uh...sì.Dadi questa volta però alzò la mano sinistra annuendo, non sapendo bene cosa rispondere. Girando la mano mostrò il palmo pallido al sensei, che si limitò a guardarlo per poi annuire a sua volta.
    Dall'ultima volta che l'ho visto si è fatto più marcato...non sforzarti troppo. A domani. Dall'ultima volta? Cosa intendeva dire? Era piuttosto sicura che lui non lo avesse mai visto. Erano parole che la confondevano molto, ma l'uomo non gli aveva dato molto tempo per fare domande e si era già incamminato verso l'interno della casa-palestra, sparendo dietro un muro di carta.
    Più marcato? In che senso? E' cambiato qualcosa? Si guardò nuovamente il palmo con occhi interrogativi, quasi potesse rispondergli, non notando particolari differenze forse poiché lo vedeva così spesso che non ci faceva caso. Che ci fosse qualche dettaglio che non riusciva a notare da sola, nascondendolo da tutti? Facendo dietrofront e chiudendo la porta dietro di se, Dadi continuò a pensarci mentre camminava. Non aveva idea di cosa potesse diventare quel potere in futuro, quasi nessuno lo sapeva. Se fosse riuscita però a diplomarsi, forse avrebbe scoperto qualcosa. Un obbiettivo almeno lo aveva completato però: le consegne erano finite. Girare per Oto le dava sempre la sensazione che fosse una città unica e strana. C'era chi viveva lavorando, chi veniva mantenuto dagli altri. Una marea di saggi anziani che provava sempre ad educare i più giovani. Forse per quello le piaceva andare in giro, perché incontrava un sacco di persone diverse e di tipo differente. Chissà, se mai fosse riuscita a diventare Genin, che tipo di persone avrebbe incontrato andando negli altri villaggi. Non mancava troppo agli esami. Lo avrebbe scoperto presto.



    Post 3/3 [END]
    Dadi Junsui | Studentessa





    Edited by ¬Delin - 4/11/2018, 19:09
     
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    Non puoi fare pq muovendo pg importanti come l'Otokage né puoi includerli così tanto in un pq, modifica l'inizio del primo dei tre post che lo riguarda e poi ti do l'exp.
     
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