Segreti che Uccidono

P.Q.

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    Segreti che Uccidono

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    Immergersi in quelle acque, grige come il cielo invernale sopra di esse, era come essere trafitti da mille aghi finissimi, tanto erano fredde.
    Eppure il giovane genin della Pioggia sembrava perfettamente a suo agio, mentre il suo corpo nudo scompariva sotto la superficie immobile del piccolo lago salato nascosto nel parco della sua famiglia. Sotto la sottile e pallida linea delle sopracciglia , occhi neri come gemme rare, brillavano dei tumultuosi e cupi pensieri che tenevano occupata la sua mente, mentre i selvaggi e lunghi capelli si aprivano come un ventaglio scuro toccando l'acqua.
    Un altro giorno, un altro allenamento, altri lividi sul corpo da curare.
    Sarebbe rimasto immerso una decina di minuti, lasciando che il gelo agevolasse la ripresa dei suoi muscoli e sgonfiasse le articolazioni infiammate.
    Le luci del primo sole assiediavano le fitte coltri di nubi che minacciavano di annegare il luogo sotto una cascata torrenziale, mentre gli ultimi predatori notturni tornavano alle loro tane. Un silenzio mistico ed irreale permeava il luogo, fatta eccezione per i saltuari tuoni che rimbombavano in lontananza.
    A movimenti lenti ma decisi, Muada mosse i suoi passi fuori dal lago, poggiando i suoi piedi sull'erba fredda in cui affondavano le radici nodose di Hibiki, un salice dalla corteccia bianca come ossa e le fronde rosse come sangue. Si avvolse in un grande asciugamano morbido, e si sedette appoggiando la schiena contro il corpo ligneo dell'albero. Oltre ai suoi vestiti, maniacalmente ripiegati, un grande libro dalla copertina rigida e viola giaceva per terra.
    " Nei dintorni della Pioggia "
    Un titolo che esplicava benissimo il suo contenuto. Luoghi, strade e punti d'interesse del Paese. Una lettura noiosa per molti, ma suo zio aveva insistito a lungo su quanto fondamentale fosse conoscere il territorio di scontro per trarne ogni vantaggio e per sapersi orientare. Finito quel tomo sarebbe passato ai successivi, fino a conoscere tutto il continente orientale.

    Intanto da qualche altra parte del bosco, quel solito lupo che sembrava aver deciso di appartenere a quelle terre, stava risalendo il corso di un fiume dal fondale roccioso. Al garrese era alto forse più di settanta centimetri, incredibilmente oltre misura, eppure a guardarlo muoversi, appariva leggero quasi etereo, come un fantasma.
    Nell'aria inseguiva una traccia vecchia di settimane, quasi scomparsa, di qualcuno o qualcosa che dovevano aver veramente turbato la sua quiete, se quell'esemplare di maschio aveva lasciato il branco.







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    L'immagine di quella ragazza e le sue parole, risuonavano echeggiando nella sua testa. Servire, onorare e proteggere erano le fondamenta su cui suo padre lo aveva educato, fondamenta in cui confidava, eppure l'atmosfera di eccellenza e competitività in cui era cresciuto lo spingeva a migliorare se stesso anche per una questione di orgoglio e personale ambizione. Il suo ego mal gestiva la sconfitta, il sentirsi impotente e la paura generata da quella sensazione.
    Del suo corso accademico era considerato fra i migliori, eppure era stato facilmente abbattuto dal primo shinobi di passaggio da un altro paese.
    Suo padre gli ricordava giornalmente quanto fosse lontano dall'essere pronto ad affrontare un eventuale guerra, "lo spettro della guerra aleggiava sempre sul Paese della Pioggia".
    Una concomitanza di situazioni che lo frustravano e che lo avevano portato fino ai piani sotterranei del Waseda. Lui non era un cane sciolto, si trovava a suo agio nell'ordine e nell'osservanza delle leggi, affezionato alla forma e le usanze delle tradizioni. Ma esattamente come gli era stato insegnato a suo tempo, " bisogna essere disposti a fare quanto necessario " se si vuole divenire shinobi, era disposto a fare quanto necessario per diventare il ninja che il suo clan si aspettava che diventasse, anche ad essere un Animale Notturno.

