Cerchi d'inchiostro

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    Cerchi d'inchiostro

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    Un brusio singhiozzato, come quello delle api che si muovono di fiore in fiore. L'odore di sudore ed il rosso vermiglio del sangue che colava dalle ferite.
    Le tenebre si smagliavano come una tela di ragno trafitta dal vento, uno strappo nella tessitura della penombra della stanza, sul corpo nudo del giovane Tateyama.
    I capelli umidi ricadevano sul volto contuso e provato, dove occhi neri come gioielli rari osservavano il vuoto, forse rapiti dalle immagini di tutto quello che era successo quella notte, mentre le mani si stringevano fra di loro, anch'esse marchiate dai segni della lotta. Fasciato in piu' punti, intorno alla coscia e all'addome per essere precisi, sedeva su una delle due sedie dello scarno arredamento, dando le spalle all'uomo grasso e pelato che lo stava tatuando sulla schiena. In alto fra le scapole poco sotto l'inizio del collo, l'inchiostro aveva appena finito di unirsi nel raffigurare un piccolo cerchio nero.
    Un rituale che accumunava chi aveva combattuto per la prima volta nella fossa del Waseda ed aveva vinto.
    Al di la' della porta, la conversazione galleggiava nel fumo leggero delle candele e delle pipe, una trama dai sussulti compositi, come una rete tesa sotto le travi nere del grande salone, tra i muri rocciosi ricoperti di tappezzeria, rivestimenti di quercia e quadri dalle cornici massicce. Gli avventori commentavano a freddo lo spettacolo oramai concluso e si godevano le ultime ore della notte che stava andando a terminare.
    Sdraiato in un letto non molto distante da lui invece, giaceva supino il suo avversario, con gli occhi chiusi ed un espressione sofferente sul volto.
    Era un giovane di pressapoco la sua eta', con i capelli rasati ed una leggera peluria bionda che gli cresceva sulle guance ed intorno alla bocca. Un uomo secco e dal naso aquilino era chino su di lui, a ricucirgli i tagli che si era provocato combattendo.
    << Ho finito. >>
    Non si dissero altro lui ed il tatuatore.
    Muada si rivesti con la pesante e pregiata veste di cotone grigio con cui era venuto, nascondendo il piccolo tatuaggio sotto i lunghi capelli neri e gettando un ultimo ed enigmatico sguardo al ragazzo steso sul letto prima di lasciare la stanza.

    S'immerse nei sotterranei del locale, fra gli sguardi curiosi ed i cenni di assenso per lo spettacolo di cui era stato protagonista. Koyuki lo aspettava ad uno dei tavoli appartati, fasciata in un kimono nero e bevendo una tisana dall'odore inconfondibile di erba Luisa. I suoi occhi magnetici avevano una fame selvaggia nel loro modo di guardarlo e lui non pote' trattenersi da provare un brivido lungo la spina dorsale. Se fosse di paura non avrebbe saputo dirlo.





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    " La nebbia avvolgeva il lago nascosto tra lingue di bosco che si aggrovigliavano e scendevano fino a due passi dalle sue rive a conca. Una nebbia portata dal sorgere del sole. Spessa, umida, pesante, che poteva resistere fino a mezzodì' e a volte persino prolungarsi fino al calare della sera, immobile e imperturbabile difronte alle minacce del vento. Era immerso vestito nelle sue acque nere. Fra le braccia stringeva il corpo di una donna dai lunghi capelli scuri ed il volto sconosciuto ma familiare. Il suo sangue sgorgava dal petto, dove la spada di suo padre la trapassava da parte a parte. In lontananza l'ululato dei lupi, che fiutavano il loro pasto."

    Koyuki sarebbe potuta essere tranquillamente la donna del sogno. La pelle chiara, i capelli scuri ed il corpo minuto. Ma lei era viva, ed i suoi occhi verdi lo gridavano a gran voce.
    << Urlava di un terrore cosi' reale che e' addirittura caduto in ginocchio. Uno spettacolo magnifico, che cosa gli hai fatto vedere? >>
    << Non lo so,il justu si limita a stimolare la sua mente, ma e' lei a decidere quale orrore mostrargli. E' diverso per ognuno. >>
    << Affascinante, chissa cosa mi mostrerebbe la mia allora... >>
    << Possiamo scoprirlo se ci tieni.>>
    << Un altra volta magari. >>
    Lei bevve la sua tisana e lui si sistemo' sulla sedia lignea cercando una posizione che non gli dolesse.
    La pelle marchiata dall'inchiostro gli bruciava, ma non quanto le ferite. L'avversario lo aveva colpito piu' volte con un coltellaccio smussato che aveva lacerato grossolanamente la pelle, niente punti, ma l'unguento di alghe che gli avevano applicato sembrava imbevuto di alcol. " Bhe forse lo e'" si ritrovo' a pensare.
    << Dove ti sei fatto tatuare? Scommetto in un posto nascosto, perfetto come devi apparire agli occhi dei membri del tuo clan. >> esordi' in una risatina cristallina, mostrandoli il polso che portava lo stesso piccolo marchio circolare.
    << Sembri sorpreso. La maggioranza delle persone che frequentano questo posto hanno combattuto nella fossa. Vincitori e non. >>
    Gli occhi del Tateyama si erano fatti fessure fissando quelli di lei, per poi discostarsi silenziosi ed indagare distrattamente la sala. Accesi di nuova consapevolezza notavano ora l'inchiostro nero marchiare la pelle di alcuni degli avventori, i veri Animali Notturni del Waseda.

    << La tua determinazione e' stata saggiata stanotte e siamo rimasti soddisfatti. L'organizzazione per cui lavoro e' disposta a offrirti i suoi servizi ed anche a proporti eventuali incarichi se la cosa puo' interessarti. >>
    Un sorriso beffardo era disegnato sulle labbra generose della ragazza, come se la questione la divertisse. Ed era cosi' probabilmente.
    << Per dimostrare la nostra buona volonta' sono stata incaricata di potarti un dono. >>
    Con un movimento elegante e veloce estrasse un rotolo dall'aspetto antico, di un singolare grigio scuro e arrotolato su di un perno di ebano ed osso riccamente intarsiato.
    << L'ho scelto personalmente. E' stato trovato in una magione diroccata, nascosta in una foresta del continente occidentale. E' una tecnica incompleta e da quello che ho potuto capire leggendola credo che verrebbe marchiata come proibita considerando i rischi per l'utilizzatore. Mi sembrava un dono perfetto per te. >>








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    "Nella mia sfrenata ricerca di mezzi coercitivi efficaci mi sono imbattuto in una tecnica, portata alla mia attenzione da uno shinobi del continente orientale, che fonde le arti magiche con quelle illusorie per creare una moltitudine di copie fittizie dell'utilizzatore, in grado di convincere chiunque le osservi che si trattino di avversari reali, in grado di offendere ed essere offesi, attraverso un genjsutu continuo.
    Intuile dire come la trovai da subito affascinante ma piena di lacune. La prima su tutte era la necessita' di dover mantenere l'imposizione delle mani, che trovavo di un impraticita' inaccettabile, secondariamente le copie non avendo discernimento o pensiero, ma come burattini, dovevano essere guidate passo passo, necessitando di costante e completa concentrazione da parte dell'utilizzatore. Uno spreco di energie a mio avviso.
    Ispirato da questa comunque intelligente fusione di justu appartenenti a campi diversi ho cominciato a sviluppare la mia versione di questa tecnica.
    Cominciamo con il dire che la parte piu' complicata fu arrivare ad eliminare il mantenimento dei sigilli. Questo ha richiesto un sacrificio non di poco conto ma che in ultima analisi e' il motore per cui la mia tecnica risulta tanto efficace. Un sacrificio continuo di sangue da parte dell'utilizzatore. L'energia vitale, mista al chakra, la cui spesa deve essere mantenuta nel tempo, esattamente come la tecnica da cui prende spunto, dona alle creazioni un minimo di pensiero proprio e libera l'utilizzatore da dover mantenere costante la propria attenzione sui loro movimenti. Ho utilizzato la parola creazioni non a caso. "Animare", se mi passate, copie di se stesso risultava troppo complesso, ho cosi' preferito ripiegare sull'imitazione d'istinti piu' elementari, come quelli di una fiera predatrice. Lupi, cani, o felini di grossa taglia sembravano fare al caso mio, ed ecco che invece di una moltitudine di copie, l'avversario si trova ad affrontare un branco di bestie illusorie, ma per chiunque gli osservi interamente reali, odori, suoni e quant'altro.
    I primi utilizzi del justu mi resero' pero chiaro quanto avrei dovuto indirizzarlo verso un utilizzo specifico, visto che in un combattimento diretto, l'utilizzo di normali tecniche di moltiplicazione, utili per nascondersi fra i cloni, erano di gran lunga piu' versatili della mia tecnica.
    Aumentando cosi' la spesa di chakra e sangue, ampliai di molto il suo raggio, benche' non i suoi effetti. In questo modo si ha un justu in grado di controllare l'intero campo di scontro, invadendolo di fiere affamate che, benche' contro guerrieri abili potrebbero rivelarsi minacce di poco conto, potrebbe risultare mai quanto efficace, si decidesse di utilizzarlo per mettere in subbuglio un convoglio o perche' no, un villaggio. "