    L'inverno ad Ame era rigido come quello di ogni paese estremamente umido, eppure Muada non aveva mai freddo. Forse era il suo chakra elementale ad aiutarlo, o la tempra, chi poteva dirlo, fatto stava che benché le sue vesti fossero invernali sarebbero comunque risultate scarne per il clima di quella giornata. Il cotone grigio lavorato a mano fasciava il corpo stretto, oscillando elegantemente ad ogni passo che lo portava in direzione di casa.
    Direzione che cambio', quando sul percorso s'imbatte in una traccia di sangue secca, ma ancora ben visibile, sul sentiero che costeggiava uno dei fiumiciattoli dell'area.
    Si chino' su di essa, studiandone i contorni ed il terreno circostante.
    I segni del passaggio di qualcosa erano chiari anche per un cacciatore alle prime armi come lui, cosi' come la direzione da seguire. Qualsiasi cosa fosse stata ferita, si era trascinata all'interno del bosco, verso le pendici della collina piu' alta.








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    Un dedalo scuro di radici che attentano al tuo equilibrio ad ogni passo che compi, l'odore del muschio e i rumori della vibrante fauna del sottobosco di fondo. Ecco cosa si provava a addentrarsi in quel parco secolare.
    Era oramai una mezz'ora buona che Muada seguiva le tracce dell'intruso inconsapevole di essere tenuto d'occhio a sua volta da un anima della foresta. Gli occhi d'ambra del lupo lo avevano sorpreso sulla sua strada diversi metri piu' a valle ed avevano continuato ad osservarlo al sicuro, non visto, dei lignei corpi degli alberi.
    Avevano seguito il corso del fiume fino oramai alla sua sorgente ospitata da una piccola grotta naturale e fu al suo interno che lo trovarono.
    Il corpo riverso a terra, esanime in una pozza di sangue secco, circondato dal tremendo odore di morte e decomposizione.
    Il giovane genin varco' l'ingresso guardingo, coprendosi il naso con la manica della veste e realizzando una volta oltre il varco, come la caverna fosse stata attrezzata a rifugio. Una libreria artigianale, una sedia ed un piccolo tavolo. Sul giaciglio di arbusti e foglie il cadavere, che esibiva il coprifronte della Pioggia sfregiato da un taglio orizzontale.
    Era la prima volta che vedeva l'emblema del suo villaggio deturpato, era la prima volta che incontrava un Mukenin.
    Si sedette sui talloni a meno di un metro di distanza osservandolo con i suoi occhi scuri. "La feccia della societa' ninja", cosi' gli appellava suo zio ambu inseguitore di Amekagure, sembrava essere morto dissanguato per colpa di quelle vistose ferite all'addome e alle braccia. La carne sembrava strappata piu' che lacerata, forse colpa di qualche animale feroce, come un orso od un leone di montagna. Il volto sarebbe potuto essere considerato giovane, ma le piaghe, i vermi e gli insetti che lo assediavano, rendevano difficile giudicarlo. Rimase incantato da quel macabro spettacolo piu' del dovuto, incosciente del fatto che quella caverna sarebbe potuta rivelarsi pericolosa anche per lui. Finito l'incanto si ritrovo' ad indagare il luogo, esaminando i numerosi scritti poggiati sulla scrivania o riposti ordinatamente sugli scaffali. Soprattutto mappe, ma anche libri sul controllo del chakra e rotoli di tecniche acquatiche. Senza rendersene conto si trovo' seduto in compagnia di un cadavere a leggere su di un taccuino in pelle, quelle che dovevano essere state le sue memorie.






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    " La conoscenza e' la base di tutto. E la base della conoscenza sono le informazioni. Gli uomini sono disposti a pagare e perfino uccidere per esse. Sono anche un ottimo mezzo coercitivo od intimidatorio, lo sanno bene gli shinobi della polizia della Pioggia, che mi lasciano passare, sapendo che so perfettamente chi sono, dove vivono le loro mogli e dove vanno a scuola i loro figli. Sono loro che danno potere, un fondamento solido e duraturo molto piu' del semplice denaro. Considero uno stolto chi non coglie la differenza."

    Cominciava cosi' il diario che riportava la data dell'anno corrente.
    Sfogliandolo il giovane genin s'imbatteva in riflessioni similari, moniti da servare e tenere presente, trascritti probabilmente per quella ragione. Vi erano anche racconti di rapine e omicidi su commisione e non, tutti freddamente dettagliati. Lo scritto terminava tre mesi addietro:

    " Ci sono voluti anni per mettere insieme le conoscenze storiche, le nozioni geografiche e solamente gli dei sanno quanto sangue ho dovuto versare. Ma finalmente ho le posizioni del bosco Kuraidesu e del monte Yake. Comincero' dal primo e devo essere veloce. L'inverno sta arrivando e se mi sorprende sul passo non riusciro' a tornare indietro. Sarei cibo per lupi."

    Muada getto' uno sguardo distratto alle ferite del Mukenin, comprendendo ora cosa poteva averle inferte. Forse non era stato abbastanza veloce.
    Quel diario era concluso ma molti altri erano riposti ordinatamente sugli scaffali. Ad ogni anno antecedente la scrittura appariva piu' rotonda, le descrizioni meno fredde e si percepiva un vago senso di umanita', benche' distorta, e giovane euforia che doveva aver perso durante gli anni.

    " Ho il suo sangue sulle mani. Me ne vergogno come un bambino e le nascondo sotto la veste. Le ho chiuso gli occhi e sistemato il corpo come se stesse dormendo, quanto tempo ci vorra' perche' qualche passante si accorga che e' morta? Mentre scrivo le porte di Ame si sono gia' chiuse dietro di me ed io sono gia' stato pagato. Ha smesso di piovere... ha smesso di piovere per la prima volta."

    Analisi di tecniche, vie e corsi d'acqua non segnati sulle mappe, personalita' del continente. Quei diari erano una miniera preziosa d'informazioni, non poteva permettere che andassero perse.
    Aveva bisogno di una pala.






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    La terra coprii anche l'ultima parte del corpo del morto. Il lupo, seduto sulle sue zampe posteriori, osservava la scena dal sicuro della boscaglia, incuriosito dalla figura slanciata del genin della Pioggia. La testa piegata, i muscoli rilassati ed il pelo umido.
    Muada lascio' cadere la pala sfinito e si sedette accanto al tumolo. I suoi pensieri vagavano inevitabilmente fra i due luoghi sconosciuti citati nel diario del Mukenin, chiedendosi cosa vi fosse nascosto e come raggiungergli.
    Il bosco della sua famiglia si estendeva sotto di lui, il fiume che aveva risalito aveva le sembianze di una serpe argentea che stava sinuosamente ed elegantemente scivolando a valle. Da qualche parte la sotto c'era anche il lago nascosto ed Hibiki, l'albero dal tronco bianco e le fronde rosse, sotto cui lui e il padre si erano fermati tante volte a parlare del Clan e del Villaggio. Come aveva potuto Hiro Towada, questo aveva scoperto essere il nome del ninja traditore, a voltare le spalle ad Amegakure? Forse avrebbe trovato la risposta a quella domanda nel primo dei suoi diari, che come gli altri era stato gelosamente conservato sulla libreria nella caverna. Quello che parlava di come aveva ucciso quella donna, il primo omicidio di un membro del proprio villaggio.

    " E' diventata una ragazza tanto bella, quanto crudele. Mi ricordo di lei bambina, quando studiavamo insieme all'accademia e mi faceva gli origami da tenere vicino al letto per proteggermi dai miei brutti sogni. Sognavo cosi' male da giovane, non so se era per l'umidità insalubre della casa famiglia o per le botte che il signor Takeshi mi dava quando beveva.
    Ha i capelli lunghi ora, una volta gli portava corti sopra le spalle e anche gli occhi sono cambiati. Furbizia e consapevolezza hanno preso il posto dell'innocenza e della dolcezza.
    Avrei voluto avvertirla, dille che qualcuno voleva farle del male. Che avevano messo una taglia sulla sua testa e che qualche pirata sarebbe venuto per riscuoterla.
    Ma lei rideva. Rideva di me.
    Rideva perche' non ero stato ritenuto idoneo a diventare un Sp. Jonin, l'unico della nostra classe a non esserci riuscito. Rideva perche' lei aveva un clan importante di cui vantarsi ed io solo un nome da bastardo. Rideva perche' l'amavo.
    Quando l'accoltellai fra le costole avrei giurato che stesse per mettersi a ridere nuovamente, ma probabilmente fu solo la mia immaginazione. La lasciai su una panchina del parco centrale la mattina presto ed a pranzo ero gia' a diversi chilometri di distanza dal Villaggio della Pioggia."