    Gli occhi del Tateyama lessero con brama l'introduzione della tecnica da parte del suo creatore, subendo l'intrinseco fascino di proibito e pericoloso, di un justu che utilizza un sacrificio di sangue e pensato per sottomettere un numeroso gruppo di persone.
    La donna dall'altra parte del tavolo sembrava compiaciuta.
    << Ho come l'impressione che questo sia l'inizio di una splendida e proficua relazione. Tieni anche questo. >>
    Un biglietto di carta nero e quadrato, vuoto da un lato e con un numero di una casella postale dall'altro.
    << Puoi lasciarmi un messaggio la' quando vuoi incontrarmi. >>
    Un incontro breve il loro. Ma lei aveva visto quello che doveva vedere di lui ed il sole del giorno stava arrivando.
    Aveva smesso di piovere ed in alto ma non troppo, una forte corrente forse proveniente dal freddo nord soffiava le linee tonde e scure delle nuvole con grande energia, senza esitare, scendendo poi fino a rasentare le ginestre e risalire arrogante fino alle cime degli alberi, senza sapere quale direzione prendere, come un cane che gira su stesso. Nelle crepe dell'asfalto della strada difronte al locale, la pioggia aveva lasciato pozzanghere vellutate, che s'increspavano ai passi di Muada che si era avviato verso casa.
    La grande magione lignea nel quartiere del clan era ancora addormentata, ma non lo sarebbe stata ancora per molto. Suo padre si sarebbe presto alzato per andare all'armeria, mentre sua madre avrebbe aspettato non piu' di un altra ora per prendersi cura del giardino.
    Avrebbe fatto meglio a non farsi sorprendere rientrare all'alba ed in quelle condizioni.
    Scivolo' silente per l'ingresso, trascinando il suo corpo ferito su per le scale fino alle sue stanze. La' si sarebbe spogliato di tutto eccetto dell'inchiostro, oramai indelebile sotto la cute, del rudimentale bendaggio e si sarebbe sdraiato sul largo futon.







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    La sera vado a letto con due bicchieri sul comodino. Uno pieno d'acqua e uno vuoto, nel caso abbia sete oppure no.

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    "Una foresta dai tronchi neri e le fronde rosse come sangue. Il mio corpo squartato, trapassato da braccia lignee taglienti come rasoi e riverso a terra in una pozza vermiglia. L'uomo accanto a me era mio padre. Mi guardava con occhi estranei, carichi di un odio antico e alle sue spalle i corpi dei miei zii senza vita. Un genocidio surreale, manifesto delle tensioni e dei turbamenti della mia mente, forse dovuti a tutto quello che era successo in quelle settimane.
    Il cadavere del Mukenin ed i suoi diari, la donna del Waseda e la fossa."


    Aprii gli occhi sulla stanza in penombra, ferita dai raggi del sole che trafiggevano le finestre mal coperte. Aveva dormito per poco, forse solamente un paio di ore, lo confermavano il mal di testa ed i muscoli doloranti.
    L'acqua della doccia lavo' via parte della sua fatica, sia fisica che mentale. Il suono dell'acqua corrente, come pioggia, gli era familiare e gli donava una qual certa serenita'. Spese piu' tempo del dovuto sotto il suo getto, in una sorta di meditazione che a nulla lo avrebbe portato se non al solito pensiero fisso.
    Doveva allenarsi di piu'
    Il suo era un clan di guerrieri. Da che ne sapeva, avevano sempre combattuto, si erano sempre distinti e avevano prosperato nelle guerre. E anche se era un periodo di pace dopotutto, la guerra presto o tardi avrebbe bagnato nuovamente di sangue il continente orientale e lui avrebbe dovuto essere pronto.
    La vestizione era vissuta come un rituale, come la maggior parte delle consuetudini giornaliere in casa sua. La costante ricerca di perfezione era un attitudine mentale che andava allenata insisteva suo padre, ricercandola in ogni gesto, ogni giorno.
    Lascio' cadere il kimono di cotone sulle spalle larghe, stringendolo in vita con due giri di cintura, in un nodo leggermente decentrato sul fianco che aveva ripetuto mille e mille volte. I suoi piedi nudi ed ancora umidi lasciarono tracce leggere sul pavimento ligneo della stanza e poi del corridoio, mentre scendeva le scale che lo avrebbero portato all'ingresso.
    Sua madre, come prevedibile, stava curando il parco interno alla casa, fatto di fiori, piante basse e qualche albero di ciliegio ed un melo. Un luogo di silenzi abissali in cui rifugiarsi, cosi' lontano nel tempo e nello spazio dal moderno aspetto del Villaggio, con i suoi palazzi di cemento e metallo.

    << Buongiorno Madre. >>
    Era di una bellezza rara, genuina. Apparentemente incontaminata dal mondo e portatrice di racconti e saggezze popolari insospettabili per una donna che non superava la quarantina. Se ne stava china a lavorare di forbice con una maestria ed un eleganza invidiabili. Chissà come se la sarebbe cavata con una shinobigatana.



    Muada Tateyama












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    << Sembri stanco, hai dormito male? >>
    Gli occhi preoccupati di una madre chiesero molto di piu' di quelle poche parole espresse, ma ebbero comunque indietro niente piu' di una sterile risposta negativa ed una conversazione di una decina di minuti riguardo la sua nuova vita da genin.
    Le voleva molto bene, ma la sua testa era imbrigliata da pensieri cupi e aveva poca voglia di parlare, tanto da cercare subito rifugio nel silenzioso ed ampio dojo.
    Larghe vetrate da cui entrava una luce timida, soffitti alti e le lignee pareti ornate con armi da allenamento. Scarno, marziale ed essenziale.
    Uno dei luoghi della casa che preferiva e dove aveva passato la maggioranza del suo tempo, addestrandosi da solo, con il padre e con lo zio. Difficile immaginare cosa avrebbe fatto della sua vita se non avesse intrapreso la strada per diventare shinobi. Dove avrebbe speso quelle interminabili ore passate a ripetere fino ad avere i crampi le sequenze di taijustu, fare pratica sui sigilli e controllare il chakra? Quali pulsioni avrebbero spinto il suo animo avanti, se libero dal desiderio di proteggere le persone a lui care, la sua casa ed il suo villaggio, migliorandosi e servendo ogni giorno? Gli sarebbe sembrata una vita vuota?
    Sedette sui propri talloni al centro della stanza, ripensando alla violenza della notte appena passata. Una mano ando' istintivamente a toccare la pelle del collo, marchiata dall'inchiostro del Waseda, dove poteva sentire la crosta in rilievo che disegnava il piccolo cerchio perfetto.

    " Virai su me stesso, piegando le ginocchia e trovandomi cosi' al suo fianco, all'altezza del bacino. Sfruttai quella rotazione oltre che per schivare il suo attacco, anche per imprimere forza al mio pugno che avrebbe impattato contro il suo ginocchio, obbligandolo a poggiarlo a terra. Mi alzai rabbioso colpendolo al volto nell'ascesa e facendolo cadere sulla schiena. La mente oramai abbuiata dall'adrenalina e dal sangue che avevo gia' perso, non si rese conto che mi ero gettato sopra di lui e stavo aggredendo il suo viso molle come un animale."

    Da sotto la veste pregiata estrasse uno dei diari che aveva trafugato dal nascondiglio del Mukenin e comincio' a leggere. Raccontava la storia di uomo che aveva viaggiato alla ricerca di un luogo di potere, il mukenin lo aveva interrogato e trascritto parola per parola, ma sembravano le dicerie di un folle piuttosto che un informazione utile. Eppure, il possessore del diario doveva averle trovate interessanti, come le fondamenta reali di alcune leggende, visto che si era preso la briga di sottolineare alcuni passaggi.