    Aveva gia' sfogliato le riflessioni successive a quell'evento e continuo' quindi a leggere a ritroso. Frustrazione, problemi ad integrarsi, il diario di un emarginato con cui non aveva niente con cui spartire eccetto, forse, una cosa.






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    Hey, Axel. You haven't forgotten? You made us a promise. That you'd always be there... to bring us back.

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    30 per la prima parte.
    Un piccolo consiglio: mi piace molto come scrivi, dovresti stare attento alle frasi spezzate (ti spiego meglio, a volte vai a capo "male", occhio!), pochi errori grammaticali ma sono sicuro che con una lettura rapida a ciò che hai scritto andrà più che bene.
    Detto ciò continua così, hai uno stile niente male! :sisi:
     
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    " Ci sono riuscito. Sono sceso nelle sale segrete del Waseda e domani combattero' nella fossa degli animali notturni. Ho paura, ma non ho scelta. "

    Il sole stava scomparendo dietro la linea dell'orizzonte ed il giovane Tateyama avrebbe dovuto sbrigarsi a tornare a casa, se non voleva che suo padre indagasse piu' del dovuto il suo ritardo. Avido di quello che poteva apprendere, aveva deciso di tenere quella piccola scoperta per se, ed il rifugio del mukenin era ora il suo, come sue le memorie di quei diari.
    La grande villa lo accolse con il calore di tanti focolai accesi, i cui fumi si contorcevano su stessi prima di allungarsi come dita verso il cielo grigio.
    Un silenzio sacrale, come quello di un tempio religioso, riempiva le grandi sale dai soffitti alti e gli eleganti arredamenti, mentre il ritmico incidere di una penna su un foglio, proveniva dal giardino interno della casa. Suo padre si stava esercitando nella calligrafia, un rituale che ripeteva ogni sera.
    " La perfezione in ogni gesto. Parsimonia di movimento, velocita' d'esecuzione e tracce precise. Non e' molto diverso dal brandire una spada."

    Gli si avvicino' a piedi scalsi, indugiando il tempo necessario perche' completasse l'ideogramma e posasse lo sguardo su di lui prima di salutarlo con un un inchino marcato.
    << Sei stato fuori piu' tempo di quanto mi aspettassi. >>
    << Scusate padre. Ho perseverato nella lettura ed ho perso la cognizione del tempo. >> che non era affatto una bugia.
    << Abbiamo alcuni membri del Clan ospiti a cena. Vestiti in modo adeguato e scendi per fare gli onori di casa. >>

    Un lungo tavolo basso e ligneo, a cui erano seduti circa una dozzina di uomini appartenenti a piu' di un unica generazione, ma similari fra loro per portamento, fisionomia e serietà', troneggiava al centro di uno dei salotti della casa Tateyama. Avevano finito di mangiare da non molto e stavano consumando una tisana calda dal retrogusto amaro e l'odore pungente. Il freddo imperante dell'inverno bussava alle finestre chiuse, che sigillavano le loro parole, espresse con toni fin troppo gravi e cupi. Parlavano di una serie di problemi ed incidenti che sembravano essersi susseguiti negli ultimi mesi e che gettavano un ombra d'inquietudine su tutte le famiglie. Muada sedeva in disparte su una delle sedie a bordo muro assieme agli altri figli dei presenti. Abbastanza grandi da poter assistere a quelle riunioni, ma non abbastanza degni da poter parlare e intervenire. Una posizione difficile da accettare per un carattere orgoglioso e prevaricante come il suo, ma educato come era stato da suo padre, sapeva che doveva ancora meritarsi quel diritto.
    Quella notte ad ogni modo, i suoi pensieri vagavano fra le memorie scritte del morto, che come un presagio, erano apparse ad indicare che forse la strada che aveva intrapreso, anche se non la piu' cristallina, sarebbe stata quella che lo avrebbe condotto a dei risultati.

    "Non ho scelta, perche' solamente ad un animale notturno e' permesso di andare dove e' proibito, per prendersi quello che chi opera nella luce non vorrebbe concederti. Il potere. "






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    La sera vado a letto con due bicchieri sul comodino. Uno pieno d'acqua e uno vuoto, nel caso abbia sete oppure no.

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