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    "Un fiume che sfociava in un piccolo lago salato, circondato da una palude ed in lontananza una serie di cinque picchi protesi verso il cielo come dita adunche di una mano. Il viaggio era lungo e sinuoso, in una nebbia fitta ed appiccicosa, fino alle contrade abbaglianti della morte ( che cosa vorra' dire?).
    Sagome nascoste spiavano il suo cammino racconto'. A volte venivano allo scoperto e anche se sapeva di conoscerle, non riusciva a dargli nome o volto, perche' esse cambiavano continuamente rubando le forme ai suoi ricordi (Questo qua e' tutto matto). Un banco di polvere che seguiva ogni suo passo, come sospinto da un vento che soffiava solamente per lui, una compagnia tetra con cui affrontare il viaggio verso la montagna.
    La strada si inerspicava a fatica su per quel lato, tagliando a meta' un intricato dedalo di radici e arbusti di un sottobosco grigio e senza eta', testimone muto di mille e piu' viandanti che l'avevano attraversato senza mai fare ritorno. Sperava di essere l'eccezione, (in qualche modo e' riuscito a tornare indietro, fortuna sfacciata?)
    Dopo diverso tempo e non senza fatica arrivo' all'ingresso di una caverna, protetta da una singolare porta circolare e riccamente intarsiata, anteceduta da colonne e statue raffiguranti demoni serpi formi. Non la passo' mai.
    Un cumulo di ossa e teschi, umane e non giaceva davanti all'ingresso, un monito che non permetteva fraintendimenti."


    Il testo continuava fra imprecazioni a margine e descrizioni della via fatta per tornare nel Paese della Pioggia. Avrebbe continuato a leggere un altro po' per poi uscire in direzione del centro del villaggio.
    Un tuono rumoreggio', dieci secondi dopo il bagliore accecante sul profilo dei palazzi di Amegakure. Come un segnale caduto da un cielo di bronzo, in una luce verdastra.
    Per alcuni secondi, il tempo di un respiro trattenuto, il fruscio delle foglie cesso' completamente mentre le prime gocce si abbatterono e si infilarono fra i solchi della strada lastricata, scavando buchi nella terra come bruciature sfrigolanti e trasformando l'argento martellato delle pozze in fango. Seguito quell'attimo, il vento ritorno' trionfante, attraversando gli alberi del parco privato, strappando le foglie dai rami materni e facendo vibrare di forza primitiva le persiane e le insegne.
    Era scoppiato il temporale e in un istante aveva inghiottito la luce sotto il cielo sconvolto. Muada si fece largo a passi lenti, appesantiti, fra le strade semi deserte fino all'armeria di famiglia, che insospettabilmente era gia' animata dal lavoro dei fabbri e degli apprendisti armaioli. Benche' rimanesse un attivita' di nicchia, punto di riferimento per chiunque cercasse un arma artigianale di pregiata fattura, negli anni era riuscita a ricavarsi un contratto per il rifornimento delle unita' militari del villaggio, con il conseguente ampliamento della struttura per garantire la produzione.
    Fucine, magli ed incudini si susseguivano in uno stanzone arieggiato dai soffitti alti, dove l'aria era calda e riempita dal suono del lavoro. Suo padre ed i suoi zii erano in piedi nella sala adiacente, con espressioni gravi in volto, che discutevano di qualche incidente accaduto al nord. Quando il giovane membro del clan fece il suo ingresso, tutti e tre gli uomini si zittirono, scambiandosi saluti formali fra di loro e lasciando il figlio con il padre.
    << C'e' stato un attacco al torneo degli esami Chunin. Sembra che la pace si stia sfilacciando. >>, Omura fece pochi passi, osservando fuori dalla grande vetrata industriale.
    << Questo paese tornera' a bagnarsi nuovamente di sangue, fa parte del suo retaggio in fin dei conti. Dobbiamo essere pronti.>>
    Muada si accosto' a lui, evidenziando a chiunque li avesse potuti vedere, quanto fossero simili.
    << Si, padre. >>
    Fuori dalla finestra, il vento e la pioggia strappavano il cielo, che sembrava cadere a sua volta, incapace di ignorare oltremodo la violenza della tempesta che non sarebbe terminata tanto presto.






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    30 exp. Siccome è l'ultima parte chiudo.
     
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